4. Agrippina, la nascita fuori da Roma
Giulia Agrippina, di
Germanico, padre cui la figlia portava il
di Agrippina, nome, nipote di
avrebbe dovuto Augusto, fu una
succedere a Tiberio presenza poco
per volontà di gradita a Tiberio fino
Augusto, ma morì a che rimase in vita
avvelenato in (morì nel 33 d.C.)
Oriente in
Agrippina minor nacque nei territori germanici
circostanze poco dove il padre era impegnato militarmente, nel 15
chiare (19 d.C.) d.C. La sua città natale di Oppidum Ubiorum,
odierna Colonia, prese poi nome da lei: Colonia
4
Agrippinensium
5. Una vita indirizzata e condizionata dalla politica
L’albero genealogico di
Agrippina non lascia dubbi sul
fatto che la sua vita dovesse
essere indirizzata e
condizionata dalla politica.
Il bisnonno materno fu
Ottaviano Augusto,
quello paterno fu Marco
Antonio
5
6. Agrippina e gli imperatori della dinastia Giulio - Claudia
Tiberio, secondo
Claudio, fratello di
imperatore della
Germanico, zio di
dinastia Giulio-
Agrippina,
Claudia, costrinse
imperatore fra il 41 e
Agrippina a
il 54d.C., sposò
sposare, ancora
Agrippina in quarte
adolescente,
nozze nel 49 e
Gneo Domizio
adottò il figlio di lei,
Enobarbo (padre di
Nerone, aprendogli
Nerone)
la strada al potere
Gaio Claudio Caligola, imperiale
fratello di Agrippina,
e imperatore dal 37 Nerone, figlio di
al 41, esiliò le sorelle Agrippina e Domizio
Agrippina e Giulia Enobarbo, fu spinto
Livilla nell’isola di al potere dalla madre
Ventotene, e fu imperatore dal
sospettandole di 54 al 68 d.C.. Fece
complottare contro di uccidere la madre
lui (39 d.C.) nel
59 d.C. 6
7. Agrippina, unicum ad hunc diem exemplum: sorella,
nipote, moglie e madre di imperatori
Agrippina nella famiglia Giulio-Claudia
rappresentò una presenza eccezionale, che
colpì Tacito a decenni di distanza
[femina] quam imperatore genitam,
sororem eius qui rerum potitus sit et
Cornelio
coniugem et matrem fuisse, unicum ad hunc
Tacito diem exemplum est, «donna che figlia di un
generale (Germanico), sorella di colui che si
impadronì del potere assoluto (Caligola),
moglie e madre di imperatori (Claudio e
Nerone) fu un caso unico fino a quel
momento» [Annales, 12, 42, 2] 7
8. Una dinastia (quasi ) matrilineare
Augusto non ebbe eredi diretti di sesso maschile
A partire dalla figlia Giulia, nonna di Agrippina, che fu sposata
prima a Agrippa, poi a Tiberio, le donne della gens Iulia
diventarono decisive per mantenere l’auctoritas imperiale di
Augusto nella dinastia imperiale da lui fondata, attraverso i
matrimoni politici che le coinvolgono
«Le varie principesse imperiali hanno un vero e proprio ruolo
politico,volto via via a assicurare una maggiore percentuale di
sangue augusteo nelle vene del pretendente di turno, in un crudele
gioco al massacro che prevede l’eliminazione fisica del perdente»
(Francesca Cenerini)
8
9. Agrippina come la dea Fortuna
Agrippina rimase apparentemente in secondo piano nella vita
politica romana fino al 47 d.C., a parte il periodo di Caligola.
Caligola volle che le sue tre sorelle, Drusilla, Giulia Livilla e
Agrippina, ricevessero gli stessi onori delle vestali e nei giochi
avessero i posti migliori
In un sestertius di bronzo del 37-38 le tre donne furono le prime
ritratte e identificate quando erano ancora vive su una moneta di
conio imperiale
Agrippina
rappresenta la
Fortuna
(Drusilla era la
Securitas, Livilla
la Concordia)
9
10. La disgrazia di Messalina, le manovre di
Agrippina
Dal 47, Agrippina, dopo l’esilio comminatogli
dal fratello e un secondo matrimonio con
Passieno Crispo, tornò sulla scena pubblica
romana durante i Giochi Secolari, in cui sfilò a
cavallo anche suo figlio Nerone, che fu salutato
dalla folla con grande calore, superiore a quello
riservato a Britannico, figlio dell’imperatore
Claudio e di Messalina
Valeria Messalina fu Messalina fu eliminata dal consorte nel 48,
condannata dal dopo avere suscitato scandalo per una serie di
Senato alla tradimenti e stravizi sessuali noti a tutta Roma
damnatio
memoriae
Agrippina cominciò la tessitura per diventare
imperatrice
10
11. Un matrimonio scandalosamente utile
Dopo avere ottenuto l’importante sostegno del liberto
Pallante, Agrippina diventò moglie di Claudio nel 49
Era vedova, nobile, ricca e bella
L’ostacolo principale al matrimonio era il rischio di
incesto, visto che Claudio era zio di Agrippina, e la
legge romana proibiva l’unione tra consanguinei
Il matrimonio sembrò politicamente opportuno
perché avrebbe permesso di unire i due rami della
dinastia, la gens Iulia e quella Claudia
Il Senato, in base a queste considerazioni, decise la
deroga alle secolari leggi romane e permise il
matrimonio, avvenuto a tre mesi dalla morte di
Messalina 11
12. Agrippina, Augusta nel 50 d.C.
In questo aureus
Del 50-51 d.C.,
sono raffigurati
Claudio e
Agrippina, lei
porta già il titolo
di Augusta
Agrippina fu insignita del titolo di Augusta: fu la prima
donna a ricevere questo titolo mentre era ancora
regnante e viva, nel 50 d.C.
(Livia ottenne il titolo quando era vedova di Augusto,
Antonia, sotto Claudio, quando era ormai defunta)
12
13. Agrippina e Claudio, Claudio e Agrippina
La “Gemma Claudia” (conservata a
Vienna) presenta a sinistra Claudio e
Agrippina e sulla destra Germanico
(fratello di lui e padre di lei) e
Agrippina (madre di lei e cognata di
lui)
Le raffigurazioni di Agrippina con Claudio significavano per la
propaganda imperiale che il regime attraverso il matrimonio di Claudio e
Agrippina si stava rinnovando
“D’altra parte, esaltare in questo modo Agrippina poteva rappresentare
un rischio, poiché sul piano visivo l’imperatrice risultava collocata allo
stesso livello dell’imperatore” (A. Freisenbruch) 13
14. Un potere femminile ?
Versa ex eo civitas et cuncta feminae oboediebant, non per
lasciviam, ut Messalina, rebus Romanis inludenti. adductum et
quasi virile servitium: palam severitas ac saepius superbia; nihil
domi impudicum, nisi dominationi expediret. cupido auri
immensa obtentum habebat, quasi subsidium regno pararetur.
«Da quel momento nell’ordine politico vi fu un sovvertimento e
tutto obbediva a una donna, che tuttavia non si prendeva gioco
degli interessi di Roma, come aveva fatto Messalina. Era una
tirannia rigida esercitata da una mano quasi virile;
all’austerità, non disgiunta per lo più da superbia, della vita
pubblica corrispondeva il rifiuto di ogni dissolutezza dentro casa
a meno che fosse utile al desiderio di potere assoluto.
