1. attualità
Come è cambiato il mondo del lavoro
per fronteggiare l’emergenza
del Coronavirus
innovazione e tecnologia
I sistemi robotici
come strumento di supporto
per combattere l’epidemia
psicologia
Le conseguenze psicologiche
della quarantena nei bambini
il periodico di informazione sulla sanità integrativa
marzo
aprile 2020
Anno VII
N°36
parliamo di...
Testimonianze
da Parma, Codogno
e Bergamo
modello
Cotugno
L’ospedale Sacco
propone il
speciale Covid-19
2. Fino al
CUORE
della SALUTE
Un Gruppo unito per sostenere
e diffondere la Cultura della Salute
e della Prevenzione
dalla Ricerca Scientifica alle Soluzioni Personalizzate
Health Italia S.p.A. · c/o Palasalute · Via di Santa Cornelia, 9 · 00060 Formello (RM)· info@healthitalia.itwww.healthitalia.it
3. sommario
speciale
covid-19
attualità
psicologia
parliamo di...
testimonianze
innovazione e
tecnologia
salute e
ricerca
in evidenza
pag. 30
pag. 06
pag. 24
pag. 16
pag. 40
pag. 44
pag. 50
pag. 20
pag. 36
pag. 05 - Editoriale
pag. 10
Il made in Italy
riconverte la produzione
per fronteggiare il Covid-19
La risposta del sistema
immunitario contro il virus
La telemedicina di Health
Point a fianco dei cittadini
Il nuovo Coronavirus
visto con gli occhi
di un bambino speciale
Coronavirus, viaggio
a Codogno, dove tutto
è cominciato
Bergamo, la vita al tempo
del Coronavirus
I sistemi robotici come
strumento di supporto per
combattere l’epidemia
Le conseguenze psicologiche
della quarantena
nei bambini
Smart working o home
working? Il virus porta
la rivoluzione in Italia.
E la scuola?
Il “Sacco” di Milano
propone il modello
Cotugno
5. e
di
to
ria
le
DISVALORE E VALORE DEL VIRUS
Nonèsicuramenteilmomentodifaredeibilanciinmeritoaglieffettisanitari,socialiedeconomicidellapandemia
causata dal Covid-19, però è possibile fissare dei punti focali che potranno essere sviluppati in futuro.
Ogni battaglia, e questa del Coronavirus è sicuramente una grande battaglia, offre due possibili punti
di vista: quello strategico descrivibile da chi osserva “dall’alto” l’evoluzione del combattimento e quello
tattico spiegabile da chi operando “sul campo” vive il combattimento dall’interno.
Per comprendere più approfonditamente e sempre rifacendosi ai temi di guerra, una prima similitudine
si ha con la descrizione della battaglia di Waterloo (cosi determinante per l’umanità) vista con queste due
visioni nel libro omonimo con due ricostruzioni: la prima stesa da Walter Scott nella sua monumentale
Vita di Napoleone Bonaparte, l’altra in un lungo racconto della giornata campale, costruito nella forma
di una visita al campo di battaglia, contenuto nei Miserabili di Victor Hugo; due versioni tanto differenti
anche nei toni e nei sentimenti, che suggeriscono in generale la doppiezza della storia stessa.
In questo momento dobbiamo quindi essere consapevoli che siamo a questo punto della storia
dell’epidemia: ci sono due versioni, due modi di vedere la battaglia al virus, due valutazioni da fare.
La valutazione tattica ci mostra alcuni aspetti importanti quali, in primis, l’impegno, la forza, la
professionalità, lo spirito di sacrificio del personale medico e paramedico, a volte cosi tanto criticato e
bistrattato, che in questa situazione ha mostrato tutto il proprio valore.
In seconda istanza possiamo constatare la tenuta del modello sanitario italiano che sta consentendo di
intervenire a favore di tutti i cittadini colpiti senza discriminazioni o differenze legate ad aspetti sociali
ed economici, come sta accadendo, al contrario, in altri paesi.
In terza istanza dobbiamo sottolineare la capacità evolutiva del sistema imprenditoriale del nostro
paese che, modificando le catene produttive, mettendo a disposizione le proprie soluzioni tecnologiche,
riconvertendo i propri modelli evolutivi sta sviluppando rapidamente tutta la propria potenza di fuoco
contro il virus invasore.
Sicuramente ci sono stati degli errori anche a livello tattico, in alcuni ospedali, in molte RSA, in certi
contesti sociali, ma comunque possiamo dire che a tatticamente il sistema sta tenendo e reagendo.
La valutazione strategica, invece, ci mostra altri aspetti significativi quali, in primis la scarsa capacità di
previsione del sistema politico per affrontare una situazione annunciata dagli esperti, dagli scienziati,
dagli accadimenti precedenti (la SARS ad esempio), che ha determinato una continua rincorsa alle
soluzioni piuttosto che una programmazione delle stesse.
In secondo luogo, dobbiamo anche evidenziare la scarsa coerenza del tessuto produttivo e sociale che per
scegliere l’uovo oggi invece della gallina domani ha sottovalutato l’impatto economico della pandemia
quando l’applicazione di alcune soluzioni, poi definite per decreto, avrebbe potuto garantire una minore
diffusione del virus.
Infine, non possiamo che sottolineare la miopia di coloro che gestiscono il potere della burocrazia che,
per mantenere inalterato il proprio status, hanno ingabbiato il paese in una serie di norme, regole,
processi farraginosi che, come catene, hanno impedito alle aziende ed ai cittadini una reazione forte
contro l’invasore.
Certamente, anche a livello strategico, ci sono state delle scelte corrette, alcune fin coraggiose, ma
nell’insieme dobbiamo prendere atto che il paese da questo punto di vista è stato ed è deficitario.
E allora che insegnamenti immediati ne possiamo trarre?
Due insegnamenti fondamentali che determinano due compiti da svolgere tutti insieme come cittadini
italiani.
Il primo compito che abbiamo fin da oggi, e dobbiamo farlo subito perché ancora possiamo incidere sulla
battaglia in corso che sarà ancora lunga, è quello di richiedere con forza che la strategia (fallimentare) si
adegui alla tattica (vincente), aumentando da oggi il corpo sanitario, ripensando subitaneamente l’iter
autorizzativo dei medici e degli infermieri, investendo forzatamente sulla ricerca medica, incentivando
immediatamente la tecnologia sanitaria, rafforzando tempestivamente la sanità integrativa, aprendo da
subito alla telemedicina.
Ma non solo, dobbiamo anche pretendere come cittadini di questo paese che le catene del valore
produttivo vengano rafforzate, che la burocrazia fine a se stessa venga eliminata, che i valori sociali
vengano rafforzati.
Il secondo compito che abbiamo, e che possiamo svolgere appena passata questa sciagura, sarà quello
di pretendere che le strategie dirette al futuro traggano insegnamento da quanto accaduto, perché
l’emergenza potrebbe ripresentarsi non solo in campo sanitario ma anche magari in ambito climatico
o, forse, nel contesto economico e quindi sarà necessario avere strategie adeguate da un punto di vista
sanitario, economico, sociale, climatico e geografico.
Dovremo quindi assolutamente pretendere che chi sceglieremo per governare ascolti prontamente le
valutazioni degli scienziati, valuti la possibilità che l’emergenza possa arrivare (e se fortunatamente non
arrivasse sarebbe solo meglio), progetti la gestione delle criticità, investa sul futuro.
Oggi dobbiamo affrontare questa epidemia che rappresenta un disvalore enorme, ma dobbiamo
impegnarci da subito tutti socialmente, economicamente, politicamente, sanitariamente affinché le scelte
di domani possano essere un valore a tutela di tutti noi, perché solo insieme ed in questo modo ce la
faremo oggi ed eviteremo di dovere combattere anche domani.
Milanese,homaturatoun’esperienza
ultraventennalenelsettoreassicurativo
efinanziario,occupandomi
siadeiprodottichedelmarketing
edellosviluppocommerciale,fino
alladirezionedicompagnieassicurative,
nazionaliedestere.Nel2005sviluppo
unprogettodiconsulenzaestrategia
aziendalechehaconsentito
dioperareconimaggioriplayer
delsettoreassicurativoperrealizzare
pianistrategicidisviluppocommerciale.
Dal2009mioccupodiSanitàIntegrativa,
assumendolacaricadiPresidenteANSI,
AssociazioneNazionaleSanitàIntegrativa
eWelfare,econtestualmentediHealth
HoldingGroup,importanterealtà
delsettore.Dal2016sonopresidente
diHealthItalia,unadellepiùgrandirealtà
nelpanoramadellaSanitàIntegrativa
ItalianaesocietàquotatainBorsa
sulmercatoAIMItalia.
a cura di
Roberto Anzanello
healthonline.it | 05
8. #attualità
Sembra una vespa! Questa la storica frase di Enrico Piaggio, l’imprenditore e inventore
del mitico motoveicolo che dopo la seconda guerra mondiale pensò di riconvertire gli
stabilimenti industriali dalla costruzione di aerei alla produzione di un motociclo che
diventò uno dei simboli del made in Italy nel mondo.
Enrico Piaggio è un esempio di come gli imprenditori italiani, grazie alla loro genialità e
praticità,affrontanoimomentidifficili,mettendoinpiediunnuovopercorsoimprenditoriale.
Oggi, come allora, l’Italia sta vivendo un periodo drammatico perché sta combattendo
una guerra, questa volta contro un nemico invisibile: Sars Cov-2, conosciuto con il nome
Covid-19, l’infezione responsabile dell’epidemia di polmonite che ha avuto origine in Cina e
che si è diffusa in tutto il mondo coinvolgendo pesantemente anche il Bel Paese.
In questo scenario diverse aziende italiane, che si sono sempre occupate della produzione
di auto, abbigliamento e bibite alcoliche, vista l’emergenza sanitaria in atto e le richieste di
aiuto da parte di associazioni di volontariato, hanno pensato, ognuno nel proprio settore, di
cambiare momentaneamente la loro produzione.
Tutti al lavoro per mettere a disposizione delle strutture sanitarie e della popolazione,
camici, ventilatori, mascherine e gel igienizzanti.
A questo appuntamento non poteva mancare il guru della moda italiana nel mondo:
Mister Giorgio Armani, che ha convertito gli stabilimenti italiani nella produzione di camici
monouso destinati alla protezione dei medici e degli operatori sanitari impegnati in prima
linea nel fronteggiare il Covid19. “Mi manca di guardare negli occhi le persone che incontro
ogni giorno - ha dichiarato - ma provo a ricreare quotidianamente una nuova routine con un
gruppo ristretto di collaboratori a me vicini in questo momento”.
di Alessia Elem
8 |08 | #attualità
9. healthonline.it
Un’emergenzanell’emergenzaèrappresentata
dalle mascherine filtranti, che sono
diventate introvabili in tutta Italia a causa
della veloce diffusione del virus.
