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Agrippina: l’impossibilità di
     essere normale             2
Agrippina nella dinastia Giulio-Claudia




                                          3
Agrippina, la nascita fuori da Roma




                                                                         Giulia Agrippina, di
Germanico, padre                                                         cui la figlia portava il
di Agrippina,                                                            nome, nipote di
avrebbe dovuto                                                           Augusto, fu una
succedere a Tiberio                                                      presenza poco
per volontà di                                                           gradita a Tiberio fino
Augusto, ma morì                                                         a che rimase in vita
avvelenato in                                                            (morì nel 33 d.C.)
Oriente in
                       Agrippina minor nacque nei territori germanici
circostanze poco      dove il padre era impegnato militarmente, nel 15
chiare (19 d.C.)        d.C. La sua città natale di Oppidum Ubiorum,
                       odierna Colonia, prese poi nome da lei: Colonia
                                                                                             4
                                        Agrippinensium
Una vita indirizzata e condizionata dalla politica

           L’albero    genealogico      di
           Agrippina non lascia dubbi sul
           fatto che la sua vita dovesse
           essere       indirizzata     e
           condizionata dalla politica.
           Il bisnonno materno fu
           Ottaviano Augusto,
           quello paterno fu Marco
           Antonio



                                                 5
Agrippina e gli imperatori della dinastia Giulio - Claudia
             Tiberio, secondo
                                            Claudio, fratello di
             imperatore della
                                            Germanico, zio di
             dinastia Giulio-
                                            Agrippina,
             Claudia, costrinse
                                            imperatore fra il 41 e
             Agrippina a
                                            il 54d.C., sposò
             sposare, ancora
                                            Agrippina in quarte
             adolescente,
                                            nozze nel 49 e
             Gneo Domizio
                                            adottò il figlio di lei,
             Enobarbo (padre di
                                            Nerone, aprendogli
             Nerone)
                                            la strada al potere
              Gaio Claudio Caligola,        imperiale
              fratello di Agrippina,
              e imperatore dal 37               Nerone, figlio di
              al 41, esiliò le sorelle          Agrippina e Domizio
              Agrippina e Giulia                Enobarbo, fu spinto
              Livilla nell’isola di             al potere dalla madre
              Ventotene,                        e fu imperatore dal
              sospettandole di                  54 al 68 d.C.. Fece
              complottare contro di             uccidere la madre
              lui (39 d.C.)                     nel
                                                59 d.C.          6
Agrippina, unicum ad hunc diem exemplum: sorella,
           nipote, moglie e madre di imperatori

           Agrippina nella famiglia Giulio-Claudia
           rappresentò una presenza eccezionale, che
           colpì Tacito a decenni di distanza
           [femina] quam imperatore genitam,
           sororem eius qui rerum potitus sit et
Cornelio
           coniugem et matrem fuisse, unicum ad hunc
Tacito     diem exemplum est, «donna che figlia di un
           generale (Germanico), sorella di colui che si
           impadronì del potere assoluto (Caligola),
           moglie e madre di imperatori (Claudio e
           Nerone) fu un caso unico fino a quel
           momento» [Annales, 12, 42, 2]                   7
Una dinastia (quasi ) matrilineare
Augusto non ebbe eredi diretti di sesso maschile

A partire dalla figlia Giulia, nonna di Agrippina, che fu sposata
prima a Agrippa, poi a Tiberio, le donne della gens Iulia
diventarono decisive per mantenere l’auctoritas imperiale di
Augusto nella dinastia imperiale da lui fondata, attraverso i
matrimoni politici che le coinvolgono

«Le varie principesse imperiali hanno un vero e proprio ruolo
politico,volto via via a assicurare una maggiore percentuale di
sangue augusteo nelle vene del pretendente di turno, in un crudele
gioco al massacro che prevede l’eliminazione fisica del perdente»
(Francesca Cenerini)

                                                              8
Agrippina come la dea Fortuna
Agrippina rimase apparentemente in secondo piano nella vita
politica romana fino al 47 d.C., a parte il periodo di Caligola.
Caligola volle che le sue tre sorelle, Drusilla, Giulia Livilla e
Agrippina, ricevessero gli stessi onori delle vestali e nei giochi
avessero i posti migliori
In un sestertius di bronzo del 37-38 le tre donne furono le prime
ritratte e identificate quando erano ancora vive su una moneta di
conio imperiale

                                                   Agrippina
                                                   rappresenta la
                                                   Fortuna
                                                   (Drusilla era la
                                                   Securitas, Livilla
                                                   la Concordia)
                                                                    9
La disgrazia di Messalina, le manovre di
                        Agrippina
                       Dal 47, Agrippina, dopo l’esilio comminatogli
                       dal fratello e un secondo matrimonio con
                       Passieno Crispo, tornò sulla scena pubblica
                       romana durante i Giochi Secolari, in cui sfilò a
                       cavallo anche suo figlio Nerone, che fu salutato
                       dalla folla con grande calore, superiore a quello
                       riservato a Britannico, figlio dell’imperatore
                       Claudio e di Messalina

Valeria Messalina fu   Messalina fu eliminata dal consorte nel 48,
condannata dal         dopo avere suscitato scandalo per una serie di
Senato alla            tradimenti e stravizi sessuali noti a tutta Roma
damnatio
memoriae
                       Agrippina cominciò la tessitura per diventare
                       imperatrice
                                                                    10
Un matrimonio scandalosamente utile
Dopo avere ottenuto l’importante sostegno del liberto
Pallante, Agrippina diventò moglie di Claudio nel 49
Era vedova, nobile, ricca e bella
L’ostacolo principale al matrimonio era il rischio di
incesto, visto che Claudio era zio di Agrippina, e la
legge romana proibiva l’unione tra consanguinei
Il matrimonio sembrò politicamente opportuno
perché avrebbe permesso di unire i due rami della
dinastia, la gens Iulia e quella Claudia
Il Senato, in base a queste considerazioni, decise la
deroga alle secolari leggi romane e permise il
matrimonio, avvenuto a tre mesi dalla morte di
Messalina                                            11
Agrippina, Augusta nel 50 d.C.


                                             In questo aureus
                                             Del 50-51 d.C.,
                                             sono raffigurati
                                             Claudio e
                                             Agrippina, lei
                                             porta già il titolo
                                             di Augusta



Agrippina fu insignita del titolo di Augusta: fu la prima
donna a ricevere questo titolo mentre era ancora
regnante e viva, nel 50 d.C.
(Livia ottenne il titolo quando era vedova di Augusto,
Antonia, sotto Claudio, quando era ormai defunta)
                                                              12
Agrippina e Claudio, Claudio e Agrippina


                                       La “Gemma Claudia” (conservata a
                                       Vienna) presenta a sinistra Claudio e
                                       Agrippina e sulla destra Germanico
                                       (fratello di lui e padre di lei) e
                                       Agrippina (madre di lei e cognata di
                                       lui)



Le raffigurazioni di Agrippina con Claudio significavano per la
propaganda imperiale che il regime attraverso il matrimonio di Claudio e
Agrippina si stava rinnovando
“D’altra parte, esaltare in questo modo Agrippina poteva rappresentare
un rischio, poiché sul piano visivo l’imperatrice risultava collocata allo
stesso livello dell’imperatore” (A. Freisenbruch)                    13
Un potere femminile ?
Versa ex eo civitas et cuncta feminae oboediebant, non per
lasciviam, ut Messalina, rebus Romanis inludenti. adductum et
quasi virile servitium: palam severitas ac saepius superbia; nihil
domi impudicum, nisi dominationi expediret. cupido auri
immensa obtentum habebat, quasi subsidium regno pararetur.
«Da quel momento nell’ordine politico vi fu un sovvertimento e
tutto obbediva a una donna, che tuttavia non si prendeva gioco
degli interessi di Roma, come aveva fatto Messalina. Era una
tirannia rigida esercitata da una mano quasi virile;
all’austerità, non disgiunta per lo più da superbia, della vita
pubblica corrispondeva il rifiuto di ogni dissolutezza dentro casa
a meno che fosse utile al desiderio di potere assoluto.
(Agrippina) aveva un’immenso desiderio di ricchezza, che era
giustificata col fornire di mezzi lo Stato» (Tacito, Annales, 12, 7, 3)

                                                                     14
Un progetto politico femminile
Nel 51, l’inaugurazione di un arco trionfale per celebrare la vittoria
di Claudio in Britannia mise in evidenza come sulla scena pubblica
l’imperatore e l’imperatrice fossero sullo stesso piano. Il capo
britannico Carataco, lo sconfitto, fu condotto in catene insieme alla
sua famiglia a chiedere clemenza a Claudio e Agrippina, un evento
mai visto prima,

novum sane et moribus veterum insolitum, feminam signis Romanis
praesidere: ipsa semet parti a maioribus suis imperii sociam
ferebat, «fatto strano e insolito rispetto ai costumi degli antichi, che
una donna si sedesse davanti alle insegne romane: ma lei in persona
si considerava parte dell’impero fondato dai suoi antenati»
(Tacito, Annales, 12, 37, 4)



                                                                     15
L’impero,affare di famiglia in chiave matrilineare
                               Agrippina voleva presentare Nerone
                               come erede diretto di Augusto, sulla
            Augusto
                               base del sangue materno, attraverso
                               una discendenza solo femminile:
                               da Augusto a Nerone vi sono Giulia,
                               Agrippina maior e Agrippina minor

Giulia                         L’impero era, nella visione di
                               Agrippina, cosa di famiglia, la gens
                               Iulia, visto che era stato fondato dal
                               suo bisnonno Ottaviano Augusto
   Agrippina maior




             Agrippina minor
                                                                  16
                                      Nerone
Lucio Domizio Enobarbo diventa Nerone
Il progetto politico di Agrippina passava attraverso il
figlio e la prima tappa importante fu l’adozione di Lucio
Domizio Enobarbo da parte di Claudio. Il ragazzino
cambiò nome in Nerone Claudio Druso Germanico
Cesare, in modo da diventare parte dei Giulio-Claudi
anche a livello nomenclatorio
Agrippina voleva scalzare dalla successione al trono
imperiale Britannico, figlio di Claudio e Messalina
Affidò l’educazione del figlio a Seneca, il filosofo che era
stato esiliato in Corsica per adulterio con la sorella di lei,
Giulia Livilla e che fu “perdonato” da Claudio; e a
Afranio Burro, ex amministratore delle proprietà di
Livia, nominato prefetto del pretorio                       17
Nomen omen: Colonia Augusta Agrippiniensis
Agrippina quo vim suam sociis quoque nationibus ostentaret in
oppidum Vbiorum, in quo genita erat, veteranos coloniamque
deduci impetrat, cui nomen inditum e vocabulo ipsius. ac forte
acciderat ut eam gentem Rhenum transgressam avus Agrippa
in fidem acciperet. «Agrippina, per mostrare chiaramente la sua
potenza anche di fronte agli alleati, ottenne che fosse fondata
nella città degli Ubi, dove era nata, una colonia di veterani che
prese nome da lei. Si dava poi la coincidenza che gli Ubi, dopo
aver passato il Reno, erano stati accolti da Agrippa, nonno di
lei». (Tacito, Annales, 12, 27) La colonia si chiamò Colonia Claudia
Augusta Ara Agrippinensis e gli abitanti di essa si definivano
Agrippinenses. Inoltre l’imperatrice volle che le insegne della
città fossero piantate a capo del ponte sul fiume Reno dove sua
madre Agrippina, con lei in braccio, aveva fermato i legionari in
fuga, salvando così dal saccheggio quel centro degli Ubi dal
saccheggio e dalla devastazione.                                     18
L’onore del carpentum



                                                       Sesterzio con Agrippina
                                                       maior sul recto e il
                                                       carpentum sul verso

• suum quoque fastigium Agrippina extollere altius: carpento Capitolium
  ingredi, qui honos sacerdotibus et sacris antiquitus concessus
  venerationem augebat feminae, «Agrippina volle ancora di più elevare la
  propria dignità:entrava in campidoglio sul carpento. Quell’onore era stato
  concesso fin dall’antichità ai sacerdoti e alle immagini degli dei, e ora
  accresceva la venerazione verso una donna» (Tacito, Annales, 12, 42) Il
  carpento era un carro coperto che poteva portare due o tre persone. La
  madre defunta di Agrippina era stata omaggiata su una moneta con la
  raffigurazione di questo carro. Inoltre Claudio accettò che i sacerdoti
  omaggiassero la moglie in Campidoglio, onore mai ricevuto prima da
  nessuna imperatrice
                                                                               19
I commentarii di Agrippina

                     Un’autobiografia politica ?

Agrippina aveva in mente un preciso progetto di egemonia politica: è
testimoniato dal fatto che scrisse una specie di autobiografia, fatto
inconsueto per una donna. Questa opera, intitolata probabilmente
Commentarii fu composta dall’imperatrice per dare forza alla sua
posizione a corte e sostenere l’ascesa al trono del figlio Nerone.
fu usata come fonte da Plinio il Vecchio, Cassio Dione e Tacito.
id ego, a scriptoribus annalium non traditum, repperi in commentariis
Agrippinae filiae quae Neronis principis mater vitam suam et casus
suorum posteris memoravit. «Queste notizie, che gli annalisti non
tramandarono, io ho trovato nei commentari della figlia di Agrippina,
madre dell’imperatore Nerone, che narrò ai posteri la storia della sua
vita e delle vicende dei suoi» [Tacito, Annales 4.53.2]

                                                                 20
La costruzione del potere
• I delitti che vengono attribuiti a Agrippina sono
  diversi, e tutti motivati dalla volontà di non avere
  opposizioni sulla strada del potere.
• Due esempi sono Lollia Paolina e Domizia Lepida
• Lollia Paolina, rivale dell’Augusta al tempo della
  scelta di una moglie per Claudio, fu costretta al
  suicidio dopo essere stata esiliata
• Domizia Lepida, che aveva fatto da tutrice a
  Nerone durante l’esilio della madre e che era lolto
  legata al ragazzo, fu condannata a morte con
  l’accusa di avere lanciato il malocchio contro
  l’imperatrice
                                                    21
La morte di Claudio
• Tutte le fonti sostengono che il delitto
  supremo fu l’omicidio di Claudio, ucciso a
  seguito di una cena a base di funghi, che
  erano stati avvelenati
• La situazione somigliava fortemente a quella
  che si verificò con la morte di Augusto,
  quaranta anni prima
• Il decesso di Claudio fu annunciato solo dopo
  che Nerone aveva ricevuto il sostegno
  dell’esercito e del senato

                                                  22
Una madre incorona il figlio
        Questo pannello fu ritrovato a Afrodisia,in
        Asia Minore, nel 1979.
        Agrippina è a destra di Nerone e gli
        poggia una corona sulla testa
        L’Augusta è raffigurata come Demetra, la
        dea del raccolto, e sul braccio porta una
        cornucopia che è piena di melograni,
        mele e grappoli d’uva
        Nerone indossa vesti militari e guarda
        lontano
        SI tratta della prima immagine giunta fino
        a noi in cui un membro di una dinastia
        romana ne incoroni un altro, e particolare
        è il fatto che sia una madre a incoronare il
        figlio.
                                                23
Agrippina e Nerone sullo stesso piano




La moneta d’oro coniata nel 54 raffigura Agrippina (a destra) e
Nerone che si fronteggiano di profilo contornati dalla scritta
Agripp[ina] Aug[usta] divi Claud[ii] Neronis Caes[aris] mater
Il nome di Agrippina ha la precedenza su quello del figlio, e la
posa di questo ritratto pone madre e figlio sullo stesso piano.
                                                              24
Nerone vincolato alla madre
• Il vincolo di Nerone con Agrippina era molto forte, almeno nei
  primi tempi del potere di lui come narra Tacito mettendo in
  evidenza due particolari, uno relativo a una parola d’ordine
  “speciale”, l’altra agli onori riservati a Agrippina
  propalam         tamen        omnes        in     eam        honores
  cumulabantursignumque more militiae petenti tribuno dedit
  optimae matris. decreti et a senatu duo lictores, flamonium
  Claudiale, simul Claudio censorium funus et mox consecratio.
  «Tuttavia, sul piano formale, tutti gli onori erano diretti alla
  persona di Agrippina; e Nerone, a un tribuno che gli chiedeva,
  secondo il regolamento, la parola d'ordine, rispose: «La
  migliore delle madri». Il senato le assegnò due littori e la
  carica di sacerdotessa del divo Claudio, e a questi pubbliche
  onoranze funebri e, più tardi, l'apoteosi.» [Tacito, Annales, 13, 2]
                                                                     25
Agrippina senatore “occulto”
• Agrippina voleva essere vicina anche
  fisicamente al potere, tanto da assistere alle
  riunioni del Senato che si tenevano nel palazzo
  imperiale del Palatino, ascoltando le discussioni
  dietro una tenda, patres, qui in Palatium ob id
  vocabantur, ut adstaret additis a tergo foribus
  velo discreta, quod visum arceret, auditus non
  adimeret. «i senatori, i quali venivano riuniti a
  palazzo, proprio perché lei potesse presenziare,
  per mezzo di un vano praticato sul fondo della
  sala e chiuso da una tenda, che impedisse agli altri
  di vederla, ma le permettesse di sentire.» [Tacito,
  Annales, 13, 5 ]



