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! ! ! 10 FACCIATE M&T maggio·agosto 2005
REALIZZAZIONI
l calcestruzzo (cls) è presente in tutte
le facciate dell’architettura degli ulti-
mi due secoli. Balconi, frontalini, da-
vanzali, sporti di gronda, parapetti,
modanature, decorazioni, profili, sa-
gome e decorazioni sono alcune delle
parti in cls che si presentano sulle nostre
facciate in attesa di essere prima o poi re-
cuperate o quanto meno, continuamente
protette.
Il ripristino corticale del calcestruzzo ar-
mato con malte cementizie, anche additi-
vate, richiede che queste siano in grado
di aderire perfettamente al supporto,
cioè ai ferri di armatura, per proteggerli
per lungo tempo, resistendo alle aggres-
sioni ambientali e degli inquinanti senza
produrre lesioni tra le parti ricostruite e
quelle preesistenti.
Quando s’interviene su queste parti biso-
gnerebbe sempre affrontare sistematica-
mente l’intervento secondo cinque fasi
operative:
TECNICHE DI RICOSTRUZIONE E PROTEZIONE.
RIPRISTINO DELLE STRUTTURE
L’intervento di ripristino
del CALCESTRUZZO (parte prima)
I
1. individuazione
2. preparazione
3. anticorrosione
4. ripristino
5. protezione
L’individuazione delle parti di calcestruz-
zo inaffidabili e da rimuovere costituisce
la prima e indispensabile fase dell’inter-
vento di ripristino; quando non si è certi
della quantità di materiale inaffidabile è
possibile effettuarlo anche aiutandosi con
il test della fenoftaleina, con il quale le
parti da asportare si colorano di rosso.
La preparazione consiste nel distaccare
tutte le parti in fase di distacco e/o am-
malorate e comunque ritenute poco affi-
dabili mettendo a nudo l’armatura; que-
sta viene successivamente spazzolata e ri-
pulita da ogni residuo rugginoso o da
eventuali incrostazioni o presenze biolo-
giche.
" ESEMPI DI
DEGRADO
AVANZATO CHE
HA SCOPERTO I
FERRI DI
ARMATURA
(A SINISTRA)
E CAUSATO
LA PERDITA
DI UNA
PORZIONE
IMPORTANTE
DELLA SOLETTA
(A DESTRA)
FACCIATE M&T maggio·agosto 2005 11 ! ! !
Il trattamento anticorrosivo dei ferri con-
siste nell’applicazione a pennello di formu-
lati cementizi, modificati con aggiunta di
polimeri e inibitori di corrosione anodici,
ad azione passivante alcalina in spessore
di almeno 1-2 mm. Altri prodotti come i
convertitori di ruggine a base di acidi fo-
sfatanti, vernici acide reattive e pitture an-
tiruggine non sono consigliati in quanto
spesso producono degli effetti antiadesio-
ne del riporto di malta. Spesso si assiste a
trattamenti erronei effettuati con fosfatan-
ti, convertitori di ruggine o pitture di varia
natura; ma basta tenere presente che l’ac-
ciaio quando è totalmente ricoperto non si
ossida per l’azione passivante della stessa
alcalinità del calcestruzzo a PH elevato,
mentre una volta scoperto deve essere
trattato con formulati alcalini. Questa fase
comprende anche l’energica spazzolatura
dei ferri di armatura per eliminare incoe-
renti polveroosi e incrostazioni rugginose;
una volta preparate le superfci si applicano
i prodotti monocomponenti o bicompo-
nenti, con aggiunte di inibitori della corro-
sione in polvere, esistenti in commercio.
L’intervento di ripristino deve essere
eseguito con attenzione se si vuole ga-
Facciate: l’evoluzione di stili e materiali
A partire dai primi anni del Novecento le scelte costruttive sono determinate non
solo dai cambiamenti nella cultura architettonica, ma anche dall’evolversi delle tec-
nologie costruttive e dei materiali. Con la comparsa dell’architettura razionalista e
con il sistema trave-pilastro-tamponamento, nasce l’esigenza di nascondere que-
sta disomogeneità estetica impiegando i rivestimenti lapidei in sottili lastre. Alla
diffusione delle strutture portanti a travi e pilastri in calcestruzzo armato a telaio è
seguito un progressivo abbandono del mattone pieno che, diventato un elemento
di tamponamento, è stato sostituito dal laterizio forato, più leggero e maneggevole, e dal blocchetto di cal-
cestruzzo. Si è avuta così come soluzione tipo delle pareti esterne l’abbinamento della struttura portante a pi-
lastri e travi in calcestruzzo con la muratura portata in laterizio forato, quasi sempre a doppia parete con in-
tercapedine il cui spessore è via via diminuito con gli anni.
Dopo la seconda guerra mondiale la tecnologia edilizia andò sempre più evolvendosi, impiegando più larga-
mente il cemento armato, fino al trasferimento del prefabbricato dal settore industriale a quello abitativo. Que-
sti cambiamenti influenzarono non soltanto la parte strutturale degli edifici, ma anche quella dei tamponamenti
esterni e quindi anche le tecniche e i materiali di rivestimento, che differenziarono enormemente le moderne
facciate rispetto ai prospetti tradizionali. Nei decenni di maggiore espansione dell’edilizia popolare, le faccia-
te erano per lo più costituite in mattoni forati e tavelle, rifinite con intonaci “Terranova”, che grazie alla speci-
COMMITTENTE CONDOMINIO VIA CAGLIERO 7
AMMINISTRAZIONE CARETTI
PROGETTO E D.L. ING. BADALOTTI
IMPORTO 370.000 EURO
Scheda dei lavori ANNO 1995
" IMMAGINI A
LAVORI ULTIMATI
DELL’INTERVENTO
CON LA MESSA IN
SICUREZZA DI
TUTTE LE LASTRE
IN MARMO DEL
RIVESTIMENTO
segue a pag. 12
! ! ! 12 FACCIATE M&T maggio·agosto 2005
rantire all’intervento una lunga durata nel
tempo.
Il “ponte d’aggancio”, cioè l’adesione tra
la struttura e i riporti di malta, può esse-
re eseguito con resine epossidiche bi-
componenti o con boiacca cementizia e
sabbia additivata con formulati a base di
resina acrilica e stirolica, oppure con mal-
te cementizie tixotropiche (mono/bicom-
ponenti) a presa rapida.
Nel primo caso si dovrà verificare preven-
tivamente la compatibilità delle resine
con l’umidità del supporto o delle malte
di riporto, nel secondo caso invece, si do-
vrà aver cura che il supporto in cls sia sa-
turo d’acqua.
