Accertamento STUDI di SETTORE/1 CHIARIMENTI su ACCERTAMENTO e INDICATORI di NORMALITÀ ECONOMICA
1. GUIDA PRATICA
LA SETTIMANA FISCALE – N. 24 14 giugno 2007
– 15 –
CFF – – CFF — : vedi CODICI
FISCALI FRIZZERA n. 1 o n. 2
INDICI PRIMO PIANO AGENDAGUIDA PRATICANOVITÀ VARIEQUESITI PREVIDENZAENTI NON COMMERCIALI
QUADRO NORMATIVO
GUIDA PRATICA
STUDI di SETTORE – NUOVI CHIARIMENTI: la C.M.
22.5.2007, n. 31/E emanata dall’Agenzia delle
Entrate ha fornito vari chiarimenti in merito alle
recenti novità introdotte in tema di studi di set-
tore. (1) Le problematiche affrontate in detta cir-
colare possono essere essenzialmente inquadra-
bili in cinque tipologie:
q accertamento;
q indicatori di normalità economica;
q cause di esclusione;
q sanzioni e modulistica.
Con il presente articolo si intende approfon-
dire i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate con
riferimento alle prime due fattispecie.
UTILIZZO degli STUDI di SETTORE ai FINI ACCER-
TATIVI: la C.M. n. 31/E/2007, innanzi tutto, ripren-
de e sviluppa le argomentazioni esposte in pas-
sato, da ultimo nella C.M. 16.2.2007, n. 11/E, nella
quale (dando risalto alle modifiche introdotte
nell’art. 10, co. 1, della L. 8.5.1998, n. 146 [CFF —
7030]) l’Agenzia delle Entrate illustrava quello che,
a suo dire, era il fine del Legislatore: esplicitare
in modo chiaro la valenza di presunzione (lega-
le) (2) relativa degli studi di settore, dotata dei
requisiti di gravità, precisione e concordanza.
Non solo: con quest’ultimo intervento, l’Am-
ministrazione finanziaria sembrerebbe aprire uno
spiraglio al confronto con i contribuenti non
congrui alle risultanze degli studi, ammorbiden-
do le proprie posizioni nei confronti dei soggetti
per i quali gli scostamenti dai ricavi puntuali di
Gerico risultino di lieve entità.
Prima di procedere al commento della nuova
posizione assunta dall’Amministrazione finanzia-
ria, è appena il caso di fare un breve passo in-
dietro, andando a verificare la reale natura pre-
suntiva degli studi di settore.
In primis, si ritiene utile ricordare la differen-
za tra presunzione legale relativa (art. 2728 c.c.)
e presunzione semplice (art. 2729 c.c.):
q la prima dispensa da qualunque prova colo-
ro a favore dei quali essa è stabilita (Agenzia
delle Entrate), ed è ammessa, in giudizio,
prova contraria (da parte del contribuente);
q la seconda è lasciata alla prudenza del giudi-
ce, il quale non deve ammettere che presun-
zioni gravi, precise e concordanti. In quest’ul-
timo caso, è l’accusa (il Fisco) a dover dimo-
strare al giudice l’esistenza dei requisiti sud-
detti, e quest’ultimo (si noti il giudice e non
l’Amministrazione finanziaria) ha il diritto/
Accertamento
STUDI di SETTORE/1
CHIARIMENTI su ACCERTAMENTO
e INDICATORI di NORMALITÀ ECONOMICA
di Enrico Holzmiller
I commi da 13 a 27 dell’arti-
colo unico della L. 27.12.2006, n.
296 (Finanziaria 2007) hanno in-
trodotto numerose modifiche alla
disciplina degli studi di settore.
Tali modifiche hanno fatto segui-
to a quelle già varate con il D.L.
4.7.2006, n. 223 conv., con mo-
dif., nella L. 4.8.2006, n. 248
(«manovra 2006 bis»).
Con la recente C.M. 22.5.2007,
n. 31/E l’Agenzia delle Entrate
ha fornito alcuni chiarimenti in
merito a dette novità. Tale inter-
vento segue, a distanza di pochi
mesi, le precedenti spiegazioni
contenute nella C.M. 16.2.2007,
n. 11/E.