                                                     26
Agrippina cerca di “fare” politica estera
• La madre di Nerone era esclusa dalla partecipazione a
  questi incontri perché le donne non dovevano prendere
  parte a nessun affare di Stato , anche se l’Augusta cercò
  di sovvertire questa esclusione, rischiando l’incidente
  diplomatico, quin et legatis Armeniorum causam gentis
  apud Neronem orantibus escendere suggestum
  imperatoris et praesidere simul parabat, nisi ceteris
  pavore defixis Seneca admonuisset, venienti matri
  occurrere. ita specie pietatis obviam itum dedecori.
  «Anzi, una volta che una delegazione armena perorava,
  davanti a Nerone, a favore del proprio popolo, Agrippina
  stava per salire sul palco imperiale e presiedere
  all'udienza insieme al figlio, ma per fortuna Seneca,
  mentre gli altri se ne stavano inchiodati dalla paura,
  suggerì a Nerone di muovere incontro alla madre. Così,
  con la finta di un omaggio filiale, si evitò uno scandalo.»
  [Tacito, Annales, 13, 5]
                                                            27
Agrippina diventa “invisibile”



                                            Nerone imperatore
                                            su un aureus del 56/57


• A partire dal 55, il ritratto e il nome di Agrippina
  scomparvero dalle monete, e su di esse venne raffigurato
  soltanto Nerone.
• L’imperatore era stabilmente insediato sul trono da un
  anno e era sembrato più opportuno che l’immagine di
  Nerone non fosse accompagnato da altre figure che
  rendessero la sua meno importante
• Tuttavia la scomparsa di Agrippina dalle monete era anche
  il segno di un raffreddarsi dei rapporti tra lei e il figlio
                                                                     28
Giulia Domna,
mater sapientiae
                   29
Genealogia di Giulia Domna




                             30
Emesa, crocevia del deserto siriaco




Giulia Domna nacque intorno al 170 nella città di Emesa, oggi
Homs, una località carovaniera della Siria, ricca grazie al fatto di
avere dal fiume Oronte e da un lago adiacente acqua, che
permetteva di allevare cavalli e cammelli, e essendo dotata di un
suolo vulcanico che permetteva di coltivare grano, frutta e olive.
“Adagiata sulla terra, sfiora il cielo con le sue alte torri” affermò il
poeta Avieno nel III secolo d.C.                                      31
La famiglia sacerdotale di Domna
                            • Il padre di Giulia Domna era sommo
                              sacerdote del dio El - Gabal. La
                              divinità di questo nome era un dio del
                              Sole venerato sotto forma di una
                              grossa pietra nera conica.
                            • La sua famiglia aveva regnato a
                              Emesa fino a che la città con il suo
                              territorio era diventata satellite
                              dell’impero romano, durante la
                              dinastia flavia, e ebbe il compito di
                              essere una prima difesa dei confini
Tempio di El-Gabal a          imperiali contro Parti e predoni del
Emesa che ha all’interno      deserto
la pietra conica venerata
come divinità, in un
                            • I membri della famiglia di Domna
moneta del 253-254 d.C.
                              avevano assunto il nome latino della
                              gens Iulia a cui aggiungevano il nome
                              personale
                                                                   32
Un nome evocativo


• Il nome semitico della futura imperatrice dice
  molto del suo destino negli anni a venire:
      meret significa “signora” o “padrona”

• Il termine fu tradotto in latino, lingua che la
  giovane Giulia non conosceva, con
      “Domina”, che assunse poi la forma
      “Domna”, contrazione del sermo vulgaris
• Per altri il nome Domna è associabile a Dumayna,
  cioè “Nera”
                                                 33
Un’educazione letteraria


• Le donne di alto lignaggio in Oriente venivano
  cresciute sin dai secoli più antichi in modo
  differente rispetto a Roma
• Domna fu educata alla conoscenza della
  letteratura greca e probabilmente anche della
  retorica, come mostra il fatto che da
  imperatrice si distinse per la competenza e
  l’interesse verso questa disciplina

                                               34
Settimio Severo
                      Il primo incontro tra Domna e il futuro marito
                      Settimio Severo avvenne tra 180 e 182, quando
                      questi diventò comandante della Legione Scitica
                      stanziata in Siria. Dopo che, nel 185, quest’ultimo
                      rimase vedovo, secondo un aneddoto rammentò
                      una notizia che aveva saputo tempo prima.
                      ipse quoque matheseos peritissimus, et cum
                      audisset esse in Syria quandam, quae id geniturae
                      haberet, ut regii ungeretur, eandem uxorem petit,
                      Iuliam scilicet. «Egli era assai esperto di astrologia
Settimio Severo,      e dopo che aveva saputo che in Siria vi era una
nato a Leptis         donna che era nata per sposare un re, la chiese in
Magna in              moglie, Giulia s’intende». (Historia Augusta, Severus, XIX)
Tripolitania nel      Come Domna, anche Settimio Severo era anche un
145, ebbe una
                      uomo di buoni studi letterari e filosofici
brillante carriera
politica e militare                                                          35
Il matrimonio con Settimio Severo

  • Nel 187 Giulia Domna fu
    chiesta in moglie da Settimio
    Severo, che era all’epoca
    governatore della Gallia
    Lugdunense e risiedeva a
    Lione.
  • Tra i due esisteva una
    notevole differenza di età, lui
    aveva quarantadue anni e lei
    non         era        ancora
    maggiorenne, ma unione di
    questo      genere      erano
    frequenti a Roma

                                      36
Gli anni di Lione

• I due anni trascorsi a Lione per Domna furono
  importanti per almeno due motivi
• Nel 188 nacque Bassiano, il futuro imperatore
  Caracalla, primo figlio della coppia, affidato a una
  nutrice cristiana (segno dell’apertura mentale dei
  genitori)
• Domna venne formata alla cultura latina ribaltando la
  situazione che si creava solitamente con il matrimoni
  precoci, in cui l’educazione della moglie si
  interrompeva
• “Aveva sposato un uomo colto, di quelli che amavano
  esibire mogli intellettualmente brillanti” (A. Magnani)
                                                            37
Un presagio di morte

• La coppia Severo-Domna si trasferì a Roma nel 189, e qui ebbero un
  secondo figlio, Geta
        Statim ut natus est, nuntiatum est ovum gallinam in aula
  peperisse purpureum. Quod cum allatum Bassianum frater eius
  accepisset et quasi parvulus adplosum ad terram fregisset, Iulia
  dixisse ioco fertur : "Maledicte paricida, fratrem tuum occidisti."
  «Subito quando (Geta) nacque, fu annunziato che una gallina a corte
  aveva partorito un uovo color porpora. Dopo che l’uovo era stato
  portato loro, il fratello di lui Bassiano lo aveva preso come fanno i
  bambini e lo aveva distrutto gettandolo a terra. Si dice che Giulia
  avesse commentato per scherzo, “Razza di assassino, hai ucciso tuo
  fratello!” (Historia Augusta, Geta, III)

• L’aneddoto leggendario prefigura l’evento storico effettivo che anni
  dopo vedrà Geta ucciso sotto gli occhi di Domna da
  Bassiano/Caracalla, deciso a governare senza condividere il potere
  con il fratello più giovane. Il colore purpureo dell’uovo è quello della
  veste imperiale
                                                                        38
Settimio Severo ascende al trono
Gli eventi politici a Roma si evolvevano molto rapidamente
L’imperatore Commodo fu ucciso da una congiura nel 192,
dopo anni di potere autocratico, probabilmente con l’attiva
complicità di Settimio Severo
Gli successero prima Pertinace, assassinato nel marzo 193,
e Didio Giuliano, che si fece proclamare imperatore
pagando i pretoriani
Settimio Severo a sua volta si fece designare imperatore
dai suoi legionari, mentre era in Pannonia, e fece
allontanare da Roma Domna, Bassiano e Geta per evitare
che Giuliano li usasse come “arma impropria” nella lotta di
potere
Nel maggio 193, Giuliano fu ucciso, mentre l’esercito di
Settimio Severo era già arrivato a Terni e si preparava a
combattere contro l’imperatore

                                                          39
Il titolo di Augusta


• Il 1 giugno del 193 Settimio Severo fu
  proclamato imperatore e a Giulia Domna fu
  immediatamente attribuito il titolo di Augusta




                                Giulia Domna raffigurata
                                su una moneta d’oro del
                                193-196 con il titolo di
                                Augusta
                                                     40
Una donna nell’esercito

• Domna si fece conoscere concretamente durante
  la campagna militare in Asia Minore di Settimio
  Severo contro il rivale Pescennio Nigro, che
  voleva contendergli l’impero
• Visse insieme al marito l’intera spedizione nelle
  condizioni “al limite” di un esercito in marcia e in
  guerra, fino alla vittoria con cui Severo sconfisse
  Nigro nel marzo 194
• Il 14 aprile del 194 Domna ebbe il titolo di mater
  castrorum , madre dell’accampamento
                                                     41
Mater Castrorum
                                • Il titolo onorario, conferito a Domna,
                                  di Mater castrorum nasce dall’idea
                                  di impero come famiglia che
                                  Settimio Severo intendeva
                                  affermare, secondo il modello di
                                  augusto
                                • L’esercito era così vincolato
                                  all’imperatrice secondo un rapporto
                                  tra madre e figli e si creava una vera
                                  e propria maternità istituzionale
Giulia Domna su una
moneta come“Mater               • Il tutto era stato motivato anche
Castrorum”                        dalla presenza in mezzo ai soldati di
Il titolo fu conferito per la
prima volta a Faustina,           Domna, che aveva condiviso la loro
moglie di Marco Aurelio           vita                                  42
Mater Caesaris, Mater imperatoris designati

• Severo voleva che la sua famiglia diventasse
  una dinastia vera e propria, e così cambiò
  nome al primogenito Bassiano in Marco
  Aurelio Antonino e lo nominò Caesar: in
  questo modo lo designò come suo erede
• Domna fu chiamata così Mater Caesaris, e poi
  Mater imperatoris designati


                                                43
Una famiglia ideale

• “A partire da questo momento la famiglia imperiale
  incominciò a assumere una centralità nuova
  nell’ordinamento politico.
• Diventava una sorta di famiglia ideale a cui i sudditi a
  cominciare dai soldati avrebbero dovuto guardare
  come a un modello, assumendo un rispetto filiale nei
  confronti dei coniugi regnanti.
• Ciò era possibile anche perché da tempo non si vedeva
  una famiglia imperiale completa e concorde” (Alberto
  Magnani)
• E’ probabile che in questo schema imperiale Domna entrasse
  da protagonista, non solo come persona coinvolta nella
  politica del marito, ma anche partecipando alle decisioni di
  Severo
                                                                 44
Severo costruisce una dinastia

• Nel 197, Settimio Severo si liberò dell’ultimo pericolo
  per il suo impero, Clodio Albino, a cui aveva promesso
  la carica di Caesar prima di conferirla a suo figlio.
• Albino si suicidò a Lione, dove severo fece uccidere
  anche la sua famiglia e a Roma compì una strage di
  tutti i sostenitori del suo rivale
• Lo spinse a questa crudeltà il prefetto del pretorio
  Plauziano, parente di Severo, suo stretto consigliere e
  nemico di Domna a corte
• Si pensa, interpretando le fonti, che Domna non fosse
  favorevole a tale crudeltà efferata

                                                            45
Bassiano e Geta, Augustus e Caesar




• Il domino del potere dinastico in quegli anni fu ridisegnato con la
  pressione di Domna, fratri semper invisus, matri amabilior quam frater,
  sub balbe tamen canorus. […] Post Parthicum bellum pater cum ingenti
  gloria floreret, Bassiano participi imperii appellato Geta quoque
  Caesaris et Antonini, ut quidam dicunt, nomen accepit.
• «il fratello gli era ostile, mentre la madre lo preferiva a Bassiano, per
  quanto balbuziente. […] Dopo la guerra contro i Parti, quando il padre
  era al massimo della gloria, dopo che il fratello Bassiano fu chiamato
  Augusto, anche Geta assunse il nome di Cesare e Antonino” (Historia
   Augusta, “Geta”, I, 5]

                                                                        46
Concordia e aeternitas imperii




Geta (a sinistra) con il titolo di Caesar, Severo   Antonino Bassiano e Geta
e Domna                                             che dovrebbero garantire aeternitas
                                                    all’impero


In questi aurei, vengono auspicati i principi che guidarono
Settimio Severo a costruire la dinastia che avrebbe dovuto
discendere da lui: la concordia tra i membri della sua famiglia
che avrebbero dovuto poi grazie a essa garantire una eternità
all’impero, imperniata sui Severi                                                         47
Un impero condiviso

                                   Giulia Domna raffigurata
                                   su una moneta il cui
                                   verso riporta il ritratto
                                   del figlio Geta, a cui era
                                   molto legata, secondo
                                   Cassio Dione

• Domna probabilmente fece pressioni su Severo perché
  creasse un impero condiviso tra i loro due figli,
  richiamandosi all’esempio di Marco Aurelio, di cui
  Severo si era autodesignato figlio adottivo, e che aveva
  diviso il potere con il fratellastro Lucio Vero
• Domna aggiunse ai suoi titoli un’ulteriore
  designazione: Mater Augusti et Caesaris
                                                            48
La politica familiare


• “Per i primi cinque anni di potere,ogni angolo
  dell’impero fu bombardato da immagini
  dell’unità familiare dei Severi. Tutte le casate
  imperiali erano state commemorate in ritratti
  di gruppo, ma nessuna aveva incluso la moglie
  dell’imperatore e i figli con tale frequenza: un
  modo per enfatizzare l’importanza simbolica
  della donna come madre garante del futuro
  della dinastia severiana” (A. Freisenbruch)
                                                 49
Una famiglia alla guida dell’impero




Aureo coniato nel 202: sul recto si trova la
raffigurazione di Severo, sul verso Domna tra
Bassiano (sin.) e Geta (dx). La moneta richiamava
una simile che ritraeva Faustina e i suoi figli
                                                    50
Una famiglia alla guida dell’impero
                                                In questo famoso ritratto della
                                                famiglia      imperiale,      sono
                                                presenti       Giulia      Domna,
                                                Settimio Severo, Bassiano e
                                                Geta, il cui volto fu cancellato
                                                per ordine del fratello quando
                                                questi lo eliminò perché non
                                                intendeva       condividere       il
                                                potere imperiale con lui. Il
                                                ritratto risale all’inizio del 200,
                                                in occasione di una visita in
                                                Egitto.
“L’imperatrice ha il volto ancora
morbidamente giovanile, incorniciato dalla
corvina massa di capelli, bipartiti in mezzo
alla fronte e fittamente ondulati ai lati del
                                                                                51
collo” (Francesca Ghidini)
Arco di Lepcis Magna/1, Concordia Augustorum




Sull’Arco di Settimio Severo a Lepcis Magna (Libia), realizzato dal 203 nella città natale
dell’imperatore, l’imperatrice compare sei volte, prova che Domna è sempre centro delle
vicende imperiali
In questo pannello, si trova a sinistra dei tre Cesari, Severo stringe la mano a Bassiano, Geta
è in piedi tra loro: è raffigurata la proclamazione della Concordia Augustorum
Domna è vicino alla dea Minerva, probabilmente in virtù del ruolo di mater castrorum:
questo significa che aveva una funzione essenziale ai vertici dell’Impero, presiedendo a un
atto centrale per la vita imperiale.
                                                                                          52
Arco di Lepcis Magna/2, Domna presenzia a un sacrificio




Domna è raffigurata in questo pannello all’estrema sinistra in cui è
l’unica donna e verso destra vi sono Geta, l’Impero, Settimio Severo,
Antonino Bassiano e Plauziano, che presenziano al sacrificio di un
toro. La presenza di un’imperatrice in una scena di sacrificio è molto
insolita e “stava a simboleggiare l’importante ruolo di custode
dell’unità familiare che svolgeva” (A.Freisenbruch)                 53
Arco di Lepcis Magna/3, Domna come Giunone