Per un buon risultato è necessario rispet-
tare alla lettera i tempi di ricopertura. In
questo modo si possono operare ripristi-
ni strutturali. Il modulo elastico è infatti
simile a quello del cls, capace di soppor-
tare al suo interno le deformazioni dei
ferri senza creare così fessurazioni sul
successivo riporto di malta. Nei ripristini
corticali, dove c’è maggiore esposizione
agli sbalzi termici e agli agenti atmosferi-
ci, è bene che il modulo elastico sia leg-
germente superiore a quello del cls, affin-
ché gli sforzi passino nella sezione resi-
stente originaria e non nel riporto, che
non sarebbe in grado di sopportarli.
Normalmente la ricostruzione si effettua
con malta cementizia non adesivata e
quindi con malta di cemento e sabbia,
avendo cura di eseguire i riporti in più
passate a basso spessore a dorso di caz-
zuola e mantenendo bagnata la malta ap-
plicata per evitare le fessure da ritiro.
Quando sono necessari ripristini volume-
trici di maggior spessore, per favorire l’a-
desione e contrastare il ritiro del cls, s’im-
piega una rete di armatura in acciaio di
sezione opportuna, realizzata manual-
fica tecnologia applicativa sono arrivati ai nostri giorni in discrete condizioni, oppure con intonaci plastici, so-
prattutto nei grandi complessi edilizi, che ci hanno consegnato facciate estremamente degradate.
Negli anni ’50 e ’60 si sono largamente diffuse le facciate con rivestimenti ceramici a piccoli elementi dalle più
svariate forme, dimensioni e colorazioni, divenendo quasi una caratteristica del linguaggio architettonico di quel
periodo. All’esterno la richiesta funzionale di igiene dell’edificio si trasforma nell’istanza estetica di avere super-
fici assolutamente lisce, perfette, incorruttibili, indispensabili per giocare con la semplicità geometrica dell’archi-
tettura razionalista, sperimentando la torba e la pomice in lastre, il sughero, i conglomerati ottenuti da diverse
materie organiche cementate. In altre parole, era al materiale stesso che, nella maggioranza dei casi, veniva af-
fidato il compito decorativo, sia che si trattasse di materiale pregiato (marmo o cristalli specchianti) o di mate-
riale più povero (buxus, lincustra, terranova, maftex, celotex), tanto da essere decantato dagli stessi architetti
che lo proponevano come strumento di ricerca della modernità sulle più importanti riviste d’architettura quali
Casabella , Domus, Edilizia Moderna.
Dagli anni ’70 in poi la prefabbricazione leggera si è rivolta sempre più alle pareti sottili per arrivareal loro pro-
dotto migliore nei pannelli continui di facciata, definiti curtain-wall, che porteranno alla dissoluzione dell’edificio
tradizionale, animando le facciate di superfici continue, brise-soleil metallici, diaframmi fotosensibili. L’impiego di
altri materiali, come metallo e pannelli rigidi prefabbricati, ha decretato la quasi totale scomparsa dell’intonaco
nei prospetti esterni delle facciate di questo periodo, votato alla sperimentazione di tutti i nuovi prodotti che il
mercato poteva offrire. Arrivano i primi esempi di architettura high-tech, come quella del Centre Pompidou di
Parigi, progettato da Renzo Piano nel 1977, cioè di edifici caratterizzati da strutture portanti leggere e dall’uso
segue da pag. 11
REALIZZAZIONI
" A DESTRA,
TRATTAMENTO
ANTICORROSIVO
CON PASSIVAZIONE
DEI FERRI DI
ARMATURA
FACCIATE M&T maggio·agosto 2005 13 ! ! !
mente mediante l’utilizzo di filo d’acciaio,
chiodi, tasselli e viti, tutti inossidabili. In
alternativa, si possono adoperare i pro-
dotti fibrorinforzati di seguito descritti
che contrastano il ritiro senza ricorrere al-
l’armatura.
Per prolungare la durata dell’intervento
di ripristino si usano le malte cementizie
adesive, cioè additivate con resine acrili-
che rispettando sempre l’esecuzione di ri-
porti a basso spessore e tenendo umida
la malta applicata nelle 24 ore successive
per evitare le fessure da ritiro; oppure
con malte preconfezionate bicomponenti
e fibro-rinforzate di particolari caratteri-
stiche chimico-fisiche e di resistenza che
vengono lavorate a frattazzo sulla super-
ficie esterna. Un ulteriore intervento è
quello cosiddetto di “regolazione” o di
rasatura finale delle superfici per chiude-
re i fori di evaporazione con malta additi-
vata con resina acrilica o con malta ce-
mentizia adesiva bicomponente precon-
fezionata. Quest’ultima operazione, in
spessore minimo di 3-5 mm, ha lo scopo
di apportare un ulteriore strato di granu-
lometria più fine per conferire maggiore
impermeabilità e resistenza alla carbona-
tazione.
La protezione rappresenta l’ultima fase
dell’intervento ed è quasi sempre necessa-
ria negli ambienti cittadini per prolungare
la vita media del calcestruzzo. In genere si
adoperano pitture a base acrilica oppure
prodotti semitrasparenti in soluzione
quando si voglia mantenere il faccia a vista
del cls.
Il settore dei protettivi incolori non filmo-
geni è vastissimo, quelli adatti al calce-
struzzo sono a base siliconica, acrilica:
polimeri acrilici, resine poliuretaniche, re-
sine silossaniche o silossani oligomeri in
di materiali dalle prestazioni elevate. Vengono presi in considerazione il vetro, analizzato in tutte le sue varianti,
e le leghe di alluminio. La necessità di trasmettere leggerezza e trasparenza dell’architettura di questi ultimi tren-
t’anni è rintracciabile nei materiali che meglio esprimono queste caratteristiche, come il vetro, i metalli e le pla-
stiche. Il rivestimento dell’edificio diviene una vera e propria “pelle”, realizzando una sorta di materializzazione
dell’involucro, secondo la tendenza di ridurre sempre più lo spessore della muratura portante esterna fino a tra-
sformarla in una membrana sottile e leggera. Trovano impiego quindi l’alluminio anodizzato, l’acciaio inossidabi-
le, le leghe leggere di zinco, rame, ottone e titanio nelle loro colorazioni naturali o nei trattamenti superficiali, ca-
ratterizzando facciate intese come superfici continue che formano un tutt’uno tra i piani verticali e orizzontali.
Oggi le facciate sembra che siano caratterizzate da un forte pre-
valere delle pannellature, ideate per far parte di un “sistema di
facciata”, che costituisce il nuovo modo di intendere il rivestimen-
to esterno, volto a risolvere problemi prestazionali (isolamento, te-
nuta, ecc.) , secondo soluzioni molto differenti tra loro e nuovi mo-
di di fare architettura. Le pareti esterne s’assottigliano e gli into-
naci perdono i propri strati perché successivamente ricoperti da
pannelli, che sono presenti sul mercato in numerose tipologie: nel-
l’ambito dei nuovi rivestimenti lapidei ci sono i pannelli accoppiati
con grandi lastre sottili ed altri materiali, come il cls alleggerito
(precast concrete), alluminio in strutture alveolari (TF panel); pan-
segue a pag. 14
" SOPRA, RETI
PROVVISORIE DI
PROTEZIONE PER
IL DISTACCO DI
PORZIONI DI CLS
! ! ! 14 FACCIATE M&T maggio·agosto 2005
soluzione acquosa.