A questo ci ha pensato per prima
un’azienda di tessuti piemontese, la
Miroglio di Alba che in poco tempo, grazie
all’impegno del personale, ha riconvertito
tutta la produzione per realizzare delle
mascherine, con un tessuto impermeabile
eriutilizzabile,adusocivileenonmedicale.
Il cotone in magazzino viene inviato
all’atelier per la lavorazione: la stoffa viene
tagliata, ripiegata, cucita con l’elastico,
stirata e confezionata, tutto rigorosamente
a mano.
L’azienda ha reagito prontamente alla
situazione di necessità “grazie al fatto
che storicamente copre tutte le fasi
della filiera, dal trattamento del tessuto,
al confezionamento, alla logistica, fino
al retail. Decisive però sono state la
flessibilità, la creatività e la capacità di
adattamento di tutti coloro che lavorano
con Miroglio, non solo i dipendenti, ma
anche i nostri partner”, ha spiegato Alberto
Racca, AD del Gruppo Miroglio.
| 09
Per far fronte alla richiesta di un maggior
numero di macchinari di ventilazione,
strumento indispensabile per salvare
la vita ai pazienti colpiti dal Covid-19
e ricoverati in gravi condizioni in
terapia intensiva, Ferrari, il marchio
automobilistico italiano, icona nel
mondo per la Formula 1 oltre che per
la produzione di automobili di lusso, e
FCA (Fiat Chrysler Automobiles) stanno
valutando con la Siare Engineering
International di Bologna, azienda leader
in Italia per la progettazione e produzione
di apparecchiature elettromedicali, un
eventuale aiuto inerente la produzione e
la fornitura di alcuni componenti primari
che compongono il ventilatore polmonare.
La distilleria del Gruppo Pernord Ricard
di Canelli, in Piemonte, famosa per la
produzione dell’amaro Ramazzotti, ha
iniziato ad “imbottigliare” in piccoli
contenitori, un gel igienizzante per le
mani che verrà inizialmente messo a
disposizione della Croce Rossa Italiana,
della Protezione Civile, dei Vigili del fuoco
e della Polizia Municipale.
Molte le aziende che si sono mobilitate per arginare l’emergenza causata dal Covid-19
anche attraverso donazioni in denaro a favore di Istituzioni, strutture ospedaliere e
associazioni di volontariato.
Tra queste alcuni brand di abbigliamento di lusso conosciuti al livello internazionale: due
milioni di euro per la Protezione Civile e alcuni ospedali, tra i quali il San Raffaele e il Luigi
Sacco di Milano, sono arrivati dal portafogli di Giorgio Armani.
Valentino, altra icona del made in Italy nel settore dell’abbigliamento di lusso, ha donato
attraverso la Fondazione Valentino Garavani e Giancarlo Giammetti, un milione di euro per
la nuova area Columbus Covid 2 del Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma.
Due milioni di euro dalla maison fiorentina Gucci, somma destinata a due campagne
di crowdfunding, una in Italia a favore del Dipartimento della Protezione Civile in
collaborazione con Intesa Sanpaolo e l’altra a livello internazionale a favore del COVID-19
Solidarity Response Fund a supporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità attraverso
la campagna di matchmaking di Facebook.
Insomma, in poco tempo il made in Italy è sceso in campo per combattere una delle battaglie
più difficili che mai avrebbe immaginato di dover fronteggiare, dimostrando al mondo intero
che l’Italia è unita e solidale nei momenti di difficoltà. Mai come in questo caso è appropriato
citare il proverbio “l’unione fa la forza”… quella interna al Paese!
10. 10 | #attualità
home working?
smart
working
o
Il virus porta la rivoluzione in Italia
#attualità
...e la scuola?
11. healthonline.it | 11
Lavorare da casa è possibile e la rivoluzione è stata
introdotta da un virus arrivato da Wuhan. Ma quando la
tempesta sarà passata cosa ne resterà?
Già da qualche anno in Italia l’avanzare progressivo della
tecnologia ha consentito al 58% delle grandi imprese
italiane di avviare la pratica del lavoro agile. In tanti però
si sono chiesti di cosa si tratta realmente solo all’indomani
dell’introduzione delle prime restrizioni governative per
limitare la diffusione del COVID-19 e che hanno interessato,
oltre alle attività commerciali, anche gli uffici pubblici e
privati e le grandi aziende.
Ma andiamo con ordine: tra i risultati più interessanti
emersi dall’ultimo studio del Politecnico di Milano c’è
l’aumento della diffusione dello Smart Working nelle PMI
italiane: i progetti strutturati sono passati dall’8% al 12%
attuale, quelli informali dal 16% al 18%. Tuttavia, c’è anche
un’ombra: la percentuale di imprese disinteressate al tema
aumenta, in modo preoccupante, e passa dal 38% al 51%.
Anche la PA nell’ultimo anno ha fatto grandi passi in
avanti verso un modello di lavoro più “smart”: il 16% delle
pubbliche amministrazioni ha progetti strutturati di lavoro
agile (nel 2018 era l’8% e nel 2017 il 5%), l’1% ha attivato
iniziative informali e un altro 8% prevede progetti dal
prossimo anno. Ci si domanda però quale sarà la fotografia
una volta conclusa l’emergenza epidemiologica in corso e
in che modo le attività lavorative ne usciranno rinnovate.
di Alessandro Notarnicola
12. 12 | #attualità
Lo Smart working, nel segno del motto #IoRestoaCasa, è stata una delle prime indicazioni
arrivate agli italiani direttamente dai banchi del Governo: il ricorso al lavoro agile, laddove
possibile chiaramente, è caldeggiato anche all’interno del Dpcm dell’11 marzo 2020, in
particolare il riferimento compare al comma 7 dell’articolo 1 in cui si raccomanda il massimo
utilizzo di questa pratica lavorativa da parte delle imprese.
In più, l’articolo 4, “Ulteriori misure sull’intero territorio nazionale”, stabilisce che “la modalità
di lavoro agile disciplinata dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81, può
essere applicata, per la durata dello stato di emergenza di cui alla deliberazione del Consiglio
dei ministri 31 gennaio 2020, dai datori di lavoro a ogni rapporto di lavoro subordinato, nel
rispetto dei principi dettati dalle menzionate disposizioni, anche in assenza degli accordi
individuali ivi previsti. Gli obblighi di informativa di cui all’art. 22 della legge 22 maggio 2017,
n. 81, sono assolti in via telematica anche ricorrendo alla documentazione resa disponibile sul
sito dell’Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro”.
La regola madre è una: uscire di casa esclusivamente per comprovate esigenze lavorative,
oltre che di salute e dunque emergenziali. Tutti coloro che svolgono un lavoro praticabile
anche da casa sono tenuti a rispettare le indicazioni governative.
Sempredall’Esecutivoèinfattiarrivataunaversione“semplificata”dellosmartworking,
estesa per l’intera durata dello stato di emergenza, ad ogni tipo di lavoro subordinato su
tutto il territorio nazionale, anche in assenza degli accordi individuali previsti dalla relativa
normativa, al fine di evitare gli spostamenti e contenere i contagi.
Il rischio attuale
è che avvenga una sorta
di “rottura” dei parametri
spazio-temporali: la sede
del lavoro diventa la sala
da pranzo e le ore di incarico
subiscono un’elasticità che
potrebbe nuocere all’azienda
e al lavoratore
13. healthonline.it | 13
Per alcuni esperti tuttavia il modo massiccio con cui il
sistema produttivo si è affacciato alla modalità di telelavoro
non è così maturo come ci si aspettava perché, come accade
quando ci sia appresta a svolgere qualcosa di nuovo, è
necessario un periodo di formazione tanto per i datori
di lavoro, che non controllano direttamente, quanto per
i dipendenti, che potrebbero lavorare di più o persino
di meno se operano al pc con vista sala da pranzo (home
working). E se fosse questo stesso il periodo di formazione
richiesta? C’è da dire infatti che la situazione che viviamo
è del tutto inedita e (se vogliamo) sperimentale per la
collettività: per tale ragione le aziende e i lavoratori
possono scoprire progressivamente i benefici derivanti da
una forma di svolgimento della prestazione di lavoro che
mette al centro del rapporto tra le parti la fiducia, come
punto di partenza per ottenere più produttività ma anche
più flessibilità nella gestione del tempo e dello spazio di
lavoro. Il rischio attuale infatti è che avvenga una sorta di
“rottura” dei parametri spazio-temporali: la sede del lavoro
diventa la sala da pranzo della propria abitazione e le ore
di incarico subiscono un’elasticità che potrebbe nuocere,
anche in questo caso, all’azienda e al lavoratore.
Tuttavia, guardando il lato positivo, poter contare su un
numero sempre maggiore di dipendenti in smart working
garantirebbe al datore una riduzione della spesa e un
conseguente ritaglio degli spazi di lavoro. Insomma, se il
lavoratore opera da casa la sede di lavoro diventa sempre
più necessaria per alcuni comparti dell’azienda, e non per
tutti.
L’approccio improvvisato del mondo produttivo italiano
alla pratica del telelavoro non è sfuggito sin da subito e
ne è testimonianza il webinar di Fibering Spa, operatore
nazionale di telecomunicazioni con sede a Torino e Milano,
tenutosi a Torino il 20 marzo scorso dal titolo “Se a Wuhan
hanno costruito in 10 giorni un Ospedale, i Comuni possono
in altrettanti giorni dotarsi di una piattaforma di Smart
Working?”. All’incontro, chiaramente rivolto alla Pubblica
amministrazione,hannopresoparteseiComunipiemontesi.
La platea digitale ha preso in esame le differenze tra Smart
Working e Telelavoro e poi è stata invitata a valutare la
consistenza della loro connettività, della rete e dei sistemi
di protezione dei dati. “In 10 giorni il Comune può dotarsi
14. di una linea professionale simmetrica
per poter supportare una piattaforma di
Smart Working – ha commentato Ilario
Baronio responsabile del progetto Smart
Working di Fibering Spa al termine del
Webinar – il primo passaggio essenziale
è abbandonare il concetto della linea
tradizionale di tipo ‘casalingo’ e dotarsi di
una connettività in grado di supportare i
servizi disponibili quali videoconference,
condivisione documentale in un contesto
di unified-communications, connettività
sicuramente a favore delle attività di Smart
Working e non solo”.
E la scuola?
