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Report seminario sul Sistema Nazionale di Valutazione – 11 settembre 2019 pag. 1 a 10
Secondo seminario sul “Sistema Nazionale di Valutazione” –
report incontro 11 settembre 2019
Nell’introduzione ai lavori della giornata, Massimiliano De Conca ha ricordato che dal primo
incontro seminariale del 2 luglio sono emerse alcune criticità che possiamo così riassumere
per titoli
- Il valore e la funzione delle prove INVALSI
- Il rapporto fra l’esito delle prove INVALSI ed il decisore politico
- La piena integrazione delle prove INVALSI all’interno del Sistema Nazionale di
valutazione
- L’importanza della valutazione come processo che deve partire dal basso con un
coinvolgimento attivo delle componenti della scuola
- L’importanza dei dati come punto di partenza per l’autovalutazione d’istituto
In particolare è stato sottolineato lo scollamento che c’è fra quanto emerge dalla ricerca
dell’INVALSI e le azioni messe in campo dal MIUR e dal governo, che tendono a fare dei
dati uno strumento di pressione politica più che una guida per possibili azioni di
miglioramento.
Sono emerse quindi due direttrici:
- lo snaturamento (operato dalla politica) dell’INVALSI e del Sistema Nazionale di
Valutazione che, in un contesto neoliberista che ideologizza la cultura del merito a
svantaggio di quella del miglioramento, rischia di essere utilizzato come strumento
per la valutazione delle persone (in particolar modo dei dirigenti e dei docenti) e non
del sistema, nonché come strumento di school choice, di orientamento dell’utenza;
- il pericolo di un disegno di legge che consegna la delega al governo per
accorpare alcuni enti fra cui l’INVALSI all’interno del MIUR stesso facendo perdere
all’ente di ricerca la sua autonomia di ricerca (il testo è ancora incardinato nella
discussione di un ramo del parlamento).
È poi arrivato il report dell’INVALSI (10 luglio 2019) sull’esito delle prove somministrate nel
2018/19 con dati che non hanno purtroppo indicato nulla di nuovo (arretramento di alcune
aree geografiche, abbassamento del livello medio, disomogeneità e disuguaglianza del
sistema scolastico italiano), tuttavia hanno scatenato un lungo dibattito soprattutto fra non
addetti ai lavori sul ruolo della Scuola. Il tutto in un altrettanto pericoloso contesto di
discussione sull’autonomia differenziata (altro provvedimento che deve essere ancora
discusso e che nei giorni di pre-crisi di governo era in agenda nella discussione del consiglio
dei ministri).
Ecco perché dobbiamo continuare ad interrogarci anche su alcune contraddizioni
dell’attuale sistema di valutazione:
- L’autonomia della valutazione dovrebbe essere rappresentata dalla totale
autonomia dell’ente che valuta che non può essere un mero esecutore tecnico
del decisore politico: in sostanza l’ente valutatore, che attualmente è un ente di
ricerca, si interroga sui risultati che rileva? Nei fatti può farlo? All’interno di questa
prospettiva si pone anche il problema che sussiste fra somministrazione
Report seminario sul Sistema Nazionale di Valutazione – 11 settembre 2019 pag. 2 a 10
censuaria e somministrazione campionaria. Se l’INVALSI ha il solo compito di
valutare il sistema allora potrebbe essere sufficiente una raccolta campionaria
dei dati, il che non giustifica il dispiegamento delle prove secondo il modello
censuario se non con l’idea che l’INVALSI certifichi anche le competenze degli
alunni, il che va oltre il DPR 80/2013 che individua come finalità della valutazione
quella del miglioramento delle scuole e non la valutazione individuale degli
studenti che rimane completamente in capo agli insegnanti.
- Agganciandoci a questo aspetto sarebbe utile una parentesi sul paradosso della
certificazione: il 23 luglio erano a disposizione delle scuole le certificazioni delle
competenze da poter scaricare dal sito Invalsi. Ma come può l’INVALSI, con quali
competenze, definire gli standard di certificazione delle competenze? Su questo
punto, che risiede nel D.Lgs 62/2017, abbiamo mosso fin dall’inizio parecchie
critiche perché la valutazione degli alunni è una competenza specifica delle
scuole che non è possibile trasmettere ad un altro ente, peraltro NON
riconosciuto fra gli enti certificatori (penso ai livelli di conoscenza dell’inglese).
Oltre alla confusione che si genera fra le famiglie e gli alunni. Inoltre nella
certificazione delle competenze così come strutturata manca proprio una parte
diagnostica propedeutica al riconoscimento dei gap da colmare.
- Se poi l’INVALSI deve stare nel perimetro disegnato dalla legge, dunque valutare
il sistema, allora è sufficiente una valutazione campionaria.
- Ancora, alla luce del fatto che la compilazione dei Rapporti di AutoValutazione
(RAV) nel quadro del Sistema Nazionale di Valutazione è triennale e non
annuale, mentre si capisce la censuarietà della rilevazione non se ne capisce la
scansione temporale annuale.
Sono seguiti gli interventi dei tre invitati:
Alberto Baccini, docente di economia dell’Università di Siena, che si è interessato del ruolo
della valutazione negli enti pubblici, nell’università e quindi nella scuola, ed è uno dei
fondatori del blog ROARS sul quale l’INVALSI e la Valutazione hanno una certa visibilità.
Paolo Sestito, attualmente impiegato presso la Banca d’Italia come responsabile del nuovo
Servizio Struttura economica, è stato anche commissario straordinario e presidente
dell'INVALSI (2012-13).
Anna Maria Ajello, docente di Psicologia dello sviluppo e dell’educazione dell’Università La
Sapienza di Roma, attuale presidente dell’INVALSI, al suo secondo mandato.
Sintesi dell’intervento di Alberto Baccini
Per capire cosa è successo alla scuola italiana ed al cammino della “valutazione” è possibile
partire da un recente libro di Roberta Calvano (Scuola e Costituzione, tra autonomie e
mercato, Ediesse 2019).
In estrema sintesi, l’istruzione da diritto/dovere costituzionale è stata trasformata in una
“funzione”. Secondo Sabino Cassese («Plaidoyer» per un'autentica autonomia delle scuole,
in Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE QUINTA: MONOGRAFIE E VARIETÀ (1990), pp.
147/148-153/154) «La scuola non serve allo stato, non ne è organo, né può essere organo
Report seminario sul Sistema Nazionale di Valutazione – 11 settembre 2019 pag. 3 a 10
della regione, della provincia o del comune, ma serve a una funzione, quella dell’istruzione
di cui è responsabile».
Si è così realizzata una progressiva “destatalizzazione” della scuola, auspicata al fine di
«spogliare l’apparato centrale dei compiti gestionali, attribuendogli funzioni di
determinazione di ‘standards’ e di ‘guidelines’, e funzioni di valutazione e di ‘audit’»
(Cassese 1990).
Questo passaggio trova la sua origine nel clima culturale del new public management, ma
sopravvive oggi con riferimento all’autonomia differenziata che vuole limitare lo Stato alla di
definizione delle condizioni minime della funzione, i Livelli Essenziali di Prestazione (LEP).
Nel passaggio da diritto a ‘funzione’ c’è la traiettoria del ragionamento degli economisti che
hanno definito la struttura concettuale dentro la quale impostare le politiche dell’istruzione,
non solo in Italia. Sostanzialmente le istituzioni si giudicano per la loro ‘efficienza’ e al
massimo si può discutere, eventualmente e solo dopo, di equità.
Per rendere la scuola efficiente ci sono due opzioni:
• Opzione mercato:
• Consiste nel dotare gli studenti della possibilità di scegliere, scuola, materie
etc. e loro sceglieranno “con i piedi”; l’esempio estremo è quello del “buono
scuola” (voucher scolastico)
• Opzione pianificatore centrale (che in Gran Bretagna è ormai definito “stalinismo
manageriale”):
• Consiste appunto nel definire standard e guidelines;
• E nello sviluppo di una valutazione centralizzata costituisce un «quasi-
mercato».
In questo quadro si inserisce la nascita dell’Invalsi, originariamente pensato forse soltanto
per la valutazione di sistema, ma ben presto piegato alla valutazione individuale. Il
documento chiave per capire gli sviluppi di INVALSI dalla sua nascita ad oggi è un
documento prodotto da Daniele Checchi, Andrea Ichino e Giorgio Vittadini (4/12/2008) per
l’allora ministro Maristella Gelmini: «Un sistema di misurazione degli apprendimenti per la
valutazione delle scuole: finalità e aspetti metodologici». In quel documento sono auspicati
tutti i passaggi poi realizzati concretamente e senza soluzione di continuità dai governi di
centrodestra e centro sinistra.