Oppure, in relazione all’ambiente in cui si
trova il cls ed al tipo di supporto, si pos-
sono utilizzare protettivi dai requisiti par-
ticolari come quelli anticarbonatazione,
altamente traspiranti, quelli elastomerici
o consolidanti.
I requisiti più importanti che i protettivi
del calcestruzzo devono rispettare sono:
! la capacità di barriera o di isolare il ma-
teriale dall’aggressività ambientale (ac-
qua, ioni di cloruro, ossigeno, anidride
carbonica e solforosa);
! la permeabilità al vapore acqueo;
! la capacità di aderire al supporto di cal-
cestruzzo, anche in presenza di umidità;
! la resitenza in differenti condizioni am-
bientali (raggi U.V., cicli del gelo, abra-
sione);
! la capacità elastica di assecondare
eventuali deformazioni.
Le tecnologie che si usano normalmente
per la protezione delle superfici in cls ar-
mato prevedono l’applicazione di un rive-
stimento a spessore a base cementizia, di
una vernice polimerica o a base acrilica e
poliuretanica, e l’impregnazione a base di
resine idrorepellenti o idrofobizzanti.
I prodotti a base cementizia posseggono
un elevato dosaggio di cemento con ag-
gregati di granulometria molto fine e
hanno lo scopo principale di impermeabi-
lizzare la superficie del cls, proteggendo-
la dopo l’intervento di ripristino, realiz-
zando un rivestimento continuo e com-
patto che impedisca la penetrazione del-
l’acqua e preservando lo spessore depu-
tato a copriferro.
Come pitturazione finale invece si po-
tranno utilizzare vernici polimeriche diffe-
renti a seconda della necessità: in caso sia
necessario assorbire movimenti del sup-
porto o microfessure superficiali, si use-
ranno prodotti a base elastomerica che
producono una pellicola consistente, ela-
stica ma poco permeabile al vapore; per
le loro proprietà di impermeabilità si use-
ranno prodotti a base acrilica (poliacrilati
e metacrilati); per le necessità di inter-
porre una rete di tessuto non tessuto o in
fibra di vetro a realizzazione di rivesti-
menti elastici a spessore si useranno pro-
dotti a base di resine poliuretaniche.
GLI AGGETTI A SBALZO
DELLE GRONDE E DEI BALCONI
Come abbiamo visto il degrado e il ripri-
stino delle strutture in
nelli con materiali metallici in acciaio, alluminio, zinco; pannelli con materiali plastici polimerici, in PVC (cloruro
di polivinile), in policarbonato rinforzato con fibre di vetro; pannelli in fibrocemento, conglomerati a base di ce-
menti e ricomposti a base di resine dalle superfici molto diverse per granulometria; pannelli totalmente vetra-
ti . Tutti questi pannelli fanno parte di complessi sistemi di rivestimento, che presentano non poche proble-
matiche nelle modalità d’assemblaggio e di posa a secco. E sono proprio questi i punti critici per il degrado,
che pertanto risulta essere di tipo “funzionale” quando i dispositivi di ancoraggio entrano in crisi.
L’innovazione tecnologica di queste facciate ha permesso di rovesciare le procedure di montaggio, che ora
possono avvenire dall’interno, senza ausilio delle tradizionali impalcature. Infine, le materie plastiche a base di
polimeri organici (che permettono di realizzare rivestimenti più leggeri di quelli in ceramica) rinforzate con fi-
bre di vetro sono impermeabili, elastiche e molto resistenti meccanicamente e agli agenti atmosferici. È facile
prevedere che domineranno il prossimo futuro delle facciate e forse entreranno anche nelle applicazioni strut-
turali. Sarà possibile realizzare pareti climatiche in materiale plastico, le quali, consentiranno la regolazione au-
tomatica della temperatura, dell’umidità e del livello di climatizzazione all’interno degli edifici. Sono in arrivo
anche laminati di policarbonato e combinazioni di elementi siliconici con schiuma poliuretanica ad alta densità,
per garantire maggiori livelli di isolamento, resistenza e durata delle coperture. L’unico ostacolo, per ora, alla
massiccia diffusione dei prodotti termoplastici è rappresentato dalla loro non biodegradabilità, specie quelli
derivati da idrocarburi. Un problema non trascurabile, perché oltre alla riduzione dell’inquinamento per la pro-
duzione, occorre anche pensare alle possibilità di riciclaggio e recupero che tutti i materiali dovranno avere per
il futuro.
segue da pag. 13
REALIZZAZIONI
segue a pag. 19
FACCIATE M&T maggio·agosto 2005 19 ! ! !
calcestruzzo rappre-
senta un capitolo estremamente impor-
tante dei cantieri di recupero edilizio, che
diventa addirittura fondamentale se riferi-
to allo specifico comparto delle facciate,
poiché tutte le strutturea sbalzo esistenti
(gronde, balconi, ballatoi, pensiline, ecc.)
dopo solo 12-15 anni di vita hanno quasi
sempre bisogno di interventi manutentivi.
Quindi è importante considerare le pro-
blematiche di questi elementi sotto tutti i
punti di vista: considerando non solo l’e-
sclusivo aspetto del recupero del materia-
le, in questo caso il cls, ma anche dell’in-
tero manufatto dal punto di vista morfolo-
gico e tecnologico.
Per quanto riguarda il deterioramento e il
ripristino dei frontalini dei balconi e delle
gronde in calcestruzzo armato abbiamo
già sviscerato il problema, a proposito del
degrado del materiale, in quanto le pro-
blematiche da affrontare sono essenzial-
mente quelle che dipendono dal degrado
fisico che subisce lo spessore di cls a co-
priferro.
Ma il degrado potrebbe anche essere ac-
celerato da scelte tecniche inopportune
come quelle di applicare le scatolature in
alluminio, rame, acciao inox o in lamiera
preverniciata che da anni si continuano a
proporre come copertura dei profili vert i-
cali. Se questa protezione con le lamiere
può essere giustificata a protezione delle
sole gronde o dei cornicioni, dove eviden-
temente il carico d’acqua è maggiore e nei
quali comunque andrebbe applicata con
accorgimenti tecnici opportuni (quali l’an-
coraggio sulle parti verticali, la copertura
non totale del frontalino, opportuno sor-
monto degli elementi, ecc.), appare invece
meno giustificata nel caso dei frontalini
dei balconi dove, tralasciando gli aspetti
estetici, si verificano effetti di condensa e
di impedimento alla naturale traspirazione
dei materiali o peggio ancora il ristagno di
umidità che di fatto accelerano i processi
di degrado del cls, sia dei frontalini che
dell’intradosso delle solette a sbalzo.