14 | #attualità
Le scuole riapriranno per quest’anno oppure no? La seconda ipotesi sembra la più probabile
al momento, tant’è che il governo ha già approvato un decreto, lo scorso 6 aprile, prevedendo
che, in via eccezionale, tutti gli alunni saranno ammessi all’anno successivo, anche
quelli con insufficienze registrate nel primo quadrimestre.
Non ci sarà nessun “6 politico”, ha specificato il ministro Azzolina, gli studenti saranno
valutati con voti finali corrispondenti all’impegno dimostrato durante l’anno e nella
didattica a distanza.
Per quanto riguarda l’esame di maturità, sono stati ipotizzati due scenari differenti. Se
le aule dovessero riaprire entro il 18 maggio, l’esame inizierà il 17 giugno, con il tema di
italiano uguale per tutti. La seconda prova scritta invece “non sarà a carattere nazionale, ma
predisposta dalla singola commissione di esame affinché sia aderente alle attività didattiche
svolte nel corso dell’anno scolastico”. La prova orale si svolgerà alla fine di giugno. In caso
di non riapertura, invece, salterebbero entrambe le prove scritte, l’esame sarebbe solamente
orale. E gli esami di terza media? Anche questi sarebbero aboliti in caso di non ritorno in
aula, mentre in caso contrario, si prevede una tesina da valutare insieme ai voti dell’anno
scolastico.
Intanto, si va avanti con gli strumenti di e-learning e le lezioni a distanza. L’obiettivo
è non interrompere il percorso di apprendimento ma anche, come si legge in una nota del
MIUR del 17 marzo scorso, “mantenere viva la comunità di classe, di scuola e il senso di
appartenenza e combattere il rischio di isolamento e di demotivazione”.
Non basta – specifica il MIUR - assegnare i compiti, serve “uno o più momenti di relazione
tra docente e discenti, attraverso i quali l’insegnante possa restituire agli alunni il senso di
quanto da essi operato in autonomia, utile anche per accertare, in un processo di costante
verifica e miglioramento, l’efficacia degli strumenti adottati, anche nel confronto con le
modalità di fruizione degli strumenti e dei contenuti digitali – quindi di apprendimento –
degli studenti, che già in queste settimane ha offerto soluzioni, aiuto, materiali. È ovviamente
da privilegiare, per quanto possibile, la modalità in ‘classe virtuale’”.
di Marichiara Manopulo
15.
16. 16 | #innovazione e tecnologia
#innovazione
Intervista all’AD Silvia Fiorini
TELEMEDICINA
a fianco dei cittadini
di Health Point
La
17. healthonline.it | 17
e tecnologia
Mai come in questo momento di grandissima emergenza
sanitaria la telemedicina può e deve ritagliarsi un ruolo
fondamentale.
La possibilità di avere un consulto medico a distanza, in
un momento in cui i rapporti umani devono essere ridotti
al minimo e in cui non si deve uscire di casa, se non per
una situazione di emergenza e comprovata necessità,
può certamente ridurre il rischio di contagio di pazienti e
operatori sanitari. La telemedicina rappresenta così uno
strumento di prevenzione importante, che punta altresì
ad alleggerire il carico del Servizio Sanitario Nazionale, in
molte regioni quasi al collasso.
Ci sono svariate opportunità che possono essere sfruttate,
a partire dal telemonitoraggio domiciliare per pazienti
non gravi o per coloro che sono stati dimessi forzatamente
e anticipatamente. La tecnologia permette di ridurre il
sovraffollamento negli ospedali, perché i pazienti in
via di guarigione o con sintomi leggeri possono essere
monitorati in maniera continua da remoto e controllati
dai medici mediante televisite, garantendo il ricovero alle
situazioni più critiche. La degenza a casa è così controllata,
e si evitano i rischi di complicanze in ospedale, come nuove
infezioni.
La medicina a distanza offre anche la possibilità di assistere
i malati cronici, che vanno seguiti costantemente e che, ad
esempioinsituazionicomequesta,conlachiusuradidiverse
strutture e poliambulatori, rischiano di essere lasciati
soli. La possibilità di fare una televisita, per chi dovesse
avere necessità di vedere uno specialista, rappresenta un
ulteriore vantaggio in un contesto come quello attuale in
cui è necessario alleggerire la sanità pubblica.
di Mariachiara Manopulo
18. Si sono quindi moltiplicate le iniziative, in Italia, così come
in tutto il mondo, per sfruttare al meglio queste soluzioni.
Health Italia, con la sua controllata Health Point, azienda
già attiva nel campo delle visite a distanza e specializzata
nella organizzazione e gestione di centri sanitari e sistemi
di telemedicina, ha voluto fare la sua parte, predisponendo
una piattaforma dedicata per permettere a tutti i cittadini
che ne abbiano necessità di avere un confronto con un
medico, con una televisita o al telefono.
Per saperne di più, abbiamo fatto alcune domande a Silvia
Fiorini, AD di Health Point.
Health Point ha lanciato un progetto molto interessante,
dando la possibilità ai cittadini di usufruire di una
televisita o di un consulto telefonico in un momento in
cui gli ospedali sono al collasso ed è difficile ottenere
una visita specialistica. Non solo: l’idea risponde
pienamente a quella che è la regola fondamentale a
cui tutti noi dobbiamo obbedire, #iorestoacasa. Come
funziona il servizio?
“La piattaforma di Televisita Health Point è stata sviluppata
proprio per consentire al medico di interagire a distanza e
in tempo reale con il paziente. Le aree mediche disponibili
sono differenti: tra queste possiamo elencare ad esempio
la medicina generale, la cardiologia, la pneumologia;
è disponibile anche la consulenza psicologica per offrire
maggiore supporto per gestire al meglio lo stress del
periodo che stiamo vivendo.
L’obiettivo primario della Televisita è proprio quello di
muovere le informazioni diagnostiche anziché il paziente
in tutte le situazioni in cui, chiaramente, non risulti
indispensabile il contatto fisico. Una volta effettuato il
consulto, il medico avrà la possibilità di fare una prima
diagnosi sullo stato di salute del paziente e, se necessario,
potrà prescrivere farmaci o cure”.
I medici possono accedere direttamente da casa: come ci
hanno spiegato dallo staff di Health Point, ogni medico
attivo per il servizio di telemedicina ha le sue credenziali
per poter accedere ad una propria area riservata da
qualsiasiluogositrovi.Occorrechiaramentelaconnessione
a internet. Per i consulti telefonici, ogni medico attivo è
fornito di un applicativo per poter ricevere le chiamate
girate dal centralino.
18 |
Dott.ssa Silvia Fiorini
AD di Health Point
innovazione e tecnologia
19. healthonline.it | 19
Nonostante in Italia stenti a decollare, mai come in questo momento la telemedicina si
sta rivelando fondamentale per dare un supporto al Servizio Sanitario Nazionale, per
monitorare i malati cronici o dare un supporto psicologico. Quali sono i progetti per il
futuro? Prevedete nuovi sviluppi per la piattaforma?
“La crescente richiesta di supporto e di consulenze mediche presuppone un ampliamento
delle disponibilità da parte dei medici. La nostra volontà è quella di sviluppare un network
medico dedicato sempre più corposo che possa rappresentare un punto fermo per
offrire ai pazienti un servizio a 360°, spaziando tra tutte le specializzazioni mediche. Senza
dimenticare l’accessibilità del servizio, fruibile in qualsiasi luogo, direttamente da casa, e la
possibilità di acquisire alcuni parametri fisici attraverso comuni device presenti in tutte le
famiglie al fine di favorire diagnosi sempre più specifiche, in qualsiasi momento”.
Con questa pandemia e l’obbligo a
restare in casa siamo per forza di cose
diventati tutti un po’ più digitali.
Questo grave momento di difficoltà
potrebbe in realtà rappresentare una
rampa di lancio per la diffusione della
cultura della telemedicina anche nel
nostro Paese?
“Sì, questo grave momento di difficoltà
sta certamente contribuendo a diffondere
la cultura della Telemedicina anche nel
nostro paese. In questo periodo ognuno
di noi si è trovato a dover modificare le
proprie abitudini quotidiane: gli studenti
sono passati dalle lezioni in aula alle
lezioni online, i dipendenti in smart
working usufruiscono di piattaforme
digitali, le riunioni lavorative sono svolte
in video conference; tutto questo grazie
alla tecnologia che ci sta permettendo di
continuare a gestire la nostra vita.
E mai come in questo momento è
indispensabile l’ausilio della tecnologia
anchepergarantiresupportoeconsulenze
mediche ai pazienti che non possono, né
devono uscire di casa: la Telemedicina oggi
rappresenta l’unica possibilità che abbiamo,
senza uscire di casa, di interagire a distanza
con un medico specialista.
Quello che ci auguriamo è di non
dimenticare quanto la tecnologia ci stia
aiutando in questo particolare momento
e di essere consapevoli di quanto potrà
continuare ad aiutarci nel quotidiano,
anche quando torneremo alla normalità”.
Ciò che ci spera è che una volta superata
– speriamo presto – la fase della grande
emergenza,latelemedicinadiventidavvero
un punto fermo della sanità italiana e un
obiettivo di sviluppo per la politica.
20. 20 |
I sistemi robotici
supporto
come strumento di
per
combattere l’epidemia
#innovazione
innovazione e tecnologia
21. healthonline.it | 21
La pandemia Covid-19 sta mettendo a dura prova il Sistema
Sanitario Nazionale italiano con medici e operatori sanitari
impegnati in prima linea nel fronteggiare il virus spesso
senza sufficienti dispositivi di protezione individuale
(DIP), con il rischio, purtroppo confermato dai fatti, di
contagio e di ulteriore diffusione del virus.
In questo scenario, uno strumento efficace in grado di
combattere le epidemie come il Covid-19 e garantire
la funzionalità del sistema sanitario e la salute dei suoi
operatori potrebbe essere la robotica. La presenza di
sistemi robotici in supporto agli operatori umani può
essere un gran vantaggio: i robot, non temendo il virus
e le sue conseguenze, possono ridurre i rischi e il
carico di lavoro del personale, svolgendo alcuni compiti
semplici ma gravosi.