In questo rilievo,ancora dall’Arco di Lepcis Magna le due figure
centrali sono Giunone e Giove, ma i due sono raffigurati nelle vesti di
Domna e Settimio Severo, altra prova della centralità dell’imperatrice
nelle sorti di Roma. Giunone era una divinità associata alla fecondità,
quindi questo accostamento esprime il ruolo di maternità
istituzionale ricoperto da Domna.
                                                                   54
Il circolo “filosofico” di Domna
Tra il 200 e il 205 Domna,mentre a corte si rafforzava il potere di
Plauziano, riunì intorno a sé un nutrito gruppo di intellettuali,
composto da retori e studiosi di filosofia
Si trattava di un circolo non stabile aperto a diversi apporti, e
inizialmente lo componevano coloro che a corte dovevano educare
i figli di Domna e Severo, e le nipoti della coppia imperiale, Giulia
Soemia e Giulia Mamea, provenienti anch’esse dalla Siria.
Quando i giovani esaurirono il periodo di formazione, visto che
Bassiano e le nipoti si erano sposati, gli intellettuali rimasero a corte
riuniti intorno a Domna, che approfondì e perfezionò la propria
cultura sino a imporsi su retori e letterati “con un’autorevolezza che
non derivava solo dal fatto di essere imperatrice” (A.Magnani)
La personalità di maggiore rilievo del circolo fu Antipatro di Ierapoli,
sofista, legato alla famiglia imperiale fin dall’inizio dell’esperienza
imperiale.                                                            55
Caratteri distintivi e membri del circolo di Domna
                       Il circolo patrocinato da Domna coltivava
                       soprattutto la cultura greca, e quando
                       Antipatro lasciò Roma fu Flavio Filostrato detto
                       l’Ateniese, a diventare la personalità più
                       importante del gruppo: Domna lo spinse a
                       scrivere un romanzo apologetico, Vita di
                       Apollonio di Tiana, come lui stesso afferma, e
                       poi compose le Vite dei Sofisti, opera
                       biografica sulla Seconda Sofistica.
Ritratto di sofista,
età di Settimio
                       Altri esponenti del circolo furono Claudio
Severo                 Eliano, romano che scriveva in greco, che
                       scrisse La natura degli animali. Antonio
                       Gordiano, ricco senatore che era
                       profondamente latino per cultura, formazione
                       e lingua e il famoso medico greco Galeno       56
Severo e il circolo di Domna
                    • Probabilmente anche Settimio Severo partecipò
                      almeno saltuariamente alle attività del circolo
                      che fece meritare a Domna il soprannome di
                      imperatrice filosofa, datole da Filostrato,nel
                      senso di “amica della filosofia”. In realtà la
                      cultura coltivata da questo gruppo si poneva
                      nell’ambito della Seconda Sofistica, che aveva al
                      centro dei suoi interessi la retorica e l’erudizione
                      enciclopedica.
                    • Severo era molto competente in campo retorico,
                      e sembra che avesse “scoperto” Antipatro e
                      Filostrato mentre era a Atene per studiare
Settimio Severo       Gli intellettuali del circolo non produssero opere
e Domna su un         memorabili, ma avevano messo le basi per una
sesterzio di          attività culturale che si sviluppò negli anni a
bronzo del 203        venire
                      Le questioni più dibattute furono letterarie e di
                      carattere mistico - religioso

                                                                         57
Il “clan siriano” intorno a Domna
                      • A Roma Domna aveva ricongiunto
                        intorno a sé la sua famiglia di Emesa:
                        la sorella Giulia Mesa e il marito Giulio
             Giulia
                        Avito, le figlie della coppia, Giulia
             Mesa
                        Soemia e Giulia Mamea, e poi i mariti
                        di queste, originari della Siria,che poi
                        ricoprirono cariche politiche.
                      • “Non è senza significato che per
                        vent’anni questo clan conservasse il
Giulia                  controllo del potere, garantendo la
Soemia                  successione imperiale ai figli di
                        Soemia e Mamea (Severo Alessandro
                        e Elagabalo). Viceversa un ruolo di
                        contenimento venne svolta nei
                        confronti della famiglia di Settimio
             Giulia     Severo”. (A.Magnani)
             Mamea                                            58
Cosa significa “imperatrice filosofa”

• Domna fu la prima donna del periodo imperiale a
  esporsi e a dimostrare pubblicamente i suoi interessi
  per discipline“maschili” come la retorica e la filosofia.
• Molti uomini delle élite romane non gradivano che le
  donne si interessassero a certi ambiti di conoscenza
• “Il caso di Domna può essere visto come una
  stravaganza permessa all’imperatrice grazie al suo stato
  altolocato e differente, ma può anche significare che,
  almeno per le donne di classe sociale privilegiata, gli
  studi privati in questi campi non erano poi così
  inaccettabili e rari” (A. Freisenbruch)

                                                         59
I Ludi saeculares del 204
                                                        In questa moneta coniata nel 205
                                                        per commemorare i Ludi
                                                        saeculares
                                                        Domna è associata a Cibele,
                                                        raffigurata sul verso della moneta
                                                        e dea orientale della fecondità, e
                                                        denominata Mater Augustorum,
                                                        il che significa che anche Geta
                                                        era stato promosso al ruolo di
                                                        Augusto come il fratello



Nel 204 Settimio Severo volle celebrare i Ludi Saeculares, i settimi della storia di Roma,
mentre era imperatore un uomo di nome Settimio. Furono l’occasione per esaltare la gloria
di Roma garantita dall’unità della famiglia imperiale imperniata sulla coppia Domna-Severo
Domna guidava centonove matrone romane che celebrarono il rito più importante il 2
giugno 204, uno dei pochi riservato interamente alle donne: Severo dettò a Domna e alle
matrone la formula con la quale esse invocarono la dea Giunone perché garantisse la forza
e la potenza del popolo romano. Le matrone recitarono la formula, compirono i sacrifici e
consumarono per tre volte il banchetto sacro
                                                                                     60
Una coppia modello del cosmopolitismo

                                     Giulia Domna e Settimio Severo
                                        erano presi a modello dalla
                                        nuova élite cosmopolita del III
                                        secolo, per la quale il latino
                                        non era più necessariamente la
                                        prima lingua e gli oscuri natali
                                        non più una discriminante per
                                        l’ammissione alle alte cariche
                                        dello Stato. (A.Freisenbruch)


In questo rilievo che si trova all’interno dell’Arco degli Argentari a Roma,
204, Severo e Domna compiono una libagione:
l’imperatrice ha la mano destra levata, rivolgendo in avanti la palma. Il
gesto appartiene alla tradizione religiosa dell’Oriente semitico
                                                                               61
Plauziano, il rivale di Domna, e Plautilla.
                        Grande rivale di Domna alla corte imperiale fu Plauziano, il
                        prefetto del pretorio parente di Settimio Severo
                        Plauziano tra 202 e 203 attuò una fortissima azione contro
                        l’imperatrice per fare in modo che il suo ruolo politico a
                        corte venisse ridimensionato, fino all’accusa di adulterio
                        che le rivolse.
                        Il potere acquisito dal prefetto del pretorio presso Severo
                        fu sancito dal matrimonio che nel 202 unì sua figlia Plautilla
                        con Antonino Bassiano (quattordici anni), lo incluse nella
                        famiglia imperiale e lo fece diventare ufficialmente il
Plauziano               “quarto Cesare”, dopo Severo, Bassiano e Geta.
                        Plauziano diventò tanto potente da essere raffigurato in
                        diverse statue erette, con la titolatura “suocero e
                        consuocero, indispensabile ai signori nostri”
                        Morì nel 205, sospettato di volersi impadronire del potere
                        imperiale, scaraventato fuori da una finestra del palazzo
                        imperiale secondo le fonti per ordine di Antonino Bassiano.
                        Al suo posto fu nominato Papiniano, un siriano,secondo
                        alcuni parente di Domna
            Plautilla
                                                                                 62
La spedizione in Britannia e la morte di Severo
• Nel 208 la famiglia imperiale si mosse verso la
  Britannia per una spedizione decisa da Settimio Severo
  per combattere le tribù dei Pitti, che continuavano a
  fare incursioni in territorio romano e mettevano in crisi
  le difese romane
• Durante questa spedizione, emersero violenti contrasti
  tra Severo, Antonino Bassiano e Geta, in quanto il
  fratello più anziano non voleva condividere il potere
  con il più giovane, nonostante l’opera mediatoria di
  Domna
• Severo morì nel febbraio 211, l’impero avrebbe dovuto
  essere guidato in comune dai due fratelli, a cui il padre
  raccomandò di andare d’accordo e di pagare bene i
  soldati.

                                                          63
Le divisioni tra i fratelli e la mediazione di Domna


• I due fratelli agirono insieme solo nella cerimonia
  della deificazione del padre, ma per il resto
  complottavano reciprocamente uno contro l’altro.
• A un certo punto sembra che si fossero accordati
  per dividersi l’impero, Europa al più vecchio, Asia
  al più giovane.
• Domna con un accorato discorso li convinse a
  rinunciare all’idea, e sembra che anche il Senato
  le desse fiducia come mediatrice in una
  situazione estremamente compromessa.
                                                         64
L’omicidio di Geta
                          • Domna fu l’involontaria complice di
                            Antonino Bassiano, che aveva deciso di
                            uccidere il fratello, e l’aveva convinta a
                            organizzare un incontro
                          • “Fu allora che fecero irruzione nella
                            stanza alcuni centurioni e aggredirono
                            Geta:questi si gettò tra braccia di sua
                            madre e gridò, “Madre, madre, tu mi
In questa moneta, in
origine si
                            hai generato, aiuto mi uccidono !” E
fronteggiavano i volti      così le toccò vedere suo figlio ucciso
di Geta e Antonino          nel modo più ampio tra le sue braccia,
Bassiano, ma dopo           dove lo aveva nutrito. E fu macchiata
l’uccisione del             dal suo sangue tanto da non rendersi
fratello, Bassiano
fece decretare la
                            conto di essere stata lei stessa ferita a
damnatio memoriae           una mano” (Cassio Dione)
di Geta, il cui volto è
stato perciò abraso.                                                65
La domina dell’impero di Caracalla
        • Nei mesi successivi, tra l’imperatore
          e Domna si stabilì un rapporto di
          collaborazione politica molto
          stretto.
        • Questo fatto, “non mancò di colpire
          i contemporanei, sconcertati da un
          imperatore affiancato, in una
          posizione tutt’altro che secondaria,
          non dalla consorte, ma dalla
          madre”. Plautilla, la moglie, era
          stata esiliata nel 205 a Lipari e
          sembra che sia stata strangolata per
          ordine del marito nel 212, quando
          Antonino Bassiano volle togliere di
          mezzo tutti coloro che potevano
          destabilizzare il suo potere.
                                              66
Mater Senatus et patriae

• Domna aggiunse alla lista delle sue attribuzioni
  anche quella di Mater Senatus et patriae, così che
  l’intera lista recitava      Iulia Domna Mater
  castrorum, Augusti, Senatus et patriae
• Il titolo di Mater Senatus et patriae fu utilizzato
  con grande frequenza solo negli anni successivi
  alla morte di Settimio Severo.
• Nessuna donna aveva mai portato il titolo di
  Mater Senatus e Mater patriae
• Questo suggerisce che la madre dell’imperatore
  era coinvolta nelle decisioni politiche del figlio
                                                    67
“Finchè ci sarà la spada…”
                        • Il potere di Antonino Bassiano durò cinque
                          anni: fu soprannominato Caracalla a partire
                          dal soggiorno in Gallia dove cominciò a
                          indossare una veste locale, la caracalla,un
                          mantello con cappuccio che impose
                          all’esercito e distribuì agli abitanti più
                          poveri di Roma
                        • Era amato dai soldati, li curava
                          attentamente, tanto che sembra a
                          proposito di essi avesse una discussione
                          con Domna, la quale gli disse che gli
Antonino Bassiano
                          eserciti avrebbero esaurito le casse
abbigliato con il
                          imperiali, ma Caracalla gli mostrò la spada
mantello da cui gli       e affermò, “Finchè ci sarà questa, il denaro
venne il cognomen         non potrà mancare”, ovvero con le
con cui passò alla        conquiste militari, l’impero non avrebbe
storia: Caracalla         mai esaurito le risorse.
                                                                   68
Mater populi romani, Pia, Felix


• Domna ottenne l’ultimo riconoscimento della
  sua maternità istituzionale con il titolo di
  Mater populi romani, Pia e Felix.
• Diventò responsabile della corrispondenza di
  Caracalla, ultimo segno della fiducia e del
  legame che la univa al figlio imperatore
• Nel contempo, continuò a curare il suo circolo
  di intellettuali confermando il suo
  soprannome di “filosofa”

                                               69
La morte di Caracalla

• La tragedia definitiva avvenne nel 216, quando
  Caracalla, che si preparava a una spedizione contro i
  Parti.
• Il senato era contrario alla politica dell’imperatore, che
  aveva ampliato la cittadinanza romana a tutti gli
  abitanti liberi dell’impero e voleva sistemare le
  questioni della sicurezza nei confini imperiali, ma più
  che altro i senatori temevano che un successo militare
  contro i parti avrebbe reso troppo potente Caracalla
• Il prefetto del pretorio Macrino si era incaricato di
  porre fine all’impero e Caracalla fu ucciso dal
  pretoriano Marziale presso Carre

                                                           70
Dal tentato suicidio alla segregazione forzata

• Domna, alla notizia della morte del figlio, cercò di
  pugnalarsi, ma fu salvata
• Macrino inizialmente non volle farle nulla di
  male, sapendo il legame tra l’imperatrice madre e
  l’esercito
• Domna cercò anche di far sollevare le truppe che
  erano nella città di Antiochia, dove si trovava, per
  mantenere il potere all’interno della sua famiglia:
  sua sorella Giulia Mesa aveva discendenti
  maschili da poter investire del titolo imperiale
• Macrino allora decise di segregare l’ex
  imperatrice
                                                    71
La morte “filosofica”nel 217
• Domna, già malata di un tumore al seno, decise allora
  di porre fine alla sua vita, e si lasciò morire rifiutando
  acqua e cibo, morte molto filosofica nella forma
  (ricordava le morti stoiche), nell’anno 217.
• Cassio Dione le riservò queste parole, sorta di epitaffio:
  «Perse il figlio minore, ucciso tra le sue braccia, detestò
  il maggiore fino alla fine e seppe che era stato
  assassinato, sperimentò la perdita del potere e si
  uccise: pertanto, considerando la sua vita, ci si può
  chiedere se sia davvero felice chi giunge al culmine del
  potere, quando non sia assistito da un piacere della
  vita autentico e reale e da una buona sorte completa e
  duratura” (Storia di Roma, libro LXXIX, 2)
• Fu seppellita nel Mausoleo di Adriano insieme al
  marito e divinizzata.
                                                           72
Zenobia, Augusta d’oriente
                             73
Il territorio di Palmira




• Zenobia nacque a Palmira, città della Siria, uno dei principali centri
  carovanieri della regione desertica mediorientale, che fu chiamata “la
  sposa del deserto”
• Annessa alla provincia romana della Siria nel 19 d.c., Palmira ottenne
  lo status di città libera, già conferitole da Adriano, durante l’impero di
  Settimio Severo o Caracalla
• Era un vero e proprio regno, che per i Romani aveva un’importanza
  strategica fondamentale nel fronteggiare i sasanidi, che avevano
  acquisito il controllo dell’impero dei Parti nel secondo decennio del III
  secolo                                                                   74
Le origini e la famiglia




                                                       I resti di Palmira
                                                       nell’odierna Siria

• Zenobia proveniva da una famiglia importante di Palmira, nella quale si
  mescolavano culture diverse: aramaica, greca e romana
• Il padre aveva il nome romano di Giulio Aurelio Zenobio, e il
  gentilicium Aurelius dimostra che ottenne la sua famiglia ottenne la
  cittadinanza romana nel corso del II secolo
• Zenobio avrebbe avuto il nome greco di Antiocoς
• Sembra che tra i parenti di Zenobio vi fosse, a Emesa, Giulio Bassiano,
  il padre di Giulia Domna
• Il nome della futura regina significava, si dice, “colei che ha bei capelli”

