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SOCIAL
MEDIA
MARKETING
2
AA.2017/2018
TEORIE
DEL WEB 2.0
SOCIAL MEDIA MARKETING AA. 2016/2017
INFLUENZE TEORICHE
1. Micheal Foucault
2. Jean Baudrillard
3. Felix Guattari
4. Paul Virilio
5. Luther Blisset
6. Umberto Eco
7. Michel De Certeau
8. Antonio Gramsci
9. Gilles Deleuze
10. Marshall McLuhan
1 2 43
5
6 87
1
0
9
SOCIAL MEDIA MARKETING AA. 2016/2017
TEORICI DELLA RETE
1. Chris Anderson
2. Franco Berardi Bifo
3. Tim Berners Lee
4. Nicholas Carr
5. Manuel Castells
6. Luca De Biase
7. Derrick De Kerckhove
8. Carlo Formenti
9. Byung Chul Han
10. Collettivo Ippolita.net
11. Jeff Jarvis
12. Henry Jenkins
13. Steven Johnson
14. Andrew Keen
15. Kevin Kelly
16. Jaron Lanier
17. Kalle Lasn / Adbusters
18. Lawrence Lessig
19. Pierre Levy
20. Geert Lovink
21. Lev Manovich
22. Evgeny Morozov
23. Nicholas Negroponte
24. Eli Parisier
25. Matteo Pasquinelli
26. Jay Rosen
27. Douglas Rushkoff
28. Viktor Mayer Schönberger
29. Frank Schirrmacher
30. Clay Shirky
31. Richard Stallman
32. Don Tapscott
33. Sherry Turkle
34. Siva Vaidhyanathan
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3
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CHRIS ANDERSON
(1961, USA, UK)
La coda lunga(2007) è il più noto concetto espresso da Anderson e lega il Web, il
mercato e le nicchie economiche. L’assunto di base è semplice: ogni mercato ha pochi
prodotti che vendono tanto e tanti prodotti che vendono poco con un rapporto di circa
20/80. I prodotti che vendono poco, le nicchie, se aggregate possono formare un
mercato significativo. Questa è la lunga coda, una serie di prodotti che una volta
erano definiti underground ma che oggi, grazie ai media digitali, possono raccogliere
denaro. Altro esempio: i libri (o i dischi) di un piccolo editore, presi tutti
insieme, possono vendere di più di un solo best seller ma solo dove i media digitali
funzionano. Per i libri, per esempio, sarà difficile trovare in una libreria
tradizionale tutti i volumi di un piccolo editore, e lì il best seller impera. Ma in
una libreria il discorso cambia: ci si trova di tutto e i libri meno noti
collettivamente vendono più di Dan Brown. L’implicazione culturale è evidente:
mantenere la lunga coda significa tutelare le minoranze permettendo anche ai meno
conosciuti di remunerare il proprio lavoro ma anche offrire sempre un’offerta
variegata agli utenti.
Nel suo saggio Free (2010), Anderson analizza questo nuovo modello di business che
permette di guadagnare cedendo i prodotti gratuitamente. Un’azienda può offre parte
dei suoi beni o servizi a titolo gratuito e vendere quegli stessi prodotti
aggiungendovi un plus. Anderson stesso ha messo alla prova il freemium con il suo
libro ultimo libro, Free.
1
CHRIS ANDERSON
L’ebook in download gratuito ha trascinato le vendite della versione cartacea a
pagamento. Il valore aggiunto in questo caso era avere il libro fisico e non un file.
Risultato: il libro ha scalato le classifiche ed è stato per lungo tempo uno dei più
venduti nella rete.
In Wired Us del settembre 2010 teorizza la fine del Web, ma non in senso assoluto.
Secondo lui l’accesso a Internet tramite smartphone e device mobili implica l’uso di
app proprietarie e chiuse che stanno facendo morire la navigazione web tradizionale,
che è sostanzialmente libera. Il dibattito si scatena e la Rete reagisce alla
provocazione. Missione compiuta.
È finita l’epoca delle grandi teorie scientifiche. Oggi non servono più modelli
scientifici perché la quantità di dati che risiede nella Rete è tanta e tale da
permettere studi direttamente sul campo, senza modelli.
BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA
§ MediLa coda lunga. Da un mercato di massa a una massa di mercati, Codice, 2008
§ Gratis, BUR Biblioteca Univ. Rizzoli, 2010
§ Makers. Il ritorno dei produttori. Per una nuova rivoluzione industriale, Rizzoli
Etas, 2013
1
FRANCO BERARDI “BIFO”
(1949, ITALIANO)
Per Berardi Bifo Social networks e smart phones costituiscono una potente accoppiata
che ha portato ad una inedita e ambivalente informatizzazione della vita sociale. Dal
punto di vista di Bifo, il cybertempo, con Facebook e Twitter, ma anche YouTube,
Google, Whatsapp e simili, ha colonizzato anche quello che una volta si definiva
‘tempo libero’, insinuandosi nel tessuto delle amicizie e conoscenze, rimodulando
profondamente i rapporti sessuali e affettivi.
Per Bifo se vogliamo andare oltre le ovvietà secondo cui l’informazione ci rende
possibile essere informati, dobbiamo per prima cosa capire che Internet non è
essenzialmente uno strumento, ma una sfera, un ambiente, e pertanto la mutazione
antropologica prodotta dai media digitali e dall’accelerazione dell’infosfera è
l’effetto più importante dal punto di vista degli effetti sociali e politici.
Ma non dovremmo riferirci solo agli effetti politici della diffusione dei media,
perché i media non sono solo strumenti per l’imposizione di interessi sociali e di
programmi politici. I media sono soprattutto macchine per la modellazione della
soggettività collettiva, sono fattori di mutazione antropologica e la disposizione dei
corpi nella sfera sociale.
Per Bifo, talvolta, internet appare piuttosto una fabbrica di cretinismo identitario,
che un’agora di scambio tollerante e di scoperta intellettuale.
2
FRANCO BERARDI “BIFO”
BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA
§ Più cyber che punk, con Marco Jacquemet; Robert Wright; Jaron Lanier; Felix
Guattari; Valmerz, Bologna, A/traverso, 1990
§ Politiche della mutazione. Milano-Bologna, Synergon, 1991
§ Cancel & Più cyber che punk. Milano-Bologna, Synergon, 1992.
§ Mutazione e cyberpunk. Immaginario e tecnologia negli scenari di fine millennio.
Costa & Nolan, 1994
§ Neuromagma. Lavoro cognitivo e infoproduzione. Castelvecchi, 1995
§ Ciberfilosofia. 1995.
§ Exit. il nostro contributo all'estinzione della civiltà. Costa & Nolan, 1997
§ La fabbrica dell'infelicità: new economy e movimento del cognitariato. Roma,
DeriveApprodi, 2001
§ Errore di sistema. Teoria e pratiche di Adbusters, Feltrinelli, 2003
§ Telestreet. Macchina immaginativa non omologata, Dalai Editore, 2003
§ Il sapiente, il mercante, il guerriero. Dal rifiuto del lavoro all'emergere del
cognitariato. Roma, DeriveApprodi, 2004
§ Skizomedia. Trent'anni di mediattivismo. Roma, DeriveApprodi, 2006
§ Dopo il futuro: Dal Futurismo al Cyberpunk. L’esaurimento della Modernità,
DeriveApprodi, Roma 2013
2
TIM BERNERS LEE
(1961 , UK)
Secondo Berners Lee il Web è progettato [...] per essere universale: per includere
tutto e tutti.
Sul Web dovremmo essere in grado non solo di trovare ogni tipo di documento, ma anche
di crearne, e facilmente. Non solo di seguire i link, ma di crearli, tra ogni genere
di media. Non solo di interagire con gli altri, ma di creare con gli altri.
L'intercreatività vuol dire fare insieme cose o risolvere insieme problemi. Se
l'interattività non significa soltanto stare seduti passivamente davanti a uno
schermo, allora l'intercreatività non significa solo starsene seduti di fronte a
qualcosa di interattivo.
Negli ultimi anni secondo Berners Lee il modo in cui il Web si è sviluppato è
diventato "sconcertante". Nonostante tutto Berners-Lee non ha perso la speranza,
grazie alle opportunità che la rete offre per "spingere la gente a collaborare".
BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA
§ L'architettura del nuovo web: dall'inventore della rete il progetto di una
comunicazione democratica, interattiva e intercreativa, Milano, Feltrinelli, 2001
3
NICHOLAS CARR
(1960, USA)
Nicolas Carr, nel saggio The Big Switch (2008), analizza l’ascesa del cloud computing.
Questa infrastruttura centralizzata indica la fine del PC autonomo come nodo
all’interno di una rete distribuita. Inoltre, Carr segnala una “svolta neurologica”
nell’analisi del Web 2.0. Muovendo dall’osservazione che l’intenzione di Google è
stata sempre quella di trasformare le sue operazioni in intelligenza artificiale, cioè
in un cervello artificiale più intelligente del cervello umano, Carr concentra
l’attenzione sul futuro delle nostre capacità cognitive: Il medium non è soltanto il
messaggio, bensì anche la mente. Dà forma a quel che vediamo, noi diventiamo i neuroni
del Web. Più link clicchiamo, più pagine visitiamo e transazioni facciamo, e più il
Web diventa intelligente, raggiunge valore economico e crea profitto.
Carr, nel 2008, su Atlantic scriverà il suo famoso saggio «Google ci rende stupidi?».
Qual è l’effetto di internet sul cervello?”, sostenendo che in fin dei conti è il
continuo passare dalle finestre ai siti e il frenetico ricorso ai motori di ricerca a
renderci stupidi, ovvero la perdita della lettura profonda (anche della realtà?).
BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA
§ The Big Switch: Rewiring the World, from Edison to Google (2008, W. W. Norton)
§ Internet ci rende stupidi? (2011, Raffaello Cortina Editore)
4
MANUEL CASTELLS
(1942, SPAGNA)
Manuel Castells, in Comunicazione e Potere (2009), sostiene che “la rete è il
messaggio. […]La realizzazione del cambiamento sociale in rete procede riprogrammando
le reti di comunicazione che costruiscono l’ambiente simbolico per la manipolazione
delle informazioni nelle nostre menti, determinando le ultime pratiche individuali e
collettive. Creare nuovi contenuti e nuove forme delle reti che connettono le menti e
il loro ambiente comunicazionale equivale a ristrutturare l’impianto delle nostre
menti”. Castells è il teorico della autocomunicazione di massa, ovvero della forma di
comunicazione emersa con lo sviluppo del Web 2.0 tesa a costruire sistemi personali di
comunicazione di massa, tramite SMS, blog, vlog, podcast, wiki e la conversazione sui
social network. Castells, infine, sostiene però <<una quota di questa forma di
autocomunicazione di massa è più vicina all’autismo elettronico che a una vera e
propria comunicazione>>.
In Reti di indignazione e di speranza (2012), Castells sostiene che in questi ultimi
anni, grazie ai mezzi autonomi di comunicazione orizzontale forniti da Internet, i
cittadini dell’età dell’informazione sono in grado di inventare nuovi programmi legati
alla loro sofferenza, alle loro paure, ai loro sogni, alle loro speranze e quindi
veicolare nuovi valori e obiettivi. I movimenti sociali a loro volta creano
contropotere, autocostruendosi mediante un processo di comunicazione autonoma, libera
da quanti detengono il potere istituzionale. I social network digitali offrono la
possibilità, senza restrizioni, di deliberare e coordinare l’azione.
5
MANUEL CASTELLS
La chiave interpretativa di tutto il saggio è il primo capitolo, «Mettersi in rete,
creare significato, contestare il potere», in cui si analizza il processo con cui i
social network presenti in Rete diffondono nuovi valori e interessi (significato) in
contrasto a quelli istituzionalizzati o a quelli dei poteri dominanti a cui si
oppongono, e come riescono, di conseguenza, a dare origine e voce alla mobilitazione
degli individui, che si esprime poi attraverso l’occupazione fisica di luoghi
pubblici.
BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA
§ La città delle reti, Marsilio, 2004
§ Galassia Internet, Milano, Feltrinelli serie Bianca, 2006
§ Il potere delle identità, Università Bocconi, 2008
§ Volgere di millennio, Università Bocconi, 2008
§ Mobile communication e trasformazione sociale, Milano, Guerini e Associati, 2008
§ Comunicazione e Potere, Milano, Bocconi Università Edizioni, 2009.
§ Reti di Indignazione e speranza. Movimenti sociali nell'era di Internet, Egea SpA
Università Bocconi Edizioni, 2012
5
LUCA DE BIASE
(1956, ITALIA)
La presenza capillare dell’informazione nella vita quotidiana delle persone nei paesi
occidentali è un’esperienza generalizzata. Ciascuno ne fruisce e ne genera in
continuazione. La quantità di messaggi cresce inesorabilmente, senza un ordine
apparente. Cresce e basta. Il crollo del costo delle comunicazioni è anche
l’inflazione dei messaggi. Mai come in questa epoca il concetto di “information
overload”, il sovraccarico di informazioni che si contendono l’attenzione della gente,
è una condizione con la quale ogni ricerca sulla vita sociale deve fare i conti. C’è
evidentemente una ricchezza straordinaria nell’abbondanza di informazioni. Ma c’è
anche il rischio di una paralisi delle idee, di fronte all’eventuale ingestibilità
dell’inflazione di informazioni.
La quantità dell'informazione disponibile sta crescendo vertiginosamente, con i media
sociali, internet, la digitalizzazione e la crescita della velocità di accesso ai
contenuti che si trovano in rete. Il fatto è che internet ha reso enormemente meno
costoso pubblicare. La funzione di filtro qualitativo, nell'epoca analogica, era
affidata a pochi grandi "custodi" del sapere: editori, università, autorità culturali.
Oggi, in un contesto in cui tutto si pubblica senza troppe difficoltà, quella stessa
funzione si svolge nel momento della fruizione dei contenuti. La ricchezza
quantitativa di informazione diventa anche un problema in termini di giudizio critico,
qualitativo.
6
LUCA DE BIASE
“La dimensione plurale di cui stiamo parlando non è né collettiva né individuale: è
comune, relativa ai collegamenti molteplici tra le persone e le circostanze diverse
nelle quali vivono,
relativa al modo con il quale quei collegamenti influiscono sulle persone e sulle loro
azioni, ponendo vincoli e offrendo opportunità“.
Così l’intelligenza collettiva (“procedurale, automatica, meramente collettiva”)
diventa “intelligenza plurale”, ossia un sistema con l’ambizione di non solo prendere
decisioni più partecipate, ma che possa “migliorare effettivamente le decisioni”;
l’innovazione non si riduce alla “moltiplicazione delle novità” ma serve la qualità
della vita; e i social media, che vorrebbero ridurci ai nostri like, si riconfigurano
come “media civici”.
BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA
§ Edeologia: critica del fondamentalismo digitale, Laterza 2003
§ Giornalisti online. Manuale di giornalismo nell'epoca di Internet, Yema 2003
§ Economia della felicità. Dalla blogosfera al valore del dono e oltre, Feltrinelli
2007
§ Cambiare pagina. Per sopravvivere ai media della solitudine, BUR Rizzoli 2011
§ Media civici. Informazione di mutuo soccorso, Apogeo collana Vita Feltrinelli 2013
§ Homo pluralis: Esseri umani nell'era tecnologica, Edizioni 2015
6
DERRICK DE KERCKHOVE
(194 4, BELGIO/CANADA)
Il concetto di intelligenza connettiva trae ispirazione da quello di 'intelligenza
collettiva' di Levy, e solo in un secondo tempo si distingue concettualmente
caratterizzandosi nella pratica diretta del concetto di 'intelligenza collettiva’.
