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L’educazione e il gioco
La condiscendenza
Il gioco come momento di rilassamento, evasione dal lavoro e dall’impegno,
ricreazione. Il gioco è libero e spontaneo e non è oggetto di progettualità
adulta. Si identifica in negativo rispetto alle attività serie.
La confisca
Il gioco viene accolto ma solo se didatticamente utile. È la modalità
“ludiforme” dove il gioco è un facilitatore degli apprendimenti. Si distinguono
giochi utili e inutili
Il lasciar giocare
Il gioco diventa un “campo di osservazione” per l’adulto, che lascia giocare il
bambino e lo osserva per conoscerlo meglio. Il gioco assume un valore
“scientifico” di tipo psico-pedagogico e antropologico
La fiducia pedagogica
Il gioco ha importanza in sé per lo sviluppo del bambino. L’adulto riconosce
il gioco nelle sue molteplici dimensioni (socio-affettive, motorie, cognitive),
lo valorizza come Diritto dell’infanzia, crea opportunità di esperienze
ludiche.
Il concetto di “Attività ludiforme” (A.Visalberghi)
L’attività ludica è l’attività nella quale i fini che vi vengono
consapevolmente perseguiti hanno più chiaro il carattere di semplici
“mezzi procedurali”. Costruire un castello di sabbia significa porsi una
finalità conseguita la quale il gioco è finito: la sua funzione è quella di
permettere che l’attività dell’impastare e plasmare la sabbia bagnata si
arricchisca di aspetti immaginativi, intellettivi, sociali. Lo stesso può
dirsi , nel gioco del calcio, della finalità di far passare il massimo
numero di volte nel tempo prestabilito il pallone attraverso la porta
avversaria. Quando viceversa il fine, oltre ad avere funzione di mezzo
procedurale, è inteso come destinato a trasformarsi, all’atto del suo
conseguimento, in mezzo materiale per attività ulteriori, il gioco tende a
farsi lavoro. Ora è proprio della tendenza alla continuità, caratteristica
del gioco, di assicurarsi sempre più ricche prospettive di attività
ulteriore: sarebbe dunque insita nel gioco una disponibilità a
trasformarsi in lavoro.
Il concetto di “Attività ludiforme” (A.Visalberghi)
Le attività ludiche sarebbero riconoscibili, secondo Visalberghi,
dai seguenti quattro caratteri:
Richiedono un impegno completo da parte del giocatore
Si sviluppano continuativamente nella vita del bambino
Non richiedono una prosecuzione dopo che il gioco è terminato
Sono trasformabili progressivamente così da divenire sempre più
articolate e complesse.
Il concetto di “Attività ludiforme” (A.Visalberghi)
Ludiforme è un’attività che possiede tre delle quattro
caratteristiche che definiscono il ludico (impegnativo,
continuativo, progressivo), ma manca della quarta, perché il
“fine” del gioco non corrisponde alla fine dell’attività: nel gioco
viene coscientemente conseguita una finalità che si trova al di là
del gioco stesso. Le attività ludiformi sono assimilabili ai giochi
didattici, perché il fine che si persegue non è interno a ciò che si
fa, non si conclude con il gioco e, normalmente, esso è
determinato dall’adulto.
Il rapporto fra gioco e educazione:
Francois Fénelon (1651-1715)
Io ho visto diversi fanciulli che hanno imparato a leggere
divertendosi […] essi naturalmente sono tratti a fare figure sulla
carta; e se per poco si aiuta questa inclinazione, senza troppo
impedirla, formeranno le lettere giocando e si avvezzeranno un
po’ per volta a scrivere. Adoperiamoci dunque per mutare
quest’ordine: rendiamo lo studio piacevole; nascondiamolo sotto
l’apparenza della libertà e del piacere, permettiamo che i
fanciulli interrompano qualche volta lo studio per qualche
piccolo divertimento […] lasciamo che camminino un poco;
permettiamo anche di tempo in tempo qualche digressione o
qualche gioco, affinché il loro spirito si rallegri […] i giochi che i
bambini amano di più sono quelli che comportano il movimento;
purché si muovano sono contenti…
Il rapporto fra gioco e educazione:
Francois Fénelon (1651-1715)
Tre considerazioni sul rapporto fra gioco e educazione:
Si può insegnare sulla base di un atteggiamento di simpatia e di
comprensione, utilizzando anche modalità divertenti, giochi di
abilità, attività piacevoli. È la dimensione del gioco didattico o della
didattica ludiforme.