Come si si evince dalla lettura de I quaderni di Eurydice 2016, INVALSI è un unicum in
ambito europeo. INVALSI valuta i
• Livelli competenze studenti
• Divari tra scuole Nord e Sud
• Qualità delle scuole
• Valore aggiunto
• Qualità degli insegnanti
• I risultati INVALSI entrano sempre più spesso negli obiettivi di performance
dei dirigenti scolastici.
L’obiettivo dichiarato nel documento di Checchi-Ichino-Vittadini e attuato progressivamente
è negli anni successivi è la sostituzione degli insegnanti nei processi di valutazione.
Gli insegnanti sono infatti inaffidabili e hanno interesse a barare (cheating). Valutatori esterni
o addirittura “il computer” possono sostituirli. Nella presentazione del Rapporto Invalsi 2018
si sottolinea che la correzione automatica riduce il cheating, vale a dire i comportamenti
opportunistici tenuti dagli insegnanti per poter avvantaggiare i propri studenti ed avere
risultati migliori: «La legislazione più recente implicitamente sembra ammettere che la
scuola non ha in sé gli strumenti per valutare il livello dei suoi discenti» (Calvano, 2019).
Report seminario sul Sistema Nazionale di Valutazione – 11 settembre 2019 pag. 4 a 10
Il direttore di INVALSI ormai certifica le competenze degli studenti in uscita dalla scuola
secondaria superiore, trasformando i risultati di prove standardizzate in descrizioni fini delle
competenze del singolo studente. Ma chi corregge adesso le prove INVALSI? La presidente
INVALSI scrive nella presentazione del rapporto 2018 che ormai le prove sono corrette in
automatico. A commento di un articolo di Anna Angelucci su Roars dedicato al tema della
valutazione automatica, Matteo Viale ha scritto: «Sono di parte perché ho collaborato con
l’INVALSI e sui dati INVALSI ho fatto ricerca. Proprio per questo, ho avuto però modo di
vedere dall’interno la macchina organizzativa dell’Istituto e posso testimoniare che le
domande aperte a cui gli studenti rispondono a computer (CBT) sono corrette da persone
in carne e ossa, tutte con almeno una laurea magistrale, attraverso un lavoro serrato ma
certosino di codifica dei dati sulla base di griglie di correzione riviste e via via discusse e
aggiornate per rappresentare correttamente le risposte corrette, tutto svolto con ritmi serrati
e con il peso di una responsabilità che incombe. Nessuno spazio per l’automatismo, persino
per le risposte aperte univoche, che vengono comunque vagliate “a mano”, una per una.»
(16 aprile 2019). Chi dice la verità? La Presidente Ajello o Viale? In ogni caso, che sia il
computer o un esercito di correttori, la valutazione e la certificazione delle competenze non
compete più agli insegnanti. Siamo in attesa di qualche zelante ateneo che, seguendo
l’auspicio di Ichino, decida di ammettere gli studenti ai propri corsi di studio sulla base della
certificazione INVALSI.
L’altra questione è: cosa misurano le prove INVALSI? In una recente intervista radiofonica
la presidente Aiello ha usato l’infelice metafora del colesterolo nel sangue. Le prove
INVALSI sono basate su un modello, il cosiddetto “valore aggiunto”. E misurano non certo
grandezze osservabili in natura, ma qualcosa che è definito solo dentro quel modello. E c’è
ormai ampia letteratura internazionale (basta dare un’occhiata ai post dedicati al tema su
Roars) che ormai ha messo in discussione da doversi punti di vista proprio quel modello.
Infine un accenno alla misurazione delle soft-skills e al progetto INVALSI-VIPS. Si resta
perplessi di fronte ai tentativi di Invalsi si valutare empatia, grinta e auto-controllo, E si resta
più che perplessi soprattutto per le sperimentazioni messe in atto per la Scuola dell’Infanzia.
Una sperimentazione che stando ai comunicati ufficiali non è mai esistita. Ma di cui si trova
traccia in pubblicazioni scientifiche che ne riferiscono i risultati.
In conclusione: la riduzione della istruzione da diritto a funzione affidata ad un governo
tecnocratico svincolato dal controllo parlamentare ha dato l’avvio alla creazione di una élite
di tecnici e un indotto di dimensioni non trascurabili (illiberal reformers!)
A questo si accompagna la trasformazione progressiva dei «cittadini in sudditi» (Calvano)
Rientra in questo percorso anche il recente cambio di retorica: anziché mettere l’accento sul
cheating che è stato il leitmotiv di anni di counicazione INVALSI, adesso di scopre “l’equità”.
Secondo una parabola già vista all’opera altrove (Mueller, Tiranny of metrics).
Non c’è spazio per aggiustamenti «fini» della struttura attuale. La valutazione va ripensata
daccapo.
Sintesi dell’intervento di Paolo Sestito
È opportuno partire da alcune premesse: “ricchi e ignoranti” non è una strategia che
l’Italia possa perseguire a lungo andare. Essere innovativi richiede di puntare su capitale
umano: l’Italia ha invece pochi laureati (1/4 pop tra i giovani contro un 40% tra i competitors)
Report seminario sul Sistema Nazionale di Valutazione – 11 settembre 2019 pag. 5 a 10
e livelli delle competenze funzionali degli studenti sono bassi (specie in matematica come
certificato dai rilevamenti PISA).
Come uscirne?
Ovviamente non conta solo l’offerta di capitale umano e quel che succede nel sistema
formativo, perché servono imprese che puntino su capitale umano e rendimenti dello stesso
che fungano da stimolo alle famiglie. Occorre tuttavia agire sul lato dell’offerta e del sistema
formativo.
Vi è evidenza inoltre che la scuola funziona poco (divari competenze che peggiorano con il
progredire del ciclo degli studi, tra Italia e resto del mondo e all’interno dell’Italia); agire sul
sistema formativo richiede fondi, ma anche un investimento appropriato al fine di migliorare
efficacia ed efficienza sistema scolastico
Vi possono essere e vanno tenuti in conto i possibili trade-off (“contropartita, scambio”) tra
efficienza ed equità del sistema formativo, ma i problemi di efficienza in Italia non sono in
generale legati a una sua particolare equità: es. nel Mezzogiorno, dove è minore l’efficienza
e minore è anche l’equità interna al sistema.
L’efficacia del sistema scolastico è in larga parte legata all’efficacia degli insegnanti e
dell’insegnamento (del resto questa è la maggior voce di spesa!). La valutazione non è forse
quindi la questione centrale del rilancio del sistema scolastico, piuttosto al centro dovrebbe
essere posta la figura dell’insegnante:
- Sono oggi assenti meccanismi di selezione
- Bisogna dedicare particolare cura alla carriera, motivazione e aggiornamento
(formazione in itinere)
- Bisogna dedicare particolare cura lavoro in team (nella singola scuola)
In Italia si è fatta in questi anni una gran confusione sulla valutazione nella PA. Occorre
distinguere tra accountability politica e valutazione (anche e soprattutto comparativa)
dell’operato delle strutture (e dei loro dipendenti, in primis in realtà dei loro dirigenti):
- i sistemi di valutazione affidati a soggetti terzi (ANVUR, Invalsi) possono aiutare a
render trasparenti e informare l’accountability politica, ma non possono sostituirsi al
giudizio “politico” (in ultima istanza degli elettori) sul funzionamento del sistema e su
chi di esso ha la responsabilità ultima; per tale motivo sarebbe utile porre l’INVALSI
ad esempio sotto la vigilanza del Parlamento;
- le singole strutture sono invece in linea di principio comparabili nella misura in cui
svolgano la stessa attività di servizio: cosa di tali valutazioni sulle strutture poi si
faccia dipende poi dall’organizzazione interna dello specifico settore della PA. La
valutazione dovrebbe quindi esser congruente con quegli assetti e non metterli in
crisi.
La valutazione nel sistema formativo va quindi declinata alla luce di queste premesse,
sull’importanza del capitale umano e sulla valutazione nella PA: essa deve servire a
innalzare efficacia ed efficienza sistema, pertanto si può articolare in
i. valutazione del sistema (anche nel cfr. internazionale) e dei suoi andamenti nel tempo,
rendendo la questione saliente nell’opinione pubblica e nel dibattito di policy
ii. valutazione (idealmente in modo sperimentale) delle prassi e delle politiche specifiche
(ad es. il tempo pieno o una particolare modalità di organizzazione della didattica) come
supporto alla ricerca e alla sperimentazione didattica (basata sui fatti [sui numeri!]
anziché su apriori teorici)
Report seminario sul Sistema Nazionale di Valutazione – 11 settembre 2019 pag. 6 a 10
iii. valutazione delle strutture, per identificare punti di forza e di debolezza e intervenire di
conseguenza
Resta però da definire quali sono i risultati d’una struttura formativa?