(Agrippina) aveva un’immenso desiderio di ricchezza, che era
giustificata col fornire di mezzi lo Stato» (Tacito, Annales, 12, 7, 3)
14
15. Un progetto politico femminile
Nel 51, l’inaugurazione di un arco trionfale per celebrare la vittoria
di Claudio in Britannia mise in evidenza come sulla scena pubblica
l’imperatore e l’imperatrice fossero sullo stesso piano. Il capo
britannico Carataco, lo sconfitto, fu condotto in catene insieme alla
sua famiglia a chiedere clemenza a Claudio e Agrippina, un evento
mai visto prima,
novum sane et moribus veterum insolitum, feminam signis Romanis
praesidere: ipsa semet parti a maioribus suis imperii sociam
ferebat, «fatto strano e insolito rispetto ai costumi degli antichi, che
una donna si sedesse davanti alle insegne romane: ma lei in persona
si considerava parte dell’impero fondato dai suoi antenati»
(Tacito, Annales, 12, 37, 4)
15
16. L’impero,affare di famiglia in chiave matrilineare
Agrippina voleva presentare Nerone
come erede diretto di Augusto, sulla
Augusto
base del sangue materno, attraverso
una discendenza solo femminile:
da Augusto a Nerone vi sono Giulia,
Agrippina maior e Agrippina minor
Giulia L’impero era, nella visione di
Agrippina, cosa di famiglia, la gens
Iulia, visto che era stato fondato dal
suo bisnonno Ottaviano Augusto
Agrippina maior
Agrippina minor
16
Nerone
17. Lucio Domizio Enobarbo diventa Nerone
Il progetto politico di Agrippina passava attraverso il
figlio e la prima tappa importante fu l’adozione di Lucio
Domizio Enobarbo da parte di Claudio. Il ragazzino
cambiò nome in Nerone Claudio Druso Germanico
Cesare, in modo da diventare parte dei Giulio-Claudi
anche a livello nomenclatorio
Agrippina voleva scalzare dalla successione al trono
imperiale Britannico, figlio di Claudio e Messalina
Affidò l’educazione del figlio a Seneca, il filosofo che era
stato esiliato in Corsica per adulterio con la sorella di lei,
Giulia Livilla e che fu “perdonato” da Claudio; e a
Afranio Burro, ex amministratore delle proprietà di
Livia, nominato prefetto del pretorio 17
18. Nomen omen: Colonia Augusta Agrippiniensis
Agrippina quo vim suam sociis quoque nationibus ostentaret in
oppidum Vbiorum, in quo genita erat, veteranos coloniamque
deduci impetrat, cui nomen inditum e vocabulo ipsius. ac forte
acciderat ut eam gentem Rhenum transgressam avus Agrippa
in fidem acciperet. «Agrippina, per mostrare chiaramente la sua
potenza anche di fronte agli alleati, ottenne che fosse fondata
nella città degli Ubi, dove era nata, una colonia di veterani che
prese nome da lei. Si dava poi la coincidenza che gli Ubi, dopo
aver passato il Reno, erano stati accolti da Agrippa, nonno di
lei». (Tacito, Annales, 12, 27) La colonia si chiamò Colonia Claudia
Augusta Ara Agrippinensis e gli abitanti di essa si definivano
Agrippinenses. Inoltre l’imperatrice volle che le insegne della
città fossero piantate a capo del ponte sul fiume Reno dove sua
madre Agrippina, con lei in braccio, aveva fermato i legionari in
fuga, salvando così dal saccheggio quel centro degli Ubi dal
saccheggio e dalla devastazione. 18
19. L’onore del carpentum
Sesterzio con Agrippina
maior sul recto e il
carpentum sul verso
• suum quoque fastigium Agrippina extollere altius: carpento Capitolium
ingredi, qui honos sacerdotibus et sacris antiquitus concessus
venerationem augebat feminae, «Agrippina volle ancora di più elevare la
propria dignità:entrava in campidoglio sul carpento. Quell’onore era stato
concesso fin dall’antichità ai sacerdoti e alle immagini degli dei, e ora
accresceva la venerazione verso una donna» (Tacito, Annales, 12, 42) Il
carpento era un carro coperto che poteva portare due o tre persone. La
madre defunta di Agrippina era stata omaggiata su una moneta con la
raffigurazione di questo carro. Inoltre Claudio accettò che i sacerdoti
omaggiassero la moglie in Campidoglio, onore mai ricevuto prima da
nessuna imperatrice
19
20. I commentarii di Agrippina
Un’autobiografia politica ?
Agrippina aveva in mente un preciso progetto di egemonia politica: è
testimoniato dal fatto che scrisse una specie di autobiografia, fatto
inconsueto per una donna. Questa opera, intitolata probabilmente
Commentarii fu composta dall’imperatrice per dare forza alla sua
posizione a corte e sostenere l’ascesa al trono del figlio Nerone.
fu usata come fonte da Plinio il Vecchio, Cassio Dione e Tacito.
id ego, a scriptoribus annalium non traditum, repperi in commentariis
Agrippinae filiae quae Neronis principis mater vitam suam et casus
suorum posteris memoravit. «Queste notizie, che gli annalisti non
tramandarono, io ho trovato nei commentari della figlia di Agrippina,
madre dell’imperatore Nerone, che narrò ai posteri la storia della sua
vita e delle vicende dei suoi» [Tacito, Annales 4.53.2]
20
21. La costruzione del potere
• I delitti che vengono attribuiti a Agrippina sono
diversi, e tutti motivati dalla volontà di non avere
opposizioni sulla strada del potere.
• Due esempi sono Lollia Paolina e Domizia Lepida
• Lollia Paolina, rivale dell’Augusta al tempo della
scelta di una moglie per Claudio, fu costretta al
suicidio dopo essere stata esiliata
• Domizia Lepida, che aveva fatto da tutrice a
Nerone durante l’esilio della madre e che era lolto
legata al ragazzo, fu condannata a morte con
l’accusa di avere lanciato il malocchio contro
l’imperatrice
21
22. La morte di Claudio
• Tutte le fonti sostengono che il delitto
supremo fu l’omicidio di Claudio, ucciso a
seguito di una cena a base di funghi, che
erano stati avvelenati
• La situazione somigliava fortemente a quella
che si verificò con la morte di Augusto,
quaranta anni prima
• Il decesso di Claudio fu annunciato solo dopo
che Nerone aveva ricevuto il sostegno
dell’esercito e del senato
22
23. Una madre incorona il figlio
Questo pannello fu ritrovato a Afrodisia,in
Asia Minore, nel 1979.
Agrippina è a destra di Nerone e gli
poggia una corona sulla testa
L’Augusta è raffigurata come Demetra, la
dea del raccolto, e sul braccio porta una
cornucopia che è piena di melograni,
mele e grappoli d’uva
Nerone indossa vesti militari e guarda
lontano
SI tratta della prima immagine giunta fino
a noi in cui un membro di una dinastia
romana ne incoroni un altro, e particolare
è il fatto che sia una madre a incoronare il
figlio.
23
24. Agrippina e Nerone sullo stesso piano
La moneta d’oro coniata nel 54 raffigura Agrippina (a destra) e
Nerone che si fronteggiano di profilo contornati dalla scritta
Agripp[ina] Aug[usta] divi Claud[ii] Neronis Caes[aris] mater
Il nome di Agrippina ha la precedenza su quello del figlio, e la
posa di questo ritratto pone madre e figlio sullo stesso piano.
24
25. Nerone vincolato alla madre
• Il vincolo di Nerone con Agrippina era molto forte, almeno nei
primi tempi del potere di lui come narra Tacito mettendo in
evidenza due particolari, uno relativo a una parola d’ordine
“speciale”, l’altra agli onori riservati a Agrippina
propalam tamen omnes in eam honores
cumulabantursignumque more militiae petenti tribuno dedit
optimae matris. decreti et a senatu duo lictores, flamonium
Claudiale, simul Claudio censorium funus et mox consecratio.
«Tuttavia, sul piano formale, tutti gli onori erano diretti alla
persona di Agrippina; e Nerone, a un tribuno che gli chiedeva,
secondo il regolamento, la parola d'ordine, rispose: «La
migliore delle madri». Il senato le assegnò due littori e la
carica di sacerdotessa del divo Claudio, e a questi pubbliche
onoranze funebri e, più tardi, l'apoteosi.» [Tacito, Annales, 13, 2]
25
26. Agrippina senatore “occulto”
• Agrippina voleva essere vicina anche
fisicamente al potere, tanto da assistere alle
riunioni del Senato che si tenevano nel palazzo
imperiale del Palatino, ascoltando le discussioni
dietro una tenda, patres, qui in Palatium ob id
vocabantur, ut adstaret additis a tergo foribus
velo discreta, quod visum arceret, auditus non
adimeret. «i senatori, i quali venivano riuniti a
palazzo, proprio perché lei potesse presenziare,
per mezzo di un vano praticato sul fondo della
sala e chiuso da una tenda, che impedisse agli altri
di vederla, ma le permettesse di sentire.» [Tacito,
Annales, 13, 5 ]
26
27. Agrippina cerca di “fare” politica estera
• La madre di Nerone era esclusa dalla partecipazione a
questi incontri perché le donne non dovevano prendere
parte a nessun affare di Stato , anche se l’Augusta cercò
di sovvertire questa esclusione, rischiando l’incidente
diplomatico, quin et legatis Armeniorum causam gentis
apud Neronem orantibus escendere suggestum
imperatoris et praesidere simul parabat, nisi ceteris
pavore defixis Seneca admonuisset, venienti matri
occurrere. ita specie pietatis obviam itum dedecori.