Accade spesso, infatti, che al momento
dell’asportazione di questi scatolati in can-
tiere ci si trovi di fronte ad una situazione
COMMITTENTE CONDOMINIO VIA CARACCIOLO 74
C/O AMM.NE STUDIO BCM
IMPRESA SIME SPA
IMPORTO 400.000 EURO
FINITURE ARD
RICOSTRUZIONI MAPEI-KERAKOL
Scheda dei lavori ANNO 2001
segue da pag. 14
! ! ! 20 FACCIATE M&T maggio·agosto 2005
I BALCONI
Il recupero dei balconi si compone di nu-
merosi elementi che concorrono spesso a
rendere spinoso questo problema con-
templando aspetti di degrado fisico e al-
tri di degrado visivo troppo spesso sotto-
valutati. Quest’ultimo in particolare ci
propone particolari spunti di riflessione
per le nuove progettazioni in quanto il
degrado visivo o estetico che deriva dal-
la saturazione dei balconi da ogni genere
di suppellettile come armadietti, scaffali,
antenne paraboliche, o dalla trasforma-
zione in verande mediante infissi di allu-
minio potrebbe essere letto come il ten-
tativo degli utenti di porre rimedio alle
manchevolezze dei nostri appartamenti
ed agli errori di progettazione o di realiz-
zazione. Pensiamo ad esempio alle solu-
zioni incontrollabili che ciascuno può
adottare quando ci troviamo a fare i con-
ti con il doccione di scarico delle acque
meteoriche del vicino del piano di sopra,
oppure ad avere parapetti aperti o trafo-
rati in una zona particolarmente ventosa
o di fronte all’assoluta assenza di idonee
schermature a situazioni di forte soleg-
giamento. Questo destino dei balconi a
ricettacolo d’ogni tipo di oggetto può as-
sumere notevoli implicazioni anche sotto
il punto i vista economico tanto da indur-
re le imprese ad introdurre apposite clau-
di deterioramento accentuato, con dis-
tacchi di intere porzioni di cls, che veniva-
no mantenute nella loro posizione, seb-
bene distaccate, proprio dalle stesse co-
perture di lamiera, tanto da rendere più
conveniente il rifacimento completo del-
l’intero sviluppo lineare del balcone. Inve-
ce il degrado delle superfici dell’intrados-
so delle solette a sbalzo deriva più che al-
t rodalla cessata efficacia o dalla totale as-
senza dello strato di impermeabilizzazio-
ne del piano di calpestio dell’estradosso
superiore, cioè del piano a pavimento del
balcone. Un’efficacia che viene ulterior-
mente diminuita nel tempo in presenza di
infiltrazioni d’acqua dai punti di ancorag-
gio delle ringhiere a parapetto dei balco-
ni che spesso forano verticalmente le so-
lette.
Sebbene delle gronde ci si preoccupi me-
no, perché lontane dallo sguardo dei pas-
santi, è bene elencare alcuni errori co-
s t ruttivi che possono determ i n a rne un
degrado precoce, quali:
! e rrori nell’impasto o nell’esecuzione
del getto, specialmente nelle riprese
dello stesso, con formazione di giuntu-
re a rilievo possono facilitare ristagni,
macchiature e l’insorgere di fenomeni
di dilavamento e decoesione del cls;
! indebolimento del bordo di attacco
con fessurazioni dovute al carico strut-
turale eccessivo, o errato dimensiona-
mento della veletta, possono provoca-
re infiltrazioni, dilavamenti e sporca-
menti;
! errato dimensionamento delle canaliz-
zazioni orizzontali di smaltimento del-
l’acqua e dell’autopulizia delle sostanze
solide (polveri, terriccio, ecc…) posso-
no provocare intasamenti, ossidazioni e
sporcamenti della facciata;
! difetti nella scelta e nell’esecuzione del-
la membrana impermeabile.
Uno scorretto deflusso delle acque me-
teoriche attraverso i canali di scolo vert i-
cali (pluviali), produce, inoltre, pericolose
ristagnazioni di acqua in gronda con il
progressivo deterioramento dei ferri di
a rmatura che, ossidandosi, si gonfiano e
portano il cornicione a sgretolarsi.
REALIZZAZIONI
In cantiere: le fasi operative del ripristino strutturale
di una porzione degradata di un frontalino in cls
FACCIATE M&T maggio·agosto 2005 21 ! ! !
sole nei contratti d’appalto o nei preven-
tivi di rifacimento delle facciate tese ad
escludere o a farsi retribuire a parte lo
sgombero dei balconi dagli oggetti per-
sonali quando si devono rifare le pavi-
mentazioni o altre inerenti lavorazioni.
Dal punto di vista del degrado fisico, in-
vece, vediamo quali possono essere le
cause di degrado scatenate da eventuali
errori costruttivi, difetti o scelte tecniche
inadeguate, individuandole in:
! lesionamenti sui bordi, infiltrazioni e
distacchi derivanti da errate valutazioni
dei carichi strutturali o dalla forme geo-
metriche di elementi in c.a. come ad
esempio le fioriere;
! effetti delle infiltrazioni, gocciolamenti
e ristagni dovuti ad errate previsioni
del sistema di deflusso, raccolta e smal-
timento delle acque meteoriche;
! effetti delle infiltrazioni dovuti a scelte
errate nella pavimentazione e nel col-
lante di resistenza meccanica non ido-
nea ai cicli di gelo e disgelo;
! effetti per la presenza degli impianti
non previsti in sede progettuale (tuba-
zioni del gas che attraversano vertical-
mente tutte le solette);
! effetti di macchiatura per situazioni di
ristagno dell’acqua di deflusso dovute
a errate pendenze delle solette o per
assenza di gocciolatoi;
! infiltrazioni, macchie e distacchi per as-
senza o cattiva progettazione dell’im-
permeabilizzazione delle superfici;
! distacchi ed effetti dovuti all’ingloba-
mento di parti in ferro (montanti di rin-
ghiere) e dalla mancanza di operazioni
manutentive su di essi. !