- l’evoluzione (da cui l’enfasi sul valore aggiunto) degli apprendimenti (in senso lato)
dei propri alunni, come focalizzazione sui risultati netti e non grezzi, che dipendono
anche e soprattutto dalla qualità degli alunni e del contesto su cui opera una
istituzione formativa
- le attività di ricerca (nel caso delle Università)
Serve una visione ampia degli apprendimenti, da non intendere unicamente come focus
disciplinare e nozionistico (a differenza della valutazione condotta dal singolo insegnante
per verificare quanti abbiano acquisito uno specifico set di nozioni magari da poco
trasmesse), ma come monitoraggio delle competenze più che delle conoscenze, in
contrasto con il teaching-to-the-test.
Molto ancora si può e si deve fare, ma in 10 anni Invalsi ha fatto passi da gigante (da ultimo
con delivery su pc e test parzialmente adattivi): oggi infatti si raccolgono informazioni diverse
dagli apprendimenti (es. presenza episodi bullismo), ma sarebbe utile ampliare
ulteriormente il quadro su aspetti che informino sul “benessere” (anche e soprattutto
prospettico) degli alunni, ad es. in termini di loro maturità emotiva e civismo.
Con la valutazione si deve valorizzare e non sminuire il lavoro degli insegnanti e in
particolare si deve valorizzare, o quanto meno non disincentivare, il loro lavoro in quanto
team e non immaginare un “grande fratello” che valuti i singoli insegnanti, tra l’altro
follemente bypassando la soft information disponibile solo a livello locale. In primis si
possono valutare perciò le strutture e i loro dirigenti (a cui però dare maggiori strumenti per
esercitare un potere direttivo!), ma non i singoli insegnanti anche se nel farlo si può e si
deve aiutare l’equità interna al sistema:
- valutare le strutture e le condizioni del loro contesto per individuare “failing schools”
da rilanciare (riorganizzandole) e contesti deboli (da supportare con maggiori risorse)
- evitare o quantomeno limitare una competizione tra scuole nell’accaparrarsi iscritti in
base alla pubblicizzazione dei risultati (specie se si tratta di risultati “grezzi”, guidati
dalla “qualità” degli alunni che vi iscrivono), come inavvertitamente alle volte fatto con
alcuni dei dati pubblicati su “scuola in chiaro”
- guardare non solo a risultati medi delle singole strutture, ma anche all’equità interna
alla scuola
Sintesi dell’intervento di Anna Maria Ajello
Non si può iniziare una discussione sull’Invalsi senza ricordarne la cornice normativa nella
quale è stato concepito, che è quella definita dal DLgs 286/2004 e della L. 1/2007 che
conferiscono all’Invalsi la predisposizione di prove per «verifiche periodiche e sistematiche
sulle conoscenze e abilità degli studenti e sulla qualità complessiva dell'offerta formativa
delle istituzioni di istruzione e di istruzione e formazione professionale (…)» e per la
«predisposizione di modelli da porre a disposizione delle autonomie scolastiche ai fini della
elaborazione della terza prova. L'Istituto provvede, altresì, alla valutazione dei livelli di
apprendimento degli studenti a conclusione dei percorsi dell'istruzione secondaria
superiore, utilizzando le prove scritte degli esami di Stato secondo criteri e modalità coerenti
con quelli applicati a livello internazionale per garantirne la comparabilità».
Questo significa che l’Invalsi NON ha mai avuto nessuna investitura per la valutazione degli
insegnanti o comunque del personale se non quella dei dirigenti scolastici, per i quali ha
Report seminario sul Sistema Nazionale di Valutazione – 11 settembre 2019 pag. 7 a 10
avuto il compito di individuare degli “indicatori” per poterne valutare le prestazioni
professionali da parte degli Uffici Scolastici Regionali.
La natura poi dell’azione di ricerca dell’Invalsi -che ha il compito di raccogliere e rielaborare
dati per il decisore politico- è definita più recentemente dal DPR 80/2013 e dal D.Lgs
62/2017, il primo definisce il Sistema Nazionale di Valutazione di cui l’Invalsi è sola una delle
tre gambe, il secondo accorda all’Invalsi anche la funzione di disporre prove censuarie di
Italiano, Matematica ed Inglese nei vari gradi scolastici. Nel D.Lgs 62/2017 inoltre nel
riformare l’Esame di Stato chiarisce che l’esito delle prove Invalsi rientra, sotto forma di
certificazione dei livelli di apprendimento, in una apposita sezione del curriculum dello
studente.
Il lavoro sui livelli di apprendimento, definiti sia in forma sintetica sia in forma più analitica,
è basato sulla lettura delle Indicazioni nazionali, dunque in un quadro di riferimento ben
noto. Inoltre, come si può notare dall’analisi attenta delle prove e dalla spiegazione degli
item, l’Invalsi fornisce una serie di dati e di informazioni -in forma chiara e trasparente- ai
docenti ed alle scuole perché possano essere compresi gli ambiti, gli scopi, i processi sottesi
ad ogni singolo esercizio.
Questo permette di riflettere sulle diverse concezioni di valutazione che sono in gioco: le
prove si configurano come accertamento e controllo di acquisizione di competenze che sono
prerequisiti per l’esercizio dei diritti di cittadinanza.
Diverso invece è lo scopo del format del RAV (rapporto di autovalutazione), quello cioè di
indurre alla riflessività a partire dalla quotidianità secondo un modello collaborativo che vede
interagire i docenti come gruppo professionale. Nel SNV hanno un particolare significato le
visite esterne alle scuole, gestite da team esperti (che non sono dipendenti dell’Invalsi o
ricercatori dell’Invalsi, ma sono persone appartenenti al mondo della scuola formate
dall’Invalsi), perché in un modello di relazione simmetrica riescono a instaurare un rapporto
di dialogo professionale di pari dignità fra valutatori e personale della scuola valutata.
Restano ad oggi dei problemi da risolvere che sono legati alle articolazioni delle concezioni
della valutazione, all’impegno in tempo e risorse e soprattutto alla stabilità dei finanziamenti,
quest’ultima fondamentale per una vera autonomia dell’ente di ricerca.
In chiusura, per rispondere all’ultimo dei problemi posti dal prof. Baccini nel suo intervento,
si chiarisce che l’Invalsi ha partecipato sulla base di una richiesta del MIUR (l’adesione alle
ricerche internazionali è infatti una scelta politica del Ministero) ad una sperimentazione sul
monitoraggio delle soft-skills della Scuola dell’Infanzia, ma dopo una prima collaborazione
in accordo con il MIUR si è sospesa ogni ricerca in quella direzione.
Al termine delle tre relazioni sono seguiti 11 interventi che hanno fatto emergere queste
tematiche:
- l’INVALSI oggi è sotto la vigilanza del Dipartimento della Ricerca e non più sotto gli
Ordinamenti, seppur la vigilanza viene effettuata in stretto coordinamento con gli
Ordinamenti stessi e in particolare con l’Ufficio IX ossia l’Ufficio preposto al Sistema
Nazionale di Valutazione presso il MIUR. Sarebbe utile comprendere in che modo
questa relazione viene stabilita dato che, nei fatti, all’interno del DPR 80 /2013 (il
Regolamento SNV), nessuna governance è prevista per il MIUR nell’attuazione del
SNV e nel suo coordinamento. In concreto però la piattaforma RAV è completamente
gestita dal MIUR e ci sono interventi diretti del MIUR anche sulla valutazione delle
scuole;
Report seminario sul Sistema Nazionale di Valutazione – 11 settembre 2019 pag. 8 a 10
- le prove INVALSI, pur migliorate nella procedura della somministrazione delle prove,
senza interventi politici consequenziali ai dati raccolti risultano uno strumento divisivo
(pericoloso in un contesto in cui si parla di “autonomia differenziata”);
- cheating: esistono ancora sospetti che molte prove siano pilotate e addirittura corrette
dall’Invalsi stesso;
- è stato sottolineato il paradosso della certificazione: se davvero la certificazione del
singolo studente fosse il nostro obiettivo non potremmo scaricare sullo studente nella
sua fase finale del percorso i fallimenti eventuali e presunti di un intero sistema. E
questo non è un problema di scelte politiche ma anche di prospettive della
valutazione messe in campo. Nei Paesi dove esiste la certificazione, questa è
anticipata da un sistema diagnostico di prove tale per cui lo studente e la scuola si
impegnano in un percorso che permetta, entro la fine del ciclo, il recupero del GAP.