«Anzi, una volta che una delegazione armena perorava,
davanti a Nerone, a favore del proprio popolo, Agrippina
stava per salire sul palco imperiale e presiedere
all'udienza insieme al figlio, ma per fortuna Seneca,
mentre gli altri se ne stavano inchiodati dalla paura,
suggerì a Nerone di muovere incontro alla madre. Così,
con la finta di un omaggio filiale, si evitò uno scandalo.»
[Tacito, Annales, 13, 5]
27
28. Agrippina diventa “invisibile”
Nerone imperatore
su un aureus del 56/57
• A partire dal 55, il ritratto e il nome di Agrippina
scomparvero dalle monete, e su di esse venne raffigurato
soltanto Nerone.
• L’imperatore era stabilmente insediato sul trono da un
anno e era sembrato più opportuno che l’immagine di
Nerone non fosse accompagnato da altre figure che
rendessero la sua meno importante
• Tuttavia la scomparsa di Agrippina dalle monete era anche
il segno di un raffreddarsi dei rapporti tra lei e il figlio
28
31. Emesa, crocevia del deserto siriaco
Giulia Domna nacque intorno al 170 nella città di Emesa, oggi
Homs, una località carovaniera della Siria, ricca grazie al fatto di
avere dal fiume Oronte e da un lago adiacente acqua, che
permetteva di allevare cavalli e cammelli, e essendo dotata di un
suolo vulcanico che permetteva di coltivare grano, frutta e olive.
“Adagiata sulla terra, sfiora il cielo con le sue alte torri” affermò il
poeta Avieno nel III secolo d.C. 31
32. La famiglia sacerdotale di Domna
• Il padre di Giulia Domna era sommo
sacerdote del dio El - Gabal. La
divinità di questo nome era un dio del
Sole venerato sotto forma di una
grossa pietra nera conica.
• La sua famiglia aveva regnato a
Emesa fino a che la città con il suo
territorio era diventata satellite
dell’impero romano, durante la
dinastia flavia, e ebbe il compito di
essere una prima difesa dei confini
Tempio di El-Gabal a imperiali contro Parti e predoni del
Emesa che ha all’interno deserto
la pietra conica venerata
come divinità, in un
• I membri della famiglia di Domna
moneta del 253-254 d.C.
avevano assunto il nome latino della
gens Iulia a cui aggiungevano il nome
personale
32
33. Un nome evocativo
• Il nome semitico della futura imperatrice dice
molto del suo destino negli anni a venire:
meret significa “signora” o “padrona”
• Il termine fu tradotto in latino, lingua che la
giovane Giulia non conosceva, con
“Domina”, che assunse poi la forma
“Domna”, contrazione del sermo vulgaris
• Per altri il nome Domna è associabile a Dumayna,
cioè “Nera”
33
34. Un’educazione letteraria
• Le donne di alto lignaggio in Oriente venivano
cresciute sin dai secoli più antichi in modo
differente rispetto a Roma
• Domna fu educata alla conoscenza della
letteratura greca e probabilmente anche della
retorica, come mostra il fatto che da
imperatrice si distinse per la competenza e
l’interesse verso questa disciplina
34
35. Settimio Severo
Il primo incontro tra Domna e il futuro marito
Settimio Severo avvenne tra 180 e 182, quando
questi diventò comandante della Legione Scitica
stanziata in Siria. Dopo che, nel 185, quest’ultimo
rimase vedovo, secondo un aneddoto rammentò
una notizia che aveva saputo tempo prima.
ipse quoque matheseos peritissimus, et cum
audisset esse in Syria quandam, quae id geniturae
haberet, ut regii ungeretur, eandem uxorem petit,
Iuliam scilicet. «Egli era assai esperto di astrologia
Settimio Severo, e dopo che aveva saputo che in Siria vi era una
nato a Leptis donna che era nata per sposare un re, la chiese in
Magna in moglie, Giulia s’intende». (Historia Augusta, Severus, XIX)
Tripolitania nel Come Domna, anche Settimio Severo era anche un
145, ebbe una
uomo di buoni studi letterari e filosofici
brillante carriera
politica e militare 35
36. Il matrimonio con Settimio Severo
• Nel 187 Giulia Domna fu
chiesta in moglie da Settimio
Severo, che era all’epoca
governatore della Gallia
Lugdunense e risiedeva a
Lione.
• Tra i due esisteva una
notevole differenza di età, lui
aveva quarantadue anni e lei
non era ancora
maggiorenne, ma unione di
questo genere erano
frequenti a Roma
36
37. Gli anni di Lione
• I due anni trascorsi a Lione per Domna furono
importanti per almeno due motivi
• Nel 188 nacque Bassiano, il futuro imperatore
Caracalla, primo figlio della coppia, affidato a una
nutrice cristiana (segno dell’apertura mentale dei
genitori)
• Domna venne formata alla cultura latina ribaltando la
situazione che si creava solitamente con il matrimoni
precoci, in cui l’educazione della moglie si
interrompeva
• “Aveva sposato un uomo colto, di quelli che amavano
esibire mogli intellettualmente brillanti” (A. Magnani)
37
38. Un presagio di morte
• La coppia Severo-Domna si trasferì a Roma nel 189, e qui ebbero un
secondo figlio, Geta
Statim ut natus est, nuntiatum est ovum gallinam in aula
peperisse purpureum. Quod cum allatum Bassianum frater eius
accepisset et quasi parvulus adplosum ad terram fregisset, Iulia
dixisse ioco fertur : "Maledicte paricida, fratrem tuum occidisti."
«Subito quando (Geta) nacque, fu annunziato che una gallina a corte
aveva partorito un uovo color porpora. Dopo che l’uovo era stato
portato loro, il fratello di lui Bassiano lo aveva preso come fanno i
bambini e lo aveva distrutto gettandolo a terra. Si dice che Giulia
avesse commentato per scherzo, “Razza di assassino, hai ucciso tuo
fratello!” (Historia Augusta, Geta, III)
• L’aneddoto leggendario prefigura l’evento storico effettivo che anni
dopo vedrà Geta ucciso sotto gli occhi di Domna da
Bassiano/Caracalla, deciso a governare senza condividere il potere
con il fratello più giovane. Il colore purpureo dell’uovo è quello della
veste imperiale
38
39. Settimio Severo ascende al trono
Gli eventi politici a Roma si evolvevano molto rapidamente
L’imperatore Commodo fu ucciso da una congiura nel 192,
dopo anni di potere autocratico, probabilmente con l’attiva
complicità di Settimio Severo
Gli successero prima Pertinace, assassinato nel marzo 193,
e Didio Giuliano, che si fece proclamare imperatore
pagando i pretoriani
Settimio Severo a sua volta si fece designare imperatore
dai suoi legionari, mentre era in Pannonia, e fece
allontanare da Roma Domna, Bassiano e Geta per evitare
che Giuliano li usasse come “arma impropria” nella lotta di
potere
Nel maggio 193, Giuliano fu ucciso, mentre l’esercito di
Settimio Severo era già arrivato a Terni e si preparava a
combattere contro l’imperatore
39
40. Il titolo di Augusta
• Il 1 giugno del 193 Settimio Severo fu
proclamato imperatore e a Giulia Domna fu
immediatamente attribuito il titolo di Augusta
Giulia Domna raffigurata
su una moneta d’oro del
193-196 con il titolo di
Augusta
40
41. Una donna nell’esercito
• Domna si fece conoscere concretamente durante
la campagna militare in Asia Minore di Settimio
Severo contro il rivale Pescennio Nigro, che
voleva contendergli l’impero
• Visse insieme al marito l’intera spedizione nelle
condizioni “al limite” di un esercito in marcia e in
guerra, fino alla vittoria con cui Severo sconfisse
Nigro nel marzo 194
• Il 14 aprile del 194 Domna ebbe il titolo di mater
castrorum , madre dell’accampamento
41
42. Mater Castrorum
• Il titolo onorario, conferito a Domna,
di Mater castrorum nasce dall’idea
di impero come famiglia che
Settimio Severo intendeva
affermare, secondo il modello di
augusto
• L’esercito era così vincolato
all’imperatrice secondo un rapporto
tra madre e figli e si creava una vera
e propria maternità istituzionale
Giulia Domna su una
moneta come“Mater • Il tutto era stato motivato anche
Castrorum” dalla presenza in mezzo ai soldati di
Il titolo fu conferito per la
prima volta a Faustina, Domna, che aveva condiviso la loro
moglie di Marco Aurelio vita 42
43. Mater Caesaris, Mater imperatoris designati
• Severo voleva che la sua famiglia diventasse
una dinastia vera e propria, e così cambiò
nome al primogenito Bassiano in Marco
Aurelio Antonino e lo nominò Caesar: in
questo modo lo designò come suo erede
• Domna fu chiamata così Mater Caesaris, e poi
Mater imperatoris designati
43
44. Una famiglia ideale
• “A partire da questo momento la famiglia imperiale
incominciò a assumere una centralità nuova
nell’ordinamento politico.
