SlideShare une entreprise Scribd logo
1  sur  24
Télécharger pour lire hors ligne
Imparare – 7/2010
http://www.ledonline.it/imparare/
71
Annalisa Risoli * - Manuela Capettini *
Elena Arosio * - Chiara Incorpora **
Elena Corbella *
La riabilitazione del bambino
con disprassia:
protocollo di intervento
del Metodo di Integrazione Spaziale
Multisensoriale
annalisarisoli@tiscali.it
1.	 Introduzione
Presso il Servizio di Riabilitazione Territoriale della Fondazione Don
C. Gnoc­­chi Onlus - Centro Ronzoni - Villa di Seregno seguiamo molti bam-
bini con disprassia applicando il Metodo. I risultati positivi dell’esperienza
riabilitativa con questi bambini ci hanno indotto a mettere a punto un pro-
tocollo riabilitativo di intervento sulla organizzazione spazio-temporale con
questo Metodo.
Proponiamo, quindi, il protocollo da noi utilizzato nella pratica clini-
ca, che comprende una valutazione funzionale a fini riabilitativi, che integra
la valutazione diagnostica, e le linee dell’intervento mirato al miglioramen-
to delle problematiche presenti nei quadri disprattici dell’età evolutiva, con
l’utilizzo del Metodo.
*	
Fondazione Don C. Gnocchi Onlus - Centro Ronzoni - Villa, Seregno.
**	
Fondazione Don C. Gnocchi Onlus - IRCCS Centro S. Maria Nascente.
A. Risoli - M. Capettini - E. Arosio - C. Incorpora - E. Corbella
Imparare – 7/2010
http://www.ledonline.it/imparare/
72
1.1. La disprassia
Per disprassia intendiamo la difficoltà a rappresentarsi, programmare ed ese-
guire atti motori consecutivi, deputati e riferiti ad un preciso scopo e obiettivo
(Sabbadini e Sabbadini, 1995) o, in altre parole, ad eseguire azioni intenziona-
li finalizzate. È un malfunzionamento neuropsicologico non verbale, dal qua-
le derivano difficoltà di apprendimento scolastico e comportamentali (Vraire e
Douret, 2007). I bambini con disprassia spesso presentano in associazione un
ritardo nella stabilizzazione della dominanza manuale e disordini dello sche-
ma corporeo. Nei test intellettivi si rileva una differenza tra QI Verbale e QI
di Performance a favore del primo (Gubbay, 1975; 1985a), secondo Bilancia
e coll. (Bilancia, 1994; 1999a) di almeno dieci punti. Frequentemente, sono
caratterizzati da fragilità emotiva e ridotta autostima; nei bambini con diffi-
coltà di integrazione percettivo-motoria sono, infatti, spesso evidenti proble-
matiche comportamentali e relazionali (Wille, 1996; Walder e Sellitto, 2009).
L’esecuzione di un atto intenzionale presuppone l’integrità delle struttu-
re che rendono possibile l’azione. Sabbadini (Sabbadini, 1994) individua due
livelli di controllo: le funzioni di base o strutture processanti (percezione, azio-
ne, memoria), che consentono di acquisire le informazioni, e i processi di con-
trollo, che organizzano le funzioni cognitive di base. In un bambino disprat-
tico entrambe le tipologie di strutture sono compromesse; ne deriva un ritar-
do nell’acquisizione di funzioni e/o la presenza di strategie stereotipate e poco
flessibili, che rendono difficile l’apprendimento di compiti nuovi. La dispras-
sia assume così le caratteristiche di un disturbo multisistemico in cui si rileva
la presenza di difficoltà di coordinazione motoria generale e fine, oltre a deficit
percettivi, che si traducono in difficoltà nelle autonomie della vita quotidia-
na e nell’apprendimento, in accordo con il modello della embodied cognition
(Thelen, 1995). Secondo l’embodied cognition lo sviluppo cognitivo dipende,
infatti, dall’avere un corpo competente dal punto di vista motorio e percet-
tivo, oltre che dalle esperienze che esso può compiere. La conoscenza deriva
dalla possibilità di percepire gli stimoli e dall’agire in conseguenza degli stessi.
2.	 Le basi teoriche del Metodo
Il Metodo di organizzazione spazio temporale prende le mosse dalle informa-
zioni che provengono dal corpo in movimento e favorisce l’integrazione mul-
tisensoriale dei dati, la costruzione delle rappresentazioni mentali spaziali, la
creazione e l’utilizzo delle immagini mentali; è definibile come intervento co-
gnitivo-motorio. Nato con l’intento di dare ai bambini ipovedenti o non ve-
La riabilitazione del bambino con disprassia
Imparare – 7/2010
http://www.ledonline.it/imparare/
73
denti la possibilità di muoversi in grandi spazi, si è notevolmente evoluto ne-
gli anni, grazie all’esperienza clinica in ambito riabilitativo e ai nuovi apporti
teorici che provengono dalle neuroscienze. Attualmente il modello di appren-
dimento di riferimento è la embodied cognition, teoria confermata recentemen-
te dal punto di vista neurofisiologico dagli studi sul sistema dei neuroni spec-
chio (Rizzolatti et al., 2006). Le particolari modalità di esecuzione degli eser-
cizi, in tre fasi: consegna, vissuto (ad occhi bendati) e rappresentazione, permet-
tono di esercitare, per ciascuna prova, anche la più semplice, un processo co-
gnitivo completo. S’inizia con la raccolta delle informazioni spaziali, secondo
un preciso ordine temporale, utilizzando il corpo in movimento, e si procede
per successive integrazioni, fino a giungere ad una riproduzione (rappresenta-
zione) di quanto si è sperimentato con il corpo stesso. Attraverso i diversi pas-
saggi richiesti dall’esercizio, s’induce l’approfondimento dell’apprendimento
e l’emergere della consapevolezza, che è prerequisito per la meta cognizione.
La dimensione della temporalità che si esercita in tutti gli esercizi, nei di-
versi aspetti di successione, sincronia, durata e ritmo, è fondamentale per sele-
zionare ed elaborare gli stimoli sensoriali (Bruno et al., 2010). La successione
permette di ordinare gli stimoli percettivi, insieme alla sincronia. Già nel 1949
Hebb (Hebb, 1949) aveva individuato nella sincronia una fondamentale faci-
litazione per gli apprendimenti: il principio di Hebb è stato confermato da-
gli studi sulla plasticità cerebrale (Berlucchi e Buchtel, 2009). La durata degli
eventi è parimenti importante per la capacità di quantificare e di organizzare il
tempo. Il Metodo esercita l’organizzazione temporale complessa del ritmo mo-
torio individuale (Fraisse, 1996), fondamentale a tutti i livelli per gli appren-
dimenti. Ida Terzi diceva che «il tempo fa da sfondo al ritmo» (Terzi, 1995).
Lo strumento di lavoro è lo spazio del corpo che si muove (spazio perso-
nale). Con il movimento possiamo conoscere e rappresentarci lo spazio vici-
no a noi (peripersonale) e lo spazio esterno lontano (extrapersonale lontano).
Per gli esercizi sullo spazio metrico (spazio extrapersonale lontano) il Meto-
do, come facevano gli antichi egizi, utilizza il passo come unità di misura. La
caratteristica di sovramodalità delle informazioni spaziali ci permette di rac-
coglierle da tutti i sensi e di integrarle, al fine di costruire mappe spaziali sem-
pre più precise, eliminando le ambiguità percettive (Berthoz, 1998), per po-
ter poi utilizzare al meglio i dati spaziali nelle diverse situazioni. Ogni siste-
ma percettivo ha peculiarità proprie e ci mette nella condizione di conosce-
re aspetti differenti del mondo. Il sistema visivo, ad esempio, ci consente di
conoscere lo spazio prospettico, mentre le informazioni somatosensoriali ci
portano a conoscere, con lo spazio motorio, aspetti topologici e metrici. Con
il Metodo si integra lo spazio motorio con lo spazio visivo.
In tutti gli esercizi del Metodo si esercita la capacità di creare immagini
mentali motorie e visuospaziali. Per Decety «Le relazioni che si stabiliscono
A. Risoli - M. Capettini - E. Arosio - C. Incorpora - E. Corbella
Imparare – 7/2010
http://www.ledonline.it/imparare/
74
fra le immagini mentali derivanti dalla percezione visiva del nostro corpo e
le sensazioni propriocettive, tattili e vestibolari, che da esso provengono, per-
mettono la costruzione dello schema corporeo» (Decety et al., 2005, p. 474).
Un’alterata conoscenza o consapevolezza del proprio corpo ha conseguen-
ze più o meno rilevanti sui processi di apprendimento (Decety e Jeannerod,
1995). Le immagini mentali sono alla base del pensiero analogico o spaziale;
Kosslyn (Kosslyn et al., 1995) sostiene che le immagini mentali giocano un
ruolo importante nella memoria, nel ragionamento spaziale, nell’astrazione,
nella capacità di apprendimento e nella comprensione del linguaggio.
Partendo dal movimento del corpo nella particolare condizione dell’eli-
minazione della vista, il Metodo esercita quindi la capacità di raccogliere infor-
mazioni, integrarle ed utilizzarle, pianificare un’attività, eseguire e controllare il
proprio operato, inibendo dati non essenziali. L’intervento segue il percorso del-
la maturazione (in età evolutiva) e del ripristino del funzionamento delle fun-
zioni esecutive, per le quali sono fondamentali attenzione e memoria di lavoro,
e che comprendono: intenzione (o capacità di anticipazione) e capacità di man-
tenere un obiettivo, inibizione delle interferenze, sviluppo di un’adeguata capa-
cità di progettazione ed esecuzione coerente, verifica ed efficacia delle verifica,
capacità di shifting, corretta valutazione della successione degli eventi e della lo-
ro durata. L’intero processo viene contraddistinto da feed-back positivi da parte
del terapista, che, fedele a quella che nel Metodo è definita «logica dell’errore»
(Terzi, 1995, p. 25), deve capire cosa impedisce al soggetto di dare una risposta
corretta. Non esiste, dunque, da parte del terapista un giudizio sull’errore, che
viene considerato risorsa preziosa per attuare strategie utili al suo superamento.
2.1. Gli esercizi
Il Metodo interviene sia con gli esercizi sullo spazio personale che con gli
esercizi sullo spazio esterno, peri ed extrapersonale. Il movimento è primaria-
mente indotto con la consegna da parte dell’operatore, che si pone come gui-
da. Nella consegna guidata (la più caratteristica) il soggetto è ad occhi bendati
e il suo corpo è lo strumento (l’oggetto) dell’operatore. Attraverso la richie-
sta della ripetizione autonoma ad occhi bendati del movimento indotto, nel
vissuto, si chiede in realtà al soggetto di utilizzare una memoria di movimen-
ti eseguiti precedentemente con la consegna e di riproporli, rendendo quindi
personale ed esplicita una esperienza motoria. Inizia qui il processo di espli-
citazione della conoscenza, dove l’embodied cognition è, in primo luogo, co-
noscenza e creazione del proprio spazio personale ed extrapersonale, vicino e
lontano. L’approfondimento dell’apprendimento spaziale, e in generale del-
La riabilitazione del bambino con disprassia
Imparare – 7/2010
http://www.ledonline.it/imparare/
75
la capacità di apprendere informazioni, avviene soprattutto nella fase di rap-
presentazione, in cui si chiede al soggetto di utilizzare come oggetto o il cor-
po dell’operatore o gli strumenti (la tavolozza e la squadretta) che «simula-
no» una persona e lo spazio esterno, e di ripetere sull’operatore, oppure sul-
la tavolozza di plastilina, quanto sperimentato nel vissuto. In questo modo
l’esperienza viene oggettivata e diventa cosciente. Per rappresentare quanto si
è fatto occorre avere nella propria memoria l’immagine di quanto si è vissuto.
Quindi, occorre rifarsi ad immagini mentali motorie, in prima o terza perso-
na. Il movimento è, in sintesi, strumento per un apprendimento che attraver-
sa fasi e livelli di approfondimento diversi, in cui le informazioni spaziali so-
no i dati da elaborare ed integrare, ma dove l’integrazione permette di posi-
zionare i movimenti nello spazio, di organizzare le informazioni spaziali che
vengono utilizzate in qualsiasi attività, di esercitare attenzione, memoria e ca-
pacità di progettare. Per lo svolgimento degli esercizi sono previste particola-
ri condizioni sog­gettive e d’ambiente, oltre a modalità di esecuzione specifi-
che. Tutti gli esercizi devono essere svolti in un ambiente possibilmente silen-
zioso, vasto, sgombro, con luci basse e diffuse. Il soggetto lavora a piedi scal-
zi e, in alcune fasi delle attività proposte, ad occhi bendati. In riabilitazione
l’intervento è generalmente proposto a livello individuale, ma può essere uti-
lizzato, con i dovuti accorgimenti, anche in un contesto di piccolo gruppo.
Gli esercizi, graduati per difficoltà, si sviluppano quindi attraverso le tre
fasi: Consegna – Vissuto – Rappresentazione (Risoli, 2009), e si dividono nelle
categorie illustrate nelle Tabelle 1 e 2.
Tab. 1 – Spazio personale e peripersonale
Esercizi spazio personale e peripersonale
Ritmo 1, 2 o 3 canali (il Metodo considera «canali» gli arti superiori,
arti inferiori, voce, bocca).
Respiraz. naso-bocca
Striscio Passivo e attivo.
Atteggiamenti Dal vissuto alla rappresentazione; dalla rappresentazione
al vissuto; su imitazione.
Esercizi di simmetria
Tocchi Dal vissuto alla rappresentazione; dalla rappresentazione
al vissuto.
Distinzione emicorpi Arti superiori; arti inferiori; a due canali.
Modellatura della plastilina Sfera; pioggia; impronte; bastone; anello; catena; albero;
figura umana; animale; figure geometriche.
Esercizio del numero Enumerazione sincrona al movimento: dal corpo intero all’uso
della pennellessa.
Ritaglio Figure geometriche.
A. Risoli - M. Capettini - E. Arosio - C. Incorpora - E. Corbella
Imparare – 7/2010
http://www.ledonline.it/imparare/
76
Tab. 2 – Spazio extrapersonale metrico
Esercizi spazio extrapersonale metrico
Conoscenza qualitativa Traslazione rettilinea orientata; rotazione intera a destra
e sinistra; traslazione curvilinea orientata.
Conscenza quantitativa Distinzioni quantitative della traslazione rettilinea
in avanti; distinzioni quantitative delle rotazioni; distinzioni
quantitative delle traslazioni curvilinee.
Conoscenza modale Linee spezzate monoangolari, figure aperte, esercizi
preparatori alla costruzione di figure geometriche poligonali;
costruzione delle figure geometriche - perimetri e superfici.
Integrazioni fra organiz.
geometrica movimento
deambulatorio e organiz. tattile
manuale figure geometriche
2.2.	 Il trattamento della disprassia con il Metodo:
	 un approccio restitutivo
Nel trattamento della disprassia è importante operare sulla consapevolezza
dello spazio e dell’agire in esso, sulle abilità di elaborazione delle immagini
mentali, sui meccanismi di controllo e sugli aspetti temporali, quali la sincro-
nia e la sequenzialità (Wille e Ambrosini, 2008). Intervenendo sulla rappre-
sentazione interna della realtà del soggetto, si mira a favorire un utilizzo flessi-
bile delle immagini mentali, le quali emergono dalla sintesi percettiva di tutti
i canali sensoriali e sono rimodulate in base all’esperienza (Sabbadini, 2005).
Obiettivo ultimo del trattamento sarà ottenere un migliore adattamento del
bambino alle richieste dell’ambiente, da valutare a seconda dell’età; questo si
ottiene lavorando sulle funzioni adattive, rendendole flessibili e modificabi-
li. Ciò comporta la necessità di agire attivando più sistemi e aree cerebrali in
contemporanea, utilizzando una stimolazione multimodale simultanea (Sab-
badini et al., 1997). A partire dall’età scolare, sarà inoltre importante favorire
lo sviluppo della meta cognizione, ovvero della consapevolezza di sé e dei pro-
pri meccanismi interni, oltre che la capacità di pianificazione.
Percezione corporea e cognizione spaziale costituiscono i prerequisiti
dell’attività prassica. Un’azione in quanto tale deve svolgersi in un tempo, se-
condo un ordine temporale e in uno spazio: lo spazio gestuale in cui il gesto
si dispiega. La conoscenza delle coordinate spaziali del proprio corpo e dello
spazio costituisce il prerequisito di ogni azione (Grossi, 1995).
Il Metodo interviene in modo mirato sullo spazio-tempo e sulle imma-
gini mentali, il suo utilizzo nel bambino con disprassia è quindi da conside-
La riabilitazione del bambino con disprassia
Imparare – 7/2010
http://www.ledonline.it/imparare/
77
rarsi di tipo restituivo (Bisiacchi et al., 2005); molti problemi originano in-
fatti da difficoltà temporali e di percezione e rappresentazione del proprio
spazio personale, peripersonale e extrapersonale, o da ridotta capacità di co-
struire ed utilizzare le immagini mentali. Nella dimensione spazio-temporale
è possibile coordinare i riferimenti fondamentali delle azioni e dei comporta-
menti e dare una organizzazione alla vita quotidiana, da cui attraverso succes-
sive astrazioni si costruiscono apprendimenti più complessi.
Facilita i processi mentali di analisi e sintesi, attraverso il corretto pro-
cessamento degli stimoli e la consapevole elaborazione dei dati, favorendo
il passaggio da un utilizzo inconscio ad uno consapevole del corpo in mo-
vimento, grazie all’acquisizione ordinata dei dati sensoriali e un loro utiliz-
zo integrato. La rappresentazione costituisce un importante strumento per
l’operatore: dalla modalità con cui il soggetto riproduce il movimento emer-
ge come egli elabora le informazioni. L’esclusione della vista in alcune fa-
si dell’esercizio riduce la complessità e favorisce distinzione, quantificazione
ed elaborazione delle afferenze, che vengono composte in una sintesi spaziale
sovra modale. Si potenzia, inoltre, la capacità di costruzione di corrette im-
magini mentali. Già dagli esercizi più semplici l’intervento esercita le funzio-
ni esecutive, allenando i processi di pianificazione, controllo e verifica del ri-
sultato.
3.	 Il protocollo riabilitativo per la disprassia
La valutazione funzionale a fini riabilitativi della disprassia: il Servizio Riabi-
litativo in cui operiamo si rivolge a bambini che sono già stati sottoposti ad
una valutazione diagnostica. Spesso giungono alla nostra osservazione sog-
getti con disturbi dell’apprendimento in presenza di difficoltà di organizza-
zione spaziale, QI totale entro la norma, con discrepanza fra QI verbale e per-
formance.
La valutazione funzionale, a fini riabilitativi, che abbiamo utilizzato e
sperimentato, integra la valutazione diagnostica ed è finalizzata all’imposta-
zione dell’intervento riabilitativo specifico con il Metodo. I test vengono ese-
guiti solo nel caso in cui non siano compresi nella valutazione diagnostica
iniziale.
La valutazione funzionale a fini riabilitativi prevede:
1.	 colloquio iniziale,
2.	 valutazione testistica a fini riabilitativi,
3.	 valutazione con il Metodo,
4.	 sintesi conclusiva e impostazione del trattamento riabilitativo.
A. Risoli - M. Capettini - E. Arosio - C. Incorpora - E. Corbella
Imparare – 7/2010
http://www.ledonline.it/imparare/
78
3.1. Il colloquio iniziale
Un primo momento valutativo consiste nell’incontro del bambino e dei suoi
genitori con il medico referente del progetto, in cui vengono approfondite le
difficoltà nelle AVQ nei diversi ambiti (familiare, scolastico, ludico, sportivo,
ecc.) e vagliato il materiale portato in visione (valutazioni diagnostiche, qua-
derni, disegni, ecc.).
3.2. Valutazione testistica a fini riabilitativi
Viene somministrata una Batteria, composta da alcuni test di tipo esclusiva-
mente qualitativo ed altri di tipo quantitativo, dei quali non viene però mai
omesso di specificare ed analizzare il «come» vengono eseguiti. La Batteria si
compone di una serie di prove fondamentali per l’impostazione del tratta-
mento (Valutazione di primo livello) e di una serie di test di approfondimen-
to (Valutazione di secondo livello), che vengono somministrati solo in casi
particolari.
3.2.1. Valutazione a fini riabilitativi di primo livello
•	 Dominanza laterale (Wille e Ambrosini, 2008), in particolare della mano,
del piede, dell’orecchio e dell’occhio (visione da vicino e da lontano);
•	 rappresentazione dello schema corporeo: test della figura umana di Good-
enough (Goodenough, 1926);
•	 rappresentazione dello spazio esterno: test disegno della piantina della ca-
meretta o della casa, esclusivamente di tipo qualitativo;
•	 attenzione: test delle Campanelle Modificato (Biancardi e Stoppa, 1997);
percezione acustica e decodifica degli elementi ritmici in sequenza: test del-