(1) Per un panorama generale si veda, dello stesso Autore: «Studi di settore – Novità della Finanziaria 2007», «La
Settimana fiscale» n° 3/2007, pagg. 17-20.
(2) L’Amministrazione finanziaria definisce il valore delle presunzioni in oggetto come «relative»; tuttavia, non sussi-
stendo nella legge il concetto di «presunzione semplice relativa», l’unica conclusione cui si perviene è, appunto,
quella dell’identificazione di dette presunzioni come «legali relative», peraltro in assoluta coerenza con le spiegazioni
che la suddetta Amministrazione finanziaria dà in merito alla «forza presuntiva» degli studi di settore. Per comple-
tezza, si ricorda che giurisprudenza e dottrina hanno identificato, oltre alle presunzioni semplici, legali relative e
legali assolute, anche quelle cosiddette supersemplici e legali miste.
2. GUIDA PRATICA
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dovere di decidere in merito.
Mentre le presunzioni legali relative assumo-
no in sé automaticamente la valenza di gravità,
precisione e concordanza, nelle presunzioni sem-
plici tali caratteristiche devono essere provate
dall’accusa dinanzi al giudice competente. (3)
Ricordato ciò, va puntualizzato altresì come
la modifica dell’art. 10, L. 146/1998 [CFF — 7030]
non cambi la natura presuntiva dello strumento
«studi», (4) in quanto quest’ultima è contenuta
nei dettami dell’art. 62-sexies, del D.L. 331/1993,
conv. con modif. dalla L. 427/1993 [CFF — 6772],
che è rimasto immutato.
Vale la pena richiamare il contenuto di que-
st’ultimo articolo: «Gli accertamenti di cui agli
articoli 39, primo comma, lettera d), del decreto
del Presidente della Repubblica 29 settembre
1973, n. 600, e successive modificazioni, e 54
del decreto del Presidente della Repubblica 26
ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni,
possono essere fondati anche sull’esistenza di
gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i
corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente
desumibili (...) dagli studi di settore (...)».
Da tale articolo risulta chiaro come il Legisla-
tore abbia voluto dare la valenza di presunzione
semplice allo strumento degli studi di settore.
Ai fini accertativi viene, infatti, richiesto che l’in-
congruenza (si legga, non congruità) tra i valori
dichiarati e quelli presuntivamente rilevati deb-
ba essere connotata da una «gravità» (uno dei
tre elementi necessari per fare prova) (5).
Qualora lo stesso Legislatore avesse voluto
attribuire a detti studi una valenza di presunzio-
ne legale relativa, avrebbe senz’altro omesso il
riferimento alla «gravità» in quanto sarebbe sta-
ta considerata insita nella incongruenza tra i ri-
cavi dichiarati e quelli presunti.
Tale aspetto è stato recentemente rammen-
tato dall’On. Maurizio Leo il quale, nella propria
interrogazione parlamentare (n. 5-00555 del
17.1.2007), ha ricordato come egli «ritiene che le
elaborazioni frutto degli studi di settore costitu-
iscano delle mere presunzioni semplici, non for-
nite (n.d.A.: di per sé) dei requisiti di gravità,
precisione e concordanza richieste per l’invio
degli avvisi di accertamento».
Nonostante tali evidenze, sostituendosi al
ruolo del Legislatore fiscale, (6) l’Amministrazio-
ne finanziaria ha da sempre considerato gli stu-
di di settore quale strumento avente efficacia
presuntiva legale relativa (un punto di vista, per
alcuni aspetti, rafforzato dalla sibillina risposta
alla succitata interrogazione parlamentare) (7).
In tale contesto si pone la C.M. n. 31/E/2007
nella quale, come anticipato, sembra rafforzarsi
la volontà di fare un passo in avanti in termini
di flessibilità nella valutazione delle risultanze
degli studi di settore.