- Se davvero volessimo certificare, sarebbe necessario ad esempio fare prove
censuarie all’inizio della seconda secondaria di II grado e concentrare all’ultimo anno
la possibilità del recupero delle competenze e garantire a tutti gli studenti almeno il
livello adeguato delle competenze da certificare, che dunque necessariamente
dovrebbero essere raggiunte da tutti gli studenti;
- l’uso strumentale dei dati delle scuole porta ad una cultura tipicamente liberale della
valutazione come strumento per creare graduatorie e distribuire premi
- appare pericoloso portare avanti la valutazione dei Dirigenti Scolastici perché a quel
punto bisognerebbe dare ai DS pieni poteri di gestione e di reclutamento, ma
verrebbe meno la collegialità e ci si trasferirebbe su paradigmi scolastici di tipo
anglosassone che però sono falliti
- per questo bisogna chiarire il rapporto che c’è fra una valutazione standard e
l’autonomia delle scuole;
- risulta anche fuori contesto un progetto come INVALSI-VIPS che coinvolga il settore
della scuola dell’Infanzia anche attraverso questionari ai genitori;
- appare positiva invece una valutazione di tipo narrativo, conversativo, che permetta
relazioni simmetriche: restano dei dubbi sul NEV (Nucleo Esterno di Valutazione),
sulla sua formazione e sul ruolo dell’Invalsi;
- appare positiva l’esperienza del RAV che permette alle scuole di fare una auto-analisi
diagnostica: restano degli elementi di burocrazia che stressano i tempi e soprattutto
un uso improprio del documento quando pubblicato in Scuola in Chiaro perché porta
alla school choice;
- la valorizzazione della carriera del personale scolastico deve avvenire attraverso il
contratto.
repliche dei relatori
Anna Maria Ajello:
1- non è fondata l’accusa che l’Invalsi modifichi il risultato delle prove: non c’è nessun
ritocco, nessun intervento;
2- l’Invalsi sta conducendo la sperimentazione sul RAV infanzia, dopo averne messo a
punto il Format con la collaborazione di una commissione di esperti; sottolinea pure
che, contrariamente a quanto affermato, non è stato somministrato il questionario ai
genitori;
3- sui NEV l’Invalsi segue quanto previsto dalla normativa vigente, ovvero si occupa
solo della formazione dei componenti del nucleo che peraltro fra i requisiti di
selezione NON devono aver mai collaborato con Invalsi stessa;
Report seminario sul Sistema Nazionale di Valutazione – 11 settembre 2019 pag. 9 a 10
4- la raccolta censuaria dei dati è utile per avere un quadro complessivo di tutte le
scuole, è anzi una richiesta che perviene dalle scuole stesse;
5- È necessaria un’etica della valutazione: l’Invalsi lavora in un quadro normativo
preciso ed esclusivamente su argomenti e materie che sono già prescritti, dunque
tutti gli item sono calibrati su ciò che la scuola deve fare, non su scelte arbitrarie
dell’Invalsi;
6- la scuola che vogliamo è scritta nel Format del RAV che tutte le scuole redigono.
Paolo Sestito
1. Un sistema di valutazione inevitabilmente deve basarsi su una sottostante “idea” di
scuola (cosa dovrebbe cercare di fare la scuola):
a. di valutazione si è parlato in parallelo all’autonomia delle istituzioni scolastiche:
autonomia e valutazione come suo pendant e forma di decentramento bilanciato
e controllato
b. gli apprendimenti (in senso non nozionistico) sono centrali e la scuola non è solo
un’agenzia di socializzazione: la scuola forma i futuri cittadini, che devono però
essere (per il loro bene individuale e per il bene della società nel suo complesso)
il più possibile competenti
2. aspetti tecnici.
a. il cheating veniva corretto statisticamente (prima dell’uso del pc che lo ha reso
pressoché irrilevante) individuando le classi “anomale” nel senso di avere una
distribuzione di risultati (non solo un dato medio) anomalo rispetto al quadro
prevedibile sulla base di un sottocampione ove le rilevazioni erano controllate da
un osservatore esterno
b. i test Invalsi non si prestano più di tanto al teaching to the test; nella misura in cui
hanno una capacità di “indirizzare” la didattica lo fanno a favore di elementi che,
pur presenti nelle indicazioni nazionali, erano di fatto trascurati (ad es. concetti
probabilistici)
c. i risultati nei test Invalsi sono fortemente correlati, nella singola classe, con
l’ordinamento dei voti espressi dagli insegnanti
3. io sono fortemente a favore del fatto che le rilevazioni Invalsi sugli apprendimenti siano
censuarie (solo così si può innescare la pluralità di cose previste dal SNV: stimolo
all’autovalutazione in tutte le scuole; identificazione scuole in difficoltà etc) e annuali
(solo così si possono costruire dati sull’evoluzione nel tempo dei singoli alunni, poi
aggregabili a livello di scuola)
4. l’Invalsi (e le rilevazioni che esso conduce) sono istituzionalmente ancora deboli. Può
esser vero che le rilevazioni così come oggi delineate sono state sinora poco utili (o per
meglio dire, sarebbero potute esser state utilizzate molto di più per indirizzare un’azione
di riforma e rilancio del sistema scolastico) ed è anche vero che le rilevazioni sono
potenzialmente pericolose (se ad es. le si buttasse in pasto in meccanismi di marketing
delle singole scuole basati su dati grezzi etc), ma oggi non si tratta di disegnare ab
origine un sistema idealmente perfetto. Il punto è se sia meglio buttar tutto a mare
(solleticando i cloni degli anti-vax che teorizzano che niente è misurabile e roba
simile) o irrobustire l’Invalsi (chiarendone l’autonomia, rendendolo responsabile di
fronte al parlamento più che al MIUR), completare il SNV con i pezzi mancanti (in primis
un servizio ispettivo e previsioni di fondi aggiuntivi per le scuole in condizioni “difficili” ) e
ragionare sul sistema scolastico più in generale anche sulla base delle tante info che i
dati Invalsi consentono di avere.
Report seminario sul Sistema Nazionale di Valutazione – 11 settembre 2019 pag. 10 a 10
Alberto Baccini:
1- la Scuola come funzione: oggi purtroppo si discute di scuola con l’impostazione degli
economisti dell’educazione, per i quali la valutazione è un tema centrale
2- è interessante notare sul tema della valutazione una spaventosa continuità fra le politiche
di governi di centrodestra e governi di centrosinistra. Nessun complotto. Un semplice dato
di fatto che mostra l’incapacità della sinistra di elaborare una linea diversa da quella
efficientista dello stalinismo manageriale
3- sul tema censuario/campionario si gioca il futuro di Invalsi: per la valutazione del sistema
è non solo sufficiente, ma anche preferibile un modello di tipo campionario. Diverso il
discorso se invece si vuole portare avanti una politica di valutazione per la premialità e
soprattutto se si vogliono eliminare gli insegnanti dai processi di valutazione.
Conclusioni di Francesco Sinopoli
La FLC CGIL ha scelto un percorso di studio e riflessione interna per costruire una proposta
di documento sulla Valutazione da sottoporre agli organismi statutari e da far vivere
all’interno della discussione delle scuole. La valutazione è un tema importante sul quale
abbiamo bisogno di aggiornare la nostra posizione, partendo anche da quello che è
successo anche in altri Paesi dove il sistema della valutazione delle scuole è stato a lungo
sperimentato, ma ha anche fallito nella sua versione più classificatoria: vedi gli Stati Uniti,
vedi la Gran Bretagna, dove lo stesso John Major nel commentare sul The Guardian la
débâcle del sistema scolastico inglese ne denunciava anche la natura classista. Del resto
dal 1990 si riconosceva che non era intervenuto nessun miglioramento, anzi socialmente
c’era stata una regressione, proprio perché si è affermato un modello che favorisce la school
choice , che ha preso piede anche in Italia con Eduscopio.
La scuola italiana è sempre più di classe: i dati non hanno permesso l’inversione di tendenza
che noi auspicavamo verso una scuola più laica e inclusiva. Se pure in presenza di dati il
decisore politico non agisce, allora il Sistema Nazionale di Valutazione non ha senso, anzi
è dannoso perché non ci sono riscontri positivi nella politica e viene semplicemente
alimentato un sistema classificatorio e competitivo che non serve al miglioramento. Tanto
vale smantellarlo.
Dalla L.107 in poi si è sentito il bisogno di piegare surrettiziamente gli strumenti forniti
dall’INVALSI per portare nelle scuole un modello competitivo: ma noi abbiamo bisogno di
una scuola che contrati le disuguaglianze, non di un sistema che si limiti a fotografare senza
intervenire. Negli ultimi 30 anni non ci sono state riforme vere del sistema scolastico: come
sta avvenendo in Inghilterra, è giunto il momento di una discussione politica sulla scuola e
quindi sul sistema nazionale di valutazione che serve, ma a determinate condizioni.
Abbiamo bisogno di coordinare di più la politica con la valutazione del sistema: servono
informazioni, ma sono da raccogliere soltanto dopo aver definito con chiarezza obiettivi e
finalità.
Ci sono dei nodi strutturali non risolti, che è giunto il momento di affrontare con chiarezza e
risoluzione, senza lasciare il campo alla rabbia: perché è chiaro che se il primo presidio dello
Stato è quello più indebolito, non possiamo attenderci che risposte date con rabbia.
