LEPS: IL PERCORSO ASSISTENZIALE INTEGRATO - parte 1°
L'evoluzione normativa nazionale delle RSA
1. FRANCO PESARESI
L’EVOLUZIONE
NORMATIVA
NAZIONALE DELLE RSA
E la classificazione delle regioni
Pesaresi
2002
ESTRATTO DAL CAPITOLO CONTENUTO NEL VOLUME “RESIDENZE SANITARIE
PER ANZIANI DI M. TRABUCCHI, E. BRIZIOLI E F. PESARESI
2. Breve estratto da:
F. Pesaresi, L’evoluzione normativa nazionale e la classificazione delle
regioni, in Trabucchi M., Brizioli E., Pesaresi F. (a cura di) “Residenze
sanitarie per anziani”, Il Mulino, Bologna, 2002
L’EVOLUZIONE NORMATIVA NAZIONALE DELLE RSA
di Franco Pesaresi
1. LE NORME NAZIONALI DI RIFERIMENTO
La storia delle residenze sanitarie assistenziali (RSA) ha avuto formalmente inizio con la
legge finanziaria del 1988 (art. 20 L.67/1988) che ha avviato il piano decennale degli
investimenti sanitari e con questo la realizzazione delle RSA.
La norma era particolarmente importante ed innovativa perché, per la prima volta, lo Stato
riservava una quota consistente di risorse per la realizzazione di strutture sanitarie
residenziali extraospedaliere per anziani non assistibili al domicilio.
Dal 1988 ad oggi ben 18 atti statali, comprendendo fra questi leggi, circolari ed
elaborazioni ministeriali (Cfr. con le norme e documenti nazionali di riferimento), si sono
occupati dei requisiti, della organizzazione e della gestione delle RSA. Per questo si
rende necessario richiamare e riordinare tali disposizioni per poter mettere gli operatori e i
cittadini in condizione di affrontare i problemi delle RSA con dei punti di riferimento
organici e sistematici anche se oggi la competenza istituzionale relativa all’organizazione
delle RSA è totalmente nelle mani delle regioni.
L’anno successivo, nel 1989, sono stati approvati due importanti atti che riguardano le
RSA. Il primo è il Decreto del Ministro della Sanità n.321 del 29/8/1989 relativo al
regolamento sui “criteri generali per la programmazione degli interventi e il coordinamento
tra enti competenti nel settore dell’edilizia sanitaria in riferimento al piano pluriennale di
investimenti ai sensi dell’art. 20 della L. 67/1988”.
Il regolamento si poneva l’obiettivo di promuovere la realizzazione o l’acquisizione di
strutture residenziali per anziani prevalentemente non autosufficienti e di quelle per
handicappati e disabili psichici e sensoriali. A tali strutture venivano riservati, sulla
disponibilità complessiva di 10.000 miliardi del primo triennio, 2.670 miliardi di cui 400 per
strutture destinate ad handicappati e disabili.
L’altra disposizione è il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del
22/12/1989 relativo all’“Atto di indirizzo e coordinamento dell’attività amministrativa delle
regioni e province autonome concernente la realizzazione di strutture sanitarie
residenziali per anziani non autosufficienti non assistibili a domicilio o nei servizi
semiresidenziali”. Il decreto costituisce un contributo normativo senz’altro importante
perché finalmente stabilisce una serie di standard in un settore, all’epoca, tutto da
costruire anche se mantiene alcuni elementi di incompletezza.
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3. Il decreto fissava i requisiti delle RSA per anziani non autosufficienti.Tali requisiti
venivano estesi anche alle strutture per gli altri soggetti non autosufficienti ma
solamente in quanto applicabili senza però indicare chi e quando poteva essere stabilita
l’applicabilità di tale norma. Il decreto seppure apprezzabile laddove ispirava la
costruzione delle RSA alla volontà di ricreare ambienti “familiari” lamenta anche taluni
limiti laddove:
non determinava la dimensione minima della RSA al di sotto della quale la
realizzazione e la gestione della stessa diventa antieconomica;
non riesciva a legare la dimensione degli spazi di uso collettivo con il numero degli
ospiti della RSA.
Successivamente la Corte Costituzionale con sentenza n. 345 dell’11 luglio 1990 ha
stabilito che il D.P.C.M. 22/12/1989 è vincolante per le strutture realizzate con i fondi del
piano decennale degli investimenti sanitari (art. 20 L. 67/1988) mentre aveva un valore
solo indicativo per l’attività normativa propria delle regioni relativamente alle altre strutture
del settore.