• Diventava una sorta di famiglia ideale a cui i sudditi a
cominciare dai soldati avrebbero dovuto guardare
come a un modello, assumendo un rispetto filiale nei
confronti dei coniugi regnanti.
• Ciò era possibile anche perché da tempo non si vedeva
una famiglia imperiale completa e concorde” (Alberto
Magnani)
• E’ probabile che in questo schema imperiale Domna entrasse
da protagonista, non solo come persona coinvolta nella
politica del marito, ma anche partecipando alle decisioni di
Severo
44
45. Severo costruisce una dinastia
• Nel 197, Settimio Severo si liberò dell’ultimo pericolo
per il suo impero, Clodio Albino, a cui aveva promesso
la carica di Caesar prima di conferirla a suo figlio.
• Albino si suicidò a Lione, dove severo fece uccidere
anche la sua famiglia e a Roma compì una strage di
tutti i sostenitori del suo rivale
• Lo spinse a questa crudeltà il prefetto del pretorio
Plauziano, parente di Severo, suo stretto consigliere e
nemico di Domna a corte
• Si pensa, interpretando le fonti, che Domna non fosse
favorevole a tale crudeltà efferata
45
46. Bassiano e Geta, Augustus e Caesar
• Il domino del potere dinastico in quegli anni fu ridisegnato con la
pressione di Domna, fratri semper invisus, matri amabilior quam frater,
sub balbe tamen canorus. […] Post Parthicum bellum pater cum ingenti
gloria floreret, Bassiano participi imperii appellato Geta quoque
Caesaris et Antonini, ut quidam dicunt, nomen accepit.
• «il fratello gli era ostile, mentre la madre lo preferiva a Bassiano, per
quanto balbuziente. […] Dopo la guerra contro i Parti, quando il padre
era al massimo della gloria, dopo che il fratello Bassiano fu chiamato
Augusto, anche Geta assunse il nome di Cesare e Antonino” (Historia
Augusta, “Geta”, I, 5]
46
47. Concordia e aeternitas imperii
Geta (a sinistra) con il titolo di Caesar, Severo Antonino Bassiano e Geta
e Domna che dovrebbero garantire aeternitas
all’impero
In questi aurei, vengono auspicati i principi che guidarono
Settimio Severo a costruire la dinastia che avrebbe dovuto
discendere da lui: la concordia tra i membri della sua famiglia
che avrebbero dovuto poi grazie a essa garantire una eternità
all’impero, imperniata sui Severi 47
48. Un impero condiviso
Giulia Domna raffigurata
su una moneta il cui
verso riporta il ritratto
del figlio Geta, a cui era
molto legata, secondo
Cassio Dione
• Domna probabilmente fece pressioni su Severo perché
creasse un impero condiviso tra i loro due figli,
richiamandosi all’esempio di Marco Aurelio, di cui
Severo si era autodesignato figlio adottivo, e che aveva
diviso il potere con il fratellastro Lucio Vero
• Domna aggiunse ai suoi titoli un’ulteriore
designazione: Mater Augusti et Caesaris
48
49. La politica familiare
• “Per i primi cinque anni di potere,ogni angolo
dell’impero fu bombardato da immagini
dell’unità familiare dei Severi. Tutte le casate
imperiali erano state commemorate in ritratti
di gruppo, ma nessuna aveva incluso la moglie
dell’imperatore e i figli con tale frequenza: un
modo per enfatizzare l’importanza simbolica
della donna come madre garante del futuro
della dinastia severiana” (A. Freisenbruch)
49
50. Una famiglia alla guida dell’impero
Aureo coniato nel 202: sul recto si trova la
raffigurazione di Severo, sul verso Domna tra
Bassiano (sin.) e Geta (dx). La moneta richiamava
una simile che ritraeva Faustina e i suoi figli
50
51. Una famiglia alla guida dell’impero
In questo famoso ritratto della
famiglia imperiale, sono
presenti Giulia Domna,
Settimio Severo, Bassiano e
Geta, il cui volto fu cancellato
per ordine del fratello quando
questi lo eliminò perché non
intendeva condividere il
potere imperiale con lui. Il
ritratto risale all’inizio del 200,
in occasione di una visita in
Egitto.
“L’imperatrice ha il volto ancora
morbidamente giovanile, incorniciato dalla
corvina massa di capelli, bipartiti in mezzo
alla fronte e fittamente ondulati ai lati del
51
collo” (Francesca Ghidini)
52. Arco di Lepcis Magna/1, Concordia Augustorum
Sull’Arco di Settimio Severo a Lepcis Magna (Libia), realizzato dal 203 nella città natale
dell’imperatore, l’imperatrice compare sei volte, prova che Domna è sempre centro delle
vicende imperiali
In questo pannello, si trova a sinistra dei tre Cesari, Severo stringe la mano a Bassiano, Geta
è in piedi tra loro: è raffigurata la proclamazione della Concordia Augustorum
Domna è vicino alla dea Minerva, probabilmente in virtù del ruolo di mater castrorum:
questo significa che aveva una funzione essenziale ai vertici dell’Impero, presiedendo a un
atto centrale per la vita imperiale.
52
53. Arco di Lepcis Magna/2, Domna presenzia a un sacrificio
Domna è raffigurata in questo pannello all’estrema sinistra in cui è
l’unica donna e verso destra vi sono Geta, l’Impero, Settimio Severo,
Antonino Bassiano e Plauziano, che presenziano al sacrificio di un
toro. La presenza di un’imperatrice in una scena di sacrificio è molto
insolita e “stava a simboleggiare l’importante ruolo di custode
dell’unità familiare che svolgeva” (A.Freisenbruch) 53
54. Arco di Lepcis Magna/3, Domna come Giunone
In questo rilievo,ancora dall’Arco di Lepcis Magna le due figure
centrali sono Giunone e Giove, ma i due sono raffigurati nelle vesti di
Domna e Settimio Severo, altra prova della centralità dell’imperatrice
nelle sorti di Roma. Giunone era una divinità associata alla fecondità,
quindi questo accostamento esprime il ruolo di maternità
istituzionale ricoperto da Domna.
54
55. Il circolo “filosofico” di Domna
Tra il 200 e il 205 Domna,mentre a corte si rafforzava il potere di
Plauziano, riunì intorno a sé un nutrito gruppo di intellettuali,
composto da retori e studiosi di filosofia
Si trattava di un circolo non stabile aperto a diversi apporti, e
inizialmente lo componevano coloro che a corte dovevano educare
i figli di Domna e Severo, e le nipoti della coppia imperiale, Giulia
Soemia e Giulia Mamea, provenienti anch’esse dalla Siria.
Quando i giovani esaurirono il periodo di formazione, visto che
Bassiano e le nipoti si erano sposati, gli intellettuali rimasero a corte
riuniti intorno a Domna, che approfondì e perfezionò la propria
cultura sino a imporsi su retori e letterati “con un’autorevolezza che
non derivava solo dal fatto di essere imperatrice” (A.Magnani)
La personalità di maggiore rilievo del circolo fu Antipatro di Ierapoli,
sofista, legato alla famiglia imperiale fin dall’inizio dell’esperienza
imperiale. 55
56. Caratteri distintivi e membri del circolo di Domna
Il circolo patrocinato da Domna coltivava
soprattutto la cultura greca, e quando
Antipatro lasciò Roma fu Flavio Filostrato detto
l’Ateniese, a diventare la personalità più
importante del gruppo: Domna lo spinse a
scrivere un romanzo apologetico, Vita di
Apollonio di Tiana, come lui stesso afferma, e
poi compose le Vite dei Sofisti, opera
biografica sulla Seconda Sofistica.
