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‘Dentro’ la luce: onde o corpuscoli? 
Le moderne interpretazioni sulla natura della luce risalgono al XVIII 
secolo e sono attribuibili al fisico inglese Isaac Newton e all’astronomo 
olandese Christian Huygens, sostenitori di ipotesi diverse. 
In estrema sintesi, secondo Newton vediamo gli oggetti che ci 
circondano perché essi emettono dei corpuscoli, mentre per Huygens le 
immagini che percepiamo, in analogia ai suoni, sono formate da un 
flusso di onde che partono dai corpi. 
1 
C2 Luce ed elettroni
2 
Un passo decisivo nella 
comprensione della natura della 
luce fu fatto ancora una volta 
grazie allo studio dell’elettricità. 
Nella seconda metà del XIX 
secolo, il fisico scozzese Maxwell, 
studiando i fenomeni elettrici e 
magnetici, intuì che una carica 
elettrica oscillante doveva 
produrre un campo elettrico e 
uno magnetico, tra loro 
perpendicolari, che si 
propagavano in forma di onde. 
carica elettrica 
oscillante 
Linee del campo 
elettrico che si 
propagano in tutte 
le direzioni 
L’esistenza di tali onde 
“elettromagnetiche” fu poi 
effettivamente dimostrata 
sperimentalmente dal fisico 
tedesco Hertz 
C2 Luce ed elettroni
La luce rivelava un comportamento analogo a quello delle onde 
elettromagnetiche e, poiché la velocità di propagazione di queste ultime 
risultò uguale a quella misurata per la luce, egli concluse che: 
Poiché spesso l’interazione tra luce 
e materia riguarda esclusivamente 
la componente elettrica della 
radiazione, per semplicità si 
rappresenta solo quest’ultima. 
3 
C2 Luce ed elettroni
Ogni onda elettromagnetica è caratterizzata da una lunghezza 
d’onda λ (lambda), che rappresenta la distanza fra i punti corrispondenti 
di due onde successive, e dalla frequenza ν (ni), che è il numero delle 
oscillazioni che l’onda compie in un secondo. 
4 
Frequenza 
dimezzata 
Lunghezza 
d’onda 
raddoppiata 
C2 Luce ed elettroni
Lunghezza d’onda e frequenza sono inversamente proporzionali e la 
costante di proporzionalità è data dalla velocità di propagazione dell’onda. 
La velocità di tutte le onde elettromagnetiche, luce compresa, è dunque 
costante ma varia da un mezzo all’altro (aria, acqua, vetro ecc.). 
Nel vuoto essa vale circa 300 000 km · s-1 e si indica con la lettera c. 
La lunghezza d’onda viene misurata in metri, mentre la frequenza 
viene misurata in cicli al secondo o hertz (Hz). 
5 
C2 Luce ed elettroni
Le onde elettromagnetiche hanno frequenze comprese tra 
1024 Hz per i raggi cosmici fino a pochi hertz per alcuni tipi di 
onde radio, ed è proprio la frequenza che determina 
l’energia di un’onda e quindi il suo modo di interagire con 
la materia. 
6 
C2 Luce ed elettroni
7 
Vi sono onde (o radiazioni) elettromagnetiche con frequenze diversissime. 
L’insieme di tutte le radiazioni elettromagnetiche si dice spettro 
elettromagnetico. 
C2 Luce ed elettroni
8 
Le onde elettromagnetiche possono comportarsi in maniera diversa 
quando incontrano la materia. 
Da questo punto di vista, esse possono essere divise in due grandi 
categorie: 
le onde con frequenza superiore a 3 ·1015 Hz e 
quindi lunghezza d’onda inferiore a 100 nm hanno 
un’energia sufficiente per staccare gli elettroni dagli 
atomi e sono dette radiazioni ionizzanti; 
le onde con frequenza inferiore a 3 ·1015 Hz non 
trasportano un quantitativo di energia sufficiente a 
staccare gli elettroni: sono dette radiazioni non 
ionizzanti e hanno più blande interazioni con la materia; 
C2 Luce ed elettroni
9 
Lo spettro elettromagnetico è stato suddiviso in 
regioni, in particolare le radiazioni percepibili 
dall’occhio umano appartengono alla zona del 
visibile, compresa tra 400 nm e 700 nm. 
Ultravioletti (UV) e infrarossi (IR) per 
noi sono invisibili, ma interagiscono 
entrambi con il nostro organismo: i primi 
sono responsabili dell’abbronzatura della 
nostra pelle, mentre i secondi li 
avvertiamo, sotto forma di calore, quando 
ci avviciniamo a un fuoco o a un 
termosifone. C2 Luce ed elettroni 
Pina Russo
La luce del Sole è formata da onde elettromagnetiche di molte lunghezze 
d’onda diverse. Lo vediamo quando essa attraversa un prisma di materiale 
trasparente, o delle gocce d’acqua, dando luogo all’arcobaleno. 
Quando un fascio di luce emesso dalle comuni sorgenti luminose, che 
sono per lo più policromatiche, attraversa per esempio un prisma 
trasparente o delle gocce d’acqua, viene scomposto nelle radiazioni di 
diversa frequenza che lo compongono. 
10 
C2 Luce ed elettroni
Passando da un mezzo (l’aria) a un altro (il materiale del prisma, l’acqua) 
ogni radiazione viene deviata in modo proporzionale alla sua frequenza. 