L'intelligenza collettiva è il prodotto della memoria collettiva, dell'immaginario
collettivo, e diventa progetto quando l'uomo mette a disposizione della collettività
gli strumenti che permettono una interazione tra gli individui. Essa è infatti la
"pratica della moltiplicazione delle intelligenze le une in rapporto alle altre
all'interno del tempo reale di un'esperienza”.
De Kerkhove afferma che esiste ed esisterà sempre una dimensione personale delle
intelligenze, che attraverso la rete, possono essere messe in connessione.
La quantità di dati che appare on line su di ciascuno di noi crea un’identità di cui
nessuno è pienamente consapevole. Un nostro io digitale tracciabile da chiunque ma che
sfugge, appunto, alla nostra coscienza.
La Rete diventa sempre di più una sorta di sistema limbico sociale, in cui cioè le
emozioni sono preponderanti.
Il diritto all’oblio era un concetto sbagliato dall’inizio: invece di educare le
persone a gestire i dati su di loro, si è pensato che bastasse cancellarne alcuni con
una legge o una sentenza.
Secondo quando afferma De Kerckhove dobbiamo pensare a una società reciprocamente
trasparente: chiunque vede ed è contemporaneamente visto.
7
DERRICK DE KERCKHOVE
BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA
§ Brainframes: mente, tecnologia, mercato, Bologna, Baskerville, 1993
§ La pelle della cultura: un'indagine sulla nuova realtà elettronica, Genova, Costa &
Nolan, 1996.
§ L'architettura dell'intelligenza, Torino, Testo & immagine, 2001
§ Transpolitica: nuovi rapporti di potere e di sapere con Vincenzo Susca, Milano,
Apogeo, 2008
§ Il sapere digitale, Napoli, Liguori Editore, 2011
7
CARLO FORMENTI
(1947, ITALIA)
8
Carlo Formenti, in Cybersoviet (2008), propone le seguenti tesi: 1. che la democrazia
dei consumi promossa dal Web 2.0 – e che ha determinato una rapida e popolare
popolarizzazione dei contenuti – non corrisponde affatto ad una estensione della
democrazia politica; 2. che anche sul piano puramente economico il fenomeno andrebbe
più correttamente interpretato come la messa al lavoro (perlopiù gratuito)
dell’intelligenza collettiva da parte delle Internet Company che controllano il
mercato; 3. la ripresa del controllo da parte dei governi, imprese e agenzie
transnazionali sulle relazioni sociali mediate dal computer sia quasi totale, in barba
alla fandonie sull’architettura “intrinsecamente anarchica” di Internet; 4. le
celebrazioni sulla “fine del politico” tendono a legittimare, sia pure
inconsapevolmente, i processi di distruzione della sfera pubblica e il suo integrale
riassorbimento nella sfera privata, contribuendo a spacciare il chiacchiericcio
“intimista” che dilaga nei reality show televisivi ai social network di Internet per
l’autogoverno delle moltitudini.
Formenti presenta tre mitologie della rete: Mitologia I: la rete non può essere
controllata. Mitologia II: la trasparenza è sempre buona. Mitologia III: lo sciame è
sempre intelligente. In “Felici e sfruttati” (2011) Formenti sostiene che ciò che sta
dietro all’illusione di democrazia e libertà economica, creata dal web 2.0, fa sì che
milioni di persone siano felici e sfruttate, oltre ad essere pervasi dall’illusione di
assunzione di libertà nei confronti dei meccanismi del potere.
CARLO FORMENTI
BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA
§ Incantati dalla rete. Immaginari, utopie e conflitti nell'epoca di Internet,
Milano, Cortina, 2000.
§ Mercanti di futuro. Utopia e crisi della Net Economy, Torino, Einaudi, 2002.
§ Not economy. Economia digitale e paradossi della proprietà intellettuale, Milano,
ETAS, 2003.
§ Cybersoviet. Utopie postdemocratiche e nuovi media, Milano, Cortina, 2008.
§ Se questa è democrazia. Paradossi politico-culturali dell'era digitale, San Cesario
di Lecce, Manni, 2009.
§ Web 2.0. Un nuovo racconto e i suoi dispositivi, a cura di, Milano, Il Saggiatore,
2010. Felici e sfruttati. Capitalismo digitale ed eclissi del lavoro, Milano, EGEA,
2011.
§ L'eclissi. Dialogo precario sulla crisi della civiltà capitalistica, con Franco
Berardi Bifo, San Cesario di Lecce, Manni, 2011.
§ Utopie letali. Contro l'ideologia postmoderna, Milano, Jaka Book, 2013.
8
BYUNG CHUL HAN
(1959, SUD COREA,)
La cultura della “condivisione” è diventata commercializzazione della nostra vita -
Internet non unisce, ma divide e genera un venefico narcisismo digitale.
La sua estrema personalizzazione restringe, paradossalmente, i nostri orizzonti e
divora le fondamenta stesse della democrazia rappresentativa…La folla che tante
conquiste ha ottenuto in passato oggi è soltanto uno sterile sciame.
Il mondo virtuale ha perso ogni distanza e quindi rispetto. L’anonimato e la
trasparenza sul web sono un male assoluto.
La cultura della “condivisione” è la commercializzazione radicale della nostra vita.
Internet non unisce, ma divide. Genera un venefico narcisismo digitale.
La sua estrema personalizzazione restringe, paradossalmente, i nostri orizzonti. E
divora le fondamenta stesse della democrazia rappresentativa.
Lo sciame digitale non crea un “pubblico”. Non conduce al dialogo o al discorso, che è
il cuore di una democrazia. Una vera comunità democratica non è né massa né sciame, ma
un pubblico che discute.
Il mezzo digitale è strettamente legato a uno stato di eccitazione.
BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA
§ La società della trasparenza, Nottetempo (collana Gransassi),2014
§ Nello sciame. Visioni del digitale, Nottetempo (collana Gransassi),2015
§ Psicopolitica, Nottetempo (collana Gransassi), 2016
9
COLLLETTIVO IPPOLITA.NET
(2005, ITALIA)
In "La Rete è libera e democratica”. Falso!" Ippolita sancisce Il primo argomento è
che la rete non è solo il world wide web, il servizio che ci consente di muoverci da
una pagina all’altra. Sotto la superficie del web ci sono molti altri servizi il cui
scopo fondamentale è raccogliere dati sugli utenti per fare pubblicità mirate.Il
secondo argomento è che i movimenti politici che nascono in rete di solito non
generano partecipazione ed elaborazione di idee. La libertà di parola che consentono
si traduce raramente in discussione e tende invece a suscitare una ricerca d’identità
ossessiva e un certo rancore rispetto a tutto ciò che è fuori dal gruppo.Il terzo
argomento, il più radicale, è che la rete non produce i due risultati che ci si
aspetta dalla democrazia, cioè la deliberazione collettiva e la ricerca del consenso.
Si limita a fornire l’illusione di una libertà di consumo che in realtà ha costi molto
alti, in termini di privacy e di raccolta dati. Questo non significa che internet sia
solo un sistema per renderci schiavi delle multinazionali, ma certamente che è nata,
si è sviluppata ed è usata per scopi diversi dalla nostra felicità.
In "Anime elettroniche" Ippolita afferma ⌇le nostre identità digitali sono composte
da sentimenti e informazioni sempre più strettamente intrecciati tra loro. Quando
condividiamo via web ci sentiamo al contempo più gratificati e più informati. Sempre
presenti e al contempo proiettati in un altrove, siamo come anime elettriche in estasi
permanente. Perché nella ribalta mediatica dei servizi gratuiti, dove ci esercitiamo
nella disciplina della pornografia emotiva, si disegna una diversa unità tra mente e
corpo.
10
COLLLETTIVO IPPOLITA.NET
(2005, ITALIA)
Ci troviamo in uno spazio continuo di sollecitazioni e senza accorgerci siamo alla
mercé di un potere dopante e manipolatorio>>.
BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA
• Anime elettriche, Jaca Book, Milano, 2016
• La rete è libera e democratica. Falso!, Laterza, Bari, 2014
• Nell'acquario di Facebook. La resistibile ascesa dell'anarco-capitalismo,
Ledizioni, Milano, 2012
• Luci e ombre di Google. Futuro e passato dell'industria dei meta dati, Feltrinelli,
Milano, 2007
• Open non è free. Comunità digitali tra etica hacker e mercato globale, Eleuthera,
Milano, 2005
10
HENRY JENKINS
(1958, USA)
Secondo Jenkins, in Cultura convergente (2007) “vecchi e nuovi media collidono, dove i
grandi media e i media grassroots si incrociano, dove il potere dei produttori dei
media e quello dei consumatori interagiscono in modi imprevedibili”.
Il merito di Jenkins è consistito non tanto nell‟avere creato un quadro prospettico
nuovo, ma nell‟avere intercettato una serie di dinamiche che stavano dando forma a
quel nuovo panorama di “rinascimento digitale” in cui viviamo e che, costantemente,
contribuiamo a definire. I nuovi media non cancellano quelli vecchi: tendono a
“rimediarsi”, ma soprattutto creano rinnovate opportunità di azione per gli utenti che
acquisiscono una centralità finora inedita.
Il concetto di convergenza va dunque primariamente inteso in un duplice senso, ad un
tempo tecnologico e culturale.
In Spreadable media (2013), Jenkins sostiene che la metafora dell'infezione e del
contagio sovrastima il potere dei media e sottostima quello del pubblico. Nell'idea di
Jenkins invece la trasmissione da un nodo all'altro della rete, da un utente
all'altro, avviene perché utenti attivi decidono autonomamente di far circolare alcuni
contenuti e non altri. siamo di fronte a un cambio di paradigma della forma in cui i
contenuti culturali circolano all'interno di una società. Sta emergendo un modello
ibrido di circolazione, frutto del mix tra strategie istituzionali e dall'alto (le
corporation mediali che decidono cosa produrre e quando lanciare
11
JEFF JARVIS
(1954, USA)
I media di massa stanno morendo ma le testate esistenti possono benissimo
reinventarsi. A patto di non credere a pillole magiche come native advertising,
paywall e tablet, ma costruire servizi per i lettori.“I contenuti riempiono gli spazi,
i servizi raggiungono obiettivi. Il giornalismo deve esistere per raggiungere
obiettivi per il pubblico a cui offre servizi. Deve esistere per migliorare le vite
degli individui e delle comunità” ha affermato Jarvis. E per riuscire in tale impresa
bisogna considerare i lettori come individui e come membri di comunità, non più come
numeri in una massa indistinta. Bisogna conoscerli, conoscere i loro problemi e i loro
interessi.Jarvis ritiene che nel nuovo ecosistema dell’informazione, in cui gli attori
si sono moltiplicati, sia necessario specializzarsi: “Fate quello che sapete fare
meglio, e collaborate con altri per il resto” è il mantra che spesso ripete. Ed è un
suggerimento per i media pubblici europei, che dovrebbero essere ridefiniti, secondo
Jarvis, per diventare una piattaforma per l’intero ecosistema mediatico.Un luogo
adatto alla sperimentazione, promotore di qualità, aperto alla collaborazione con il
pubblico. Per costruire un tale modello anche i giornalisti dovrebbero cambiare,
trasformandosi in “organizzatori di comunità”.
BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA
§ Gutenberg il Geek. Il primo imprenditore tecnologico della storia e il Santo
Patrono della Silicon Valley, GoWare, 2012
12
STEVEN JOHNSON
(1968, USA)
Un’innovazione non è mai l’idea di un singolo individuo in un dato momento. Le idee
sono fondamentalmente sistemi, reti di altre idee.Ma che cosa sta facendo Internet
alle nostre menti? Questa è la domanda che Johnson pone al lettore, con una premessa:
ci stiamo facendo sopraffare da uno stile di vita multitasking, continuamente
connesso. Questo ci porterebbe a pensieri meno complessi man mano che ci spostiamo da
una lettura più lenta, profonda e contemplativa ad una più rapida e distratta.
Sicuramente siamo più distratti – ammette Johnson – ma quello che succede oggi è che
abbiamo solo più modi di connetterci e raggiungere persone distanti così da trovare i
pezzi mancanti per completare le idee a cui stiamo pensando o incontrare per caso una
nuova informazione che ci aiuti a costruire la nostra idea.
BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA
§ La nuova scienza dei sistemi emergenti. Dalle colonie di insetti al cervello umano,
dalle città ai videogame e all'economia, dai movimenti di protesta ai network,
Garzanti Libri, 2004
§ Tutto quello che fa male ti fa bene. Perchè la televisione, i videogiochi e il
cinema ci rendono più intelligenti, Strade Blu, Mondadori, 2005
§ Dove nascono le grandi idee. Storia naturale dell'innovazione Disponibilità
immediata, BUR Biblioteca Univ. Rizzoli, 2011
§ Un futuro perfetto. Il progresso ai tempi di internet, Codice, 2013
13
ANDREW KEEN
(1960, GRAN BRETAGNA/USA)
Andrew Keen, nel saggio The Cult of the Amateur (2007), uno dei primi lavori critici
del sistema di pensiero legato al web 2.0.
Keen si chiede “Cosa succede quando l’ignoranza si sposa con l’egoismo, il cattivo
gusto e le masse incontrollabili? È la scimmia che prende il sopravvento. Quando sono
tutti lì a trasmettere , non rimane nessuno ad ascoltare”. In questo scenario da
“Darwinismo digitale” sopravvivono soltanto le voci più forti e possenti (gli
influencers). Il web 2.0 decima le truppe dei nostri custodi culturali.
In “Internet non è la risposta”, Keen sostiene che internet aumenta la disparità tra
ricchi e poveri, disattese le promesse di libertà.
Lasciata alle sue regole, la Rete non è un meccanismo di distribuzione di profitti, ma
tende invece a concentrarli nelle mani di pochi fortunati.
BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA
§ Vertigine digitale. Fragilità e disorientamento da social media Disponibilità
immediata, 2013, EGEA
§ Internet non è la risposta, 2015, EGEA
14
KEVIN KELLY
(1952 USA)
Kevin Kelly afferma che la tecnologia ha un futuro ineluttabile e prevedibile.
«Ineluttabile la clonazione umana, ineluttabili i cibi geneticamente modificati.
Ineluttabili le tecnologie che interconnetteranno gli individui in modo ancora più
profondo, al punto da modificare anche la nostra biologia[…]».
Premessa necessaria, per capire Kelly, quando dice che «in fondo la tecnologia vuole
ciò che vogliamo anche noi. Molte cose, ma soprattutto l'aumento delle possibilità
umane. È una tendenza ineluttabile, nel lungo periodo, e tale quindi è anche l'avvento
delle tecnologie specifiche che la renderanno possibile». Kelly giunge a questa tesi
perché considera il technium come una forza autonoma rispetto alla pura volontà umana:
«Le invenzioni della nostra mente pervadono il mondo a un livello così profondo da
essere ormai come un organismo autonomo. Sono cose interconnesse tra di loro che si
autoperpetuano e autoaumentano».
Sono 13 le cose che la tecnologia cerca di accrescere: efficienza, opportunità,
emersione, complessità, diversità, specializzazione, ubiquità, libertà, mutualità
(socialità), bellezza, "sentience" (capacità di essere senziente), struttura,
evoluzione attraverso l'adattamento ("evolvability").
BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA
§ - Quello che vuole la tecnologia, Codice Edizioni, 2010
15
JARON LANIER
(1942, USA)
Jaron Lanier, in Tu non sei un gadget (2010), si chiede “Cosa succede quando smettiamo
di dar forma alla tecnologia e invece quest’ultima a plasmarci?”. Al pari di Andrew
Keeen, la difesa dell’individuo sostenuta da Lanier rimanda all’effetto riduttivo
della “saggezza della folla”, laddove le voci dei singoli vengono soppresse a favore
delle norme imposte dalla massa, come avviene su Wikipedia e siti analoghi. Lanier
sostiene che la democratizzazione degli strumenti digitali non ci ha regalato nessun
“super-Gershwin”; al contrario Laner rimarca l’esaurimento dei modelli, fenomeno in
cui la cultura non riesce più a produrre varianti dei modelli tradizionali e diventa
meno creativa in generale.
In La dignità ai tempi di Internet (2013), Janier sostiene: l’eliminazione dei livelli
intermedi di competenza nel campo della produzione e dei servizi, e la loro
sostituzione con prestazioni erogate in remoto, e/o automatizzate, potrebbe
polarizzare ulteriormente il reddito, conducendo ad una società economica in cui élite
molto ben pagate sono contrapposte ad una massa che la concorrenza per i pochi ruoli
ancora utili porterà ad accettare compensi sempre minori. In cui l’ineguaglianza
esploderà a livelli ben più gravidi quelli presenti; una tendenza che sembra
irresistibile.
BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA
§ Tu non sei un gadget, Arnoldo Mondadori Editore, 2010
§ La dignità ai tempi di Internet, Milano, Il Saggiatore, 2013
16
KALLE LASN // ADBUSTERS.ORG
(1942, ESTONIA/CANADA)
In Culture Jam (2004), Kalle Lasn invita i cittadini dell'Occidente globalizzato,
massificato e mercificato a mutare rotta. E indica anche il modo concreto per cambiare
il mondo in cui viviamo: agire sul sistema dell'informazione, sulla gestione delle
televisioni e delle industrie dell'alimentazione, della moda, dell'auto, della musica,
dello sport, della cultura. Distruggendo il modello del consumismo, gli idoli della
pubblicità e dei marchi, Culture Jam affronta argomenti sempre più vivi nella
coscienza dei cittadini, e ci dimostra come ciascuno di noi possa organizzare una
resistenza verso lo strapotere del capitalismo selvaggio, contribuendo a dare vita a
un mondo più giusto e umano. “La pubblicità è il più diffuso e tossico degli
inquinanti mentali”. In questo settore oltre alla critica alla pubblicità sono
descritte le più paradossali situazioni in cui si viene a contatto con essa: sul fondo
di una buca per il golf, sulla schermo di un bancomat e persino (con l’uso di lenti a
contatto speciali) sulle pupille del velocista inglese Linford Christie. Siamo
bombardati al ritmo di tremila messaggi pubblicitari al giorno secondo un calcolo
effettuato da Rick Crawford del Department of Computer Science, University of
California.
BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA
§ Culture Jam, Oscar Mondadori, 2004
§ Design Anarchy. La pratica del subvertising, Eleuthera, 2008
17
PIERRE LEVY
(1956, FRANCIA)
Lévy dà una definizione dell'intelligenza collettiva, e spiega perché oggi si può
perseguire il progetto di emancipazione dell'illuminismo.
Esiste un'etica dell'intelligenza collettiva, che mette l'individuo al servizio della
comunità, permettendogli di esprimersi completamente.
Le nuove tecniche digitali permettono la comunicazione reciproca di tutti con tutti,
che consente la costruzione di una cooperazione globale senza necessitare di un
consenso di maggioranza, come richiesto dalla democrazia rappresentativa classica.
Internet è un fenomeno spontaneo positivo, minacciato parzialmente di essere
soverchiato dai governanti o dalle grandi imprese commerciali.
Internet fornisce un flusso enorme e inorganico di informazione, che richiede degli
strumenti di selezione.
L'appiattimento della conoscenza esiste solo da un punto di vista centralistico,
mentre c'è un arricchimento dei differenti paesaggi culturali individuali.
La difficoltà nell'orientarsi nello spazio virtuale è dovuta dal fatto che la
rappresentazione diventa sempre di più la realtà stessa.
Le nuove tecnologie porteranno a un forte sviluppo dei sensi e alla loro
virtualizzazione, e non all'atrofia.
18
PIERRE LEVY
BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA
§ Le tecnologie dell'intelligenza. L'avvenire del pensiero nell'era dell'informatica,
ES/Synergon, Bologna 1992.
§ Gli Alberi delle conoscenze. Educazione e gestione dinamica delle competenze,
Feltrinelli, Milano, 2000.
§ L'intelligenza collettiva. Per un'antropologia del cyberspazio, Feltrinelli, Milano
1996.
§ Il Virtuale, Raffaello Cortina, Milano 1997
§ Cybercultura. Gli usi sociali delle nuove tecnologie, Feltrinelli, Milano 1999,
2013.
§ Il fuoco liberatore, Luca Sossella, Roma 2000.
§ Cyberdemocrazia. Saggio di filosofia politica, Mimesis, Milano 2008.
§ Verso la ciberdemocrazia, in de Kerckhove D, Tursi A. (a cura di), Dopo la
democrazia? Il potere e la sfera pubblica nell'epoca di internet, Apogeo, Milano
2006
18
LAWRENCE LESSIG
(1961 USA)
Lessig è ben noto per le sue critiche sull'estensione del diritto d'autore, e ha
formalizzato il concetto di Cultura libera (Free Culture); sostiene, inoltre, il
software libero e lo spettro libero (Open Spectrum). In Remix. Il futuro del copyright
(e delle nuove generazioni) (2008) analizza il fenomeno della professionalizzazione
delle figure dei produttori di contenuti culturali durante il Novecento e come il
digitale abbia invece consentito la riappropriazione di pratiche di produzione attiva
di cultura basate anche sul remix, il riutilizzo di contenuti digitali preesistenti e
la loro rielaborazione. Ricollegandosi al pensiero del sociologo Henry Jenkins,
descrive queste nuove forme culturali come "cultura RW" (cultura Read/Write) in
contrapposizione alla precedente "cultura RO" (cultura Read Only) e ne analizza le
implicazioni giuridiche nel campo del copyright.
BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA
§ Cultura libera - Un equilibrio fra anarchia e controllo, contro l'estremismo della
proprietà intellettuale, Milano, Apogeo, 2005
§ Il futuro delle idee, Milano, Feltrinelli, 2006
§ Remix: il futuro del copyright (e delle nuove generazioni), Milano, Etas, 2009
19
GEERT LOVINK
(1959, OLANDA)
In Zero Comments (2007), Geert Lovink afferma che il social networking è dunque
l'angolo prospettico da cui guardare la realtà sociale dentro e fuori lo schermo. Da
una parte, infatti, il social networking esprime i cambiamenti nella prestazione
lavorativa, ma anche i mutamenti nella concezione della proprietà privata e
nell'organizzazione produttiva. Dall'altra è il contesto in cui si manifestano le
forme di resistenza e i nodi problematici della critica al capitalismo contemporaneo.
Le parole chiave per accedere alla sua comprensione sono condivisione e proprietà
intellettuale.
Geert Lovink, in Ossessioni collettive: critica dei social media (2011), si allontana
dalle analisi critiche impostate sulla mappatura degli impatti mentali e riflette,
invece, sull’influenza della Rete sulla nostra vita. Lovink sostiene che <<Internet è
un terreno fertile per opinioni polarizzate e utenti tendenti all’estremo. Se questo
spazio virtuale è un’oasi di libertà, come ne sostiene la reputazione, vediamo allora
come poter fare quel che ci pare. Quest’attitudine distrugge il dialogo, che in ogni
caso ci riporterebbe all’utopia della comunicazione di Habermas. L’internet pubblica
si è trasformata in un campo di battaglia, spiegando così il successo di “giardini
recintati” come Facebook e Twitter, in cui il web 2.0 offre strumenti per filtrare sia
i contenuti si altri utenti. Infine, Lovink sostiene che i social network non
riguardano tanto l’affermazione di qualcosa come se fosse una verità, quanto piuttosto
la creazione della verità tramite una serie infinita di click.
20
GEERT LOVINK
BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA
§ Dark fiber, Roma, Sossella, 2002
§ Internet non è il paradiso: reti sociali e critica della cybercultura, Milano,
Apogeo, 2004
§ Zero comments: teoria critica di internet, Milano, Bruno Mondadori, 2008
§ Ossessioni collettive: critica dei social media, Milano, EGEA, 2012
20
LEV MANOVICH
(1960 , USA)
New Media = Media digitali. Questa identificazione è entrata nell'uso grazie a
espressioni come "new media venture" (azienda new media), e si è imposto a livello
teorico grazie all'opera del teorico dei media Lev Manovich, Il linguaggio dei nuovi
media (2001).
Anche i vecchi media, una volta filtrati dalla tecnologia digitale, diventano “nuovi
media”, in quanto pur rimanendo superficialmente identici a prima, cambiano tuttavia
nella sostanza.
In Software Culture (2010) Manovich fa uno zoom sulla tecnologia che ha messo in
scacco le differenze tra i media dando vita piuttosto a un “metamedium”, il computer,
a cui ormai affidiamo memoria, immaginazione, desideri, identità.
Il metamedium è una combinazione di media già esistenti e media ancora da inventare.
Creare nuovi media, o a combinare quelli tradizionali in modi prima sconosciuti, è il
lievito che spiega l’estensione del software a tutte le pratiche espressive della
nostra era.
BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA
§ Software culture, Edizioni Olivaresa, 2010
§ Il linguaggio dei nuovi media, Edizioni Olivaresa, 2002
21
EVGENE MOROZOV
(1984, BIELORUSSIA)
Evgene Morozov, in Net Delusion (2011), pone l’attenzione sugli spazi di
intrattenimento online che spostano l’attenzione dei giovani dalla partecipazione
civica. Morozov, sostiene che anziché strumenti di conoscenza, autocoscienza e di
liberazione, i contenuti stessi di internet stanno diventando una forma di
intrattenimento infinito e a buon mercato per le masse, una forma di divertimento che
consente di anestetizzare le coscienze della maggior parte dei popoli, anche di quelli
soggetti all’oppressione politica più feroce.
Invece di uniformare in modo globale, come si paventava, consumi e stili di vita, la
diffusione di internet sembra aver dato voce, paradossalmente, ai pregiudizi, ai
localismi e ai nazionalismi più deteriori. I gruppi terroristi, le bande criminali e
le associazioni politiche più estremiste, infatti, possono trovare in internet un
potente strumento di comunicazione e di organizzazione, minando, invece di
consolidare, le basi della democrazia. Morozov sostiene che internet è una tecnologia
a basso costo, dagli esiti ancora imprevedibili e vagamente inquietanti.
In Contro Steve Jobs (2012), in cui viene demolito il carattere profetico e visionario
del guru della Apple mettendone in luce la sconfinata povertà di pensiero.
In Internet non salverà il mondo (2014), Morozov attacca il soluzionismo digitale e
la tendenza della Silicon Valley a creare soluzioni a problemi che non esistono,
riempire la vita di misurazioni digitali, mercificandola e controllandola fino nei
suoi angoli più reconditi in
22
EVGENE MOROZOV
nome di una maggiore efficienza, di un senso di giustizia e di trasparenza assoluto e
distopico.
In Silicon Valley, Morozov sostiene che Facebook, Google e gli altri giganti della
Valley sono i capofila di un capitalismo data-centrico e, – previa accettazione
acritica dovuta alle magie dei loro prodotti offerti al costo, carissimo, della
privacy – sono riuscite a inserirsi nel panorama del contemporaneo come portatrici di
valori di per sé intrinsecamente positivi (innovazione, progresso, connessione) e a
rendersi come tali sostanzialmente inattaccabili e a fare di chi cerca di sollevare o
sottolineare i “lati oscuri” della loro ascesa un luddista o un tecnofobo nemico
dell’innovazione. Ma l’interesse di questi colossi aziendali è sostenere e vendere i
propri strumenti e servizi, cose che sono a tutti gli effetti prodotti che hanno un
costo di vendita invisibile, ma salato: i dati.
BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA
§ L’ingenuità della rete. Il lato oscuro della libertà di internet, Torino, Codice,
2011
§ Contro Steve Jobs. La filosofia dell’uomo di marketing più abile del XXI secolo,
Torino, Codice, 2012
§ Internet non salverà il mondo. Perché non dobbiamo credere a chi pensa che la Rete
possa risolvere ogni problema, Codice, 2014
§ Silicon Valley: i signori del silicio, Mondadori, 2015
22
NICHOLAS NEGROPONTE
(1943 , USA)
Nell'era digitale si è creato uno scarto generazionale impressionante tra chi ha più
di trent'anni ed i più giovani. Tant'è vero che per far arrivare il suo slogan "essere
digitali" a chi ha più di trent'anni, Negroponte ha dovuto far ricorso al libro, un
medium che lui considera obsoleto. La differenza fra bit e atomi è il modo più
semplice per descrivere il cambiamento dell'era digitale. Il tasso di penetrazione dei
PC nelle case private, l'enorme crescita del numero di persone online su reti
commerciali e l'esplosione di Internet dicono che è il 1995 l'anno della "svolta
digitale".
Internet, un fenomeno nato 25 anni fa per mano militare, è cresciuto con una struttura
decentrata, e per questo è inarrestabile. Come in uno stormo di anatre, l'ordine e il
funzionamento di Internet sono basati sul comportamento autonomo degli individui, e
non su un'autorità centrale.
La politica si svilupperà nei due estremi: la globalizzazione e il localismo.
La realtà virtuale e la rete, non sono causa di isolamento e di derealizzazione, bensì
un'occasione di socializzazione e di arricchimento immaginativo.
Le visioni negative degli autori cyberpunk come Gibson sono pure opere di fantasia. La
rete non è monopolizzabile da alcun potere. Anzi è un'occasione di emancipazione per
il singolo.
BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA
§ Essere digitale, Sperling & Kupfer,1995
23
ELI PARISER
(1980, USA)
Il libro “Il filtro. Quello che internet ci nasconde” dell’attivista politico Pariser
americano è un importante saggio assai dettagliato e aggiornato che analizza
criticamente i dati e le forme di funzionamento strutturale del web, a partire dai
grandi motori di ricerca come Google e dai social network planetari come Facebook. Ne
viene fuori un mondo virtuale, basato su implacabili algoritmi, improntato sulla
commercializzazione forsennata tanto di oggetti, merci e servizi, quanto di idee e
informazioni. Una ragnatela tendenzialmente dedita al controllo totalizzante e
totalitario verso cui anche la strategia democratica della ‘personalizzazione’ rischia
di essere precostituita dalla macrobolla informatica.
BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA
§ Il filtro. Quello che internet ci nasconde, Il Saggiatore, (New York, May 2011, in
Italia 2012)
24
MATTEO PASQUINELLI
(19--, ITALIA)
In Media activism (2002), Pasquinelli sostiene che la battaglia sulla comunicazione
non è più semplicemente una battaglia per un’informazione “vera”, obiettiva,
indipendente … poiché nell’epoca dell’intelligenza collettiva e della rete … i media
sono non semplici mezzi di comunicazione ma campo delle battaglie politiche, teatro
dell’immaginario collettivo, specchio e costruzione sociale. Il media attivismo è
immaginato come una rete mondiale. Per descriverlo occorre immaginare un ambiente
interconnesso fatto di flussi informativi, network, campagne mediatiche,
programmatori, videomaker, giornalisti free lance.