fine della prima parte
2
4
6
1
3
5
1. PICOZZATURA E PREPARAZIONE
DELLE SUPERFICI CON DEMOLIZIONE
DELLE PARTI AMMALORATE
2. TRATTAMENTO ANTICORROSIVO
CON PASSIVAZIONE DEI FERRI DI
ARMATURA SCOPERTI
3. PREPARAZIONE DEL CASSERO PER
LA FASE DI RICOSTRUZIONE DEI
PROFILI
4. RICOSTRUZIONE STRUTTURALE
DELLA MATRICE DEL CALCESTRUZZO
RIMOSSO IN PRECEDENZA
5. SUCCESSIVO RIPORTO DI MALTA
CEMENTIZIA TIXOTROPICA
RISPETTANDO I TEMPI DI
RICOPERTURA PER UN CORRETTO
“PONTE D’AGGANCIO”
6. NORMALIZZAZIONE DELLA
SUPERFICIE MEDIANTE RASATURA
FINALE PER CHIUDERE I FORI DI
EVAPORAZIONE CON MALTA
ADDITIVATA CON RESINA ACRILICA

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Ripristino del cls 1

  • 1. ! ! ! 10 FACCIATE M&T maggio·agosto 2005 REALIZZAZIONI l calcestruzzo (cls) è presente in tutte le facciate dell’architettura degli ulti- mi due secoli. Balconi, frontalini, da- vanzali, sporti di gronda, parapetti, modanature, decorazioni, profili, sa- gome e decorazioni sono alcune delle parti in cls che si presentano sulle nostre facciate in attesa di essere prima o poi re- cuperate o quanto meno, continuamente protette. Il ripristino corticale del calcestruzzo ar- mato con malte cementizie, anche additi- vate, richiede che queste siano in grado di aderire perfettamente al supporto, cioè ai ferri di armatura, per proteggerli per lungo tempo, resistendo alle aggres- sioni ambientali e degli inquinanti senza produrre lesioni tra le parti ricostruite e quelle preesistenti. Quando s’interviene su queste parti biso- gnerebbe sempre affrontare sistematica- mente l’intervento secondo cinque fasi operative: TECNICHE DI RICOSTRUZIONE E PROTEZIONE. RIPRISTINO DELLE STRUTTURE L’intervento di ripristino del CALCESTRUZZO (parte prima) I 1. individuazione 2. preparazione 3. anticorrosione 4. ripristino 5. protezione L’individuazione delle parti di calcestruz- zo inaffidabili e da rimuovere costituisce la prima e indispensabile fase dell’inter- vento di ripristino; quando non si è certi della quantità di materiale inaffidabile è possibile effettuarlo anche aiutandosi con il test della fenoftaleina, con il quale le parti da asportare si colorano di rosso. La preparazione consiste nel distaccare tutte le parti in fase di distacco e/o am- malorate e comunque ritenute poco affi- dabili mettendo a nudo l’armatura; que- sta viene successivamente spazzolata e ri- pulita da ogni residuo rugginoso o da eventuali incrostazioni o presenze biolo- giche. " ESEMPI DI DEGRADO AVANZATO CHE HA SCOPERTO I FERRI DI ARMATURA (A SINISTRA) E CAUSATO LA PERDITA DI UNA PORZIONE IMPORTANTE DELLA SOLETTA (A DESTRA)
  • 2. FACCIATE M&T maggio·agosto 2005 11 ! ! ! Il trattamento anticorrosivo dei ferri con- siste nell’applicazione a pennello di formu- lati cementizi, modificati con aggiunta di polimeri e inibitori di corrosione anodici, ad azione passivante alcalina in spessore di almeno 1-2 mm. Altri prodotti come i convertitori di ruggine a base di acidi fo- sfatanti, vernici acide reattive e pitture an- tiruggine non sono consigliati in quanto spesso producono degli effetti antiadesio- ne del riporto di malta. Spesso si assiste a trattamenti erronei effettuati con fosfatan- ti, convertitori di ruggine o pitture di varia natura; ma basta tenere presente che l’ac- ciaio quando è totalmente ricoperto non si ossida per l’azione passivante della stessa alcalinità del calcestruzzo a PH elevato, mentre una volta scoperto deve essere trattato con formulati alcalini. Questa fase comprende anche l’energica spazzolatura dei ferri di armatura per eliminare incoe- renti polveroosi e incrostazioni rugginose; una volta preparate le superfci si applicano i prodotti monocomponenti o bicompo- nenti, con aggiunte di inibitori della corro- sione in polvere, esistenti in commercio. L’intervento di ripristino deve essere eseguito con attenzione se si vuole ga- Facciate: l’evoluzione di stili e materiali A partire dai primi anni del Novecento le scelte costruttive sono determinate non solo dai cambiamenti nella cultura architettonica, ma anche dall’evolversi delle tec- nologie costruttive e dei materiali. Con la comparsa dell’architettura razionalista e con il sistema trave-pilastro-tamponamento, nasce l’esigenza di nascondere que- sta disomogeneità estetica impiegando i rivestimenti lapidei in sottili lastre. Alla diffusione delle strutture portanti a travi e pilastri in calcestruzzo armato a telaio è seguito un progressivo abbandono del mattone pieno che, diventato un elemento di tamponamento, è stato sostituito dal laterizio forato, più leggero e maneggevole, e dal blocchetto di cal- cestruzzo. Si è avuta così come soluzione tipo delle pareti esterne l’abbinamento della struttura portante a pi- lastri e travi in calcestruzzo con la muratura portata in laterizio forato, quasi sempre a doppia parete con in- tercapedine il cui spessore è via via diminuito con gli anni. Dopo la seconda guerra mondiale la tecnologia edilizia andò sempre più evolvendosi, impiegando più larga- mente il cemento armato, fino al trasferimento del prefabbricato dal settore industriale a quello abitativo. Que- sti cambiamenti influenzarono non soltanto la parte strutturale degli edifici, ma anche quella dei tamponamenti esterni e quindi anche le tecniche e i materiali di rivestimento, che differenziarono enormemente le moderne facciate rispetto ai prospetti tradizionali. Nei decenni di maggiore espansione dell’edilizia popolare, le faccia- te erano per lo più costituite in mattoni forati e tavelle, rifinite con intonaci “Terranova”, che grazie alla speci- COMMITTENTE CONDOMINIO VIA CAGLIERO 7 AMMINISTRAZIONE CARETTI PROGETTO E D.L. ING. BADALOTTI IMPORTO 370.000 EURO Scheda dei lavori ANNO 1995 " IMMAGINI A LAVORI ULTIMATI DELL’INTERVENTO CON LA MESSA IN SICUREZZA DI TUTTE LE LASTRE IN MARMO DEL RIVESTIMENTO segue a pag. 12