L’Agenzia delle Entrate, dopo aver ricordato
che, in base (a suo dire) alla natura di presun-
zione legale relativa, (8) «gli accertamenti basati
sugli studi di settore possono essere effettuati
ogni qualvolta il contribuente dichiari ricavi e
compensi non congrui rispetto alla stima, senza
che l’Amministrazione finanziaria debba fornire
ulteriori dimostrazioni a sostegno della pretesa
tributaria», afferma, per la prima volta, che «in
sede di selezione delle posizioni da sottoporre a
controllo sulla base degli studi di settore, gli
Uffici dovranno considerare prioritariamente gli
scostamenti maggiormente significativi, onde
assicurare la massima proficuità dell’azione ac-
certatrice (...) gli scostamenti di più modesta
entità potranno comunque essere considerati
come elementi da utilizzare unitamente ad altri
elementi disponibili o acquisibili con gli ordinari
poteri istruttori».
Come va interpretata tale dichiarazione, che
appare come un tentativo di attenuare l’impatto
(3) Dello stesso Autore: «Studi di settore – Valenza presuntiva ai fini accertativi e chiarimenti da Telefisco 2007» ne «La
Settimana fiscale» n° 9/2007, pagg. 11-14.
(4) Così come conferma l’Amministrazione finanziaria, anche nella circolare in esame ove si legge (paragrafo 2.2.) «la
modifica non ha altra finalità che quella di ribadire, esplicitandola più chiaramente, la valenza probatoria dei ricavi
e compensi stimati sulla base degli studi di settore (...)». A tale conclusione si era già pervenuti nell’Interrogazione
parlamentare n. 5-00555 del 17.1.2007 e, successivamente, in «Telefisco 2007».
(5) In effetti, mentre il concetto di «concordanza» risulta logicamente inapplicabile in caso di un unico elemento pre-
suntivo, il Legislatore sembrerebbe essersi dimenticato, nella stesura dell’articolo in commento della «precisione».
Tale elemento, individuabile nella capacità della presunzione di essere specifica, concreta e – soprattutto – non
suscettibile di diversa interpretazione, avrebbe con tutta probabilità chiarito definitivamente la portata presuntiva
semplice degli studi di settore.
(6) Un approfondimento di tale pericolosa anomalia in «Se la circolare sostituisce il Legislatore», di Salvatore Padula,
ne Il Sole 24 Ore del 24.5.2007, pag. 30.
(7) In tale risposta, infatti, da una parte si evidenzia che «gli studi di settore costituiscono uno strumento di ausilio
all’accertamento di tipo presuntivo» (facendo propendere per una «valenza semplice»), dall’altra si dice che «anche
scostamenti di modesta entità possono essere ritenuti gravi in quanto emergono sulla base di un metodo rigoroso»
(avvicinandosi quindi al concetto di presunzione legale relativa) e concludendo con il ribadire «la valenza probatoria
(N.d.A.: si, ma quale?) degli studi di settore ai fini dell’accertamento».
(8) Salvo poi contraddirsi: nella stessa C.M. n. 31/E/2007, al punto 8, ove si parla degli accertamenti effettuati in base
all’art. 39, D.P.R. 600/1973 [CFF — 6339] e all’art. 54, D.P.R. 633/1972 [CFF – 254], ci si riferisce alle «rettifiche in base
alle presunzioni semplici».
3. GUIDA PRATICA
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di Gerico sui contribuenti? Difficile dirlo.
Al di là delle buone intenzioni, l’Agenzia del-
le Entrate non solo non dà alcun riferimento cer-
to, ma sembra addirittura contraddirsi: da una
parte, come si è visto, tiene a ricordare l’autono-
mia delle risultanze di non congruità degli studi
ai fini accertativi, dall’altra afferma che gli sco-
stamenti di modesta entità devono essere utiliz-
zati unitariamente ad altri elementi (si ritorna
alla presunzione semplice, dunque?).
Inoltre, vi è da chiedersi: cosa si intende per
«scostamenti maggiormente significativi»? E, pa-
rimenti, quale significato numerico va dato agli
«scostamenti di più modesta entità»?
A tale riguardo, parte della dottrina ha ipotiz-
zato che il riferimento potrebbe essere quello
dei cd. ricavi di congruità minima: secondo tale
tesi, l’eventuale adeguamento (a detto ricavo mi-
nimo) comporterebbe, appunto, uno scostamen-
to di modesta entità rispetto ai ricavi puntuali.
