4. Nella Storia Ecclesiastica scritta da Eusebio di
Cesare (265-340) si narra che Abgar V Ukama, re
di Edessa all’epoca di Cristo, era ammalato di
lebbra. Saputo dell’esistenza di Gesù di Nazareth e
della sua potenza nell’operare miracoli, il re gli
mandò un suo inviato per domandargli di recarsi da
lui, alla corte di Edessa.
Gesù non volle andare ma inviò una lettera al re.
Abgar inviò a Cristo il suo archivista e pittore
Hannan. Egli non poté convincere Cristo a recarsi
ad Edessa e quindi tentò di dipingere il suo volto su
di una stoffa.
Hannan provava ma non riusciva a ritrarre Cristo
per la Gloria del suo Volto. Gesù allora prese il telo
e posandovi il proprio volto vi impresse la sua
impronta. L’archivista tornò a Edessa con
l’immagine di Cristo e con una lettera in cui veniva
promessa da Gesù l’incolumità della città. Il re
guarì e abbatté gli idoli innalzando l’Immagine.
5. Gesù ha il volto di un uomo di
media età, con tratti delicati; la
barba divisa in due, capelli
lunghi e intrecciati alla fine e
con la riga nel mezzo; ha gli
occhi aperti e un atteggiamento
tranquillo.
6. E’ presente in ogni tempio
ortodosso; di solito si trova nella
parte centrale della cupola della
Chiesa. Cristo è avvolto dalla
tunica (chiton) e nel manto
(himatij).
Abside chiesa di S.Sofia – Istambul XIII secolo
7. E' caratterizzato dal nimbo
con la croce in cui spiccano le
lettere O ON - colui che sono
– (Esodo 3,13-14) .
Gesù ha i capelli lunghi e lisci
che scendono sulle spalle;
baffi piccoli e barba corta; la
sua mano destra benedice : le
due dita unite rappresentano
la natura umana e divina di
Gesù, le tre aperte la trinità, la
sinistra regge il Vangelo.
9. Ha in comune con il Pantocrator:
Il libro e la mano che benedice.
La figura di Cristo è sempre dipinta
seduta su un trono, simbolo
dell’universo, di tutto il mondo visibile
e invisibile, ed è il simbolo della gloria
di Gesù ritratto come un re.
11. E’ centrale nel tempio ortodosso. La
simbologia è complessa: Gesù in
tunica e manto, seduto in trono con il
libro è raffigurato sullo sfondo di un
quadrato rosso (simbolo della terra),
con gli angoli allungati, dove si
possono trovare i simboli degli
evangelisti (Matteo-angelo; Marcoleone; Luca-toro; Giovanni-aquila).
Sotto il quadrato rosso è dipinto un
cerchio azzurro che rappresenta il
mondo spirituale; in questo cerchio
sono raffigurati gli angeli e le
potenze celesti.
Mosca, 1410 ca
12. I suoi piedi poggiano su uno sgabello
rettangolare; ritornano alla mente le
parole del profeta Isaia (66,1): "Il cielo
è il mio trono, la terra lo sgabello dei
miei piedi".
Sotto il cerchio azzurro c’è ancora un
rombo rosso, simbolo del mondo
invisibile. L’immagine mostra il Cristo
come apparirà alla fine dei tempi.
13. Ma il punto più luminoso di questa
icona è senza dubbio il messaggio di
amore che fluisce dalle pagine del
libro aperto, che regge il Signore Gesù
Cristo; le parole scritte parlano al
cuore di tutti gli uomini:
"Venite a me, voi tutti, che
siete affaticati e oppressi, e
io vi ristorerò." (Mt 11, 28).
14.
15. Secondo la Relatione Historica di Donato da
Bomba (manoscritto del 1640, documento
storico-leggendario), al tempo di papa Giulio II,
all’incirca nel 1506, viveva a Manoppello un
certo Giacom’Antonio Leonelli, uomo colto e di
profonda fede.
Un giorno, mentre stava discorrendo con altri
suoi pari nella pubblica piazza, un pellegrino lo
invitò ad entrare nella chiesa parrocchiale e gli
donò un piccolo fardello dicendogli di tenere
“molto cara quella devozione, perché Dio gli
avrebbe fatto molti favori e avrebbe sempre
prosperato e nelle cose temporali e in quelle
spirituali”.
16. Leonelli allora si appartò verso il fonte battesimale
e, incuriosito, aprì l’involucro. All’interno con
emozionante sorpresa trovò l’immagine del Volto di
Cristo e scoppiò in lacrime. Riavvolse quindi con
cura la sacra effige, si asciugò il viso e ringraziò, ma
in quel mentre l’amico misterioso sparì.
Leonelli, spaventato e meravigliato, cercò il
pellegrino in tutta Manoppello e anche nelle zone
limitrofe, ma senza successo. Tornato a casa per
ringraziare Dio del dono ricevuto e per contemplare
e conservare il Santo Volto, aprì nel muro del suo
studio una finestra in forma d’armadio, a mo’ di
reliquiario.
17. Ben presto la notizia si diffuse ovunque e la gente
iniziò ad accorrere a Manoppello. Leonelli quindi, per
paura che gli fosse rubato questo prezioso velo,
protesse il reliquiario con tanto di serratura e
concesse di entrare nel locale solo ed esclusivamente
in sua presenza. Lo stesso fecero i suoi eredi e
discendenti nei cent’anni successivi, e, come
promesso dal pellegrino misterioso, la famiglia
prosperò sia dal punto di vista materiale, sia da quello
spirituale.
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19. Nel 1686 tale reliquia venne
traslata nella piccola cappella
nel lato sinistro della chiesa e
venne introdotta la festa liturgica
del 6 agosto, giorno della
Trasfigurazione.
20. Velo tenue (17x24 cm) di tessuto a
struttura semplice, forse di bisso
marino, su cui è impresso un volto
maschile, identificato come il volto di
Cristo. Il tessuto è così leggero che
l’immagine è visibile sia dalla parte
anteriore sia da quella posteriore.
Assieme alla Sindone, il Volto Santo è
per gli artisti uno dei principali modelli
ispiratori del Volto di Cristo.
Immagine di un volto di un uomo (identificato con
Gesù) con capelli lunghi, ciuffo sulla fronte, barba
poco sviluppata divisa a bande, labbra leggermente
rosse, guance diseguali, ematomi, occhi che
guardano da una parte verso l’alto e con globo sotto
l’iride ben visibile, pupille aperte ma in modo
irregolare.
21. Secondo alcuni studiosi la reliquia proviene
da Gerusalemme, dalla tomba di Gesù.
Questo Velo, separato poi dalla Sindone,
venne traslato a Efeso, da Efeso a Camulia
in Cappadocia, da Camulia a
Costantinopoli, da Costantinopoli alla
Cappella Sancta Sanctorum del palazzo
lateranense, da qui alla Cappella della
Veronica in San Pietro, infine al Santuario
di Manoppello (Pescara). In base a
quest’ipotesi il velo della Veronica è il Velo
di Manoppello.
22. Da alcuni decenni è stata avanzata la tesi della somiglianza
del volto santo con la sindone di Torino.
Suor Blandina Paschalis Schlomer ha verificato con una
serie di foto la perfetta sovrapponibilità del volto santo e la
sindone, dimostrando come le due reliquie si riferiscano allo
stesso volto.