In Gli algoritmi del capitale. Accelerazionismo, macchine delle conoscenza e autonomia
del comune (2014), Pasquinelli introduce muovendo da una riflessione sul predominio e
sulla crisi del capitalismo finanziario contemporaneo, una raccolta di saggi che sono
tutti accomunati dall'esigenza di guardare all'orizzonte tecnologico globale
nell'intento di trovare nuovi paradigmi in grado di dischiudere differenti spazi
collettivi e politici.
BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA
§ Media activism. Strategie e pratiche della comunicazione indipendente, Derive
Approdi, 2002
§ Gli algoritmi del capitale. Accelerazionismo, macchine della conoscenza e autonomia
del comune. Ombrecorte, 2014
25
JAY ROSEN
(1957 , USA)
Secondo Jay Rosen ”il giornalismo può essere potenziato da una maggiore partecipazione
delle persone alla sua elaborazione’’ – Un progetto che si muove su due direzioni: la
costruzione di una ‘’architettura per sollecitare, selezionare e raffinare le
questioni poste dai cittadini ai giornalisti per la risposta’’ come una sorta di
progetto open-source che chiunque può adattare; e la realizzazione di partnership con
testate giornalistiche esistenti per trovare i giornalisti da impiegare.
Citizen journalism è quando la gente, in altri tempi detta pubblico, usa gli strumenti
della stampa che sono in suo possesso per informarsi l’uno con l’altro.”
Questa definizione nomina le trasformazioni principali che sono avvenute nel mondo
dell’informazione:
1) la trasformazione da pubblico ricevente alla “gente” che agisce.
2) gli strumenti della stampa che una volta erano in possesso esclusivo di pochi per
via dei costi elevati e del complicato utilizzo, adesso sono a disposizione di tutti,
o perlomeno di molti.
3) le persone si approfittano del facile accesso agli strumenti una volta esclusivi
della stampa per comunicare direttamente fra di loro.
26
DOUGLAS RUSHKOFF
(1961 , USA)
In Programma o sarai programmato (2013), Rushkoff sostiene "nelle tecnologie che
costruiamo è “incorporato” il mondo che verrà, e se non si è in grado di partecipare a
questo processo, non resta che sedersi e fidarsi dei banchieri o di chiunque altro
stia lavorando per fabbricare la realtà del futuro. Il software e i sistemi operativi
che vengono creati oggi sono lo scenario in cui gli esseri umani interagiranno e
faranno affari domani.
Sapremo almeno come funzionano? Ci ricorderemo che non sono oggetti “naturali” ma che
vengono progettati da persone? È una faccenda molto importante. Non è come saper
aggiustare un’automobile; è piuttosto paragonabile al saper guidare un’automobile, o a
guardare fuori dal finestrino. Se non sai niente di programmazione, allora sei seduto
nel retro della macchina e devi confidare nel fatto che chi guida ti porti dove
veramente vuoi andare. E visto chi sta alla guida dell’automobile oggi, io non penso
che le cose stiano così".
In Presente continuo (2014), Rushkoff afferma che oggi la tecnologia a nostra
disposizione ci permette di essere sempre connessi con chiunque e di avere a portata
di mano ogni tipo d’informazione, in qualunque momento.
Ma qual è stato l’effetto sulle nostre vite di questa incredibile compressione di
spazio e tempo? L’era dell’accesso totale ha un rovescio della medaglia che avevamo
sottovalutato.
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DOUGLAS RUSHKOFF
I social network alimentano l’ansia di un costante “qui e ora” senza direzione e
priorità, frammentato e distratto; le e-mail e la messaggistica istantanea ormai sono
un assalto; e noi siamo sopraffatti da un illusorio presente continuo che ci sfugge
sempre di mano.
BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA
§ Cyberia. La vita tra le pieghe dell'iperspazio, Urrà Apogeo, 1994
§ Media Virus!, Ballantine Books, 1994
§ Programma o sarai programmato. Dieci istruzioni per sopravvivere all'era digitale,
Postmedia Books, 2013
§ Presente continuo. Quando tutto accade ora, Codice Edizioni, 2014
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FRANK SCHIRRMACHER
(1959, GERMANIA)
Secondo Frank Schirrmacher, le persone devono continuare a pensare con la propria
testa malgrado l’overdose di informazioni che tracima dalla rete e colonizza il nostro
cervello. In realtà questa massa sterminata di dati non sazia la nostra fame di
conoscenza, anzi “viviamo in uno stato di allarme costante”.
Non sia mai che tra un tweet, un post, un’e-mail o un sms perdiamo il messaggio che ci
cambierà la vita… Il risultato è che stiamo perdendo la capacità di attenzione,
risucchiati da un multitasking per il quale non abbiamo il fisico.
Il guaio è questo: abbiamo umanizzato le macchine, alle quali diamo del tu come se
dietro ci fosse qualcuno in carne e ossa, mentre “tendiamo sempre più spesso a
descriverci come un computer” con tutti i suoi crash e i suoi malfunzionamenti. In
rete parliamo, senza accorgerci, la lingua degli algoritmi che determina gli scambi
economici e sociali. Google e Facebook dettano la linea, la Borsa e il lavoro si
adeguano.
Per sottrarci almeno un po’ a questa logica “dobbiamo rinforzare quello che solo noi
sappiamo fare, in quanto esseri imperfetti, fallibili e creativi”. Insomma, più
aneddoti e meno statistiche. Cedere alla distrazione. Azzardare decisioni fuori dalla
logica binaria.
BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA
§ La libertà ritrovata. Come (continuare a) pensare nell'era digitale, Codice, 2010
§ Ego. Gli inganni del capitalismo, Codice, 2015
28
CLAY SHIRKY
(1964 , USA)
L'organizzazione intellettualmente collaborativa che emerge nella rete, con il
grandioso surplus cognitivo che consente, può in effetti rivoluzionare l'idea stessa
di produzione culturale. Ma non sappiamo che cosa farà la società di tutto questo. E
come farà sorgere – se la farà sorgere – una nuova idea di qualità.
I gruppi che collaborano si formano intorno a un oggetto. Di solito, in rete, si vede
con gruppi che si scambiano foto, video e così via: s'incontrano intorno a qualcosa
che interessa tutti loro. Secondo Shirky il potenziale in termini di condivisione,
collaborazione, azione collettiva fatto emergere dalla diffusione dei Nuovi Media
(sempre più veloci, interconnessi, globali e con costi decrescenti per gli utenti)
avrà effetti profondi e persistenti sulle nostre società.
Shirky analizzi i gruppi organizzati ma senza un’organizzazione ufficiale che li
gestisce.
Sul web esistono piattaforme (Facebook, Meetup, MySpace, Yahoo Groups, Flickr,
twitter, livejournal, blogger, etc. etc) che mettono a disposizione la propria
infrastruttura lasciando alle persone la libertà di creare gruppi di qualsiasi tipo
(donne casalinghe nere del Massachussets, ex testimoni di Geova, Associazioni di
ragazzi abusati dai preti cattolici, esperti di foto Hdr, gruppi proanoressia,
dissidenti Egiziani, etc. etc..).
Questi strumenti (sempre più social, veloci, globali, gratuiti, asincronici, bottom-
up) fanno gia’ parte del panorama dei Media e sara’ molto interessante capire come si
diffonderanno e come incideranno nella realtà.
29
CLAY SHIRKY
Gran parte delle barriere che limitavano l’azione di gruppo sono crollate e senza
questi ostacoli siamo liberi di sperimentare nuovi modi di aggregarci e di portare a
termine compiti complessi. Per Shirky i nuovi media e la condivisione, collaborazione,
azione di massa che questi rendono possibile attraverso l’abbattimento delle barriere
per la creazione di nuovi gruppi (politici, economici, amicali, valoriali, etc) stanno
già cambiando il mondo reale.
Molti professionalità dovranno reinventarsi (fotografi, giornalisti, produttori
discografici, cinematografici, aziende farmaceutiche, laboratori di ricerca, editori,
commercianti, traduttori, etc) e molte Istituzioni (Governi, Eserciti, Chiesa) si
troveranno a dover combattere sfide inedite dal momento che il potere
dell’informazione non è più centralizzato e controllabile ma sempre più è in mano ai
cittadini.
BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA
§ Un gruppo è il peggior nemico di se stesso; Gruppi di utenti: il Flaming e la
progettazione del software sociale, in Joel Spolsky (a cura di), A proposito di
software: i migliori articoli selezionati e introdotti da Joel Spolsky, Milano,
Mondadori, 2006
§ Uno per uno, tutti per tutti: il potere di organizzare senza organizzazione,
Torino, Codice, 2009
§ Surplus cognitivo: creatività e generosità nell'era digitale, Torino, Codice, 2010
29
VIKTOR MAYER SHÖNBERGER
(1966, AUSTRIA)
Il tema centrale, in "Delete" (2010) è che dimenticare svolge un’importante compito
per l’essere umano e per la società, perché dimenticare e perdonare sono interconnessi
così che, se non potessimo dimenticare, avremmo difficoltà a perdonare gli altri ed a
perdonare come società. Ma dimenticare svolge anche un’altra importante funzione:
mantenere la nostra memoria “pulita” dalle informazioni che non sono più rilevanti per
noi, consentendoci di concentrarci sul presente e guardare avanti, al futuro.
La questione legale del “diritto all’oblio” non risolve il problema del ricordare e
del dimenticare. Sono tematiche di grande interesse per la nostra società in quanto
strettamente collegate al problema privacy e che spingono nella direzione di un uso
più responsabile di Internet e dei numerosi strumenti digitali che fanno ormai parte
del nostro quotidiano.
I Big Data richiedono specializzazioni statistiche specifiche, capacità di maneggiare,
raccogliere e selezionare enormi quantità di dati; specialisti in visualizzazioni in
quanto molti programmi statistici non funzionano bene con enormi, set di dati multi-
dimensionali. Inoltre avremo bisogno in futuro, per l’analisi dei dati, di persone con
un addestramento “etico”, in grado di comprendere i vincoli e le limitazioni dei Big
Data, che siano in grado di comprendere cosa accade agli individui ed alla società con
l’analisi di questi dati e abbiamo bisogno di loro più in generale per capire che la
tecnologia non è mai neutrale, e non esiste mai da sola, è essa stessa plasmata dalla
società. Quindi la tecnologia non è mai un osservatore puramente neutrale del nostro
mondo.
30
VIKTOR MAYER SHÖNBERGER
BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA
§ Delete. Il diritto all'oblio nell'era digitale, 2009, Egea
§ Big Data. Una rivoluzione che trasformerà il nostro modo di vivere – e già minaccia
la nostra libertà, Garzanti Libri, 2014
30
RICHARD STALLMAN
(1953, USA)
Afferma Stallman “quando definiamo “libero” il software, intendiamo che rispetta le
libertà essenziali degli utenti: la libertà di eseguire il programma, di studiare il
programma e di ridistribuire delle copie con o senza modifiche. Questa è una questione
di libertà, non di prezzo. Per capire il concetto, bisognerebbe pensare alla libertà
di parola e non alla birra gratis”.
Open source indica criteri leggermente più deboli di quelli previsti per il software
libero. Per quanto ne sappiamo, tutto il software libero esistente è anche open
source.
E poi, e questo è più importante in pratica, molti prodotti che contengono computer
controllano l'integrità dei loro programmi eseguibili per impedire all'utente di
installare eseguibili diversi; solo una specifica azienda può produrre eseguibili che
funzionino sul dispositivo e che ne possano sfruttare tutte le capacità. Chiamiamo
questi dispositivi "tiranni" e questa pratica "tivoization", dal nome del primo
prodotto (Tivo) in cui l'abbiamo incontrata. Anche se questi eseguibili vengono da
codice sorgente libero, gli utenti non possono eseguirne versioni modificate, quindi
l'eseguibile è non libero.
BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA
§ Software libero pensiero libero - Volume primo, Viterbo, Stampa Alternativa, 2003
§ Software libero pensiero libero - Volume secondo, Viterbo, Stampa Alternativa, 2004
31
DON TAPSCOTT
(1947, CANADA)
Milioni di patiti dei media fanno ricorso ai blog, ai wiki, alle chat e al personal
broadcasting per aggiungere la propria voce a un flusso continuo di dialoghi e
dibattiti chiamato ‘blogosfera'. I clienti si trasformano da consumer in prosumer,
collaborando alla creazione di beni e servizi invece di limitarsi a consumare il
prodotto finito.
Questo nuovo modello secondo Tapscott e Williams, ovvero la Wikinomics (traducibile
con Wikinomia), si basa su quattro principi: apertura, peering, condivisione e azione
di portata globale e può rappresentare un motore di innovazione e creazione di
ricchezza su una scala mai raggiunta prima. Un nuovo modo di concepire l'economia e il
business. Miliardi di individui interconnessi sono in grado oggi "di partecipare
all'innovazione, alla creazione della ricchezza e allo sviluppo sociale attraverso
modalità che un tempo potevamo solo sognare. E quando una massa così vasta di persone
collabora collettivamente può far progredire in modi sorprendenti - ma in ultima
analisi anche redditizi - le arti, la cultura, la scienza, l'educazione, il governo,
l'economia.
BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA
§ Macrowikinomics. Riavviare il sistema: dal business al mondo, Etas, 2010
§ Wikinomics 2.0. La collaborazione di massa che sta cambiando il mondo, BUR
Biblioteca Univ. Rizzoli, 2010
§ Net generation. Come la generazione digitale sta cambiando il mondo, Franco Angeli,
2011
32
SHERRY TURKLE
(1948, USA)
Sherry Turkle, in Insieme ma soli (2011), sostiene che le tecnologie digitali e la
robotica abbiano falsificato le nostre relazioni sociali, offrendo una replica
svuotata di senso, una simulazione deprivata dei valori essenziali che le
caratterizzano. Per tanto, un termine come “amico” nell’era Facebook ha del tutto
perso il senso originale, finendo per legittimare la strumentalizzazione dell’altro.
La tecnologia rappresenta una possibile soluzione a situazioni percepite come
problematiche, per esempio, la solitudine, la mercificazione dei rapporti umani nelle
società tardo-capitalistiche, la trivializzazione delle relazioni sociali operata dai
mass media e la crescente alienazione nei confronti del cosiddetto “Reale”, ivi inteso
come un insieme di esperienze non-mediate, o non-mediabili o im-mediate. Ironicamente,
la soluzione tecnologica finisce per diventare parte del problema, creando nuove forme
di solitudine. Per Turkle, i computer sono dispositivi tecno-sociali che riconfigurano
nozioni quali identità, soggetto, consapevolezza”.
BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA
§ Insieme ma soli. Perché ci aspettiamo sempre più dalla tecnologia e sempre meno
dagli altri, Codice, 2012
§ Il disagio della simulazione, Ledizioni, 2011
§ La vita nascosta degli oggetti tecnologici, Ledizioni, 2009
§ La vita sullo schermo, Apogeo Education, 2005
33
SIVA VAIDHYANATHAN
(1966, USA)
Siva Vaidhyanathan, in Googlization of Everything: And Why we Should Worry (2012),
tratta il tema della “googlization”, cioè, lo sviluppo di dipendenza degli utenti di
Internet da Google, il motore di ricerca e il fornitore di servizi più importante
sulla rete. L’”organizzare le informazioni a livello mondiale e renderle
universalmente accessibili e utili” ha portato Google a generare tecnologie di
macroinfluenza sui propri utenti. Google definisce la propria agenda di senso
attraverso l’indexing di quali sono le informazioni più rilevanti per gli utenti,
modificando le loro percezioni riguardo al valore e significato dei contenuti.