Tuttavia, come si è visto, la circolare in esame
non fa alcun esplicito riferimento al riguardo.
Inoltre, quand’anche si volesse seguire il
pensiero di tale dottrina, un adeguamento ai
valori di congruità minima non comporterebbe
comunque una salvaguardia dall’accertamento
induttivo, bensì, quale bonus, una semplice
posposizione rispetto ai contribuenti cui fanno
capo le incongruenze più rilevanti.
A tale posposizione si aggiungerebbe l’impe-
gno dell’Amministrazione finanziaria a verifica-
re, con particolare riguardo, gli ulteriori elemen-
ti a disposizione (in primis, quelli che il contri-
buente vorrà far valere per confutare la tesi del
maggior ricavo presunto).
A parere di chi scrive, la prima impressione
è che, con la C.M. n. 31/E/20007, l’Amministra-
zione finanziaria abbia dato un segnale di «am-
morbidimento» più apparente che reale, mani-
festato probabilmente a seguito delle forti criti-
che sollevate dalle Associazioni di categoria ed
Ordini professionali in merito alla recrudescen-
za dei risultati di non congruità degli studi per
l’esercizio 2006.
Il fatto poi di non precisare alcun termine
oggettivo (soprattutto con riferimento al concet-
to di modesta entità) induce – si passi il cattivo
pensiero – a ritenere esistente una volontà, da
parte del Fisco, di proporre una soluzione varia-
bile, che consenta di spostare in alto o in basso
il livello dei contribuenti «punibili» a seconda
delle esigenze di gettito (da una parte) e della
necessità di contenere la caduta di consenso e
credibilità nei confronti dei soggetti coinvolti (dal-
l’altra), molti dei quali identificano sempre più
gli studi di settore con una modalità surrettizia
per «fare cassa» e non, come invece dovrebbe
essere, con uno strumento accertativo equo e
corretto.
INDICATORI di NORMALITÀ ECONOMICA: la Legge
Finanziaria 2007 ha introdotto due tipologie di
INE (indicatori di normalità economica):
q INE per contribuenti assoggettati agli studi
di settore (art. 1, co. 14, L. 296/2006 [CFF —
7160]): tali indicatori sono da considerarsi
transitori, essendo stati introdotti in attesa
dell’entrata in scena dei neo-indicatori di co-
erenza (ex art. 1, co. 13, L. 296/2006). Detti
INE hanno, quale finalità, quella di fornire un
quadro completo della situazione economi-
co-contabile del contribuente, consentendo
così di esprimere un giudizio diretto sulla
complessiva veridicità economica del sogget-
to interessato.
Tali indicatori incidono direttamente sulla de-
terminazione della congruità dei ricavi.
q INE per contribuenti non soggetti agli studi
di settore (art. 1, co. 19, L. 296/2006): questi
indici sono stati introdotti al fine di rilevare
la presenza di ricavi o compensi non dichia-
rati ovvero rapporti di lavoro irregolare. A
differenza degli INE per i contribuenti «den-
tro gli studi» è stato previsto un adempimen-
to (modello dichiarativo) aggiuntivo (Quadro
NS del Modello Unico 2007).
Le eventuali anomalie che risultano a segui-
to dell’applicazione di questi INE fanno rien-
trare il contribuente non coerente nella sele-
zione dei soggetti da sottoporre a controllo
da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Con riferimento alle due tipologie di indica-
tori, la C.M. n. 31/E/2007 ne dà ampia illustrazio-
ne, distintamente per ognuno di essi, sofferman-
dosi sulla spiegazione delle relative formule ma-
tematiche sottostanti al calcolo e chiarendone
l’impatto fiscale con esempi pratici.
Per una più attenta disamina di tali indicatori
si rinvia agli articoli in precedenza pubblicati su
questa Rivista. (9)
In questa sede si intendono approfondire due
particolari aspetti inerenti agli INE illustrati dalla
circolare in commento: la valutazione di tali in-
dicatori in sede di accertamento e le ripercus-
sioni sulle attività marginali.