Ritratto di sofista,
età di Settimio
Altri esponenti del circolo furono Claudio
Severo Eliano, romano che scriveva in greco, che
scrisse La natura degli animali. Antonio
Gordiano, ricco senatore che era
profondamente latino per cultura, formazione
e lingua e il famoso medico greco Galeno 56
57. Severo e il circolo di Domna
• Probabilmente anche Settimio Severo partecipò
almeno saltuariamente alle attività del circolo
che fece meritare a Domna il soprannome di
imperatrice filosofa, datole da Filostrato,nel
senso di “amica della filosofia”. In realtà la
cultura coltivata da questo gruppo si poneva
nell’ambito della Seconda Sofistica, che aveva al
centro dei suoi interessi la retorica e l’erudizione
enciclopedica.
• Severo era molto competente in campo retorico,
e sembra che avesse “scoperto” Antipatro e
Filostrato mentre era a Atene per studiare
Settimio Severo Gli intellettuali del circolo non produssero opere
e Domna su un memorabili, ma avevano messo le basi per una
sesterzio di attività culturale che si sviluppò negli anni a
bronzo del 203 venire
Le questioni più dibattute furono letterarie e di
carattere mistico - religioso
57
58. Il “clan siriano” intorno a Domna
• A Roma Domna aveva ricongiunto
intorno a sé la sua famiglia di Emesa:
la sorella Giulia Mesa e il marito Giulio
Giulia
Avito, le figlie della coppia, Giulia
Mesa
Soemia e Giulia Mamea, e poi i mariti
di queste, originari della Siria,che poi
ricoprirono cariche politiche.
• “Non è senza significato che per
vent’anni questo clan conservasse il
Giulia controllo del potere, garantendo la
Soemia successione imperiale ai figli di
Soemia e Mamea (Severo Alessandro
e Elagabalo). Viceversa un ruolo di
contenimento venne svolta nei
confronti della famiglia di Settimio
Giulia Severo”. (A.Magnani)
Mamea 58
59. Cosa significa “imperatrice filosofa”
• Domna fu la prima donna del periodo imperiale a
esporsi e a dimostrare pubblicamente i suoi interessi
per discipline“maschili” come la retorica e la filosofia.
• Molti uomini delle élite romane non gradivano che le
donne si interessassero a certi ambiti di conoscenza
• “Il caso di Domna può essere visto come una
stravaganza permessa all’imperatrice grazie al suo stato
altolocato e differente, ma può anche significare che,
almeno per le donne di classe sociale privilegiata, gli
studi privati in questi campi non erano poi così
inaccettabili e rari” (A. Freisenbruch)
59
60. I Ludi saeculares del 204
In questa moneta coniata nel 205
per commemorare i Ludi
saeculares
Domna è associata a Cibele,
raffigurata sul verso della moneta
e dea orientale della fecondità, e
denominata Mater Augustorum,
il che significa che anche Geta
era stato promosso al ruolo di
Augusto come il fratello
Nel 204 Settimio Severo volle celebrare i Ludi Saeculares, i settimi della storia di Roma,
mentre era imperatore un uomo di nome Settimio. Furono l’occasione per esaltare la gloria
di Roma garantita dall’unità della famiglia imperiale imperniata sulla coppia Domna-Severo
Domna guidava centonove matrone romane che celebrarono il rito più importante il 2
giugno 204, uno dei pochi riservato interamente alle donne: Severo dettò a Domna e alle
matrone la formula con la quale esse invocarono la dea Giunone perché garantisse la forza
e la potenza del popolo romano. Le matrone recitarono la formula, compirono i sacrifici e
consumarono per tre volte il banchetto sacro
60
61. Una coppia modello del cosmopolitismo
Giulia Domna e Settimio Severo
erano presi a modello dalla
nuova élite cosmopolita del III
secolo, per la quale il latino
non era più necessariamente la
prima lingua e gli oscuri natali
non più una discriminante per
l’ammissione alle alte cariche
dello Stato. (A.Freisenbruch)
In questo rilievo che si trova all’interno dell’Arco degli Argentari a Roma,
204, Severo e Domna compiono una libagione:
l’imperatrice ha la mano destra levata, rivolgendo in avanti la palma. Il
gesto appartiene alla tradizione religiosa dell’Oriente semitico
61
62. Plauziano, il rivale di Domna, e Plautilla.
Grande rivale di Domna alla corte imperiale fu Plauziano, il
prefetto del pretorio parente di Settimio Severo
Plauziano tra 202 e 203 attuò una fortissima azione contro
l’imperatrice per fare in modo che il suo ruolo politico a
corte venisse ridimensionato, fino all’accusa di adulterio
che le rivolse.
Il potere acquisito dal prefetto del pretorio presso Severo
fu sancito dal matrimonio che nel 202 unì sua figlia Plautilla
con Antonino Bassiano (quattordici anni), lo incluse nella
famiglia imperiale e lo fece diventare ufficialmente il
Plauziano “quarto Cesare”, dopo Severo, Bassiano e Geta.
Plauziano diventò tanto potente da essere raffigurato in
diverse statue erette, con la titolatura “suocero e
consuocero, indispensabile ai signori nostri”
Morì nel 205, sospettato di volersi impadronire del potere
imperiale, scaraventato fuori da una finestra del palazzo
imperiale secondo le fonti per ordine di Antonino Bassiano.
Al suo posto fu nominato Papiniano, un siriano,secondo
alcuni parente di Domna
Plautilla
62
63. La spedizione in Britannia e la morte di Severo
• Nel 208 la famiglia imperiale si mosse verso la
Britannia per una spedizione decisa da Settimio Severo
per combattere le tribù dei Pitti, che continuavano a
fare incursioni in territorio romano e mettevano in crisi
le difese romane
• Durante questa spedizione, emersero violenti contrasti
tra Severo, Antonino Bassiano e Geta, in quanto il
fratello più anziano non voleva condividere il potere
con il più giovane, nonostante l’opera mediatoria di
Domna
• Severo morì nel febbraio 211, l’impero avrebbe dovuto
essere guidato in comune dai due fratelli, a cui il padre
raccomandò di andare d’accordo e di pagare bene i
soldati.
63
64. Le divisioni tra i fratelli e la mediazione di Domna
• I due fratelli agirono insieme solo nella cerimonia
della deificazione del padre, ma per il resto
complottavano reciprocamente uno contro l’altro.
• A un certo punto sembra che si fossero accordati
per dividersi l’impero, Europa al più vecchio, Asia
al più giovane.
• Domna con un accorato discorso li convinse a
rinunciare all’idea, e sembra che anche il Senato
le desse fiducia come mediatrice in una
situazione estremamente compromessa.
64
65. L’omicidio di Geta
• Domna fu l’involontaria complice di
Antonino Bassiano, che aveva deciso di
uccidere il fratello, e l’aveva convinta a
organizzare un incontro
• “Fu allora che fecero irruzione nella
stanza alcuni centurioni e aggredirono
Geta:questi si gettò tra braccia di sua
madre e gridò, “Madre, madre, tu mi
In questa moneta, in
origine si
hai generato, aiuto mi uccidono !” E
fronteggiavano i volti così le toccò vedere suo figlio ucciso
di Geta e Antonino nel modo più ampio tra le sue braccia,
Bassiano, ma dopo dove lo aveva nutrito. E fu macchiata
l’uccisione del dal suo sangue tanto da non rendersi
fratello, Bassiano
fece decretare la
conto di essere stata lei stessa ferita a
damnatio memoriae una mano” (Cassio Dione)
di Geta, il cui volto è
stato perciò abraso. 65
66. La domina dell’impero di Caracalla
• Nei mesi successivi, tra l’imperatore
e Domna si stabilì un rapporto di
collaborazione politica molto
stretto.
• Questo fatto, “non mancò di colpire
i contemporanei, sconcertati da un
imperatore affiancato, in una
posizione tutt’altro che secondaria,
non dalla consorte, ma dalla
madre”. Plautilla, la moglie, era
stata esiliata nel 205 a Lipari e
sembra che sia stata strangolata per
ordine del marito nel 212, quando
Antonino Bassiano volle togliere di
mezzo tutti coloro che potevano
destabilizzare il suo potere.
66
67. Mater Senatus et patriae
• Domna aggiunse alla lista delle sue attribuzioni
anche quella di Mater Senatus et patriae, così che
l’intera lista recitava Iulia Domna Mater
castrorum, Augusti, Senatus et patriae
• Il titolo di Mater Senatus et patriae fu utilizzato
con grande frequenza solo negli anni successivi
alla morte di Settimio Severo.
