LEPS: IL PERCORSO ASSISTENZIALE INTEGRATO - parte 1°
La 328 nelle regioni: un bilancio sintetico
1. n.20/2010ProspettiveSocialieSanitarie
3
Politichesociali
Le leggi regionali
di riordino
Il dato più sconfortante si regi-
stra proprio nell’aspetto più impor-
tante e cioè nell’approvazione del-
le leggi regionali di riordino del
sistema integrato degli interventi
e dei servizi sociali. Solo 13 Regioni
(Basilicata, Campania, Calabria,
Emilia-Romagna, Friuli Venezia
Giulia, Liguria, Lombardia, Mar-
che, Piemonte, Puglia, Sardegna,
Toscana e Trento) hanno approvato
le rispettive leggi, definendo il qua-
dro organico del settore.
Perché questo risultato tutto
sommato modesto? C’è stato un
rifiuto “ideologico” della legge 328?
Se guardiamo retrospettivamente
al panorama politico delle Regio-
ni inadempienti riceviamo la net-
ta sensazione che non dobbiamo
cercare qui la ragione della disat-
tenzione di un terzo delle Regioni
italiane, dato che le stesse hanno
avuto amministrazioni dell’uno e
dell’altro colore politico.
Può aver influito la posizione
regionalista,secondocui,siccomela
competenza legislativa è ora delle
Regioni, a loro spetta discrezional-
mente approvare o meno un inter-
vento normativo? Tra le Regioni
inadempienti ce ne sono alcune con
un forte profilo autonomista, pen-
siamo alle Regioni con statuto auto-
nomo, ma anche questo argomento
dia,Valled’Aosta)hannoapprovato
piani sociosanitari dove però la par-
te sociale è assai modesta.
Non tutte le regioni che hanno
approvato il Piano sociale regiona-
le hanno approvato anche la legge
regionale di riordino, che teorica-
menteverrebbetemporalmentepri-
ma (non è obbligatorio, ma innanzi-
tutto si dovrebbe definire il quadro
istituzionale con la legge di riordino
epoilecosedafareconilPianosocia-
le). Colpisce che, allo stato attuale,
solo9Regioni(Calabria,Campania,
Emilia-Romagna Liguria, Lombar-
dia,Puglia,Toscana,Umbria,Tren-
to) abbiano approvato ambedue gli
atti e dunque dispongano di un
quadro normativo e programmatico
aggiornato e completo.
I Piani sociali di zona
Le Regioni italiane hanno profu-
so il proprio impegno maggiore nel-
la realizzazione dei Piani sociali di
zona; infatti, tutte le Regioni hanno
definito gli ambiti territoriali socia-
li e hanno visto realizzare i Piani
sociali di zona nel proprio territorio
(cfr. tavola 1). Si tratta di un risul-
tato apprezzabile – il più importan-
te nell’attuazione della l. 328/00 –
tenendocontodelquadronormativo
regionaleedellanovitàdelpercorso
che è stato raggiunto grazie all’im-
pegnoeallacollaborazioneattivadi
Regioni e Comuni.
Non si è ancora pienamente
realizzata la piena coincidenza fra
il territorio del Distretto sociale e
quello del Distretto sanitario, assai
utile nella programmazione e nella
gestione integrata; nel 2006 la coin-
cidenza non si registrava nel 24%
dei casi, anche se oggi tale percen-
tuale si è sicuramente ridotta.
L’autorizzazione e
l’accreditamento
Gli strumenti più importanti per
il miglioramento della qualità dei
servizi e per il governo del mercato
sociale che la l. 328/00 ha identifica-
to nel processo di autorizzazione e
di accreditamento sono partiti mol-
to lentamente e ancora non hanno
concluso l’assetto normativo. Per la
verità, sono 19 le Regioni che hanno
approvato le norme su questi due
aspetti,ancheselaRegioneLazioha
regolato con legge soltanto l’autoriz-
zazione. Ma l’aspetto rilevante è che
le leggi di per sé sono inutili se insie-
non ci convince fino in fondo, dato
che, secondo la dottrina prevalente,
inbasealprincipiodellacontinuità,
la l. 328/00 deve essere considerata
in vigore fino a quando la Regione
non approva una nuova normativa
sulla stessa materia o su parti di
essa. Per cui l’intervento legislati-
vo regionale è comunque necessa-
rio sia per integrare il testo spesso
generico della legge, sia per dare
attuazione ai tanti adempimenti
regionali in essa previsti, sia per
eventuali modificazioni da appor-
tare, sia, infine, per aggiornare le
precedenti leggi quadro regionali,
molte delle quali sono state appro-
vate negli anni ’80.