VALUTAZIONE dell’ANALISI di NORMALITÀ ECO-
NOMICA in SEDE di ACCERTAMENTO: l’Agenzia
delle Entrate ammette che gli INE per i contri-
buenti assoggettati agli studi possano portare a
risultati grossolani, non calzanti con le singole
realtà economiche.
(9) In particolare, dello stesso Autore: «Studi di settore – Nuovi indici di coerenza ed indicatori di normalità economica»,
ne «La Settimana fiscale» n° 21/2007, pagg. 13-18.
4. GUIDA PRATICA
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Questo in quanto tali indicatori sono stati
elaborati sulla base dei dati relativi alla genera-
lità dei soggetti appartenenti a ciascun settore.
Si aggiunga che detti strumenti accertativi
non sono stati sottoposti, per esplicita previsio-
ne normativa, alla valutazione di una commis-
sione di esperti (come invece è accaduto ed
accade tutt’ora per gli studi di settore), che avreb-
be potuto dare a questi indici una maggiore
precisione in funzione delle molteplici attività
monitorate.
Per tale motivo, l’Amministrazione finanzia-
ria impone agli Uffici, in sede di accertamento,
di valutare «con estrema attenzione la posizione
del contribuente, soprattutto nelle ipotesi in cui
l’applicazione degli indicatori in parola determi-
ni scostamenti assai rilevanti».
Tale valutazione andrà effettuata nell’ambito
del contraddittorio, sulla base degli elementi
direttamente acquisiti dagli Uffici od offerti dal
contribuente.
Nel caso in cui tale valutazione dovesse por-
tare a ritenere non attendibile il risultato deter-
minato dai singoli indicatori, gli Uffici dovranno
adeguare la stima complessiva operata da Geri-
co alla concreta situazione del contribuente, de-
purandola dei maggiori ricavi scaturiti dall’appli-
cazione degli indicatori considerati inattendibili.
ATTIVITÀ MARGINALI: si identificano come margi-
nali quelle attività che, per vari motivi, non se-
guono la ferrea legge dell’economicità. Si pensi,
a mero titolo esemplificativo, alle botteghe di
paese, dove l’anziano imprenditore mantiene l’at-
tività più per un discorso affettivo che per un
desiderio di business.
Razionalizzando ed ampliando l’esempio ap-
pena fatto, la C.M. n. 31/E/2007 identifica precisi
elementi con cui è contraddistinta tale situazio-
ne:
q la localizzazione territoriale dell’attività;
q le ridotte dimensioni del mercato servito;
q l’età del contribuente;
q la limitata dotazione di beni strumentali e/o
l’obsolescenza dei medesimi;
q l’assenza di dipendenti per attività dove in-
vece se ne registra, di regola, la presenza;
q l’assenza di costi relativi ai servizi.
L’Amministrazione finanziaria, nell’ambito di
tali fattispecie, richiede particolare attenzione e
flessibilità agli Uffici verificatori «allo scopo di
garantire in sede di accertamento il più proficuo
e ragionevole utilizzo degli studi di settore».
La circolare in esame evidenzia altresì un
aspetto importante: i contribuenti hanno la pos-
sibilità (e non l’obbligo) di segnalare la situazio-
ne di marginalità economica già in sede di di-
chiarazione annuale, nel campo «annotazioni»
del modello di comunicazione dei dati rilevanti
ai fini dell’applicazione degli studi di settore.
Per rendere maggiormente incisiva detta se-
gnalazione, risulterebbe altresì possibile proce-
dere con l’asseverazione della stessa. In alterna-
tiva, è possibile evidenziare la marginalità suc-
cessivamente all’invio del Modello Unico, nel-
l’ambito del contradditorio.
La condizione di marginalità, ove segnalata
dal contribuente ed in presenza di scostamenti
rilevanti tra i ricavi dichiarati e quelli stimati,
potrà formare oggetto di specifici approfondi-
menti da parte degli Uffici (anche tramite i cd.
accessi brevi).
Per ulteriori approfondimenti sulla
C.M. 31/E/2007 si rinvia allo Spe-
ciale contenuto nel n. 6 – giugno 2007
di «Guida ai controlli fiscali».