La Legge Finanziaria del 1995 (art. 3 comma 4 della L. 23/12/1994, n.724) ha poi
sospeso per cinque anni (1996-2000) questo D.P.C.M. per favorire la riconversione dei
piccoli ospedali in RSA senza troppi vincoli che ne impedissero l’operazione.
Nel 1991 il Ministero della sanità sottoscriveva un Protocollo di intesa con i Sindacati
confederali dei pensionati. Con il “protocollo di intesa” dell’11/1/1991 si stabiliva di
costituire un gruppo di lavoro permanente (che sarà costituito con decreto del 14/2/1991)
composto da rappresentanti del Ministero, delle regioni e dei sindacati confederali dei
pensionati con il compito di individuare competenze, strumenti, modalità e tempi di
realizzazione degli obiettivi di tutela della salute della popolazione anziana. Occorre
rilevare, come curiosità, che questo primo documento prevedeva, nelle RSA, anche la
presenza di ospiti autosufficienti e un numero massimo di 60 posti letto per ogni
struttura, indicazioni queste che poi non verranno più riprese.
Lo stesso gruppo di lavoro, insediato poi presso il Ministero della Sanità produceva in
data 31/5/1991 lo “schema di linee guida per le residenze sanitarie assistenziali
(RSA) per anziani”. Questo documento (che appariva poi anche in una altra versione del
27/1/1992 sostanzialmente identica), che per la sua forma aveva un valore solo
indicativo ha visto aumentare la propria importanza con la successiva lettera-circolare del
7/8/1992 con cui il Ministero della Sanità affermava che tale documento costituiva le
“linee di indirizzo alle regioni e alle USL nell’attuazione delle risoluzioni parlamentari e del
progetto-obiettivo” anziani.
Il documento introduceva una serie di interessanti novità fra le quali è bene segnalare:
a) l’accesso dell’anziano alle RSA è stabilito dalla unità valutativa geriatrica;
b) veniva prevista l’integrazione fra servizi sanitari e socio-assistenziali;
c) si definiva chiaramente che la RSA è una struttura sanitaria inserita nei servizi
territoriali;
d) veniva definita una dotazione standard di personale per una RSA di 60 ospiti;
e) veniva definita la partecipazione alla spesa da parte dell’ospite relativamente alla
spesa alberghiera; la quota sembrerebbe variabile in base al reddito.
C’erano invece alcuni elementi di ambiguità o di confusione laddove per esempio si
prevedeva in una parte del cocumento la presenza del medico di medicina generale
all’interno della RSA mentre in un’altra parte del documento si diceva che all’atto
dell’ammissione alla RSA viene sospesa la scelta del medico di base da parte del
paziente.
Successivamente Camera e Senato approvavano con deliberazione del 30/1/1992 il
“Progetto obiettivo tutela della salute degli anziani”. Il progetto obiettivo prevedeva la
realizzazione di 140.000 posti letto nelle RSA. Tra le novità troviamo l’affermazione che le
RSA non sono dotate di personale medico proprio avvalendosi invece di quello
3
4. dell’”ospedale di riferimento a cui sono collegate dato che la conduzione gestionale della
struttura è affidata ad un dirigente dei servizi infermieristici”.
Sempre lo stesso anno il Ministero della Sanità emanava il 7/8/1992 le Linee guida
relative al “Progetto obiettivo tutela della salute degli anziani”. Le linee guida
stabilivano che “per quanto concerne la portata vincolante del progetto-obiettivo, le sue
indicazioni assumono valore di indirizzo nei confronti dell’attività organizzativa regionale;
esso rappresenta punto di riferimento per la definizione di un modello organizzativo
uniforme diretto ad assicurare pari condizioni di accesso ai servizi su tutto il territorio
nazionale”. Il documento del Ministero riprendeva i contenuti del progetto-obiettivo per
quel che riguarda le RSA aggiungendo l’esigenza di ricreare l’ambiente e le abitudini della
comunità di origine dell’ospite e la necessità di un processo di integrazione fra sanitario e
sociale nella gestione delle RSA. Colpisce, in questo atto, l’esclusiva previsione di un tipo
di paziente lungodegente venendo così meno l’ipotesi, pur importante, di una degenza di
convalescenza che si concluda nel giro di uno o due mesi.