le strutture ritmiche Stambak (Stambak, 1980);
•	 abilità visuo-costruttive e loro organizzazione: test di copia della figura
complessa di Rey (Lis e Di Nuovo, 1982; Di Nuovo, 1979);
•	 memoria di lavoro visuo-spaziale: test di rievocazione immediata della figu-
ra complessa di Rey (Lis e Di Nuovo, 1982; Di Nuovo, 1979);
•	 abilità prassiche e della coordinazione motoria: protocollo APCM (Sabba-
dini et al., 2009);
•	 pianificazione e problem solving: test Torre di Londra (Shallice e McCa-
rthy, 1982);
•	 autostima: test TMA (test di valutazione multidimensionale dell’autosti-
ma) (Bracken, 1992).
La riabilitazione del bambino con disprassia
Imparare – 7/2010
http://www.ledonline.it/imparare/
79
3.2.2. Valutazione a fini riabilitativi di secondo livello
•	 Memoria e apprendimento: test TEMA (Test of memory and learning)
(Reynolds e Bigler, 1995);
•	 pianificazione spaziale: test Elithorn (Elithorn, 1955);
•	 capacità visuo-motorie: test di Bender (Bender, 1938);
•	 altri test, secondo necessità.
Presentiamo in Tabella 3 la scheda utilizzata presso il nostro Servizio,
che sintetizza il colloquio iniziale e la valutazione testistica a fini riabilitativi.
3.3. Valutazione con Metodo
La fase immediatamente successiva consiste nella somministrazione del pro-
tocollo di valutazione qualitativa utilizzando esercizi del Metodo. Questa va-
lutazione completa l’iter che permette di giungere a stilare il programma ri-
abilitativo personalizzato. In prima valutazione vengono proposte prove sul-
lo schema corporeo (4 «ritmi» fondamentali, «atteggiamenti» in due moda-
lità differenti, «tocchi») e sullo spazio metrico («distinzioni qualitative» delle
4 traslazioni rettilinee, delle rotazioni a destra e sinistra e delle traslazioni cur-
vilinee in senso orario e antiorario). Infine, viene chiesto al soggetto di mo-
dellare, ad occhi bendati, una sfera di plastilina. Sulle apposite schede di re-
gistrazione vengono riportate le modalità di esecuzione di ogni esercizio, sia
per quanto riguarda gli aspetti temporali, sia per quelli spaziali. Di ognuno
di essi viene poi evidenziata la difficoltà associabile alla diagnosi. Nelle valu-
tazioni successive alla prima si propongono anche prove diverse, in relazione
al livello raggiunto dal soggetto. La valutazione con gli esercizi del Metodo è
fondamentale per individuare l’area di intervento («zona di sviluppo poten-
ziale»: Vygotskij, 1990) e programmare la terapia.
Le risposte qualitative alla valutazione dei bambini con disprassia pre-
sentano alcune caratteristiche che sintetizziamo di seguito, diversamente
combinate in relazione alle differenze individuali.
Aspetti temporali: difficoltà nel mantenere la struttura negli esercizi di
ritmo (mancanza di costanza e omissione/alterazione delle pause) e la sincro-
nia. Non rispetto delle sequenze proposte. Scarsa o imprecisa quantificazione
degli elementi sia dello schema corporeo, sia dello spazio metrico.
Attenzione: incapacità nel mantenere l’attenzione sostenuta e focalizzata
per il tempo adeguato all’esecuzione della prova, che comporta risposte im-
precise o perdita della consegna. Deficit di attenzione alternata nel passaggio
dalla consegna all’esecuzione, con imprecisioni e/o errori. Difficoltà a mante-
nere le «regole» relative alla tempistica (es. momento in cui mettere e togliere
A. Risoli - M. Capettini - E. Arosio - C. Incorpora - E. Corbella
Imparare – 7/2010
http://www.ledonline.it/imparare/
80
la mascherina). Deficit attenzione divisa, spesso per intromissione di un ca-
nale percettivo prevalente.
Memoria di lavoro: difficoltà di rievocazione della consegna sia dal vissu-
to percettivo che dalla rappresentazione, evidenziabile soprattutto negli «atteg-
giamenti» e nella rappresentazione dei «tocchi», oltre che in alcune prove sul-
lo spazio metrico relative sia al posizionamento nella stanza, sia ai percorsi da
eseguire e rappresentare.
Canali percettivi utilizzati e loro integrazione: difficoltà nell’utilizzo del
canale propriocettivo, con conseguente tentativo di utilizzare i canali restan-
ti (soprattutto il visivo, se non particolarmente compromesso dalla disprassia
di sguardo, il tattile e l’acustico) indipendentemente dal compito proposto, e
relativa scarsa integrazione tra di essi.
Pensiero verbale: spesso è utilizzato come compenso per la memoria di
lavoro e in supplenza al deficit propriocettivo. A volte, il suo utilizzo non è
efficace, soprattutto nei soggetti con disprassia verbale associata. Si manifesta
in modo esplicito, tramite vera e propria produzione verbale, oppure si tra-
duce in importanti approssimazioni nell’esecuzione delle prove.
Spazio personale (schema corporeo): difficoltà percettive sia prossimali
(parziale fissazione dei due cingoli, non riconoscimento delle posizioni che
coinvolgono le articolazioni prossimali sia in statica, sia in dinamica), sia in-
termedie e distali con imprecisioni o deficit di riconoscimento di posizioni in
statica e in dinamica. Scarsa definizione dell’asse unitario di riferimento cra-
nio caudale, rilevabile in tutti gli esercizi sullo schema corporeo e metrico (in
particolare nelle «rotazioni», in cui l’asse è coordinata di riferimento essenzia-
le), che non permette la definizione del corretto orientamento dei due emi-
lati. Spesso il deficit di percezione e/o rappresentazione prevale in un emila-
to (più spesso in quello sinistro) e si manifesta con disorganizzazione di un
emilato rispetto all’altro (assenza o simmetria relativa, scarso utilizzo delle in-
formazioni propriocettive e di contatto). Emergono importanti difficoltà se
vengono coinvolte più articolazioni, specialmente relative agli arti superiori.
Gli stessi risultati si apprezzano a livello rappresentativo, salvo quando si uti-
lizzano strategie di compenso, quali il pensiero verbale.
Spazio peripersonale: difficoltà di organizzazione del proprio corpo nello
spazio extrapersonale vicino in tutte le fasi di rappresentazione delle prove sullo
schema corporeo (modalità di spostamento, prese, esplorazione visiva in com-
piti dalla rappresentazione al vissuto, rappresentazione delle posizioni proposte
negli atteggiamenti), dello spazio metrico (posizionamento rispetto al tavolo,
utilizzo della tavolozza e della squadretta) e nelle prove con la plastilina (uti-
lizzo dello spazio del tavolo, utilizzo del materiale). Nei soggetti con deficit di
organizzazione dello spazio personale di sinistra, si evidenzia spesso anche al-
terazione della strutturazione dell’emispazio peripersonale dallo stesso lato.
Tab. 3 – Protocollo per la riabilitazione del bambino con disprassia.
Colloquio iniziale e valutazione testistica a fini riabilitativi
Servizio di RiabilitazioneTerritoriale
Fondazione Don C. Gnocchi Onlus - Centro Ronzoni - Villa. Seregno
Protocollo per la riabilitazione del bambino con disprassia
Colloquio iniziale e valutazione testistica a fini riabilitativi
Cognome: Nome: Data di nascita:
Scolarità: Età alla valutazione: Data valutazione:
Valutatori:
Motivo della valutazione:
Anamnesi (da APCM):
Situazione familiare:
Attività del tempo libero:
Lateralità:
Disegno figura umana:
Disegno piantina:
Valutazione test primo livello
Test Data PG
c/O PE
percent
Valutazione qualitativa
Campanelle - Rapidità
- Accuratezza
Stamback
Riproduzione
Memoria
Lettura
Dettato
Rey A-B copia
Tempo
Tipo
Rey A–B memoria immediata
APCM
Equilibrio
Oculomozione
Mov. mani
Seq. esplicita
Coord. dinamica
Ab. grafomotorie
Ab. Manuali
Gesti simbolici
Mov. oro facciali
Abilità costruttive
Tol
TMA
Valutazione test secondo livello
Test Data Range PG PC PE Valutazione quantitativa
TEMA
Elithorn
Bender
Altri test
Sintesi
Sintesi valutazione funzionale:
Indicazioni per valutazione:
Rivalutazione:
A. Risoli - M. Capettini - E. Arosio - C. Incorpora - E. Corbella
Imparare – 7/2010
http://www.ledonline.it/imparare/
82
Spazio extrapersonale: nella maggior parte dei casi risulta essere quello
utilizzato in maniera prevalente (infatti, il bambino fa spesso riferimento alle
pareti, agli oggetti, alle fonti sonore). Nei soggetti con deficit di organizzazio-
ne dello spazio personale di sinistra, si evidenzia spesso anche alterazione del-
la strutturazione dell’emispazio extrapersonale dallo stesso lato.
Integrazione degli spazi: a causa del deficit propriocettivo e rappresentati-
vo dello spazio personale sempre presente in prima valutazione, non è conse-
guentemente presente l’integrazione multisensoriale tra i diversi tipi di spazio.
Prassie: nelle fasi di rappresentazione, troviamo prese imprecise, poco de-
cise, carenza di forza, indecisione sulle parti del terapista da toccare, difficoltà
nel tenere la squadretta e nel muoverla sulla tavolozza, nell’incidere la plasti-
lina sulla tavolozza, mantenendo una giusta e costante pressione. Nelle prove
con la plastilina, i movimenti degli arti superiori non sono armoniosi. Si pos-
sono rilevare rigidità con aumento eccessivo di tono o diminuzione netta di es-
so, incapacità ad esercitare la corretta forza pressoria e ad utilizzare gli arti in
modo sincrono e coordinato, oltre che i polpastrelli delle dita, importante affa-
ticabilità e, spesso, dolori muscolari agli arti superiori, ma anche agli inferiori.
Immagini mentali: si può avere difficoltà a strutturare immagini menta-
li e a modificarle, oltre che a passare dalla prima alla terza persona. È possibi-
le che esista un accenno di definizione di immagine mentale, che però è spes-
so frammentaria e poco efficace. La difficoltà di elaborazione precisa delle in-
formazioni in ingresso sia dal punto di vista temporale, sia da quello spazia-
le, come abbiamo detto prima, l’approssimativa gestione di esse in memoria
di lavoro e il faticoso passaggio da dati analitici alla sintesi di essi, condiziona
molto la creazione delle immagini stesse.
Funzioni esecutive: la strutturazione di un progetto organico in autono-
mia può risultare difficile, come la verifica del risultato e la capacità di control-
lo e correzione in itinere. Il deficit di passaggio dall’analisi alla sintesi delle in-
formazioni e viceversa, la scarsa flessibilità, influenzata anche dalla mancanza
di strumenti e riferimenti alternativi, la tendenza all’impulsività, anche in vir-
tù del sottostante deficit attentivo, spesso presente alla prima valutazione, sono
tutti segni indicativi di una difficoltosa strutturazione delle funzioni esecutive.
Aspetti comportamentali: si rileva spesso bassa autostima, con atteggia­
mento auto svalutante, anche esplicitato verbalmente, timore nell’affrontare
il compito nuovo, scarso riconoscimento del successo. Questi aspetti si evi-
denziano durante tutta la valutazione e subiscono relativamente la modifica-
zione attraverso il contenimento ed i rinforzi positivi del te­ra­pi­sta.
Si riporta in Tabella 4 la scheda finale di sintesi della valutazione funzio-
nale con il Metodo. Le schede che vengono utilizzate presso la Fondazione Don
C. Gnocchi per la somministrazione dei singoli esercizi sono fruibili solo dagli
operatori che hanno frequentato il Corso di Formazione sul Metodo.
La riabilitazione del bambino con disprassia
Imparare – 7/2010
http://www.ledonline.it/imparare/
83
3.4. Sintesi conclusiva
	 e impostazione del trattamento riabilitativo
L’iter valutativo si completa con una sintesi conclusiva, da cui viene estra-
polato il «problema principale», e vengono dichiarati gli obiettivi a breve e a
medio termine, oltre all’obiettivo funzionale (outcome) da perseguire. Infine,
si definisce il programma riabilitativo specifico e personalizzato, oltre ai tem-
pi e alle modalità di rivalutazione con eventuali approfondimenti. Vengono
programmati incontri con i genitori, gli insegnanti ed eventuali altri operato-
ri per la condivisione del progetto.
Riportiamo in Tabella 5 la scheda conclusiva.
Tab. 4 – Protocollo per la riabilitazione del bambino con disprassia.
Sintesi della valutazione funzionale con il Metodo
Servizio di RiabilitazioneTerritoriale
Fondazione Don C. Gnocchi Onlus - Centro Ronzoni - Villa. Seregno
Protocollo per la riabilitazione del bambino con disprassia
Conclusioni e impostazione del trattamento con il Metodo
esercizi spazio
personale
e periperson.
Ritmo:
Atteggiamenti V/R:
Atteggiamenti R/V:
Tocchi:
Sfera di plastilina:
esercizi
per lo spazio
metrico
Distinzioni qualitative (traslazione rettilinea, rotazione, traslazione
curvilinea):
Distinzioni quantitative (traslazione rettilinea, rotazione, traslazione
curvilinea):
Distinzioni modali:
A. Risoli - M. Capettini - E. Arosio - C. Incorpora - E. Corbella
Imparare – 7/2010
http://www.ledonline.it/imparare/
84
Tab. 5 – Protocollo per la riabilitazione del bambino con disprassia.
Conclusioni e impostazione del trattamento con il Metodo
Servizio di RiabilitazioneTerritoriale
Fondazione Don C. Gnocchi Onlus - Centro Ronzoni - Villa. Seregno
Protocollo per la riabilitazione del bambino con disprassia
Conclusioni e impostazione del trattamento con il Metodo
Organizzazione spazio
temporale e funzioni
del comportamento
Aspetti temporali:
Attenzione:
Memoria:
Canali percettivi utilizzati e loro integrazione:
Uso del pensiero verbale:
Spazio personale (schema corporeo):
Spazio peripersonale:
Spazio extrapersonale lontano:
Integrazione degli spazi:
Prassie:
Immagini mentali:
Funzioni esecutive:
Problemi comportamentali/relazionali:
Trattamento sulla organizzazione spazio-temporale con il Metodo
Sintesi e problema
principale attuale
Potenzialità:
Limiti:
Problema principale:
Obiettivi trattam. outcome
Breve termine:
Medio termine:
Collegamento a outcome di progetto:
Piano di trattamento:
La riabilitazione del bambino con disprassia
Imparare – 7/2010
http://www.ledonline.it/imparare/
85
4.	 Il protocollo di trattamento riabilitativo
	 per la disprassia secondo il metodo
Tenendo conto dei risultati delle due valutazioni, è possibile intervenire con
il Metodo in modo specifico per i deficit spazio temporali che si riscontrano
nei bambini disprattici.
Descriviamo di seguito le proposte riabilitative per ciascun obiettivo,
che nella realtà clinica non seguono uno schema così rigoroso, ma si alterna-
no, sovrappongono ed integrano a seconda dei momenti e dei micro obietti-
vi raggiunti di volta in volta.
4.1. Organizzazione temporale delle informazioni: gli esercizi
Si propongono esercizi di «ritmo» dal più semplice a 1 canale in posizione
supina, fino a quelli più complessi a 2/3 canali camminando, utilizzando, se
utile, come canale aggiuntivo la voce, la bocca o la lingua. Si pone attenzione
a tutte le fasi del vissuto dell’esercizio, in particolare al rispetto delle pause e
al timing attivazione/disattivazione, che permette la contrazione e il rilascia-
mento muscolare. Lavorando con più canali si pone l’attenzione alla sincro-
nia, che viene rinforzata anche negli esercizi di «distinzione propriocettiva» a
2 canali (dove gli arti superiori si muovono insieme agli inferiori) e nell’«eser-
cizio del numero» in cui la numerazione vocale è sincrona al movimento.
La «distinzione propriocettiva degli arti superiori o inferiori a 1 canale», con
il succedersi delle fasi che contraddistinguono l’esercizio, comprensive di
pause ben definite, è utilizzabile per riabilitare l’organizzazione temporale.
Anche nelle attività di «manipolazione della plastilina» l’aspetto temporale è
sfruttabile a scopo riabilitativo; per esempio, la «pioggia» richiama le fasi de-
gli esercizi di ritmo, il «bastone» richiede il movimento sincrono dei due arti
superiori per ottenere un buon risultato. Infine, la quantificazione degli ele-
menti deambulatori nelle «distinzioni quantitative» (definizione delle distan-
ze e direzioni e loro integrazione nella traslazione curvilinea, oltre che il ri-
spetto della proporzioni nella costruzione modale) contiene in sé l’aspetto
temporale indispensabile all’organizzazione dei dati percettivi.
4.2. Attenzione: esercizi
L’utilizzo del linguaggio verbale e paraverbale del terapista, usato secondo le
indicazioni del Metodo, è di per sé strumento utile al rinforzo e richiamo del
fuoco attentivo; così come lo sono le afferenze tattili e le variazioni delle pres-
A. Risoli - M. Capettini - E. Arosio - C. Incorpora - E. Corbella
Imparare – 7/2010
http://www.ledonline.it/imparare/
86
sioni nell’induzione guidata degli esercizi. Lo spazio di lavoro, l’ordine in cui
il materiale è riposto ed utilizzato, i tempi di svolgimento dell’esercizio e le
sue fasi sono anch’essi elementi che intervengono su questa funzione cogniti-
va. È utile, inoltre, proporre esercizi leggermente più complessi dal punto di
vista spaziale rispetto al livello del soggetto (es. «atteggiamenti» con il coin-
volgimento di un numero maggiore di articolazioni), in modo da sollecita-
re implicitamente una maggiore attivazione dell’attenzione. Esercizio mol-
to utile a tal fine è quello dei «tocchi», per l’esecuzione del quale è necessaria
una buona attenzione focalizzata e sostenuta, che permetta la percezione del-
la corretta topologia e sequenza, per poter immagazzinare i dati, tanto fugaci,
in memoria. Negli esercizi della «conoscenza modale», utilizzando in partico-
lare la modalità con consegna guidata o quella dalla rappresentazione al vissu-
to, si induce il soggetto a porre maggiore attenzione ai singoli dati che devo-
no successivamente essere sintetizzati, nel primo caso, ed estrapolati dal per-
corso completo, nel secondo.
4.3. Memoria di lavoro: esercizi
Utilizzando gli «atteggiamenti» sia nella fase del vissuto, sia in quello del-
la rappresentazione e, in misura minore, la rappresentazione dei «tocchi», è
possibile lavorare in modo specifico su questa funzione; modulando il livello
dell’esercizio e eliminando, in una prima fase, l’aspetto sequenziale, che può
fungere da distrattore, si allena il soggetto al corretto e preciso immagazzina-
mento dell’informazione spaziale e al suo successivo utilizzo. Anche gli eser-
cizi sulla «conoscenza modale», laddove più elementi si armonizzano tra lo-
ro per la costruzione di percorsi anche molto strutturati, sono utili a questo
scopo; l’utilizzo di consegne di tipo differente (guidata, verbale sequenziale o
con richiesta degli elementi da inserire nel percorso ed, eventualmente, anche
la loro successione) permette di isolare con buona approssimazione l’utilizzo
della memoria di lavoro spaziale e verbale, piuttosto che l’integrazione fun-
zionale delle due modalità. La costruzione di figure geometriche a seguito di
«esplorazione tattile delle figure geometriche» con analisi sistematica dei dati
utili all’esecuzione del compito è resa possibile anche dal recupero per il loro
utilizzo durante il vissuto deambulatorio.
4.4. Canali percettivi e loro integrazione: esercizi
Tutti gli esercizi del Metodo sono strutturati in modo da facilitare l’utilizzo
dei diversi canali percettivi ma, a seconda di quello che è opportuno solleci-
La riabilitazione del bambino con disprassia
Imparare – 7/2010
http://www.ledonline.it/imparare/
87
tare maggiormente, si possono scegliere le proposte più adeguate ed efficaci.
Come abbiamo già detto in precedenza, il «ritmo» permette di predisporre
l’arrivo ordinato delle informazioni da parte dei differenti canali e sarà quindi
l’esercizio da cui partire per una migliore apertura recettoriale possibile di es-
si. Nel voler intervenire sulla riabilitazione dei canali percettivi o sul loro raf-
finamento (come può essere nel caso di soggetti deprivati di uno di esso per
patologie congenite o acquisite), è dapprima utile, per quanto possibile, iso-
lare gli altri e lavorare sul singolo canale interessato, per poi facilitarne l’inte-
grazione con i rimanenti. In considerazione dei canali in cui è utile interve-
nire maggiormente nel caso di disprassia, descriviamo di seguito la selezione
degli esercizi ad essi inerenti.
Per lavorare in modo più specifico sulla propriocezione si utilizzano i