                                                                            75
La discendenza illustre
     • Zenobia nacque probabilmente nel 242/43 e la madre
       dovette essere di origine egiziana
     • <peregrina> enim, nomine Zenobia, de qua multa iam dicta sunt,
       quae se de Cleopatrarum Ptolemaeorumque gente iactaret, habitu
       Didonis ornata, diademate etiam accepto, nomine filiorum
       Herenniani et Timolai diutius, quam femineus sexus patiebatur,
       imperavit «Una straniera di nome Zenobia, sulla quale si è assai
       raccontato: si vantava di essere discendente della stirpe di Cleopatra
       e dei Tolomei, ornata dell’abito di Didone, acquisitone anche il
       diadema, regnò in nome dei figli Erenniano e Timolao» (Historia
         Augusta, Triginta Tyranni, Zenobia, XXX)
     • Di fatto questo significava che Zenobia proclamò di essere
       discendente da Cleopatra e Didone, ovvero le grandi regine
       orientali e tolemaiche che spaventarono i romani
                                                        al-Zabbā’ figlia di Amr figlio di al-Ẓarib
‫الزباء بنت عمرو بن الظرب بن حسان ابن أذينة بن السميدع‬
                                                        figlio di Ḥassān figlio di Adhīnat figlio di al-
                                                                                                   76
                                                        Samīda".
Una donna poliglotta, il matrimonio
                 • Probabilmente le lingue che capiva e
                   comprendeva furono Arabo, Greco,
                   Aramaico e Latino, come era normale
                   per una donna di nascita elevata che
                   viveva in un crocevia di culture come
                   Palmira. Si racconta che avesse anche
                   familiarità con l’antico linguaggio egizio
                 • Nel 258 sposò Odenato, un discendente
                   della famiglia dei Settimi, che assunsero
                   questo gentilicium al tempo di Settimio
                   Severo, quando lo sostennero nella
Odenato in una
Incisione
                   conquista dell’impero (193)
rinascimentale   • Odenato governava la provincia romana
                   di Siria per nomina dell’imperatore
                   Valeriano
                                                            77
Le imprese di Odenato
                           • Valeriano fu sconfitto a Edessa, catturato e
                             ridotto in schiavitù da parte dei Sasanidi, guidati
                             da Shapour I, e da schiavo morì nel 260, fatto che
                             a Roma suscitò grandissima impressione
                           • Odenato si fece apprezzare inseguendo i Sasanidi
                             fino a Ctesifonte e provocando loro diverse
                             perdite
L’imperatore Valeriano
in aureo del 257           • In seguito Odenato sconfisse e uccise il generale
                             romano Callisto che si era ribellato in una
                             congiura a Gallieno, figlio di Valeriano e
                             imperatore insieme al padre, poi da solo dopo la
                             scomparsa del genitore
                           • Gallieno, come segno di gratitudine e fiducia per
                             Odenato, lo nominò dux Romanorum e Corrector
                             totius orientis, cioè suo rappresentante
                             personale in Oriente
                           • Zenobia era con il marito durante queste imprese

L’imperatore Gallieno
                                                                            78
in un busto presso i Musei Capitolini
Una donna di spirito guerriero
• Le ricostruzioni coeve ci tramandano l’immagine di una
  donna di spirito guerriero compagna del marito anche
  nelle condizioni più difficili imposte dalle guerre.
• [Odenanatus] solem ac pulverem in bellis Persicis tulit,
  non aliter etiam coniuge adsueta, quae multorum
  sententia fortior marito fuisse perhibetur, mulier
  omnium nobilissima orientalium feminarum et, ut
  Cornelius Capitolinus adserit, speciosissima , «Odenato
  sopportò sole e polvere durante le guerre contro i
  Persiani, cosa a cui era abituata anche la moglie, che a
  parere di molti era anche più resistente del marito, la
  donna più nobile fra tutte le orientali, e come affermò
  Cornelio Capitolino, la più bella» (Historia Augusta, Tyranni
  triginta, Odenatus, XV, 8)
                                                              79
La “castità” di Zenobia
• Zenobia era la seconda moglie di Odenato, che dal primo
  matrimonio ebbe tre figli di cui il primo, Erode, era il
  successore designato dal padere
• Nel periodo che va dal 260 al 266, partorì Vaballato, suo
  primo figlio e quarto di Odenato
• Il matrimonio,secondo quanto fu tramandato, era all’insegna
  della morigeratezza sessuale, cuius ea castitas fuisse dicitur,
  ut ne virum suum quidem scierit nisi temptandis
  conceptionibus. Nam cum semel concubuisset, exspectatis
  menstruis continebat se, si praegnans esset«Si racconta che
  di una tale morigeratezza, da non accoppiarsi con il proprio
  marito se non per concepire. Infatti, dopo aver giaciuto, si
  tratteneva in attesa delle mestruazioni, in attesa di essere
  gravida» (Historia Augusta, Tyranni Triginta, Zenobia, XXX, 12)
• Notizie di questo genere contribuirono a costruire la
  leggenda di Zenobia, “augusta del deserto”

                                                              80
L’assassinio di Odenato

• Composito igitur magna ex parte orientis statu a consobrino suo
  Maeonio interemptus est cum filio suo Herode, qui et ipse post
  reditum de Perside cum patre imperator est appellatus. «Dopo aver
  pacificato gran parte dell’oriente, fu ucciso dal cugino Meonio,
  insieme a suo figlio Erode (Historia Augusta, Tyranni triginta, Odenatus, XV, 5)
• Si parlò, secondo la più classica delle storie di potere, di un accordo
  tra Meonio, mosso dall’invidia, e Zenobia, che vedeva i suoi figli
  sopravanzati da Erode, Dicitur autem primum cum Zenobia
  consensisse, quae ferre non opterat, ut privignus eius Herodes priore
  loco quam filii eius, Herennianus et Timolaus, principes dicerentur,
  «Si dice che dapprima Meonio si fosse accordato con Zenobia, la
  quale non aveva potuto sopportare che venisse considerato erede al
  trono il suo figliastro Erode anziché i i suoi figli Erenniano e
  Timolao» (Historia Augusta, Tyranni triginta, Maeonius, XVII, 2)
• La seconda notizia non convince del tutto, poiché Zenobia aveva a a
  cuore soprattutto la sorte del figlio Vaballato, come mostrarono gli
  avvenimenti successivi

                                                                                81
Zenobia succede a Odenato

• La vedova di Odenato, che aveva assunto il
  gentilicium del marito, Septimia Zenobia,
  succedette al corrector totius orientis e regnò
  insieme e per conto del figlio, Vaballato
• Il titolo che scelse per sé fu,significativamente,
  imperatrix, cioè comandante militare
• Era il figlio ad avere ereditato il trono paterno, ma
  Zenobia rivendicò per sé , visto che Vaballato era
  minorenne , i titoli di dux Romanorum e corrector
  totius orientis, e lo fece facendosi accettare dai
  soldati come comandante supremo dell’esercito
                                                      82
Zenobia e la missione “imperiale”
• Zenobia fu indotta a ritenere possibile per lei
  governare l’Oriente a causa della debolezza romana,
  dimostrata dalle vittorie Sasanidi e dalle difficoltà di
  Gallieno, che doveva fronteggiare il pericolo di
  sollevazioni galliche.
• Gallieno, saputo della morte di Odenato e ritenuta
  quella di Zenobia un’immotivata usurpazione, mandò
  contro di lei il generale Eracliano che fu sconfitto
  dall’esercito dell’imperatrix.
• Zenobia si riteneva pronta e anzi destinata a unificare
  l’Oriente, in quanto Palmira, per posizione geografica e
  tradizione, era l’unico baluardo contro i Sasanidi e i
  briganti della penisola arabica: Roma si dimostrava
  assente in un momento decisivo della storia di quella
  regione.
                                                         83
I progetti di Gallieno

• Morto Gallieno, Zenobia avviò il suo piano di
  conquista che aveva quattro obiettivi
• il controllo della Siria
• l’ estensione del dominio di Palmira nella
  penisola arabica
• la conquista dell’Egitto
• l’affermazione della supremazia di Palmira
  sull’intera Asia minore
                                                  84
La conquista dell’Egitto
• Approfittando dell’instabilità imperiale, Zenobia
  tra 269 e 270 attaccò il dominio romano
  dell’Egitto, che era insoddisfatto del governo
  romano.
• La condottiera, valendosi del generale Zabdas,
  liquidò il prefetto d’Egitto e cacciò i Romani da
  qui, e poi rivolse agli abitanti di Alessandria un
  proclama con il quale rivendicava il governo sulla
  regione in cui si trovava “la città dei suoi
  antenati”, appunto Alessandria, capitale di
  Cleopatra.
• Da questa conquista derivò a Zenobia il titolo di
  “regina della guerra”.
                                                  85
Zenobia Augusta




• Nel giro di circa un anno Zenobia, sempre
  partecipando direttamente alle conquiste per
  espandere il suo regno, ampliò il suo dominio a
  tutta la Siria, l’odierno Libano e la Palestina
• Zenobia fece coniare in questi mesi a Alessandria le
  monete con la scritta Septimia Zenobia Augusta    86
Il regno di Zenobia nella sua massima estensione




                                               87
Il fascino di una dux femina
• Le ricostruzioni delle sue imprese fanno trasparire il fascino
  che Zenobia era in grado di suscitare negli osservatori di una
  donna che apparteneva al novero di quelle che i romani
  chiamavano dux femina, un termine che esprimeva disprezzo,
  ma anche timore di donne che assumessero ruoli e compissero
  azioni che si pensava fosse esclusivamente maschili
  Fuit vultu subaquilo, fusci coloris, oculis supra modum
  vigentibus nigris, spiritus divini, venustatis incredibilis. Tantus
  candor in dentibus, ut margaritas eam plerique putarent
  habere, non dentes. Vox clara et virilis. Severitas, ubi necessitas
  postulabat, tyrannorum, bonorum principum clementia, ubi
  pietas requirebat, «Ebbe il viso bruno, l’incarnato scuro, gli
  occhi di un nero intenso, portamento divino, incredibile
  fascino. Il candore dei denti era tale che si pensava avesse
  piuttosto delle perle. La voce era limpida e forte come quella di
  un uomo. La durezza era quella dei tiranni, quando la necessità
  lo richiedeva; aveva la clemenza dei buoni governanti quando
  il senso di pietà lo chiedeva» (Historia Augusta, Zenobia, XXX, 15)
                                                                  88
Una regina con elmo, che va a caccia e beve
                       • Nell’ambito della medesima prospettiva si
                         inserisce anche la descrizione di una regina
                         che ha comportamenti fieramente maschili
                       • Imperatorum           more         Romanorum        ad
                         contiones galeata processit cum limbo
                         purpureo gemmis dependentibus per
                         ultimam fimbriam, «Secondo il costume dei
                         comandanti romani partecipò con elmo in
                         testa alle assemblee con un lembo rosso dal
                         quale pendevano gemme lungo l’estremità»
                       • Venata est Hispanorum cupiditate. Bibit
Un famoso disegno di
Michelangelo in cui
                         saepe cum ducibus, cum esset alias sobria;
Zenobia è galeata        bibit et cum Persis atque Armeniis, ut eos
                         vinceret. «Andò a caccia con la passione
                         degli ispanici. Bevve spesso con i suoi
                         comandanti, pur essendo altrimenti sobria;
                         bevve anche con Persiani e Armeni, cosi da
                         superarli» (Historia Augusta, Zenobia, XXX, 14, 18) 89
La regina guerriera mecenate delle lettere
       • La dimensione guerriera non era la sola che
         definisse Zenobia, che ci è stata tramandata
         anche come donna attenta e appassionata alla
         cultura
       • Volle che i figli fossero educati nella lingua e
         nella letteratura latina, forse per corroborare
         le loro (e le sue) aspirazioni imperiali
       • Aveva molto gusto per la letteratura greca e
         latina, e si dice avesse composto un’epitome
         di storia per propria utilità
       • Invitò alla sua corte di Palmira, la sua capitale,
         storici, poeti e filosofi greci, tra cui Longino, a
         cui affidò l’incarico di essere suo segretario e
         ministro
       • Secondo la tradizione proprio per lei Longino
         compose il suo trattato “Sul sublime”
                                                          90
Significato politico della cultura
• I rapporti culturali tessuti da Zenobia devono essere
  inquadrati anche in una prospettiva politica
• I rapporti con Longino erano importanti perché il
  letterato greco era un passepartout per avere il
  sostegno degli ambienti elevati siriani permeati di
  ellenismo
• La regina di Palmira protesse anche il vescovo di
  Antiochia Paolo di Samosata (che poi la chiesa cristiana
  considerò eretico), che probabilmente gli era utile per
  conciliarsi gli ambienti giudeo-cristiani di Antiochia e
  Alessandria
• Anche il Talmud la ricorda, probabilmente perché aiutò
  gli ebrei di Siria e Egitto
                                                         91
Aureliano riconosce le conquiste di Zenobia

                                         Vaballato è pettinato
                                         “alla partica”, capelli
                                         lunghi che formano
                                         boccoli sulla nuca,
                                         con mantello
                                         imperiale e corona di
                                         alloro


• Inizialmente le conquiste di Zenobia ottennero il
  riconoscimento di Aureliano, l’uomo che a Roma stava
  per assumere il potere imperiale
• Vaballato ottenne formalmente i titoli di Odenato
• Le monete coniate nel 270 a Alessandria dopo l’ascesa
  al trono di Aureliano mostrano il nuovo imperatore sul
  recto e Vaballato sul verso
                                                                   92
La riconquista di Aureliano
               • Tuttavia dal 271 Aureliano decise di
                 riprendere i territori che Zenobia aveva
                 progressivamente sottratto ai Romani,
                 soprattutto per la loro importanza strategica e
                 commerciale: l’Egitto rimaneva una zona
                 agricola importante, il Medio Oriente era
                 essenziale per i commerci. Sembra che
                 Zenobia avesse tagliato i rifornimenti di grano
                 che erano essenziali all’impero.
               • Provocazione simbolica, ma pesante fu il
                 conio di monete con il viso della regina sul
L’imperatore
                 recto e di Vaballato sul verso, segno che ormai
romano
                 Zenobia non riconosceva l’autorità romana.
Aureliano      • All’attacco romano, la regina di Palmira
                 rispose tornando alla testa delle sue truppe e
                 facendosi di nuovo affiancare dal generale
                 Zabda, come nella conquista dell’Egitto
                                                             93
Le battaglie di Antiochia e Emesa

• Questa volta, tuttavia, le vicende militari non
  arrisero all’imperatrix
• Una prima grande e lunga battaglia fu
  combattuta presso Antiochia, ma la vittoria,
  seppure dopo una forte resistenza, andò ai
  Romani
• Zenobia fuggì a Emesa per raggruppare le sue
  forze militari residue e di nuovo sfidò i suoi
  avversari, ma ancora una volta la resistenza
  palmirese e siriana fu superata, e con perdite
  imponenti                                         94
La resistenza di Zenobia




• Zenobia si rifugiò allora nella sua città, Palmira, stringendosi
  attorno i suoi alleati e rafforzando le fortificazioni,
  dichiarando di essere pronta a difendere la sua capitale e il
  suo potere fino alla fine
• La regina sapeva le difficoltà che poteva presentare per i
  suoi avversari l’assedio di una città ben rifornita e
  circondata da deserti, luogo ideale per le imboscate di
  pirati arabi che apparendo e sparendo molto rapidamente
  mettevano costantemente in difficoltà eserciti schierati 95
Le difficoltà di Aureliano e la richiesta di resa

• Aureliano scrisse in una lettera al suo alleato
  Mucapore, “Quelli che parlano con disprezzo
  della guerra che sto affrontando contro una
  donna, non conoscono l’indole e la forza di
  Zenobia. Non è possibile descrivere il suo
  arsenale di pietre, frecce, e ogni specie di armi da
  lancio e macchine militari” (Historia Augusta, Aureliano, XXVI,
  3)
• Le difficoltà di Aureliano lo spinsero a scrivere alla
  regina chiedendole di arrendersi a condizioni di
  favore, ma Zenobia rifiutò rispondedogli con una
  lettera diventata famosa e poi tramandata per
  secoli in Oriente
                                                                96
Una famosa lettera di Zenobia a Aureliano
• Virtute faciendum est quidquid in rebus bellicis est
  gerendum. Deditionem meam petis, quasi nescias
  Cleopatram reginam perire maluisse quam in qualibet
  vivere dignitate. Nobis Persarum auxillia non desunt, quae
  iam speramus, pro nobis sunt Saraceni, pro nobis Armenii.
  Latrones Syri exercitum tuum, Aureliane, vicerunt. Quid? Si
  igitur illa venerit manus, quae undique speratur, pones
  profecto supercilium, quo nunc mihi deditionem, quasi
  omnifariam victor, imperas.«La guerra va combattuta con il
  coraggio. Chiedi la mia resa, come non sapessi che la regina
  Cleopatra preferì morire piuttosto che vivere di una dignità
  qualsiasi. Non ci mancano aiuti, sui quali contiamo, dalla
  nostra parte sono Saraceni, Armeni. Briganti siriani hanno
  superato il tuo esercito, Aureliano. Quindi, se giungerà
  l’aiuto sul quale contiamo in ogni modo, deporrai la
  superbia, con la quale ora mi comandi la resa, come fossi il
  sicuro vincitore» (Historia Augusta, Aurelianus, XXVII, 2-5)
                                                             97
La resa di Zenobia e di Palmira
                         • Tuttavia, i giorni e le settimane
                           d’assedio che si accumulavano
                           rendevano la situazione di Palmira
                           sempre più difficile, e la regina si risolse
                           a prendere la fuga, ma mentre fuggiva a
                           dorso di dromedario verso l’Eufrate, fu
                           inseguita da truppe romane e infine
                           catturata e portata come prigioniera di
                           fronte all’imperatore romano.
                         • Quando Aureliano le chiese come
                           avesse osato opporsi insolentemente
                           agli imperatori romani, lei gli rese
                           onore, Imperatorem te esse cognosco,
“L’ultimo sguardo
                           qui vincis, Gallienum et Aureolum et
di Zenobia a Palmira”,     ceteros principes non putavi,
di H. Schmaltz, inizio     «Riconosco come imperatore te, che mi
‘900                       vinci, non ho considerato sovrani
                           Gallieno e Aureolo e gli altri» (Historia
                           Augusta, Zenobia, XXX, 23)
                                                                   98
Il cedimento di Zenobia