Ci sono attività ludiche non legate ad aspetti educativi espliciti.
Esse rispondono al bisogno più naturale del bambino, di muoversi,
di stare all’aria aperta, di giocare liberamente. La loro funzione
educativa è importante proprio per questi caratteri.
L’aspetto etico e morale del gioco: il problema del “valore” positivo
o negativo che un gioco può assumere; dei possibili “vizi” che può
indurre; si può proibire o consentire un gioco dal punto di vista
educativo…
La globalità pedagogica del gioco
Il corpo
Giochi di movimento, di abilità fisica, gli sport…
Gli affetti
La socialità ludica, le regole, la lealtà…
La mente
L’intelligenza nel gioco, la strategia, la logica…
August Herman Niemeyer (1754-1828)
“Principi fonmentali dell’educazione e dell’istruzione”, 1796.
Tutti i fanciulli che non si opprimono con la violenza e con la
restrizione apprendono senza ulteriore addestramento o più estesa
istruzione, certi movimenti e certi esercizi con il corpo; e tanto
meno possono star fermi, quanto più sono giovani e sani. Essi
camminano, corrono, saltano, s’arrampicano, ascendono, lottano
insieme, alzano e tirano sassi, portano all’intorno tutto ciò che loro
si presenta, sguazzano volentieri nell’acqua, cavalcano se non
sopra cavalli, sopra bastoni e su ciò che vi si presta meglio. Questa
si può chiamare ginnastica naturale. Sarebbe una vera crudeltà
voler proibire loro tutto questo. L’educatore altro ha da fare che
determinare qua e là la misura e l’ordine, venire in aiuto
dell’inesperienza e prevenire ciò che potrebbe essere pericoloso.
Sviluppi del principio della “ginnastica naturale”
George Hebert (1875-1957): il metodo naturale, poi definito
hebertismo “è la codifica e la gradazione dei procedimenti e dei
mezzi che gli esseri viventi si sono costruiti, in diretto contatto con
la natura, per acquisire il loro sviluppo integrale”.
Robert Baden Powell (1858-1941): lo scoutismo propone lo
sviluppo corporeo a diretto contatto con la natura, spirito di gruppo
e gioco anche come educazione morale; il valore educativo del
“rischio” attraverso il gioco.
Morale del gioco secondo la Chiesa, fra medioevo e
rinascimento:
Ludus licitus
Ludus tollerabilis
Ludus indifferens
Ludus ricreationis
Ludus temporalis ad bonum finem factum
Ludus laudabilis vel devotionis
gioco – cultura - educazione
I giochi contengono e trasmettono messaggi comportamentali,
spezzoni di modelli “filosofici”, similitudini e metafore del modo
in cui ci si può relazionare con gli altri e con la propria vita
affettiva. I giochi sono molto più che cascami culturali…
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Giochi di ruolo (role playing)
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Lo studio antropologico dei coniugi Geertz nel 1958 sul gioco
del combattimento dei galli a Bali
Quando un gioco diventa molto diffuso in una qualsiasi cultura,
esso riassume in forma semplificata e metaforica una serie di
concetti fondamentali e condivisi che strutturano la vita e
l’immaginario sociale.
Fra azione ludica e contesto sociale si crea un intreccio di
modelli e rituali, per cui un certo gioco assume un livello
speciale di rappresentatività.