11 
C2 Luce ed elettroni
12 
Anche elementi in fase gassosa, se opportunamente stimolati, sono in 
grado di emettere luce, come si verifica nei comuni tubi al neon o, in 
modo più spettacolare, con i diversi colori dei fuochi d’artificio. 
Ciò che distingue queste sorgenti è che la luce emessa ha colore diverso a 
seconda dell’elemento che la produce ed è composta da poche 
frequenze diverse. 
C2 Luce ed elettroni
Scomponendo la luce emessa da questi elementi con un prisma, si 
produce un’immagine (detta spettro) che, anziché variare con continuità 
da un colore all’altro, è costituita da poche righe distinte, caratteristiche 
dell’elemento che emette la luce. 
13 
C2 Luce ed elettroni
14 
Gran parte dei corpi che vediamo normalmente non emettono luce 
propria. Il loro colore dipende dalla lunghezza d’onda delle radiazioni 
che essi non assorbono e ‘rimbalzano’ su di loro. Il colore di un corpo 
dipende dunque sia dalle sue caratteristiche, sia anche dalla 
composizione della luce che lo illumina. 
Sono esempio i pigmenti 
fotosintetici, primo tra tutti la 
clorofilla. Le piante appaiono verdi 
perché la clorofilla assorbe i fotoni 
nel rosso e nel blu, riflettendo quelli 
del giallo e del verde. Il nostro 
occhio fa il resto dato che è più 
sensibile al verde che al giallo. 
Gli stessi oggetti, illuminati con luce di diversa composizione, 
appaiono di colori differenti. È per questo che, prima di acquistare 
una maglietta, vogliamo vederla alla luce del giorno e non solo a quella 
artificiale del negozio. 
C2 Luce ed elettroni
Quanti e fotoni 
Lo studio degli spettri dei due diversi tipi, continuo e 
a righe, occupò i fisici tra l’Ottocento e il Novecento. 
Era noto che un corpo riscaldato cambiava colore 
con l’aumentare della temperatura. Un pezzo di 
ferro, per esempio, assume prima un colore 
rossastro, poi giallo, poi bianco con sfumature 
addirittura bluastre se la temperatura è 
sufficientemente alta. 
15 
Anche il colore delle stelle è legato alla loro 
temperatura. Si può addirittura fare una buona stima 
della temperatura superficiale di una stella in base 
al suo colore: le stelle ‘più fredde’ ci appaiono 
rosse e quelle più calde azzurre. In generale, i 
fisici pongono la seguente definizione: 
C2 Luce ed elettroni
16 
L’analisi dello spettro emesso da un corpo 
riscaldato (spettro del corpo nero) rivelò che il 
cambiamento di colore legato allo stato termico 
di un corpo è dovuto al fatto che, all’aumentare 
della temperatura, esso emette radiazioni il cui 
massimo si trova a energie sempre più alte 
(cioè verso il blu). 
E questo accade indipendentemente dalla 
natura del corpo osservato: in altre parole, gli 
spettri dei corpi riscaldati sono legati solo 
alla loro temperatura. 
Purtroppo però le leggi dell’elettromagnetismo, 
che descrivevano le modalità con le quali la 
materia emette luce, non erano in accordo con le 
osservazioni sperimentali. 
C2 Luce ed elettroni
La spiegazione della composizione della luce emessa dai corpi riscaldati 
venne trovata nel 1900 da Max Planck che, per determinare delle 
equazioni in grado di descrivere matematicamente i fenomeni osservati, 
dovette imporre le seguenti condizioni: 
17 
I pacchetti di energia vennero chiamati quanti (dal latino quanta, 
“quantità definite, discrete”) e h, pari a 6,626 · 10-34 J · s, fu detta 
successivamente costante di Planck. 
C2 Luce ed elettroni
18 
L’energia emessa dalle sorgenti 
luminose è dunque strettamente legata 
alla frequenza della radiazione. Questa 
limitazione può essere meglio compresa 
se facciamo un paragone con la 
distribuzione dei liquidi. È come se i 
rubinetti non potessero essere regolati a 
piacere, ma si comportassero come dei 
distributori di lattine: aprendo di più il 
rubinetto, vedremmo uscirne non un 
getto più potente, ma un numero 
maggiore di lattine. Inoltre, al variare del 
liquido erogato cambierebbero anche le 
dimensioni dei contenitori. 
C2 Luce ed elettroni
19 
La teoria dei quanti trovò conferma 
quando Einstein riuscì a spiegare il 
fenomeno per cui alcuni metalli, se 
investiti da radiazioni di frequenze 
opportune, emettono elettroni (effetto 
fotoelettrico). 
L’emissione si verifica soltanto quando 
la frequenza della radiazione incidente 
supera un certo valore vo, detto soglia 
fotoelettrica, caratteristico del metallo 
considerato. 
C2 Luce ed elettroni
Nel 1905 Einstein, utilizzando la teoria di Planck, immaginò che 
l’energia della radiazione luminosa fosse non solo scambiata per 
quantità discrete, ma fosse anche costituita da ‘pacchetti’, cioè 
quantizzata. 
Per Einstein quindi: 
20 
Dal 1923 i quanti di luce vengono chiamati fotoni. 