• Aureliano la lasciò comunque nelle mani della
  soldataglia, che spaventò e forse torturò Zenobia, la
  quale perse la sua forza e baldanza, tanto da chiedere
  pietà al suo catturatore
• Sostenne che furono i suoi ministri a spingerla verso la
  resistenza, e che la lettera di sfida era stata scritta in
  realtà da Longino a nome suo
• I collaboratori di Zenobia furono lasciati alla furia della
  soldataglia e Longino morì dignitosamente, a quanto
  sembra rimanendo vicino a Zenobia per sostenerla e
  riconciliarla con il suo destino
• Palmira fu saccheggiata dagli assedianti, ma i palazzi
  rimasero intatti e i cittadini furono risparmiati
                                                                99
La distruzione di Palmira
                                  Anfiteatro di
                                  Ar-Raqqah




                         Aureliano
                         a Palmira,
                         disegno del primo
                         Ottocento



• Tuttavia, mentre Aureliano tornava in Europa fu informato
  di una ulteriore rivolta dei palmiresi contro le autorità
  romane
• In breve tornò indietro, e decise di punire atrocemente la
  città: uomini, donne e bambini furono massacrati, gli edifici
  incendiati o rasi al suolo
• Palmira divenne una città diroccata e fantasma fino a che
  tra Ottocento e Novecento alcuni viaggiatori inglesi la
  riscoprirono per caso                                         100
Zenobia a Roma
                      • Aureliano celebrò a Roma il suo trionfo, e
                        all’interno della processione regale, trovò
                        posto anche Zenobia, portata in Occidente
                        come ostaggio, in ceppi d’oro di tale peso
                        che due schiavi la dovevano sorreggere
                      • Di Vaballato non si hanno notizia certe,
                        probabilmente morì nel viaggio da Palmira
                        a Roma.
                      • Sulla sua fine, si tramandano due racconti
                        diversi: per alcuni si suicidò, non
                        sopportando la degradazione del suo stato,
                        come fece Cleopatra; per altri Aureliano le
                        concesse di vivere in una grande villa
                        presso Tivoli. Qui si unì a un senatore
“Zenobia in catene”
                        romano, da cui ebbe delle figlie, la cui
di Harriet Hosmer
(1859)
                        discendenza si sarebbe prolungata fino al V
                        secolo
                                                                 101
Monumento funerario di Zenobia




                         Busto funerario di
                         Zenobia, British Museum,
                         Londra

                                            102
Bibliografia (di massima)
• Aa. Vv., Zenobia. Il sogno di una regina
  d’Oriente, catalogo della mostra omonima,
  Milano, Skirà
• Francesca Cenerini, La donna romana,
  Bologna, il Mulino
• Annelise Freisenbruch, Le donne di Roma,
  Milano, Bruno Mondadori
• Pierre Grimal, Memorie di Agrippina, Milano
  Garzanti
• Alberto Magnani, Giulia Domna, Milano, Jaca
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Agrippina, Giulia Domna, Zenobia: tre donne in cerca del potere a Roma