Infine, l’autonomia: è una parola che ha un senso positivo se la si intende come
partecipazione, come contropotere, come governo democratico. Nel momento in cui è
“competizione”, come nell’idea di autonomia differenziata che non a caso prevede anche
degli interventi sul sistema di valutazione, allora è da respingere. E la FLC con la CGIL
continuerà a contrastare quest’idea disgregante ed anticostituzionale, che alimenta le
disuguaglianze e impoverisce tutti.

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Report 11 settembre snv

  • 1. Report seminario sul Sistema Nazionale di Valutazione – 11 settembre 2019 pag. 1 a 10 Secondo seminario sul “Sistema Nazionale di Valutazione” – report incontro 11 settembre 2019 Nell’introduzione ai lavori della giornata, Massimiliano De Conca ha ricordato che dal primo incontro seminariale del 2 luglio sono emerse alcune criticità che possiamo così riassumere per titoli - Il valore e la funzione delle prove INVALSI - Il rapporto fra l’esito delle prove INVALSI ed il decisore politico - La piena integrazione delle prove INVALSI all’interno del Sistema Nazionale di valutazione - L’importanza della valutazione come processo che deve partire dal basso con un coinvolgimento attivo delle componenti della scuola - L’importanza dei dati come punto di partenza per l’autovalutazione d’istituto In particolare è stato sottolineato lo scollamento che c’è fra quanto emerge dalla ricerca dell’INVALSI e le azioni messe in campo dal MIUR e dal governo, che tendono a fare dei dati uno strumento di pressione politica più che una guida per possibili azioni di miglioramento. Sono emerse quindi due direttrici: - lo snaturamento (operato dalla politica) dell’INVALSI e del Sistema Nazionale di Valutazione che, in un contesto neoliberista che ideologizza la cultura del merito a svantaggio di quella del miglioramento, rischia di essere utilizzato come strumento per la valutazione delle persone (in particolar modo dei dirigenti e dei docenti) e non del sistema, nonché come strumento di school choice, di orientamento dell’utenza; - il pericolo di un disegno di legge che consegna la delega al governo per accorpare alcuni enti fra cui l’INVALSI all’interno del MIUR stesso facendo perdere all’ente di ricerca la sua autonomia di ricerca (il testo è ancora incardinato nella discussione di un ramo del parlamento). È poi arrivato il report dell’INVALSI (10 luglio 2019) sull’esito delle prove somministrate nel 2018/19 con dati che non hanno purtroppo indicato nulla di nuovo (arretramento di alcune aree geografiche, abbassamento del livello medio, disomogeneità e disuguaglianza del sistema scolastico italiano), tuttavia hanno scatenato un lungo dibattito soprattutto fra non addetti ai lavori sul ruolo della Scuola. Il tutto in un altrettanto pericoloso contesto di discussione sull’autonomia differenziata (altro provvedimento che deve essere ancora discusso e che nei giorni di pre-crisi di governo era in agenda nella discussione del consiglio dei ministri). Ecco perché dobbiamo continuare ad interrogarci anche su alcune contraddizioni dell’attuale sistema di valutazione: - L’autonomia della valutazione dovrebbe essere rappresentata dalla totale autonomia dell’ente che valuta che non può essere un mero esecutore tecnico del decisore politico: in sostanza l’ente valutatore, che attualmente è un ente di ricerca, si interroga sui risultati che rileva? Nei fatti può farlo? All’interno di questa prospettiva si pone anche il problema che sussiste fra somministrazione
  • 2. Report seminario sul Sistema Nazionale di Valutazione – 11 settembre 2019 pag. 2 a 10 censuaria e somministrazione campionaria. Se l’INVALSI ha il solo compito di valutare il sistema allora potrebbe essere sufficiente una raccolta campionaria dei dati, il che non giustifica il dispiegamento delle prove secondo il modello censuario se non con l’idea che l’INVALSI certifichi anche le competenze degli alunni, il che va oltre il DPR 80/2013 che individua come finalità della valutazione quella del miglioramento delle scuole e non la valutazione individuale degli studenti che rimane completamente in capo agli insegnanti. - Agganciandoci a questo aspetto sarebbe utile una parentesi sul paradosso della certificazione: il 23 luglio erano a disposizione delle scuole le certificazioni delle competenze da poter scaricare dal sito Invalsi. Ma come può l’INVALSI, con quali competenze, definire gli standard di certificazione delle competenze? Su questo punto, che risiede nel D.Lgs 62/2017, abbiamo mosso fin dall’inizio parecchie critiche perché la valutazione degli alunni è una competenza specifica delle scuole che non è possibile trasmettere ad un altro ente, peraltro NON riconosciuto fra gli enti certificatori (penso ai livelli di conoscenza dell’inglese). Oltre alla confusione che si genera fra le famiglie e gli alunni. Inoltre nella certificazione delle competenze così come strutturata manca proprio una parte diagnostica propedeutica al riconoscimento dei gap da colmare. - Se poi l’INVALSI deve stare nel perimetro disegnato dalla legge, dunque valutare il sistema, allora è sufficiente una valutazione campionaria. - Ancora, alla luce del fatto che la compilazione dei Rapporti di AutoValutazione (RAV) nel quadro del Sistema Nazionale di Valutazione è triennale e non annuale, mentre si capisce la censuarietà della rilevazione non se ne capisce la scansione temporale annuale. Sono seguiti gli interventi dei tre invitati: Alberto Baccini, docente di economia dell’Università di Siena, che si è interessato del ruolo della valutazione negli enti pubblici, nell’università e quindi nella scuola, ed è uno dei fondatori del blog ROARS sul quale l’INVALSI e la Valutazione hanno una certa visibilità. Paolo Sestito, attualmente impiegato presso la Banca d’Italia come responsabile del nuovo Servizio Struttura economica, è stato anche commissario straordinario e presidente dell'INVALSI (2012-13). Anna Maria Ajello, docente di Psicologia dello sviluppo e dell’educazione dell’Università La Sapienza di Roma, attuale presidente dell’INVALSI, al suo secondo mandato. Sintesi dell’intervento di Alberto Baccini Per capire cosa è successo alla scuola italiana ed al cammino della “valutazione” è possibile partire da un recente libro di Roberta Calvano (Scuola e Costituzione, tra autonomie e mercato, Ediesse 2019). In estrema sintesi, l’istruzione da diritto/dovere costituzionale è stata trasformata in una “funzione”. Secondo Sabino Cassese («Plaidoyer» per un'autentica autonomia delle scuole, in Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE QUINTA: MONOGRAFIE E VARIETÀ (1990), pp. 147/148-153/154) «La scuola non serve allo stato, non ne è organo, né può essere organo
  • 3. Report seminario sul Sistema Nazionale di Valutazione – 11 settembre 2019 pag. 3 a 10 della regione, della provincia o del comune, ma serve a una funzione, quella dell’istruzione di cui è responsabile». Si è così realizzata una progressiva “destatalizzazione” della scuola, auspicata al fine di «spogliare l’apparato centrale dei compiti gestionali, attribuendogli funzioni di determinazione di ‘standards’ e di ‘guidelines’, e funzioni di valutazione e di ‘audit’» (Cassese 1990). Questo passaggio trova la sua origine nel clima culturale del new public management, ma sopravvive oggi con riferimento all’autonomia differenziata che vuole limitare lo Stato alla di definizione delle condizioni minime della funzione, i Livelli Essenziali di Prestazione (LEP). Nel passaggio da diritto a ‘funzione’ c’è la traiettoria del ragionamento degli economisti che hanno definito la struttura concettuale dentro la quale impostare le politiche dell’istruzione, non solo in Italia. Sostanzialmente le istituzioni si giudicano per la loro ‘efficienza’ e al massimo si può discutere, eventualmente e solo dopo, di equità. Per rendere la scuola efficiente ci sono due opzioni: • Opzione mercato: • Consiste nel dotare gli studenti della possibilità di scegliere, scuola, materie etc. e loro sceglieranno “con i piedi”; l’esempio estremo è quello del “buono scuola” (voucher scolastico) • Opzione pianificatore centrale (che in Gran Bretagna è ormai definito “stalinismo manageriale”): • Consiste appunto nel definire standard e guidelines; • E nello sviluppo di una valutazione centralizzata costituisce un «quasi- mercato». In questo quadro si inserisce la nascita dell’Invalsi, originariamente pensato forse soltanto per la valutazione di sistema, ma ben presto piegato alla valutazione individuale. Il documento chiave per capire gli sviluppi di INVALSI dalla sua nascita ad oggi è un documento prodotto da Daniele Checchi, Andrea Ichino e Giorgio Vittadini (4/12/2008) per l’allora ministro Maristella Gelmini: «Un sistema di misurazione degli apprendimenti per la valutazione delle scuole: finalità e aspetti metodologici». In quel documento sono auspicati tutti i passaggi poi realizzati concretamente e senza soluzione di continuità dai governi di centrodestra e centro sinistra. Come si si evince dalla lettura de I quaderni di Eurydice 2016, INVALSI è un unicum in ambito europeo. INVALSI valuta i • Livelli competenze studenti • Divari tra scuole Nord e Sud • Qualità delle scuole • Valore aggiunto • Qualità degli insegnanti • I risultati INVALSI entrano sempre più spesso negli obiettivi di performance dei dirigenti scolastici. L’obiettivo dichiarato nel documento di Checchi-Ichino-Vittadini e attuato progressivamente è negli anni successivi è la sostituzione degli insegnanti nei processi di valutazione. Gli insegnanti sono infatti inaffidabili e hanno interesse a barare (cheating). Valutatori esterni o addirittura “il computer” possono sostituirli. Nella presentazione del Rapporto Invalsi 2018 si sottolinea che la correzione automatica riduce il cheating, vale a dire i comportamenti opportunistici tenuti dagli insegnanti per poter avvantaggiare i propri studenti ed avere risultati migliori: «La legislazione più recente implicitamente sembra ammettere che la scuola non ha in sé gli strumenti per valutare il livello dei suoi discenti» (Calvano, 2019).