vissuti del «ritmo», degli «atteggiamenti», delle «posizioni simmetriche» (per
questi ultimi due, se gli arti sono in sospensione è possibile eliminare l’affe-
renza tattile con l’esterno o con il corpo), dello «striscio attivo e passivo», di
tutti gli esercizi dello «spazio metrico» (soprattutto quando si usano consegne
guidate). Si può enfatizzare la propriocezione anche nelle «distinzioni pro-
priocettive» e nella «manipolazione della plastilina».
Il vestibolo si attiva in tutti gli esercizi che coinvolgono il movimento
della testa (che è possibile posizionare negli atteggiamenti) e degli arti supe-
riori («ritmo cingolo superiore», «ritmo arti superiori», «atteggiamenti», «po-
sizioni simmetriche», «distinzioni emicorpi arti superiori e a 2 canali», «ma-
nipolazione della plastilina») e negli esercizi in cui sono richieste elaborazioni
delle coordinate di accelerazione lineare («ritmo camminando», «distinzione
propriocettiva arti inferiori e 2 canali», «striscio attivo» «distinzioni qualitative
e quantitative delle traslazioni rettilinee»), quelle angolari («distinzioni quali-
tative e quantitative delle rotazioni») e nella loro combinazione («distinzioni
qualitative e quantitative delle traslazioni curvilinee» e «conoscenza modale»).
L’elaborazione delle afferenze tattili è sempre presente nel momento
delle consegne degli esercizi dello schema corporeo e in quelle dello spazio
metrico, se guidate; è quindi molto importante che il terapista acquisisca,
sotto questo aspetto, una buona tecnica per poter dare informazioni e facili-
tazioni precise e mai confondenti. Similmente, i soggetti utilizzano tali affe-
renze nelle fasi di rappresentazione, toccando il corpo del terapista o la squa-
dretta e la tavolozza.
I soggetti elaborano anche le afferenze tattili provenienti dal contatto
del corpo intero, delle mani e dei piedi con il tappeto, la sedia, il tavolo, il te-
lo nello «striscio», il pavimento e la parete, a seconda della posizione in cui
vengono eseguiti gli esercizi. Quando negli «atteggiamenti» o nelle «posizio-
ni simmetriche» gli arti sono a contatto con il corpo, il canale tattile si attiva.
È superfluo dire che nei «tocchi» tale afferenza la fa da padrone in tutte le fa-
A. Risoli - M. Capettini - E. Arosio - C. Incorpora - E. Corbella
Imparare – 7/2010
http://www.ledonline.it/imparare/
88
si dell’esercizio. Importanti le attivazioni del canale tattile durante la «mani-
polazione della plastilina», il «ritaglio», l’«esplorazione tattile delle figure geo­
metriche», l’«esercizio del numero», gli esercizi e le rappresentazioni fatte con
le «pennellesse». Per questi bambini è anche importante arrivare a dosare la
pressione necessaria al compito, nelle attività di presa e d’incisione, fonda-
mentali in numerosi ambiti prassici, tra cui la scrittura. Tale abilità è suppor-
tata, oltre che da un corretto adattamento del tono muscolare e dell’attivazio-
ne dell’atto motorio opportuno, anche da una buona elaborazione del feed-
back tattile offerto dal materiale a contatto con la mano. Il lavoro sul cana-
le tattile diventa prerequisito, non solo per l’acquisizione delle abilità di base
legate al gesto, ma per il successivo sviluppo di altre più evolute, come, ap-
punto, la scrittura. Quello sul canale acustico può aprire le porte per la riabi-
litazione più specifica della disprassia verbale. Per questo fine, oltre all’utiliz-
zo del canale della voce nel «ritmo» e nell’«esercizio del numero», si possono
proporre attività per la «definizione delle distanze e della localizzazione dello
stimolo uditivo». Anche il canale visivo deve essere educato in questi bambi-
ni e, sebbene il Metodo parta dall’esclusione parziale delle afferenze visive per
incentivare l’utilizzo anche degli altri canali percettivi, appare importante uti-
lizzare gli strumenti offerti dal Metodo stesso per intervenire a questo livello.
È perciò utile facilitare l’esplorazione sistematica in tutte le fasi della rappre-
sentazione degli esercizi dello schema corporeo, in particolare degli «atteggia-
menti» e dei «tocchi» nella modalità dalla rappresentazione al vissuto; si pro-
pongono attività su imitazione, che prevedono l’osservazione attenta di ciò
che fa il terapista («atteggiamenti su imitazione» e «manipolazione della pla-
stilina»). Il momento di «verifica sulla tavolozza», dopo la rappresentazione,
può essere utilizzato come rinforzo all’esplorazione visiva. Sono, inoltre, pre-
visti «esercizi oculari» codificati, che lavorano sull’esplorazione visiva sia in
presenza, sia in assenza del target.
4.5. Spazio personale: esercizi
La definizione dello schema corporeo e la sua relativa rappresentazione consen-
te gli adattamenti posturali necessari allo svolgimento di tutte le attività mo-
torie. Gli esercizi sono funzionali alla creazione o migliore definizione dell’as-
se unico di riferimento cranio caudale, in particolare: gli «atteggiamenti», sce-
gliendo quelli che definiscono la simmetria degli arti relativamente al centro,
le «posizioni simmetriche», la «distinzione propriocettiva degli emicorpi», con
attenzione alle fasi che hanno come riferimento principale l’asse, la «conoscen-
za qualitativa delle rotazioni». La posizione del terapista rispetto al soggetto
durante la proposta di tutti i compiti è in proiezione dell’asse stessa e funge,
La riabilitazione del bambino con disprassia
Imparare – 7/2010
http://www.ledonline.it/imparare/
89
quindi, da importante facilitatore implicito. La costruzione dell’asse permette
ai bambini disprattici di mettere le basi per la definizione dell’opposto orienta-
mento dei due emicorpi, dell’identificazione e della riproduzione con successi-
va rappresentazione mentale della posizione che gli arti possono assumere nel-
lo spazio; oltre agli esercizi sopra riportati, anche lo «striscio passivo laterale»,
nelle prime fasi del raggiungimento dell’obiettivo, può essere utile.
4.6. Integrazione spazio personale e peripersonale: esercizi
Nei bambini disprattici questa integrazione è fondamentale per rendere pos-
sibili tutte le attività relative alla motricità fine. È importante lavorare sulla
precisione degli «atteggiamenti», che vengono proposti anche davanti al tavo-
lo, sfruttando lo spazio peripersonale, che questi soggetti dovranno continua-
mente elaborare per la maggior parte delle richieste scolastiche, così come sulla
«manipolazione della plastilina», che include in sé una svariata gamma di eser-
cizi per il perseguimento di questo obiettivo. Anche l’«esplorazione tattile delle
figure geometriche» e il «ritaglio» sono utili allo stesso scopo, insieme alle nu-
merose proposte che è possibile fare utilizzando la parete e/o il tavolo e le pen-
nellesse. In tutti questi esercizi il terapista può stabilire «come» e «quanto» spa-
zio peripersonale usare e in che relazione con quello personale. Indirettamente,
questa conquista faciliterà le attività grafiche, costruttive e dell’abbigliamento.
4.7. Integrazione spazio personale e extrapersonale lontano: esercizi
Il raggiungimento di questo obiettivo consente ai bambini di gestire con di-
sinvoltura i grandi spazi; ciò è funzionalmente utile per lo svolgimento del-
le numerose attività ludiche e sportive svolte dai soggetti di questa età. Per
arrivare a ciò, si propongono, con difficoltà crescente, tutti gli esercizi sulla
«conoscenza dello spazio metrico», fino alla costruzione di percorsi comples-
si aperti e chiusi, che possono essere, in un secondo momento, eseguiti anche
in ampi spazi esterni.
4.8. Prassie arti superiori: esercizi
Sono utili tutte le proposte che amplificano la percezione degli arti superio-
ri: «ritmi», «striscio attivo», «atteggiamenti»(soprattutto dal vissuto alla rap-
presentazione e su imitazione), anche con coinvolgimento delle articolazio-
ni del polso e delle dita. Gli «atteggiamenti dalla rappresentazione al vissuto»
A. Risoli - M. Capettini - E. Arosio - C. Incorpora - E. Corbella
Imparare – 7/2010
http://www.ledonline.it/imparare/
90
possono essere usati in quanto aiutano il passaggio all’analisi attenta e precisa
della posizione anche complessa degli arti. In alcuni casi, si utilizza solo il ca-
nale degli arti superiori, in modo da permettere una maggiore focalizzazione
dell’attenzione, funzionale all’obiettivo. Si utilizzano anche esercizi specifici
con il supporto della parete e/o il tavolo e le pennellesse ed i pennelli. Grande
capitolo è quello della «manipolazione della plastilina», che, in questo caso,
occupa un posto di fondamentale importanza nella stesura del programma
riabilitativo; le attività proposte sono numerose (bimanuali e monomanua-
li, simmetriche e asimmetriche, che coinvolgono tutte le articolazioni oppu-
re solo alcune, grossolane o più fini) e permettono di rieducare l’utilizzo delle
prese più corrette e delle pressioni da esercitare sul materiale, modulate a se-
conda del compito. Anche le attività di «ritaglio» a difficoltà crescente vengo-
no usate per il raggiungimento di questo obiettivo.
4.9. Immagini mentali: esercizi
Tutti gli esercizi del Metodo, che prevedono una fase di vissuto ed una di rap-
presentazione o quelle su consegna globale nella manipolazione della plastilina,
facilitano, fin dal momento dell’input informazionale, la creazione di imma-
gini mentali visuo spaziali e motorie in prima e terza persona, strutturalmen-
te funzionali all’assolvimento dei più svariati compiti della vita quotidiana. Il
realizzarsi e il consolidarsi delle rappresentazioni e la capacità che il soggetto
acquisisce nel crearne di nuove secondo il bisogno, risponde alla carenza ri-
levata in caso di disprassia. Inoltre, il Metodo facilita, sia negli esercizi dello
schema corporeo (in particolare negli «atteggiamenti»), sia in quelli dello spa-
zio metrico (in particolare nella «conoscenza modale»), il passaggio dalla mo-
dalità in prima persona a quella in terza. Importante, nelle fasi più avanza-
te del trattamento, il lavoro per consentire la manipolazione delle immagini
mentali in compiti di rotazione e ribaltamento.
4.10. Funzioni esecutive: esercizi
La modalità di somministrazione propria degli esercizi (consegne chiare,
tempi e fasi definiti, eliminazione o contenimento delle afferenze distraen-
ti, uso codificato del materiale) concorre già di per sé a favorire l’intervento
sull’eventuale comportamento impulsivo o sulla presenza di latenze nelle ri-
sposte. In supporto vengono, al bisogno, utilizzate parole che contengano e
stimolino il soggetto al comportamento più adeguato. Ogni fase di vissuto e
rappresentazione presuppone l’allenamento ad una pianificazione di base che,
La riabilitazione del bambino con disprassia
Imparare – 7/2010
http://www.ledonline.it/imparare/
91
poggiando su elementi stabili, quali la corretta elaborazione dell’input per-
cettivo, l’attenzione e la memoria, permette di restituire risposte coerenti alla
consegna. Esistono poi esercizi che intervengono specificatamente sulla piani-
ficazione in compiti maggiormente strutturati, fino ad arrivare a gradi di dif-
ficoltà rilevanti. Già facendo ricorso ai primi esercizi della «conoscenza mo-
dale», utilizzando consegne dalla rappresentazione al vissuto è possibile riedu-
care il soggetto all’analisi precisa dei singoli elementi che compongono il per-
corso, per poi favorire un processo di pianificazione, che consenta la sintesi
degli stessi per un’esecuzione deambulatoria e la rappresentazione il più pos-
sibile fedele al modello. Così come, nella scelta di una consegna verbale che
dia indicazioni di tipo concettuale dei singoli elementi (es.«costruisci una fi-
gura con 4 lati della stessa lunghezza e 4 angoli retti») o del risultato finale
(es. «costruisci un quadrato», «costruisci un quadrato con perimetro di n. 16
passi»), il soggetto viene educato ad una decodifica e successiva sintesi dei da-
ti, funzionale alla corretta pianificazione del vissuto deambulatorio, che vie-
ne poi rappresentato. Partendo dall’«esplorazione tattile delle figure geome-
triche», le più grandi delle quali facilitano al soggetto l’analisi dei dati per poi
arrivare alla loro sintesi, mentre le più piccole facilitano il processo opposto,
la pianificazione può partire dall’organizzazione dei dati percettivi non ver-
bali per giungere alla costruzione deambulatoria di figure geometriche an-
che complesse. Anche gli esercizi della «manipolazione della plastilina», sce-
gliendo opportunamente le consegne da utilizzare, sono utili allo stesso sco-
po. L’utilizzo di vincoli impliciti e/o espliciti nell’esercizio rispetto alla posi-
zione e/o le caratteristiche del percorso, la posizione del soggetto nella stan-
za, l’uso dello spazio peripersonale (es. mettendo dei «riferimenti» in proie-
zione dell’asse o negli emispazi) consentono di lavorare sulla flessibilità. In-
fine, sono previsti esercizi che intervengono più specificatamente sulla capa-
cità di verifica e correzione dell’errore, oltre che sulla modificazione del pro-
getto (es. il soggetto struttura il progetto per iscritto, selezionando i dati uti-
li e, dopo aver effettuato vissuto e rappresentazione, verifica la coerenza con il
proprio progetto); estremamente utili in tal senso le attività in cui è previsto
uno «scambio di ruoli» tra il soggetto e il terapista, in cui si chiede un conti-
nuo monitoraggio dell’operato del «paziente terapista» da parte del soggetto
e una correzione dell’eventuale errore sia nella fase di vissuto, sia in quella di
rappresentazione.
4.11. Aspetti comportamentali: esercizi
Come abbiamo già accennato, spesso i bambini con disprassia tendono ad
avere una bassa autostima ed essere, conseguentemente, poco motivati ad af-
A. Risoli - M. Capettini - E. Arosio - C. Incorpora - E. Corbella
Imparare – 7/2010
http://www.ledonline.it/imparare/
92
frontare nuove proposte, temendo il fallimento ed il riscontro negativo da
parte degli adulti di riferimento e dei coetanei. L’intervento sullo schema
corporeo già favorisce l’autostima: l’assenza di giudizio e la ricerca de «la lo-
gica dell’errore», fra i principi alla base del Metodo, evitano di mettere il gio-
vane paziente di fronte alle proprie difficoltà, in maniera svalutante. Anche
il modo in cui viene usato il linguaggio sia verbale che non (comunque po-
sitivo, accogliente e rassicurante) è utile allo stesso scopo. Infine, gli eserci-
zi con «scambio di ruoli», oltre a lavorare sulla consapevolezza e sulla corre-
zione dell’errore, evidenziano che anche gli altri possono sbagliare e posso-
no essere corretti, messi nelle condizioni di far meglio o di ripetere l’eserci-
zio, senza additare l’errore e chi l’ha commesso ma, anzi, tramutare l’occa-
sione in un momento di riflessione sulla possibilità di modificabilità e di au-
tocorrezione.
5.	 Bibliografia
Ambrosini C., De Panfilis C., Wille A.M. (1999) La psicomotricità. Corporeità e azio-
ne nella costruzione dell’identità, Milano, Xenia.
Atkinson J. (2000) The Developing Visual Brain, Oxford, Oxford University Press.
Bender L. (1938) A Visual-motor Gestalt Test and its Clinical Use, American Or-
thopsychiatric Association (Research Monograph, 3).
Berlucchi G. e Buchtel H.A. (2009) Neural plasticity: historiacal roots and evolution
of meaning. Experimental Brain Research, 192, 307-319.
Berthoz A. (1998) Il senso del movimento, Milano, McGraw-Hill.
Biancardi A. e Stoppa E. (1997) Il test delle Campanelle modificato: una proposta
per lo studio dell’attenzione in età evolutiva. Psichiatria dell’Infanzia e del­
l’Adolescenza, 64, 73-84.
Bilancia G. (1994) La disprassia evolutiva: contributo neuropsicologico. Saggi, 20, 9-25.
Bilancia G. (1999) I bambini goffi: i disturbi dello sviluppo prassico. Prospettive di
Pediatria, 29, 91-99.
Bisiacchi P. e Tressoldi P. (2005) Metodologia della riabilitazione delle funzioni cogni-
tive, Roma, Carocci.
Bracken B.A. (1992) Multidimensional Self-Concept Scale-MSCS, Austin (TX), Pro-
Edition.
Bruno N., Pavani F., Zampini M. (2010) La percezione multisensoriale, Bologna, Il
Mulino.
Decety J. e Jeannerod M. (1995) L’imagerie et son substrate neurologique. Revue
Neurologique, 151 (8-9), 474-479.
La riabilitazione del bambino con disprassia
Imparare – 7/2010
http://www.ledonline.it/imparare/
93
Di Nuovo S. (1979) Test della piccola figura complessa di Rey traduzione italiana, Fi-
renze, Organizzazioni Speciali.
Elithorn A. (1955) A preliminary report on a perceptual maze test sensitive to brain
damage. Journal of Neurology, Neurosurgery and Psychiatry, 18 (4), 287-292.
Fraisse P. (1996) Psicologia del ritmo, Roma, Armando.
Goodenough F.L. (1926) Measurement of Intelligence by Drawings, Chicago, World
Book Company.
Grossi D. e Trojano L. (1995) Neuropsicologia delle immagini mentali. In: Maruc-
ci F.S. (a cura di), Le immagini mentali. Teorie e processi, Roma, Nuova Italia
Scientifica.
Gubbay S.S. (1975) The Clumsy Child: A Study of Developmental Apraxic and Agnosic
Ataxia, Philadelphia, Saunders.
Gubbay S.S. (1985) Clumsiness. In: Vinken P.J., Bruyn G.W., Klawans H.L. (eds.),
Handbook of Clinical Neurology, New York, Elsevier, 159-167.
Hebb D.O. (1949) The Organization of Behavior; A Neuropsychological Theory, New
York, Wiley, trad. it. L’organizzazione del comportamento, Milano, Franco An-
geli, 1975.
Jackson P.L., Meltzoff A.N., Decety J. (2005) NeuroImage, 24, 771-779.
Kosslyn S.M., Behrmann M., Jeannerod M. (1995) The cognitive neuroscienze of
mental imagery. Neuropsychologia, 11, 1335-1344.
Lis A. e Di Nuovo S. (1982) Test della grande figura complessa di Rey traduzione italia-
na, Firenze, Organizzazioni Speciali.
Reynolds C.R. e Bigler E.D. (1994) Test of Memory and Learning (TOMAL), Austin
(TX), Pro-Edition.
Risoli A. (2009) Dispense del Primo e Secondo Modulo del Corso Base sul Metodo Ter-
zi, Monza, AIRMT (materiale ad esclusivo uso dei partecipanti ai Corsi di
Formazione).
Rizzolatti G. e Sinigaglia C. (2006) So quel che fai, il cervello che agisce e i neuroni
specchio, Milano, Raffaello Cortina.
Sabbadini G. e Sabbadini L. (1995) La disprassia in età evolutiva. In: Sabbadini G. (a
cura di), Manuale di Neuropsicologia dell’Età Evolutiva, Bologna, Zanichelli.
Sabbadini G., Sabbadini L., Formica F. (1997) Screening neurologico e comporta-
mentale nel ritardo di maturazione, nella disprassia evolutiva e nelle disfun-
zioni adattive. Sistema Nervoso e Riabilitazione, 3, 33-47.
Sabbadini L. (1994) L’emergere delle prime funzioni comunicative e linguistiche.
In: Sergo M. (a cura di), Diagnosi precoce e prevenzione dei primi disturbi in
bambini a rischio, Milano, Franco Angeli.
Sabbadini L. (2005) La disprassia in età evolutiva: criteri di valutazione ed intervento,
Milano, Springer (Metodologie riabilitative in logopedia, 12).
A. Risoli - M. Capettini - E. Arosio - C. Incorpora - E. Corbella
Imparare – 7/2010
http://www.ledonline.it/imparare/
94
Sabbadini L., Tsafrir Y., Iurato E. (2009) Protocollo per la valutazione delle abilità
prassiche e della coordinazione motoria – APCM, Milano, Springer.
Shallice T., McCarthy (1982) ToL: Tower of London. Specific impairments of plan-
ning. Philosophical Transactions of the Royal Society of London, 298, 199-209.
Stambak M. (1980) Tre prove di ritmo, Firenze, Organizzazioni Speciali.
Terzi I. (1995) Il metodo spazio temporale, Milano, Ghedini.
Thelen E. (1995) Motor development: a new synthesis. American Psychologist, 50
(2), 79-95.
Vaivre-Douret L. (2007) Trouble d’apprentissage non verbal: les dyspraxies dévelop-
pementales. Archives de Pédiatrie, 14, 1341-1349.
Vygotskij L. (1990) Pensiero e linguaggio, Roma - Bari, Laterza (Ricerche psicologiche).
Walder C. e Sellitto G. (2009) Nonverbal Learning Disability. Prospettive di approfon-
dimento dalla sindrome al disturbo, Milano, Erickson (Psicomotricità, terapia,
prevenzione, formazione).
Wille A.M. e Ambrosini C. (2008) Manuale di terapia psicomotoria dell’età evolutiva,
Napoli, Cuzzolin.