Nel gennaio 1993 il Ministero della sanità insediava un gruppo di lavoro tecnico per
produrre un documento su “La gestione delle RSA: modelli e costi” pubblicato poi nella
collana “rapporti “ del Centro studi del Ministero della Sanità. Il lavoro svolto non aveva
una valenza formale per l’esterno ma è stato in parte utilizzato per l’emananzione delle
successive linee guida n. 1/94 sulle RSA. ll documento forniva comunque una serie assai
numerosa di utili indicazioni organizzative anche se, in qualche caso, disorganiche.
In particolare il lavoro si soffermava sulla tipologia dell’utenza identificando due grandi
categorie che hanno bisogno di modelli e standard assistenziali differenti: le forme cronico
degenerative e le forme di demenza senile. Ma la parte più interessante dello studio è
senz’altro quella relativa alla elaborazione degli standard assistenziali del personale con il
calcolo assai puntuale e dettagliato degli oneri di gestione delle RSA.
Con le linee guida n.1/1994 del 30/3/1994 del Ministero della Sanità relative agli
“Indirizzi sugli aspetti organizzativi e gestionali delle residenze sanitarie assistenziali” si
arrivava finalmente ad una definizione abbastanza chiara e completa delle RSA.
Il Ministero ribadiva che è specifica competenza delle regioni provvedere alla
riorganizzazione dei servizi di residenzialità extra-ospedaliera ciononostante il Ministero
forniva le indicazioni contenute nelle linee guida perché sia garantito un uniforme livello
di assistenza su tutto il territorio nazionale. Le linee guida si occupavano di gran parte
delle problematiche delle RSA. La RSA veniva collocata nei servizi territoriali delle USL
finalizzandola all’assistenza sanitaria residenziale dell’anziano e del disabile non
autosufficiente e non assistibile al domicilio. Venivano riproposti sostanzialmente gli
standard strutturali già contenuti nel DPCM del 29/12/1989 e si davano indicazioni solo
sulle dimensioni massime delle RSA (120-150 posti letto per gli anziani e 30-45 per i
disabili). I costi di gestione dovevano essere calcolati in base alle caratteristiche e alle
necessità degli ospiti che sono comunque chiamati a partecipare alle spese per la parte
relativa agli oneri alberghieri e sociali secondo uno schema piuttosto preciso.
Nel testo erano inoltre presenti alcune piccole contraddizioni che per completezza si
segnalano. La prima era una contraddizione interna al testo laddove, in una parte, si
richiedeva un bagno autonomo, seppur in via preferenziale, per ogni stanza mentre
nella parte degli standard di dettaglio si parlava invece di un servizio igienico ogni due
stanze. Si trattava di un passo indietro anche rispetto al Decreto del 1989. C’erano
anche alcune differenze sui moduli rispetto al Decreto del 1989; quelli del 1989 li
prevedevano di 15-20 ospiti mentre, in questo caso, potevano essere di 10-25 ospiti.
Mancava infine l’indicazione della dimensione minima della RSA.
Il Ministero della Sanità con proprio decreto del 15 aprile 1994 ha poi determinato i
criteri generali per la fissazione delle tariffe delle prestazioni di assistenza specialistica,
riabilitativa, ospedaliera. In realtà, anche se l’oggetto del decreto non lo specificava, la
norma si occupava anche dei criteri per la determinazione delle prestazioni di assistenza
4
5. residenziale extra-ospedaliera anche se, purtroppo, limitatamente alla sola componente
sanitaria. Questo, ovviamente, rappresentava un limite dato che l’assistenza residenziale
nelle RSA comprende anche oneri di tipo non sanitario.
Con la Legge finanziaria 1995 (art. 3 comma 4 della L. 23/12/1994, n.724 così come
modificato dall’art. 1 della legge 18 luglio 1996, n.382) veniva, come già detto, sospeso
per cinque anni il D.P.C.M. del 1989 sugli standard delle RSA che poi è tornato a vivere
nel 2001. Entro il 1999 il governo doveva comunque definire i nuovi requisiti dimensionali
per le RSA nonché i criteri per il graduale adeguamento agli stessi delle strutture
esistenti cosa che in parte ha fatto con l’approvazione del DPR sui requisiti minimi
organizzativi e strutturali.