C2 Luce ed elettroni
Il lavoro di Einstein riaccendeva i dubbi sulla natura della luce. Tutti i 
fenomeni luminosi studiati fino a quel momento (diffrazione, riflessione, 
rifrazione ecc.) erano perfettamente spiegabili considerando la luce un 
insieme di onde (teoria ondulatoria); mentre l’effetto fotoelettrico richiedeva 
di ipotizzarla formata da particelle (teoria corpuscolare). Einstein stesso 
ammise che non si poteva decidere se la luce fosse un’onda o un getto di 
fotoni. Si deve ricorrere a volte a una teoria e a volte all’altra, a seconda dei 
fenomeni considerati. Per questo motivo, in relazione alla natura delle onde 
elettromagnetiche, si parla di dualismo onda-corpuscolo. 
21 
Pina Russo C2 Luce ed elettroni
Spettri a righe: segnali dagli atomi 
Sappiamo che il modello di Rutherford non era completo, in quanto 
l’elettrone, per continuare a ruotare attorno al nucleo, avrebbe dovuto 
emettere energia elettromagnetica, perdendo via via energia cinetica, fino 
a precipitare sul nucleo stesso annullandosi. In altre parole l’atomo, in un 
intervallo di tempo brevissimo, avrebbe dovuto perdere la propria stabilità, 
cosa che invece non accade. 
22 
Pina Russo C2 Luce ed elettroni
23 
Il modello, inoltre, non 
spiegava il 
comportamento degli 
elementi in fase 
gassosa che, se 
opportunamente 
stimolati, emettono luce. 
Lo spettro di 
emissione rivelava 
infatti la presenza di 
poche righe soltanto, le 
cui frequenze erano 
diverse da elemento a 
elemento. 
Pina Russo C2 Luce ed elettroni
La quantizzazione negli atomi: Niels Bohr 
Nel 1913, Niels Bohr si rese conto che le righe degli spettri di emissione 
o di assorbimento dell’idrogeno e degli altri elementi erano segnali della 
quantità di energia posseduta dagli elettroni nei rispettivi atomi. 
24 
Se un atomo emette o 
assorbe soltanto radiazioni 
di ben precisa frequenza, 
ciò indica che per i suoi 
elettroni è possibile 
ricevere o cedere 
esclusivamente 
determinate quantità di 
energia. In altre parole, gli 
elettroni possono 
solamente ‘saltare’ tra 
alcuni stati energetici ben 
definiti e fissi, come se 
nell’atomo esistessero dei 
“gradini” di energia. 
Pina Russo C2 Luce ed elettroni
Queste considerazioni condussero Bohr a proporre un nuovo modello 
atomico basandosi su due affermazioni che contrastavano con la 
meccanica classica. Si tratta di due postulati, cioè affermazioni non 
dimostrate, accettando le quali si riescono a calcolare esattamente le 
frequenze degli spettri dell’atomo di idrogeno. 
25 
Pina Russo C2 Luce ed elettroni
26 
Il primo postulato di Bohr afferma che: 
I raggi di tali orbite soddisfano tutti la relazione: 
Al fattore n, un numero intero che può assumere tutti i valori compresi tra 1 
e infinito (∞), Bohr diede il nome di numero quantico principale. 
Pina Russo C2 Luce ed elettroni
Il modello atomico di Bohr, dunque, mantiene la struttura ‘planetaria’, con 
elettroni che girano intorno al nucleo, già suggerita da Rutherford, ma 
27 
impone che soltanto alcune orbite siano percorribili. 
Pina Russo C2 Luce ed elettroni
La distanza dal nucleo delle orbite permesse è quantizzata, A partire dal valore del 
raggio di un’orbita, Bohr calcolò l’energia posseduta da un elettrone su di essa. 
Anche le energie delle orbite risultano così quantizzate poiché dipendenti dal 
numero quantico principale: n. 
28
29 
Il secondo postulato di Bohr afferma che: 
In pratica l’elettrone occupa una ben definita orbita, che è la sua orbita 
fondamentale. Quando riceve energia dall’esterno, passa a una delle 
orbite di energia superiore. Dopo un tempo brevissimo, l’elettrone torna 
nella sua orbita fondamentale ed emette un fotone, la cui energia 
corrisponde esattamente alla differenza tra l’energia dell’orbita occupata 
nello stato eccitato e quella dell’orbita fondamentale. 
Pina Russo
30 
A ogni differenza di energia tra le orbite corrisponde una diversa 
frequenza di emissione, e quindi una riga del relativo spettro. 
Pina Russo C2 Luce ed elettroni
I valori trovati 
sperimentalmente per le righe 
di emissione avevano 
mostrato l’esistenza di sette 
livelli energetici, via via più 
vicini tra loro, indicati secondo 
energie crescenti con le 
lettere K, L, M, N, O, P, Q. 
In realtà, esistono infiniti livelli 
di energia, ma dopo il settimo 
essi sono così ravvicinati da 
essere difficilmente 
distinguibili. Si dice che per 
quei valori di energia i livelli 
formano un continuum. 
31 
Pina Russo C2 Luce ed elettroni
La quantizzazione negli atomi: Sommerfeld 
Il modello atomico ideato da Bohr spiegava lo spettro dell’idrogeno. 