  • 3. ! ! ! 12 FACCIATE M&T maggio·agosto 2005 rantire all’intervento una lunga durata nel tempo. Il “ponte d’aggancio”, cioè l’adesione tra la struttura e i riporti di malta, può esse- re eseguito con resine epossidiche bi- componenti o con boiacca cementizia e sabbia additivata con formulati a base di resina acrilica e stirolica, oppure con mal- te cementizie tixotropiche (mono/bicom- ponenti) a presa rapida. Nel primo caso si dovrà verificare preven- tivamente la compatibilità delle resine con l’umidità del supporto o delle malte di riporto, nel secondo caso invece, si do- vrà aver cura che il supporto in cls sia sa- turo d’acqua. Per un buon risultato è necessario rispet- tare alla lettera i tempi di ricopertura. In questo modo si possono operare ripristi- ni strutturali. Il modulo elastico è infatti simile a quello del cls, capace di soppor- tare al suo interno le deformazioni dei ferri senza creare così fessurazioni sul successivo riporto di malta. Nei ripristini corticali, dove c’è maggiore esposizione agli sbalzi termici e agli agenti atmosferi- ci, è bene che il modulo elastico sia leg- germente superiore a quello del cls, affin- ché gli sforzi passino nella sezione resi- stente originaria e non nel riporto, che non sarebbe in grado di sopportarli. Normalmente la ricostruzione si effettua con malta cementizia non adesivata e quindi con malta di cemento e sabbia, avendo cura di eseguire i riporti in più passate a basso spessore a dorso di caz- zuola e mantenendo bagnata la malta ap- plicata per evitare le fessure da ritiro. Quando sono necessari ripristini volume- trici di maggior spessore, per favorire l’a- desione e contrastare il ritiro del cls, s’im- piega una rete di armatura in acciaio di sezione opportuna, realizzata manual- fica tecnologia applicativa sono arrivati ai nostri giorni in discrete condizioni, oppure con intonaci plastici, so- prattutto nei grandi complessi edilizi, che ci hanno consegnato facciate estremamente degradate. Negli anni ’50 e ’60 si sono largamente diffuse le facciate con rivestimenti ceramici a piccoli elementi dalle più svariate forme, dimensioni e colorazioni, divenendo quasi una caratteristica del linguaggio architettonico di quel periodo. All’esterno la richiesta funzionale di igiene dell’edificio si trasforma nell’istanza estetica di avere super- fici assolutamente lisce, perfette, incorruttibili, indispensabili per giocare con la semplicità geometrica dell’archi- tettura razionalista, sperimentando la torba e la pomice in lastre, il sughero, i conglomerati ottenuti da diverse materie organiche cementate. In altre parole, era al materiale stesso che, nella maggioranza dei casi, veniva af- fidato il compito decorativo, sia che si trattasse di materiale pregiato (marmo o cristalli specchianti) o di mate- riale più povero (buxus, lincustra, terranova, maftex, celotex), tanto da essere decantato dagli stessi architetti che lo proponevano come strumento di ricerca della modernità sulle più importanti riviste d’architettura quali Casabella , Domus, Edilizia Moderna. Dagli anni ’70 in poi la prefabbricazione leggera si è rivolta sempre più alle pareti sottili per arrivareal loro pro- dotto migliore nei pannelli continui di facciata, definiti curtain-wall, che porteranno alla dissoluzione dell’edificio tradizionale, animando le facciate di superfici continue, brise-soleil metallici, diaframmi fotosensibili. L’impiego di altri materiali, come metallo e pannelli rigidi prefabbricati, ha decretato la quasi totale scomparsa dell’intonaco nei prospetti esterni delle facciate di questo periodo, votato alla sperimentazione di tutti i nuovi prodotti che il mercato poteva offrire. Arrivano i primi esempi di architettura high-tech, come quella del Centre Pompidou di Parigi, progettato da Renzo Piano nel 1977, cioè di edifici caratterizzati da strutture portanti leggere e dall’uso segue da pag. 11 REALIZZAZIONI " A DESTRA, TRATTAMENTO ANTICORROSIVO CON PASSIVAZIONE DEI FERRI DI ARMATURA
  • 4. FACCIATE M&T maggio·agosto 2005 13 ! ! ! mente mediante l’utilizzo di filo d’acciaio, chiodi, tasselli e viti, tutti inossidabili. In alternativa, si possono adoperare i pro- dotti fibrorinforzati di seguito descritti che contrastano il ritiro senza ricorrere al- l’armatura. Per prolungare la durata dell’intervento di ripristino si usano le malte cementizie adesive, cioè additivate con resine acrili- che rispettando sempre l’esecuzione di ri- porti a basso spessore e tenendo umida la malta applicata nelle 24 ore successive per evitare le fessure da ritiro; oppure con malte preconfezionate bicomponenti e fibro-rinforzate di particolari caratteri- stiche chimico-fisiche e di resistenza che vengono lavorate a frattazzo sulla super- ficie esterna. Un ulteriore intervento è quello cosiddetto di “regolazione” o di rasatura finale delle superfici per chiude- re i fori di evaporazione con malta additi- vata con resina acrilica o con malta ce- mentizia adesiva bicomponente precon- fezionata. Quest’ultima operazione, in spessore minimo di 3-5 mm, ha lo scopo di apportare un ulteriore strato di granu- lometria più fine per conferire maggiore impermeabilità e resistenza alla carbona- tazione. La protezione rappresenta l’ultima fase dell’intervento ed è quasi sempre necessa- ria negli ambienti cittadini per prolungare la vita media del calcestruzzo. In genere si adoperano pitture a base acrilica oppure prodotti semitrasparenti in soluzione quando si voglia mantenere il faccia a vista del cls. Il settore dei protettivi incolori non filmo- geni è vastissimo, quelli adatti al calce- struzzo sono a base siliconica, acrilica: polimeri acrilici, resine poliuretaniche, re- sine silossaniche o silossani oligomeri in di materiali dalle prestazioni elevate. Vengono presi in considerazione il vetro, analizzato in tutte le sue varianti, e le leghe di alluminio. La necessità di trasmettere leggerezza e trasparenza dell’architettura di questi ultimi tren- t’anni è rintracciabile nei materiali che meglio esprimono queste caratteristiche, come il vetro, i metalli e le pla- stiche. Il rivestimento dell’edificio diviene una vera e propria “pelle”, realizzando una sorta di materializzazione dell’involucro, secondo la tendenza di ridurre sempre più lo spessore della muratura portante esterna fino a tra- sformarla in una membrana sottile e leggera. Trovano impiego quindi l’alluminio anodizzato, l’acciaio inossidabi- le, le leghe leggere di zinco, rame, ottone e titanio nelle loro colorazioni naturali o nei trattamenti superficiali, ca- ratterizzando facciate intese come superfici continue che formano un tutt’uno tra i piani verticali e orizzontali. Oggi le facciate sembra che siano caratterizzate da un forte pre- valere delle pannellature, ideate per far parte di un “sistema di facciata”, che costituisce il nuovo modo di intendere il rivestimen- to esterno, volto a risolvere problemi prestazionali (isolamento, te- nuta, ecc.) , secondo soluzioni molto differenti tra loro e nuovi mo- di di fare architettura. Le pareti esterne s’assottigliano e gli into- naci perdono i propri strati perché successivamente ricoperti da pannelli, che sono presenti sul mercato in numerose tipologie: nel- l’ambito dei nuovi rivestimenti lapidei ci sono i pannelli accoppiati con grandi lastre sottili ed altri materiali, come il cls alleggerito (precast concrete), alluminio in strutture alveolari (TF panel); pan- segue a pag. 14 " SOPRA, RETI PROVVISORIE DI PROTEZIONE PER IL DISTACCO DI PORZIONI DI CLS