Successivamente, in applicazione degli artt. 10 e 14 del D. Lgs. 502/1992, tra il 1995 e il
1996 il Ministero ha approvato due decreti sugli indicatori di efficienza, di qualità e di
umanizzazione delle prestazioni sanitarie che interessano anche le RSA al fine della
autovalutazione e della comparazione dei risultati delle le varie aziende sanitarie. Con il
Decreto del Ministero della Sanità del 24 luglio 1995 sono stati approvati i “Contenuti
e le modalità di utilizzo degli indicatori di efficienza e di qualità nel servizio sanitario
nazionale” che prevedeva che le aziende sanitarie raccolgano costantemente i dati relativi
a 9 indicatori relativi soprattutto ai costi, al personale e alla attività delle strutture
residenziali per anziani. Il Decreto Ministeriale del 15 ottobre 1996 relativo invece agli
“Indicatori per la valutazione delle dimensioni qualitative del servizio riguardanti la
personalizzazione e l’umanizzazione dell’assistenza, il diritto all’informazione e alle
prestazioni alberghiere” chiamava invece le aziende sanitarie a rendere conto di ben 22
indicatori sui temi della continuità dell’assistenza, dell’umanizzazione delle prestazioni e
tutela dei diritti, del diritto all’informazione e delle prestazioni alberghiere.
Finalmente con il D.P.R. 14 gennaio 1997 il Governo approvava l’“atto di indirizzo e
coordinamento alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano, in materia di
requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l’esercizio delle attività sanitarie
da parte delle strutture pubbliche e private” con cui si approvavano anche i requisiti delle
RSA. Questi requisiti minimi dovevano essere recepiti, anche con modificazioni, dalle
singole regioni che sono titolari della competenza nel disciplinare la materia delle
autorizzazioni. Il possesso di questi requisiti minimi, per quel che riguarda le strutture
private, dà il diritto a ottenere l’autorizzazione all’esercizio dell’attività ma non ad ottenere
l’accreditamento (che richiederà il rispetto di ulteriori requisiti) o il vincolo per le aziende e
gli enti del servizio sanitario nazionale a corrispondere la remunerazione delle prestazioni
erogate. Anche questo decreto prevedeva una serie di integrazioni e modificazioni degli
atti normativi precedenti provvedendo ad una nuova e migliore definizione della RSA e
della sua utenza, precisando in modo definitivo le dimensioni minime (20 p.l.) e massime
(120 p.l.) delle RSA e dei suoi nuclei (10-20 p.l.) e prevedendo, fra l’altro, oltre ai requisiti
minimi strutturali, in parte già noti, anche degli interessanti requisiti minimi organizzativi.
Si è aggiunto invece poco con il Provvedimento 7 maggio 1998 della Conferenza
permanente per i rapporti fra Stato e Regioni con cui sono state approvate le “Linee-guida
del Ministro della Sanità per le attività di riabilitazione” nelle quali si afferma solo che
nelle RSA si possono erogare interventi riabilitativi di tipo estensivo per soggetti disabili o
disabili gravi o a lento recupero.
Nel nuovo millennio viene finalmene approvato il D.P.C.M. 14/2/2001 sulla integrazione
socio-sanitaria che però affronta solamente le tematiche relative alla classificazione delle
prestazioni ed ai criteri di finanziamento delle prestazioni con l’identificazione del soggetto
a cui far riferimento per i costi delle prestazioni (ASL e/o comune/utente). Spetta poi alle
singole regioni provvedere, nell’ambito della programmazione degli interventi socio-
sanitari, a determinare gli obiettivi, le funzioni, i criteri di erogazione e i criteri di
finanziamento delle prestazioni socio-sanitarie. A questo proposito va detto che la
classificazione delle prestazioni proposta non è sempre chiara e completa così che
5
6. anche la lettura dei relativi criteri di finanziamento non è sempre agevole. In particolare si
stenta per esempio a comprendere come mai la medesima (?) assistenza residenziale ai
disabili gravi viene posta a carico del SSN per il 70% se è permanente e per il 40% se
non lo è (pur essendo di lungo periodo).
Sempre nel 2001, infine, è stato approvato il DPCM 21/5/2001, n. 308 che ha fissato i
requisiti minimi strutturali e organizzativi per l’esercizio dei servizi e delle strutture a ciclo
residenziale del settore socio-assistenziale. Il Decreto scompagina ancora una volta il
quadro delle già sofferte certezze disponendo dei requisiti minimi per le strutture
residenziali protette del settore socio-assistenziale che in diversi aspetti sono più
impegnativi e di maggiore qualità di quelli già previsti precedentemente per le RSA e
disponendo comunque che le strutture residenziali del settore socio-assistenziale che
erogano prestazioni socio-sanitarie vengono autorizzate con le norme già stabilite per il
settore sanitario.