Contenu connexe

Tendances

Lezione 13 dicembre
Lezione 13 dicembreLezione 13 dicembre
Lezione 13 dicembreiva martini
 
formazionedelmovimento
 formazionedelmovimento formazionedelmovimento
formazionedelmovimentoimartini
 
Assimilazione e accomodamento
Assimilazione e accomodamentoAssimilazione e accomodamento
Assimilazione e accomodamentoimartini
 
Introduzione feuerstein
Introduzione feuersteinIntroduzione feuerstein
Introduzione feuersteiniva martini
 
Lezioni sviluppo07 08
Lezioni sviluppo07 08Lezioni sviluppo07 08
Lezioni sviluppo07 08iva martini
 
Efficacia tratt. aut._seconda_parte
Efficacia tratt. aut._seconda_parteEfficacia tratt. aut._seconda_parte
Efficacia tratt. aut._seconda_parteimartini
 

Tendances (9)

Lezione 13 dicembre
Lezione 13 dicembreLezione 13 dicembre
Lezione 13 dicembre
 
Piaget
PiagetPiaget
Piaget
 
formazionedelmovimento
 formazionedelmovimento formazionedelmovimento
formazionedelmovimento
 
04
0404
04
 
Assimilazione e accomodamento
Assimilazione e accomodamentoAssimilazione e accomodamento
Assimilazione e accomodamento
 
Introduzione feuerstein
Introduzione feuersteinIntroduzione feuerstein
Introduzione feuerstein
 
Lezioni sviluppo07 08
Lezioni sviluppo07 08Lezioni sviluppo07 08
Lezioni sviluppo07 08
 
Metacognizione
MetacognizioneMetacognizione
Metacognizione
 
Efficacia tratt. aut._seconda_parte
Efficacia tratt. aut._seconda_parteEfficacia tratt. aut._seconda_parte
Efficacia tratt. aut._seconda_parte
 

En vedette

3.funzioni esecutive
3.funzioni esecutive3.funzioni esecutive
3.funzioni esecutiveimartini
 
Isea onlus inquinamento atmosferico
Isea onlus inquinamento atmosfericoIsea onlus inquinamento atmosferico
Isea onlus inquinamento atmosfericoISEA ODV
 
Le Valutazioni Cliniche, Evoluzione Degli Obiettivi Terapeutici
Le Valutazioni Cliniche, Evoluzione Degli Obiettivi TerapeuticiLe Valutazioni Cliniche, Evoluzione Degli Obiettivi Terapeutici
Le Valutazioni Cliniche, Evoluzione Degli Obiettivi TerapeuticiMauro Zampolini
 
Disturbo sviluppo-valeri
Disturbo sviluppo-valeriDisturbo sviluppo-valeri
Disturbo sviluppo-valeriiva martini
 
Science Fair - Stroop Effect
Science Fair - Stroop EffectScience Fair - Stroop Effect
Science Fair - Stroop EffectHaneenY
 
Scheda osservativa per la valutazione delle funzioni di base di soggetti auti...
Scheda osservativa per la valutazione delle funzioni di base di soggetti auti...Scheda osservativa per la valutazione delle funzioni di base di soggetti auti...
Scheda osservativa per la valutazione delle funzioni di base di soggetti auti...Portale Autismo
 
Competenze metafonologiche
Competenze metafonologicheCompetenze metafonologiche
Competenze metafonologicheiva martini
 
Funzioni esecutive e apprendimento
Funzioni esecutive e apprendimentoFunzioni esecutive e apprendimento
Funzioni esecutive e apprendimentoTrainingCognitivo
 

En vedette (10)

3.funzioni esecutive
3.funzioni esecutive3.funzioni esecutive
3.funzioni esecutive
 
Oscabi Foligno
Oscabi FolignoOscabi Foligno
Oscabi Foligno
 
Isea onlus inquinamento atmosferico
Isea onlus inquinamento atmosfericoIsea onlus inquinamento atmosferico
Isea onlus inquinamento atmosferico
 
Le Valutazioni Cliniche, Evoluzione Degli Obiettivi Terapeutici
Le Valutazioni Cliniche, Evoluzione Degli Obiettivi TerapeuticiLe Valutazioni Cliniche, Evoluzione Degli Obiettivi Terapeutici
Le Valutazioni Cliniche, Evoluzione Degli Obiettivi Terapeutici
 
Stroop(2)
Stroop(2)Stroop(2)
Stroop(2)
 
Disturbo sviluppo-valeri
Disturbo sviluppo-valeriDisturbo sviluppo-valeri
Disturbo sviluppo-valeri
 
Science Fair - Stroop Effect
Science Fair - Stroop EffectScience Fair - Stroop Effect
Science Fair - Stroop Effect
 
Scheda osservativa per la valutazione delle funzioni di base di soggetti auti...
Scheda osservativa per la valutazione delle funzioni di base di soggetti auti...Scheda osservativa per la valutazione delle funzioni di base di soggetti auti...
Scheda osservativa per la valutazione delle funzioni di base di soggetti auti...
 