• Nessuna donna aveva mai portato il titolo di
Mater Senatus e Mater patriae
• Questo suggerisce che la madre dell’imperatore
era coinvolta nelle decisioni politiche del figlio
67
68. “Finchè ci sarà la spada…”
• Il potere di Antonino Bassiano durò cinque
anni: fu soprannominato Caracalla a partire
dal soggiorno in Gallia dove cominciò a
indossare una veste locale, la caracalla,un
mantello con cappuccio che impose
all’esercito e distribuì agli abitanti più
poveri di Roma
• Era amato dai soldati, li curava
attentamente, tanto che sembra a
proposito di essi avesse una discussione
con Domna, la quale gli disse che gli
Antonino Bassiano
eserciti avrebbero esaurito le casse
abbigliato con il
imperiali, ma Caracalla gli mostrò la spada
mantello da cui gli e affermò, “Finchè ci sarà questa, il denaro
venne il cognomen non potrà mancare”, ovvero con le
con cui passò alla conquiste militari, l’impero non avrebbe
storia: Caracalla mai esaurito le risorse.
68
69. Mater populi romani, Pia, Felix
• Domna ottenne l’ultimo riconoscimento della
sua maternità istituzionale con il titolo di
Mater populi romani, Pia e Felix.
• Diventò responsabile della corrispondenza di
Caracalla, ultimo segno della fiducia e del
legame che la univa al figlio imperatore
• Nel contempo, continuò a curare il suo circolo
di intellettuali confermando il suo
soprannome di “filosofa”
69
70. La morte di Caracalla
• La tragedia definitiva avvenne nel 216, quando
Caracalla, che si preparava a una spedizione contro i
Parti.
• Il senato era contrario alla politica dell’imperatore, che
aveva ampliato la cittadinanza romana a tutti gli
abitanti liberi dell’impero e voleva sistemare le
questioni della sicurezza nei confini imperiali, ma più
che altro i senatori temevano che un successo militare
contro i parti avrebbe reso troppo potente Caracalla
• Il prefetto del pretorio Macrino si era incaricato di
porre fine all’impero e Caracalla fu ucciso dal
pretoriano Marziale presso Carre
70
71. Dal tentato suicidio alla segregazione forzata
• Domna, alla notizia della morte del figlio, cercò di
pugnalarsi, ma fu salvata
• Macrino inizialmente non volle farle nulla di
male, sapendo il legame tra l’imperatrice madre e
l’esercito
• Domna cercò anche di far sollevare le truppe che
erano nella città di Antiochia, dove si trovava, per
mantenere il potere all’interno della sua famiglia:
sua sorella Giulia Mesa aveva discendenti
maschili da poter investire del titolo imperiale
• Macrino allora decise di segregare l’ex
imperatrice
71
72. La morte “filosofica”nel 217
• Domna, già malata di un tumore al seno, decise allora
di porre fine alla sua vita, e si lasciò morire rifiutando
acqua e cibo, morte molto filosofica nella forma
(ricordava le morti stoiche), nell’anno 217.
• Cassio Dione le riservò queste parole, sorta di epitaffio:
«Perse il figlio minore, ucciso tra le sue braccia, detestò
il maggiore fino alla fine e seppe che era stato
assassinato, sperimentò la perdita del potere e si
uccise: pertanto, considerando la sua vita, ci si può
chiedere se sia davvero felice chi giunge al culmine del
potere, quando non sia assistito da un piacere della
vita autentico e reale e da una buona sorte completa e
duratura” (Storia di Roma, libro LXXIX, 2)
• Fu seppellita nel Mausoleo di Adriano insieme al
marito e divinizzata.
72
74. Il territorio di Palmira
• Zenobia nacque a Palmira, città della Siria, uno dei principali centri
carovanieri della regione desertica mediorientale, che fu chiamata “la
sposa del deserto”
• Annessa alla provincia romana della Siria nel 19 d.c., Palmira ottenne
lo status di città libera, già conferitole da Adriano, durante l’impero di
Settimio Severo o Caracalla
• Era un vero e proprio regno, che per i Romani aveva un’importanza
strategica fondamentale nel fronteggiare i sasanidi, che avevano
acquisito il controllo dell’impero dei Parti nel secondo decennio del III
secolo 74
75. Le origini e la famiglia
I resti di Palmira
nell’odierna Siria
• Zenobia proveniva da una famiglia importante di Palmira, nella quale si
mescolavano culture diverse: aramaica, greca e romana
• Il padre aveva il nome romano di Giulio Aurelio Zenobio, e il
gentilicium Aurelius dimostra che ottenne la sua famiglia ottenne la
cittadinanza romana nel corso del II secolo
• Zenobio avrebbe avuto il nome greco di Antiocoς
• Sembra che tra i parenti di Zenobio vi fosse, a Emesa, Giulio Bassiano,
il padre di Giulia Domna
• Il nome della futura regina significava, si dice, “colei che ha bei capelli”
75
76. La discendenza illustre
• Zenobia nacque probabilmente nel 242/43 e la madre
dovette essere di origine egiziana
• <peregrina> enim, nomine Zenobia, de qua multa iam dicta sunt,
quae se de Cleopatrarum Ptolemaeorumque gente iactaret, habitu
Didonis ornata, diademate etiam accepto, nomine filiorum
Herenniani et Timolai diutius, quam femineus sexus patiebatur,
imperavit «Una straniera di nome Zenobia, sulla quale si è assai
raccontato: si vantava di essere discendente della stirpe di Cleopatra
e dei Tolomei, ornata dell’abito di Didone, acquisitone anche il
diadema, regnò in nome dei figli Erenniano e Timolao» (Historia
Augusta, Triginta Tyranni, Zenobia, XXX)
• Di fatto questo significava che Zenobia proclamò di essere
discendente da Cleopatra e Didone, ovvero le grandi regine
orientali e tolemaiche che spaventarono i romani
al-Zabbā’ figlia di Amr figlio di al-Ẓarib
الزباء بنت عمرو بن الظرب بن حسان ابن أذينة بن السميدع
figlio di Ḥassān figlio di Adhīnat figlio di al-
76
Samīda".
77. Una donna poliglotta, il matrimonio
• Probabilmente le lingue che capiva e
comprendeva furono Arabo, Greco,
Aramaico e Latino, come era normale
per una donna di nascita elevata che
viveva in un crocevia di culture come
Palmira. Si racconta che avesse anche
familiarità con l’antico linguaggio egizio
• Nel 258 sposò Odenato, un discendente
della famiglia dei Settimi, che assunsero
questo gentilicium al tempo di Settimio
Severo, quando lo sostennero nella
Odenato in una
Incisione
conquista dell’impero (193)
rinascimentale • Odenato governava la provincia romana
di Siria per nomina dell’imperatore
Valeriano
77
78. Le imprese di Odenato
• Valeriano fu sconfitto a Edessa, catturato e
ridotto in schiavitù da parte dei Sasanidi, guidati
da Shapour I, e da schiavo morì nel 260, fatto che
a Roma suscitò grandissima impressione
• Odenato si fece apprezzare inseguendo i Sasanidi
fino a Ctesifonte e provocando loro diverse
perdite
L’imperatore Valeriano
in aureo del 257 • In seguito Odenato sconfisse e uccise il generale
romano Callisto che si era ribellato in una
congiura a Gallieno, figlio di Valeriano e
imperatore insieme al padre, poi da solo dopo la
scomparsa del genitore
• Gallieno, come segno di gratitudine e fiducia per
Odenato, lo nominò dux Romanorum e Corrector
totius orientis, cioè suo rappresentante
personale in Oriente
• Zenobia era con il marito durante queste imprese
L’imperatore Gallieno
78
in un busto presso i Musei Capitolini
79. Una donna di spirito guerriero
• Le ricostruzioni coeve ci tramandano l’immagine di una
donna di spirito guerriero compagna del marito anche
nelle condizioni più difficili imposte dalle guerre.