Il gioco del calcio può essere riconosciuto come il “gioco
profondo” nella nostra società
Il concetto di “inconscio ludico” e di doppio livello del gioco e del
giocare
gli universali ludici, ovvero:
la logica interna
I ruoli
Il numero dei giocatori non si identifica col ruolo dei giocatori
Il passaggio da un ruolo ad un altro nel gioco
Il ruolo definisce il rapporto poteri/vincoli
Lo spazio
Può essere delimitato o meno
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gli universali ludici, ovvero:
la logica interna
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All’interno del gioco si struttura la sequenza dei punti che definisce
l’esito del gioco
Non vi è un punteggio finale, ma ogni gioco si chiude in se stesso.
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Gioco motorio: bastoni, corde, palla, foulard ecc.
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all’avversario
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Di collaborazione o di opposizione
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La logica esterna del gioco
È legata ai singoli giocatori e alla percezione che essi hanno di
sé all’interno di un determinato contesto.
I giochi sono anche luoghi emozionali dove trovano spazio gli
affetti e le fantasie dei giocatori
Nel gioco il soggetto esprime il proprio modo di rapportarsi al
mondo esterno e al mondo interno
Il contributo psicologico di Melanie Klein, Donald Winnicott,
Gregory Bateson
Qualunque gioco è sempre anche “gioco emozionale”
La dimensione ludica
La “logica interna” di un gioco, che si ricava dalle sue regole, e
la “logica esterna” che viene costruita a partire dalla soggettività
del giocatore nel contesto del gioco, sono le due grandi direttrici
attraverso le quali è possibile accedere alla dimensione ludica
sia nelle forme più semplici (i giochi infantili) sia nelle
manifestazioni più complesse (gli sport e i giochi di una società)

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Staccioli gioco

  • 1. L’educazione e il gioco La condiscendenza Il gioco come momento di rilassamento, evasione dal lavoro e dall’impegno, ricreazione. Il gioco è libero e spontaneo e non è oggetto di progettualità adulta. Si identifica in negativo rispetto alle attività serie. La confisca Il gioco viene accolto ma solo se didatticamente utile. È la modalità “ludiforme” dove il gioco è un facilitatore degli apprendimenti. Si distinguono giochi utili e inutili Il lasciar giocare Il gioco diventa un “campo di osservazione” per l’adulto, che lascia giocare il bambino e lo osserva per conoscerlo meglio. Il gioco assume un valore “scientifico” di tipo psico-pedagogico e antropologico La fiducia pedagogica Il gioco ha importanza in sé per lo sviluppo del bambino. L’adulto riconosce il gioco nelle sue molteplici dimensioni (socio-affettive, motorie, cognitive), lo valorizza come Diritto dell’infanzia, crea opportunità di esperienze ludiche.
  • 2. Il concetto di “Attività ludiforme” (A.Visalberghi) L’attività ludica è l’attività nella quale i fini che vi vengono consapevolmente perseguiti hanno più chiaro il carattere di semplici “mezzi procedurali”. Costruire un castello di sabbia significa porsi una finalità conseguita la quale il gioco è finito: la sua funzione è quella di permettere che l’attività dell’impastare e plasmare la sabbia bagnata si arricchisca di aspetti immaginativi, intellettivi, sociali. Lo stesso può dirsi , nel gioco del calcio, della finalità di far passare il massimo numero di volte nel tempo prestabilito il pallone attraverso la porta avversaria. Quando viceversa il fine, oltre ad avere funzione di mezzo procedurale, è inteso come destinato a trasformarsi, all’atto del suo conseguimento, in mezzo materiale per attività ulteriori, il gioco tende a farsi lavoro. Ora è proprio della tendenza alla continuità, caratteristica del gioco, di assicurarsi sempre più ricche prospettive di attività ulteriore: sarebbe dunque insita nel gioco una disponibilità a trasformarsi in lavoro.