Inoltre, pur non riuscendo a prevedere matematicamente le frequenze 
delle righe di atomi con più di un elettrone, il suo modello consentiva di 
spiegare perché elementi diversi emettevano radiazioni di differente 
frequenza. 
32 
Pina Russo C2 Luce ed elettroni
Le frequenze delle radiazioni emesse o assorbite, infatti, dipendono dalle 
energie delle orbite interessate al salto elettronico, il cui raggio varia da 
elemento a elemento a causa del diverso numero di protoni ed elettroni dei 
loro atomi. Per ‘vederlo’, si possono per esempio bagnare con acido 
cloridrico i composti di alcuni metalli, il che li rende facilmente volatilizzabili 
alla fiamma del becco bunsen. Il calore eccita allora gli elettroni che, 
tornando nella loro orbita fondamentale, conferiscono alla fiamma colorazioni 
caratteristiche, dovute alle diverse frequenze dei fotoni rilasciati. 
33 
Pina Russo C2 Luce ed elettroni
Successivamente, utilizzando strumenti più perfezionati, si scoprì che le 
righe degli spettri sono in realtà costituite da gruppi di righe più sottili. Per 
spiegarlo, il fisico tedesco Arnold Sommerfeld estese il primo postulato di 
Bohr con una nuova condizione: 
34 
In sostanza, agli 
elettroni sono 
permesse orbite 
non solo circolari, ma 
anche ellittiche, per le 
quali sono consentite 
ben definite 
orientazioni spaziali. 
Pina Russo C2 Luce ed elettroni
Ogni orbita ha un valore di energia suo proprio, che può essere rappresentato 
con l’introduzione di due nuovi numeri quantici: uno collegato alla forma 
dell’orbita l e uno alla sua orientazione spaziale m. 
Nell’atomo si individuano quindi diversi livelli di energia, a ciascuno dei quali 
appartengono (a partire dal secondo livello) una o più orbite (o sottolivelli) 
vicine tra loro che gli elettroni possono percorrere. 
In seguito Wolfgang Pauli introdusse un nuovo numero quantico, collegato 
alla rotazione dell’elettrone su se stesso (spin). 
Il nuovo modello atomico che si ottenne dalla quantizzazione della forma e 
dell’orientazione delle orbite, modello di Bohr-Sommerfeld, costituiva un 
passo in avanti rispetto al modello di Bohr ma lasciava ancora molti problemi 
irrisolti: spiegava solo parzialmente, per esempio, gli spettri di atomi con più 
elettroni. 
35 
Pina Russo C2 Luce ed elettroni
Le energie di ionizzazione: la conferma dei 
livelli di energia 
Le conclusioni cui erano arrivati Bohr e Sommerfeld, in base alle quali gli 
elettroni di un atomo possiedono una differente energia in funzione della loro 
distanza dal nucleo, furono avvalorate da altre ricerche. 
In un atomo, elettroni e nucleo hanno carica elettrica opposta e si attraggono 
perciò reciprocamente, per la forza di Coulomb, con un’intensità 
inversamente proporzionale alla loro distanza. Quanto più un elettrone dista 
dal nucleo, dunque, tanto più debolmente è a esso legato. 
36 
C2 Luce ed elettroni
Si possono determinare sperimentalmente le energie necessarie 
(seconda ionizzazione, terza ionizzazione e così via) per strapparne 
anche tutti gli altri elettroni. Le energie di ionizzazione determinate 
sperimentalmente per un dato elemento presentano valori 
progressivamente crescenti, come è logico attendersi. 
37 
Gli elettroni strappati in successione sono infatti sempre più vicini al 
nucleo e quindi più fortemente legati a esso. 
Su di loro inoltre agisce una carica positiva residua sempre maggiore, 
perché sempre maggiore è il numero dei protoni non più bilanciati dagli 
elettroni che sono stati allontanati. 
Pina Russo C2 Luce ed elettroni
38 
Analizziamo i valori delle energie di 
ionizzazione dei dodici elettroni del 
magnesio e mettiamoli in grafico 
Si può osservare che le prime due 
ionizzazioni, cioè l’allontanamento 
dei due elettroni più esterni, 
richiedono energie simili. Con il 
terzo valore, l’energia necessaria si 
impenna bruscamente per poi 
crescere in maniera lineare per 
l’allontanamento di ognuno di altri 
sette elettroni. 
Un nuovo brusco salto si verifica 
quando si considerano le energie di 
ionizzazione degli ultimi due 
elettroni. 
Pina Russo C2 Luce ed elettroni
L’interpretazione dei dati sperimentali ci porta a concludere che i dodici 
elettroni del magnesio sono suddivisi in tre livelli di energia: due 
elettroni appartengono al primo livello, il più vicino al nucleo, otto sono nel 
secondo livello, intermedio, e due stanno nel terzo livello, quello più 
esterno. 
39 
Pina Russo C2 Luce ed elettroni
All’interno di uno stesso livello vi sono dunque due gruppi di elettroni che si 
differenziano per i valori di energia posseduta. I due gruppi individuano così due 
sottolivelli la cui presenza era già stata determinata da Sommerfeld quando aveva 
introdotto un nuovo numero quantico collegato alla forma delle orbite degli elettroni 
di un dato livello di energia. 