Alcune soluzioni arrivano dallo studio “Combating
COVID-19 - The role of robotics in managing public
health and infectious diseases” pubblicato come
Editoriale sulla rivista Science Robotics, che propone
una nuova prospettiva. Tredici studiosi di robotica di
fama internazionale - tra i quali Paolo Dario, docente
dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore
Sant’Anna di Pisa e delegato della rettrice Sabina Nuti
alla terza missione - spiegano come la robotica può
combattere non soltanto il Covid-19, ma anche altri virus
(ed emergenze) che potrebbero ripresentarsi in un futuro
anche non lontano.
di Nicoletta Mele
e tecnologia
22. La pandemia dovuta
al Covid-19 ha introdotto
un nuovo ambito d’azione
per la robotica: la continuità
del lavoro e il mantenimento
delle funzioni sociali ed
economiche in situazioni
di grave emergenza
22 | innovazione e tecnologia
23. “La situazione drammatica che stiamo vivendo in queste settimane – afferma Paolo
Dario – rende evidente, e ci deve far riflettere su quanto operazioni svolte o assistite dai
robot potrebbero essere utili. Si tratta di agire e di mettere in azione tutto quello che nel
nostro Paese, ma anche in Europa, è stato fatto e preparato: eccellenza nella ricerca e nella
formazione di giovani ricercatori; applicazioni di avanguardia; industrie attive e presenti
sul mercato; una comunità vasta, interconnessa a livello nazionale e internazionale, e
fortemente motivata a intervenire. Più che mai in questo momento la ricerca scientifica, la
formazione di qualità e la capacità di tradurre tutto questo in applicazioni si dimostrano
asset fondamentali, e la Scuola Superiore Sant’Anna è impegnata con tutte le sue risorse per
garantire il proprio contributo. Come è pronto a fare l’intero sistema delle università e delle
istituzioni di ricerca italiane. In particolare noi – sottolinea Paolo Dario – assieme a molti
colleghi e a gruppi italiani di grandissima qualità e di elevata reputazione internazionale
in robotica, portiamo avanti questa visione e questa strategia da oltre 30 anni. E ora siamo
pronti ad attivarci, anche subito”.
In quali ambiti la robotica può avere una
funzione strategica? In quello che riguarda
l’assistenza clinica (per esempio, nella
telemedicina e nella decontaminazione);
in quello logistico (per esempio, nella
gestione dei rifiuti, anche contaminati),
e nella sicurezza (per esempio, per il
controllo su chi è chiamato a rispettare
le quarantene volontarie). La pandemia
dovuta al Covid-19 ne ha introdotto
un altro: la continuità del lavoro e il
mantenimento delle funzioni sociali ed
economiche anche in situazioni di grave
emergenza. Per ognuno di questi ambiti, la
robotica offre soluzioni innovative. Se ci si
concentra per esempio, sul primo ambito,
l’assistenza clinica, che appare il problema
più stringente in questo periodo, la
robotica può intervenire in aree specifiche
quali la prevenzione, la diagnosi e lo
screening, oltre che nella cura del paziente.
In Cina, nel corso della battaglia che è
stata combattuta a tutto campo contro
la diffusione del Covid-19, sono già state
sperimentate applicazioni in cui dei robot
svolgono compiti di ausilio all’uomo,
come ad esempio lo screening mediante
termometri o telecamere a infrarossi, la
disinfezione di superfici, la consegna di
pasti e medicine a persone anziane o in
isolamento.
InSpagna,percombatterel’emergenza,sono
in corso di impiego robot per accelerare gli
esami di laboratorio sui tamponi.
Tutto questo non va a sostituire il lavoro
umano, ma a integrarlo, consentendo al
personale medico, paramedico e socio-
sanitario di concentrarsi su compiti più
delicati e impegnativi, oltre a ridurre molti
dei rischi che altrimenti correrebbe.
Bisogna inoltre sottolineare che i robot non
soltanto processano informazioni e dati,
ma sono soprattutto macchine capaci di
agire, muoversi, manipolare, sollevare pesi,
trasportare,emoltoaltro.Èquestocheserve
in possibili analoghe emergenze future o,
semplicemente, per razionalizzare molti
servizi sanitari, in modo da ottimizzare
l’uso delle risorse umane e finanziarie,
migliorando nel contempo la qualità e
l’efficacia di alcuni di questi servizi. Una
sfida nevralgica, quindi, per costruire –
insieme, ovviamente, alla ricerca biologica
e medica - una società del futuro più sicura
e meno soggetta ai rischi che porranno
possibili pandemie future, in cui l’Italia è
pronta a svolgere un ruolo centrale grazie
alle idee e al lavowro di molti scienziati che
hanno permesso al nostro Paese di essere
riconosciuto come uno dei leader mondiali
della robotica (fonte: Scuola Superiore Sant’Anna).
healthonline.it | 23
24. contro il virus
sistema immunitario
risposta
La
del
24 | #salute e ricerca
Intervista al prof. Luca Simeoni
#salute E RICE
26. 26 | #salute e ricerca
Prof. Luca Simeoni
Immunologo presso
l’Università di Magdeburgo
di Nicoletta Mele
La Pandemia causata dal nuovo Coronavirus, conosciuto
conilnomeCovid-19madenominatoSARS-Cov-2Sindrome
respiratoria acuta grave coronavirus 2 (nome assegnato
dall’International Committee on Taxonomy of Viruses che si
occupa della designazione e della denominazione dei virus,
n.d.r), sta mettendo in ginocchio la popolazione mondiale.
Tutto ha avuto inizio con il primo caso registrato in Cina
nella città di Wuhan, nella provincia di Hubei, nel mese
di novembre 2019, ma riconosciuto in ritardo, fino alla
diffusione del virus in tutto il mondo, compresa l’Europa,
in soli 4 mesi. “L’Europa è attualmente l’epicentro della
pandemia di Covid-19”, (cit.Tedros Adhanom Ghebreyesus,
direttore dell’Organizzazione mondiale della sanità).
Covid-19 è un virus nuovo per l’uomo del quale si sa poco,
l’unica certezza è la sua velocità di contagio.
Qual è la caratteristica che lo rende così aggressivo, pur
avendo un’alta percentuale pari all’80% del corredo
genetico simile ai suoi cugini coronavirus che causano il
comune raffreddore?
“In genetica, una differenza del 20% è enorme - spiega il
prof. Luca Simeoni, immunologo presso l’Università di
Magdeburgo capitale dello stato federale della Sassonia-
Anhalt - Questa differenza potrebbe conferire delle
caratteristiche nuove, sembra infatti che il Covid-19 usi
un meccanismo di ingresso nella cellula ospite diverso da
quello degli altri virus della stessa specie. Tale meccanismo
permette al virus di entrare più facilmente nella cellula
ospite dove si può replicare. I nuovi virus poi lasciano
la cellula ospite per infettare altre cellule. Ciò detto, il
Covid-19 è nuovo per l’uomo e dobbiamo studiarlo bene.
Probabilmente in precedenza era diffuso tra gli animali
e attraverso il cosiddetto spill over, o salto di specie si è
adattato all’uomo. Questo dello spill over è un fenomeno
ampiamente conosciuto in biologia. Un altro esempio
famoso a questo riguardo è quello dell’HIV, che è passato
dalla scimmia all’uomo agli inizi del secolo scorso”.
27. healthonline.it | 27
Qual è la risposta immunitaria contro i
virus?
“Avviene su due fronti: da una parte
ci sono i linfociti B, che producono gli
anticorpiconunafunzioneneutralizzante
e che servono appunto per neutralizzare
il virus e dall’altra ci sono i lifociti T, che
invece hanno una funzione citotossica,
cioè sono in grado di uccidere le cellule
infettate dal virus e quindi agiscono
contro la replicazione virale.
Dopo che il virus è stato eliminato,
una parte di questi linfociti persiste
nel nostro corpo sotto forma di
cellule della ‘memoria immunologica’,
hanno memorizzato il virus e sono in
grado di riconoscerlo ed eliminarlo
molto rapidamente qualora dovesse
ripresentarsi”.
Al momento, non essendo disponibile un vaccino, l’unico modo per difenderci dal virus è
“seguire tutte le raccomandazioni impartite dalle organizzazioni nazionali e internazionali,
come: lavarsi spesso le mani, evitare luoghi affollati, mantenere distanze di sicurezza e
non toccarsi occhi, naso e bocca con le mani sporche” sottolinea Simeoni. “Queste misure
sono preventive ma non ci rendono immuni. L’immunità potremmo averla solo con un
vaccino che agisce contro il virus”.
In concomitanza con la pandemia, la
cooperazione internazionale sta lavorando
nella sperimentazione di un vaccino contro
il Covid-19.
Tra le aziende anche una italiana la
IRBM Science Park con il comparto dei
vaccini Advent, con sede a Pomezia, che
in collaborazione con l’istituto Jenner
della Oxford University sta lavorando per
la produzione di un vaccino in grado di
rendere immune l’uomo dal Covid-19.
L’IRBM ha prodotto già il vaccino
contro l’ebola. Sono due le fasi di
produzione, “la prima – spiega Stefania Di
Marco, Responsabile vaccini Advent-IRMB
tramite l’agenzia stampa Dire – in cui il
vaccino è prodotto in un sistema cellulare
in vitro e poi una fase di purificazione
che sfrutta quello che viene chiamato un
supporto cronomatografico. Lo scopo
della purificazione è riuscire a rimuovere
dal ‘nostro’ vaccino tutti i possibili
contaminanti e ottenere così un prodotto
puro. Il prodotto deve essere testato per
comprendereiltipodiconcentrazione,cioè
quante molecole di vaccino sono presenti
in un determinato flacone”. “Il secondo test
deve determinare la ‘potenza’ del vaccino
ovvero quanto funziona in vitro all’interno
di un sistema cellulare. Poi verranno
compiutideitestperassicurarel’assenzadi
altri contaminanti. Una volta che il vaccino
è pronto e rispetta requisiti di qualità può
essere usato per la sperimentazione sia
negli animali che clinica”.
La disponibilità del vaccino richiede
del tempo: “Secondo gli esperti del
settore - spiega il prof. Simeoni - non
sarà disponibile prima di uno o due anni.
Questo è dovuto anche al fatto che il
vaccino necessita di una valutazione sia
per la reale efficacia che per eventuali
effetti collaterali. Il vaccino funziona
sostanzialmente in questo modo: deve
indurre la memoria immunologica, cioè
deve insegnare ai linfociti a riconoscere il
virus senza indurre la patologia”.
28. 28 | #salute
A questo punto pare che la strada più
breve per combattere il Covid-19 sia
quella farmacologica, proprio perché,
come specifica Simeoni “I farmaci di cui
si parla hanno completato tutte le fasi di
sperimentazione e sono stati testati”.
È recente la notizia dell’autorizzazione da
parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco
(AIFA) per lo “studio di fase due” sul
Tocilizumab, il farmaco biologico già in uso
contro l’artrite reumatoide che ha dato
risultati molto incoraggianti per quanto
riguarda il trattamento del Covid-19.
“Annunciamo la sperimentazione
del Tocilizumab, farmaco per artrite
reumatoide; i dati preliminari sono
promettenti”. A rilevarlo Nicola Magrini,
direttore dell’Agenzia Italiana del
Farmaco. Lo studio TOCIVID-19, promosso
dall’Istituto nazionale per i tumori di
Napoli, insieme all’Università di Modena,
l’Irccs di Reggio Emilia e la Commissione
tecnicoscientificadiAifa,hacomeobiettivo
“produrre dati scientificamente validi sul
trattamento”.