  • 4. Report seminario sul Sistema Nazionale di Valutazione – 11 settembre 2019 pag. 4 a 10 Il direttore di INVALSI ormai certifica le competenze degli studenti in uscita dalla scuola secondaria superiore, trasformando i risultati di prove standardizzate in descrizioni fini delle competenze del singolo studente. Ma chi corregge adesso le prove INVALSI? La presidente INVALSI scrive nella presentazione del rapporto 2018 che ormai le prove sono corrette in automatico. A commento di un articolo di Anna Angelucci su Roars dedicato al tema della valutazione automatica, Matteo Viale ha scritto: «Sono di parte perché ho collaborato con l’INVALSI e sui dati INVALSI ho fatto ricerca. Proprio per questo, ho avuto però modo di vedere dall’interno la macchina organizzativa dell’Istituto e posso testimoniare che le domande aperte a cui gli studenti rispondono a computer (CBT) sono corrette da persone in carne e ossa, tutte con almeno una laurea magistrale, attraverso un lavoro serrato ma certosino di codifica dei dati sulla base di griglie di correzione riviste e via via discusse e aggiornate per rappresentare correttamente le risposte corrette, tutto svolto con ritmi serrati e con il peso di una responsabilità che incombe. Nessuno spazio per l’automatismo, persino per le risposte aperte univoche, che vengono comunque vagliate “a mano”, una per una.» (16 aprile 2019). Chi dice la verità? La Presidente Ajello o Viale? In ogni caso, che sia il computer o un esercito di correttori, la valutazione e la certificazione delle competenze non compete più agli insegnanti. Siamo in attesa di qualche zelante ateneo che, seguendo l’auspicio di Ichino, decida di ammettere gli studenti ai propri corsi di studio sulla base della certificazione INVALSI. L’altra questione è: cosa misurano le prove INVALSI? In una recente intervista radiofonica la presidente Aiello ha usato l’infelice metafora del colesterolo nel sangue. Le prove INVALSI sono basate su un modello, il cosiddetto “valore aggiunto”. E misurano non certo grandezze osservabili in natura, ma qualcosa che è definito solo dentro quel modello. E c’è ormai ampia letteratura internazionale (basta dare un’occhiata ai post dedicati al tema su Roars) che ormai ha messo in discussione da doversi punti di vista proprio quel modello. Infine un accenno alla misurazione delle soft-skills e al progetto INVALSI-VIPS. Si resta perplessi di fronte ai tentativi di Invalsi si valutare empatia, grinta e auto-controllo, E si resta più che perplessi soprattutto per le sperimentazioni messe in atto per la Scuola dell’Infanzia. Una sperimentazione che stando ai comunicati ufficiali non è mai esistita. Ma di cui si trova traccia in pubblicazioni scientifiche che ne riferiscono i risultati. In conclusione: la riduzione della istruzione da diritto a funzione affidata ad un governo tecnocratico svincolato dal controllo parlamentare ha dato l’avvio alla creazione di una élite di tecnici e un indotto di dimensioni non trascurabili (illiberal reformers!) A questo si accompagna la trasformazione progressiva dei «cittadini in sudditi» (Calvano) Rientra in questo percorso anche il recente cambio di retorica: anziché mettere l’accento sul cheating che è stato il leitmotiv di anni di counicazione INVALSI, adesso di scopre “l’equità”. Secondo una parabola già vista all’opera altrove (Mueller, Tiranny of metrics). Non c’è spazio per aggiustamenti «fini» della struttura attuale. La valutazione va ripensata daccapo. Sintesi dell’intervento di Paolo Sestito È opportuno partire da alcune premesse: “ricchi e ignoranti” non è una strategia che l’Italia possa perseguire a lungo andare. Essere innovativi richiede di puntare su capitale umano: l’Italia ha invece pochi laureati (1/4 pop tra i giovani contro un 40% tra i competitors)
  • 5. Report seminario sul Sistema Nazionale di Valutazione – 11 settembre 2019 pag. 5 a 10 e livelli delle competenze funzionali degli studenti sono bassi (specie in matematica come certificato dai rilevamenti PISA). Come uscirne? Ovviamente non conta solo l’offerta di capitale umano e quel che succede nel sistema formativo, perché servono imprese che puntino su capitale umano e rendimenti dello stesso che fungano da stimolo alle famiglie. Occorre tuttavia agire sul lato dell’offerta e del sistema formativo. Vi è evidenza inoltre che la scuola funziona poco (divari competenze che peggiorano con il progredire del ciclo degli studi, tra Italia e resto del mondo e all’interno dell’Italia); agire sul sistema formativo richiede fondi, ma anche un investimento appropriato al fine di migliorare efficacia ed efficienza sistema scolastico Vi possono essere e vanno tenuti in conto i possibili trade-off (“contropartita, scambio”) tra efficienza ed equità del sistema formativo, ma i problemi di efficienza in Italia non sono in generale legati a una sua particolare equità: es. nel Mezzogiorno, dove è minore l’efficienza e minore è anche l’equità interna al sistema. L’efficacia del sistema scolastico è in larga parte legata all’efficacia degli insegnanti e dell’insegnamento (del resto questa è la maggior voce di spesa!). La valutazione non è forse quindi la questione centrale del rilancio del sistema scolastico, piuttosto al centro dovrebbe essere posta la figura dell’insegnante: - Sono oggi assenti meccanismi di selezione - Bisogna dedicare particolare cura alla carriera, motivazione e aggiornamento (formazione in itinere) - Bisogna dedicare particolare cura lavoro in team (nella singola scuola) In Italia si è fatta in questi anni una gran confusione sulla valutazione nella PA. Occorre distinguere tra accountability politica e valutazione (anche e soprattutto comparativa) dell’operato delle strutture (e dei loro dipendenti, in primis in realtà dei loro dirigenti): - i sistemi di valutazione affidati a soggetti terzi (ANVUR, Invalsi) possono aiutare a render trasparenti e informare l’accountability politica, ma non possono sostituirsi al giudizio “politico” (in ultima istanza degli elettori) sul funzionamento del sistema e su chi di esso ha la responsabilità ultima; per tale motivo sarebbe utile porre l’INVALSI ad esempio sotto la vigilanza del Parlamento; - le singole strutture sono invece in linea di principio comparabili nella misura in cui svolgano la stessa attività di servizio: cosa di tali valutazioni sulle strutture poi si faccia dipende poi dall’organizzazione interna dello specifico settore della PA. La valutazione dovrebbe quindi esser congruente con quegli assetti e non metterli in crisi. La valutazione nel sistema formativo va quindi declinata alla luce di queste premesse, sull’importanza del capitale umano e sulla valutazione nella PA: essa deve servire a innalzare efficacia ed efficienza sistema, pertanto si può articolare in i. valutazione del sistema (anche nel cfr. internazionale) e dei suoi andamenti nel tempo, rendendo la questione saliente nell’opinione pubblica e nel dibattito di policy ii. valutazione (idealmente in modo sperimentale) delle prassi e delle politiche specifiche (ad es. il tempo pieno o una particolare modalità di organizzazione della didattica) come supporto alla ricerca e alla sperimentazione didattica (basata sui fatti [sui numeri!] anziché su apriori teorici)