Competenze metafonologiche
Competenze metafonologicheCompetenze metafonologiche
Competenze metafonologiche
 
Funzioni esecutive e apprendimento
Funzioni esecutive e apprendimentoFunzioni esecutive e apprendimento
Funzioni esecutive e apprendimento
 

Similaire à Riabilitazione disprassia m

Lo sviluppo psicomotorio del bambino
Lo sviluppo psicomotorio del bambinoLo sviluppo psicomotorio del bambino
Lo sviluppo psicomotorio del bambinoimartini
 
Cognitiv generale
Cognitiv generaleCognitiv generale
Cognitiv generaleimartini
 
Cognitiv general
Cognitiv general   Cognitiv general
Cognitiv general imartini
 
Cognitiv generale
Cognitiv generaleCognitiv generale
Cognitiv generaleimartini
 
Corporeit ovimento
Corporeit ovimentoCorporeit ovimento
Corporeit ovimentoimartini
 
Psicologia dello sviluppo_sviluppo cognitivo_01
Psicologia dello sviluppo_sviluppo cognitivo_01Psicologia dello sviluppo_sviluppo cognitivo_01
Psicologia dello sviluppo_sviluppo cognitivo_01imartini
 
Psicologia dello sviluppo_sviluppo cognitivo
Psicologia dello sviluppo_sviluppo cognitivoPsicologia dello sviluppo_sviluppo cognitivo
Psicologia dello sviluppo_sviluppo cognitivoimartini
 
“Io penso, io comunico” ovvero la ricerca a sostegno della comunicazione fa...
“Io penso, io comunico”  ovvero  la ricerca a sostegno della comunicazione fa...“Io penso, io comunico”  ovvero  la ricerca a sostegno della comunicazione fa...
“Io penso, io comunico” ovvero la ricerca a sostegno della comunicazione fa...imartini
 
1370869898 psicomotricistafunzionale20132014
1370869898 psicomotricistafunzionale201320141370869898 psicomotricistafunzionale20132014
1370869898 psicomotricistafunzionale20132014imartini
 
1370869898 psicomotricistafunzionale20132014
1370869898 psicomotricistafunzionale201320141370869898 psicomotricistafunzionale20132014
1370869898 psicomotricistafunzionale20132014iva martini
 
cognitive psicology
cognitive psicology cognitive psicology
cognitive psicology psijoana
 
Stoppioni s. williams
Stoppioni s. williamsStoppioni s. williams
Stoppioni s. williamsiva martini
 
Stoppioni s. williams
Stoppioni s. williamsStoppioni s. williams
Stoppioni s. williamsiva martini
 

Similaire à Riabilitazione disprassia m (20)

Lo sviluppo psicomotorio del bambino
Lo sviluppo psicomotorio del bambinoLo sviluppo psicomotorio del bambino
Lo sviluppo psicomotorio del bambino
 
Cognitiv generale
Cognitiv generaleCognitiv generale
Cognitiv generale
 
Cognitiv general
Cognitiv general   Cognitiv general
Cognitiv general
 
Cognitiv generale
Cognitiv generaleCognitiv generale
Cognitiv generale
 
Tnpee b
Tnpee bTnpee b
Tnpee b
 
Corporeit ovimento
Corporeit ovimentoCorporeit ovimento
Corporeit ovimento
 
Psicologia dello sviluppo_sviluppo cognitivo_01
Psicologia dello sviluppo_sviluppo cognitivo_01Psicologia dello sviluppo_sviluppo cognitivo_01
Psicologia dello sviluppo_sviluppo cognitivo_01
 
Psicologia dello sviluppo_sviluppo cognitivo
Psicologia dello sviluppo_sviluppo cognitivoPsicologia dello sviluppo_sviluppo cognitivo
Psicologia dello sviluppo_sviluppo cognitivo
 
“Io penso, io comunico” ovvero la ricerca a sostegno della comunicazione fa...
“Io penso, io comunico”  ovvero  la ricerca a sostegno della comunicazione fa...“Io penso, io comunico”  ovvero  la ricerca a sostegno della comunicazione fa...
“Io penso, io comunico” ovvero la ricerca a sostegno della comunicazione fa...
 
Problem solving arco
Problem solving   arcoProblem solving   arco
Problem solving arco
 
Convegno Unisa 14-12-2012
Convegno Unisa 14-12-2012Convegno Unisa 14-12-2012
Convegno Unisa 14-12-2012
 
1370869898 psicomotricistafunzionale20132014
1370869898 psicomotricistafunzionale201320141370869898 psicomotricistafunzionale20132014
1370869898 psicomotricistafunzionale20132014
 
1370869898 psicomotricistafunzionale20132014
1370869898 psicomotricistafunzionale201320141370869898 psicomotricistafunzionale20132014
1370869898 psicomotricistafunzionale20132014
 
cognitive psicology
cognitive psicology cognitive psicology
cognitive psicology
 
Stoppioni
StoppioniStoppioni
Stoppioni
 
Stoppioni s. williams
Stoppioni s. williamsStoppioni s. williams
Stoppioni s. williams
 
Stoppioni
StoppioniStoppioni
Stoppioni
 
Stoppioni s. williams
Stoppioni s. williamsStoppioni s. williams
Stoppioni s. williams
 
Stoppioni
StoppioniStoppioni
Stoppioni
 
Stoppioni
StoppioniStoppioni
Stoppioni
 

Plus de imartini

2 parliamo e discutiamo del bullismo
2 parliamo e discutiamo del bullismo2 parliamo e discutiamo del bullismo
2 parliamo e discutiamo del bullismoimartini
 
Scheda bambino
Scheda bambinoScheda bambino
Scheda bambinoimartini
 
Subitizing
SubitizingSubitizing
Subitizingimartini
 
intelligenza emotiva
intelligenza emotivaintelligenza emotiva
intelligenza emotivaimartini
 
Il quaderno delle_regole_di_matematica
Il quaderno delle_regole_di_matematicaIl quaderno delle_regole_di_matematica
Il quaderno delle_regole_di_matematicaimartini
 
comunicazione_non_verbale
 comunicazione_non_verbale comunicazione_non_verbale
comunicazione_non_verbaleimartini
 
osservazione fattoei di rischio dsa
osservazione fattoei  di rischio dsaosservazione fattoei  di rischio dsa
osservazione fattoei di rischio dsaimartini
 
Prerequisiti
Prerequisiti Prerequisiti
Prerequisiti imartini
 
Per sito-prerequisiti-letto-scrittura
Per sito-prerequisiti-letto-scrittura Per sito-prerequisiti-letto-scrittura
Per sito-prerequisiti-letto-scrittura imartini
 
Dispensa dsa
Dispensa  dsaDispensa  dsa
Dispensa dsaimartini
 
Dentro ai dsa n
Dentro ai dsa nDentro ai dsa n
Dentro ai dsa nimartini
 
stili di apprendimento
stili di apprendimentostili di apprendimento
stili di apprendimentoimartini
 
Dsa fasce eta
Dsa  fasce etaDsa  fasce eta
Dsa fasce etaimartini
 
Sviluppo percettivomotorio
Sviluppo percettivomotorio Sviluppo percettivomotorio
Sviluppo percettivomotorio imartini
 
prerequisiti della scrittura
prerequisiti della scritturaprerequisiti della scrittura
prerequisiti della scritturaimartini
 

Plus de imartini (20)

2 parliamo e discutiamo del bullismo
2 parliamo e discutiamo del bullismo2 parliamo e discutiamo del bullismo
2 parliamo e discutiamo del bullismo
 
Scheda bambino
Scheda bambinoScheda bambino
Scheda bambino
 
Subitizing
SubitizingSubitizing
Subitizing
 
intelligenza emotiva
intelligenza emotivaintelligenza emotiva
intelligenza emotiva
 
Il quaderno delle_regole_di_matematica
Il quaderno delle_regole_di_matematicaIl quaderno delle_regole_di_matematica
Il quaderno delle_regole_di_matematica
 
comunicazione_non_verbale
 comunicazione_non_verbale comunicazione_non_verbale
comunicazione_non_verbale
 
Adhd u
Adhd uAdhd u
Adhd u
 
DSA
DSADSA
DSA
 
osservazione fattoei di rischio dsa
osservazione fattoei  di rischio dsaosservazione fattoei  di rischio dsa
osservazione fattoei di rischio dsa
 
Prerequisiti
Prerequisiti Prerequisiti
Prerequisiti
 
Per sito-prerequisiti-letto-scrittura
Per sito-prerequisiti-letto-scrittura Per sito-prerequisiti-letto-scrittura
Per sito-prerequisiti-letto-scrittura
 
scrittura
scritturascrittura
scrittura
 
Dispensa dsa
Dispensa  dsaDispensa  dsa
Dispensa dsa
 
Dentro ai dsa n
Dentro ai dsa nDentro ai dsa n
Dentro ai dsa n
 
dislessia
dislessiadislessia
dislessia
 
stili di apprendimento
stili di apprendimentostili di apprendimento
stili di apprendimento
 
DSA
DSADSA
DSA
 
Dsa fasce eta
Dsa  fasce etaDsa  fasce eta
Dsa fasce eta
 
Sviluppo percettivomotorio
Sviluppo percettivomotorio Sviluppo percettivomotorio
Sviluppo percettivomotorio
 
prerequisiti della scrittura
prerequisiti della scritturaprerequisiti della scrittura
prerequisiti della scrittura
 