In questa fase di pandemia, mentre la
ricerca sta facendo passi in avanti per
trovare una soluzione immediata contro
il nemico invisibile, a noi il compito di
“non farci prendere dal panico, ma essere
prudenti soprattutto per le persone più
a rischio, come gli anziani e pazienti con
malattie pregresse. Avere inoltre una
visione ottimista che prima o poi questa
drammatica situazione finirà”, conclude il
professor Luca Simeoni.
L’AIFA ha
recentemente
autorizzato la
sperimentazione
di Tocilizumab, il
farmaco biologico
già in uso contro
l’artrite reumatoide
che ha dato risultati
molto incoraggianti
per il trattamento
del Covid-19
28 | salute e ricerca
31. Il modello
Cotugno
Il “Sacco” di Milano propone
healthonline.it | 31
La parola a
Maurizio Viecca
“Se non cambiano le cose convivremo
con il COVID-19 fino al prossimo autunno”
32. “È una lotta contro il tempo che ci preoccupa perché temiamo duri fino al prossimo autunno”.
In prima linea nella battaglia contro il COVID-19, il direttore del reparto di Cardiologia
dell’ospedale “Sacco” di Milano, Maurizio Viecca, non nasconde le proprie paure e chiede
alle autorità politiche di adottare il modello di Cotugno (Napoli), uno dei pochi ospedali
italiani in cui non risulta contagiato neanche un medico o infermiere e per questo noto
all’estero per essere la migliore struttura ospedaliera in Italia per organizzazione e qualità
del servizio offerto.
È questo il primo dato che balza all’onore delle cronache, il crescente numero di decessi
nelle strutture sanitarie. Una dimensione difficilmente quantificabile che vede tra i primi
infetti tutti coloro che si adoperano ogni giorno, senza sosta, a favore dei pazienti.
“Lavoriamo di continuo e a volte affrontando doppi turni. Torniamo a casa con i segni della
mascherina sul viso e ci chiediamo quando tutto questo avrà fine”. Affaticato ma non per
questo arrendevole, il Direttore Viecca confida nell’utilizzo massivo delle mascherine,
dispositivi di protezione fondamentali per contrastare il Coronavirus.
“L’agente patogeno – spiega – sopravvive nelle bollicine di aerosol per oltre 30 minuti
e arriva a 4 metri e mezzo a distanza. Proteggersi il viso è importante, soprattutto per
tutti coloro che sono a contatto con il pubblico”.
di Alessandro Notarnicola
Dott. Maurizio Viecca
Direttore del reparto
di Cardiologia dell’ospedale
“Sacco” di Milano
32 | #in evidenza
Dottor Viecca, l’ospedale “Sacco” di Milano è in prima
linea nella lotta al COVID-19. Qual è la situazione?
Lasituazionenonèdellemigliori.Siamomoltopreoccupati
dell’onda lunga; di questo passo, se non modifichiamo
i sistemi di controllo come è stato fatto in Cina o in
Giappone, arriveremo all’autunno.
Ilpersonalemedico-infermieristicoèal70%positivoenon
ci sono sicurezze per i nostri pazienti. Un mio assistente
vive in Cina e mi racconta che nel Paese le verifiche sono
ferree: ogni mattina uscendo di casa incontra un poliziotto
che gli misura la temperatura corporea accertandosi
sui suoi spostamenti. Da noi invece questa epidemia sin
dall’inizio non è stata affrontata nel modo giusto.
Gli ospedali sono in ginocchio e la conferma arriva dal
numero di medici e di infermieri che perdono la vita
quotidianamente.
32 | #in evidenza
33. Lei parla di un modello italiano che
dovrebbe essere assunto sull’intero
territorio nazionale. Di quale Ospedale
si tratta?
L’esempio di Cotugno, a Napoli, è
paradigmatico. Non hanno perso
tempo: sono partiti in fretta avendo alle
spalle un’esperienza pluridecennale in
riferimento a colera, HIV, Sars, Ebola. Oltre
al fatto che normalmente questo ospedale
gestisce malattie infettive non epidemiche,
come la meningite. In breve tempo è stato
completatoilPadiglioneGlacuicostruzione
era stata interrotta, realizzando 80 nuovi
posti di terapia sub intensiva. Ospitano
200 pazienti Covid-19 al giorno. Intanto
è in corso l’allestimento di una nuova sala
operatoria ibrida dedicata a operazioni
urgenti di pazienti Covid.
Oltre all’esperienza, sono un esempio
per formazione del personale e per
numero di mascherine…
Una delle prime cause di contagio nei
nostri ospedali riguarda la mancata
formazione di medici, infermieri e
personale sanitario. All’ospedale di
Cotugno i nuovi arrivati (chiamati per far
fronte all’emergenza epidemiologica in
corso) sono stati affiancati a infermieri
esperti che hanno assunto il ruolo di
formatori.
In merito alle mascherine invece, a
Cotugno hanno dispositivi di protezione
diversi rispetto a quelli usati negli altri
ospedali.
Il personale indossa tute integrali, e
maschere più simili a quelle antigas che
alle FFP3.
healthonline.it | 33
Eccetto le prime settimane, in cui effettivamente le mascherine erano carenti, oggi
invece qual è la situazione?
Questo è un virus che si trasmette per vie inalatorie. L’Oms cade in contraddizione quando
sostiene che la mascherina andrebbe indossata dagli uni anziché dagli altri. I dispositivi di
protezione devono essere indossati da tutti. È questa l’unica soluzione. La gente non ha
capito cosa sono i portatori sani e chi gli ammalati: di fatto cambia poco. Se un soggetto sano
entra a contatto con un soggetto malato, il sano dopo 5 giorni è positivo e gli restano due
possibilità: o si ammala o non si ammala, ma è comunque un portatore sano che diffonde il
virus senza saperlo.
A tal proposito, nel suo Ospedale lei ha
donato le mascherine ai visitatori…
Se non avessi regalato la mascherina ai
nostri visitatori cosa sarebbe successo?
Questo è un film quotidiano: la gente si
ammala per qualcosa e poi salta fuori che
è positiva al virus. Sottoporre tutti al test
del tampone è fondamentale non tanto
per scoprire chi è malato e chi no, ma
per vedere se c’è l’incubazione. Negli
ospedali del Nord il 30/40% di tamponi è
positivo, sia sul fronte dei pazienti che per
quanto riguarda il personale. Questo ci fa
capire che se il personale è costretto per
due settimane a casa, i nosocomi non sono
in grado di far fronte all’arrivo di nuovi
pazienti COVID.
34. 34 | #in evidenza
La mascherina è ormai il simbolo di questa
pandemia globale. I social sono sempre più
popolati da foto che raccontano la realtà:
il volto segnato di medici e infermieri
o la carrellata di salme che lasciano la
Bergamasca. Hanno un potere queste
immagini?
Hanno una grande importanza e una funzione
educativa. Se noi medici indossiamo la
mascherina per tutto il turno e anche fuori
dalla nostra struttura sanitaria influiamo
psicologicamente su chi ci guarda. In questi
contesti le immagini sono tutto: da una parte
fanno ben comprendere quello che avviene, e
pensoalleregioniitalianemaggiormentecolpite
dal COVID-19, e dall’altra educano a un corretto
utilizzo di tutte le misure di prevenzione.
In merito ai trattamenti farmacologici anti-
COVID: all’ospedale di Castel San Giovanni,
a Piacenza, sperimentano l’eparina come
antinfiammatorioconrisultatiincoraggianti.
Lei invece propone un Protocollo. Di cosa si
tratta?
Il mio protocollo prevede l’utilizzo di un
farmaco da aggiungere all’eparina. Si tratta di
un antiaggregante: farmaco noto in cardiologia
che evita l’adesione tra una piastrina e un’altra.
È stato dimostrato che questi pazienti
peggiorano per la formazione di trombi nel
circolo polmonare ed è per questa ragione
che i colleghi di Piacenza hanno pensato
all’anticoagulante eparina.
La terapia sfrutta da un lato il potere
antiinfiammatorio dell’eparina e, dall’altro,
la sua capacità anticoagulante. Elemento,
quest’ultimo, che previene una delle maggiori
complicanze osservate nei pazienti Covid
positivi: la trombosi diffusa.
Il trend positivo osservato sugli indici di
infiammazione conferma l’utilità dell’impiego
in questa patologia.
In questi contesti le
immagini sono tutto:
da una parte fanno
ben comprendere
quello che avviene e
dall’altra educano a
un corretto utilizzo
di tutte le misure di
prevenzione
35. healthonline.it | 35
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La quarantena imposta per contenere il contagio da
Covid-19 è un fatto senza precedenti nella storia. Nel
giro di pochissimi giorni, la vita delle persone è stata
completamente stravolta: orari, abitudini, modi di
socializzare. La motivazione è seria e i provvedimenti
necessari. Ma ora che il panico del primo impatto si sta
placando, c’è chi comincia a interrogarsi sulle conseguenze
psicologiche che una simile situazione può comportare.
Soprattutto nei bambini.
Dall’inizio dell’emergenza, le scuole sono state chiuse.
Probabilmente in principio è stata presa come una sorta
di vacanza dai bambini. I problemi sembravano riguardare
maggiormente gli adulti, che dovevano conciliare la
chiusura delle scuole con il lavoro. Ma con il prolungamento
del periodo di restrizione, le cose sono cambiate.
I bambini sono chiusi in casa 24 ore al giorno da diverse
settimane ormai. Oltre alla scuola, sono state cancellate altre
attività importanti, come lo sport e le attività ricreative. La
socialità fuori dalla propria casa è stata cancellata: non
si possono più incontrare i nonni, gli zii, gli amici. È stata
perfino proibita qualsiasi forma di attività all’aria aperta.
E mentre si discuteva degli adulti dediti alla corsa o alla
possibilità di portare fuori il proprio animale domestico,
dei bambini nessuno ne parlava. Ai bambini che forse
hanno una maggiore esigenza di vivere l’aria aperta, non
sono concesse neppure quelle brevi pause dalla clausura
che gli adulti fanno per fare la spesa o per lavoro.
Una dura prova per l’equilibrio di bambini e ragazzi, la cui
gestione è affidata interamente ai genitori.
di Giuseppe Iannone, Psicologo Psicoterapeuta
38. 38 | #psicologia
Il problema però è che non si è nemmeno pensato a come sostenere i genitori. Mancano
consigli e strategie non solo per far passare le lunghe ore della giornata, ma anche
per evitare conseguenze psicologiche che si possano presentare a medio o lungo
termine.