• [Odenanatus] solem ac pulverem in bellis Persicis tulit,
non aliter etiam coniuge adsueta, quae multorum
sententia fortior marito fuisse perhibetur, mulier
omnium nobilissima orientalium feminarum et, ut
Cornelius Capitolinus adserit, speciosissima , «Odenato
sopportò sole e polvere durante le guerre contro i
Persiani, cosa a cui era abituata anche la moglie, che a
parere di molti era anche più resistente del marito, la
donna più nobile fra tutte le orientali, e come affermò
Cornelio Capitolino, la più bella» (Historia Augusta, Tyranni
triginta, Odenatus, XV, 8)
79
80. La “castità” di Zenobia
• Zenobia era la seconda moglie di Odenato, che dal primo
matrimonio ebbe tre figli di cui il primo, Erode, era il
successore designato dal padere
• Nel periodo che va dal 260 al 266, partorì Vaballato, suo
primo figlio e quarto di Odenato
• Il matrimonio,secondo quanto fu tramandato, era all’insegna
della morigeratezza sessuale, cuius ea castitas fuisse dicitur,
ut ne virum suum quidem scierit nisi temptandis
conceptionibus. Nam cum semel concubuisset, exspectatis
menstruis continebat se, si praegnans esset«Si racconta che
di una tale morigeratezza, da non accoppiarsi con il proprio
marito se non per concepire. Infatti, dopo aver giaciuto, si
tratteneva in attesa delle mestruazioni, in attesa di essere
gravida» (Historia Augusta, Tyranni Triginta, Zenobia, XXX, 12)
• Notizie di questo genere contribuirono a costruire la
leggenda di Zenobia, “augusta del deserto”
80
81. L’assassinio di Odenato
• Composito igitur magna ex parte orientis statu a consobrino suo
Maeonio interemptus est cum filio suo Herode, qui et ipse post
reditum de Perside cum patre imperator est appellatus. «Dopo aver
pacificato gran parte dell’oriente, fu ucciso dal cugino Meonio,
insieme a suo figlio Erode (Historia Augusta, Tyranni triginta, Odenatus, XV, 5)
• Si parlò, secondo la più classica delle storie di potere, di un accordo
tra Meonio, mosso dall’invidia, e Zenobia, che vedeva i suoi figli
sopravanzati da Erode, Dicitur autem primum cum Zenobia
consensisse, quae ferre non opterat, ut privignus eius Herodes priore
loco quam filii eius, Herennianus et Timolaus, principes dicerentur,
«Si dice che dapprima Meonio si fosse accordato con Zenobia, la
quale non aveva potuto sopportare che venisse considerato erede al
trono il suo figliastro Erode anziché i i suoi figli Erenniano e
Timolao» (Historia Augusta, Tyranni triginta, Maeonius, XVII, 2)
• La seconda notizia non convince del tutto, poiché Zenobia aveva a a
cuore soprattutto la sorte del figlio Vaballato, come mostrarono gli
avvenimenti successivi
81
82. Zenobia succede a Odenato
• La vedova di Odenato, che aveva assunto il
gentilicium del marito, Septimia Zenobia,
succedette al corrector totius orientis e regnò
insieme e per conto del figlio, Vaballato
• Il titolo che scelse per sé fu,significativamente,
imperatrix, cioè comandante militare
• Era il figlio ad avere ereditato il trono paterno, ma
Zenobia rivendicò per sé , visto che Vaballato era
minorenne , i titoli di dux Romanorum e corrector
totius orientis, e lo fece facendosi accettare dai
soldati come comandante supremo dell’esercito
82
83. Zenobia e la missione “imperiale”
• Zenobia fu indotta a ritenere possibile per lei
governare l’Oriente a causa della debolezza romana,
dimostrata dalle vittorie Sasanidi e dalle difficoltà di
Gallieno, che doveva fronteggiare il pericolo di
sollevazioni galliche.
• Gallieno, saputo della morte di Odenato e ritenuta
quella di Zenobia un’immotivata usurpazione, mandò
contro di lei il generale Eracliano che fu sconfitto
dall’esercito dell’imperatrix.
• Zenobia si riteneva pronta e anzi destinata a unificare
l’Oriente, in quanto Palmira, per posizione geografica e
tradizione, era l’unico baluardo contro i Sasanidi e i
briganti della penisola arabica: Roma si dimostrava
assente in un momento decisivo della storia di quella
regione.
83
84. I progetti di Gallieno
• Morto Gallieno, Zenobia avviò il suo piano di
conquista che aveva quattro obiettivi
• il controllo della Siria
• l’ estensione del dominio di Palmira nella
penisola arabica
• la conquista dell’Egitto
• l’affermazione della supremazia di Palmira
sull’intera Asia minore
84
85. La conquista dell’Egitto
• Approfittando dell’instabilità imperiale, Zenobia
tra 269 e 270 attaccò il dominio romano
dell’Egitto, che era insoddisfatto del governo
romano.
• La condottiera, valendosi del generale Zabdas,
liquidò il prefetto d’Egitto e cacciò i Romani da
qui, e poi rivolse agli abitanti di Alessandria un
proclama con il quale rivendicava il governo sulla
regione in cui si trovava “la città dei suoi
antenati”, appunto Alessandria, capitale di
Cleopatra.
• Da questa conquista derivò a Zenobia il titolo di
“regina della guerra”.
85
86. Zenobia Augusta
• Nel giro di circa un anno Zenobia, sempre
partecipando direttamente alle conquiste per
espandere il suo regno, ampliò il suo dominio a
tutta la Siria, l’odierno Libano e la Palestina
• Zenobia fece coniare in questi mesi a Alessandria le
monete con la scritta Septimia Zenobia Augusta 86
87. Il regno di Zenobia nella sua massima estensione
87
88. Il fascino di una dux femina
• Le ricostruzioni delle sue imprese fanno trasparire il fascino
che Zenobia era in grado di suscitare negli osservatori di una
donna che apparteneva al novero di quelle che i romani
chiamavano dux femina, un termine che esprimeva disprezzo,
ma anche timore di donne che assumessero ruoli e compissero
azioni che si pensava fosse esclusivamente maschili
Fuit vultu subaquilo, fusci coloris, oculis supra modum
vigentibus nigris, spiritus divini, venustatis incredibilis. Tantus
candor in dentibus, ut margaritas eam plerique putarent
habere, non dentes. Vox clara et virilis. Severitas, ubi necessitas
postulabat, tyrannorum, bonorum principum clementia, ubi
pietas requirebat, «Ebbe il viso bruno, l’incarnato scuro, gli
occhi di un nero intenso, portamento divino, incredibile
fascino. Il candore dei denti era tale che si pensava avesse
piuttosto delle perle. La voce era limpida e forte come quella di
un uomo. La durezza era quella dei tiranni, quando la necessità
lo richiedeva; aveva la clemenza dei buoni governanti quando
il senso di pietà lo chiedeva» (Historia Augusta, Zenobia, XXX, 15)
88
89. Una regina con elmo, che va a caccia e beve
• Nell’ambito della medesima prospettiva si
inserisce anche la descrizione di una regina
che ha comportamenti fieramente maschili
• Imperatorum more Romanorum ad
contiones galeata processit cum limbo
purpureo gemmis dependentibus per
ultimam fimbriam, «Secondo il costume dei
comandanti romani partecipò con elmo in
testa alle assemblee con un lembo rosso dal
quale pendevano gemme lungo l’estremità»
• Venata est Hispanorum cupiditate. Bibit
Un famoso disegno di
Michelangelo in cui
saepe cum ducibus, cum esset alias sobria;
Zenobia è galeata bibit et cum Persis atque Armeniis, ut eos
vinceret. «Andò a caccia con la passione
degli ispanici. Bevve spesso con i suoi
comandanti, pur essendo altrimenti sobria;
bevve anche con Persiani e Armeni, cosi da
superarli» (Historia Augusta, Zenobia, XXX, 14, 18) 89
90. La regina guerriera mecenate delle lettere
• La dimensione guerriera non era la sola che
definisse Zenobia, che ci è stata tramandata
anche come donna attenta e appassionata alla
cultura
• Volle che i figli fossero educati nella lingua e
nella letteratura latina, forse per corroborare
le loro (e le sue) aspirazioni imperiali
• Aveva molto gusto per la letteratura greca e
latina, e si dice avesse composto un’epitome
di storia per propria utilità
• Invitò alla sua corte di Palmira, la sua capitale,
storici, poeti e filosofi greci, tra cui Longino, a
cui affidò l’incarico di essere suo segretario e
ministro
• Secondo la tradizione proprio per lei Longino
compose il suo trattato “Sul sublime”
90
91. Significato politico della cultura
• I rapporti culturali tessuti da Zenobia devono essere
inquadrati anche in una prospettiva politica
• I rapporti con Longino erano importanti perché il
letterato greco era un passepartout per avere il
sostegno degli ambienti elevati siriani permeati di
ellenismo
• La regina di Palmira protesse anche il vescovo di
Antiochia Paolo di Samosata (che poi la chiesa cristiana
considerò eretico), che probabilmente gli era utile per
conciliarsi gli ambienti giudeo-cristiani di Antiochia e
Alessandria
• Anche il Talmud la ricorda, probabilmente perché aiutò
gli ebrei di Siria e Egitto
91
92. Aureliano riconosce le conquiste di Zenobia
Vaballato è pettinato
“alla partica”, capelli
lunghi che formano
boccoli sulla nuca,
con mantello
imperiale e corona di
alloro
• Inizialmente le conquiste di Zenobia ottennero il
riconoscimento di Aureliano, l’uomo che a Roma stava
per assumere il potere imperiale
• Vaballato ottenne formalmente i titoli di Odenato
• Le monete coniate nel 270 a Alessandria dopo l’ascesa
al trono di Aureliano mostrano il nuovo imperatore sul
recto e Vaballato sul verso
92
93. La riconquista di Aureliano
• Tuttavia dal 271 Aureliano decise di
riprendere i territori che Zenobia aveva
progressivamente sottratto ai Romani,
soprattutto per la loro importanza strategica e
commerciale: l’Egitto rimaneva una zona
agricola importante, il Medio Oriente era
essenziale per i commerci. Sembra che
Zenobia avesse tagliato i rifornimenti di grano
che erano essenziali all’impero.