Un’analisi estesa a tutti gli elementi noti ci permette di stabilire che: 
40 
Ener. ionizzazione C2 Luce ed elettroni
Esiste pertanto un solo sottolivello per il primo livello di energia 
(n = 1) che in totale può ospitare due elettroni. 
Nel secondo livello (n = 2), invece, possono stare al massimo otto 
elettroni (2 · 22) distribuiti in due sottolivelli. 
Nel terzo livello (n = 3) trovano posto tre sottolivelli, per un massimo 
di 18 elettroni, quattro nel quarto, per complessivi 32 elettroni e così 
via. I sottolivelli vengono contraddistinti con un numero che indica il 
livello di energia e una lettera che indica il sottolivello. 
41 
14 14 
Pina Russo C2 Luce ed elettroni

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  • 1. ‘Dentro’ la luce: onde o corpuscoli? Le moderne interpretazioni sulla natura della luce risalgono al XVIII secolo e sono attribuibili al fisico inglese Isaac Newton e all’astronomo olandese Christian Huygens, sostenitori di ipotesi diverse. In estrema sintesi, secondo Newton vediamo gli oggetti che ci circondano perché essi emettono dei corpuscoli, mentre per Huygens le immagini che percepiamo, in analogia ai suoni, sono formate da un flusso di onde che partono dai corpi. 1 C2 Luce ed elettroni
  • 2. 2 Un passo decisivo nella comprensione della natura della luce fu fatto ancora una volta grazie allo studio dell’elettricità. Nella seconda metà del XIX secolo, il fisico scozzese Maxwell, studiando i fenomeni elettrici e magnetici, intuì che una carica elettrica oscillante doveva produrre un campo elettrico e uno magnetico, tra loro perpendicolari, che si propagavano in forma di onde. carica elettrica oscillante Linee del campo elettrico che si propagano in tutte le direzioni L’esistenza di tali onde “elettromagnetiche” fu poi effettivamente dimostrata sperimentalmente dal fisico tedesco Hertz C2 Luce ed elettroni
  • 3. La luce rivelava un comportamento analogo a quello delle onde elettromagnetiche e, poiché la velocità di propagazione di queste ultime risultò uguale a quella misurata per la luce, egli concluse che: Poiché spesso l’interazione tra luce e materia riguarda esclusivamente la componente elettrica della radiazione, per semplicità si rappresenta solo quest’ultima. 3 C2 Luce ed elettroni
  • 4. Ogni onda elettromagnetica è caratterizzata da una lunghezza d’onda λ (lambda), che rappresenta la distanza fra i punti corrispondenti di due onde successive, e dalla frequenza ν (ni), che è il numero delle oscillazioni che l’onda compie in un secondo. 4 Frequenza dimezzata Lunghezza d’onda raddoppiata C2 Luce ed elettroni
  • 5. Lunghezza d’onda e frequenza sono inversamente proporzionali e la costante di proporzionalità è data dalla velocità di propagazione dell’onda. La velocità di tutte le onde elettromagnetiche, luce compresa, è dunque costante ma varia da un mezzo all’altro (aria, acqua, vetro ecc.). Nel vuoto essa vale circa 300 000 km · s-1 e si indica con la lettera c. La lunghezza d’onda viene misurata in metri, mentre la frequenza viene misurata in cicli al secondo o hertz (Hz). 5 C2 Luce ed elettroni
  • 6. Le onde elettromagnetiche hanno frequenze comprese tra 1024 Hz per i raggi cosmici fino a pochi hertz per alcuni tipi di onde radio, ed è proprio la frequenza che determina l’energia di un’onda e quindi il suo modo di interagire con la materia. 6 C2 Luce ed elettroni
  • 7. 7 Vi sono onde (o radiazioni) elettromagnetiche con frequenze diversissime. L’insieme di tutte le radiazioni elettromagnetiche si dice spettro elettromagnetico. C2 Luce ed elettroni
  • 8. 8 Le onde elettromagnetiche possono comportarsi in maniera diversa quando incontrano la materia. Da questo punto di vista, esse possono essere divise in due grandi categorie: le onde con frequenza superiore a 3 ·1015 Hz e quindi lunghezza d’onda inferiore a 100 nm hanno un’energia sufficiente per staccare gli elettroni dagli atomi e sono dette radiazioni ionizzanti; le onde con frequenza inferiore a 3 ·1015 Hz non trasportano un quantitativo di energia sufficiente a staccare gli elettroni: sono dette radiazioni non ionizzanti e hanno più blande interazioni con la materia; C2 Luce ed elettroni
  • 9. 9 Lo spettro elettromagnetico è stato suddiviso in regioni, in particolare le radiazioni percepibili dall’occhio umano appartengono alla zona del visibile, compresa tra 400 nm e 700 nm. Ultravioletti (UV) e infrarossi (IR) per noi sono invisibili, ma interagiscono entrambi con il nostro organismo: i primi sono responsabili dell’abbronzatura della nostra pelle, mentre i secondi li avvertiamo, sotto forma di calore, quando ci avviciniamo a un fuoco o a un termosifone. C2 Luce ed elettroni Pina Russo
  • 10. La luce del Sole è formata da onde elettromagnetiche di molte lunghezze d’onda diverse. Lo vediamo quando essa attraversa un prisma di materiale trasparente, o delle gocce d’acqua, dando luogo all’arcobaleno. Quando un fascio di luce emesso dalle comuni sorgenti luminose, che sono per lo più policromatiche, attraversa per esempio un prisma trasparente o delle gocce d’acqua, viene scomposto nelle radiazioni di diversa frequenza che lo compongono. 10 C2 Luce ed elettroni