Vaidhyanathan sostiene la necessità di un nuovo ecosistema informativo, da lui
denominato Human Knowledge Project, che sarebbe un mezzo più democratico di analisi e
di organizzazione della conoscenza.
BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA
§ La grande G. Come Google domina il mondo e perché dovremmo preoccuparci, 2012,
Rizzoli ETAS
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  • 2. SOCIAL MEDIA MARKETING AA. 2016/2017 INFLUENZE TEORICHE 1. Micheal Foucault 2. Jean Baudrillard 3. Felix Guattari 4. Paul Virilio 5. Luther Blisset 6. Umberto Eco 7. Michel De Certeau 8. Antonio Gramsci 9. Gilles Deleuze 10. Marshall McLuhan
  • 3. 1 2 43 5 6 87 1 0 9
  • 4. SOCIAL MEDIA MARKETING AA. 2016/2017 TEORICI DELLA RETE 1. Chris Anderson 2. Franco Berardi Bifo 3. Tim Berners Lee 4. Nicholas Carr 5. Manuel Castells 6. Luca De Biase 7. Derrick De Kerckhove 8. Carlo Formenti 9. Byung Chul Han 10. Collettivo Ippolita.net 11. Jeff Jarvis 12. Henry Jenkins 13. Steven Johnson 14. Andrew Keen 15. Kevin Kelly 16. Jaron Lanier 17. Kalle Lasn / Adbusters 18. Lawrence Lessig 19. Pierre Levy 20. Geert Lovink 21. Lev Manovich 22. Evgeny Morozov 23. Nicholas Negroponte 24. Eli Parisier 25. Matteo Pasquinelli 26. Jay Rosen 27. Douglas Rushkoff 28. Viktor Mayer Schönberger 29. Frank Schirrmacher 30. Clay Shirky 31. Richard Stallman 32. Don Tapscott 33. Sherry Turkle 34. Siva Vaidhyanathan
  • 5. 8 24 7 16 152 3 14 33 10 1711 31 4 34 9 16 22 25
  • 7. CHRIS ANDERSON (1961, USA, UK) La coda lunga(2007) è il più noto concetto espresso da Anderson e lega il Web, il mercato e le nicchie economiche. L’assunto di base è semplice: ogni mercato ha pochi prodotti che vendono tanto e tanti prodotti che vendono poco con un rapporto di circa 20/80. I prodotti che vendono poco, le nicchie, se aggregate possono formare un mercato significativo. Questa è la lunga coda, una serie di prodotti che una volta erano definiti underground ma che oggi, grazie ai media digitali, possono raccogliere denaro. Altro esempio: i libri (o i dischi) di un piccolo editore, presi tutti insieme, possono vendere di più di un solo best seller ma solo dove i media digitali funzionano. Per i libri, per esempio, sarà difficile trovare in una libreria tradizionale tutti i volumi di un piccolo editore, e lì il best seller impera. Ma in una libreria il discorso cambia: ci si trova di tutto e i libri meno noti collettivamente vendono più di Dan Brown. L’implicazione culturale è evidente: mantenere la lunga coda significa tutelare le minoranze permettendo anche ai meno conosciuti di remunerare il proprio lavoro ma anche offrire sempre un’offerta variegata agli utenti. Nel suo saggio Free (2010), Anderson analizza questo nuovo modello di business che permette di guadagnare cedendo i prodotti gratuitamente. Un’azienda può offre parte dei suoi beni o servizi a titolo gratuito e vendere quegli stessi prodotti aggiungendovi un plus. Anderson stesso ha messo alla prova il freemium con il suo libro ultimo libro, Free. 1
  • 8. CHRIS ANDERSON L’ebook in download gratuito ha trascinato le vendite della versione cartacea a pagamento. Il valore aggiunto in questo caso era avere il libro fisico e non un file. Risultato: il libro ha scalato le classifiche ed è stato per lungo tempo uno dei più venduti nella rete. In Wired Us del settembre 2010 teorizza la fine del Web, ma non in senso assoluto. Secondo lui l’accesso a Internet tramite smartphone e device mobili implica l’uso di app proprietarie e chiuse che stanno facendo morire la navigazione web tradizionale, che è sostanzialmente libera. Il dibattito si scatena e la Rete reagisce alla provocazione. Missione compiuta. È finita l’epoca delle grandi teorie scientifiche. Oggi non servono più modelli scientifici perché la quantità di dati che risiede nella Rete è tanta e tale da permettere studi direttamente sul campo, senza modelli. BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA § MediLa coda lunga. Da un mercato di massa a una massa di mercati, Codice, 2008 § Gratis, BUR Biblioteca Univ. Rizzoli, 2010 § Makers. Il ritorno dei produttori. Per una nuova rivoluzione industriale, Rizzoli Etas, 2013 1
  • 9. FRANCO BERARDI “BIFO” (1949, ITALIANO) Per Berardi Bifo Social networks e smart phones costituiscono una potente accoppiata che ha portato ad una inedita e ambivalente informatizzazione della vita sociale. Dal punto di vista di Bifo, il cybertempo, con Facebook e Twitter, ma anche YouTube, Google, Whatsapp e simili, ha colonizzato anche quello che una volta si definiva ‘tempo libero’, insinuandosi nel tessuto delle amicizie e conoscenze, rimodulando profondamente i rapporti sessuali e affettivi. Per Bifo se vogliamo andare oltre le ovvietà secondo cui l’informazione ci rende possibile essere informati, dobbiamo per prima cosa capire che Internet non è essenzialmente uno strumento, ma una sfera, un ambiente, e pertanto la mutazione antropologica prodotta dai media digitali e dall’accelerazione dell’infosfera è l’effetto più importante dal punto di vista degli effetti sociali e politici. Ma non dovremmo riferirci solo agli effetti politici della diffusione dei media, perché i media non sono solo strumenti per l’imposizione di interessi sociali e di programmi politici. I media sono soprattutto macchine per la modellazione della soggettività collettiva, sono fattori di mutazione antropologica e la disposizione dei corpi nella sfera sociale. Per Bifo, talvolta, internet appare piuttosto una fabbrica di cretinismo identitario, che un’agora di scambio tollerante e di scoperta intellettuale. 2
  • 10. FRANCO BERARDI “BIFO” BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA § Più cyber che punk, con Marco Jacquemet; Robert Wright; Jaron Lanier; Felix Guattari; Valmerz, Bologna, A/traverso, 1990 § Politiche della mutazione. Milano-Bologna, Synergon, 1991 § Cancel & Più cyber che punk. Milano-Bologna, Synergon, 1992. § Mutazione e cyberpunk. Immaginario e tecnologia negli scenari di fine millennio. Costa & Nolan, 1994 § Neuromagma. Lavoro cognitivo e infoproduzione. Castelvecchi, 1995 § Ciberfilosofia. 1995. § Exit. il nostro contributo all'estinzione della civiltà. Costa & Nolan, 1997 § La fabbrica dell'infelicità: new economy e movimento del cognitariato. Roma, DeriveApprodi, 2001 § Errore di sistema. Teoria e pratiche di Adbusters, Feltrinelli, 2003 § Telestreet. Macchina immaginativa non omologata, Dalai Editore, 2003 § Il sapiente, il mercante, il guerriero. Dal rifiuto del lavoro all'emergere del cognitariato. Roma, DeriveApprodi, 2004 § Skizomedia. Trent'anni di mediattivismo. Roma, DeriveApprodi, 2006 § Dopo il futuro: Dal Futurismo al Cyberpunk. L’esaurimento della Modernità, DeriveApprodi, Roma 2013 2
  • 11. TIM BERNERS LEE (1961 , UK) Secondo Berners Lee il Web è progettato [...] per essere universale: per includere tutto e tutti. Sul Web dovremmo essere in grado non solo di trovare ogni tipo di documento, ma anche di crearne, e facilmente. Non solo di seguire i link, ma di crearli, tra ogni genere di media. Non solo di interagire con gli altri, ma di creare con gli altri. L'intercreatività vuol dire fare insieme cose o risolvere insieme problemi. Se l'interattività non significa soltanto stare seduti passivamente davanti a uno schermo, allora l'intercreatività non significa solo starsene seduti di fronte a qualcosa di interattivo. Negli ultimi anni secondo Berners Lee il modo in cui il Web si è sviluppato è diventato "sconcertante". Nonostante tutto Berners-Lee non ha perso la speranza, grazie alle opportunità che la rete offre per "spingere la gente a collaborare". BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA § L'architettura del nuovo web: dall'inventore della rete il progetto di una comunicazione democratica, interattiva e intercreativa, Milano, Feltrinelli, 2001 3
  • 12. NICHOLAS CARR (1960, USA) Nicolas Carr, nel saggio The Big Switch (2008), analizza l’ascesa del cloud computing. Questa infrastruttura centralizzata indica la fine del PC autonomo come nodo all’interno di una rete distribuita. Inoltre, Carr segnala una “svolta neurologica” nell’analisi del Web 2.0. Muovendo dall’osservazione che l’intenzione di Google è stata sempre quella di trasformare le sue operazioni in intelligenza artificiale, cioè in un cervello artificiale più intelligente del cervello umano, Carr concentra l’attenzione sul futuro delle nostre capacità cognitive: Il medium non è soltanto il messaggio, bensì anche la mente. Dà forma a quel che vediamo, noi diventiamo i neuroni del Web. Più link clicchiamo, più pagine visitiamo e transazioni facciamo, e più il Web diventa intelligente, raggiunge valore economico e crea profitto. Carr, nel 2008, su Atlantic scriverà il suo famoso saggio «Google ci rende stupidi?». Qual è l’effetto di internet sul cervello?”, sostenendo che in fin dei conti è il continuo passare dalle finestre ai siti e il frenetico ricorso ai motori di ricerca a renderci stupidi, ovvero la perdita della lettura profonda (anche della realtà?). BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA § The Big Switch: Rewiring the World, from Edison to Google (2008, W. W. Norton) § Internet ci rende stupidi? (2011, Raffaello Cortina Editore) 4
  • 13. MANUEL CASTELLS (1942, SPAGNA) Manuel Castells, in Comunicazione e Potere (2009), sostiene che “la rete è il messaggio. […]La realizzazione del cambiamento sociale in rete procede riprogrammando le reti di comunicazione che costruiscono l’ambiente simbolico per la manipolazione delle informazioni nelle nostre menti, determinando le ultime pratiche individuali e collettive. Creare nuovi contenuti e nuove forme delle reti che connettono le menti e il loro ambiente comunicazionale equivale a ristrutturare l’impianto delle nostre menti”. Castells è il teorico della autocomunicazione di massa, ovvero della forma di comunicazione emersa con lo sviluppo del Web 2.0 tesa a costruire sistemi personali di comunicazione di massa, tramite SMS, blog, vlog, podcast, wiki e la conversazione sui social network. Castells, infine, sostiene però <<una quota di questa forma di autocomunicazione di massa è più vicina all’autismo elettronico che a una vera e propria comunicazione>>. In Reti di indignazione e di speranza (2012), Castells sostiene che in questi ultimi anni, grazie ai mezzi autonomi di comunicazione orizzontale forniti da Internet, i cittadini dell’età dell’informazione sono in grado di inventare nuovi programmi legati alla loro sofferenza, alle loro paure, ai loro sogni, alle loro speranze e quindi veicolare nuovi valori e obiettivi. I movimenti sociali a loro volta creano contropotere, autocostruendosi mediante un processo di comunicazione autonoma, libera da quanti detengono il potere istituzionale. I social network digitali offrono la possibilità, senza restrizioni, di deliberare e coordinare l’azione. 5
  • 14. MANUEL CASTELLS La chiave interpretativa di tutto il saggio è il primo capitolo, «Mettersi in rete, creare significato, contestare il potere», in cui si analizza il processo con cui i social network presenti in Rete diffondono nuovi valori e interessi (significato) in contrasto a quelli istituzionalizzati o a quelli dei poteri dominanti a cui si oppongono, e come riescono, di conseguenza, a dare origine e voce alla mobilitazione degli individui, che si esprime poi attraverso l’occupazione fisica di luoghi pubblici. BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA § La città delle reti, Marsilio, 2004 § Galassia Internet, Milano, Feltrinelli serie Bianca, 2006 § Il potere delle identità, Università Bocconi, 2008 § Volgere di millennio, Università Bocconi, 2008 § Mobile communication e trasformazione sociale, Milano, Guerini e Associati, 2008 § Comunicazione e Potere, Milano, Bocconi Università Edizioni, 2009. § Reti di Indignazione e speranza. Movimenti sociali nell'era di Internet, Egea SpA Università Bocconi Edizioni, 2012 5
  • 15. LUCA DE BIASE (1956, ITALIA) La presenza capillare dell’informazione nella vita quotidiana delle persone nei paesi occidentali è un’esperienza generalizzata. Ciascuno ne fruisce e ne genera in continuazione. La quantità di messaggi cresce inesorabilmente, senza un ordine apparente. Cresce e basta. Il crollo del costo delle comunicazioni è anche l’inflazione dei messaggi. Mai come in questa epoca il concetto di “information overload”, il sovraccarico di informazioni che si contendono l’attenzione della gente, è una condizione con la quale ogni ricerca sulla vita sociale deve fare i conti. C’è evidentemente una ricchezza straordinaria nell’abbondanza di informazioni. Ma c’è anche il rischio di una paralisi delle idee, di fronte all’eventuale ingestibilità dell’inflazione di informazioni. La quantità dell'informazione disponibile sta crescendo vertiginosamente, con i media sociali, internet, la digitalizzazione e la crescita della velocità di accesso ai contenuti che si trovano in rete. Il fatto è che internet ha reso enormemente meno costoso pubblicare. La funzione di filtro qualitativo, nell'epoca analogica, era affidata a pochi grandi "custodi" del sapere: editori, università, autorità culturali. Oggi, in un contesto in cui tutto si pubblica senza troppe difficoltà, quella stessa funzione si svolge nel momento della fruizione dei contenuti. La ricchezza quantitativa di informazione diventa anche un problema in termini di giudizio critico, qualitativo. 6
  • 16. LUCA DE BIASE “La dimensione plurale di cui stiamo parlando non è né collettiva né individuale: è comune, relativa ai collegamenti molteplici tra le persone e le circostanze diverse nelle quali vivono, relativa al modo con il quale quei collegamenti influiscono sulle persone e sulle loro azioni, ponendo vincoli e offrendo opportunità“. Così l’intelligenza collettiva (“procedurale, automatica, meramente collettiva”) diventa “intelligenza plurale”, ossia un sistema con l’ambizione di non solo prendere decisioni più partecipate, ma che possa “migliorare effettivamente le decisioni”; l’innovazione non si riduce alla “moltiplicazione delle novità” ma serve la qualità della vita; e i social media, che vorrebbero ridurci ai nostri like, si riconfigurano come “media civici”. BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA § Edeologia: critica del fondamentalismo digitale, Laterza 2003 § Giornalisti online. Manuale di giornalismo nell'epoca di Internet, Yema 2003 § Economia della felicità. Dalla blogosfera al valore del dono e oltre, Feltrinelli 2007 § Cambiare pagina. Per sopravvivere ai media della solitudine, BUR Rizzoli 2011 § Media civici. Informazione di mutuo soccorso, Apogeo collana Vita Feltrinelli 2013 § Homo pluralis: Esseri umani nell'era tecnologica, Edizioni 2015 6
  • 17. DERRICK DE KERCKHOVE (194 4, BELGIO/CANADA) Il concetto di intelligenza connettiva trae ispirazione da quello di 'intelligenza collettiva' di Levy, e solo in un secondo tempo si distingue concettualmente caratterizzandosi nella pratica diretta del concetto di 'intelligenza collettiva’. L'intelligenza collettiva è il prodotto della memoria collettiva, dell'immaginario collettivo, e diventa progetto quando l'uomo mette a disposizione della collettività gli strumenti che permettono una interazione tra gli individui. Essa è infatti la "pratica della moltiplicazione delle intelligenze le une in rapporto alle altre all'interno del tempo reale di un'esperienza”. De Kerkhove afferma che esiste ed esisterà sempre una dimensione personale delle intelligenze, che attraverso la rete, possono essere messe in connessione. La quantità di dati che appare on line su di ciascuno di noi crea un’identità di cui nessuno è pienamente consapevole. Un nostro io digitale tracciabile da chiunque ma che sfugge, appunto, alla nostra coscienza. La Rete diventa sempre di più una sorta di sistema limbico sociale, in cui cioè le emozioni sono preponderanti. Il diritto all’oblio era un concetto sbagliato dall’inizio: invece di educare le persone a gestire i dati su di loro, si è pensato che bastasse cancellarne alcuni con una legge o una sentenza. Secondo quando afferma De Kerckhove dobbiamo pensare a una società reciprocamente trasparente: chiunque vede ed è contemporaneamente visto. 7
  • 18. DERRICK DE KERCKHOVE BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA § Brainframes: mente, tecnologia, mercato, Bologna, Baskerville, 1993 § La pelle della cultura: un'indagine sulla nuova realtà elettronica, Genova, Costa & Nolan, 1996. § L'architettura dell'intelligenza, Torino, Testo & immagine, 2001 § Transpolitica: nuovi rapporti di potere e di sapere con Vincenzo Susca, Milano, Apogeo, 2008 § Il sapere digitale, Napoli, Liguori Editore, 2011 7
  • 19. CARLO FORMENTI (1947, ITALIA) 8 Carlo Formenti, in Cybersoviet (2008), propone le seguenti tesi: 1. che la democrazia dei consumi promossa dal Web 2.0 – e che ha determinato una rapida e popolare popolarizzazione dei contenuti – non corrisponde affatto ad una estensione della democrazia politica; 2. che anche sul piano puramente economico il fenomeno andrebbe più correttamente interpretato come la messa al lavoro (perlopiù gratuito) dell’intelligenza collettiva da parte delle Internet Company che controllano il mercato; 3. la ripresa del controllo da parte dei governi, imprese e agenzie transnazionali sulle relazioni sociali mediate dal computer sia quasi totale, in barba alla fandonie sull’architettura “intrinsecamente anarchica” di Internet; 4. le celebrazioni sulla “fine del politico” tendono a legittimare, sia pure inconsapevolmente, i processi di distruzione della sfera pubblica e il suo integrale riassorbimento nella sfera privata, contribuendo a spacciare il chiacchiericcio “intimista” che dilaga nei reality show televisivi ai social network di Internet per l’autogoverno delle moltitudini. Formenti presenta tre mitologie della rete: Mitologia I: la rete non può essere controllata. Mitologia II: la trasparenza è sempre buona. Mitologia III: lo sciame è sempre intelligente. In “Felici e sfruttati” (2011) Formenti sostiene che ciò che sta dietro all’illusione di democrazia e libertà economica, creata dal web 2.0, fa sì che milioni di persone siano felici e sfruttate, oltre ad essere pervasi dall’illusione di assunzione di libertà nei confronti dei meccanismi del potere.