Riabilitazione disprassia m

  • 1. Imparare – 7/2010 http://www.ledonline.it/imparare/ 71 Annalisa Risoli * - Manuela Capettini * Elena Arosio * - Chiara Incorpora ** Elena Corbella * La riabilitazione del bambino con disprassia: protocollo di intervento del Metodo di Integrazione Spaziale Multisensoriale annalisarisoli@tiscali.it 1. Introduzione Presso il Servizio di Riabilitazione Territoriale della Fondazione Don C. Gnoc­­chi Onlus - Centro Ronzoni - Villa di Seregno seguiamo molti bam- bini con disprassia applicando il Metodo. I risultati positivi dell’esperienza riabilitativa con questi bambini ci hanno indotto a mettere a punto un pro- tocollo riabilitativo di intervento sulla organizzazione spazio-temporale con questo Metodo. Proponiamo, quindi, il protocollo da noi utilizzato nella pratica clini- ca, che comprende una valutazione funzionale a fini riabilitativi, che integra la valutazione diagnostica, e le linee dell’intervento mirato al miglioramen- to delle problematiche presenti nei quadri disprattici dell’età evolutiva, con l’utilizzo del Metodo. * Fondazione Don C. Gnocchi Onlus - Centro Ronzoni - Villa, Seregno. ** Fondazione Don C. Gnocchi Onlus - IRCCS Centro S. Maria Nascente.
  • 2. A. Risoli - M. Capettini - E. Arosio - C. Incorpora - E. Corbella Imparare – 7/2010 http://www.ledonline.it/imparare/ 72 1.1. La disprassia Per disprassia intendiamo la difficoltà a rappresentarsi, programmare ed ese- guire atti motori consecutivi, deputati e riferiti ad un preciso scopo e obiettivo (Sabbadini e Sabbadini, 1995) o, in altre parole, ad eseguire azioni intenziona- li finalizzate. È un malfunzionamento neuropsicologico non verbale, dal qua- le derivano difficoltà di apprendimento scolastico e comportamentali (Vraire e Douret, 2007). I bambini con disprassia spesso presentano in associazione un ritardo nella stabilizzazione della dominanza manuale e disordini dello sche- ma corporeo. Nei test intellettivi si rileva una differenza tra QI Verbale e QI di Performance a favore del primo (Gubbay, 1975; 1985a), secondo Bilancia e coll. (Bilancia, 1994; 1999a) di almeno dieci punti. Frequentemente, sono caratterizzati da fragilità emotiva e ridotta autostima; nei bambini con diffi- coltà di integrazione percettivo-motoria sono, infatti, spesso evidenti proble- matiche comportamentali e relazionali (Wille, 1996; Walder e Sellitto, 2009). L’esecuzione di un atto intenzionale presuppone l’integrità delle struttu- re che rendono possibile l’azione. Sabbadini (Sabbadini, 1994) individua due livelli di controllo: le funzioni di base o strutture processanti (percezione, azio- ne, memoria), che consentono di acquisire le informazioni, e i processi di con- trollo, che organizzano le funzioni cognitive di base. In un bambino disprat- tico entrambe le tipologie di strutture sono compromesse; ne deriva un ritar- do nell’acquisizione di funzioni e/o la presenza di strategie stereotipate e poco flessibili, che rendono difficile l’apprendimento di compiti nuovi. La dispras- sia assume così le caratteristiche di un disturbo multisistemico in cui si rileva la presenza di difficoltà di coordinazione motoria generale e fine, oltre a deficit percettivi, che si traducono in difficoltà nelle autonomie della vita quotidia- na e nell’apprendimento, in accordo con il modello della embodied cognition (Thelen, 1995). Secondo l’embodied cognition lo sviluppo cognitivo dipende, infatti, dall’avere un corpo competente dal punto di vista motorio e percet- tivo, oltre che dalle esperienze che esso può compiere. La conoscenza deriva dalla possibilità di percepire gli stimoli e dall’agire in conseguenza degli stessi. 2. Le basi teoriche del Metodo Il Metodo di organizzazione spazio temporale prende le mosse dalle informa- zioni che provengono dal corpo in movimento e favorisce l’integrazione mul- tisensoriale dei dati, la costruzione delle rappresentazioni mentali spaziali, la creazione e l’utilizzo delle immagini mentali; è definibile come intervento co- gnitivo-motorio. Nato con l’intento di dare ai bambini ipovedenti o non ve-
  • 3. La riabilitazione del bambino con disprassia Imparare – 7/2010 http://www.ledonline.it/imparare/ 73 denti la possibilità di muoversi in grandi spazi, si è notevolmente evoluto ne- gli anni, grazie all’esperienza clinica in ambito riabilitativo e ai nuovi apporti teorici che provengono dalle neuroscienze. Attualmente il modello di appren- dimento di riferimento è la embodied cognition, teoria confermata recentemen- te dal punto di vista neurofisiologico dagli studi sul sistema dei neuroni spec- chio (Rizzolatti et al., 2006). Le particolari modalità di esecuzione degli eser- cizi, in tre fasi: consegna, vissuto (ad occhi bendati) e rappresentazione, permet- tono di esercitare, per ciascuna prova, anche la più semplice, un processo co- gnitivo completo. S’inizia con la raccolta delle informazioni spaziali, secondo un preciso ordine temporale, utilizzando il corpo in movimento, e si procede per successive integrazioni, fino a giungere ad una riproduzione (rappresenta- zione) di quanto si è sperimentato con il corpo stesso. Attraverso i diversi pas- saggi richiesti dall’esercizio, s’induce l’approfondimento dell’apprendimento e l’emergere della consapevolezza, che è prerequisito per la meta cognizione. La dimensione della temporalità che si esercita in tutti gli esercizi, nei di- versi aspetti di successione, sincronia, durata e ritmo, è fondamentale per sele- zionare ed elaborare gli stimoli sensoriali (Bruno et al., 2010). La successione permette di ordinare gli stimoli percettivi, insieme alla sincronia. Già nel 1949 Hebb (Hebb, 1949) aveva individuato nella sincronia una fondamentale faci- litazione per gli apprendimenti: il principio di Hebb è stato confermato da- gli studi sulla plasticità cerebrale (Berlucchi e Buchtel, 2009). La durata degli eventi è parimenti importante per la capacità di quantificare e di organizzare il tempo. Il Metodo esercita l’organizzazione temporale complessa del ritmo mo- torio individuale (Fraisse, 1996), fondamentale a tutti i livelli per gli appren- dimenti. Ida Terzi diceva che «il tempo fa da sfondo al ritmo» (Terzi, 1995). Lo strumento di lavoro è lo spazio del corpo che si muove (spazio perso- nale). Con il movimento possiamo conoscere e rappresentarci lo spazio vici- no a noi (peripersonale) e lo spazio esterno lontano (extrapersonale lontano). Per gli esercizi sullo spazio metrico (spazio extrapersonale lontano) il Meto- do, come facevano gli antichi egizi, utilizza il passo come unità di misura. La caratteristica di sovramodalità delle informazioni spaziali ci permette di rac- coglierle da tutti i sensi e di integrarle, al fine di costruire mappe spaziali sem- pre più precise, eliminando le ambiguità percettive (Berthoz, 1998), per po- ter poi utilizzare al meglio i dati spaziali nelle diverse situazioni. Ogni siste- ma percettivo ha peculiarità proprie e ci mette nella condizione di conosce- re aspetti differenti del mondo. Il sistema visivo, ad esempio, ci consente di conoscere lo spazio prospettico, mentre le informazioni somatosensoriali ci portano a conoscere, con lo spazio motorio, aspetti topologici e metrici. Con il Metodo si integra lo spazio motorio con lo spazio visivo. In tutti gli esercizi del Metodo si esercita la capacità di creare immagini mentali motorie e visuospaziali. Per Decety «Le relazioni che si stabiliscono
  • 4. A. Risoli - M. Capettini - E. Arosio - C. Incorpora - E. Corbella Imparare – 7/2010 http://www.ledonline.it/imparare/ 74 fra le immagini mentali derivanti dalla percezione visiva del nostro corpo e le sensazioni propriocettive, tattili e vestibolari, che da esso provengono, per- mettono la costruzione dello schema corporeo» (Decety et al., 2005, p. 474). Un’alterata conoscenza o consapevolezza del proprio corpo ha conseguen- ze più o meno rilevanti sui processi di apprendimento (Decety e Jeannerod, 1995). Le immagini mentali sono alla base del pensiero analogico o spaziale; Kosslyn (Kosslyn et al., 1995) sostiene che le immagini mentali giocano un ruolo importante nella memoria, nel ragionamento spaziale, nell’astrazione, nella capacità di apprendimento e nella comprensione del linguaggio. Partendo dal movimento del corpo nella particolare condizione dell’eli- minazione della vista, il Metodo esercita quindi la capacità di raccogliere infor- mazioni, integrarle ed utilizzarle, pianificare un’attività, eseguire e controllare il proprio operato, inibendo dati non essenziali. L’intervento segue il percorso del- la maturazione (in età evolutiva) e del ripristino del funzionamento delle fun- zioni esecutive, per le quali sono fondamentali attenzione e memoria di lavoro, e che comprendono: intenzione (o capacità di anticipazione) e capacità di man- tenere un obiettivo, inibizione delle interferenze, sviluppo di un’adeguata capa- cità di progettazione ed esecuzione coerente, verifica ed efficacia delle verifica, capacità di shifting, corretta valutazione della successione degli eventi e della lo- ro durata. L’intero processo viene contraddistinto da feed-back positivi da parte del terapista, che, fedele a quella che nel Metodo è definita «logica dell’errore» (Terzi, 1995, p. 25), deve capire cosa impedisce al soggetto di dare una risposta corretta. Non esiste, dunque, da parte del terapista un giudizio sull’errore, che viene considerato risorsa preziosa per attuare strategie utili al suo superamento. 2.1. Gli esercizi Il Metodo interviene sia con gli esercizi sullo spazio personale che con gli esercizi sullo spazio esterno, peri ed extrapersonale. Il movimento è primaria- mente indotto con la consegna da parte dell’operatore, che si pone come gui- da. Nella consegna guidata (la più caratteristica) il soggetto è ad occhi bendati e il suo corpo è lo strumento (l’oggetto) dell’operatore. Attraverso la richie- sta della ripetizione autonoma ad occhi bendati del movimento indotto, nel vissuto, si chiede in realtà al soggetto di utilizzare una memoria di movimen- ti eseguiti precedentemente con la consegna e di riproporli, rendendo quindi personale ed esplicita una esperienza motoria. Inizia qui il processo di espli- citazione della conoscenza, dove l’embodied cognition è, in primo luogo, co- noscenza e creazione del proprio spazio personale ed extrapersonale, vicino e lontano. L’approfondimento dell’apprendimento spaziale, e in generale del-
  • 5. La riabilitazione del bambino con disprassia Imparare – 7/2010 http://www.ledonline.it/imparare/ 75 la capacità di apprendere informazioni, avviene soprattutto nella fase di rap- presentazione, in cui si chiede al soggetto di utilizzare come oggetto o il cor- po dell’operatore o gli strumenti (la tavolozza e la squadretta) che «simula- no» una persona e lo spazio esterno, e di ripetere sull’operatore, oppure sul- la tavolozza di plastilina, quanto sperimentato nel vissuto. In questo modo l’esperienza viene oggettivata e diventa cosciente. Per rappresentare quanto si è fatto occorre avere nella propria memoria l’immagine di quanto si è vissuto. Quindi, occorre rifarsi ad immagini mentali motorie, in prima o terza perso- na. Il movimento è, in sintesi, strumento per un apprendimento che attraver- sa fasi e livelli di approfondimento diversi, in cui le informazioni spaziali so- no i dati da elaborare ed integrare, ma dove l’integrazione permette di posi- zionare i movimenti nello spazio, di organizzare le informazioni spaziali che vengono utilizzate in qualsiasi attività, di esercitare attenzione, memoria e ca- pacità di progettare. Per lo svolgimento degli esercizi sono previste particola- ri condizioni sog­gettive e d’ambiente, oltre a modalità di esecuzione specifi- che. Tutti gli esercizi devono essere svolti in un ambiente possibilmente silen- zioso, vasto, sgombro, con luci basse e diffuse. Il soggetto lavora a piedi scal- zi e, in alcune fasi delle attività proposte, ad occhi bendati. In riabilitazione l’intervento è generalmente proposto a livello individuale, ma può essere uti- lizzato, con i dovuti accorgimenti, anche in un contesto di piccolo gruppo. Gli esercizi, graduati per difficoltà, si sviluppano quindi attraverso le tre fasi: Consegna – Vissuto – Rappresentazione (Risoli, 2009), e si dividono nelle categorie illustrate nelle Tabelle 1 e 2. Tab. 1 – Spazio personale e peripersonale Esercizi spazio personale e peripersonale Ritmo 1, 2 o 3 canali (il Metodo considera «canali» gli arti superiori, arti inferiori, voce, bocca). Respiraz. naso-bocca Striscio Passivo e attivo. Atteggiamenti Dal vissuto alla rappresentazione; dalla rappresentazione al vissuto; su imitazione. Esercizi di simmetria Tocchi Dal vissuto alla rappresentazione; dalla rappresentazione al vissuto. Distinzione emicorpi Arti superiori; arti inferiori; a due canali. Modellatura della plastilina Sfera; pioggia; impronte; bastone; anello; catena; albero; figura umana; animale; figure geometriche. Esercizio del numero Enumerazione sincrona al movimento: dal corpo intero all’uso della pennellessa. Ritaglio Figure geometriche.
  • 6. A. Risoli - M. Capettini - E. Arosio - C. Incorpora - E. Corbella Imparare – 7/2010 http://www.ledonline.it/imparare/ 76 Tab. 2 – Spazio extrapersonale metrico Esercizi spazio extrapersonale metrico Conoscenza qualitativa Traslazione rettilinea orientata; rotazione intera a destra e sinistra; traslazione curvilinea orientata. Conscenza quantitativa Distinzioni quantitative della traslazione rettilinea in avanti; distinzioni quantitative delle rotazioni; distinzioni quantitative delle traslazioni curvilinee. Conoscenza modale Linee spezzate monoangolari, figure aperte, esercizi preparatori alla costruzione di figure geometriche poligonali; costruzione delle figure geometriche - perimetri e superfici. Integrazioni fra organiz. geometrica movimento deambulatorio e organiz. tattile manuale figure geometriche 2.2. Il trattamento della disprassia con il Metodo: un approccio restitutivo Nel trattamento della disprassia è importante operare sulla consapevolezza dello spazio e dell’agire in esso, sulle abilità di elaborazione delle immagini mentali, sui meccanismi di controllo e sugli aspetti temporali, quali la sincro- nia e la sequenzialità (Wille e Ambrosini, 2008). Intervenendo sulla rappre- sentazione interna della realtà del soggetto, si mira a favorire un utilizzo flessi- bile delle immagini mentali, le quali emergono dalla sintesi percettiva di tutti i canali sensoriali e sono rimodulate in base all’esperienza (Sabbadini, 2005). Obiettivo ultimo del trattamento sarà ottenere un migliore adattamento del bambino alle richieste dell’ambiente, da valutare a seconda dell’età; questo si ottiene lavorando sulle funzioni adattive, rendendole flessibili e modificabi- li. Ciò comporta la necessità di agire attivando più sistemi e aree cerebrali in contemporanea, utilizzando una stimolazione multimodale simultanea (Sab- badini et al., 1997). A partire dall’età scolare, sarà inoltre importante favorire lo sviluppo della meta cognizione, ovvero della consapevolezza di sé e dei pro- pri meccanismi interni, oltre che la capacità di pianificazione. Percezione corporea e cognizione spaziale costituiscono i prerequisiti dell’attività prassica. Un’azione in quanto tale deve svolgersi in un tempo, se- condo un ordine temporale e in uno spazio: lo spazio gestuale in cui il gesto si dispiega. La conoscenza delle coordinate spaziali del proprio corpo e dello spazio costituisce il prerequisito di ogni azione (Grossi, 1995). Il Metodo interviene in modo mirato sullo spazio-tempo e sulle imma- gini mentali, il suo utilizzo nel bambino con disprassia è quindi da conside-
  • 7. La riabilitazione del bambino con disprassia Imparare – 7/2010 http://www.ledonline.it/imparare/ 77 rarsi di tipo restituivo (Bisiacchi et al., 2005); molti problemi originano in- fatti da difficoltà temporali e di percezione e rappresentazione del proprio spazio personale, peripersonale e extrapersonale, o da ridotta capacità di co- struire ed utilizzare le immagini mentali. Nella dimensione spazio-temporale è possibile coordinare i riferimenti fondamentali delle azioni e dei comporta- menti e dare una organizzazione alla vita quotidiana, da cui attraverso succes- sive astrazioni si costruiscono apprendimenti più complessi. Facilita i processi mentali di analisi e sintesi, attraverso il corretto pro- cessamento degli stimoli e la consapevole elaborazione dei dati, favorendo il passaggio da un utilizzo inconscio ad uno consapevole del corpo in mo- vimento, grazie all’acquisizione ordinata dei dati sensoriali e un loro utiliz- zo integrato. La rappresentazione costituisce un importante strumento per l’operatore: dalla modalità con cui il soggetto riproduce il movimento emer- ge come egli elabora le informazioni. L’esclusione della vista in alcune fa- si dell’esercizio riduce la complessità e favorisce distinzione, quantificazione ed elaborazione delle afferenze, che vengono composte in una sintesi spaziale sovra modale. Si potenzia, inoltre, la capacità di costruzione di corrette im- magini mentali. Già dagli esercizi più semplici l’intervento esercita le funzio- ni esecutive, allenando i processi di pianificazione, controllo e verifica del ri- sultato. 3. Il protocollo riabilitativo per la disprassia La valutazione funzionale a fini riabilitativi della disprassia: il Servizio Riabi- litativo in cui operiamo si rivolge a bambini che sono già stati sottoposti ad una valutazione diagnostica. Spesso giungono alla nostra osservazione sog- getti con disturbi dell’apprendimento in presenza di difficoltà di organizza- zione spaziale, QI totale entro la norma, con discrepanza fra QI verbale e per- formance. La valutazione funzionale, a fini riabilitativi, che abbiamo utilizzato e sperimentato, integra la valutazione diagnostica ed è finalizzata all’imposta- zione dell’intervento riabilitativo specifico con il Metodo. I test vengono ese- guiti solo nel caso in cui non siano compresi nella valutazione diagnostica iniziale. La valutazione funzionale a fini riabilitativi prevede: 1. colloquio iniziale, 2. valutazione testistica a fini riabilitativi, 3. valutazione con il Metodo, 4. sintesi conclusiva e impostazione del trattamento riabilitativo.
  • 8. A. Risoli - M. Capettini - E. Arosio - C. Incorpora - E. Corbella Imparare – 7/2010 http://www.ledonline.it/imparare/ 78 3.1. Il colloquio iniziale Un primo momento valutativo consiste nell’incontro del bambino e dei suoi genitori con il medico referente del progetto, in cui vengono approfondite le difficoltà nelle AVQ nei diversi ambiti (familiare, scolastico, ludico, sportivo, ecc.) e vagliato il materiale portato in visione (valutazioni diagnostiche, qua- derni, disegni, ecc.). 3.2. Valutazione testistica a fini riabilitativi Viene somministrata una Batteria, composta da alcuni test di tipo esclusiva- mente qualitativo ed altri di tipo quantitativo, dei quali non viene però mai omesso di specificare ed analizzare il «come» vengono eseguiti. La Batteria si compone di una serie di prove fondamentali per l’impostazione del tratta- mento (Valutazione di primo livello) e di una serie di test di approfondimen- to (Valutazione di secondo livello), che vengono somministrati solo in casi particolari. 3.2.1. Valutazione a fini riabilitativi di primo livello • Dominanza laterale (Wille e Ambrosini, 2008), in particolare della mano, del piede, dell’orecchio e dell’occhio (visione da vicino e da lontano); • rappresentazione dello schema corporeo: test della figura umana di Good- enough (Goodenough, 1926); • rappresentazione dello spazio esterno: test disegno della piantina della ca- meretta o della casa, esclusivamente di tipo qualitativo; • attenzione: test delle Campanelle Modificato (Biancardi e Stoppa, 1997); percezione acustica e decodifica degli elementi ritmici in sequenza: test del- le strutture ritmiche Stambak (Stambak, 1980); • abilità visuo-costruttive e loro organizzazione: test di copia della figura complessa di Rey (Lis e Di Nuovo, 1982; Di Nuovo, 1979); • memoria di lavoro visuo-spaziale: test di rievocazione immediata della figu- ra complessa di Rey (Lis e Di Nuovo, 1982; Di Nuovo, 1979); • abilità prassiche e della coordinazione motoria: protocollo APCM (Sabba- dini et al., 2009); • pianificazione e problem solving: test Torre di Londra (Shallice e McCa- rthy, 1982); • autostima: test TMA (test di valutazione multidimensionale dell’autosti- ma) (Bracken, 1992).