  • 11. Passando da un mezzo (l’aria) a un altro (il materiale del prisma, l’acqua) ogni radiazione viene deviata in modo proporzionale alla sua frequenza. 11 C2 Luce ed elettroni
  • 12. 12 Anche elementi in fase gassosa, se opportunamente stimolati, sono in grado di emettere luce, come si verifica nei comuni tubi al neon o, in modo più spettacolare, con i diversi colori dei fuochi d’artificio. Ciò che distingue queste sorgenti è che la luce emessa ha colore diverso a seconda dell’elemento che la produce ed è composta da poche frequenze diverse. C2 Luce ed elettroni
  • 13. Scomponendo la luce emessa da questi elementi con un prisma, si produce un’immagine (detta spettro) che, anziché variare con continuità da un colore all’altro, è costituita da poche righe distinte, caratteristiche dell’elemento che emette la luce. 13 C2 Luce ed elettroni
  • 14. 14 Gran parte dei corpi che vediamo normalmente non emettono luce propria. Il loro colore dipende dalla lunghezza d’onda delle radiazioni che essi non assorbono e ‘rimbalzano’ su di loro. Il colore di un corpo dipende dunque sia dalle sue caratteristiche, sia anche dalla composizione della luce che lo illumina. Sono esempio i pigmenti fotosintetici, primo tra tutti la clorofilla. Le piante appaiono verdi perché la clorofilla assorbe i fotoni nel rosso e nel blu, riflettendo quelli del giallo e del verde. Il nostro occhio fa il resto dato che è più sensibile al verde che al giallo. Gli stessi oggetti, illuminati con luce di diversa composizione, appaiono di colori differenti. È per questo che, prima di acquistare una maglietta, vogliamo vederla alla luce del giorno e non solo a quella artificiale del negozio. C2 Luce ed elettroni
  • 15. Quanti e fotoni Lo studio degli spettri dei due diversi tipi, continuo e a righe, occupò i fisici tra l’Ottocento e il Novecento. Era noto che un corpo riscaldato cambiava colore con l’aumentare della temperatura. Un pezzo di ferro, per esempio, assume prima un colore rossastro, poi giallo, poi bianco con sfumature addirittura bluastre se la temperatura è sufficientemente alta. 15 Anche il colore delle stelle è legato alla loro temperatura. Si può addirittura fare una buona stima della temperatura superficiale di una stella in base al suo colore: le stelle ‘più fredde’ ci appaiono rosse e quelle più calde azzurre. In generale, i fisici pongono la seguente definizione: C2 Luce ed elettroni
  • 16. 16 L’analisi dello spettro emesso da un corpo riscaldato (spettro del corpo nero) rivelò che il cambiamento di colore legato allo stato termico di un corpo è dovuto al fatto che, all’aumentare della temperatura, esso emette radiazioni il cui massimo si trova a energie sempre più alte (cioè verso il blu). E questo accade indipendentemente dalla natura del corpo osservato: in altre parole, gli spettri dei corpi riscaldati sono legati solo alla loro temperatura. Purtroppo però le leggi dell’elettromagnetismo, che descrivevano le modalità con le quali la materia emette luce, non erano in accordo con le osservazioni sperimentali. C2 Luce ed elettroni
  • 17. La spiegazione della composizione della luce emessa dai corpi riscaldati venne trovata nel 1900 da Max Planck che, per determinare delle equazioni in grado di descrivere matematicamente i fenomeni osservati, dovette imporre le seguenti condizioni: 17 I pacchetti di energia vennero chiamati quanti (dal latino quanta, “quantità definite, discrete”) e h, pari a 6,626 · 10-34 J · s, fu detta successivamente costante di Planck. C2 Luce ed elettroni
  • 18. 18 L’energia emessa dalle sorgenti luminose è dunque strettamente legata alla frequenza della radiazione. Questa limitazione può essere meglio compresa se facciamo un paragone con la distribuzione dei liquidi. È come se i rubinetti non potessero essere regolati a piacere, ma si comportassero come dei distributori di lattine: aprendo di più il rubinetto, vedremmo uscirne non un getto più potente, ma un numero maggiore di lattine. Inoltre, al variare del liquido erogato cambierebbero anche le dimensioni dei contenitori. C2 Luce ed elettroni
  • 19. 19 La teoria dei quanti trovò conferma quando Einstein riuscì a spiegare il fenomeno per cui alcuni metalli, se investiti da radiazioni di frequenze opportune, emettono elettroni (effetto fotoelettrico). L’emissione si verifica soltanto quando la frequenza della radiazione incidente supera un certo valore vo, detto soglia fotoelettrica, caratteristico del metallo considerato. C2 Luce ed elettroni
  • 20. Nel 1905 Einstein, utilizzando la teoria di Planck, immaginò che l’energia della radiazione luminosa fosse non solo scambiata per quantità discrete, ma fosse anche costituita da ‘pacchetti’, cioè quantizzata. Per Einstein quindi: 20 Dal 1923 i quanti di luce vengono chiamati fotoni. C2 Luce ed elettroni