  • 5. ! ! ! 14 FACCIATE M&T maggio·agosto 2005 soluzione acquosa. Oppure, in relazione all’ambiente in cui si trova il cls ed al tipo di supporto, si pos- sono utilizzare protettivi dai requisiti par- ticolari come quelli anticarbonatazione, altamente traspiranti, quelli elastomerici o consolidanti. I requisiti più importanti che i protettivi del calcestruzzo devono rispettare sono: ! la capacità di barriera o di isolare il ma- teriale dall’aggressività ambientale (ac- qua, ioni di cloruro, ossigeno, anidride carbonica e solforosa); ! la permeabilità al vapore acqueo; ! la capacità di aderire al supporto di cal- cestruzzo, anche in presenza di umidità; ! la resitenza in differenti condizioni am- bientali (raggi U.V., cicli del gelo, abra- sione); ! la capacità elastica di assecondare eventuali deformazioni. Le tecnologie che si usano normalmente per la protezione delle superfici in cls ar- mato prevedono l’applicazione di un rive- stimento a spessore a base cementizia, di una vernice polimerica o a base acrilica e poliuretanica, e l’impregnazione a base di resine idrorepellenti o idrofobizzanti. I prodotti a base cementizia posseggono un elevato dosaggio di cemento con ag- gregati di granulometria molto fine e hanno lo scopo principale di impermeabi- lizzare la superficie del cls, proteggendo- la dopo l’intervento di ripristino, realiz- zando un rivestimento continuo e com- patto che impedisca la penetrazione del- l’acqua e preservando lo spessore depu- tato a copriferro. Come pitturazione finale invece si po- tranno utilizzare vernici polimeriche diffe- renti a seconda della necessità: in caso sia necessario assorbire movimenti del sup- porto o microfessure superficiali, si use- ranno prodotti a base elastomerica che producono una pellicola consistente, ela- stica ma poco permeabile al vapore; per le loro proprietà di impermeabilità si use- ranno prodotti a base acrilica (poliacrilati e metacrilati); per le necessità di inter- porre una rete di tessuto non tessuto o in fibra di vetro a realizzazione di rivesti- menti elastici a spessore si useranno pro- dotti a base di resine poliuretaniche. GLI AGGETTI A SBALZO DELLE GRONDE E DEI BALCONI Come abbiamo visto il degrado e il ripri- stino delle strutture in nelli con materiali metallici in acciaio, alluminio, zinco; pannelli con materiali plastici polimerici, in PVC (cloruro di polivinile), in policarbonato rinforzato con fibre di vetro; pannelli in fibrocemento, conglomerati a base di ce- menti e ricomposti a base di resine dalle superfici molto diverse per granulometria; pannelli totalmente vetra- ti . Tutti questi pannelli fanno parte di complessi sistemi di rivestimento, che presentano non poche proble- matiche nelle modalità d’assemblaggio e di posa a secco. E sono proprio questi i punti critici per il degrado, che pertanto risulta essere di tipo “funzionale” quando i dispositivi di ancoraggio entrano in crisi. L’innovazione tecnologica di queste facciate ha permesso di rovesciare le procedure di montaggio, che ora possono avvenire dall’interno, senza ausilio delle tradizionali impalcature. Infine, le materie plastiche a base di polimeri organici (che permettono di realizzare rivestimenti più leggeri di quelli in ceramica) rinforzate con fi- bre di vetro sono impermeabili, elastiche e molto resistenti meccanicamente e agli agenti atmosferici. È facile prevedere che domineranno il prossimo futuro delle facciate e forse entreranno anche nelle applicazioni strut- turali. Sarà possibile realizzare pareti climatiche in materiale plastico, le quali, consentiranno la regolazione au- tomatica della temperatura, dell’umidità e del livello di climatizzazione all’interno degli edifici. Sono in arrivo anche laminati di policarbonato e combinazioni di elementi siliconici con schiuma poliuretanica ad alta densità, per garantire maggiori livelli di isolamento, resistenza e durata delle coperture. L’unico ostacolo, per ora, alla massiccia diffusione dei prodotti termoplastici è rappresentato dalla loro non biodegradabilità, specie quelli derivati da idrocarburi. Un problema non trascurabile, perché oltre alla riduzione dell’inquinamento per la pro- duzione, occorre anche pensare alle possibilità di riciclaggio e recupero che tutti i materiali dovranno avere per il futuro. segue da pag. 13 REALIZZAZIONI segue a pag. 19
  • 6. FACCIATE M&T maggio·agosto 2005 19 ! ! ! calcestruzzo rappre- senta un capitolo estremamente impor- tante dei cantieri di recupero edilizio, che diventa addirittura fondamentale se riferi- to allo specifico comparto delle facciate, poiché tutte le strutturea sbalzo esistenti (gronde, balconi, ballatoi, pensiline, ecc.) dopo solo 12-15 anni di vita hanno quasi sempre bisogno di interventi manutentivi. Quindi è importante considerare le pro- blematiche di questi elementi sotto tutti i punti di vista: considerando non solo l’e- sclusivo aspetto del recupero del materia- le, in questo caso il cls, ma anche dell’in- tero manufatto dal punto di vista morfolo- gico e tecnologico. Per quanto riguarda il deterioramento e il ripristino dei frontalini dei balconi e delle gronde in calcestruzzo armato abbiamo già sviscerato il problema, a proposito del degrado del materiale, in quanto le pro- blematiche da affrontare sono essenzial- mente quelle che dipendono dal degrado fisico che subisce lo spessore di cls a co- priferro. Ma il degrado potrebbe anche essere ac- celerato da scelte tecniche inopportune come quelle di applicare le scatolature in alluminio, rame, acciao inox o in lamiera preverniciata che da anni si continuano a proporre come copertura dei profili vert i- cali. Se questa protezione con le lamiere può essere giustificata a protezione delle sole gronde o dei cornicioni, dove eviden- temente il carico d’acqua è maggiore e nei quali comunque andrebbe applicata con accorgimenti tecnici opportuni (quali l’an- coraggio sulle parti verticali, la copertura non totale del frontalino, opportuno sor- monto degli elementi, ecc.), appare invece meno giustificata nel caso dei frontalini dei balconi dove, tralasciando gli aspetti estetici, si verificano effetti di condensa e di impedimento alla naturale traspirazione dei materiali o peggio ancora il ristagno di umidità che di fatto accelerano i processi di degrado del cls, sia dei frontalini che dell’intradosso delle solette a sbalzo. Accade spesso, infatti, che al momento dell’asportazione di questi scatolati in can- tiere ci si trovi di fronte ad una situazione COMMITTENTE CONDOMINIO VIA CARACCIOLO 74 C/O AMM.NE STUDIO BCM IMPRESA SIME SPA IMPORTO 400.000 EURO FINITURE ARD RICOSTRUZIONI MAPEI-KERAKOL Scheda dei lavori ANNO 2001 segue da pag. 14