L’impressione è invece quella
di una trasversale sottovalutazio-
ne delle tematiche sociali a livello
regionale, così come a livello nazio-
nale, a causa della sottorappresen-
tazione “politica” dei beneficiari
delle prestazioni sociali e a causa
delle tematiche dirompenti di cui
sono portatrici le tematiche sociali
per lo straordinario scarto esisten-
te fra risorse disponibili e necessità
della popolazione.
I Piani sociali regionali
Una situazione leggermente
migliore ma non entusiasmante si
riscontra tra le Regioni che hanno
approvato i Piani sociali regionali.
Sono 15, ma due di queste (Lombar-
Note
1 Vengono presi in considerazione solo gli atti
regionali approvati successivamente alla data di
approvazione della l. 328/00.
La 328 nelle
Regioni: un
bilancio sintetico
Franco Pesaresi
Presidente Associazione nazionale operatori
sociali e sociosanitari, direttore Asur Marche,
Zona territoriale Senigallia
Sono passati 10 anni da quando, nel novembre del 2000, è stata approvata la legge 328
di riordino del sistema integrato di interventi e servizi sociali. Un periodo che ci permette di
poter abbozzare un sintetico bilancio degli effetti della legge nelle politiche regionali.
Nel frattempo molto è cambiato dal punto di vista politico e normativo: in ordine di tempo,
prima c’è stata la modifica del titolo V della Costituzione, che ha affidato alle Regioni la
potestà legislativa esclusiva in campo socio-assistenziale e che ha “sgonfiato” l’efficacia
della legge stessa. Successivamente, si sono alternate maggioranze politiche di governo
che non sempre hanno assunto la l. 328/00 come il punto di riferimento principale, come
si è potuto desumere anche dal più recente “Libro bianco sul welfare”.
In questo quadro assai rimescolato, le Regioni si sono complessivamente mosse verso
l’applicazione della l. 328/00, ma con grande lentezza e, spesso, scarsa organicità. Il quadro
degli atti approvati dalle singole Regioni in attuazione della legge è piuttosto significativo
in questo senso.1
2. n.20/2010ProspettiveSocialieSanitariePolitichesociali
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lecuredomiciliarieresidenzialiper
anziani e disabili). La maggioran-
za delle Regioni ha invece recepito
i Lea, a eccezione proprio di questa
parte, il che appare francamente
ingiustificabile.
La riforma delle IPAB
Sul fronte della riforma delle
Ipab – circa 4.000 in Italia – previ-
sta dall’art. 10 della l. 328/00 e poi
dal D.lgs. 207/01, siamo più o meno
a metà strada. In questo caso 12
Regioni (Emilia-Romagna, Friuli
Venezia Giulia, Liguria, Lombar-
dia, Marche, Molise, Puglia, Sarde-
gna, Toscana, Trentino-Alto Adige
eValled’Aosta)hannoapprovatogli
atti necessari a mettere in condizio-
ne le Ipab di trasformarsi in Azien-
de pubbliche di servizi alla persona
(Apsp), in associazioni o fondazioni
di diritto privato.
Conclusioni
La l. 328/00 è stata ben accolta
dal punto di vista politico. Di fatto,
tutte le Regioni hanno assunto la
legge come punto di riferimento,
anche modificabile, ma nessuna
Regione ha prospettato un modello
alternativo. Le note negative, inve-
ce, arrivano prepotenti sul fronte
dell’attuazione.
Il giudizio complessivo sull’atti-
vità delle Regioni italiane in dire-
me a queste non vengono approvati
ancheirequisitinecessariallesingo-
le strutture e ai servizi per ottenere
l’autorizzazione e l’accreditamento.
Daquestopuntodivista,hannocom-
pletato il percorso dell’autorizzazio-
ne solo 15 Regioni (5 hanno definito
gli standard sia delle strutture sia
dei servizi, 10 solo delle strutture),
mentre sono 9 le Regioni che hanno
definito anche gli standard per l’ac-
creditamento (5 sia delle strutture
sia dei servizi, 4 solo delle strut-
ture). Evidentemente, solo queste
ultime 9 Regioni (Abruzzo, Campa-
nia, Emilia-Romagna, Lombardia,
Molise, Piemonte, Puglia, Toscana,
Veneto), e quindi una minoranza,
possono gestire o avviare il sistema
di accreditamento dei servizi e delle
strutture dei servizi sociali.
L’affidamento dei servizi
Lal.328/00prevedecheleRegio-
ni adottino specifici indirizzi per
regolamentare i rapporti tra enti
localieterzosettore,conparticolare
riferimento ai sistemi di affidamen-
to dei servizi alla persona. 18 Regio-
ni (cfr. tavola 1) hanno adottato
provvedimenti, ma non tutte hanno
perfezionatoilloropercorso.Infatti,
le Regioni Emilia-Romagna e Friuli
Venezia Giulia, nelle rispettive leg-
gi, hanno stabilito le procedure di
affidamento con evidenza pubblica
con il criterio dell’offerta economi-
camentepiùvantaggiosa,mahanno
rinviato ulteriori dettagli e disposi-
zioni a una delibera di Giunta, da
emanare.LaRegioneSiciliahadato
indicazioniconunostrumentoassai
debole: una circolare.