  • 20. CARLO FORMENTI BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA § Incantati dalla rete. Immaginari, utopie e conflitti nell'epoca di Internet, Milano, Cortina, 2000. § Mercanti di futuro. Utopia e crisi della Net Economy, Torino, Einaudi, 2002. § Not economy. Economia digitale e paradossi della proprietà intellettuale, Milano, ETAS, 2003. § Cybersoviet. Utopie postdemocratiche e nuovi media, Milano, Cortina, 2008. § Se questa è democrazia. Paradossi politico-culturali dell'era digitale, San Cesario di Lecce, Manni, 2009. § Web 2.0. Un nuovo racconto e i suoi dispositivi, a cura di, Milano, Il Saggiatore, 2010. Felici e sfruttati. Capitalismo digitale ed eclissi del lavoro, Milano, EGEA, 2011. § L'eclissi. Dialogo precario sulla crisi della civiltà capitalistica, con Franco Berardi Bifo, San Cesario di Lecce, Manni, 2011. § Utopie letali. Contro l'ideologia postmoderna, Milano, Jaka Book, 2013. 8
  • 21. BYUNG CHUL HAN (1959, SUD COREA,) La cultura della “condivisione” è diventata commercializzazione della nostra vita - Internet non unisce, ma divide e genera un venefico narcisismo digitale. La sua estrema personalizzazione restringe, paradossalmente, i nostri orizzonti e divora le fondamenta stesse della democrazia rappresentativa…La folla che tante conquiste ha ottenuto in passato oggi è soltanto uno sterile sciame. Il mondo virtuale ha perso ogni distanza e quindi rispetto. L’anonimato e la trasparenza sul web sono un male assoluto. La cultura della “condivisione” è la commercializzazione radicale della nostra vita. Internet non unisce, ma divide. Genera un venefico narcisismo digitale. La sua estrema personalizzazione restringe, paradossalmente, i nostri orizzonti. E divora le fondamenta stesse della democrazia rappresentativa. Lo sciame digitale non crea un “pubblico”. Non conduce al dialogo o al discorso, che è il cuore di una democrazia. Una vera comunità democratica non è né massa né sciame, ma un pubblico che discute. Il mezzo digitale è strettamente legato a uno stato di eccitazione. BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA § La società della trasparenza, Nottetempo (collana Gransassi),2014 § Nello sciame. Visioni del digitale, Nottetempo (collana Gransassi),2015 § Psicopolitica, Nottetempo (collana Gransassi), 2016 9
  • 22. COLLLETTIVO IPPOLITA.NET (2005, ITALIA) In "La Rete è libera e democratica”. Falso!" Ippolita sancisce Il primo argomento è che la rete non è solo il world wide web, il servizio che ci consente di muoverci da una pagina all’altra. Sotto la superficie del web ci sono molti altri servizi il cui scopo fondamentale è raccogliere dati sugli utenti per fare pubblicità mirate.Il secondo argomento è che i movimenti politici che nascono in rete di solito non generano partecipazione ed elaborazione di idee. La libertà di parola che consentono si traduce raramente in discussione e tende invece a suscitare una ricerca d’identità ossessiva e un certo rancore rispetto a tutto ciò che è fuori dal gruppo.Il terzo argomento, il più radicale, è che la rete non produce i due risultati che ci si aspetta dalla democrazia, cioè la deliberazione collettiva e la ricerca del consenso. Si limita a fornire l’illusione di una libertà di consumo che in realtà ha costi molto alti, in termini di privacy e di raccolta dati. Questo non significa che internet sia solo un sistema per renderci schiavi delle multinazionali, ma certamente che è nata, si è sviluppata ed è usata per scopi diversi dalla nostra felicità. In "Anime elettroniche" Ippolita afferma ⌇le nostre identità digitali sono composte da sentimenti e informazioni sempre più strettamente intrecciati tra loro. Quando condividiamo via web ci sentiamo al contempo più gratificati e più informati. Sempre presenti e al contempo proiettati in un altrove, siamo come anime elettriche in estasi permanente. Perché nella ribalta mediatica dei servizi gratuiti, dove ci esercitiamo nella disciplina della pornografia emotiva, si disegna una diversa unità tra mente e corpo. 10
  • 23. COLLLETTIVO IPPOLITA.NET (2005, ITALIA) Ci troviamo in uno spazio continuo di sollecitazioni e senza accorgerci siamo alla mercé di un potere dopante e manipolatorio>>. BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA • Anime elettriche, Jaca Book, Milano, 2016 • La rete è libera e democratica. Falso!, Laterza, Bari, 2014 • Nell'acquario di Facebook. La resistibile ascesa dell'anarco-capitalismo, Ledizioni, Milano, 2012 • Luci e ombre di Google. Futuro e passato dell'industria dei meta dati, Feltrinelli, Milano, 2007 • Open non è free. Comunità digitali tra etica hacker e mercato globale, Eleuthera, Milano, 2005 10
  • 24. HENRY JENKINS (1958, USA) Secondo Jenkins, in Cultura convergente (2007) “vecchi e nuovi media collidono, dove i grandi media e i media grassroots si incrociano, dove il potere dei produttori dei media e quello dei consumatori interagiscono in modi imprevedibili”. Il merito di Jenkins è consistito non tanto nell‟avere creato un quadro prospettico nuovo, ma nell‟avere intercettato una serie di dinamiche che stavano dando forma a quel nuovo panorama di “rinascimento digitale” in cui viviamo e che, costantemente, contribuiamo a definire. I nuovi media non cancellano quelli vecchi: tendono a “rimediarsi”, ma soprattutto creano rinnovate opportunità di azione per gli utenti che acquisiscono una centralità finora inedita. Il concetto di convergenza va dunque primariamente inteso in un duplice senso, ad un tempo tecnologico e culturale. In Spreadable media (2013), Jenkins sostiene che la metafora dell'infezione e del contagio sovrastima il potere dei media e sottostima quello del pubblico. Nell'idea di Jenkins invece la trasmissione da un nodo all'altro della rete, da un utente all'altro, avviene perché utenti attivi decidono autonomamente di far circolare alcuni contenuti e non altri. siamo di fronte a un cambio di paradigma della forma in cui i contenuti culturali circolano all'interno di una società. Sta emergendo un modello ibrido di circolazione, frutto del mix tra strategie istituzionali e dall'alto (le corporation mediali che decidono cosa produrre e quando lanciare 11
  • 25. JEFF JARVIS (1954, USA) I media di massa stanno morendo ma le testate esistenti possono benissimo reinventarsi. A patto di non credere a pillole magiche come native advertising, paywall e tablet, ma costruire servizi per i lettori.“I contenuti riempiono gli spazi, i servizi raggiungono obiettivi. Il giornalismo deve esistere per raggiungere obiettivi per il pubblico a cui offre servizi. Deve esistere per migliorare le vite degli individui e delle comunità” ha affermato Jarvis. E per riuscire in tale impresa bisogna considerare i lettori come individui e come membri di comunità, non più come numeri in una massa indistinta. Bisogna conoscerli, conoscere i loro problemi e i loro interessi.Jarvis ritiene che nel nuovo ecosistema dell’informazione, in cui gli attori si sono moltiplicati, sia necessario specializzarsi: “Fate quello che sapete fare meglio, e collaborate con altri per il resto” è il mantra che spesso ripete. Ed è un suggerimento per i media pubblici europei, che dovrebbero essere ridefiniti, secondo Jarvis, per diventare una piattaforma per l’intero ecosistema mediatico.Un luogo adatto alla sperimentazione, promotore di qualità, aperto alla collaborazione con il pubblico. Per costruire un tale modello anche i giornalisti dovrebbero cambiare, trasformandosi in “organizzatori di comunità”. BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA § Gutenberg il Geek. Il primo imprenditore tecnologico della storia e il Santo Patrono della Silicon Valley, GoWare, 2012 12
  • 26. STEVEN JOHNSON (1968, USA) Un’innovazione non è mai l’idea di un singolo individuo in un dato momento. Le idee sono fondamentalmente sistemi, reti di altre idee.Ma che cosa sta facendo Internet alle nostre menti? Questa è la domanda che Johnson pone al lettore, con una premessa: ci stiamo facendo sopraffare da uno stile di vita multitasking, continuamente connesso. Questo ci porterebbe a pensieri meno complessi man mano che ci spostiamo da una lettura più lenta, profonda e contemplativa ad una più rapida e distratta. Sicuramente siamo più distratti – ammette Johnson – ma quello che succede oggi è che abbiamo solo più modi di connetterci e raggiungere persone distanti così da trovare i pezzi mancanti per completare le idee a cui stiamo pensando o incontrare per caso una nuova informazione che ci aiuti a costruire la nostra idea. BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA § La nuova scienza dei sistemi emergenti. Dalle colonie di insetti al cervello umano, dalle città ai videogame e all'economia, dai movimenti di protesta ai network, Garzanti Libri, 2004 § Tutto quello che fa male ti fa bene. Perchè la televisione, i videogiochi e il cinema ci rendono più intelligenti, Strade Blu, Mondadori, 2005 § Dove nascono le grandi idee. Storia naturale dell'innovazione Disponibilità immediata, BUR Biblioteca Univ. Rizzoli, 2011 § Un futuro perfetto. Il progresso ai tempi di internet, Codice, 2013 13
  • 27. ANDREW KEEN (1960, GRAN BRETAGNA/USA) Andrew Keen, nel saggio The Cult of the Amateur (2007), uno dei primi lavori critici del sistema di pensiero legato al web 2.0. Keen si chiede “Cosa succede quando l’ignoranza si sposa con l’egoismo, il cattivo gusto e le masse incontrollabili? È la scimmia che prende il sopravvento. Quando sono tutti lì a trasmettere , non rimane nessuno ad ascoltare”. In questo scenario da “Darwinismo digitale” sopravvivono soltanto le voci più forti e possenti (gli influencers). Il web 2.0 decima le truppe dei nostri custodi culturali. In “Internet non è la risposta”, Keen sostiene che internet aumenta la disparità tra ricchi e poveri, disattese le promesse di libertà. Lasciata alle sue regole, la Rete non è un meccanismo di distribuzione di profitti, ma tende invece a concentrarli nelle mani di pochi fortunati. BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA § Vertigine digitale. Fragilità e disorientamento da social media Disponibilità immediata, 2013, EGEA § Internet non è la risposta, 2015, EGEA 14
  • 28. KEVIN KELLY (1952 USA) Kevin Kelly afferma che la tecnologia ha un futuro ineluttabile e prevedibile. «Ineluttabile la clonazione umana, ineluttabili i cibi geneticamente modificati. Ineluttabili le tecnologie che interconnetteranno gli individui in modo ancora più profondo, al punto da modificare anche la nostra biologia[…]». Premessa necessaria, per capire Kelly, quando dice che «in fondo la tecnologia vuole ciò che vogliamo anche noi. Molte cose, ma soprattutto l'aumento delle possibilità umane. È una tendenza ineluttabile, nel lungo periodo, e tale quindi è anche l'avvento delle tecnologie specifiche che la renderanno possibile». Kelly giunge a questa tesi perché considera il technium come una forza autonoma rispetto alla pura volontà umana: «Le invenzioni della nostra mente pervadono il mondo a un livello così profondo da essere ormai come un organismo autonomo. Sono cose interconnesse tra di loro che si autoperpetuano e autoaumentano». Sono 13 le cose che la tecnologia cerca di accrescere: efficienza, opportunità, emersione, complessità, diversità, specializzazione, ubiquità, libertà, mutualità (socialità), bellezza, "sentience" (capacità di essere senziente), struttura, evoluzione attraverso l'adattamento ("evolvability"). BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA § - Quello che vuole la tecnologia, Codice Edizioni, 2010 15
  • 29. JARON LANIER (1942, USA) Jaron Lanier, in Tu non sei un gadget (2010), si chiede “Cosa succede quando smettiamo di dar forma alla tecnologia e invece quest’ultima a plasmarci?”. Al pari di Andrew Keeen, la difesa dell’individuo sostenuta da Lanier rimanda all’effetto riduttivo della “saggezza della folla”, laddove le voci dei singoli vengono soppresse a favore delle norme imposte dalla massa, come avviene su Wikipedia e siti analoghi. Lanier sostiene che la democratizzazione degli strumenti digitali non ci ha regalato nessun “super-Gershwin”; al contrario Laner rimarca l’esaurimento dei modelli, fenomeno in cui la cultura non riesce più a produrre varianti dei modelli tradizionali e diventa meno creativa in generale. In La dignità ai tempi di Internet (2013), Janier sostiene: l’eliminazione dei livelli intermedi di competenza nel campo della produzione e dei servizi, e la loro sostituzione con prestazioni erogate in remoto, e/o automatizzate, potrebbe polarizzare ulteriormente il reddito, conducendo ad una società economica in cui élite molto ben pagate sono contrapposte ad una massa che la concorrenza per i pochi ruoli ancora utili porterà ad accettare compensi sempre minori. In cui l’ineguaglianza esploderà a livelli ben più gravidi quelli presenti; una tendenza che sembra irresistibile. BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA § Tu non sei un gadget, Arnoldo Mondadori Editore, 2010 § La dignità ai tempi di Internet, Milano, Il Saggiatore, 2013 16
  • 30. KALLE LASN // ADBUSTERS.ORG (1942, ESTONIA/CANADA) In Culture Jam (2004), Kalle Lasn invita i cittadini dell'Occidente globalizzato, massificato e mercificato a mutare rotta. E indica anche il modo concreto per cambiare il mondo in cui viviamo: agire sul sistema dell'informazione, sulla gestione delle televisioni e delle industrie dell'alimentazione, della moda, dell'auto, della musica, dello sport, della cultura. Distruggendo il modello del consumismo, gli idoli della pubblicità e dei marchi, Culture Jam affronta argomenti sempre più vivi nella coscienza dei cittadini, e ci dimostra come ciascuno di noi possa organizzare una resistenza verso lo strapotere del capitalismo selvaggio, contribuendo a dare vita a un mondo più giusto e umano. “La pubblicità è il più diffuso e tossico degli inquinanti mentali”. In questo settore oltre alla critica alla pubblicità sono descritte le più paradossali situazioni in cui si viene a contatto con essa: sul fondo di una buca per il golf, sulla schermo di un bancomat e persino (con l’uso di lenti a contatto speciali) sulle pupille del velocista inglese Linford Christie. Siamo bombardati al ritmo di tremila messaggi pubblicitari al giorno secondo un calcolo effettuato da Rick Crawford del Department of Computer Science, University of California. BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA § Culture Jam, Oscar Mondadori, 2004 § Design Anarchy. La pratica del subvertising, Eleuthera, 2008 17