I rischi
Ci sono diversi aspetti da tenere sotto controllo in questo periodo, affinché i più piccoli
possano affrontare al meglio questo periodo difficile. L’obiettivo è non sottovalutare certi
atteggiamenti oggi, perché non si trasformino in problematiche più grandi in futuro. Ecco
quali sono i principali rischi della quarantena.
1. Insonnia
La modifica dei ritmi quotidiani può
influire sul riposo notturno. Le giornate
tutte uguali, senza punti di riferimento
a scandire l’orario o la differenza fra
settimana e weekend, potrebbero influire
sulle abitudini. Ma se la sveglia al mattino
non è più un obbligo, non bisogna
dimenticare che il corpo risponde sempre
ai ritmi circadiani. È importante seguire
l’andamento della luce del sole, senza
ritardare troppo l’ora in cui si va a dormire.
Non solo: la mancanza di attività fisica
non permette di scaricare adeguatamente
le energie. Può essere più difficile
addormentarsi e riposare.
Ma questo significa essere meno reattivi
al mattino, col rischio di innescare un
pericoloso circolo vizioso. Bambini e
ragazzi in età scolastica frequentano
le videolezioni e seguono la didattica
a distanza, ed è quindi importante che
siano reattivi al mattino. È opportuno
perciò non allontanarsi troppo dagli
orari normali, anche per facilitare il
rientro alla quotidianità quando sarà il
momento.
2. STRESS POST-TRAUMATICO
L’emergenza sanitaria ha portato con
sé molti sentimenti negativi: paura
del contagio, perdita dei propri punti
di riferimento, preoccupazione per le
conseguenze sociali ed economiche.
Sono apprensioni degli adulti, ma si
possono ripercuotere seriamente anche
sui bambini. Proprio perché la situazione
a loro può apparire ancora meno chiara,
vivere in un ambiente di continua tensione
lascia una sensazione di costante paura.
È necessario spiegare il più possibile ai
bambini la situazione, le motivazioni
dei regolamenti. Meglio evitare che
ascoltino telegiornali e commenti
televisivi, a meno che non ci sia
un’adeguata delucidazione da parte degli
adulti.
Attenzione anche ai discorsi fra adulti
quando il bambino sembra distratto.
Meglio sempre che riceva informazioni
dirette ed abbia la possibilità di fare
domande, che assorbire un senso generale
di angoscia.
Il rischio è che il bambino interiorizzi
una paura generalizzata. In questo modo,
anche a distanza di tempo, potrebbe
collegare questo periodo di quarantena
a sensazioni di ipervigilanza e stress,
che potrebbero riemergere in momenti
diversi.
Una pausa scolastica o una semplice
malattia potrebbero richiamare l’ansia
di oggi, e provocare reazione tipiche del
disturbo da stress post-traumatico.
39. 3. DISTURBI DELL’UMORE
La mancanza di attività, soprattutto all’aria
aperta e il conseguente accumulo di stress,
possonomanifestarsiconsbalzid’umoree
irritabilità. Durante la quarantena, questi
potrebberoessererivoltiaifamigliarivicini.
Anche terminato il periodo di isolamento,
lo stress potrebbe ripresentarsi per
qualche tempo, creando episodi di rabbia o
malumore apparentemente non spiegabili.
Dare spazio a giochi fisici per quanto è
possibile in casa, e creare un ambiente
sereno con momenti di svago e gioco
aiutano a scaricare la tensione mentale di
tutta la famiglia.
4. ISOLAMENTO
I bambini non vedono insegnanti,
compagni e parenti da qualche settimana
ormai. Soprattutto i più piccoli, potrebbero
fare fatica a riprendere confidenza con le
persone. Il rischio è che associno l’idea
di casa e isolamento con quella di
sicurezza, rifiutando almeno all’inizio un
ritorno alla normalità.
La strada migliore è nuovamente quella di
cercare di spiegare tutto ciò che accade,
con un linguaggio calibrato sull’età del
figlio. E procedere pazientemente e per
gradi, quasi come se si dovesse affrontare
un inserimento scolastico.
healthonline.it | 39
5. GAMING DISORDER
Si tratta della dipendenza da videogioco, catalogata come malattia mentale
dall’International Classification of Diseases, che raccoglie tutte le patologie riconosciute. Il
Gaming Disorder è così paragonabile ad altre dipendenze, come quelle da gioco d’azzardo
o dall’abuso di alcool.
Uno dei sintomi più evidenti è l’incapacità di valutare la quantità di tempo passata
davanti allo schermo, fino a non riuscire più ad allontanarsi volontariamente dal gioco.
In queste settimane chiusi in casa, il rischio di trascorrere troppo tempo nel mondo virtuale
è molto alta, soprattutto per gli adolescenti.
I genitori potrebbero essere molto più permissivi sulla quantità di tempo da passare fra
cellulari e videogiochi, potendo offrire poche alternative a questi passatempi. I ragazzi si
ritrovano a giocare insieme online, come surrogato della socialità. Anche in questo caso, i
genitori sono chiamati a intervenire il prima possibile. È utile offrire alternative di svago
reali, in famiglia, dal cucinare in compagnia ai giochi di società. La cosa importante è
evitare che i ragazzi si chiudano in un ulteriore livello di isolamento.
41. healthonline.it | 41
Parma non solo è la seconda città più popolosa dell’Emilia
Romagna, ma è anche la seconda località della Regione,
dopo Piacenza, ad aver registrato il maggior numero di
persone positive al Covid-19. E proprio nella città del
più grande compositore italiano, Giuseppe Verdi, abita
il piccolo Giorgio, il bambino affetto alla nascita dalla
sindrome di Hirschsprung. “La situazione è drammatica,
la zona dove viviamo è molto vicina a Codogno, alla zona
del basso lodigiano e di Piacenza - racconta Barbara, la
mamma di Giorgio - sono tempi duri per tutto il mondo e
la situazione in Italia, anche dopo aver visto quello che è
successo in Cina, ci spaventa molto”.
Il timore è soprattutto per Giorgio, il bambino a cui alla
nascita, avvenuta il 23 settembre del 2015 presso Al
Zahra Hospital di Dubai (città dove la famiglia viveva in
quegli anni), fu diagnosticata la Malattia di Hirschsprung
(o Megacolon Congenito Agangliare), una patologia rara
che colpisce 1 bambino su 5000 e rappresenta la più
frequente causa congenita di occlusione intestinale.
“Dopo molti anni nel Medio Oriente, con mio marito
Tommaso abbiamo deciso di rientrare in Italia per una
serie di ragioni tra le quali proteggere la salute di nostro
figlio, nato con una malattia rara e operato a pochi mesi di
vita all’Ospedale Gaslini di Genova”.
di Nicoletta Mele
..Testimonianze
42. I bambini affetti dal morbo di Hirschsprung spesso trascorrono lunghi periodi in
ospedale conducendo una vita diversa da quella dei loro coetanei perché devono
seguire una dieta speciale e, in alcuni casi, sono costretti a portare il pannolino per
tempi più lunghi del normale. “Fino al compimento di 1 anno di età, ogni 3 mesi, Giorgio
si è sottoposto a dei controlli regolari sempre presso la struttura pediatrica italiana”,
aggiunge Barbara.
Barbara e Tommaso, oltre ad essere i genitori di Giorgio hanno anche un altro bambino più
grande, di 7 anni.
In che modo avete spiegato la situazione ai vostri bambini?
Con mio marito abbiamo spiegato loro cosa stava succedendo e soprattutto come sarebbe
cambiata la nostra vita. Lo abbiamo fatto utilizzando il linguaggio dei piccoli, per evitare
spaventi o traumi che potrebbero comportare conseguenze serie. Siamo stati con loro
molto sinceri, ma dedichiamo un sacco di tempo a rispondere alle loro domande e
ogni volta che vogliono si dedicano a realizzare disegni o lavoretti descrivendo il virus.
Come sta Giorgio e come state
affrontando la sua malattia in questo
periodo di emergenza sanitaria?
Staabbastanzabene,maancorafatichiamo
un po’ con la dieta e la crescita, fattori che
neibambinicomeluirichiedonopiùtempo
rispetto agli altri coetanei. Abbiamo però
notato che nell’ultimo anno è cresciuto
molto. È seguito costantemente dagli
specialisti che lo hanno sottoposto a
diversi controlli per capire il livello di
assorbimento e di reintegro di vitamine
e sali. Giorgio ha 4 anni e mezzo e vive
una vita serena: ha frequentato la scuola
materna fino a poche settimane fa e aveva
iniziato a giocare a calcio con una squadra
della città, sport che lui adora.
In questo momento di emergenza
sanitaria, chiaramente i controlli non
urgenti e gli esami pianificati sono stati
sospesi, in attesa di una normalizzazione
nelle strutture ospedaliere. I dottori
del Centro Bosio di Alessandria come
i medici che fanno parte del comitato
scientifico dell’Associazione A.mor.hi
(Associazione famiglie affette da Morbo
di Hirschsprung) sono molto vicini alle
famiglie e ci hanno rassicurato.
I nostri bambini fortunatamente non
rientrano nella percentuale della
popolazione a rischio perché non sono
immunodepressi, e anche perché il
Covid-19 principalmente attacca i tessuti
polmonari e l’intestino non è il principale
interessato.
Anche noi come tutte le famiglie italiane
siamo in quarantena e usciamo solo nei
casi di estrema necessità, per evitare il
contagio e per poter salvaguardare le
strutture mediche e ospedaliere e gli
operatori, affinché il sistema sanitario
non collassi e riesca ad aiutare chi invece
ha bisogno di cure immediate”.
42 | #parliamo di...testimonianze
43. Come hanno reagito e quali sono state le
loro domande?
Lalororeazioneèdicuriosità,fannospesso
domande. Chiedono dei loro amici e anche
quando questo virus andrà via.
Èsicuramentestranoperlorovedereingiro
le persone che indossano una mascherina,
credono che tutti quelli che la indossano
sono malati. All’inizio dell’epidemia, ho
spiegato loro che andava indossata solo se
si era malati, adesso hanno l’impressione
che tutti lo siano pertanto sto lavorando
affinché capiscano che non è così.
Com’è cambiata la vostra vita?
Abbiamo realizzato un planning
giornalierochecomprendesialeattività
ludiche che quelle di apprendimento
scolastico. C’è il tempo per il gioco, per
la tv e anche quello degli inevitabili litigi.
Siamo passati dal vivere in socialità e avere
ognuno i propri spazi a convivere 24 ore
su 24 sotto lo stesso tetto seppur avendo
ognuno comunque esigenze diverse.
Anche voi, come molte famiglie italiane
vivete i rapporti sociali online?