  • 1. 1
  • 3. Agrippina nella dinastia Giulio-Claudia 3
  • 4. Agrippina, la nascita fuori da Roma Giulia Agrippina, di Germanico, padre cui la figlia portava il di Agrippina, nome, nipote di avrebbe dovuto Augusto, fu una succedere a Tiberio presenza poco per volontà di gradita a Tiberio fino Augusto, ma morì a che rimase in vita avvelenato in (morì nel 33 d.C.) Oriente in Agrippina minor nacque nei territori germanici circostanze poco dove il padre era impegnato militarmente, nel 15 chiare (19 d.C.) d.C. La sua città natale di Oppidum Ubiorum, odierna Colonia, prese poi nome da lei: Colonia 4 Agrippinensium
  • 5. Una vita indirizzata e condizionata dalla politica L’albero genealogico di Agrippina non lascia dubbi sul fatto che la sua vita dovesse essere indirizzata e condizionata dalla politica. Il bisnonno materno fu Ottaviano Augusto, quello paterno fu Marco Antonio 5
  • 6. Agrippina e gli imperatori della dinastia Giulio - Claudia Tiberio, secondo Claudio, fratello di imperatore della Germanico, zio di dinastia Giulio- Agrippina, Claudia, costrinse imperatore fra il 41 e Agrippina a il 54d.C., sposò sposare, ancora Agrippina in quarte adolescente, nozze nel 49 e Gneo Domizio adottò il figlio di lei, Enobarbo (padre di Nerone, aprendogli Nerone) la strada al potere Gaio Claudio Caligola, imperiale fratello di Agrippina, e imperatore dal 37 Nerone, figlio di al 41, esiliò le sorelle Agrippina e Domizio Agrippina e Giulia Enobarbo, fu spinto Livilla nell’isola di al potere dalla madre Ventotene, e fu imperatore dal sospettandole di 54 al 68 d.C.. Fece complottare contro di uccidere la madre lui (39 d.C.) nel 59 d.C. 6
  • 7. Agrippina, unicum ad hunc diem exemplum: sorella, nipote, moglie e madre di imperatori Agrippina nella famiglia Giulio-Claudia rappresentò una presenza eccezionale, che colpì Tacito a decenni di distanza [femina] quam imperatore genitam, sororem eius qui rerum potitus sit et Cornelio coniugem et matrem fuisse, unicum ad hunc Tacito diem exemplum est, «donna che figlia di un generale (Germanico), sorella di colui che si impadronì del potere assoluto (Caligola), moglie e madre di imperatori (Claudio e Nerone) fu un caso unico fino a quel momento» [Annales, 12, 42, 2] 7
  • 8. Una dinastia (quasi ) matrilineare Augusto non ebbe eredi diretti di sesso maschile A partire dalla figlia Giulia, nonna di Agrippina, che fu sposata prima a Agrippa, poi a Tiberio, le donne della gens Iulia diventarono decisive per mantenere l’auctoritas imperiale di Augusto nella dinastia imperiale da lui fondata, attraverso i matrimoni politici che le coinvolgono «Le varie principesse imperiali hanno un vero e proprio ruolo politico,volto via via a assicurare una maggiore percentuale di sangue augusteo nelle vene del pretendente di turno, in un crudele gioco al massacro che prevede l’eliminazione fisica del perdente» (Francesca Cenerini) 8
  • 9. Agrippina come la dea Fortuna Agrippina rimase apparentemente in secondo piano nella vita politica romana fino al 47 d.C., a parte il periodo di Caligola. Caligola volle che le sue tre sorelle, Drusilla, Giulia Livilla e Agrippina, ricevessero gli stessi onori delle vestali e nei giochi avessero i posti migliori In un sestertius di bronzo del 37-38 le tre donne furono le prime ritratte e identificate quando erano ancora vive su una moneta di conio imperiale Agrippina rappresenta la Fortuna (Drusilla era la Securitas, Livilla la Concordia) 9
  • 10. La disgrazia di Messalina, le manovre di Agrippina Dal 47, Agrippina, dopo l’esilio comminatogli dal fratello e un secondo matrimonio con Passieno Crispo, tornò sulla scena pubblica romana durante i Giochi Secolari, in cui sfilò a cavallo anche suo figlio Nerone, che fu salutato dalla folla con grande calore, superiore a quello riservato a Britannico, figlio dell’imperatore Claudio e di Messalina Valeria Messalina fu Messalina fu eliminata dal consorte nel 48, condannata dal dopo avere suscitato scandalo per una serie di Senato alla tradimenti e stravizi sessuali noti a tutta Roma damnatio memoriae Agrippina cominciò la tessitura per diventare imperatrice 10
  • 11. Un matrimonio scandalosamente utile Dopo avere ottenuto l’importante sostegno del liberto Pallante, Agrippina diventò moglie di Claudio nel 49 Era vedova, nobile, ricca e bella L’ostacolo principale al matrimonio era il rischio di incesto, visto che Claudio era zio di Agrippina, e la legge romana proibiva l’unione tra consanguinei Il matrimonio sembrò politicamente opportuno perché avrebbe permesso di unire i due rami della dinastia, la gens Iulia e quella Claudia Il Senato, in base a queste considerazioni, decise la deroga alle secolari leggi romane e permise il matrimonio, avvenuto a tre mesi dalla morte di Messalina 11
  • 12. Agrippina, Augusta nel 50 d.C. In questo aureus Del 50-51 d.C., sono raffigurati Claudio e Agrippina, lei porta già il titolo di Augusta Agrippina fu insignita del titolo di Augusta: fu la prima donna a ricevere questo titolo mentre era ancora regnante e viva, nel 50 d.C. (Livia ottenne il titolo quando era vedova di Augusto, Antonia, sotto Claudio, quando era ormai defunta) 12
  • 13. Agrippina e Claudio, Claudio e Agrippina La “Gemma Claudia” (conservata a Vienna) presenta a sinistra Claudio e Agrippina e sulla destra Germanico (fratello di lui e padre di lei) e Agrippina (madre di lei e cognata di lui) Le raffigurazioni di Agrippina con Claudio significavano per la propaganda imperiale che il regime attraverso il matrimonio di Claudio e Agrippina si stava rinnovando “D’altra parte, esaltare in questo modo Agrippina poteva rappresentare un rischio, poiché sul piano visivo l’imperatrice risultava collocata allo stesso livello dell’imperatore” (A. Freisenbruch) 13
  • 14. Un potere femminile ? Versa ex eo civitas et cuncta feminae oboediebant, non per lasciviam, ut Messalina, rebus Romanis inludenti. adductum et quasi virile servitium: palam severitas ac saepius superbia; nihil domi impudicum, nisi dominationi expediret. cupido auri immensa obtentum habebat, quasi subsidium regno pararetur. «Da quel momento nell’ordine politico vi fu un sovvertimento e tutto obbediva a una donna, che tuttavia non si prendeva gioco degli interessi di Roma, come aveva fatto Messalina. Era una tirannia rigida esercitata da una mano quasi virile; all’austerità, non disgiunta per lo più da superbia, della vita pubblica corrispondeva il rifiuto di ogni dissolutezza dentro casa a meno che fosse utile al desiderio di potere assoluto. (Agrippina) aveva un’immenso desiderio di ricchezza, che era giustificata col fornire di mezzi lo Stato» (Tacito, Annales, 12, 7, 3) 14
  • 15. Un progetto politico femminile Nel 51, l’inaugurazione di un arco trionfale per celebrare la vittoria di Claudio in Britannia mise in evidenza come sulla scena pubblica l’imperatore e l’imperatrice fossero sullo stesso piano. Il capo britannico Carataco, lo sconfitto, fu condotto in catene insieme alla sua famiglia a chiedere clemenza a Claudio e Agrippina, un evento mai visto prima, novum sane et moribus veterum insolitum, feminam signis Romanis praesidere: ipsa semet parti a maioribus suis imperii sociam ferebat, «fatto strano e insolito rispetto ai costumi degli antichi, che una donna si sedesse davanti alle insegne romane: ma lei in persona si considerava parte dell’impero fondato dai suoi antenati» (Tacito, Annales, 12, 37, 4) 15
  • 16. L’impero,affare di famiglia in chiave matrilineare Agrippina voleva presentare Nerone come erede diretto di Augusto, sulla Augusto base del sangue materno, attraverso una discendenza solo femminile: da Augusto a Nerone vi sono Giulia, Agrippina maior e Agrippina minor Giulia L’impero era, nella visione di Agrippina, cosa di famiglia, la gens Iulia, visto che era stato fondato dal suo bisnonno Ottaviano Augusto Agrippina maior Agrippina minor 16 Nerone
  • 17. Lucio Domizio Enobarbo diventa Nerone Il progetto politico di Agrippina passava attraverso il figlio e la prima tappa importante fu l’adozione di Lucio Domizio Enobarbo da parte di Claudio. Il ragazzino cambiò nome in Nerone Claudio Druso Germanico Cesare, in modo da diventare parte dei Giulio-Claudi anche a livello nomenclatorio Agrippina voleva scalzare dalla successione al trono imperiale Britannico, figlio di Claudio e Messalina Affidò l’educazione del figlio a Seneca, il filosofo che era stato esiliato in Corsica per adulterio con la sorella di lei, Giulia Livilla e che fu “perdonato” da Claudio; e a Afranio Burro, ex amministratore delle proprietà di Livia, nominato prefetto del pretorio 17
  • 18. Nomen omen: Colonia Augusta Agrippiniensis Agrippina quo vim suam sociis quoque nationibus ostentaret in oppidum Vbiorum, in quo genita erat, veteranos coloniamque deduci impetrat, cui nomen inditum e vocabulo ipsius. ac forte acciderat ut eam gentem Rhenum transgressam avus Agrippa in fidem acciperet. «Agrippina, per mostrare chiaramente la sua potenza anche di fronte agli alleati, ottenne che fosse fondata nella città degli Ubi, dove era nata, una colonia di veterani che prese nome da lei. Si dava poi la coincidenza che gli Ubi, dopo aver passato il Reno, erano stati accolti da Agrippa, nonno di lei». (Tacito, Annales, 12, 27) La colonia si chiamò Colonia Claudia Augusta Ara Agrippinensis e gli abitanti di essa si definivano Agrippinenses. Inoltre l’imperatrice volle che le insegne della città fossero piantate a capo del ponte sul fiume Reno dove sua madre Agrippina, con lei in braccio, aveva fermato i legionari in fuga, salvando così dal saccheggio quel centro degli Ubi dal saccheggio e dalla devastazione. 18
  • 19. L’onore del carpentum Sesterzio con Agrippina maior sul recto e il carpentum sul verso • suum quoque fastigium Agrippina extollere altius: carpento Capitolium ingredi, qui honos sacerdotibus et sacris antiquitus concessus venerationem augebat feminae, «Agrippina volle ancora di più elevare la propria dignità:entrava in campidoglio sul carpento. Quell’onore era stato concesso fin dall’antichità ai sacerdoti e alle immagini degli dei, e ora accresceva la venerazione verso una donna» (Tacito, Annales, 12, 42) Il carpento era un carro coperto che poteva portare due o tre persone. La madre defunta di Agrippina era stata omaggiata su una moneta con la raffigurazione di questo carro. Inoltre Claudio accettò che i sacerdoti omaggiassero la moglie in Campidoglio, onore mai ricevuto prima da nessuna imperatrice 19
  • 20. I commentarii di Agrippina Un’autobiografia politica ? Agrippina aveva in mente un preciso progetto di egemonia politica: è testimoniato dal fatto che scrisse una specie di autobiografia, fatto inconsueto per una donna. Questa opera, intitolata probabilmente Commentarii fu composta dall’imperatrice per dare forza alla sua posizione a corte e sostenere l’ascesa al trono del figlio Nerone. fu usata come fonte da Plinio il Vecchio, Cassio Dione e Tacito. id ego, a scriptoribus annalium non traditum, repperi in commentariis Agrippinae filiae quae Neronis principis mater vitam suam et casus suorum posteris memoravit. «Queste notizie, che gli annalisti non tramandarono, io ho trovato nei commentari della figlia di Agrippina, madre dell’imperatore Nerone, che narrò ai posteri la storia della sua vita e delle vicende dei suoi» [Tacito, Annales 4.53.2] 20
  • 21. La costruzione del potere • I delitti che vengono attribuiti a Agrippina sono diversi, e tutti motivati dalla volontà di non avere opposizioni sulla strada del potere. • Due esempi sono Lollia Paolina e Domizia Lepida • Lollia Paolina, rivale dell’Augusta al tempo della scelta di una moglie per Claudio, fu costretta al suicidio dopo essere stata esiliata • Domizia Lepida, che aveva fatto da tutrice a Nerone durante l’esilio della madre e che era lolto legata al ragazzo, fu condannata a morte con l’accusa di avere lanciato il malocchio contro l’imperatrice 21
  • 22. La morte di Claudio • Tutte le fonti sostengono che il delitto supremo fu l’omicidio di Claudio, ucciso a seguito di una cena a base di funghi, che erano stati avvelenati • La situazione somigliava fortemente a quella che si verificò con la morte di Augusto, quaranta anni prima • Il decesso di Claudio fu annunciato solo dopo che Nerone aveva ricevuto il sostegno dell’esercito e del senato 22
  • 23. Una madre incorona il figlio Questo pannello fu ritrovato a Afrodisia,in Asia Minore, nel 1979. Agrippina è a destra di Nerone e gli poggia una corona sulla testa L’Augusta è raffigurata come Demetra, la dea del raccolto, e sul braccio porta una cornucopia che è piena di melograni, mele e grappoli d’uva Nerone indossa vesti militari e guarda lontano SI tratta della prima immagine giunta fino a noi in cui un membro di una dinastia romana ne incoroni un altro, e particolare è il fatto che sia una madre a incoronare il figlio. 23
  • 24. Agrippina e Nerone sullo stesso piano La moneta d’oro coniata nel 54 raffigura Agrippina (a destra) e Nerone che si fronteggiano di profilo contornati dalla scritta Agripp[ina] Aug[usta] divi Claud[ii] Neronis Caes[aris] mater Il nome di Agrippina ha la precedenza su quello del figlio, e la posa di questo ritratto pone madre e figlio sullo stesso piano. 24
  • 25. Nerone vincolato alla madre • Il vincolo di Nerone con Agrippina era molto forte, almeno nei primi tempi del potere di lui come narra Tacito mettendo in evidenza due particolari, uno relativo a una parola d’ordine “speciale”, l’altra agli onori riservati a Agrippina propalam tamen omnes in eam honores cumulabantursignumque more militiae petenti tribuno dedit optimae matris. decreti et a senatu duo lictores, flamonium Claudiale, simul Claudio censorium funus et mox consecratio. «Tuttavia, sul piano formale, tutti gli onori erano diretti alla persona di Agrippina; e Nerone, a un tribuno che gli chiedeva, secondo il regolamento, la parola d'ordine, rispose: «La migliore delle madri». Il senato le assegnò due littori e la carica di sacerdotessa del divo Claudio, e a questi pubbliche onoranze funebri e, più tardi, l'apoteosi.» [Tacito, Annales, 13, 2] 25
  • 26. Agrippina senatore “occulto” • Agrippina voleva essere vicina anche fisicamente al potere, tanto da assistere alle riunioni del Senato che si tenevano nel palazzo imperiale del Palatino, ascoltando le discussioni dietro una tenda, patres, qui in Palatium ob id vocabantur, ut adstaret additis a tergo foribus velo discreta, quod visum arceret, auditus non adimeret. «i senatori, i quali venivano riuniti a palazzo, proprio perché lei potesse presenziare, per mezzo di un vano praticato sul fondo della sala e chiuso da una tenda, che impedisse agli altri di vederla, ma le permettesse di sentire.» [Tacito, Annales, 13, 5 ] 26
  • 27. Agrippina cerca di “fare” politica estera • La madre di Nerone era esclusa dalla partecipazione a questi incontri perché le donne non dovevano prendere parte a nessun affare di Stato , anche se l’Augusta cercò di sovvertire questa esclusione, rischiando l’incidente diplomatico, quin et legatis Armeniorum causam gentis apud Neronem orantibus escendere suggestum imperatoris et praesidere simul parabat, nisi ceteris pavore defixis Seneca admonuisset, venienti matri occurrere. ita specie pietatis obviam itum dedecori. «Anzi, una volta che una delegazione armena perorava, davanti a Nerone, a favore del proprio popolo, Agrippina stava per salire sul palco imperiale e presiedere all'udienza insieme al figlio, ma per fortuna Seneca, mentre gli altri se ne stavano inchiodati dalla paura, suggerì a Nerone di muovere incontro alla madre. Così, con la finta di un omaggio filiale, si evitò uno scandalo.» [Tacito, Annales, 13, 5] 27
  • 28. Agrippina diventa “invisibile” Nerone imperatore su un aureus del 56/57 • A partire dal 55, il ritratto e il nome di Agrippina scomparvero dalle monete, e su di esse venne raffigurato soltanto Nerone. • L’imperatore era stabilmente insediato sul trono da un anno e era sembrato più opportuno che l’immagine di Nerone non fosse accompagnato da altre figure che rendessero la sua meno importante • Tuttavia la scomparsa di Agrippina dalle monete era anche il segno di un raffreddarsi dei rapporti tra lei e il figlio 28
  • 31. Emesa, crocevia del deserto siriaco Giulia Domna nacque intorno al 170 nella città di Emesa, oggi Homs, una località carovaniera della Siria, ricca grazie al fatto di avere dal fiume Oronte e da un lago adiacente acqua, che permetteva di allevare cavalli e cammelli, e essendo dotata di un suolo vulcanico che permetteva di coltivare grano, frutta e olive. “Adagiata sulla terra, sfiora il cielo con le sue alte torri” affermò il poeta Avieno nel III secolo d.C. 31
  • 32. La famiglia sacerdotale di Domna • Il padre di Giulia Domna era sommo sacerdote del dio El - Gabal. La divinità di questo nome era un dio del Sole venerato sotto forma di una grossa pietra nera conica. • La sua famiglia aveva regnato a Emesa fino a che la città con il suo territorio era diventata satellite dell’impero romano, durante la dinastia flavia, e ebbe il compito di essere una prima difesa dei confini Tempio di El-Gabal a imperiali contro Parti e predoni del Emesa che ha all’interno deserto la pietra conica venerata come divinità, in un • I membri della famiglia di Domna moneta del 253-254 d.C. avevano assunto il nome latino della gens Iulia a cui aggiungevano il nome personale 32
  • 33. Un nome evocativo • Il nome semitico della futura imperatrice dice molto del suo destino negli anni a venire: meret significa “signora” o “padrona” • Il termine fu tradotto in latino, lingua che la giovane Giulia non conosceva, con “Domina”, che assunse poi la forma “Domna”, contrazione del sermo vulgaris • Per altri il nome Domna è associabile a Dumayna, cioè “Nera” 33
  • 34. Un’educazione letteraria • Le donne di alto lignaggio in Oriente venivano cresciute sin dai secoli più antichi in modo differente rispetto a Roma • Domna fu educata alla conoscenza della letteratura greca e probabilmente anche della retorica, come mostra il fatto che da imperatrice si distinse per la competenza e l’interesse verso questa disciplina 34
  • 35. Settimio Severo Il primo incontro tra Domna e il futuro marito Settimio Severo avvenne tra 180 e 182, quando questi diventò comandante della Legione Scitica stanziata in Siria. Dopo che, nel 185, quest’ultimo rimase vedovo, secondo un aneddoto rammentò una notizia che aveva saputo tempo prima. ipse quoque matheseos peritissimus, et cum audisset esse in Syria quandam, quae id geniturae haberet, ut regii ungeretur, eandem uxorem petit, Iuliam scilicet. «Egli era assai esperto di astrologia Settimio Severo, e dopo che aveva saputo che in Siria vi era una nato a Leptis donna che era nata per sposare un re, la chiese in Magna in moglie, Giulia s’intende». (Historia Augusta, Severus, XIX) Tripolitania nel Come Domna, anche Settimio Severo era anche un 145, ebbe una uomo di buoni studi letterari e filosofici brillante carriera politica e militare 35
  • 36. Il matrimonio con Settimio Severo • Nel 187 Giulia Domna fu chiesta in moglie da Settimio Severo, che era all’epoca governatore della Gallia Lugdunense e risiedeva a Lione. • Tra i due esisteva una notevole differenza di età, lui aveva quarantadue anni e lei non era ancora maggiorenne, ma unione di questo genere erano frequenti a Roma 36
  • 37. Gli anni di Lione • I due anni trascorsi a Lione per Domna furono importanti per almeno due motivi • Nel 188 nacque Bassiano, il futuro imperatore Caracalla, primo figlio della coppia, affidato a una nutrice cristiana (segno dell’apertura mentale dei genitori) • Domna venne formata alla cultura latina ribaltando la situazione che si creava solitamente con il matrimoni precoci, in cui l’educazione della moglie si interrompeva • “Aveva sposato un uomo colto, di quelli che amavano esibire mogli intellettualmente brillanti” (A. Magnani) 37
  • 38. Un presagio di morte • La coppia Severo-Domna si trasferì a Roma nel 189, e qui ebbero un secondo figlio, Geta Statim ut natus est, nuntiatum est ovum gallinam in aula peperisse purpureum. Quod cum allatum Bassianum frater eius accepisset et quasi parvulus adplosum ad terram fregisset, Iulia dixisse ioco fertur : "Maledicte paricida, fratrem tuum occidisti." «Subito quando (Geta) nacque, fu annunziato che una gallina a corte aveva partorito un uovo color porpora. Dopo che l’uovo era stato portato loro, il fratello di lui Bassiano lo aveva preso come fanno i bambini e lo aveva distrutto gettandolo a terra. Si dice che Giulia avesse commentato per scherzo, “Razza di assassino, hai ucciso tuo fratello!” (Historia Augusta, Geta, III) • L’aneddoto leggendario prefigura l’evento storico effettivo che anni dopo vedrà Geta ucciso sotto gli occhi di Domna da Bassiano/Caracalla, deciso a governare senza condividere il potere con il fratello più giovane. Il colore purpureo dell’uovo è quello della veste imperiale 38