  • 9. La riabilitazione del bambino con disprassia Imparare – 7/2010 http://www.ledonline.it/imparare/ 79 3.2.2. Valutazione a fini riabilitativi di secondo livello • Memoria e apprendimento: test TEMA (Test of memory and learning) (Reynolds e Bigler, 1995); • pianificazione spaziale: test Elithorn (Elithorn, 1955); • capacità visuo-motorie: test di Bender (Bender, 1938); • altri test, secondo necessità. Presentiamo in Tabella 3 la scheda utilizzata presso il nostro Servizio, che sintetizza il colloquio iniziale e la valutazione testistica a fini riabilitativi. 3.3. Valutazione con Metodo La fase immediatamente successiva consiste nella somministrazione del pro- tocollo di valutazione qualitativa utilizzando esercizi del Metodo. Questa va- lutazione completa l’iter che permette di giungere a stilare il programma ri- abilitativo personalizzato. In prima valutazione vengono proposte prove sul- lo schema corporeo (4 «ritmi» fondamentali, «atteggiamenti» in due moda- lità differenti, «tocchi») e sullo spazio metrico («distinzioni qualitative» delle 4 traslazioni rettilinee, delle rotazioni a destra e sinistra e delle traslazioni cur- vilinee in senso orario e antiorario). Infine, viene chiesto al soggetto di mo- dellare, ad occhi bendati, una sfera di plastilina. Sulle apposite schede di re- gistrazione vengono riportate le modalità di esecuzione di ogni esercizio, sia per quanto riguarda gli aspetti temporali, sia per quelli spaziali. Di ognuno di essi viene poi evidenziata la difficoltà associabile alla diagnosi. Nelle valu- tazioni successive alla prima si propongono anche prove diverse, in relazione al livello raggiunto dal soggetto. La valutazione con gli esercizi del Metodo è fondamentale per individuare l’area di intervento («zona di sviluppo poten- ziale»: Vygotskij, 1990) e programmare la terapia. Le risposte qualitative alla valutazione dei bambini con disprassia pre- sentano alcune caratteristiche che sintetizziamo di seguito, diversamente combinate in relazione alle differenze individuali. Aspetti temporali: difficoltà nel mantenere la struttura negli esercizi di ritmo (mancanza di costanza e omissione/alterazione delle pause) e la sincro- nia. Non rispetto delle sequenze proposte. Scarsa o imprecisa quantificazione degli elementi sia dello schema corporeo, sia dello spazio metrico. Attenzione: incapacità nel mantenere l’attenzione sostenuta e focalizzata per il tempo adeguato all’esecuzione della prova, che comporta risposte im- precise o perdita della consegna. Deficit di attenzione alternata nel passaggio dalla consegna all’esecuzione, con imprecisioni e/o errori. Difficoltà a mante- nere le «regole» relative alla tempistica (es. momento in cui mettere e togliere
  • 10. A. Risoli - M. Capettini - E. Arosio - C. Incorpora - E. Corbella Imparare – 7/2010 http://www.ledonline.it/imparare/ 80 la mascherina). Deficit attenzione divisa, spesso per intromissione di un ca- nale percettivo prevalente. Memoria di lavoro: difficoltà di rievocazione della consegna sia dal vissu- to percettivo che dalla rappresentazione, evidenziabile soprattutto negli «atteg- giamenti» e nella rappresentazione dei «tocchi», oltre che in alcune prove sul- lo spazio metrico relative sia al posizionamento nella stanza, sia ai percorsi da eseguire e rappresentare. Canali percettivi utilizzati e loro integrazione: difficoltà nell’utilizzo del canale propriocettivo, con conseguente tentativo di utilizzare i canali restan- ti (soprattutto il visivo, se non particolarmente compromesso dalla disprassia di sguardo, il tattile e l’acustico) indipendentemente dal compito proposto, e relativa scarsa integrazione tra di essi. Pensiero verbale: spesso è utilizzato come compenso per la memoria di lavoro e in supplenza al deficit propriocettivo. A volte, il suo utilizzo non è efficace, soprattutto nei soggetti con disprassia verbale associata. Si manifesta in modo esplicito, tramite vera e propria produzione verbale, oppure si tra- duce in importanti approssimazioni nell’esecuzione delle prove. Spazio personale (schema corporeo): difficoltà percettive sia prossimali (parziale fissazione dei due cingoli, non riconoscimento delle posizioni che coinvolgono le articolazioni prossimali sia in statica, sia in dinamica), sia in- termedie e distali con imprecisioni o deficit di riconoscimento di posizioni in statica e in dinamica. Scarsa definizione dell’asse unitario di riferimento cra- nio caudale, rilevabile in tutti gli esercizi sullo schema corporeo e metrico (in particolare nelle «rotazioni», in cui l’asse è coordinata di riferimento essenzia- le), che non permette la definizione del corretto orientamento dei due emi- lati. Spesso il deficit di percezione e/o rappresentazione prevale in un emila- to (più spesso in quello sinistro) e si manifesta con disorganizzazione di un emilato rispetto all’altro (assenza o simmetria relativa, scarso utilizzo delle in- formazioni propriocettive e di contatto). Emergono importanti difficoltà se vengono coinvolte più articolazioni, specialmente relative agli arti superiori. Gli stessi risultati si apprezzano a livello rappresentativo, salvo quando si uti- lizzano strategie di compenso, quali il pensiero verbale. Spazio peripersonale: difficoltà di organizzazione del proprio corpo nello spazio extrapersonale vicino in tutte le fasi di rappresentazione delle prove sullo schema corporeo (modalità di spostamento, prese, esplorazione visiva in com- piti dalla rappresentazione al vissuto, rappresentazione delle posizioni proposte negli atteggiamenti), dello spazio metrico (posizionamento rispetto al tavolo, utilizzo della tavolozza e della squadretta) e nelle prove con la plastilina (uti- lizzo dello spazio del tavolo, utilizzo del materiale). Nei soggetti con deficit di organizzazione dello spazio personale di sinistra, si evidenzia spesso anche al- terazione della strutturazione dell’emispazio peripersonale dallo stesso lato.
  • 11. Tab. 3 – Protocollo per la riabilitazione del bambino con disprassia. Colloquio iniziale e valutazione testistica a fini riabilitativi Servizio di RiabilitazioneTerritoriale Fondazione Don C. Gnocchi Onlus - Centro Ronzoni - Villa. Seregno Protocollo per la riabilitazione del bambino con disprassia Colloquio iniziale e valutazione testistica a fini riabilitativi Cognome: Nome: Data di nascita: Scolarità: Età alla valutazione: Data valutazione: Valutatori: Motivo della valutazione: Anamnesi (da APCM): Situazione familiare: Attività del tempo libero: Lateralità: Disegno figura umana: Disegno piantina: Valutazione test primo livello Test Data PG c/O PE percent Valutazione qualitativa Campanelle - Rapidità - Accuratezza Stamback Riproduzione Memoria Lettura Dettato Rey A-B copia Tempo Tipo Rey A–B memoria immediata APCM Equilibrio Oculomozione Mov. mani Seq. esplicita Coord. dinamica Ab. grafomotorie Ab. Manuali Gesti simbolici Mov. oro facciali Abilità costruttive Tol TMA Valutazione test secondo livello Test Data Range PG PC PE Valutazione quantitativa TEMA Elithorn Bender Altri test Sintesi Sintesi valutazione funzionale: Indicazioni per valutazione: Rivalutazione:
  • 12. A. Risoli - M. Capettini - E. Arosio - C. Incorpora - E. Corbella Imparare – 7/2010 http://www.ledonline.it/imparare/ 82 Spazio extrapersonale: nella maggior parte dei casi risulta essere quello utilizzato in maniera prevalente (infatti, il bambino fa spesso riferimento alle pareti, agli oggetti, alle fonti sonore). Nei soggetti con deficit di organizzazio- ne dello spazio personale di sinistra, si evidenzia spesso anche alterazione del- la strutturazione dell’emispazio extrapersonale dallo stesso lato. Integrazione degli spazi: a causa del deficit propriocettivo e rappresentati- vo dello spazio personale sempre presente in prima valutazione, non è conse- guentemente presente l’integrazione multisensoriale tra i diversi tipi di spazio. Prassie: nelle fasi di rappresentazione, troviamo prese imprecise, poco de- cise, carenza di forza, indecisione sulle parti del terapista da toccare, difficoltà nel tenere la squadretta e nel muoverla sulla tavolozza, nell’incidere la plasti- lina sulla tavolozza, mantenendo una giusta e costante pressione. Nelle prove con la plastilina, i movimenti degli arti superiori non sono armoniosi. Si pos- sono rilevare rigidità con aumento eccessivo di tono o diminuzione netta di es- so, incapacità ad esercitare la corretta forza pressoria e ad utilizzare gli arti in modo sincrono e coordinato, oltre che i polpastrelli delle dita, importante affa- ticabilità e, spesso, dolori muscolari agli arti superiori, ma anche agli inferiori. Immagini mentali: si può avere difficoltà a strutturare immagini menta- li e a modificarle, oltre che a passare dalla prima alla terza persona. È possibi- le che esista un accenno di definizione di immagine mentale, che però è spes- so frammentaria e poco efficace. La difficoltà di elaborazione precisa delle in- formazioni in ingresso sia dal punto di vista temporale, sia da quello spazia- le, come abbiamo detto prima, l’approssimativa gestione di esse in memoria di lavoro e il faticoso passaggio da dati analitici alla sintesi di essi, condiziona molto la creazione delle immagini stesse. Funzioni esecutive: la strutturazione di un progetto organico in autono- mia può risultare difficile, come la verifica del risultato e la capacità di control- lo e correzione in itinere. Il deficit di passaggio dall’analisi alla sintesi delle in- formazioni e viceversa, la scarsa flessibilità, influenzata anche dalla mancanza di strumenti e riferimenti alternativi, la tendenza all’impulsività, anche in vir- tù del sottostante deficit attentivo, spesso presente alla prima valutazione, sono tutti segni indicativi di una difficoltosa strutturazione delle funzioni esecutive. Aspetti comportamentali: si rileva spesso bassa autostima, con atteggia­ mento auto svalutante, anche esplicitato verbalmente, timore nell’affrontare il compito nuovo, scarso riconoscimento del successo. Questi aspetti si evi- denziano durante tutta la valutazione e subiscono relativamente la modifica- zione attraverso il contenimento ed i rinforzi positivi del te­ra­pi­sta. Si riporta in Tabella 4 la scheda finale di sintesi della valutazione funzio- nale con il Metodo. Le schede che vengono utilizzate presso la Fondazione Don C. Gnocchi per la somministrazione dei singoli esercizi sono fruibili solo dagli operatori che hanno frequentato il Corso di Formazione sul Metodo.
  • 13. La riabilitazione del bambino con disprassia Imparare – 7/2010 http://www.ledonline.it/imparare/ 83 3.4. Sintesi conclusiva e impostazione del trattamento riabilitativo L’iter valutativo si completa con una sintesi conclusiva, da cui viene estra- polato il «problema principale», e vengono dichiarati gli obiettivi a breve e a medio termine, oltre all’obiettivo funzionale (outcome) da perseguire. Infine, si definisce il programma riabilitativo specifico e personalizzato, oltre ai tem- pi e alle modalità di rivalutazione con eventuali approfondimenti. Vengono programmati incontri con i genitori, gli insegnanti ed eventuali altri operato- ri per la condivisione del progetto. Riportiamo in Tabella 5 la scheda conclusiva. Tab. 4 – Protocollo per la riabilitazione del bambino con disprassia. Sintesi della valutazione funzionale con il Metodo Servizio di RiabilitazioneTerritoriale Fondazione Don C. Gnocchi Onlus - Centro Ronzoni - Villa. Seregno Protocollo per la riabilitazione del bambino con disprassia Conclusioni e impostazione del trattamento con il Metodo esercizi spazio personale e periperson. Ritmo: Atteggiamenti V/R: Atteggiamenti R/V: Tocchi: Sfera di plastilina: esercizi per lo spazio metrico Distinzioni qualitative (traslazione rettilinea, rotazione, traslazione curvilinea): Distinzioni quantitative (traslazione rettilinea, rotazione, traslazione curvilinea): Distinzioni modali:
  • 14. A. Risoli - M. Capettini - E. Arosio - C. Incorpora - E. Corbella Imparare – 7/2010 http://www.ledonline.it/imparare/ 84 Tab. 5 – Protocollo per la riabilitazione del bambino con disprassia. Conclusioni e impostazione del trattamento con il Metodo Servizio di RiabilitazioneTerritoriale Fondazione Don C. Gnocchi Onlus - Centro Ronzoni - Villa. Seregno Protocollo per la riabilitazione del bambino con disprassia Conclusioni e impostazione del trattamento con il Metodo Organizzazione spazio temporale e funzioni del comportamento Aspetti temporali: Attenzione: Memoria: Canali percettivi utilizzati e loro integrazione: Uso del pensiero verbale: Spazio personale (schema corporeo): Spazio peripersonale: Spazio extrapersonale lontano: Integrazione degli spazi: Prassie: Immagini mentali: Funzioni esecutive: Problemi comportamentali/relazionali: Trattamento sulla organizzazione spazio-temporale con il Metodo Sintesi e problema principale attuale Potenzialità: Limiti: Problema principale: Obiettivi trattam. outcome Breve termine: Medio termine: Collegamento a outcome di progetto: Piano di trattamento:
  • 15. La riabilitazione del bambino con disprassia Imparare – 7/2010 http://www.ledonline.it/imparare/ 85 4. Il protocollo di trattamento riabilitativo per la disprassia secondo il metodo Tenendo conto dei risultati delle due valutazioni, è possibile intervenire con il Metodo in modo specifico per i deficit spazio temporali che si riscontrano nei bambini disprattici. Descriviamo di seguito le proposte riabilitative per ciascun obiettivo, che nella realtà clinica non seguono uno schema così rigoroso, ma si alterna- no, sovrappongono ed integrano a seconda dei momenti e dei micro obietti- vi raggiunti di volta in volta. 4.1. Organizzazione temporale delle informazioni: gli esercizi Si propongono esercizi di «ritmo» dal più semplice a 1 canale in posizione supina, fino a quelli più complessi a 2/3 canali camminando, utilizzando, se utile, come canale aggiuntivo la voce, la bocca o la lingua. Si pone attenzione a tutte le fasi del vissuto dell’esercizio, in particolare al rispetto delle pause e al timing attivazione/disattivazione, che permette la contrazione e il rilascia- mento muscolare. Lavorando con più canali si pone l’attenzione alla sincro- nia, che viene rinforzata anche negli esercizi di «distinzione propriocettiva» a 2 canali (dove gli arti superiori si muovono insieme agli inferiori) e nell’«eser- cizio del numero» in cui la numerazione vocale è sincrona al movimento. La «distinzione propriocettiva degli arti superiori o inferiori a 1 canale», con il succedersi delle fasi che contraddistinguono l’esercizio, comprensive di pause ben definite, è utilizzabile per riabilitare l’organizzazione temporale. Anche nelle attività di «manipolazione della plastilina» l’aspetto temporale è sfruttabile a scopo riabilitativo; per esempio, la «pioggia» richiama le fasi de- gli esercizi di ritmo, il «bastone» richiede il movimento sincrono dei due arti superiori per ottenere un buon risultato. Infine, la quantificazione degli ele- menti deambulatori nelle «distinzioni quantitative» (definizione delle distan- ze e direzioni e loro integrazione nella traslazione curvilinea, oltre che il ri- spetto della proporzioni nella costruzione modale) contiene in sé l’aspetto temporale indispensabile all’organizzazione dei dati percettivi. 4.2. Attenzione: esercizi L’utilizzo del linguaggio verbale e paraverbale del terapista, usato secondo le indicazioni del Metodo, è di per sé strumento utile al rinforzo e richiamo del fuoco attentivo; così come lo sono le afferenze tattili e le variazioni delle pres-
  • 16. A. Risoli - M. Capettini - E. Arosio - C. Incorpora - E. Corbella Imparare – 7/2010 http://www.ledonline.it/imparare/ 86 sioni nell’induzione guidata degli esercizi. Lo spazio di lavoro, l’ordine in cui il materiale è riposto ed utilizzato, i tempi di svolgimento dell’esercizio e le sue fasi sono anch’essi elementi che intervengono su questa funzione cogniti- va. È utile, inoltre, proporre esercizi leggermente più complessi dal punto di vista spaziale rispetto al livello del soggetto (es. «atteggiamenti» con il coin- volgimento di un numero maggiore di articolazioni), in modo da sollecita- re implicitamente una maggiore attivazione dell’attenzione. Esercizio mol- to utile a tal fine è quello dei «tocchi», per l’esecuzione del quale è necessaria una buona attenzione focalizzata e sostenuta, che permetta la percezione del- la corretta topologia e sequenza, per poter immagazzinare i dati, tanto fugaci, in memoria. Negli esercizi della «conoscenza modale», utilizzando in partico- lare la modalità con consegna guidata o quella dalla rappresentazione al vissu- to, si induce il soggetto a porre maggiore attenzione ai singoli dati che devo- no successivamente essere sintetizzati, nel primo caso, ed estrapolati dal per- corso completo, nel secondo. 4.3. Memoria di lavoro: esercizi Utilizzando gli «atteggiamenti» sia nella fase del vissuto, sia in quello del- la rappresentazione e, in misura minore, la rappresentazione dei «tocchi», è possibile lavorare in modo specifico su questa funzione; modulando il livello dell’esercizio e eliminando, in una prima fase, l’aspetto sequenziale, che può fungere da distrattore, si allena il soggetto al corretto e preciso immagazzina- mento dell’informazione spaziale e al suo successivo utilizzo. Anche gli eser- cizi sulla «conoscenza modale», laddove più elementi si armonizzano tra lo- ro per la costruzione di percorsi anche molto strutturati, sono utili a questo scopo; l’utilizzo di consegne di tipo differente (guidata, verbale sequenziale o con richiesta degli elementi da inserire nel percorso ed, eventualmente, anche la loro successione) permette di isolare con buona approssimazione l’utilizzo della memoria di lavoro spaziale e verbale, piuttosto che l’integrazione fun- zionale delle due modalità. La costruzione di figure geometriche a seguito di «esplorazione tattile delle figure geometriche» con analisi sistematica dei dati utili all’esecuzione del compito è resa possibile anche dal recupero per il loro utilizzo durante il vissuto deambulatorio. 4.4. Canali percettivi e loro integrazione: esercizi Tutti gli esercizi del Metodo sono strutturati in modo da facilitare l’utilizzo dei diversi canali percettivi ma, a seconda di quello che è opportuno solleci-