  • 21. Il lavoro di Einstein riaccendeva i dubbi sulla natura della luce. Tutti i fenomeni luminosi studiati fino a quel momento (diffrazione, riflessione, rifrazione ecc.) erano perfettamente spiegabili considerando la luce un insieme di onde (teoria ondulatoria); mentre l’effetto fotoelettrico richiedeva di ipotizzarla formata da particelle (teoria corpuscolare). Einstein stesso ammise che non si poteva decidere se la luce fosse un’onda o un getto di fotoni. Si deve ricorrere a volte a una teoria e a volte all’altra, a seconda dei fenomeni considerati. Per questo motivo, in relazione alla natura delle onde elettromagnetiche, si parla di dualismo onda-corpuscolo. 21 Pina Russo C2 Luce ed elettroni
  • 22. Spettri a righe: segnali dagli atomi Sappiamo che il modello di Rutherford non era completo, in quanto l’elettrone, per continuare a ruotare attorno al nucleo, avrebbe dovuto emettere energia elettromagnetica, perdendo via via energia cinetica, fino a precipitare sul nucleo stesso annullandosi. In altre parole l’atomo, in un intervallo di tempo brevissimo, avrebbe dovuto perdere la propria stabilità, cosa che invece non accade. 22 Pina Russo C2 Luce ed elettroni
  • 23. 23 Il modello, inoltre, non spiegava il comportamento degli elementi in fase gassosa che, se opportunamente stimolati, emettono luce. Lo spettro di emissione rivelava infatti la presenza di poche righe soltanto, le cui frequenze erano diverse da elemento a elemento. Pina Russo C2 Luce ed elettroni
  • 24. La quantizzazione negli atomi: Niels Bohr Nel 1913, Niels Bohr si rese conto che le righe degli spettri di emissione o di assorbimento dell’idrogeno e degli altri elementi erano segnali della quantità di energia posseduta dagli elettroni nei rispettivi atomi. 24 Se un atomo emette o assorbe soltanto radiazioni di ben precisa frequenza, ciò indica che per i suoi elettroni è possibile ricevere o cedere esclusivamente determinate quantità di energia. In altre parole, gli elettroni possono solamente ‘saltare’ tra alcuni stati energetici ben definiti e fissi, come se nell’atomo esistessero dei “gradini” di energia. Pina Russo C2 Luce ed elettroni
  • 25. Queste considerazioni condussero Bohr a proporre un nuovo modello atomico basandosi su due affermazioni che contrastavano con la meccanica classica. Si tratta di due postulati, cioè affermazioni non dimostrate, accettando le quali si riescono a calcolare esattamente le frequenze degli spettri dell’atomo di idrogeno. 25 Pina Russo C2 Luce ed elettroni
  • 26. 26 Il primo postulato di Bohr afferma che: I raggi di tali orbite soddisfano tutti la relazione: Al fattore n, un numero intero che può assumere tutti i valori compresi tra 1 e infinito (∞), Bohr diede il nome di numero quantico principale. Pina Russo C2 Luce ed elettroni
  • 27. Il modello atomico di Bohr, dunque, mantiene la struttura ‘planetaria’, con elettroni che girano intorno al nucleo, già suggerita da Rutherford, ma 27 impone che soltanto alcune orbite siano percorribili. Pina Russo C2 Luce ed elettroni
  • 28. La distanza dal nucleo delle orbite permesse è quantizzata, A partire dal valore del raggio di un’orbita, Bohr calcolò l’energia posseduta da un elettrone su di essa. Anche le energie delle orbite risultano così quantizzate poiché dipendenti dal numero quantico principale: n. 28
  • 29. 29 Il secondo postulato di Bohr afferma che: In pratica l’elettrone occupa una ben definita orbita, che è la sua orbita fondamentale. Quando riceve energia dall’esterno, passa a una delle orbite di energia superiore. Dopo un tempo brevissimo, l’elettrone torna nella sua orbita fondamentale ed emette un fotone, la cui energia corrisponde esattamente alla differenza tra l’energia dell’orbita occupata nello stato eccitato e quella dell’orbita fondamentale. Pina Russo
  • 30. 30 A ogni differenza di energia tra le orbite corrisponde una diversa frequenza di emissione, e quindi una riga del relativo spettro. Pina Russo C2 Luce ed elettroni
  • 31. I valori trovati sperimentalmente per le righe di emissione avevano mostrato l’esistenza di sette livelli energetici, via via più vicini tra loro, indicati secondo energie crescenti con le lettere K, L, M, N, O, P, Q. In realtà, esistono infiniti livelli di energia, ma dopo il settimo essi sono così ravvicinati da essere difficilmente distinguibili. Si dice che per quei valori di energia i livelli formano un continuum. 31 Pina Russo C2 Luce ed elettroni
  • 32. La quantizzazione negli atomi: Sommerfeld Il modello atomico ideato da Bohr spiegava lo spettro dell’idrogeno. Inoltre, pur non riuscendo a prevedere matematicamente le frequenze delle righe di atomi con più di un elettrone, il suo modello consentiva di spiegare perché elementi diversi emettevano radiazioni di differente frequenza. 32 Pina Russo C2 Luce ed elettroni