Sì, dalle video chiamate con gli amichetti
di scuola a quelle con il resto della
famiglia, ci stiamo abituando a questo
nuovo modo di vivere.
Ormai la nostra quotidianità ha preso
un’altra forma, di conseguenza andiamo
avanti col sorriso e augurandoci che tutto
passi presto.
È primavera e qui da noi si comincia ad
assaporare l’aria mite tipica di questa
stagione:gliuccellinichecinguettanoefiori
che sbocciano, un bellissimo spettacolo
che purtroppo possiamo ammirare solo
dal terrazzo di casa.
healthonline.it | 43
44. 44 | #parliamo di...testimonianze
codogno,
coronavirus,
viaggio a
dove tutto è cominciato
#parliamo di..
45. healthonline.it | 45
Con l’approvazione del decreto dell’8 marzo scorso, a
Codogno e nei comuni del Lodigiano, in Lombardia, e Vo’
Euganeo, in Veneto, sono stati eliminati i posti di blocco che
per 14 giorni li hanno circondati, filtrando entrate e uscite.
IlGoverno,con i nuovi provvedimenti, ha deciso che queste
aree blindate non avevano più senso di esistere, con la
diffusione del virus tutta l’Italia doveva essere “protetta”.
Ma intanto, per due settimane, gli abitanti di quella che era
stata chiamata la prima zona rossa hanno vissuto – unici
in tutto il Paese - con regole molto restrittive, nessuno
poteva entrare e uscire. I dieci comuni della provincia di
Lodi (insieme a Vo’ Euganeo) sono stati i primi a chiudere
le scuole, i musei, buona parte degli esercizi commerciali, a
sospendere eventi e manifestazioni. Sono stati i “pionieri”
della nostra quarantena.
Codogno è un po’ il comune simbolo di questa
emergenza. Qui è stato trovato il primo positivo, da qui si
è sviluppato il cosiddetto “focolaio lombardo”.
di Mariachiara Manopulo
..Testimonianze
46. Claudia Stefanoni
Health Online aveva raggiunto al telefono Claudia, che vive
a pochi chilometri da Codogno, con il marito e la figlia di tre
anni, per capire come erano stati vissuti quei primi giorni,
quando ancora il virus non era una emergenza nazionale,
e forse non si poteva nemmeno immaginare quello che
sarebbe successo dopo. Ci aveva raccontato “la vita in
quarantena”. E rileggendo le sue parole ritroviamo molto di
quella che è la nostra vita quotidiana oggi.
“Da subito tutte le attività sono state chiuse”, ci aveva
spiegato. “Le farmacie aprivano a turno, così come i
supermercati. Si creavano code lunghissime, la gente stava
in fila con il carrello e la mascherina, perché facevano
entrare solo tre persone alla volta.
Tutti facevano scorte, per cui se arrivavi tardi non
trovavi quasi più nulla, solamente surgelati. La gente
si comportava come se ci fosse stato un terremoto,
o un’alluvione. Come se quasi fossimo in guerra.
Effettivamente, anche ora si cerca di uscire il meno
possibile e limitare i contatti esterni. Io vivo in un piccolo
comune confinante con Codogno, San Fiorano, dove per
i primi giorni l’unico negozio di alimentari aveva chiuso,
per cui sono stata costretta a prendere la macchina e
spostarmi per fare la spesa”.
Sono distanze molto brevi quelle che collegano i diversi
paesi di quella che era la zona rossa, vi fermavano
spesso quando c’erano i posti di blocco?
“Sì, tra un paese e l’altro c’erano spesso posti di blocco,
ed eravamo circondati dall’esercito. A molti non veniva
permesso nemmeno di spostarsi tra i comuni. 50.000
persone chiuse dentro”.
Il governo ha facilitato la concessione dello smart
working, voi come vi siete organizzati con il lavoro?
“Io, per la tipologia di lavoro che faccio, riesco a lavorare da
casa. Da poco tempo ho anche un’altra attività che svolgo
prevalentemente online. Sicuramente in queste situazioni
del tutto imprevedibili, avere delle attività di backup o
cercare di differenziare le entrate, può rappresentare una
chance in più per far sì che il budget familiare non si inceppi
completamente.
Mio marito invece ha un’attività, un’officina, e in quei giorni
ha dovuto chiudere. Non poteva nemmeno andarci, voleva
approfittare dei giorni di chiusura per imbiancare, ma non
era possibile. Tutto doveva essere sigillato”.
46 | #parliamo di...testimonianze
47. healthonline.it | 47
Come hai reagito quando hai saputo che
c’erauncasodiCoronavirusneltuopaese?
“La paura inizialmente mi ha paralizzato.
Hoiniziatoapensarealpeggio,perchéero
al corrente della velocità di contagio. Poi
ho iniziato a documentarmi sulla malattia
e sugli effetti che poteva potenzialmente
avere su un soggetto apparentemente
sano e scoprendo che il decorso poteva
essere anche asintomatico, mi sono
tranquillizzata.
Tuttavia poi col passare dei giorni e con
l’aumento dei casi a tutte le età, tra cui
alcuni molti gravi, e vedendo le terapie
intensive dei nostri ospedali già piene,
ho dovuto purtroppo ricredermi”.
Tua figlia è molto piccola, ma sta
risentendo di questa situazione?
“Giulia è felice di avere mamma e papà
a casa tutti per sè e naturalmente non
capisce quello che sta succedendo.
Di sicuro il fatto di non poter vedere
nonni, zii e cugini da settimane la fa
stare male.
Abbiamo anche festeggiato, purtroppo
solo per videochiamata, mio nipote
Riccardo che ha compiuto 11 anni e lei
subito dopo ha pianto...Questo è uno dei
lati più brutti di tutta questa storia, non
poter vedere i parenti che magari vivono
lontano, evitare i contatti con gli amici. È
tutto molto triste”.
Qui ci sono davvero moltissimi
morti. Non c’è spazio per
mettere le bare E le persone
ancora continuano ad uscire
senza una motivazione reale
48. Già,ledifficoltàelatristezzadell’isolamento.
A questo ti costringe il virus: se ti prende
sei solo, con la paura e la malattia.
“Non possiamo andare a trovare le
persone in ospedale, e chi muore per il
virus, e purtroppo sono in tanti, non ha
nemmeno un funerale. È molto triste.
Io conosco molte persone che sono
ricoverate, forse alcune non ce la faranno,
non le posso andare a trovare e questa è
una delle cose che fa più male. Si cerca
di evitare assembramenti di persone, lo
capisco, ma umanamente è molto difficile
da accettare”.
Abbiamo richiamato Claudia, per sapere come stava e chiederle se aveva alcuni
aggiornamenti. È passato quasi un mese, ormai, da quando ci eravamo sentite. Purtroppo
un mese che ha portato un aumento esponenziale dei contagi e migliaia di morti,
soprattutto in Lombardia.
Siamo tutti provati da questa situazione. Immagino che per voi sia ancora più dura,
siete in “quarantena” dal 24 febbraio…ma cosa è cambiato in queste settimane?
“Anche dopo che hanno tolto i blocchi, il senso di responsabilità mi ha portato a evitare
comunque di muovermi, se non per esigenze inderogabili. Purtroppo questo in molti non
lo hanno capito e hanno continuato a sottovalutare l’emergenza.
Quando hanno tolto i blocchi, e abbiamo avuto per alcuni giorni la possibilità di spostarci
anche nei comuni vicini, ho saputo che c’era la coda di macchine per andare al centro
commerciale che si trova sulla strada per Piacenza. Non è lontano, ma che necessità c’era di
andare in massa al centro commerciale? Come se da un giorno all’altro il virus fosse sparito,
portato via insieme ai blocchi.
Speravo che con gli ultimi provvedimenti tutti si sarebbero responsabilizzati, ma non è così.
Vedo in giro ancora troppe persone, e so che anche nel resto del Paese c’è questo problema.
Forse fuori dalla Lombardia c’è una percezione diversa, la gente non si rende conto fino in
fondo di cosa vuol dire davvero il Coronavirus. Qui ci sono davvero moltissimi morti. Non c’è
spazio per mettere le bare, le hanno messe nelle chiese, al posto delle panche. E le persone
ancora continuano ad uscire senza una motivazione reale.
Io ho paura a volte anche solo a baciare mia figlia e a starle vicino. Penso: e se andando a fare
la spesa sono stata contagiata? E la sto prendendo anche bene…ho amiche che passano le
giornate a piangere. Penso a chi ha perso un famigliare, un amico. O a chi ha perso il lavoro.
Bisogna essere tutti responsabili, altrimenti non ne usciremo più!
A Codogno c’è stato un momento in cui il numero di nuovi casi era pari a zero, a
dimostrazione che la quarantena, se fatta bene, dà risultati.
“Certo, ma purtroppo tutti gli sforzi rischiano di essere vanificati se non si rispettano le
regole. E non so neanche come possano fare una statistica verosimile, quando la realtà è che
non a tutti i presunti contagiati è stato effettuato un tampone...diciamo che l’umore deve
restare alto perché è l’unica cosa che ci resta. Magari non #andràtuttobene ma ne usciremo
di sicuro più forti di prima!”
49. Mutua MBA
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50. coronavirus
Bergamo,la vita al tempo del
Il racconto della Dott.ssa Paola Salvetti,
Responsabile del Polo Oculistico del Centro di Radiologia
e Fisioterapia di Gorle
#parliamo di..
50 | #parliamo di...testimonianze
51. healthonline.it | 51
di Nicoletta Mele
IlnuovoCoronavirus,l’infezioneresponsabiledell’epidemia
di polmonite scoppiata nella città di Wuhan nella provincia
di Hubei in Cina in poco tempo è arrivato anche in Italia.
Il Governo italiano, al fine di contenere la rapidità di
espansionedelvirus,haemanatounaseriediprovvedimenti
volti alla tutela della salute dei tutti e in particolare quella
dei più fragili. Ridurre a zero la vita sociale restando a casa
(#iorestoacasa) proprio per evitare di contagiare gli altri
o di essere contagiati.
Questo in sintesi il provvedimento principale valido per
tutta Italia. Bergamo è la seconda provincia italiana dopo
Milano con il maggior numero di casi positivi al nuovo
Coronavirus.
“La situazione è molto pesante, siamo tutti isolati. Tutti gli
esercizi commerciali, salvo supermercati e farmacie, sono
chiusi dall’11 marzo. Il Centro diagnostico per il quale
lavoro ha chiuso tutti i servizi ad eccezione della radiologia
che rimane a supporto del SSN”. Queste le prime parole del
racconto a Health Online della dottoressa Paola Salvetti,
Responsabile del Polo Oculistico del Centro di Radiologia e
Fisioterapia di Gorle, comune in provincia di Bergamo.