L’integrazione
sociosanitaria
Gli articoli 3 e 8 della l. 328/00
dispongono che le Regioni provve-
dono al coordinamento e all’inte-
grazione degli interventi sociali
con quelli sanitari, con particolare
riferimento all’integrazione delle
attività sociosanitarie a elevata
integrazione sanitaria.
Solo 8 Regioni si sono occupate
in modo completo della regolamen-
tazione dell’integrazione sociosani-
taria, recependo, anche con modifi-
cazioni, l’allegato 1C del Dpcm 29
novembre 2001 sui Livelli essen-
ziali di assistenza sanitaria (Lea)
dedicato all’area dell’integrazione
sociosanitaria. Tali atti si preoccu-
pano di stabilire la percentuale dei
costi da porre a carico dell’Asl, del
Comune o dell’utente per una serie
(8) di prestazioni sociosanitarie.
Due di queste 8 Regioni non hanno
peròcompletatoillavoro(laLiguria
ha regolamentato solo le prestazio-
ni residenziali e semiresidenziali,
mentre il Piemonte lo ha fatto per
TAVOLA 1 Atti regionali applicativi della legge 328/2000 (aggiornato al 30/8/2010)
Regioni
Legge di
riordino
Piani
regionali
Ambiti
territoriali Piani di zona
Legge auto-
rizzazione e
accredita-
mento
Affidamento
servizi
Prestazioni
sociosanita-
rie Dpcm
29/11/01 Riforma Ipab
Abruzzo sì sì sì sì sì
Basilicata sì sì sì sì sì °°
Calabria sì sì sì sì sì sì sì
Campania sì sì sì sì sì sì
Emilia-Rom. sì sì sì sì sì sì** sì
Friuli V. G. sì sì sì sì sì** sì
Lazio sì sì sì sì* sì
Liguria sì sì sì sì sì sì sì parzial. sì
Lombardia sì sì sì sì sì sì
Marche sì sì sì sì sì sì
Molise sì sì sì sì sì sì
Piemonte sì sì sì sì sì sì parzial.
Puglia sì sì sì sì sì sì sì
Sardegna sì sì sì sì sì sì sì
Sicilia sì sì sì°
Toscana sì sì sì sì sì sì sì sì
Umbria sì sì sì sì sì sì°° sì
Valle d’Aosta sì sì sì sì sì sì
Veneto sì sì sì sì sì
Prov. Bolzano sì sì sì sì sì
Prov. Trento sì sì sì sì sì sì sì
Italia 13 15 21 21 20 18 8 12
Note: * La Regione Lazio ha regolato solo l’autorizzazione. ** La legge regionale ha rinviato le disposizioni di dettaglio a una delibera di giunta. ° La Regione
Sicilia ha dato indicazioni sull’affidamento dei servizi con lettera-circolare. °° Una delibera regionale deve stabilire le procedure.
3. n.20/2010ProspettiveSocialieSanitarie
5
Aids
zione della riorganizzazione e della
modernizzazione dei servizi sociali,
cosìcomeindicatonellal.328/00non
puòesserepositivo,vistoche10anni
non sono stati sufficienti per dare
pienaattuazioneallalegge.Pocopiù
della metà delle Regioni ha fatto un
buonlavoro,mentreilrestoarranca,
registrando ritardi notevoli. Caren-
zeimportantisiregistranosulfronte
dell’approvazione delle leggi di rior-
dino,dellatrasformazionedelleIpab
e ancora di più sul fronte del recepi-
mento delle norme sull’integrazione
relative ai servizi sociosanitari.
In questo panorama non entu-
siasmante vale la pena di segnalare
la positiva esperienza dei Piani di
zona, l’unica che ha visto coinvolta
la totalità delle Regioni e che, per
la prima volta, ha visto i Comuni
mettersi insieme e misurarsi per
la pianificazione comune dei servi-
zi sociali. Tenendo conto della tra-
dizionale autonomia dei Comuni e
della fragilità dei servizi sociali di
quellidipiccoledimensioni,sitratta
di un’esperienza da migliorare ma
da valorizzare. Non vanno inoltre
sottaciuti, per i loro aspetti positivi,
taluniinterventiinnovativiregolati
o previsti da un numero comunque
minoritario di Regioni. Fra que-
sti segnaliamo che alcune hanno
regolato le professioni sociali, iden-
tificandole e definendo il percorso
formativo, che altre hanno previsto
la sperimentazione del reddito di
ultima istanza. Inoltre, la maggio-
rana delle Regioni si è occupata, in
un qualche modo, dei Livelli essen-
ziali delle prestazioni sociali (Leps),
anche se questa è l’unica competen-
za esclusiva dello Stato, che deve
provvedere a determinarli per poter
garantire in tutto il territorio nazio-
nale un livello uniforme e omogeneo
di servizi assistenziali alla persona.