In questi ultimi 14 anni si sono accumulati ben 18 atti riguardanti le RSA fra norme di
legge, circolari e studi del Ministero della Sanità che però rappresentano solo delle
enorme di indirizzo o che richiedono un esplicito recepimento anche con modificazioni
da parte delle regioni per poter essere efficaci. La competenza relativa alla
organizzazione delle RSA rimane dunque tutta ed intatta in capo alle regioni che la
esercitano autonomamente tenendo conto o meno del quadro normativo nazionale.
NORME NAZIONALI DI RIFERIMENTO
1. Legge finanziaria del 1988 : (art. 20 L.67/1988).
2. Decreto Ministero della Sanità n.321 del 29/8/1989: “Regolamento recante criteri
generali per la programmazione degli interventi e il coordinamento tra enti
competenti nel settore dell’edilizia sanitaria in riferimento al piano pluriennale di
investimenti ai sensi dell’art. 20 della L. 67/1988”.
3. Decreto Presidente del Consiglio dei Ministri 22 dicembre 1989: “Atto di
indirizzo e coordinamento dell’attività amministrativa delle regioni e province
autonome concernente la realizzazione di strutture sanitarie residenziali per
anziani non autosufficienti non assistibili a domicilio o nei servizi semiresidenziali.”
4. Protocollo di intesa Ministero della sanità - Sindacati confederali dei
pensionati: “Accordo del 11/1/1991”.
5. Ministero della Sanità - schema di linee guida per le residenze sanitarie
assistenziali (RSA) per anziani: “Gruppo di lavoro sulla tutela della salute degli
anziani (doc. del 31/5/1991)”.
6. Progetto obiettivo tutela della salute degli anziani approvato da Camera e
Senato con deliberazioni del 30/1/1992.
7. Ministero della Sanità: Linee guida relative al progetto-obiettivo “Tutela della
salute degli anziani” del 7/8/1992.
8. Decreto Legislativo 30 dicembre 1992 n. 502 e succ.mod.: “Norme per la
razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale”.
9. Ministero della Sanità 1993: Gruppo di lavoro del 1993 su “La gestione delle
RSA: modelli e costi” pubblicato nella collana “rapporti “ del Centro studi del
Ministero della Sanità.
10. Ministero della Sanità. Linee guida n.1/1994 del 30/3/1994: “Indirizzi sugli
aspetti organizzativi e gestionali delle residenze sanitarie assistenziali”.
11. Decreto Ministero della Sanità 15 aprile 1994: “Determinazione dei criteri
generali per la fissazione delle tariffe delle prestazioni di assistenza specialistica,
riabilitativa ed ospedaliera”.
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7. 12. Legge finanziaria 1995: Art. 3 comma 4 della L. 23/12/1994, n.724 così come
modificato dall’art. 1 della legge 18 luglio 1996, n.382 “ Misure di
razionalizzazione della finanza pubblica” ).
13. Decreto Ministero della Sanità 24 luglio 1995: “Contenuti e modalità di utilizzo
degli indicatori di efficienza e di qualità nel Servizio Sanitario Nazionale” .
14. Decreto Ministero della Sanità 15 ottobre 1996: “Approvazione degli indicatori
per la valutazione delle dimensioni qualitative del servizio riguardanti la
personalizzazione e l’umanizzazione dell’assistenza, il diritto all’informazione, alle
prestazioni alberghiere, nonché l’andamento delle attività di prevenzione delle
malattie” .
15. Decreto Presidente della Repubblica 14 gennaio 1997: “Approvazione dell’atto
di indirizzo e coordinamento alle regioni e alle province autonome di Trento e
Bolzano, in materia di requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per
l’esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private”.
16. Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato le Regioni e le Province
autonome di Trento e Bolzano - Provvedimento 7 maggio 1998: “Linee-guida
del Ministro della sanità per le attività di riabilitazione”.
17. Decreto Ministro Sanità 28 ottobre 1999: “Programma nazionale per la
realizzazione di strutture per le cure palliative”.
18. Legge 23 dicembre 1999, n. 488 art. 28: “Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato” (Legge Finanziaria 2000)”.