  • 17. La riabilitazione del bambino con disprassia Imparare – 7/2010 http://www.ledonline.it/imparare/ 87 tare maggiormente, si possono scegliere le proposte più adeguate ed efficaci. Come abbiamo già detto in precedenza, il «ritmo» permette di predisporre l’arrivo ordinato delle informazioni da parte dei differenti canali e sarà quindi l’esercizio da cui partire per una migliore apertura recettoriale possibile di es- si. Nel voler intervenire sulla riabilitazione dei canali percettivi o sul loro raf- finamento (come può essere nel caso di soggetti deprivati di uno di esso per patologie congenite o acquisite), è dapprima utile, per quanto possibile, iso- lare gli altri e lavorare sul singolo canale interessato, per poi facilitarne l’inte- grazione con i rimanenti. In considerazione dei canali in cui è utile interve- nire maggiormente nel caso di disprassia, descriviamo di seguito la selezione degli esercizi ad essi inerenti. Per lavorare in modo più specifico sulla propriocezione si utilizzano i vissuti del «ritmo», degli «atteggiamenti», delle «posizioni simmetriche» (per questi ultimi due, se gli arti sono in sospensione è possibile eliminare l’affe- renza tattile con l’esterno o con il corpo), dello «striscio attivo e passivo», di tutti gli esercizi dello «spazio metrico» (soprattutto quando si usano consegne guidate). Si può enfatizzare la propriocezione anche nelle «distinzioni pro- priocettive» e nella «manipolazione della plastilina». Il vestibolo si attiva in tutti gli esercizi che coinvolgono il movimento della testa (che è possibile posizionare negli atteggiamenti) e degli arti supe- riori («ritmo cingolo superiore», «ritmo arti superiori», «atteggiamenti», «po- sizioni simmetriche», «distinzioni emicorpi arti superiori e a 2 canali», «ma- nipolazione della plastilina») e negli esercizi in cui sono richieste elaborazioni delle coordinate di accelerazione lineare («ritmo camminando», «distinzione propriocettiva arti inferiori e 2 canali», «striscio attivo» «distinzioni qualitative e quantitative delle traslazioni rettilinee»), quelle angolari («distinzioni quali- tative e quantitative delle rotazioni») e nella loro combinazione («distinzioni qualitative e quantitative delle traslazioni curvilinee» e «conoscenza modale»). L’elaborazione delle afferenze tattili è sempre presente nel momento delle consegne degli esercizi dello schema corporeo e in quelle dello spazio metrico, se guidate; è quindi molto importante che il terapista acquisisca, sotto questo aspetto, una buona tecnica per poter dare informazioni e facili- tazioni precise e mai confondenti. Similmente, i soggetti utilizzano tali affe- renze nelle fasi di rappresentazione, toccando il corpo del terapista o la squa- dretta e la tavolozza. I soggetti elaborano anche le afferenze tattili provenienti dal contatto del corpo intero, delle mani e dei piedi con il tappeto, la sedia, il tavolo, il te- lo nello «striscio», il pavimento e la parete, a seconda della posizione in cui vengono eseguiti gli esercizi. Quando negli «atteggiamenti» o nelle «posizio- ni simmetriche» gli arti sono a contatto con il corpo, il canale tattile si attiva. È superfluo dire che nei «tocchi» tale afferenza la fa da padrone in tutte le fa-
  • 18. A. Risoli - M. Capettini - E. Arosio - C. Incorpora - E. Corbella Imparare – 7/2010 http://www.ledonline.it/imparare/ 88 si dell’esercizio. Importanti le attivazioni del canale tattile durante la «mani- polazione della plastilina», il «ritaglio», l’«esplorazione tattile delle figure geo­ metriche», l’«esercizio del numero», gli esercizi e le rappresentazioni fatte con le «pennellesse». Per questi bambini è anche importante arrivare a dosare la pressione necessaria al compito, nelle attività di presa e d’incisione, fonda- mentali in numerosi ambiti prassici, tra cui la scrittura. Tale abilità è suppor- tata, oltre che da un corretto adattamento del tono muscolare e dell’attivazio- ne dell’atto motorio opportuno, anche da una buona elaborazione del feed- back tattile offerto dal materiale a contatto con la mano. Il lavoro sul cana- le tattile diventa prerequisito, non solo per l’acquisizione delle abilità di base legate al gesto, ma per il successivo sviluppo di altre più evolute, come, ap- punto, la scrittura. Quello sul canale acustico può aprire le porte per la riabi- litazione più specifica della disprassia verbale. Per questo fine, oltre all’utiliz- zo del canale della voce nel «ritmo» e nell’«esercizio del numero», si possono proporre attività per la «definizione delle distanze e della localizzazione dello stimolo uditivo». Anche il canale visivo deve essere educato in questi bambi- ni e, sebbene il Metodo parta dall’esclusione parziale delle afferenze visive per incentivare l’utilizzo anche degli altri canali percettivi, appare importante uti- lizzare gli strumenti offerti dal Metodo stesso per intervenire a questo livello. È perciò utile facilitare l’esplorazione sistematica in tutte le fasi della rappre- sentazione degli esercizi dello schema corporeo, in particolare degli «atteggia- menti» e dei «tocchi» nella modalità dalla rappresentazione al vissuto; si pro- pongono attività su imitazione, che prevedono l’osservazione attenta di ciò che fa il terapista («atteggiamenti su imitazione» e «manipolazione della pla- stilina»). Il momento di «verifica sulla tavolozza», dopo la rappresentazione, può essere utilizzato come rinforzo all’esplorazione visiva. Sono, inoltre, pre- visti «esercizi oculari» codificati, che lavorano sull’esplorazione visiva sia in presenza, sia in assenza del target. 4.5. Spazio personale: esercizi La definizione dello schema corporeo e la sua relativa rappresentazione consen- te gli adattamenti posturali necessari allo svolgimento di tutte le attività mo- torie. Gli esercizi sono funzionali alla creazione o migliore definizione dell’as- se unico di riferimento cranio caudale, in particolare: gli «atteggiamenti», sce- gliendo quelli che definiscono la simmetria degli arti relativamente al centro, le «posizioni simmetriche», la «distinzione propriocettiva degli emicorpi», con attenzione alle fasi che hanno come riferimento principale l’asse, la «conoscen- za qualitativa delle rotazioni». La posizione del terapista rispetto al soggetto durante la proposta di tutti i compiti è in proiezione dell’asse stessa e funge,
  • 19. La riabilitazione del bambino con disprassia Imparare – 7/2010 http://www.ledonline.it/imparare/ 89 quindi, da importante facilitatore implicito. La costruzione dell’asse permette ai bambini disprattici di mettere le basi per la definizione dell’opposto orienta- mento dei due emicorpi, dell’identificazione e della riproduzione con successi- va rappresentazione mentale della posizione che gli arti possono assumere nel- lo spazio; oltre agli esercizi sopra riportati, anche lo «striscio passivo laterale», nelle prime fasi del raggiungimento dell’obiettivo, può essere utile. 4.6. Integrazione spazio personale e peripersonale: esercizi Nei bambini disprattici questa integrazione è fondamentale per rendere pos- sibili tutte le attività relative alla motricità fine. È importante lavorare sulla precisione degli «atteggiamenti», che vengono proposti anche davanti al tavo- lo, sfruttando lo spazio peripersonale, che questi soggetti dovranno continua- mente elaborare per la maggior parte delle richieste scolastiche, così come sulla «manipolazione della plastilina», che include in sé una svariata gamma di eser- cizi per il perseguimento di questo obiettivo. Anche l’«esplorazione tattile delle figure geometriche» e il «ritaglio» sono utili allo stesso scopo, insieme alle nu- merose proposte che è possibile fare utilizzando la parete e/o il tavolo e le pen- nellesse. In tutti questi esercizi il terapista può stabilire «come» e «quanto» spa- zio peripersonale usare e in che relazione con quello personale. Indirettamente, questa conquista faciliterà le attività grafiche, costruttive e dell’abbigliamento. 4.7. Integrazione spazio personale e extrapersonale lontano: esercizi Il raggiungimento di questo obiettivo consente ai bambini di gestire con di- sinvoltura i grandi spazi; ciò è funzionalmente utile per lo svolgimento del- le numerose attività ludiche e sportive svolte dai soggetti di questa età. Per arrivare a ciò, si propongono, con difficoltà crescente, tutti gli esercizi sulla «conoscenza dello spazio metrico», fino alla costruzione di percorsi comples- si aperti e chiusi, che possono essere, in un secondo momento, eseguiti anche in ampi spazi esterni. 4.8. Prassie arti superiori: esercizi Sono utili tutte le proposte che amplificano la percezione degli arti superio- ri: «ritmi», «striscio attivo», «atteggiamenti»(soprattutto dal vissuto alla rap- presentazione e su imitazione), anche con coinvolgimento delle articolazio- ni del polso e delle dita. Gli «atteggiamenti dalla rappresentazione al vissuto»
  • 20. A. Risoli - M. Capettini - E. Arosio - C. Incorpora - E. Corbella Imparare – 7/2010 http://www.ledonline.it/imparare/ 90 possono essere usati in quanto aiutano il passaggio all’analisi attenta e precisa della posizione anche complessa degli arti. In alcuni casi, si utilizza solo il ca- nale degli arti superiori, in modo da permettere una maggiore focalizzazione dell’attenzione, funzionale all’obiettivo. Si utilizzano anche esercizi specifici con il supporto della parete e/o il tavolo e le pennellesse ed i pennelli. Grande capitolo è quello della «manipolazione della plastilina», che, in questo caso, occupa un posto di fondamentale importanza nella stesura del programma riabilitativo; le attività proposte sono numerose (bimanuali e monomanua- li, simmetriche e asimmetriche, che coinvolgono tutte le articolazioni oppu- re solo alcune, grossolane o più fini) e permettono di rieducare l’utilizzo delle prese più corrette e delle pressioni da esercitare sul materiale, modulate a se- conda del compito. Anche le attività di «ritaglio» a difficoltà crescente vengo- no usate per il raggiungimento di questo obiettivo. 4.9. Immagini mentali: esercizi Tutti gli esercizi del Metodo, che prevedono una fase di vissuto ed una di rap- presentazione o quelle su consegna globale nella manipolazione della plastilina, facilitano, fin dal momento dell’input informazionale, la creazione di imma- gini mentali visuo spaziali e motorie in prima e terza persona, strutturalmen- te funzionali all’assolvimento dei più svariati compiti della vita quotidiana. Il realizzarsi e il consolidarsi delle rappresentazioni e la capacità che il soggetto acquisisce nel crearne di nuove secondo il bisogno, risponde alla carenza ri- levata in caso di disprassia. Inoltre, il Metodo facilita, sia negli esercizi dello schema corporeo (in particolare negli «atteggiamenti»), sia in quelli dello spa- zio metrico (in particolare nella «conoscenza modale»), il passaggio dalla mo- dalità in prima persona a quella in terza. Importante, nelle fasi più avanza- te del trattamento, il lavoro per consentire la manipolazione delle immagini mentali in compiti di rotazione e ribaltamento. 4.10. Funzioni esecutive: esercizi La modalità di somministrazione propria degli esercizi (consegne chiare, tempi e fasi definiti, eliminazione o contenimento delle afferenze distraen- ti, uso codificato del materiale) concorre già di per sé a favorire l’intervento sull’eventuale comportamento impulsivo o sulla presenza di latenze nelle ri- sposte. In supporto vengono, al bisogno, utilizzate parole che contengano e stimolino il soggetto al comportamento più adeguato. Ogni fase di vissuto e rappresentazione presuppone l’allenamento ad una pianificazione di base che,
  • 21. La riabilitazione del bambino con disprassia Imparare – 7/2010 http://www.ledonline.it/imparare/ 91 poggiando su elementi stabili, quali la corretta elaborazione dell’input per- cettivo, l’attenzione e la memoria, permette di restituire risposte coerenti alla consegna. Esistono poi esercizi che intervengono specificatamente sulla piani- ficazione in compiti maggiormente strutturati, fino ad arrivare a gradi di dif- ficoltà rilevanti. Già facendo ricorso ai primi esercizi della «conoscenza mo- dale», utilizzando consegne dalla rappresentazione al vissuto è possibile riedu- care il soggetto all’analisi precisa dei singoli elementi che compongono il per- corso, per poi favorire un processo di pianificazione, che consenta la sintesi degli stessi per un’esecuzione deambulatoria e la rappresentazione il più pos- sibile fedele al modello. Così come, nella scelta di una consegna verbale che dia indicazioni di tipo concettuale dei singoli elementi (es.«costruisci una fi- gura con 4 lati della stessa lunghezza e 4 angoli retti») o del risultato finale (es. «costruisci un quadrato», «costruisci un quadrato con perimetro di n. 16 passi»), il soggetto viene educato ad una decodifica e successiva sintesi dei da- ti, funzionale alla corretta pianificazione del vissuto deambulatorio, che vie- ne poi rappresentato. Partendo dall’«esplorazione tattile delle figure geome- triche», le più grandi delle quali facilitano al soggetto l’analisi dei dati per poi arrivare alla loro sintesi, mentre le più piccole facilitano il processo opposto, la pianificazione può partire dall’organizzazione dei dati percettivi non ver- bali per giungere alla costruzione deambulatoria di figure geometriche an- che complesse. Anche gli esercizi della «manipolazione della plastilina», sce- gliendo opportunamente le consegne da utilizzare, sono utili allo stesso sco- po. L’utilizzo di vincoli impliciti e/o espliciti nell’esercizio rispetto alla posi- zione e/o le caratteristiche del percorso, la posizione del soggetto nella stan- za, l’uso dello spazio peripersonale (es. mettendo dei «riferimenti» in proie- zione dell’asse o negli emispazi) consentono di lavorare sulla flessibilità. In- fine, sono previsti esercizi che intervengono più specificatamente sulla capa- cità di verifica e correzione dell’errore, oltre che sulla modificazione del pro- getto (es. il soggetto struttura il progetto per iscritto, selezionando i dati uti- li e, dopo aver effettuato vissuto e rappresentazione, verifica la coerenza con il proprio progetto); estremamente utili in tal senso le attività in cui è previsto uno «scambio di ruoli» tra il soggetto e il terapista, in cui si chiede un conti- nuo monitoraggio dell’operato del «paziente terapista» da parte del soggetto e una correzione dell’eventuale errore sia nella fase di vissuto, sia in quella di rappresentazione. 4.11. Aspetti comportamentali: esercizi Come abbiamo già accennato, spesso i bambini con disprassia tendono ad avere una bassa autostima ed essere, conseguentemente, poco motivati ad af-
  • 22. A. Risoli - M. Capettini - E. Arosio - C. Incorpora - E. Corbella Imparare – 7/2010 http://www.ledonline.it/imparare/ 92 frontare nuove proposte, temendo il fallimento ed il riscontro negativo da parte degli adulti di riferimento e dei coetanei. L’intervento sullo schema corporeo già favorisce l’autostima: l’assenza di giudizio e la ricerca de «la lo- gica dell’errore», fra i principi alla base del Metodo, evitano di mettere il gio- vane paziente di fronte alle proprie difficoltà, in maniera svalutante. Anche il modo in cui viene usato il linguaggio sia verbale che non (comunque po- sitivo, accogliente e rassicurante) è utile allo stesso scopo. Infine, gli eserci- zi con «scambio di ruoli», oltre a lavorare sulla consapevolezza e sulla corre- zione dell’errore, evidenziano che anche gli altri possono sbagliare e posso- no essere corretti, messi nelle condizioni di far meglio o di ripetere l’eserci- zio, senza additare l’errore e chi l’ha commesso ma, anzi, tramutare l’occa- sione in un momento di riflessione sulla possibilità di modificabilità e di au- tocorrezione. 5. Bibliografia Ambrosini C., De Panfilis C., Wille A.M. (1999) La psicomotricità. Corporeità e azio- ne nella costruzione dell’identità, Milano, Xenia. Atkinson J. (2000) The Developing Visual Brain, Oxford, Oxford University Press. Bender L. (1938) A Visual-motor Gestalt Test and its Clinical Use, American Or- thopsychiatric Association (Research Monograph, 3). Berlucchi G. e Buchtel H.A. (2009) Neural plasticity: historiacal roots and evolution of meaning. Experimental Brain Research, 192, 307-319. Berthoz A. (1998) Il senso del movimento, Milano, McGraw-Hill. Biancardi A. e Stoppa E. (1997) Il test delle Campanelle modificato: una proposta per lo studio dell’attenzione in età evolutiva. Psichiatria dell’Infanzia e del­ l’Adolescenza, 64, 73-84. Bilancia G. (1994) La disprassia evolutiva: contributo neuropsicologico. Saggi, 20, 9-25. Bilancia G. (1999) I bambini goffi: i disturbi dello sviluppo prassico. Prospettive di Pediatria, 29, 91-99. Bisiacchi P. e Tressoldi P. (2005) Metodologia della riabilitazione delle funzioni cogni- tive, Roma, Carocci. Bracken B.A. (1992) Multidimensional Self-Concept Scale-MSCS, Austin (TX), Pro- Edition. Bruno N., Pavani F., Zampini M. (2010) La percezione multisensoriale, Bologna, Il Mulino. Decety J. e Jeannerod M. (1995) L’imagerie et son substrate neurologique. Revue Neurologique, 151 (8-9), 474-479.
  • 23. La riabilitazione del bambino con disprassia Imparare – 7/2010 http://www.ledonline.it/imparare/ 93 Di Nuovo S. (1979) Test della piccola figura complessa di Rey traduzione italiana, Fi- renze, Organizzazioni Speciali. Elithorn A. (1955) A preliminary report on a perceptual maze test sensitive to brain damage. Journal of Neurology, Neurosurgery and Psychiatry, 18 (4), 287-292. Fraisse P. (1996) Psicologia del ritmo, Roma, Armando. Goodenough F.L. (1926) Measurement of Intelligence by Drawings, Chicago, World Book Company. Grossi D. e Trojano L. (1995) Neuropsicologia delle immagini mentali. In: Maruc- ci F.S. (a cura di), Le immagini mentali. Teorie e processi, Roma, Nuova Italia Scientifica. Gubbay S.S. (1975) The Clumsy Child: A Study of Developmental Apraxic and Agnosic Ataxia, Philadelphia, Saunders. Gubbay S.S. (1985) Clumsiness. In: Vinken P.J., Bruyn G.W., Klawans H.L. (eds.), Handbook of Clinical Neurology, New York, Elsevier, 159-167. Hebb D.O. (1949) The Organization of Behavior; A Neuropsychological Theory, New York, Wiley, trad. it. L’organizzazione del comportamento, Milano, Franco An- geli, 1975. Jackson P.L., Meltzoff A.N., Decety J. (2005) NeuroImage, 24, 771-779. Kosslyn S.M., Behrmann M., Jeannerod M. (1995) The cognitive neuroscienze of mental imagery. Neuropsychologia, 11, 1335-1344. Lis A. e Di Nuovo S. (1982) Test della grande figura complessa di Rey traduzione italia- na, Firenze, Organizzazioni Speciali. Reynolds C.R. e Bigler E.D. (1994) Test of Memory and Learning (TOMAL), Austin (TX), Pro-Edition. Risoli A. (2009) Dispense del Primo e Secondo Modulo del Corso Base sul Metodo Ter- zi, Monza, AIRMT (materiale ad esclusivo uso dei partecipanti ai Corsi di Formazione). Rizzolatti G. e Sinigaglia C. (2006) So quel che fai, il cervello che agisce e i neuroni specchio, Milano, Raffaello Cortina. Sabbadini G. e Sabbadini L. (1995) La disprassia in età evolutiva. In: Sabbadini G. (a cura di), Manuale di Neuropsicologia dell’Età Evolutiva, Bologna, Zanichelli. Sabbadini G., Sabbadini L., Formica F. (1997) Screening neurologico e comporta- mentale nel ritardo di maturazione, nella disprassia evolutiva e nelle disfun- zioni adattive. Sistema Nervoso e Riabilitazione, 3, 33-47. Sabbadini L. (1994) L’emergere delle prime funzioni comunicative e linguistiche. In: Sergo M. (a cura di), Diagnosi precoce e prevenzione dei primi disturbi in bambini a rischio, Milano, Franco Angeli. Sabbadini L. (2005) La disprassia in età evolutiva: criteri di valutazione ed intervento, Milano, Springer (Metodologie riabilitative in logopedia, 12).
  • 24. A. Risoli - M. Capettini - E. Arosio - C. Incorpora - E. Corbella Imparare – 7/2010 http://www.ledonline.it/imparare/ 94 Sabbadini L., Tsafrir Y., Iurato E. (2009) Protocollo per la valutazione delle abilità prassiche e della coordinazione motoria – APCM, Milano, Springer. Shallice T., McCarthy (1982) ToL: Tower of London. Specific impairments of plan- ning. Philosophical Transactions of the Royal Society of London, 298, 199-209. Stambak M. (1980) Tre prove di ritmo, Firenze, Organizzazioni Speciali. Terzi I. (1995) Il metodo spazio temporale, Milano, Ghedini. Thelen E. (1995) Motor development: a new synthesis. American Psychologist, 50 (2), 79-95. Vaivre-Douret L. (2007) Trouble d’apprentissage non verbal: les dyspraxies dévelop- pementales. Archives de Pédiatrie, 14, 1341-1349. Vygotskij L. (1990) Pensiero e linguaggio, Roma - Bari, Laterza (Ricerche psicologiche). Walder C. e Sellitto G. (2009) Nonverbal Learning Disability. Prospettive di approfon- dimento dalla sindrome al disturbo, Milano, Erickson (Psicomotricità, terapia, prevenzione, formazione). Wille A.M. e Ambrosini C. (2008) Manuale di terapia psicomotoria dell’età evolutiva, Napoli, Cuzzolin.