  • 39. Settimio Severo ascende al trono Gli eventi politici a Roma si evolvevano molto rapidamente L’imperatore Commodo fu ucciso da una congiura nel 192, dopo anni di potere autocratico, probabilmente con l’attiva complicità di Settimio Severo Gli successero prima Pertinace, assassinato nel marzo 193, e Didio Giuliano, che si fece proclamare imperatore pagando i pretoriani Settimio Severo a sua volta si fece designare imperatore dai suoi legionari, mentre era in Pannonia, e fece allontanare da Roma Domna, Bassiano e Geta per evitare che Giuliano li usasse come “arma impropria” nella lotta di potere Nel maggio 193, Giuliano fu ucciso, mentre l’esercito di Settimio Severo era già arrivato a Terni e si preparava a combattere contro l’imperatore 39
  • 40. Il titolo di Augusta • Il 1 giugno del 193 Settimio Severo fu proclamato imperatore e a Giulia Domna fu immediatamente attribuito il titolo di Augusta Giulia Domna raffigurata su una moneta d’oro del 193-196 con il titolo di Augusta 40
  • 41. Una donna nell’esercito • Domna si fece conoscere concretamente durante la campagna militare in Asia Minore di Settimio Severo contro il rivale Pescennio Nigro, che voleva contendergli l’impero • Visse insieme al marito l’intera spedizione nelle condizioni “al limite” di un esercito in marcia e in guerra, fino alla vittoria con cui Severo sconfisse Nigro nel marzo 194 • Il 14 aprile del 194 Domna ebbe il titolo di mater castrorum , madre dell’accampamento 41
  • 42. Mater Castrorum • Il titolo onorario, conferito a Domna, di Mater castrorum nasce dall’idea di impero come famiglia che Settimio Severo intendeva affermare, secondo il modello di augusto • L’esercito era così vincolato all’imperatrice secondo un rapporto tra madre e figli e si creava una vera e propria maternità istituzionale Giulia Domna su una moneta come“Mater • Il tutto era stato motivato anche Castrorum” dalla presenza in mezzo ai soldati di Il titolo fu conferito per la prima volta a Faustina, Domna, che aveva condiviso la loro moglie di Marco Aurelio vita 42
  • 43. Mater Caesaris, Mater imperatoris designati • Severo voleva che la sua famiglia diventasse una dinastia vera e propria, e così cambiò nome al primogenito Bassiano in Marco Aurelio Antonino e lo nominò Caesar: in questo modo lo designò come suo erede • Domna fu chiamata così Mater Caesaris, e poi Mater imperatoris designati 43
  • 44. Una famiglia ideale • “A partire da questo momento la famiglia imperiale incominciò a assumere una centralità nuova nell’ordinamento politico. • Diventava una sorta di famiglia ideale a cui i sudditi a cominciare dai soldati avrebbero dovuto guardare come a un modello, assumendo un rispetto filiale nei confronti dei coniugi regnanti. • Ciò era possibile anche perché da tempo non si vedeva una famiglia imperiale completa e concorde” (Alberto Magnani) • E’ probabile che in questo schema imperiale Domna entrasse da protagonista, non solo come persona coinvolta nella politica del marito, ma anche partecipando alle decisioni di Severo 44
  • 45. Severo costruisce una dinastia • Nel 197, Settimio Severo si liberò dell’ultimo pericolo per il suo impero, Clodio Albino, a cui aveva promesso la carica di Caesar prima di conferirla a suo figlio. • Albino si suicidò a Lione, dove severo fece uccidere anche la sua famiglia e a Roma compì una strage di tutti i sostenitori del suo rivale • Lo spinse a questa crudeltà il prefetto del pretorio Plauziano, parente di Severo, suo stretto consigliere e nemico di Domna a corte • Si pensa, interpretando le fonti, che Domna non fosse favorevole a tale crudeltà efferata 45
  • 46. Bassiano e Geta, Augustus e Caesar • Il domino del potere dinastico in quegli anni fu ridisegnato con la pressione di Domna, fratri semper invisus, matri amabilior quam frater, sub balbe tamen canorus. […] Post Parthicum bellum pater cum ingenti gloria floreret, Bassiano participi imperii appellato Geta quoque Caesaris et Antonini, ut quidam dicunt, nomen accepit. • «il fratello gli era ostile, mentre la madre lo preferiva a Bassiano, per quanto balbuziente. […] Dopo la guerra contro i Parti, quando il padre era al massimo della gloria, dopo che il fratello Bassiano fu chiamato Augusto, anche Geta assunse il nome di Cesare e Antonino” (Historia Augusta, “Geta”, I, 5] 46
  • 47. Concordia e aeternitas imperii Geta (a sinistra) con il titolo di Caesar, Severo Antonino Bassiano e Geta e Domna che dovrebbero garantire aeternitas all’impero In questi aurei, vengono auspicati i principi che guidarono Settimio Severo a costruire la dinastia che avrebbe dovuto discendere da lui: la concordia tra i membri della sua famiglia che avrebbero dovuto poi grazie a essa garantire una eternità all’impero, imperniata sui Severi 47
  • 48. Un impero condiviso Giulia Domna raffigurata su una moneta il cui verso riporta il ritratto del figlio Geta, a cui era molto legata, secondo Cassio Dione • Domna probabilmente fece pressioni su Severo perché creasse un impero condiviso tra i loro due figli, richiamandosi all’esempio di Marco Aurelio, di cui Severo si era autodesignato figlio adottivo, e che aveva diviso il potere con il fratellastro Lucio Vero • Domna aggiunse ai suoi titoli un’ulteriore designazione: Mater Augusti et Caesaris 48
  • 49. La politica familiare • “Per i primi cinque anni di potere,ogni angolo dell’impero fu bombardato da immagini dell’unità familiare dei Severi. Tutte le casate imperiali erano state commemorate in ritratti di gruppo, ma nessuna aveva incluso la moglie dell’imperatore e i figli con tale frequenza: un modo per enfatizzare l’importanza simbolica della donna come madre garante del futuro della dinastia severiana” (A. Freisenbruch) 49
  • 50. Una famiglia alla guida dell’impero Aureo coniato nel 202: sul recto si trova la raffigurazione di Severo, sul verso Domna tra Bassiano (sin.) e Geta (dx). La moneta richiamava una simile che ritraeva Faustina e i suoi figli 50
  • 51. Una famiglia alla guida dell’impero In questo famoso ritratto della famiglia imperiale, sono presenti Giulia Domna, Settimio Severo, Bassiano e Geta, il cui volto fu cancellato per ordine del fratello quando questi lo eliminò perché non intendeva condividere il potere imperiale con lui. Il ritratto risale all’inizio del 200, in occasione di una visita in Egitto. “L’imperatrice ha il volto ancora morbidamente giovanile, incorniciato dalla corvina massa di capelli, bipartiti in mezzo alla fronte e fittamente ondulati ai lati del 51 collo” (Francesca Ghidini)
  • 52. Arco di Lepcis Magna/1, Concordia Augustorum Sull’Arco di Settimio Severo a Lepcis Magna (Libia), realizzato dal 203 nella città natale dell’imperatore, l’imperatrice compare sei volte, prova che Domna è sempre centro delle vicende imperiali In questo pannello, si trova a sinistra dei tre Cesari, Severo stringe la mano a Bassiano, Geta è in piedi tra loro: è raffigurata la proclamazione della Concordia Augustorum Domna è vicino alla dea Minerva, probabilmente in virtù del ruolo di mater castrorum: questo significa che aveva una funzione essenziale ai vertici dell’Impero, presiedendo a un atto centrale per la vita imperiale. 52
  • 53. Arco di Lepcis Magna/2, Domna presenzia a un sacrificio Domna è raffigurata in questo pannello all’estrema sinistra in cui è l’unica donna e verso destra vi sono Geta, l’Impero, Settimio Severo, Antonino Bassiano e Plauziano, che presenziano al sacrificio di un toro. La presenza di un’imperatrice in una scena di sacrificio è molto insolita e “stava a simboleggiare l’importante ruolo di custode dell’unità familiare che svolgeva” (A.Freisenbruch) 53
  • 54. Arco di Lepcis Magna/3, Domna come Giunone In questo rilievo,ancora dall’Arco di Lepcis Magna le due figure centrali sono Giunone e Giove, ma i due sono raffigurati nelle vesti di Domna e Settimio Severo, altra prova della centralità dell’imperatrice nelle sorti di Roma. Giunone era una divinità associata alla fecondità, quindi questo accostamento esprime il ruolo di maternità istituzionale ricoperto da Domna. 54
  • 55. Il circolo “filosofico” di Domna Tra il 200 e il 205 Domna,mentre a corte si rafforzava il potere di Plauziano, riunì intorno a sé un nutrito gruppo di intellettuali, composto da retori e studiosi di filosofia Si trattava di un circolo non stabile aperto a diversi apporti, e inizialmente lo componevano coloro che a corte dovevano educare i figli di Domna e Severo, e le nipoti della coppia imperiale, Giulia Soemia e Giulia Mamea, provenienti anch’esse dalla Siria. Quando i giovani esaurirono il periodo di formazione, visto che Bassiano e le nipoti si erano sposati, gli intellettuali rimasero a corte riuniti intorno a Domna, che approfondì e perfezionò la propria cultura sino a imporsi su retori e letterati “con un’autorevolezza che non derivava solo dal fatto di essere imperatrice” (A.Magnani) La personalità di maggiore rilievo del circolo fu Antipatro di Ierapoli, sofista, legato alla famiglia imperiale fin dall’inizio dell’esperienza imperiale. 55
  • 56. Caratteri distintivi e membri del circolo di Domna Il circolo patrocinato da Domna coltivava soprattutto la cultura greca, e quando Antipatro lasciò Roma fu Flavio Filostrato detto l’Ateniese, a diventare la personalità più importante del gruppo: Domna lo spinse a scrivere un romanzo apologetico, Vita di Apollonio di Tiana, come lui stesso afferma, e poi compose le Vite dei Sofisti, opera biografica sulla Seconda Sofistica. Ritratto di sofista, età di Settimio Altri esponenti del circolo furono Claudio Severo Eliano, romano che scriveva in greco, che scrisse La natura degli animali. Antonio Gordiano, ricco senatore che era profondamente latino per cultura, formazione e lingua e il famoso medico greco Galeno 56
  • 57. Severo e il circolo di Domna • Probabilmente anche Settimio Severo partecipò almeno saltuariamente alle attività del circolo che fece meritare a Domna il soprannome di imperatrice filosofa, datole da Filostrato,nel senso di “amica della filosofia”. In realtà la cultura coltivata da questo gruppo si poneva nell’ambito della Seconda Sofistica, che aveva al centro dei suoi interessi la retorica e l’erudizione enciclopedica. • Severo era molto competente in campo retorico, e sembra che avesse “scoperto” Antipatro e Filostrato mentre era a Atene per studiare Settimio Severo Gli intellettuali del circolo non produssero opere e Domna su un memorabili, ma avevano messo le basi per una sesterzio di attività culturale che si sviluppò negli anni a bronzo del 203 venire Le questioni più dibattute furono letterarie e di carattere mistico - religioso 57
  • 58. Il “clan siriano” intorno a Domna • A Roma Domna aveva ricongiunto intorno a sé la sua famiglia di Emesa: la sorella Giulia Mesa e il marito Giulio Giulia Avito, le figlie della coppia, Giulia Mesa Soemia e Giulia Mamea, e poi i mariti di queste, originari della Siria,che poi ricoprirono cariche politiche. • “Non è senza significato che per vent’anni questo clan conservasse il Giulia controllo del potere, garantendo la Soemia successione imperiale ai figli di Soemia e Mamea (Severo Alessandro e Elagabalo). Viceversa un ruolo di contenimento venne svolta nei confronti della famiglia di Settimio Giulia Severo”. (A.Magnani) Mamea 58
  • 59. Cosa significa “imperatrice filosofa” • Domna fu la prima donna del periodo imperiale a esporsi e a dimostrare pubblicamente i suoi interessi per discipline“maschili” come la retorica e la filosofia. • Molti uomini delle élite romane non gradivano che le donne si interessassero a certi ambiti di conoscenza • “Il caso di Domna può essere visto come una stravaganza permessa all’imperatrice grazie al suo stato altolocato e differente, ma può anche significare che, almeno per le donne di classe sociale privilegiata, gli studi privati in questi campi non erano poi così inaccettabili e rari” (A. Freisenbruch) 59
  • 60. I Ludi saeculares del 204 In questa moneta coniata nel 205 per commemorare i Ludi saeculares Domna è associata a Cibele, raffigurata sul verso della moneta e dea orientale della fecondità, e denominata Mater Augustorum, il che significa che anche Geta era stato promosso al ruolo di Augusto come il fratello Nel 204 Settimio Severo volle celebrare i Ludi Saeculares, i settimi della storia di Roma, mentre era imperatore un uomo di nome Settimio. Furono l’occasione per esaltare la gloria di Roma garantita dall’unità della famiglia imperiale imperniata sulla coppia Domna-Severo Domna guidava centonove matrone romane che celebrarono il rito più importante il 2 giugno 204, uno dei pochi riservato interamente alle donne: Severo dettò a Domna e alle matrone la formula con la quale esse invocarono la dea Giunone perché garantisse la forza e la potenza del popolo romano. Le matrone recitarono la formula, compirono i sacrifici e consumarono per tre volte il banchetto sacro 60
  • 61. Una coppia modello del cosmopolitismo Giulia Domna e Settimio Severo erano presi a modello dalla nuova élite cosmopolita del III secolo, per la quale il latino non era più necessariamente la prima lingua e gli oscuri natali non più una discriminante per l’ammissione alle alte cariche dello Stato. (A.Freisenbruch) In questo rilievo che si trova all’interno dell’Arco degli Argentari a Roma, 204, Severo e Domna compiono una libagione: l’imperatrice ha la mano destra levata, rivolgendo in avanti la palma. Il gesto appartiene alla tradizione religiosa dell’Oriente semitico 61
  • 62. Plauziano, il rivale di Domna, e Plautilla. Grande rivale di Domna alla corte imperiale fu Plauziano, il prefetto del pretorio parente di Settimio Severo Plauziano tra 202 e 203 attuò una fortissima azione contro l’imperatrice per fare in modo che il suo ruolo politico a corte venisse ridimensionato, fino all’accusa di adulterio che le rivolse. Il potere acquisito dal prefetto del pretorio presso Severo fu sancito dal matrimonio che nel 202 unì sua figlia Plautilla con Antonino Bassiano (quattordici anni), lo incluse nella famiglia imperiale e lo fece diventare ufficialmente il Plauziano “quarto Cesare”, dopo Severo, Bassiano e Geta. Plauziano diventò tanto potente da essere raffigurato in diverse statue erette, con la titolatura “suocero e consuocero, indispensabile ai signori nostri” Morì nel 205, sospettato di volersi impadronire del potere imperiale, scaraventato fuori da una finestra del palazzo imperiale secondo le fonti per ordine di Antonino Bassiano. Al suo posto fu nominato Papiniano, un siriano,secondo alcuni parente di Domna Plautilla 62
  • 63. La spedizione in Britannia e la morte di Severo • Nel 208 la famiglia imperiale si mosse verso la Britannia per una spedizione decisa da Settimio Severo per combattere le tribù dei Pitti, che continuavano a fare incursioni in territorio romano e mettevano in crisi le difese romane • Durante questa spedizione, emersero violenti contrasti tra Severo, Antonino Bassiano e Geta, in quanto il fratello più anziano non voleva condividere il potere con il più giovane, nonostante l’opera mediatoria di Domna • Severo morì nel febbraio 211, l’impero avrebbe dovuto essere guidato in comune dai due fratelli, a cui il padre raccomandò di andare d’accordo e di pagare bene i soldati. 63
  • 64. Le divisioni tra i fratelli e la mediazione di Domna • I due fratelli agirono insieme solo nella cerimonia della deificazione del padre, ma per il resto complottavano reciprocamente uno contro l’altro. • A un certo punto sembra che si fossero accordati per dividersi l’impero, Europa al più vecchio, Asia al più giovane. • Domna con un accorato discorso li convinse a rinunciare all’idea, e sembra che anche il Senato le desse fiducia come mediatrice in una situazione estremamente compromessa. 64
  • 65. L’omicidio di Geta • Domna fu l’involontaria complice di Antonino Bassiano, che aveva deciso di uccidere il fratello, e l’aveva convinta a organizzare un incontro • “Fu allora che fecero irruzione nella stanza alcuni centurioni e aggredirono Geta:questi si gettò tra braccia di sua madre e gridò, “Madre, madre, tu mi In questa moneta, in origine si hai generato, aiuto mi uccidono !” E fronteggiavano i volti così le toccò vedere suo figlio ucciso di Geta e Antonino nel modo più ampio tra le sue braccia, Bassiano, ma dopo dove lo aveva nutrito. E fu macchiata l’uccisione del dal suo sangue tanto da non rendersi fratello, Bassiano fece decretare la conto di essere stata lei stessa ferita a damnatio memoriae una mano” (Cassio Dione) di Geta, il cui volto è stato perciò abraso. 65
  • 66. La domina dell’impero di Caracalla • Nei mesi successivi, tra l’imperatore e Domna si stabilì un rapporto di collaborazione politica molto stretto. • Questo fatto, “non mancò di colpire i contemporanei, sconcertati da un imperatore affiancato, in una posizione tutt’altro che secondaria, non dalla consorte, ma dalla madre”. Plautilla, la moglie, era stata esiliata nel 205 a Lipari e sembra che sia stata strangolata per ordine del marito nel 212, quando Antonino Bassiano volle togliere di mezzo tutti coloro che potevano destabilizzare il suo potere. 66
  • 67. Mater Senatus et patriae • Domna aggiunse alla lista delle sue attribuzioni anche quella di Mater Senatus et patriae, così che l’intera lista recitava Iulia Domna Mater castrorum, Augusti, Senatus et patriae • Il titolo di Mater Senatus et patriae fu utilizzato con grande frequenza solo negli anni successivi alla morte di Settimio Severo. • Nessuna donna aveva mai portato il titolo di Mater Senatus e Mater patriae • Questo suggerisce che la madre dell’imperatore era coinvolta nelle decisioni politiche del figlio 67
  • 68. “Finchè ci sarà la spada…” • Il potere di Antonino Bassiano durò cinque anni: fu soprannominato Caracalla a partire dal soggiorno in Gallia dove cominciò a indossare una veste locale, la caracalla,un mantello con cappuccio che impose all’esercito e distribuì agli abitanti più poveri di Roma • Era amato dai soldati, li curava attentamente, tanto che sembra a proposito di essi avesse una discussione con Domna, la quale gli disse che gli Antonino Bassiano eserciti avrebbero esaurito le casse abbigliato con il imperiali, ma Caracalla gli mostrò la spada mantello da cui gli e affermò, “Finchè ci sarà questa, il denaro venne il cognomen non potrà mancare”, ovvero con le con cui passò alla conquiste militari, l’impero non avrebbe storia: Caracalla mai esaurito le risorse. 68
  • 69. Mater populi romani, Pia, Felix • Domna ottenne l’ultimo riconoscimento della sua maternità istituzionale con il titolo di Mater populi romani, Pia e Felix. • Diventò responsabile della corrispondenza di Caracalla, ultimo segno della fiducia e del legame che la univa al figlio imperatore • Nel contempo, continuò a curare il suo circolo di intellettuali confermando il suo soprannome di “filosofa” 69
  • 70. La morte di Caracalla • La tragedia definitiva avvenne nel 216, quando Caracalla, che si preparava a una spedizione contro i Parti. • Il senato era contrario alla politica dell’imperatore, che aveva ampliato la cittadinanza romana a tutti gli abitanti liberi dell’impero e voleva sistemare le questioni della sicurezza nei confini imperiali, ma più che altro i senatori temevano che un successo militare contro i parti avrebbe reso troppo potente Caracalla • Il prefetto del pretorio Macrino si era incaricato di porre fine all’impero e Caracalla fu ucciso dal pretoriano Marziale presso Carre 70
  • 71. Dal tentato suicidio alla segregazione forzata • Domna, alla notizia della morte del figlio, cercò di pugnalarsi, ma fu salvata • Macrino inizialmente non volle farle nulla di male, sapendo il legame tra l’imperatrice madre e l’esercito • Domna cercò anche di far sollevare le truppe che erano nella città di Antiochia, dove si trovava, per mantenere il potere all’interno della sua famiglia: sua sorella Giulia Mesa aveva discendenti maschili da poter investire del titolo imperiale • Macrino allora decise di segregare l’ex imperatrice 71