  • 6. Report seminario sul Sistema Nazionale di Valutazione – 11 settembre 2019 pag. 6 a 10 iii. valutazione delle strutture, per identificare punti di forza e di debolezza e intervenire di conseguenza Resta però da definire quali sono i risultati d’una struttura formativa? - l’evoluzione (da cui l’enfasi sul valore aggiunto) degli apprendimenti (in senso lato) dei propri alunni, come focalizzazione sui risultati netti e non grezzi, che dipendono anche e soprattutto dalla qualità degli alunni e del contesto su cui opera una istituzione formativa - le attività di ricerca (nel caso delle Università) Serve una visione ampia degli apprendimenti, da non intendere unicamente come focus disciplinare e nozionistico (a differenza della valutazione condotta dal singolo insegnante per verificare quanti abbiano acquisito uno specifico set di nozioni magari da poco trasmesse), ma come monitoraggio delle competenze più che delle conoscenze, in contrasto con il teaching-to-the-test. Molto ancora si può e si deve fare, ma in 10 anni Invalsi ha fatto passi da gigante (da ultimo con delivery su pc e test parzialmente adattivi): oggi infatti si raccolgono informazioni diverse dagli apprendimenti (es. presenza episodi bullismo), ma sarebbe utile ampliare ulteriormente il quadro su aspetti che informino sul “benessere” (anche e soprattutto prospettico) degli alunni, ad es. in termini di loro maturità emotiva e civismo. Con la valutazione si deve valorizzare e non sminuire il lavoro degli insegnanti e in particolare si deve valorizzare, o quanto meno non disincentivare, il loro lavoro in quanto team e non immaginare un “grande fratello” che valuti i singoli insegnanti, tra l’altro follemente bypassando la soft information disponibile solo a livello locale. In primis si possono valutare perciò le strutture e i loro dirigenti (a cui però dare maggiori strumenti per esercitare un potere direttivo!), ma non i singoli insegnanti anche se nel farlo si può e si deve aiutare l’equità interna al sistema: - valutare le strutture e le condizioni del loro contesto per individuare “failing schools” da rilanciare (riorganizzandole) e contesti deboli (da supportare con maggiori risorse) - evitare o quantomeno limitare una competizione tra scuole nell’accaparrarsi iscritti in base alla pubblicizzazione dei risultati (specie se si tratta di risultati “grezzi”, guidati dalla “qualità” degli alunni che vi iscrivono), come inavvertitamente alle volte fatto con alcuni dei dati pubblicati su “scuola in chiaro” - guardare non solo a risultati medi delle singole strutture, ma anche all’equità interna alla scuola Sintesi dell’intervento di Anna Maria Ajello Non si può iniziare una discussione sull’Invalsi senza ricordarne la cornice normativa nella quale è stato concepito, che è quella definita dal DLgs 286/2004 e della L. 1/2007 che conferiscono all’Invalsi la predisposizione di prove per «verifiche periodiche e sistematiche sulle conoscenze e abilità degli studenti e sulla qualità complessiva dell'offerta formativa delle istituzioni di istruzione e di istruzione e formazione professionale (…)» e per la «predisposizione di modelli da porre a disposizione delle autonomie scolastiche ai fini della elaborazione della terza prova. L'Istituto provvede, altresì, alla valutazione dei livelli di apprendimento degli studenti a conclusione dei percorsi dell'istruzione secondaria superiore, utilizzando le prove scritte degli esami di Stato secondo criteri e modalità coerenti con quelli applicati a livello internazionale per garantirne la comparabilità». Questo significa che l’Invalsi NON ha mai avuto nessuna investitura per la valutazione degli insegnanti o comunque del personale se non quella dei dirigenti scolastici, per i quali ha
  • 7. Report seminario sul Sistema Nazionale di Valutazione – 11 settembre 2019 pag. 7 a 10 avuto il compito di individuare degli “indicatori” per poterne valutare le prestazioni professionali da parte degli Uffici Scolastici Regionali. La natura poi dell’azione di ricerca dell’Invalsi -che ha il compito di raccogliere e rielaborare dati per il decisore politico- è definita più recentemente dal DPR 80/2013 e dal D.Lgs 62/2017, il primo definisce il Sistema Nazionale di Valutazione di cui l’Invalsi è sola una delle tre gambe, il secondo accorda all’Invalsi anche la funzione di disporre prove censuarie di Italiano, Matematica ed Inglese nei vari gradi scolastici. Nel D.Lgs 62/2017 inoltre nel riformare l’Esame di Stato chiarisce che l’esito delle prove Invalsi rientra, sotto forma di certificazione dei livelli di apprendimento, in una apposita sezione del curriculum dello studente. Il lavoro sui livelli di apprendimento, definiti sia in forma sintetica sia in forma più analitica, è basato sulla lettura delle Indicazioni nazionali, dunque in un quadro di riferimento ben noto. Inoltre, come si può notare dall’analisi attenta delle prove e dalla spiegazione degli item, l’Invalsi fornisce una serie di dati e di informazioni -in forma chiara e trasparente- ai docenti ed alle scuole perché possano essere compresi gli ambiti, gli scopi, i processi sottesi ad ogni singolo esercizio. Questo permette di riflettere sulle diverse concezioni di valutazione che sono in gioco: le prove si configurano come accertamento e controllo di acquisizione di competenze che sono prerequisiti per l’esercizio dei diritti di cittadinanza. Diverso invece è lo scopo del format del RAV (rapporto di autovalutazione), quello cioè di indurre alla riflessività a partire dalla quotidianità secondo un modello collaborativo che vede interagire i docenti come gruppo professionale. Nel SNV hanno un particolare significato le visite esterne alle scuole, gestite da team esperti (che non sono dipendenti dell’Invalsi o ricercatori dell’Invalsi, ma sono persone appartenenti al mondo della scuola formate dall’Invalsi), perché in un modello di relazione simmetrica riescono a instaurare un rapporto di dialogo professionale di pari dignità fra valutatori e personale della scuola valutata. Restano ad oggi dei problemi da risolvere che sono legati alle articolazioni delle concezioni della valutazione, all’impegno in tempo e risorse e soprattutto alla stabilità dei finanziamenti, quest’ultima fondamentale per una vera autonomia dell’ente di ricerca. In chiusura, per rispondere all’ultimo dei problemi posti dal prof. Baccini nel suo intervento, si chiarisce che l’Invalsi ha partecipato sulla base di una richiesta del MIUR (l’adesione alle ricerche internazionali è infatti una scelta politica del Ministero) ad una sperimentazione sul monitoraggio delle soft-skills della Scuola dell’Infanzia, ma dopo una prima collaborazione in accordo con il MIUR si è sospesa ogni ricerca in quella direzione. Al termine delle tre relazioni sono seguiti 11 interventi che hanno fatto emergere queste tematiche: - l’INVALSI oggi è sotto la vigilanza del Dipartimento della Ricerca e non più sotto gli Ordinamenti, seppur la vigilanza viene effettuata in stretto coordinamento con gli Ordinamenti stessi e in particolare con l’Ufficio IX ossia l’Ufficio preposto al Sistema Nazionale di Valutazione presso il MIUR. Sarebbe utile comprendere in che modo questa relazione viene stabilita dato che, nei fatti, all’interno del DPR 80 /2013 (il Regolamento SNV), nessuna governance è prevista per il MIUR nell’attuazione del SNV e nel suo coordinamento. In concreto però la piattaforma RAV è completamente gestita dal MIUR e ci sono interventi diretti del MIUR anche sulla valutazione delle scuole;
  • 8. Report seminario sul Sistema Nazionale di Valutazione – 11 settembre 2019 pag. 8 a 10 - le prove INVALSI, pur migliorate nella procedura della somministrazione delle prove, senza interventi politici consequenziali ai dati raccolti risultano uno strumento divisivo (pericoloso in un contesto in cui si parla di “autonomia differenziata”); - cheating: esistono ancora sospetti che molte prove siano pilotate e addirittura corrette dall’Invalsi stesso; - è stato sottolineato il paradosso della certificazione: se davvero la certificazione del singolo studente fosse il nostro obiettivo non potremmo scaricare sullo studente nella sua fase finale del percorso i fallimenti eventuali e presunti di un intero sistema. E questo non è un problema di scelte politiche ma anche di prospettive della valutazione messe in campo. Nei Paesi dove esiste la certificazione, questa è anticipata da un sistema diagnostico di prove tale per cui lo studente e la scuola si impegnano in un percorso che permetta, entro la fine del ciclo, il recupero del GAP. - Se davvero volessimo certificare, sarebbe necessario ad esempio fare prove censuarie all’inizio della seconda secondaria di II grado e concentrare all’ultimo anno la possibilità del recupero delle competenze e garantire a tutti gli studenti almeno il livello adeguato delle competenze da certificare, che dunque necessariamente dovrebbero essere raggiunte da tutti gli studenti; - l’uso strumentale dei dati delle scuole porta ad una cultura tipicamente liberale della valutazione come strumento per creare graduatorie e distribuire premi - appare pericoloso portare avanti la valutazione dei Dirigenti Scolastici perché a quel punto bisognerebbe dare ai DS pieni poteri di gestione e di reclutamento, ma verrebbe meno la collegialità e ci si trasferirebbe su paradigmi scolastici di tipo anglosassone che però sono falliti - per questo bisogna chiarire il rapporto che c’è fra una valutazione standard e l’autonomia delle scuole; - risulta anche fuori contesto un progetto come INVALSI-VIPS che coinvolga il settore della scuola dell’Infanzia anche attraverso questionari ai genitori; - appare positiva invece una valutazione di tipo narrativo, conversativo, che permetta relazioni simmetriche: restano dei dubbi sul NEV (Nucleo Esterno di Valutazione), sulla sua formazione e sul ruolo dell’Invalsi; - appare positiva l’esperienza del RAV che permette alle scuole di fare una auto-analisi diagnostica: restano degli elementi di burocrazia che stressano i tempi e soprattutto un uso improprio del documento quando pubblicato in Scuola in Chiaro perché porta alla school choice; - la valorizzazione della carriera del personale scolastico deve avvenire attraverso il contratto. repliche dei relatori Anna Maria Ajello: 1- non è fondata l’accusa che l’Invalsi modifichi il risultato delle prove: non c’è nessun ritocco, nessun intervento; 2- l’Invalsi sta conducendo la sperimentazione sul RAV infanzia, dopo averne messo a punto il Format con la collaborazione di una commissione di esperti; sottolinea pure che, contrariamente a quanto affermato, non è stato somministrato il questionario ai genitori; 3- sui NEV l’Invalsi segue quanto previsto dalla normativa vigente, ovvero si occupa solo della formazione dei componenti del nucleo che peraltro fra i requisiti di selezione NON devono aver mai collaborato con Invalsi stessa;