  • 7. ! ! ! 20 FACCIATE M&T maggio·agosto 2005 I BALCONI Il recupero dei balconi si compone di nu- merosi elementi che concorrono spesso a rendere spinoso questo problema con- templando aspetti di degrado fisico e al- tri di degrado visivo troppo spesso sotto- valutati. Quest’ultimo in particolare ci propone particolari spunti di riflessione per le nuove progettazioni in quanto il degrado visivo o estetico che deriva dal- la saturazione dei balconi da ogni genere di suppellettile come armadietti, scaffali, antenne paraboliche, o dalla trasforma- zione in verande mediante infissi di allu- minio potrebbe essere letto come il ten- tativo degli utenti di porre rimedio alle manchevolezze dei nostri appartamenti ed agli errori di progettazione o di realiz- zazione. Pensiamo ad esempio alle solu- zioni incontrollabili che ciascuno può adottare quando ci troviamo a fare i con- ti con il doccione di scarico delle acque meteoriche del vicino del piano di sopra, oppure ad avere parapetti aperti o trafo- rati in una zona particolarmente ventosa o di fronte all’assoluta assenza di idonee schermature a situazioni di forte soleg- giamento. Questo destino dei balconi a ricettacolo d’ogni tipo di oggetto può as- sumere notevoli implicazioni anche sotto il punto i vista economico tanto da indur- re le imprese ad introdurre apposite clau- di deterioramento accentuato, con dis- tacchi di intere porzioni di cls, che veniva- no mantenute nella loro posizione, seb- bene distaccate, proprio dalle stesse co- perture di lamiera, tanto da rendere più conveniente il rifacimento completo del- l’intero sviluppo lineare del balcone. Inve- ce il degrado delle superfici dell’intrados- so delle solette a sbalzo deriva più che al- t rodalla cessata efficacia o dalla totale as- senza dello strato di impermeabilizzazio- ne del piano di calpestio dell’estradosso superiore, cioè del piano a pavimento del balcone. Un’efficacia che viene ulterior- mente diminuita nel tempo in presenza di infiltrazioni d’acqua dai punti di ancorag- gio delle ringhiere a parapetto dei balco- ni che spesso forano verticalmente le so- lette. Sebbene delle gronde ci si preoccupi me- no, perché lontane dallo sguardo dei pas- santi, è bene elencare alcuni errori co- s t ruttivi che possono determ i n a rne un degrado precoce, quali: ! e rrori nell’impasto o nell’esecuzione del getto, specialmente nelle riprese dello stesso, con formazione di giuntu- re a rilievo possono facilitare ristagni, macchiature e l’insorgere di fenomeni di dilavamento e decoesione del cls; ! indebolimento del bordo di attacco con fessurazioni dovute al carico strut- turale eccessivo, o errato dimensiona- mento della veletta, possono provoca- re infiltrazioni, dilavamenti e sporca- menti; ! errato dimensionamento delle canaliz- zazioni orizzontali di smaltimento del- l’acqua e dell’autopulizia delle sostanze solide (polveri, terriccio, ecc…) posso- no provocare intasamenti, ossidazioni e sporcamenti della facciata; ! difetti nella scelta e nell’esecuzione del- la membrana impermeabile. Uno scorretto deflusso delle acque me- teoriche attraverso i canali di scolo vert i- cali (pluviali), produce, inoltre, pericolose ristagnazioni di acqua in gronda con il progressivo deterioramento dei ferri di a rmatura che, ossidandosi, si gonfiano e portano il cornicione a sgretolarsi. REALIZZAZIONI
  • 8. In cantiere: le fasi operative del ripristino strutturale di una porzione degradata di un frontalino in cls FACCIATE M&T maggio·agosto 2005 21 ! ! ! sole nei contratti d’appalto o nei preven- tivi di rifacimento delle facciate tese ad escludere o a farsi retribuire a parte lo sgombero dei balconi dagli oggetti per- sonali quando si devono rifare le pavi- mentazioni o altre inerenti lavorazioni. Dal punto di vista del degrado fisico, in- vece, vediamo quali possono essere le cause di degrado scatenate da eventuali errori costruttivi, difetti o scelte tecniche inadeguate, individuandole in: ! lesionamenti sui bordi, infiltrazioni e distacchi derivanti da errate valutazioni dei carichi strutturali o dalla forme geo- metriche di elementi in c.a. come ad esempio le fioriere; ! effetti delle infiltrazioni, gocciolamenti e ristagni dovuti ad errate previsioni del sistema di deflusso, raccolta e smal- timento delle acque meteoriche; ! effetti delle infiltrazioni dovuti a scelte errate nella pavimentazione e nel col- lante di resistenza meccanica non ido- nea ai cicli di gelo e disgelo; ! effetti per la presenza degli impianti non previsti in sede progettuale (tuba- zioni del gas che attraversano vertical- mente tutte le solette); ! effetti di macchiatura per situazioni di ristagno dell’acqua di deflusso dovute a errate pendenze delle solette o per assenza di gocciolatoi; ! infiltrazioni, macchie e distacchi per as- senza o cattiva progettazione dell’im- permeabilizzazione delle superfici; ! distacchi ed effetti dovuti all’ingloba- mento di parti in ferro (montanti di rin- ghiere) e dalla mancanza di operazioni manutentive su di essi. ! fine della prima parte 2 4 6 1 3 5 1. PICOZZATURA E PREPARAZIONE DELLE SUPERFICI CON DEMOLIZIONE DELLE PARTI AMMALORATE 2. TRATTAMENTO ANTICORROSIVO CON PASSIVAZIONE DEI FERRI DI ARMATURA SCOPERTI 3. PREPARAZIONE DEL CASSERO PER LA FASE DI RICOSTRUZIONE DEI PROFILI 4. RICOSTRUZIONE STRUTTURALE DELLA MATRICE DEL CALCESTRUZZO RIMOSSO IN PRECEDENZA 5. SUCCESSIVO RIPORTO DI MALTA CEMENTIZIA TIXOTROPICA RISPETTANDO I TEMPI DI RICOPERTURA PER UN CORRETTO “PONTE D’AGGANCIO” 6. NORMALIZZAZIONE DELLA SUPERFICIE MEDIANTE RASATURA FINALE PER CHIUDERE I FORI DI EVAPORAZIONE CON MALTA ADDITIVATA CON RESINA ACRILICA