  • 72. La morte “filosofica”nel 217 • Domna, già malata di un tumore al seno, decise allora di porre fine alla sua vita, e si lasciò morire rifiutando acqua e cibo, morte molto filosofica nella forma (ricordava le morti stoiche), nell’anno 217. • Cassio Dione le riservò queste parole, sorta di epitaffio: «Perse il figlio minore, ucciso tra le sue braccia, detestò il maggiore fino alla fine e seppe che era stato assassinato, sperimentò la perdita del potere e si uccise: pertanto, considerando la sua vita, ci si può chiedere se sia davvero felice chi giunge al culmine del potere, quando non sia assistito da un piacere della vita autentico e reale e da una buona sorte completa e duratura” (Storia di Roma, libro LXXIX, 2) • Fu seppellita nel Mausoleo di Adriano insieme al marito e divinizzata. 72
  • 74. Il territorio di Palmira • Zenobia nacque a Palmira, città della Siria, uno dei principali centri carovanieri della regione desertica mediorientale, che fu chiamata “la sposa del deserto” • Annessa alla provincia romana della Siria nel 19 d.c., Palmira ottenne lo status di città libera, già conferitole da Adriano, durante l’impero di Settimio Severo o Caracalla • Era un vero e proprio regno, che per i Romani aveva un’importanza strategica fondamentale nel fronteggiare i sasanidi, che avevano acquisito il controllo dell’impero dei Parti nel secondo decennio del III secolo 74
  • 75. Le origini e la famiglia I resti di Palmira nell’odierna Siria • Zenobia proveniva da una famiglia importante di Palmira, nella quale si mescolavano culture diverse: aramaica, greca e romana • Il padre aveva il nome romano di Giulio Aurelio Zenobio, e il gentilicium Aurelius dimostra che ottenne la sua famiglia ottenne la cittadinanza romana nel corso del II secolo • Zenobio avrebbe avuto il nome greco di Antiocoς • Sembra che tra i parenti di Zenobio vi fosse, a Emesa, Giulio Bassiano, il padre di Giulia Domna • Il nome della futura regina significava, si dice, “colei che ha bei capelli” 75
  • 76. La discendenza illustre • Zenobia nacque probabilmente nel 242/43 e la madre dovette essere di origine egiziana • <peregrina> enim, nomine Zenobia, de qua multa iam dicta sunt, quae se de Cleopatrarum Ptolemaeorumque gente iactaret, habitu Didonis ornata, diademate etiam accepto, nomine filiorum Herenniani et Timolai diutius, quam femineus sexus patiebatur, imperavit «Una straniera di nome Zenobia, sulla quale si è assai raccontato: si vantava di essere discendente della stirpe di Cleopatra e dei Tolomei, ornata dell’abito di Didone, acquisitone anche il diadema, regnò in nome dei figli Erenniano e Timolao» (Historia Augusta, Triginta Tyranni, Zenobia, XXX) • Di fatto questo significava che Zenobia proclamò di essere discendente da Cleopatra e Didone, ovvero le grandi regine orientali e tolemaiche che spaventarono i romani al-Zabbā’ figlia di Amr figlio di al-Ẓarib ‫الزباء بنت عمرو بن الظرب بن حسان ابن أذينة بن السميدع‬ figlio di Ḥassān figlio di Adhīnat figlio di al- 76 Samīda".
  • 77. Una donna poliglotta, il matrimonio • Probabilmente le lingue che capiva e comprendeva furono Arabo, Greco, Aramaico e Latino, come era normale per una donna di nascita elevata che viveva in un crocevia di culture come Palmira. Si racconta che avesse anche familiarità con l’antico linguaggio egizio • Nel 258 sposò Odenato, un discendente della famiglia dei Settimi, che assunsero questo gentilicium al tempo di Settimio Severo, quando lo sostennero nella Odenato in una Incisione conquista dell’impero (193) rinascimentale • Odenato governava la provincia romana di Siria per nomina dell’imperatore Valeriano 77
  • 78. Le imprese di Odenato • Valeriano fu sconfitto a Edessa, catturato e ridotto in schiavitù da parte dei Sasanidi, guidati da Shapour I, e da schiavo morì nel 260, fatto che a Roma suscitò grandissima impressione • Odenato si fece apprezzare inseguendo i Sasanidi fino a Ctesifonte e provocando loro diverse perdite L’imperatore Valeriano in aureo del 257 • In seguito Odenato sconfisse e uccise il generale romano Callisto che si era ribellato in una congiura a Gallieno, figlio di Valeriano e imperatore insieme al padre, poi da solo dopo la scomparsa del genitore • Gallieno, come segno di gratitudine e fiducia per Odenato, lo nominò dux Romanorum e Corrector totius orientis, cioè suo rappresentante personale in Oriente • Zenobia era con il marito durante queste imprese L’imperatore Gallieno 78 in un busto presso i Musei Capitolini
  • 79. Una donna di spirito guerriero • Le ricostruzioni coeve ci tramandano l’immagine di una donna di spirito guerriero compagna del marito anche nelle condizioni più difficili imposte dalle guerre. • [Odenanatus] solem ac pulverem in bellis Persicis tulit, non aliter etiam coniuge adsueta, quae multorum sententia fortior marito fuisse perhibetur, mulier omnium nobilissima orientalium feminarum et, ut Cornelius Capitolinus adserit, speciosissima , «Odenato sopportò sole e polvere durante le guerre contro i Persiani, cosa a cui era abituata anche la moglie, che a parere di molti era anche più resistente del marito, la donna più nobile fra tutte le orientali, e come affermò Cornelio Capitolino, la più bella» (Historia Augusta, Tyranni triginta, Odenatus, XV, 8) 79
  • 80. La “castità” di Zenobia • Zenobia era la seconda moglie di Odenato, che dal primo matrimonio ebbe tre figli di cui il primo, Erode, era il successore designato dal padere • Nel periodo che va dal 260 al 266, partorì Vaballato, suo primo figlio e quarto di Odenato • Il matrimonio,secondo quanto fu tramandato, era all’insegna della morigeratezza sessuale, cuius ea castitas fuisse dicitur, ut ne virum suum quidem scierit nisi temptandis conceptionibus. Nam cum semel concubuisset, exspectatis menstruis continebat se, si praegnans esset«Si racconta che di una tale morigeratezza, da non accoppiarsi con il proprio marito se non per concepire. Infatti, dopo aver giaciuto, si tratteneva in attesa delle mestruazioni, in attesa di essere gravida» (Historia Augusta, Tyranni Triginta, Zenobia, XXX, 12) • Notizie di questo genere contribuirono a costruire la leggenda di Zenobia, “augusta del deserto” 80
  • 81. L’assassinio di Odenato • Composito igitur magna ex parte orientis statu a consobrino suo Maeonio interemptus est cum filio suo Herode, qui et ipse post reditum de Perside cum patre imperator est appellatus. «Dopo aver pacificato gran parte dell’oriente, fu ucciso dal cugino Meonio, insieme a suo figlio Erode (Historia Augusta, Tyranni triginta, Odenatus, XV, 5) • Si parlò, secondo la più classica delle storie di potere, di un accordo tra Meonio, mosso dall’invidia, e Zenobia, che vedeva i suoi figli sopravanzati da Erode, Dicitur autem primum cum Zenobia consensisse, quae ferre non opterat, ut privignus eius Herodes priore loco quam filii eius, Herennianus et Timolaus, principes dicerentur, «Si dice che dapprima Meonio si fosse accordato con Zenobia, la quale non aveva potuto sopportare che venisse considerato erede al trono il suo figliastro Erode anziché i i suoi figli Erenniano e Timolao» (Historia Augusta, Tyranni triginta, Maeonius, XVII, 2) • La seconda notizia non convince del tutto, poiché Zenobia aveva a a cuore soprattutto la sorte del figlio Vaballato, come mostrarono gli avvenimenti successivi 81
  • 82. Zenobia succede a Odenato • La vedova di Odenato, che aveva assunto il gentilicium del marito, Septimia Zenobia, succedette al corrector totius orientis e regnò insieme e per conto del figlio, Vaballato • Il titolo che scelse per sé fu,significativamente, imperatrix, cioè comandante militare • Era il figlio ad avere ereditato il trono paterno, ma Zenobia rivendicò per sé , visto che Vaballato era minorenne , i titoli di dux Romanorum e corrector totius orientis, e lo fece facendosi accettare dai soldati come comandante supremo dell’esercito 82
  • 83. Zenobia e la missione “imperiale” • Zenobia fu indotta a ritenere possibile per lei governare l’Oriente a causa della debolezza romana, dimostrata dalle vittorie Sasanidi e dalle difficoltà di Gallieno, che doveva fronteggiare il pericolo di sollevazioni galliche. • Gallieno, saputo della morte di Odenato e ritenuta quella di Zenobia un’immotivata usurpazione, mandò contro di lei il generale Eracliano che fu sconfitto dall’esercito dell’imperatrix. • Zenobia si riteneva pronta e anzi destinata a unificare l’Oriente, in quanto Palmira, per posizione geografica e tradizione, era l’unico baluardo contro i Sasanidi e i briganti della penisola arabica: Roma si dimostrava assente in un momento decisivo della storia di quella regione. 83
  • 84. I progetti di Gallieno • Morto Gallieno, Zenobia avviò il suo piano di conquista che aveva quattro obiettivi • il controllo della Siria • l’ estensione del dominio di Palmira nella penisola arabica • la conquista dell’Egitto • l’affermazione della supremazia di Palmira sull’intera Asia minore 84
  • 85. La conquista dell’Egitto • Approfittando dell’instabilità imperiale, Zenobia tra 269 e 270 attaccò il dominio romano dell’Egitto, che era insoddisfatto del governo romano. • La condottiera, valendosi del generale Zabdas, liquidò il prefetto d’Egitto e cacciò i Romani da qui, e poi rivolse agli abitanti di Alessandria un proclama con il quale rivendicava il governo sulla regione in cui si trovava “la città dei suoi antenati”, appunto Alessandria, capitale di Cleopatra. • Da questa conquista derivò a Zenobia il titolo di “regina della guerra”. 85
  • 86. Zenobia Augusta • Nel giro di circa un anno Zenobia, sempre partecipando direttamente alle conquiste per espandere il suo regno, ampliò il suo dominio a tutta la Siria, l’odierno Libano e la Palestina • Zenobia fece coniare in questi mesi a Alessandria le monete con la scritta Septimia Zenobia Augusta 86
  • 87. Il regno di Zenobia nella sua massima estensione 87
  • 88. Il fascino di una dux femina • Le ricostruzioni delle sue imprese fanno trasparire il fascino che Zenobia era in grado di suscitare negli osservatori di una donna che apparteneva al novero di quelle che i romani chiamavano dux femina, un termine che esprimeva disprezzo, ma anche timore di donne che assumessero ruoli e compissero azioni che si pensava fosse esclusivamente maschili Fuit vultu subaquilo, fusci coloris, oculis supra modum vigentibus nigris, spiritus divini, venustatis incredibilis. Tantus candor in dentibus, ut margaritas eam plerique putarent habere, non dentes. Vox clara et virilis. Severitas, ubi necessitas postulabat, tyrannorum, bonorum principum clementia, ubi pietas requirebat, «Ebbe il viso bruno, l’incarnato scuro, gli occhi di un nero intenso, portamento divino, incredibile fascino. Il candore dei denti era tale che si pensava avesse piuttosto delle perle. La voce era limpida e forte come quella di un uomo. La durezza era quella dei tiranni, quando la necessità lo richiedeva; aveva la clemenza dei buoni governanti quando il senso di pietà lo chiedeva» (Historia Augusta, Zenobia, XXX, 15) 88
  • 89. Una regina con elmo, che va a caccia e beve • Nell’ambito della medesima prospettiva si inserisce anche la descrizione di una regina che ha comportamenti fieramente maschili • Imperatorum more Romanorum ad contiones galeata processit cum limbo purpureo gemmis dependentibus per ultimam fimbriam, «Secondo il costume dei comandanti romani partecipò con elmo in testa alle assemblee con un lembo rosso dal quale pendevano gemme lungo l’estremità» • Venata est Hispanorum cupiditate. Bibit Un famoso disegno di Michelangelo in cui saepe cum ducibus, cum esset alias sobria; Zenobia è galeata bibit et cum Persis atque Armeniis, ut eos vinceret. «Andò a caccia con la passione degli ispanici. Bevve spesso con i suoi comandanti, pur essendo altrimenti sobria; bevve anche con Persiani e Armeni, cosi da superarli» (Historia Augusta, Zenobia, XXX, 14, 18) 89
  • 90. La regina guerriera mecenate delle lettere • La dimensione guerriera non era la sola che definisse Zenobia, che ci è stata tramandata anche come donna attenta e appassionata alla cultura • Volle che i figli fossero educati nella lingua e nella letteratura latina, forse per corroborare le loro (e le sue) aspirazioni imperiali • Aveva molto gusto per la letteratura greca e latina, e si dice avesse composto un’epitome di storia per propria utilità • Invitò alla sua corte di Palmira, la sua capitale, storici, poeti e filosofi greci, tra cui Longino, a cui affidò l’incarico di essere suo segretario e ministro • Secondo la tradizione proprio per lei Longino compose il suo trattato “Sul sublime” 90
  • 91. Significato politico della cultura • I rapporti culturali tessuti da Zenobia devono essere inquadrati anche in una prospettiva politica • I rapporti con Longino erano importanti perché il letterato greco era un passepartout per avere il sostegno degli ambienti elevati siriani permeati di ellenismo • La regina di Palmira protesse anche il vescovo di Antiochia Paolo di Samosata (che poi la chiesa cristiana considerò eretico), che probabilmente gli era utile per conciliarsi gli ambienti giudeo-cristiani di Antiochia e Alessandria • Anche il Talmud la ricorda, probabilmente perché aiutò gli ebrei di Siria e Egitto 91
  • 92. Aureliano riconosce le conquiste di Zenobia Vaballato è pettinato “alla partica”, capelli lunghi che formano boccoli sulla nuca, con mantello imperiale e corona di alloro • Inizialmente le conquiste di Zenobia ottennero il riconoscimento di Aureliano, l’uomo che a Roma stava per assumere il potere imperiale • Vaballato ottenne formalmente i titoli di Odenato • Le monete coniate nel 270 a Alessandria dopo l’ascesa al trono di Aureliano mostrano il nuovo imperatore sul recto e Vaballato sul verso 92
  • 93. La riconquista di Aureliano • Tuttavia dal 271 Aureliano decise di riprendere i territori che Zenobia aveva progressivamente sottratto ai Romani, soprattutto per la loro importanza strategica e commerciale: l’Egitto rimaneva una zona agricola importante, il Medio Oriente era essenziale per i commerci. Sembra che Zenobia avesse tagliato i rifornimenti di grano che erano essenziali all’impero. • Provocazione simbolica, ma pesante fu il conio di monete con il viso della regina sul L’imperatore recto e di Vaballato sul verso, segno che ormai romano Zenobia non riconosceva l’autorità romana. Aureliano • All’attacco romano, la regina di Palmira rispose tornando alla testa delle sue truppe e facendosi di nuovo affiancare dal generale Zabda, come nella conquista dell’Egitto 93
  • 94. Le battaglie di Antiochia e Emesa • Questa volta, tuttavia, le vicende militari non arrisero all’imperatrix • Una prima grande e lunga battaglia fu combattuta presso Antiochia, ma la vittoria, seppure dopo una forte resistenza, andò ai Romani • Zenobia fuggì a Emesa per raggruppare le sue forze militari residue e di nuovo sfidò i suoi avversari, ma ancora una volta la resistenza palmirese e siriana fu superata, e con perdite imponenti 94
  • 95. La resistenza di Zenobia • Zenobia si rifugiò allora nella sua città, Palmira, stringendosi attorno i suoi alleati e rafforzando le fortificazioni, dichiarando di essere pronta a difendere la sua capitale e il suo potere fino alla fine • La regina sapeva le difficoltà che poteva presentare per i suoi avversari l’assedio di una città ben rifornita e circondata da deserti, luogo ideale per le imboscate di pirati arabi che apparendo e sparendo molto rapidamente mettevano costantemente in difficoltà eserciti schierati 95
  • 96. Le difficoltà di Aureliano e la richiesta di resa • Aureliano scrisse in una lettera al suo alleato Mucapore, “Quelli che parlano con disprezzo della guerra che sto affrontando contro una donna, non conoscono l’indole e la forza di Zenobia. Non è possibile descrivere il suo arsenale di pietre, frecce, e ogni specie di armi da lancio e macchine militari” (Historia Augusta, Aureliano, XXVI, 3) • Le difficoltà di Aureliano lo spinsero a scrivere alla regina chiedendole di arrendersi a condizioni di favore, ma Zenobia rifiutò rispondedogli con una lettera diventata famosa e poi tramandata per secoli in Oriente 96
  • 97. Una famosa lettera di Zenobia a Aureliano • Virtute faciendum est quidquid in rebus bellicis est gerendum. Deditionem meam petis, quasi nescias Cleopatram reginam perire maluisse quam in qualibet vivere dignitate. Nobis Persarum auxillia non desunt, quae iam speramus, pro nobis sunt Saraceni, pro nobis Armenii. Latrones Syri exercitum tuum, Aureliane, vicerunt. Quid? Si igitur illa venerit manus, quae undique speratur, pones profecto supercilium, quo nunc mihi deditionem, quasi omnifariam victor, imperas.«La guerra va combattuta con il coraggio. Chiedi la mia resa, come non sapessi che la regina Cleopatra preferì morire piuttosto che vivere di una dignità qualsiasi. Non ci mancano aiuti, sui quali contiamo, dalla nostra parte sono Saraceni, Armeni. Briganti siriani hanno superato il tuo esercito, Aureliano. Quindi, se giungerà l’aiuto sul quale contiamo in ogni modo, deporrai la superbia, con la quale ora mi comandi la resa, come fossi il sicuro vincitore» (Historia Augusta, Aurelianus, XXVII, 2-5) 97
  • 98. La resa di Zenobia e di Palmira • Tuttavia, i giorni e le settimane d’assedio che si accumulavano rendevano la situazione di Palmira sempre più difficile, e la regina si risolse a prendere la fuga, ma mentre fuggiva a dorso di dromedario verso l’Eufrate, fu inseguita da truppe romane e infine catturata e portata come prigioniera di fronte all’imperatore romano. • Quando Aureliano le chiese come avesse osato opporsi insolentemente agli imperatori romani, lei gli rese onore, Imperatorem te esse cognosco, “L’ultimo sguardo qui vincis, Gallienum et Aureolum et di Zenobia a Palmira”, ceteros principes non putavi, di H. Schmaltz, inizio «Riconosco come imperatore te, che mi ‘900 vinci, non ho considerato sovrani Gallieno e Aureolo e gli altri» (Historia Augusta, Zenobia, XXX, 23) 98
  • 99. Il cedimento di Zenobia • Aureliano la lasciò comunque nelle mani della soldataglia, che spaventò e forse torturò Zenobia, la quale perse la sua forza e baldanza, tanto da chiedere pietà al suo catturatore • Sostenne che furono i suoi ministri a spingerla verso la resistenza, e che la lettera di sfida era stata scritta in realtà da Longino a nome suo • I collaboratori di Zenobia furono lasciati alla furia della soldataglia e Longino morì dignitosamente, a quanto sembra rimanendo vicino a Zenobia per sostenerla e riconciliarla con il suo destino • Palmira fu saccheggiata dagli assedianti, ma i palazzi rimasero intatti e i cittadini furono risparmiati 99
  • 100. La distruzione di Palmira Anfiteatro di Ar-Raqqah Aureliano a Palmira, disegno del primo Ottocento • Tuttavia, mentre Aureliano tornava in Europa fu informato di una ulteriore rivolta dei palmiresi contro le autorità romane • In breve tornò indietro, e decise di punire atrocemente la città: uomini, donne e bambini furono massacrati, gli edifici incendiati o rasi al suolo • Palmira divenne una città diroccata e fantasma fino a che tra Ottocento e Novecento alcuni viaggiatori inglesi la riscoprirono per caso 100
  • 101. Zenobia a Roma • Aureliano celebrò a Roma il suo trionfo, e all’interno della processione regale, trovò posto anche Zenobia, portata in Occidente come ostaggio, in ceppi d’oro di tale peso che due schiavi la dovevano sorreggere • Di Vaballato non si hanno notizia certe, probabilmente morì nel viaggio da Palmira a Roma. • Sulla sua fine, si tramandano due racconti diversi: per alcuni si suicidò, non sopportando la degradazione del suo stato, come fece Cleopatra; per altri Aureliano le concesse di vivere in una grande villa presso Tivoli. Qui si unì a un senatore “Zenobia in catene” romano, da cui ebbe delle figlie, la cui di Harriet Hosmer (1859) discendenza si sarebbe prolungata fino al V secolo 101
  • 102. Monumento funerario di Zenobia Busto funerario di Zenobia, British Museum, Londra 102
  • 103. Bibliografia (di massima) • Aa. Vv., Zenobia. Il sogno di una regina d’Oriente, catalogo della mostra omonima, Milano, Skirà • Francesca Cenerini, La donna romana, Bologna, il Mulino • Annelise Freisenbruch, Le donne di Roma, Milano, Bruno Mondadori • Pierre Grimal, Memorie di Agrippina, Milano Garzanti • Alberto Magnani, Giulia Domna, Milano, Jaca Book