  • 3. Il concetto di “Attività ludiforme” (A.Visalberghi) Le attività ludiche sarebbero riconoscibili, secondo Visalberghi, dai seguenti quattro caratteri: Richiedono un impegno completo da parte del giocatore Si sviluppano continuativamente nella vita del bambino Non richiedono una prosecuzione dopo che il gioco è terminato Sono trasformabili progressivamente così da divenire sempre più articolate e complesse.
  • 4. Il concetto di “Attività ludiforme” (A.Visalberghi) Ludiforme è un’attività che possiede tre delle quattro caratteristiche che definiscono il ludico (impegnativo, continuativo, progressivo), ma manca della quarta, perché il “fine” del gioco non corrisponde alla fine dell’attività: nel gioco viene coscientemente conseguita una finalità che si trova al di là del gioco stesso. Le attività ludiformi sono assimilabili ai giochi didattici, perché il fine che si persegue non è interno a ciò che si fa, non si conclude con il gioco e, normalmente, esso è determinato dall’adulto.
  • 5. Il rapporto fra gioco e educazione: Francois Fénelon (1651-1715) Io ho visto diversi fanciulli che hanno imparato a leggere divertendosi […] essi naturalmente sono tratti a fare figure sulla carta; e se per poco si aiuta questa inclinazione, senza troppo impedirla, formeranno le lettere giocando e si avvezzeranno un po’ per volta a scrivere. Adoperiamoci dunque per mutare quest’ordine: rendiamo lo studio piacevole; nascondiamolo sotto l’apparenza della libertà e del piacere, permettiamo che i fanciulli interrompano qualche volta lo studio per qualche piccolo divertimento […] lasciamo che camminino un poco; permettiamo anche di tempo in tempo qualche digressione o qualche gioco, affinché il loro spirito si rallegri […] i giochi che i bambini amano di più sono quelli che comportano il movimento; purché si muovano sono contenti…
  • 6. Il rapporto fra gioco e educazione: Francois Fénelon (1651-1715) Tre considerazioni sul rapporto fra gioco e educazione: Si può insegnare sulla base di un atteggiamento di simpatia e di comprensione, utilizzando anche modalità divertenti, giochi di abilità, attività piacevoli. È la dimensione del gioco didattico o della didattica ludiforme. Ci sono attività ludiche non legate ad aspetti educativi espliciti. Esse rispondono al bisogno più naturale del bambino, di muoversi, di stare all’aria aperta, di giocare liberamente. La loro funzione educativa è importante proprio per questi caratteri. L’aspetto etico e morale del gioco: il problema del “valore” positivo o negativo che un gioco può assumere; dei possibili “vizi” che può indurre; si può proibire o consentire un gioco dal punto di vista educativo…
  • 7. La globalità pedagogica del gioco Il corpo Giochi di movimento, di abilità fisica, gli sport… Gli affetti La socialità ludica, le regole, la lealtà… La mente L’intelligenza nel gioco, la strategia, la logica…
  • 8. August Herman Niemeyer (1754-1828) “Principi fonmentali dell’educazione e dell’istruzione”, 1796. Tutti i fanciulli che non si opprimono con la violenza e con la restrizione apprendono senza ulteriore addestramento o più estesa istruzione, certi movimenti e certi esercizi con il corpo; e tanto meno possono star fermi, quanto più sono giovani e sani. Essi camminano, corrono, saltano, s’arrampicano, ascendono, lottano insieme, alzano e tirano sassi, portano all’intorno tutto ciò che loro si presenta, sguazzano volentieri nell’acqua, cavalcano se non sopra cavalli, sopra bastoni e su ciò che vi si presta meglio. Questa si può chiamare ginnastica naturale. Sarebbe una vera crudeltà voler proibire loro tutto questo. L’educatore altro ha da fare che determinare qua e là la misura e l’ordine, venire in aiuto dell’inesperienza e prevenire ciò che potrebbe essere pericoloso.