19. Decreto Presidente Consiglio dei Ministri 20 gennaio 2000: “Atto di indirizzo e
coordinamento recante requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per i
centri residenziali di cure palliative”.
20. Legge 8 novembre 2000, n. 328: “Legge quadro per la realizzazione del sistema
integrato di interventi e servizi sociali”.
21. Decreto Presidente del Consiglio dei Ministri 14 febbraio 2001: “atto di
indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie”.
22. Decreto Presidenza del Consiglio dei Ministri (Dipartimento della solidarietà
Sociale) 21 maggio 2001, n. 308: “Regolamento concernente “Requisiti minimi
strutturali e organizzativi per l’autorizazione all’esercizio dei servizi e delle strutture
a ciclo residenziale e semiresidenziale, a norma dell’art.11 della legge 8 novembre
2000, n. 328”.
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8. 2. LE INDICAZIONI NAZIONALI SULLE RSA
Il numeroso elenco di norme e di circolari che si sono occupate delle RSA rende quanto
mai necessario riordinare il quadro normativo nazionale cosa che abbiamo tentato di fare
nelle pagine seguenti ordinando le norme e le indicazioni organizzative per singoli
argomenti, badando al rispetto della gerarchia delle fonti normative ed evitando la
riproposizione di norme o indicazioni sospese o superate da atti successivi.
Questo lavoro di riordino mantiene, a nostro avviso, la sua importanza perchè se è vero
che la competenza organizzativa è delle regioni è pur vero che permane un generale ma
non più vincolante interesse a realizzare servizi con una certa omogeneità organizzativa
nel territorio nazionale attraverso la messa a disposizione delle regioni di modelli
organizzativi organici come quello predisposto dal Ministero della Sanità.
Per semplicità di lettura le norme sulle RSA sono state quindi selezionate e raccolte, con
l’indicazione della rispettiva fonte, nei seguenti 18 argomenti.
2.1. Le residenze extraospedaliere.
La residenzialità extraospedaliera realizza le prestazioni residenziali e semiresidenziali
come risposta ai bisogni degli anziani, dei portatori di handicap fisico e psichico e dei
soggetti non autosufficienti, non assistibili a domicilio. L’assistenza residenziale
extraospedaliera, conseguentemente, si concretizza in una gamma di residenze
caratterizzate da una diversa presenza ed intensità dell’ assistenza sanitaria e delle
prestazioni di tipo socio-assistenziale. Le caratteristiche delle residenze sono correlate
alla tipologia degli ospiti, al loro grado di dipendenza, alle potenzialità ed ai tempi per il
loro recupero psico-fisico.
Le residenze collettive per anziani appartengono a due grandi categorie:
1. le residenze sanitarie;
2. le residenze assistenziali.
Le residenze sanitarie sono strutture del Servizio Sanitario Nazionale chiamate a
rispondere alle esigenze di una tipologia estremamente varia di pazienti per grado di
dipendenza e potenzialità di recupero rappresentate principalmente dalle Residenze
Sanitarie Assistenziali, dai Presidi di riabilitazione, dalle Strutture residenziali
psichiatriche, dalle Strutture di riabilitazione ed educativo assistenziali per i
tossicodipendenti e dai Centri residenziali di cure palliative (hospice) le cui finalità e
tipologie di utenti sono sinteticamente indicate nella tab. 1.
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9. Tab. 1 – Principali tipologie e caratteristiche delle residenze sanitarie extraospedaliere.
TIPOLOGIA DEFINIZIONE FINALITA’ UTENTI
Presidi di Strutture deputate a Recupero degli esiti derivanti Soggetti portatori di
riabilitazione garantire un alto livello di da episodi acuti o di funzioni disabilità fisiche,
tutela sanitaria attraverso lese o menomate. psichiche e
prestazioni diagnostiche e sensoriali o miste.
terapeutico-riabilitative.
Residenze Strutture chiamate a Assistenza sanitaria e Soggetti non
Sanitarie realizzare un livello medio riabilitazione di mantenimento. autosufficienti,
assistenziali di assistenza sanitaria anziani e non, con
(medica, infermieristica e esiti stabilizzati di
riabilitativa) integrato da patologie, fisiche,
un alto livello di psichiche, sensoriali
assistenza tutelare ed o miste.
alberghiera.