Molte Regioni, infine, hanno previ-
sto l’attivazione di un fondo per il
sostegno della non-autosufficienza.
Le cause dei ritardi regionali
sono da ricercare nel mancato ruo-
lo nazionale del Governo (mancato
sostegno della l. 328/00, mancata
introduzione in tutto il territorio
del reddito minimo di inserimento,
mancata riforma delle indennità di
invalidità/disabilità), nella modi-
fica costituzionale del 2001, nella
disponibilità di risorse economiche
largamente inadeguate e, ultimo
ma non per importanza, nell’impre-
parazionediunapartedelleRegioni
a far fronte tempestivamente alla
riforma e al riordino di tutto il set-
tore assistenziale.
La “Dichiarazione di Vienna”
Proibizionismo alleato
dell’epidemia
La XVIII conferenza mondiale
sull’Aids svoltasi dal 18 al 23 luglio
nella capitale austriaca si è aperta
con un importante documento uffi-
cialesostenutodall’Ias,l’Internatio-
nal Aids Society: la “Dichiarazione
di Vienna”. Per la prima volta un
summit mondiale prende una posi-
zione netta contro le politiche proi-
bizioniste sulle droghe. La Dichia-
razionesostieneche:“Lacriminaliz-
zazione dei consumatori di droghe
sta alimentando l’epidemia di Hiv e
ha comportato conseguenze negati-
ve per la salute pubblica e a livello
sociale.Ènecessarioreindirizzarele
politichesulledrogheversoapprocci
basati su evidenze scientifiche, che
rispettino i diritti umani”.
Un documento che sceglie il ter-
reno scientifico per cercare di san-
cire la definitiva sconfitta della War
on Drugs lanciata dalle ammini-
strazionirepubblicanestatunitensi
e che invece si pone in sintonia con
la posizione dell’UE. Nei prossimi
mesi sarà possibile verificare come
questadichiarazione,cheharaccol-
to molte migliaia di firme tra medi-
ci, ricercatori e leader politici, sarà
accolta da Yuri Fedotov (Federazio-
ne Russa), appena nominato nuovo
direttore esecutivo delle Nazioni
unite contro la droga e il crimine
(Unodc), che sembra invece inten-
zionatoamuoversinelsolcodeisuoi
predecessori.
L’Italia è uno dei pochi Paesi
europeichenonhafirmatoladichia-
razione, la quale risulta, infatti,
oggettivamente in totale contrasto
con le politiche del sottosegretario
Carlo Giovanardi.
Raccogliendo lo spirito dell’ap-
pello e l’invito lanciato a Vienna da
JohnDalli,commissarioeuropeoper
la tutela della salute e dei consuma-
tori, la ministra della sanità fran-
cese, Roselyne Bachelot Narquine,
giunta alla conferenza ha annun-
ciato un rilancio delle strategie di
riduzione del danno e l’apertura
di stanze per l’auto-somministra-
zione. L’Anrs (la francese Agenzia
nazionale per la ricerca sull’Aids)
ha presentato un programma, che
per ora riguarda solo Parigi, di
distribuzione di pipe monouso, uti-
lizzabili per fumare sostanze come
crack, cocaina, e metamfetamine;
programma (presente anche in
Canada) correlato principalmente
alla prevenzione di epatiti e tuber-
colosi, ma sicuramente non meno
importante.Pare,infatti,cheanche
in Francia, come in Canada, molti
exconsumatoriperviainiettiva,già
Hiv positivi, siano passati a fuma-
re derivati della cocaina o metam-
fetamine, con scambio di strumenti
infetti per l’inalazione, e ciò ha pro-
vocatounaumentodell’incidenzadi
co-infezioniconepatitietubercolosi
in persone sieropositive.
Anche Lancet “difende”
i tossicodipendenti
Questo tema è stato anche al
centro del numero speciale dell’au-
La XVIII Conferenza Mondiale sull’Aids svoltasi
in luglio a Vienna si è aperta con un importante
documento ufficiale sostenuto dall’International
Aids Society: la “Dichiarazione di Vienna”. Per la prima
volta un summit mondiale prende una posizione netta
contro le politiche proibizioniste sulle droghe.
Nell’articolo un commento alla situazione attuale,
anche alla luce di questa
dichiarazione.
Aids: ancora molti
gli interrogativi
aperti
Vittorio Agnoletto
Medico, ricercatore, consulente sull’Aids
dell’Inmp *
Note
* Istituto nazionale per la promozione della
salutedellepopolazionimigrantieilcontrastodelle
malattie della povertà.