  • 9. Sviluppi del principio della “ginnastica naturale” George Hebert (1875-1957): il metodo naturale, poi definito hebertismo “è la codifica e la gradazione dei procedimenti e dei mezzi che gli esseri viventi si sono costruiti, in diretto contatto con la natura, per acquisire il loro sviluppo integrale”. Robert Baden Powell (1858-1941): lo scoutismo propone lo sviluppo corporeo a diretto contatto con la natura, spirito di gruppo e gioco anche come educazione morale; il valore educativo del “rischio” attraverso il gioco.
  • 10. Morale del gioco secondo la Chiesa, fra medioevo e rinascimento: Ludus licitus Ludus tollerabilis Ludus indifferens Ludus ricreationis Ludus temporalis ad bonum finem factum Ludus laudabilis vel devotionis
  • 11. gioco – cultura - educazione I giochi contengono e trasmettono messaggi comportamentali, spezzoni di modelli “filosofici”, similitudini e metafore del modo in cui ci si può relazionare con gli altri e con la propria vita affettiva. I giochi sono molto più che cascami culturali… La trasmissione del gioco La globalizzazione del gioco Il carattere etnoludico di molti giochi Il doppio livello dell’imparare nel gioco
  • 12. Nuove tipologie di giochi I New games o giochi di collaborazione I giochi di simulazione (simulation, board-game…) Giochi di ruolo (role playing)
  • 13. Il concetto di “gioco profondo” Lo studio antropologico dei coniugi Geertz nel 1958 sul gioco del combattimento dei galli a Bali Quando un gioco diventa molto diffuso in una qualsiasi cultura, esso riassume in forma semplificata e metaforica una serie di concetti fondamentali e condivisi che strutturano la vita e l’immaginario sociale. Fra azione ludica e contesto sociale si crea un intreccio di modelli e rituali, per cui un certo gioco assume un livello speciale di rappresentatività. Il gioco del calcio può essere riconosciuto come il “gioco profondo” nella nostra società Il concetto di “inconscio ludico” e di doppio livello del gioco e del giocare
  • 14. gli universali ludici, ovvero: la logica interna I ruoli Il numero dei giocatori non si identifica col ruolo dei giocatori Il passaggio da un ruolo ad un altro nel gioco Il ruolo definisce il rapporto poteri/vincoli Lo spazio Può essere delimitato o meno Obiettivo da raggiungere o distanza da percorrere Territorio inviolabile o da conquistare Il tempo Rigidamente determinato o meno La determinazione del tempo influisce sulla modalità del gioco
  • 15. gli universali ludici, ovvero: la logica interna I punteggi All’interno del gioco si struttura la sequenza dei punti che definisce l’esito del gioco Non vi è un punteggio finale, ma ogni gioco si chiude in se stesso. Gli oggetti Gioco simbolico: i giocattoli Gioco motorio: bastoni, corde, palla, foulard ecc. Oggetti da lanciare e da prendere, da passare, da togliere all’avversario Le relazioni Di collaborazione o di opposizione Stabili o instabili
  • 16. La logica esterna del gioco È legata ai singoli giocatori e alla percezione che essi hanno di sé all’interno di un determinato contesto. I giochi sono anche luoghi emozionali dove trovano spazio gli affetti e le fantasie dei giocatori Nel gioco il soggetto esprime il proprio modo di rapportarsi al mondo esterno e al mondo interno Il contributo psicologico di Melanie Klein, Donald Winnicott, Gregory Bateson Qualunque gioco è sempre anche “gioco emozionale”
  • 17. La dimensione ludica La “logica interna” di un gioco, che si ricava dalle sue regole, e la “logica esterna” che viene costruita a partire dalla soggettività del giocatore nel contesto del gioco, sono le due grandi direttrici attraverso le quali è possibile accedere alla dimensione ludica sia nelle forme più semplici (i giochi infantili) sia nelle manifestazioni più complesse (gli sport e i giochi di una società)