  • 31. PIERRE LEVY (1956, FRANCIA) Lévy dà una definizione dell'intelligenza collettiva, e spiega perché oggi si può perseguire il progetto di emancipazione dell'illuminismo. Esiste un'etica dell'intelligenza collettiva, che mette l'individuo al servizio della comunità, permettendogli di esprimersi completamente. Le nuove tecniche digitali permettono la comunicazione reciproca di tutti con tutti, che consente la costruzione di una cooperazione globale senza necessitare di un consenso di maggioranza, come richiesto dalla democrazia rappresentativa classica. Internet è un fenomeno spontaneo positivo, minacciato parzialmente di essere soverchiato dai governanti o dalle grandi imprese commerciali. Internet fornisce un flusso enorme e inorganico di informazione, che richiede degli strumenti di selezione. L'appiattimento della conoscenza esiste solo da un punto di vista centralistico, mentre c'è un arricchimento dei differenti paesaggi culturali individuali. La difficoltà nell'orientarsi nello spazio virtuale è dovuta dal fatto che la rappresentazione diventa sempre di più la realtà stessa. Le nuove tecnologie porteranno a un forte sviluppo dei sensi e alla loro virtualizzazione, e non all'atrofia. 18
  • 32. PIERRE LEVY BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA § Le tecnologie dell'intelligenza. L'avvenire del pensiero nell'era dell'informatica, ES/Synergon, Bologna 1992. § Gli Alberi delle conoscenze. Educazione e gestione dinamica delle competenze, Feltrinelli, Milano, 2000. § L'intelligenza collettiva. Per un'antropologia del cyberspazio, Feltrinelli, Milano 1996. § Il Virtuale, Raffaello Cortina, Milano 1997 § Cybercultura. Gli usi sociali delle nuove tecnologie, Feltrinelli, Milano 1999, 2013. § Il fuoco liberatore, Luca Sossella, Roma 2000. § Cyberdemocrazia. Saggio di filosofia politica, Mimesis, Milano 2008. § Verso la ciberdemocrazia, in de Kerckhove D, Tursi A. (a cura di), Dopo la democrazia? Il potere e la sfera pubblica nell'epoca di internet, Apogeo, Milano 2006 18
  • 33. LAWRENCE LESSIG (1961 USA) Lessig è ben noto per le sue critiche sull'estensione del diritto d'autore, e ha formalizzato il concetto di Cultura libera (Free Culture); sostiene, inoltre, il software libero e lo spettro libero (Open Spectrum). In Remix. Il futuro del copyright (e delle nuove generazioni) (2008) analizza il fenomeno della professionalizzazione delle figure dei produttori di contenuti culturali durante il Novecento e come il digitale abbia invece consentito la riappropriazione di pratiche di produzione attiva di cultura basate anche sul remix, il riutilizzo di contenuti digitali preesistenti e la loro rielaborazione. Ricollegandosi al pensiero del sociologo Henry Jenkins, descrive queste nuove forme culturali come "cultura RW" (cultura Read/Write) in contrapposizione alla precedente "cultura RO" (cultura Read Only) e ne analizza le implicazioni giuridiche nel campo del copyright. BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA § Cultura libera - Un equilibrio fra anarchia e controllo, contro l'estremismo della proprietà intellettuale, Milano, Apogeo, 2005 § Il futuro delle idee, Milano, Feltrinelli, 2006 § Remix: il futuro del copyright (e delle nuove generazioni), Milano, Etas, 2009 19
  • 34. GEERT LOVINK (1959, OLANDA) In Zero Comments (2007), Geert Lovink afferma che il social networking è dunque l'angolo prospettico da cui guardare la realtà sociale dentro e fuori lo schermo. Da una parte, infatti, il social networking esprime i cambiamenti nella prestazione lavorativa, ma anche i mutamenti nella concezione della proprietà privata e nell'organizzazione produttiva. Dall'altra è il contesto in cui si manifestano le forme di resistenza e i nodi problematici della critica al capitalismo contemporaneo. Le parole chiave per accedere alla sua comprensione sono condivisione e proprietà intellettuale. Geert Lovink, in Ossessioni collettive: critica dei social media (2011), si allontana dalle analisi critiche impostate sulla mappatura degli impatti mentali e riflette, invece, sull’influenza della Rete sulla nostra vita. Lovink sostiene che <<Internet è un terreno fertile per opinioni polarizzate e utenti tendenti all’estremo. Se questo spazio virtuale è un’oasi di libertà, come ne sostiene la reputazione, vediamo allora come poter fare quel che ci pare. Quest’attitudine distrugge il dialogo, che in ogni caso ci riporterebbe all’utopia della comunicazione di Habermas. L’internet pubblica si è trasformata in un campo di battaglia, spiegando così il successo di “giardini recintati” come Facebook e Twitter, in cui il web 2.0 offre strumenti per filtrare sia i contenuti si altri utenti. Infine, Lovink sostiene che i social network non riguardano tanto l’affermazione di qualcosa come se fosse una verità, quanto piuttosto la creazione della verità tramite una serie infinita di click. 20
  • 35. GEERT LOVINK BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA § Dark fiber, Roma, Sossella, 2002 § Internet non è il paradiso: reti sociali e critica della cybercultura, Milano, Apogeo, 2004 § Zero comments: teoria critica di internet, Milano, Bruno Mondadori, 2008 § Ossessioni collettive: critica dei social media, Milano, EGEA, 2012 20
  • 36. LEV MANOVICH (1960 , USA) New Media = Media digitali. Questa identificazione è entrata nell'uso grazie a espressioni come "new media venture" (azienda new media), e si è imposto a livello teorico grazie all'opera del teorico dei media Lev Manovich, Il linguaggio dei nuovi media (2001). Anche i vecchi media, una volta filtrati dalla tecnologia digitale, diventano “nuovi media”, in quanto pur rimanendo superficialmente identici a prima, cambiano tuttavia nella sostanza. In Software Culture (2010) Manovich fa uno zoom sulla tecnologia che ha messo in scacco le differenze tra i media dando vita piuttosto a un “metamedium”, il computer, a cui ormai affidiamo memoria, immaginazione, desideri, identità. Il metamedium è una combinazione di media già esistenti e media ancora da inventare. Creare nuovi media, o a combinare quelli tradizionali in modi prima sconosciuti, è il lievito che spiega l’estensione del software a tutte le pratiche espressive della nostra era. BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA § Software culture, Edizioni Olivaresa, 2010 § Il linguaggio dei nuovi media, Edizioni Olivaresa, 2002 21
  • 37. EVGENE MOROZOV (1984, BIELORUSSIA) Evgene Morozov, in Net Delusion (2011), pone l’attenzione sugli spazi di intrattenimento online che spostano l’attenzione dei giovani dalla partecipazione civica. Morozov, sostiene che anziché strumenti di conoscenza, autocoscienza e di liberazione, i contenuti stessi di internet stanno diventando una forma di intrattenimento infinito e a buon mercato per le masse, una forma di divertimento che consente di anestetizzare le coscienze della maggior parte dei popoli, anche di quelli soggetti all’oppressione politica più feroce. Invece di uniformare in modo globale, come si paventava, consumi e stili di vita, la diffusione di internet sembra aver dato voce, paradossalmente, ai pregiudizi, ai localismi e ai nazionalismi più deteriori. I gruppi terroristi, le bande criminali e le associazioni politiche più estremiste, infatti, possono trovare in internet un potente strumento di comunicazione e di organizzazione, minando, invece di consolidare, le basi della democrazia. Morozov sostiene che internet è una tecnologia a basso costo, dagli esiti ancora imprevedibili e vagamente inquietanti. In Contro Steve Jobs (2012), in cui viene demolito il carattere profetico e visionario del guru della Apple mettendone in luce la sconfinata povertà di pensiero. In Internet non salverà il mondo (2014), Morozov attacca il soluzionismo digitale e la tendenza della Silicon Valley a creare soluzioni a problemi che non esistono, riempire la vita di misurazioni digitali, mercificandola e controllandola fino nei suoi angoli più reconditi in 22
  • 38. EVGENE MOROZOV nome di una maggiore efficienza, di un senso di giustizia e di trasparenza assoluto e distopico. In Silicon Valley, Morozov sostiene che Facebook, Google e gli altri giganti della Valley sono i capofila di un capitalismo data-centrico e, – previa accettazione acritica dovuta alle magie dei loro prodotti offerti al costo, carissimo, della privacy – sono riuscite a inserirsi nel panorama del contemporaneo come portatrici di valori di per sé intrinsecamente positivi (innovazione, progresso, connessione) e a rendersi come tali sostanzialmente inattaccabili e a fare di chi cerca di sollevare o sottolineare i “lati oscuri” della loro ascesa un luddista o un tecnofobo nemico dell’innovazione. Ma l’interesse di questi colossi aziendali è sostenere e vendere i propri strumenti e servizi, cose che sono a tutti gli effetti prodotti che hanno un costo di vendita invisibile, ma salato: i dati. BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA § L’ingenuità della rete. Il lato oscuro della libertà di internet, Torino, Codice, 2011 § Contro Steve Jobs. La filosofia dell’uomo di marketing più abile del XXI secolo, Torino, Codice, 2012 § Internet non salverà il mondo. Perché non dobbiamo credere a chi pensa che la Rete possa risolvere ogni problema, Codice, 2014 § Silicon Valley: i signori del silicio, Mondadori, 2015 22
  • 39. NICHOLAS NEGROPONTE (1943 , USA) Nell'era digitale si è creato uno scarto generazionale impressionante tra chi ha più di trent'anni ed i più giovani. Tant'è vero che per far arrivare il suo slogan "essere digitali" a chi ha più di trent'anni, Negroponte ha dovuto far ricorso al libro, un medium che lui considera obsoleto. La differenza fra bit e atomi è il modo più semplice per descrivere il cambiamento dell'era digitale. Il tasso di penetrazione dei PC nelle case private, l'enorme crescita del numero di persone online su reti commerciali e l'esplosione di Internet dicono che è il 1995 l'anno della "svolta digitale". Internet, un fenomeno nato 25 anni fa per mano militare, è cresciuto con una struttura decentrata, e per questo è inarrestabile. Come in uno stormo di anatre, l'ordine e il funzionamento di Internet sono basati sul comportamento autonomo degli individui, e non su un'autorità centrale. La politica si svilupperà nei due estremi: la globalizzazione e il localismo. La realtà virtuale e la rete, non sono causa di isolamento e di derealizzazione, bensì un'occasione di socializzazione e di arricchimento immaginativo. Le visioni negative degli autori cyberpunk come Gibson sono pure opere di fantasia. La rete non è monopolizzabile da alcun potere. Anzi è un'occasione di emancipazione per il singolo. BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA § Essere digitale, Sperling & Kupfer,1995 23
  • 40. ELI PARISER (1980, USA) Il libro “Il filtro. Quello che internet ci nasconde” dell’attivista politico Pariser americano è un importante saggio assai dettagliato e aggiornato che analizza criticamente i dati e le forme di funzionamento strutturale del web, a partire dai grandi motori di ricerca come Google e dai social network planetari come Facebook. Ne viene fuori un mondo virtuale, basato su implacabili algoritmi, improntato sulla commercializzazione forsennata tanto di oggetti, merci e servizi, quanto di idee e informazioni. Una ragnatela tendenzialmente dedita al controllo totalizzante e totalitario verso cui anche la strategia democratica della ‘personalizzazione’ rischia di essere precostituita dalla macrobolla informatica. BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA § Il filtro. Quello che internet ci nasconde, Il Saggiatore, (New York, May 2011, in Italia 2012) 24
  • 41. MATTEO PASQUINELLI (19--, ITALIA) In Media activism (2002), Pasquinelli sostiene che la battaglia sulla comunicazione non è più semplicemente una battaglia per un’informazione “vera”, obiettiva, indipendente … poiché nell’epoca dell’intelligenza collettiva e della rete … i media sono non semplici mezzi di comunicazione ma campo delle battaglie politiche, teatro dell’immaginario collettivo, specchio e costruzione sociale. Il media attivismo è immaginato come una rete mondiale. Per descriverlo occorre immaginare un ambiente interconnesso fatto di flussi informativi, network, campagne mediatiche, programmatori, videomaker, giornalisti free lance. In Gli algoritmi del capitale. Accelerazionismo, macchine delle conoscenza e autonomia del comune (2014), Pasquinelli introduce muovendo da una riflessione sul predominio e sulla crisi del capitalismo finanziario contemporaneo, una raccolta di saggi che sono tutti accomunati dall'esigenza di guardare all'orizzonte tecnologico globale nell'intento di trovare nuovi paradigmi in grado di dischiudere differenti spazi collettivi e politici. BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA § Media activism. Strategie e pratiche della comunicazione indipendente, Derive Approdi, 2002 § Gli algoritmi del capitale. Accelerazionismo, macchine della conoscenza e autonomia del comune. Ombrecorte, 2014 25
  • 42. JAY ROSEN (1957 , USA) Secondo Jay Rosen ”il giornalismo può essere potenziato da una maggiore partecipazione delle persone alla sua elaborazione’’ – Un progetto che si muove su due direzioni: la costruzione di una ‘’architettura per sollecitare, selezionare e raffinare le questioni poste dai cittadini ai giornalisti per la risposta’’ come una sorta di progetto open-source che chiunque può adattare; e la realizzazione di partnership con testate giornalistiche esistenti per trovare i giornalisti da impiegare. Citizen journalism è quando la gente, in altri tempi detta pubblico, usa gli strumenti della stampa che sono in suo possesso per informarsi l’uno con l’altro.” Questa definizione nomina le trasformazioni principali che sono avvenute nel mondo dell’informazione: 1) la trasformazione da pubblico ricevente alla “gente” che agisce. 2) gli strumenti della stampa che una volta erano in possesso esclusivo di pochi per via dei costi elevati e del complicato utilizzo, adesso sono a disposizione di tutti, o perlomeno di molti. 3) le persone si approfittano del facile accesso agli strumenti una volta esclusivi della stampa per comunicare direttamente fra di loro. 26