Centri Strutture facenti parte Assistenza in ricovero Pazienti affetti da
residenziali di della rete di assistenza ai temporaneo di pazienti affetti patologia
cure palliative pazienti terminali. da malattie a rapida evoluzione neoplastica
e a prognosi infausta per i quali terminale o da altre
ogni terapia finalizzata alla malattie progressive
guarigione o alla e in fase avanzata,
stabilizzazione della patologia a rapida evoluzione
non è possibile o appropriata e a prognosi
che necessitano di assistenza infausta.
palliativa e di supporto per
assicurare ai pazienti stessi ed
ai loro familiari una migliore
qualità della vita.
Struttura Presidi che erogano Esplica le funzioni terapeutico Utenti di esclusiva
residenziale prestazioni sanitarie riabilitative e socio-riabilitative competenza
psichiatrica specialistiche e sanitario per il trattamento di situazioni psichiatrica.
assistenziali rivolte alla di acuzie o di emergenza per le
tutela della salute mentale quali non risulti utile il ricovero
non erogabili in ambito ospedaliero, per fasi di
ambulatoriale o assistenza protratta successive
domiciliare per situazioni al ricovero ospedaliero, per
che non richiedono il l'attuazione di programmi
ricovero ospedaliero. terapeutico-riabilitativi di medio
lungo periodo.
Strutture di Presidi che erogano Recupero e riabilitazione di Soggetti
riabilitazione prestazioni sanitarie soggetti tossicodipendenti. tossicodipendenti.
e strutture specialistiche e sanitario
educativo- assistenziali rivolte alla
assistenziali riabilitazione e al recupero
per i dei soggetti
tossicod. tossicodipendenti.
Fonte : D.P.R. 14.1.1997, D.P.C.M. 20/1/2000, D.M. 28/10/1999.
Le “Residenze assistenziali” sono invece destinate a persone prevalentemente
autosufficienti o parzialmente non autosufficienti ed offrono una gamma ampia di servizi
di tipo comunitario ed alberghiero, di competenza prevalentemente socio-assistenziale.
Le legislazioni regionali hanno previsto diverse tipologie di strutture ed una ancor più
ampia varietà terminologica (case di riposo, case albergo, alloggi protetti, comunità
alloggio ecc.) non sempre rappresentativa di effettive differenziazioni che rendono
9
10. complessa una comparazione fra le varie regioni.
Anche per questo la legislazione nazionale, recentemente, è intervenuta per ridefinire il
settore delle residenze assistenziali distinguendo i diversi interventi residenziali a favore
di minori, disabili, anziani, persone affette da AIDS e persone con problematiche psico-
sociali. Le strutture rivolte agli anziani erogano interventi socio-assistenziali o socio-
sanitari, finalizzati al mantenimento e al recupero delle residue capacità di autonomia
della persona e al sostegno della famiglia (DPCM 308/2001). Ma quali sono gli interventi
socio-assistenziali? Essi non sono chiaramente definiti ma utilizzando parzialmente la
definizione rinvenibile nell’”Atto di indirizzo e coordinamento sull’integrazione socio-
sanitaria” (DPCM 14/2/2001) possiamo considerare prestazioni socio-assistenziali tutte le
attività del sistema sociale che hanno l’obiettivo di supportare la persona in stato di
bisogno, con problematiche di disabilità o di emarginazione. Tali attività sono di
competenza dei comuni, richiedono la partecipazione alla spesa da parte dei cittadini
fruitori e, nel caso specifico oggetto della nostra attenzione, si esplicano attraverso gli
interventi di ospitalità alberghiera presso strutture residenziali rivolte ad anziani con
limitazioni anche parziali dell’autonomia, non assistibili a domicilio.
Gli interventi socio-sanitari sono invece tutte le attività atte a soddisfare, mediante
percorsi assistenziali integrati, bisogni di salute della persona che richiedono
unitariamente prestazioni sanitarie e azioni di protezione sociale in grado di garantire,
anche nel lungo periodo, la continuità tra le azioni di cura e quelle di riabilitazione (D. Lgs.
502/1992 e succ. mod.).
La tipologia delle prestazioni erogate porta, conseguentemente, ad identificare due
diverse residenze assistenziali rivolte agli anziani:
le strutture a prevalente accoglienza alberghiera;
le strutture protette.
Le strutture a prevalente accoglienza alberghiera sono caratterizzate da bassa intensità
assistenziale, media e alta complessità organizzativa in relazione al numero di persone
ospitate, destinate ad accogliere anziani autosufficienti o parzialmente non autosufficienti.