• Provocazione simbolica, ma pesante fu il
conio di monete con il viso della regina sul
L’imperatore
recto e di Vaballato sul verso, segno che ormai
romano
Zenobia non riconosceva l’autorità romana.
Aureliano • All’attacco romano, la regina di Palmira
rispose tornando alla testa delle sue truppe e
facendosi di nuovo affiancare dal generale
Zabda, come nella conquista dell’Egitto
93
94. Le battaglie di Antiochia e Emesa
• Questa volta, tuttavia, le vicende militari non
arrisero all’imperatrix
• Una prima grande e lunga battaglia fu
combattuta presso Antiochia, ma la vittoria,
seppure dopo una forte resistenza, andò ai
Romani
• Zenobia fuggì a Emesa per raggruppare le sue
forze militari residue e di nuovo sfidò i suoi
avversari, ma ancora una volta la resistenza
palmirese e siriana fu superata, e con perdite
imponenti 94
95. La resistenza di Zenobia
• Zenobia si rifugiò allora nella sua città, Palmira, stringendosi
attorno i suoi alleati e rafforzando le fortificazioni,
dichiarando di essere pronta a difendere la sua capitale e il
suo potere fino alla fine
• La regina sapeva le difficoltà che poteva presentare per i
suoi avversari l’assedio di una città ben rifornita e
circondata da deserti, luogo ideale per le imboscate di
pirati arabi che apparendo e sparendo molto rapidamente
mettevano costantemente in difficoltà eserciti schierati 95
96. Le difficoltà di Aureliano e la richiesta di resa
• Aureliano scrisse in una lettera al suo alleato
Mucapore, “Quelli che parlano con disprezzo
della guerra che sto affrontando contro una
donna, non conoscono l’indole e la forza di
Zenobia. Non è possibile descrivere il suo
arsenale di pietre, frecce, e ogni specie di armi da
lancio e macchine militari” (Historia Augusta, Aureliano, XXVI,
3)
• Le difficoltà di Aureliano lo spinsero a scrivere alla
regina chiedendole di arrendersi a condizioni di
favore, ma Zenobia rifiutò rispondedogli con una
lettera diventata famosa e poi tramandata per
secoli in Oriente
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97. Una famosa lettera di Zenobia a Aureliano
• Virtute faciendum est quidquid in rebus bellicis est
gerendum. Deditionem meam petis, quasi nescias
Cleopatram reginam perire maluisse quam in qualibet
vivere dignitate. Nobis Persarum auxillia non desunt, quae
iam speramus, pro nobis sunt Saraceni, pro nobis Armenii.
Latrones Syri exercitum tuum, Aureliane, vicerunt. Quid? Si
igitur illa venerit manus, quae undique speratur, pones
profecto supercilium, quo nunc mihi deditionem, quasi
omnifariam victor, imperas.«La guerra va combattuta con il
coraggio. Chiedi la mia resa, come non sapessi che la regina
Cleopatra preferì morire piuttosto che vivere di una dignità
qualsiasi. Non ci mancano aiuti, sui quali contiamo, dalla
nostra parte sono Saraceni, Armeni. Briganti siriani hanno
superato il tuo esercito, Aureliano. Quindi, se giungerà
l’aiuto sul quale contiamo in ogni modo, deporrai la
superbia, con la quale ora mi comandi la resa, come fossi il
sicuro vincitore» (Historia Augusta, Aurelianus, XXVII, 2-5)
97
98. La resa di Zenobia e di Palmira
• Tuttavia, i giorni e le settimane
d’assedio che si accumulavano
rendevano la situazione di Palmira
sempre più difficile, e la regina si risolse
a prendere la fuga, ma mentre fuggiva a
dorso di dromedario verso l’Eufrate, fu
inseguita da truppe romane e infine
catturata e portata come prigioniera di
fronte all’imperatore romano.
• Quando Aureliano le chiese come
avesse osato opporsi insolentemente
agli imperatori romani, lei gli rese
onore, Imperatorem te esse cognosco,
“L’ultimo sguardo
qui vincis, Gallienum et Aureolum et
di Zenobia a Palmira”, ceteros principes non putavi,
di H. Schmaltz, inizio «Riconosco come imperatore te, che mi
‘900 vinci, non ho considerato sovrani
Gallieno e Aureolo e gli altri» (Historia
Augusta, Zenobia, XXX, 23)
98
99. Il cedimento di Zenobia
• Aureliano la lasciò comunque nelle mani della
soldataglia, che spaventò e forse torturò Zenobia, la
quale perse la sua forza e baldanza, tanto da chiedere
pietà al suo catturatore
• Sostenne che furono i suoi ministri a spingerla verso la
resistenza, e che la lettera di sfida era stata scritta in
realtà da Longino a nome suo
• I collaboratori di Zenobia furono lasciati alla furia della
soldataglia e Longino morì dignitosamente, a quanto
sembra rimanendo vicino a Zenobia per sostenerla e
riconciliarla con il suo destino
• Palmira fu saccheggiata dagli assedianti, ma i palazzi
rimasero intatti e i cittadini furono risparmiati
99
100. La distruzione di Palmira
Anfiteatro di
Ar-Raqqah
Aureliano
a Palmira,
disegno del primo
Ottocento
• Tuttavia, mentre Aureliano tornava in Europa fu informato
di una ulteriore rivolta dei palmiresi contro le autorità
romane
• In breve tornò indietro, e decise di punire atrocemente la
città: uomini, donne e bambini furono massacrati, gli edifici
incendiati o rasi al suolo
• Palmira divenne una città diroccata e fantasma fino a che
tra Ottocento e Novecento alcuni viaggiatori inglesi la
riscoprirono per caso 100
101. Zenobia a Roma
• Aureliano celebrò a Roma il suo trionfo, e
all’interno della processione regale, trovò
posto anche Zenobia, portata in Occidente
come ostaggio, in ceppi d’oro di tale peso
che due schiavi la dovevano sorreggere
• Di Vaballato non si hanno notizia certe,
probabilmente morì nel viaggio da Palmira
a Roma.
• Sulla sua fine, si tramandano due racconti
diversi: per alcuni si suicidò, non
sopportando la degradazione del suo stato,
come fece Cleopatra; per altri Aureliano le
concesse di vivere in una grande villa
presso Tivoli. Qui si unì a un senatore
“Zenobia in catene”
romano, da cui ebbe delle figlie, la cui
di Harriet Hosmer
(1859)
discendenza si sarebbe prolungata fino al V
secolo
101
103. Bibliografia (di massima)
• Aa. Vv., Zenobia. Il sogno di una regina
d’Oriente, catalogo della mostra omonima,
Milano, Skirà
• Francesca Cenerini, La donna romana,
Bologna, il Mulino
• Annelise Freisenbruch, Le donne di Roma,
Milano, Bruno Mondadori
• Pierre Grimal, Memorie di Agrippina, Milano
Garzanti
• Alberto Magnani, Giulia Domna, Milano, Jaca
Book