  • 9. Report seminario sul Sistema Nazionale di Valutazione – 11 settembre 2019 pag. 9 a 10 4- la raccolta censuaria dei dati è utile per avere un quadro complessivo di tutte le scuole, è anzi una richiesta che perviene dalle scuole stesse; 5- È necessaria un’etica della valutazione: l’Invalsi lavora in un quadro normativo preciso ed esclusivamente su argomenti e materie che sono già prescritti, dunque tutti gli item sono calibrati su ciò che la scuola deve fare, non su scelte arbitrarie dell’Invalsi; 6- la scuola che vogliamo è scritta nel Format del RAV che tutte le scuole redigono. Paolo Sestito 1. Un sistema di valutazione inevitabilmente deve basarsi su una sottostante “idea” di scuola (cosa dovrebbe cercare di fare la scuola): a. di valutazione si è parlato in parallelo all’autonomia delle istituzioni scolastiche: autonomia e valutazione come suo pendant e forma di decentramento bilanciato e controllato b. gli apprendimenti (in senso non nozionistico) sono centrali e la scuola non è solo un’agenzia di socializzazione: la scuola forma i futuri cittadini, che devono però essere (per il loro bene individuale e per il bene della società nel suo complesso) il più possibile competenti 2. aspetti tecnici. a. il cheating veniva corretto statisticamente (prima dell’uso del pc che lo ha reso pressoché irrilevante) individuando le classi “anomale” nel senso di avere una distribuzione di risultati (non solo un dato medio) anomalo rispetto al quadro prevedibile sulla base di un sottocampione ove le rilevazioni erano controllate da un osservatore esterno b. i test Invalsi non si prestano più di tanto al teaching to the test; nella misura in cui hanno una capacità di “indirizzare” la didattica lo fanno a favore di elementi che, pur presenti nelle indicazioni nazionali, erano di fatto trascurati (ad es. concetti probabilistici) c. i risultati nei test Invalsi sono fortemente correlati, nella singola classe, con l’ordinamento dei voti espressi dagli insegnanti 3. io sono fortemente a favore del fatto che le rilevazioni Invalsi sugli apprendimenti siano censuarie (solo così si può innescare la pluralità di cose previste dal SNV: stimolo all’autovalutazione in tutte le scuole; identificazione scuole in difficoltà etc) e annuali (solo così si possono costruire dati sull’evoluzione nel tempo dei singoli alunni, poi aggregabili a livello di scuola) 4. l’Invalsi (e le rilevazioni che esso conduce) sono istituzionalmente ancora deboli. Può esser vero che le rilevazioni così come oggi delineate sono state sinora poco utili (o per meglio dire, sarebbero potute esser state utilizzate molto di più per indirizzare un’azione di riforma e rilancio del sistema scolastico) ed è anche vero che le rilevazioni sono potenzialmente pericolose (se ad es. le si buttasse in pasto in meccanismi di marketing delle singole scuole basati su dati grezzi etc), ma oggi non si tratta di disegnare ab origine un sistema idealmente perfetto. Il punto è se sia meglio buttar tutto a mare (solleticando i cloni degli anti-vax che teorizzano che niente è misurabile e roba simile) o irrobustire l’Invalsi (chiarendone l’autonomia, rendendolo responsabile di fronte al parlamento più che al MIUR), completare il SNV con i pezzi mancanti (in primis un servizio ispettivo e previsioni di fondi aggiuntivi per le scuole in condizioni “difficili” ) e ragionare sul sistema scolastico più in generale anche sulla base delle tante info che i dati Invalsi consentono di avere.
  • 10. Report seminario sul Sistema Nazionale di Valutazione – 11 settembre 2019 pag. 10 a 10 Alberto Baccini: 1- la Scuola come funzione: oggi purtroppo si discute di scuola con l’impostazione degli economisti dell’educazione, per i quali la valutazione è un tema centrale 2- è interessante notare sul tema della valutazione una spaventosa continuità fra le politiche di governi di centrodestra e governi di centrosinistra. Nessun complotto. Un semplice dato di fatto che mostra l’incapacità della sinistra di elaborare una linea diversa da quella efficientista dello stalinismo manageriale 3- sul tema censuario/campionario si gioca il futuro di Invalsi: per la valutazione del sistema è non solo sufficiente, ma anche preferibile un modello di tipo campionario. Diverso il discorso se invece si vuole portare avanti una politica di valutazione per la premialità e soprattutto se si vogliono eliminare gli insegnanti dai processi di valutazione. Conclusioni di Francesco Sinopoli La FLC CGIL ha scelto un percorso di studio e riflessione interna per costruire una proposta di documento sulla Valutazione da sottoporre agli organismi statutari e da far vivere all’interno della discussione delle scuole. La valutazione è un tema importante sul quale abbiamo bisogno di aggiornare la nostra posizione, partendo anche da quello che è successo anche in altri Paesi dove il sistema della valutazione delle scuole è stato a lungo sperimentato, ma ha anche fallito nella sua versione più classificatoria: vedi gli Stati Uniti, vedi la Gran Bretagna, dove lo stesso John Major nel commentare sul The Guardian la débâcle del sistema scolastico inglese ne denunciava anche la natura classista. Del resto dal 1990 si riconosceva che non era intervenuto nessun miglioramento, anzi socialmente c’era stata una regressione, proprio perché si è affermato un modello che favorisce la school choice , che ha preso piede anche in Italia con Eduscopio. La scuola italiana è sempre più di classe: i dati non hanno permesso l’inversione di tendenza che noi auspicavamo verso una scuola più laica e inclusiva. Se pure in presenza di dati il decisore politico non agisce, allora il Sistema Nazionale di Valutazione non ha senso, anzi è dannoso perché non ci sono riscontri positivi nella politica e viene semplicemente alimentato un sistema classificatorio e competitivo che non serve al miglioramento. Tanto vale smantellarlo. Dalla L.107 in poi si è sentito il bisogno di piegare surrettiziamente gli strumenti forniti dall’INVALSI per portare nelle scuole un modello competitivo: ma noi abbiamo bisogno di una scuola che contrati le disuguaglianze, non di un sistema che si limiti a fotografare senza intervenire. Negli ultimi 30 anni non ci sono state riforme vere del sistema scolastico: come sta avvenendo in Inghilterra, è giunto il momento di una discussione politica sulla scuola e quindi sul sistema nazionale di valutazione che serve, ma a determinate condizioni. Abbiamo bisogno di coordinare di più la politica con la valutazione del sistema: servono informazioni, ma sono da raccogliere soltanto dopo aver definito con chiarezza obiettivi e finalità. Ci sono dei nodi strutturali non risolti, che è giunto il momento di affrontare con chiarezza e risoluzione, senza lasciare il campo alla rabbia: perché è chiaro che se il primo presidio dello Stato è quello più indebolito, non possiamo attenderci che risposte date con rabbia. Infine, l’autonomia: è una parola che ha un senso positivo se la si intende come partecipazione, come contropotere, come governo democratico. Nel momento in cui è “competizione”, come nell’idea di autonomia differenziata che non a caso prevede anche degli interventi sul sistema di valutazione, allora è da respingere. E la FLC con la CGIL continuerà a contrastare quest’idea disgregante ed anticostituzionale, che alimenta le disuguaglianze e impoverisce tutti.