“IpazientidelCentro,privatoeconvenzionatoconilSistema
Sanitario Nazionale, arrivano prevalentemente da zone ad
altissima densità di contagio come Alzano Lombardo e la
Val Seriana. Qui sono la responsabile del Polo Oculistico,
che ho aperto un anno fa, dove eseguiamo sia visite che
esami strumentali”.
Quali sono i rischi maggiori per la sua professione?
Anche se l’oculistica in questa fase di emergenza non è
naturalmente una specialità impegnata in prima linea, è
comunque estremamente esposta perché l’esame avviene
con la lampada fessura, dove il viso dello specialista e
quello del paziente sono molto ravvicinati, a meno di 10
cm. Con il senno di poi, so con certezza di avere a metà
febbraio visto delle congiuntiviti virali che oggi sappiamo
essere ascrivibili a COVID-19.
..Testimonianze
52. Quando ha capito che non c’erano più le condizioni per lavorare in sicurezza?
Sin dall’istituzione delle prime zone rosse mi sono resa conto che essere realmente
efficaci sulla disinfezione era virtualmente impossibile in un contesto ambulatoriale.
Disinfettare gli strumenti come si fa regolarmente, ovvero tra un paziente e l’altro, in questa
situazione di rapidità di contagio, non è sufficiente: si dovrebbero applicare precauzioni
simili almeno a quelle della sala operatoria.
Con i colleghi anche di altre specialità abbiamo chiesto alla struttura di fornirci più
disinfettante e mascherine FFP2 e FFP3, cosa sulla quale la nostra Direzione si era mossa con
anticipo nonostante la completa assenza di indicazioni da parte della AST, ma purtroppo la
risposta è stata che anche presso i fornitori erano ormai introvabili. A quel punto, il 4 marzo,
mi sono assunta la responsabilità di scrivere una lettera indirizzata al Direttore Sanitario e
all’Amministrazione del Centro nella quale ho spiegato che non essendoci più le condizioni
per continuare a lavorare in sicurezza, ritenevo necessaria la sospensione dell’attività.
Qual è la situazione?
Nel nostro centro sono passati almeno due casi confermati di Covid-19, ma visto il bacino
di provenienza dei pazienti, realisticamente ritengo impossibile determinare il numero di
pazienti asintomatici o esposti che verosimilmente sono transitati nei nostri ambulatori.
Su disposizione dell’AST (Agenzie di Tutela della salute che operano sul territorio regionale
n.d.r.) rimangono aperti servizi considerati essenziali quali la radiologia, TC e RMN, ma i
servizi non essenziali sono stati chiusi.
Visto l’elevatissimo numero di morti (4500 a Bergamo e provincia) abbiamo la certezza
di una larga sottostima dei casi conteggiati. Personalmente conosco almeno una ventina
di persone che hanno avuto sintomatologia varia sicuramente ascrivibile a COVID, e che si
sono curate a casa senza effettuare alcun tampone. Questi casi ovviamente non compaiono
nelle statistiche.
52 | #parliamo di...testimonianze
Dott.ssa Paola Salvetti
Responsabile del Polo Oculistico
del Centro di Radiologia
e Fisioterapia di Gorle
Tra le principali raccomandazioni quella di lavarsi
spesso le mani evitando di toccarsi bocca, naso e occhi.
Può spiegare qual è la correlazione tra gli occhi e il
rischio contagio?
Li Wenliang, il medico cinese che per primo diede l’allarme
del virus e che è purtroppo deceduto, era un oftalmologo
34enne. In effetti è stato riscontrato che il Coronavirus è
presente sulla congiuntiva e nelle lacrime che quindi
possono essere veicolo di contagio.
Una piccola percentuale di pazienti Covid-19 presenta
anche delle congiuntivi virali abbastanza importanti,
generalmente associate a tosse secca e febbre, anche se
in questo quadro clinico tanto complesso da gestire non
ci sono molti dati relativi all’interessamento oculare della
patologia. In generale non è frequente diagnosticare il virus
specifico che ha causato una congiuntivite virale.
53. healthonline.it | 53
Unapiccolapercentuale
di pazienti Covid-19
presenta anche delle
congiuntivi virali
abbastanza importanti,
generalmente associate
a tosse secca e febbre,
anche se non ci sono
molti dati relativi
all’interessamento
oculare della patologia
54. 54 | #parliamo di...testimonianze
Come sta vivendo questo momento?
La situazione è surreale, i sentimenti molti e contrastanti. La città è molto più silenziosa, il che
amplifica il purtroppo frequente suono delle sirene. La necessità di mantenere una routine e
un atteggiamento di responsabilità senza troppo spaventare mio figlio - sono a casa da sola
con lui - scandisce la nostra giornata. Le video comunicazioni ci permettono di vedere i miei
genitori e mantenere un minimo di interazione sociale.
Io sono stata fortunata - negli ospedali gli oculisti fanno già supporto ai reparti Covid visto che
la gran parte dell’attività ordinaria è stata sospesa- al momento non essere in un organico
ospedaliero mi ha permesso di rimanere con mio figlio e quindi di proteggere anche i
miei genitori, ai quali avrei dovuto chiedere di occuparsi di mio figlio, esponendoli a un rischio
aumentato dal momento che per età e patologie pregresse sono nella fascia di età più a rischio
di non riuscire a cavarsela in caso dovessero finire in terapia intensiva”.
Purtroppo l’aumento del numero dei casi
e le risorse limitate come i posti letto nelle
terapie intensive, che sono poco più di
5000 in tutto il Paese tra ospedali pubblici
e privati (dati dell’Annuario Statistico
del Servizio Sanitario Nazionale), ha
portato la Società italiana di anestesia,
analgesia, rianimazione e terapia intensiva
(SIIARTI) a redigere un documento
sulle raccomandazioni per l’ammissione
in terapia intensiva in condizioni di
emergenza. “Può rendersi necessario porre
un limite di età all’ingresso in terapia
intensiva. Non si tratta di compiere scelte
meramente di valore, ma di riservare risorse
che potrebbero essere scarsissime a chi ha
in primis più probabilità di sopravvivenza e
secondariamente a chi può avere più anni di
vita salvata, in un’ottica di massimizzazione
dei benefici per il maggior numero di
persone”. (SIIART, Raccomandazione n. 3)
Dottoressa, la conseguenza di avere poche
risorse in una situazione di emergenza è…
Drammatica.Parechealmomentononsisia
ancora arrivati ad una situazione di questo
tipo, ma purtroppo - per quanto assurdo
ed ingiusto possa sembrare - capisco che la
possibilità di non avere sufficienti risorse
sia un’eventualità da prevedere e per la
quale essere preparati.
In questo momento vedo grandissima
professionalità ed abnegazione tra i
colleghi che sono in prima linea, moltissimi
strumentidicollaborazionesonostatimessi
55. in campo per condividere esperienze e best
practices, molti colleghi anche in pensione
collaborano leggendo articoli e redigendo
sintesi nella speranza di essere d’aiuto.
Un ospedale da campo è stato costruito
a Bergamo in poco più di una settimana,
grazie all’opera degli Alpini e alla
generosità di oltre 120 artigiani che hanno
offerto gratuitamente la loro competenza.
A Milano una nuova terapia intensiva
presso l’Ospedale San Raffaele, oltre ad
un Ospedale nell’area della ex fiera sono
stati costruiti ed attrezzati in tempi record,
grazie alla generosità delle donazioni
effettuate da imprenditori e privati arrivate
da tutto il mondo.
Spiace molto vedere come la politica,
soprattutto all’inizio, abbia sottovalutato la
situazione, un atteggiamento minimizzante
chepurtroppoèstatolargamentecondivisoin
EuropaenegliStatiUniticonnumerichesono
sotto gli occhi di tutti. E che di nuovo, dopo
l’inizio del lockdown, si stia solo ora iniziando
a ragionare come gestire la riapertura.
Perché questo lockdown, assolutamente
necessario al momento, non potrà
comunquedurarepermesi:saràessenziale
che i molti errori che si sono verificati a
Bergamo nella gestione dell’emergenza
non siano ripetuti, soprattutto per
proteggere il personale sanitario. Qui i
medici, sia in Ospedale sia sul territorio,
sono stati letteralmente mandati al macello,
cosa che purtroppo è evidente viste che
nel nostro territorio abbiamo avuto un
altissimo numero di vittime tra il personale
sanitario.
Una situazione drammatica e difficile
quella che sta vivendo il nostro Paese ed in
particolare le zone del Nord d’Italia come
la provincia di Bergamo dove sono stati
registrati maggiori casi di contagio e decessi
da Covid-19.
Quanto e in che modo è cambiata la sua
quotidianità?
Non solo la mia, quella di tutti: certamente
il ritmo è completamente stravolto, non
avendo obblighi orari precisi. Ovvio che
stareincasaconibambininonèfacile,tanto
più se sono da soli in un appartamento,
mentre tu cerchi di pulire e disinfettare
tutto in uno sforzo titanico di ridurre al
massimo il rischio di contagio.
In una città delle dimensioni di Bergamo
(120.000 abitanti) puoi solo sperare che
nessuno della tua cerchia familiare o
amicale rimanga vittima della situazione,
anche se ogni giorno purtroppo apprendi di
qualcuno che non ce l’ha fatta.
Anche immaginare la ripresa è complesso:
quando finalmente potremmo riaprire
l’ambulatorio, sarà obbligatoriamente in
condizioni molto differenti di esercizio
rispetto a quello che accadeva prima. Non è
piùimmaginabileinquestocontestodiavere
la sala d’attesa o l’accettazione piena, si
dovranno scaglionare gli appuntamenti,
si dovranno indossare presidi di protezione
individuale che prima erano riservati solo ai
repartidimalattieinfettive.Saràunarealtà
molto distante da quella che conoscevamo
prima, alla quale sarà necessario adattarsi
per la protezione di tutti, soprattutto delle
fasce più deboli, penso ai più anziani ma
anche a tutte le persone con patologie
autoimmuni che spesso assumono farmaci
immunomodulatori o immunosoppressori,
ai pazienti oncologici.
GraziealladottoressaPaolaSalvettiperlasuatestimonianzaegrazieatuttiimedicieoperatori
sanitari impegnati in un’emergenza grave e di difficile gestione che resterà nella storia. Grazie
per continuare a ricordare a tutti noi di restare a casa per il nostro bene e per quello degli altri,
mentre voi rischiate ogni giorno, ogni ora e ogni minuto di contrarre il virus più di chiunque
altro. Grazie ai nostri angeli pur sempre esseri umani che… hanno paura, ma nonostante tutto
stanno lottando in prima linea. Grazie, dal cuore.
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