Le strutture protette sono caratterizzate da media intensità assistenziale, media e alta
complessità organizzativa, destinate ad accogliere anziani o disabili non autosufficienti
(DPCM 308/2001).
Le due tipologie di strutture sono soggette ad un diverso sistema di autorizzazione ed
accreditamento. Infatti chi eroga prestazioni socio-assistenziali è sottoposto al regime
delle autorizzazioni stabilito nella legge quadro sui servizi sociali (L. 328/2000) mentre chi
eroga prestazioni socio-sanitarie è sottoposto al sistema delle autorizzazioni e
dell’accreditamento previsto nella legge di riforma del Servizio sanitario nazionale (D. Lgs.
502/1992 e succ. mod.). E non c’è dubbio che stiamo parlando, nel primo caso, delle
strutture a prevalente accoglienza alberghiera e nel secondo caso di buona parte se non
di tutte le strutture protette che per assistere soggetti non autosufficienti debbono
necessariamente mettere in campo interventi socio-sanitari. Le due tipologie di strutture
residenziali per anziani che appartengono al sistema sociale presentano in definitiva
caratteristiche ben diverse come si evidenzia anche nella Tab. 2. Dalla lettura di questa si
evidenzia con forza che per quel che riguarda le strutture protette si fa esplicito
riferimento alla esperienza italiana delle case/residenze protette che, nella gran parte
delle regioni dove sono presenti, assistono anziani non autosufficienti con contenuti
sanitari significativi, in qualche caso come vedremo più avanti, assimilabili a quelli delle
RSA. Non a caso la maggior parte di queste strutture opera già all’interno del settore
sanitario e così anche le più recenti normative pur riconoscendo la loro provenienza dal
settore sociale le sottopone al sistema di accreditamento sanitario con la definizione di
standard strutturali ed organizzativi che, in qualche caso, sono addirittura più impegnativi
di quelli delle RSA.
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11. Tab. 2 – Differenze nelle strutture residenziali per anziani del sistema sociale.
Caratteristiche Strutture a prevalente Strutture protette
accoglienza alberghiera
Ospiti Anziani autosufficienti o Anziani (o disabili) non autosufficienti
parzialmente autosufficienti
Prestazioni Essenzialmente socio- Mix di prestazioni socio-sanitarie e socio-
assistenziali assistenziali
Intensità Bassa Media
assistenziale
Complessità Alta, in relazione al numero di Media e alta
organizzativa persone ospitate
Autorizzazione ed Regolati dalla L.328/2000 Regolati dal D. Lgs 502/1992 e succ.
accreditamento mod..
Prestazioni sanitarie Eventuali prestazioni sanitarie Assistenza sanitaria comprensiva di
programmate in relazione alle prestazioni medico-generiche,
specifiche esigenze dell’utenza infermieristiche, riabilitative e di
ospitata assimilabili alle forme somministrazione farmaci, così come
di assistenza rese a domicilio. disciplinato dalla regione.
Capacità ricettiva Massimo 80 posti letto Massimo 120 posti letto organizzati in
nuclei fino a 30 ospiti.
Servizi igienici nelle Bagni collegati alle camere in Servizi igienici attrezzati per la non
camere numero di 1 ogni camera, di autosufficienza collegati alle camere in
dimensioni tali da permettere numero di 1 ogni camera a due posti e 1
l’ingresso e la rotazione delle ogni due camere a 1 posto, di dimensioni
carrozzine. tali da permettere l’ingresso e la rotazione
delle carrozzine.
Servizi igienici negli In numero minimo di due, di cui 1 bagno assistito in ogni nucleo.
spazi comuni almeno uno attrezzato per la
non autosufficienza.
Ascensore Uno, in strutture distribuite su 1 montalettighe e almeno un ascensore in
più di un piano strutture distribuite su più di un piano.
Spazi e locali 1 locale per il personale di nucleo; un
locale per ambulatorio con servizio
igienico; palestra dotata di attrezzature ed
ausili con relativo deposito; locale
deposito per attrezzature, carrozzine,
materiale di consumo ecc.; camera
ardente.
Arredi e letti Devono essere dotate di arredi e
attrezzature idonee alla tipologia degli
ospiti, ed in particolare devono essere
garantiti a tutti gli ospiti che ne presentano
la necessità: letti articolati (preferibilmente
a due snodi) regolabili in altezza;
materassi e cuscini antidecubito; armadio
farmaceutico.
Fonte: DPCM 308/2001.
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