  • 33. Le frequenze delle radiazioni emesse o assorbite, infatti, dipendono dalle energie delle orbite interessate al salto elettronico, il cui raggio varia da elemento a elemento a causa del diverso numero di protoni ed elettroni dei loro atomi. Per ‘vederlo’, si possono per esempio bagnare con acido cloridrico i composti di alcuni metalli, il che li rende facilmente volatilizzabili alla fiamma del becco bunsen. Il calore eccita allora gli elettroni che, tornando nella loro orbita fondamentale, conferiscono alla fiamma colorazioni caratteristiche, dovute alle diverse frequenze dei fotoni rilasciati. 33 Pina Russo C2 Luce ed elettroni
  • 34. Successivamente, utilizzando strumenti più perfezionati, si scoprì che le righe degli spettri sono in realtà costituite da gruppi di righe più sottili. Per spiegarlo, il fisico tedesco Arnold Sommerfeld estese il primo postulato di Bohr con una nuova condizione: 34 In sostanza, agli elettroni sono permesse orbite non solo circolari, ma anche ellittiche, per le quali sono consentite ben definite orientazioni spaziali. Pina Russo C2 Luce ed elettroni
  • 35. Ogni orbita ha un valore di energia suo proprio, che può essere rappresentato con l’introduzione di due nuovi numeri quantici: uno collegato alla forma dell’orbita l e uno alla sua orientazione spaziale m. Nell’atomo si individuano quindi diversi livelli di energia, a ciascuno dei quali appartengono (a partire dal secondo livello) una o più orbite (o sottolivelli) vicine tra loro che gli elettroni possono percorrere. In seguito Wolfgang Pauli introdusse un nuovo numero quantico, collegato alla rotazione dell’elettrone su se stesso (spin). Il nuovo modello atomico che si ottenne dalla quantizzazione della forma e dell’orientazione delle orbite, modello di Bohr-Sommerfeld, costituiva un passo in avanti rispetto al modello di Bohr ma lasciava ancora molti problemi irrisolti: spiegava solo parzialmente, per esempio, gli spettri di atomi con più elettroni. 35 Pina Russo C2 Luce ed elettroni
  • 36. Le energie di ionizzazione: la conferma dei livelli di energia Le conclusioni cui erano arrivati Bohr e Sommerfeld, in base alle quali gli elettroni di un atomo possiedono una differente energia in funzione della loro distanza dal nucleo, furono avvalorate da altre ricerche. In un atomo, elettroni e nucleo hanno carica elettrica opposta e si attraggono perciò reciprocamente, per la forza di Coulomb, con un’intensità inversamente proporzionale alla loro distanza. Quanto più un elettrone dista dal nucleo, dunque, tanto più debolmente è a esso legato. 36 C2 Luce ed elettroni
  • 37. Si possono determinare sperimentalmente le energie necessarie (seconda ionizzazione, terza ionizzazione e così via) per strapparne anche tutti gli altri elettroni. Le energie di ionizzazione determinate sperimentalmente per un dato elemento presentano valori progressivamente crescenti, come è logico attendersi. 37 Gli elettroni strappati in successione sono infatti sempre più vicini al nucleo e quindi più fortemente legati a esso. Su di loro inoltre agisce una carica positiva residua sempre maggiore, perché sempre maggiore è il numero dei protoni non più bilanciati dagli elettroni che sono stati allontanati. Pina Russo C2 Luce ed elettroni
  • 38. 38 Analizziamo i valori delle energie di ionizzazione dei dodici elettroni del magnesio e mettiamoli in grafico Si può osservare che le prime due ionizzazioni, cioè l’allontanamento dei due elettroni più esterni, richiedono energie simili. Con il terzo valore, l’energia necessaria si impenna bruscamente per poi crescere in maniera lineare per l’allontanamento di ognuno di altri sette elettroni. Un nuovo brusco salto si verifica quando si considerano le energie di ionizzazione degli ultimi due elettroni. Pina Russo C2 Luce ed elettroni
  • 39. L’interpretazione dei dati sperimentali ci porta a concludere che i dodici elettroni del magnesio sono suddivisi in tre livelli di energia: due elettroni appartengono al primo livello, il più vicino al nucleo, otto sono nel secondo livello, intermedio, e due stanno nel terzo livello, quello più esterno. 39 Pina Russo C2 Luce ed elettroni
  • 40. All’interno di uno stesso livello vi sono dunque due gruppi di elettroni che si differenziano per i valori di energia posseduta. I due gruppi individuano così due sottolivelli la cui presenza era già stata determinata da Sommerfeld quando aveva introdotto un nuovo numero quantico collegato alla forma delle orbite degli elettroni di un dato livello di energia. Un’analisi estesa a tutti gli elementi noti ci permette di stabilire che: 40 Ener. ionizzazione C2 Luce ed elettroni
  • 41. Esiste pertanto un solo sottolivello per il primo livello di energia (n = 1) che in totale può ospitare due elettroni. Nel secondo livello (n = 2), invece, possono stare al massimo otto elettroni (2 · 22) distribuiti in due sottolivelli. Nel terzo livello (n = 3) trovano posto tre sottolivelli, per un massimo di 18 elettroni, quattro nel quarto, per complessivi 32 elettroni e così via. I sottolivelli vengono contraddistinti con un numero che indica il livello di energia e una lettera che indica il sottolivello. 41 14 14 Pina Russo C2 Luce ed elettroni