  • 43. DOUGLAS RUSHKOFF (1961 , USA) In Programma o sarai programmato (2013), Rushkoff sostiene "nelle tecnologie che costruiamo è “incorporato” il mondo che verrà, e se non si è in grado di partecipare a questo processo, non resta che sedersi e fidarsi dei banchieri o di chiunque altro stia lavorando per fabbricare la realtà del futuro. Il software e i sistemi operativi che vengono creati oggi sono lo scenario in cui gli esseri umani interagiranno e faranno affari domani. Sapremo almeno come funzionano? Ci ricorderemo che non sono oggetti “naturali” ma che vengono progettati da persone? È una faccenda molto importante. Non è come saper aggiustare un’automobile; è piuttosto paragonabile al saper guidare un’automobile, o a guardare fuori dal finestrino. Se non sai niente di programmazione, allora sei seduto nel retro della macchina e devi confidare nel fatto che chi guida ti porti dove veramente vuoi andare. E visto chi sta alla guida dell’automobile oggi, io non penso che le cose stiano così". In Presente continuo (2014), Rushkoff afferma che oggi la tecnologia a nostra disposizione ci permette di essere sempre connessi con chiunque e di avere a portata di mano ogni tipo d’informazione, in qualunque momento. Ma qual è stato l’effetto sulle nostre vite di questa incredibile compressione di spazio e tempo? L’era dell’accesso totale ha un rovescio della medaglia che avevamo sottovalutato. 27
  • 44. DOUGLAS RUSHKOFF I social network alimentano l’ansia di un costante “qui e ora” senza direzione e priorità, frammentato e distratto; le e-mail e la messaggistica istantanea ormai sono un assalto; e noi siamo sopraffatti da un illusorio presente continuo che ci sfugge sempre di mano. BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA § Cyberia. La vita tra le pieghe dell'iperspazio, Urrà Apogeo, 1994 § Media Virus!, Ballantine Books, 1994 § Programma o sarai programmato. Dieci istruzioni per sopravvivere all'era digitale, Postmedia Books, 2013 § Presente continuo. Quando tutto accade ora, Codice Edizioni, 2014 27
  • 45. FRANK SCHIRRMACHER (1959, GERMANIA) Secondo Frank Schirrmacher, le persone devono continuare a pensare con la propria testa malgrado l’overdose di informazioni che tracima dalla rete e colonizza il nostro cervello. In realtà questa massa sterminata di dati non sazia la nostra fame di conoscenza, anzi “viviamo in uno stato di allarme costante”. Non sia mai che tra un tweet, un post, un’e-mail o un sms perdiamo il messaggio che ci cambierà la vita… Il risultato è che stiamo perdendo la capacità di attenzione, risucchiati da un multitasking per il quale non abbiamo il fisico. Il guaio è questo: abbiamo umanizzato le macchine, alle quali diamo del tu come se dietro ci fosse qualcuno in carne e ossa, mentre “tendiamo sempre più spesso a descriverci come un computer” con tutti i suoi crash e i suoi malfunzionamenti. In rete parliamo, senza accorgerci, la lingua degli algoritmi che determina gli scambi economici e sociali. Google e Facebook dettano la linea, la Borsa e il lavoro si adeguano. Per sottrarci almeno un po’ a questa logica “dobbiamo rinforzare quello che solo noi sappiamo fare, in quanto esseri imperfetti, fallibili e creativi”. Insomma, più aneddoti e meno statistiche. Cedere alla distrazione. Azzardare decisioni fuori dalla logica binaria. BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA § La libertà ritrovata. Come (continuare a) pensare nell'era digitale, Codice, 2010 § Ego. Gli inganni del capitalismo, Codice, 2015 28
  • 46. CLAY SHIRKY (1964 , USA) L'organizzazione intellettualmente collaborativa che emerge nella rete, con il grandioso surplus cognitivo che consente, può in effetti rivoluzionare l'idea stessa di produzione culturale. Ma non sappiamo che cosa farà la società di tutto questo. E come farà sorgere – se la farà sorgere – una nuova idea di qualità. I gruppi che collaborano si formano intorno a un oggetto. Di solito, in rete, si vede con gruppi che si scambiano foto, video e così via: s'incontrano intorno a qualcosa che interessa tutti loro. Secondo Shirky il potenziale in termini di condivisione, collaborazione, azione collettiva fatto emergere dalla diffusione dei Nuovi Media (sempre più veloci, interconnessi, globali e con costi decrescenti per gli utenti) avrà effetti profondi e persistenti sulle nostre società. Shirky analizzi i gruppi organizzati ma senza un’organizzazione ufficiale che li gestisce. Sul web esistono piattaforme (Facebook, Meetup, MySpace, Yahoo Groups, Flickr, twitter, livejournal, blogger, etc. etc) che mettono a disposizione la propria infrastruttura lasciando alle persone la libertà di creare gruppi di qualsiasi tipo (donne casalinghe nere del Massachussets, ex testimoni di Geova, Associazioni di ragazzi abusati dai preti cattolici, esperti di foto Hdr, gruppi proanoressia, dissidenti Egiziani, etc. etc..). Questi strumenti (sempre più social, veloci, globali, gratuiti, asincronici, bottom- up) fanno gia’ parte del panorama dei Media e sara’ molto interessante capire come si diffonderanno e come incideranno nella realtà. 29
  • 47. CLAY SHIRKY Gran parte delle barriere che limitavano l’azione di gruppo sono crollate e senza questi ostacoli siamo liberi di sperimentare nuovi modi di aggregarci e di portare a termine compiti complessi. Per Shirky i nuovi media e la condivisione, collaborazione, azione di massa che questi rendono possibile attraverso l’abbattimento delle barriere per la creazione di nuovi gruppi (politici, economici, amicali, valoriali, etc) stanno già cambiando il mondo reale. Molti professionalità dovranno reinventarsi (fotografi, giornalisti, produttori discografici, cinematografici, aziende farmaceutiche, laboratori di ricerca, editori, commercianti, traduttori, etc) e molte Istituzioni (Governi, Eserciti, Chiesa) si troveranno a dover combattere sfide inedite dal momento che il potere dell’informazione non è più centralizzato e controllabile ma sempre più è in mano ai cittadini. BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA § Un gruppo è il peggior nemico di se stesso; Gruppi di utenti: il Flaming e la progettazione del software sociale, in Joel Spolsky (a cura di), A proposito di software: i migliori articoli selezionati e introdotti da Joel Spolsky, Milano, Mondadori, 2006 § Uno per uno, tutti per tutti: il potere di organizzare senza organizzazione, Torino, Codice, 2009 § Surplus cognitivo: creatività e generosità nell'era digitale, Torino, Codice, 2010 29
  • 48. VIKTOR MAYER SHÖNBERGER (1966, AUSTRIA) Il tema centrale, in "Delete" (2010) è che dimenticare svolge un’importante compito per l’essere umano e per la società, perché dimenticare e perdonare sono interconnessi così che, se non potessimo dimenticare, avremmo difficoltà a perdonare gli altri ed a perdonare come società. Ma dimenticare svolge anche un’altra importante funzione: mantenere la nostra memoria “pulita” dalle informazioni che non sono più rilevanti per noi, consentendoci di concentrarci sul presente e guardare avanti, al futuro. La questione legale del “diritto all’oblio” non risolve il problema del ricordare e del dimenticare. Sono tematiche di grande interesse per la nostra società in quanto strettamente collegate al problema privacy e che spingono nella direzione di un uso più responsabile di Internet e dei numerosi strumenti digitali che fanno ormai parte del nostro quotidiano. I Big Data richiedono specializzazioni statistiche specifiche, capacità di maneggiare, raccogliere e selezionare enormi quantità di dati; specialisti in visualizzazioni in quanto molti programmi statistici non funzionano bene con enormi, set di dati multi- dimensionali. Inoltre avremo bisogno in futuro, per l’analisi dei dati, di persone con un addestramento “etico”, in grado di comprendere i vincoli e le limitazioni dei Big Data, che siano in grado di comprendere cosa accade agli individui ed alla società con l’analisi di questi dati e abbiamo bisogno di loro più in generale per capire che la tecnologia non è mai neutrale, e non esiste mai da sola, è essa stessa plasmata dalla società. Quindi la tecnologia non è mai un osservatore puramente neutrale del nostro mondo. 30
  • 49. VIKTOR MAYER SHÖNBERGER BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA § Delete. Il diritto all'oblio nell'era digitale, 2009, Egea § Big Data. Una rivoluzione che trasformerà il nostro modo di vivere – e già minaccia la nostra libertà, Garzanti Libri, 2014 30
  • 50. RICHARD STALLMAN (1953, USA) Afferma Stallman “quando definiamo “libero” il software, intendiamo che rispetta le libertà essenziali degli utenti: la libertà di eseguire il programma, di studiare il programma e di ridistribuire delle copie con o senza modifiche. Questa è una questione di libertà, non di prezzo. Per capire il concetto, bisognerebbe pensare alla libertà di parola e non alla birra gratis”. Open source indica criteri leggermente più deboli di quelli previsti per il software libero. Per quanto ne sappiamo, tutto il software libero esistente è anche open source. E poi, e questo è più importante in pratica, molti prodotti che contengono computer controllano l'integrità dei loro programmi eseguibili per impedire all'utente di installare eseguibili diversi; solo una specifica azienda può produrre eseguibili che funzionino sul dispositivo e che ne possano sfruttare tutte le capacità. Chiamiamo questi dispositivi "tiranni" e questa pratica "tivoization", dal nome del primo prodotto (Tivo) in cui l'abbiamo incontrata. Anche se questi eseguibili vengono da codice sorgente libero, gli utenti non possono eseguirne versioni modificate, quindi l'eseguibile è non libero. BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA § Software libero pensiero libero - Volume primo, Viterbo, Stampa Alternativa, 2003 § Software libero pensiero libero - Volume secondo, Viterbo, Stampa Alternativa, 2004 31
  • 51. DON TAPSCOTT (1947, CANADA) Milioni di patiti dei media fanno ricorso ai blog, ai wiki, alle chat e al personal broadcasting per aggiungere la propria voce a un flusso continuo di dialoghi e dibattiti chiamato ‘blogosfera'. I clienti si trasformano da consumer in prosumer, collaborando alla creazione di beni e servizi invece di limitarsi a consumare il prodotto finito. Questo nuovo modello secondo Tapscott e Williams, ovvero la Wikinomics (traducibile con Wikinomia), si basa su quattro principi: apertura, peering, condivisione e azione di portata globale e può rappresentare un motore di innovazione e creazione di ricchezza su una scala mai raggiunta prima. Un nuovo modo di concepire l'economia e il business. Miliardi di individui interconnessi sono in grado oggi "di partecipare all'innovazione, alla creazione della ricchezza e allo sviluppo sociale attraverso modalità che un tempo potevamo solo sognare. E quando una massa così vasta di persone collabora collettivamente può far progredire in modi sorprendenti - ma in ultima analisi anche redditizi - le arti, la cultura, la scienza, l'educazione, il governo, l'economia. BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA § Macrowikinomics. Riavviare il sistema: dal business al mondo, Etas, 2010 § Wikinomics 2.0. La collaborazione di massa che sta cambiando il mondo, BUR Biblioteca Univ. Rizzoli, 2010 § Net generation. Come la generazione digitale sta cambiando il mondo, Franco Angeli, 2011 32
  • 52. SHERRY TURKLE (1948, USA) Sherry Turkle, in Insieme ma soli (2011), sostiene che le tecnologie digitali e la robotica abbiano falsificato le nostre relazioni sociali, offrendo una replica svuotata di senso, una simulazione deprivata dei valori essenziali che le caratterizzano. Per tanto, un termine come “amico” nell’era Facebook ha del tutto perso il senso originale, finendo per legittimare la strumentalizzazione dell’altro. La tecnologia rappresenta una possibile soluzione a situazioni percepite come problematiche, per esempio, la solitudine, la mercificazione dei rapporti umani nelle società tardo-capitalistiche, la trivializzazione delle relazioni sociali operata dai mass media e la crescente alienazione nei confronti del cosiddetto “Reale”, ivi inteso come un insieme di esperienze non-mediate, o non-mediabili o im-mediate. Ironicamente, la soluzione tecnologica finisce per diventare parte del problema, creando nuove forme di solitudine. Per Turkle, i computer sono dispositivi tecno-sociali che riconfigurano nozioni quali identità, soggetto, consapevolezza”. BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA § Insieme ma soli. Perché ci aspettiamo sempre più dalla tecnologia e sempre meno dagli altri, Codice, 2012 § Il disagio della simulazione, Ledizioni, 2011 § La vita nascosta degli oggetti tecnologici, Ledizioni, 2009 § La vita sullo schermo, Apogeo Education, 2005 33
  • 53. SIVA VAIDHYANATHAN (1966, USA) Siva Vaidhyanathan, in Googlization of Everything: And Why we Should Worry (2012), tratta il tema della “googlization”, cioè, lo sviluppo di dipendenza degli utenti di Internet da Google, il motore di ricerca e il fornitore di servizi più importante sulla rete. L’”organizzare le informazioni a livello mondiale e renderle universalmente accessibili e utili” ha portato Google a generare tecnologie di macroinfluenza sui propri utenti. Google definisce la propria agenda di senso attraverso l’indexing di quali sono le informazioni più rilevanti per gli utenti, modificando le loro percezioni riguardo al valore e significato dei contenuti. Vaidhyanathan sostiene la necessità di un nuovo ecosistema informativo, da lui denominato Human Knowledge Project, che sarebbe un mezzo più democratico di analisi e di organizzazione della conoscenza. BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA § La grande G. Come Google domina il mondo e perché dovremmo preoccuparci, 2012, Rizzoli ETAS 34