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GELATO AL CARAMELLO SALATO
In un pentolino portare la panna a ebollizione a fuoco moderato.
In una pentola sciogliere completamente lo zucchero
a fuoco moderato, ci vorranno circa 3 minuti. Aggiungere la
panna calda e il sale, togliere dal fuoco e lavorare il composto
con una frusta. Filtrare con un colino fine in una pentola
pulita. Aggiungere il latte e 200 ml di acqua e portare a 40 °C
a fuoco moderato, quindi sobbollire per 2 minuti, finché non
raggiunge gli 80 °C. Togliere la pentola dal fuoco e lasciar
raffreddare. Coprire e mettere in frigorifero finché non è
ben freddo. Trasferire in una gelatiera e lavorare seguendo
le istruzioni del produttore. (In mancanza di una gelatiera,
mettere il composto nel congelatore finché non è abbastanza
sodo da poter essere servito con una spatola per gelato.)
PER I CROSTINI CARAMELLATI
In una pentola scaldare il pane e lo zucchero a fuoco
moderato e cuocere, mescolando, finché lo zucchero non
è caramellato e ha rivestito il pane, ci vorranno circa 5 minuti.
Trasferire i crostini in una leccarda rivestita con carta
da cucina e lasciar raffreddare. Conservarli in un contenitore
sottovuoto.
PER IMPIATTARE
Disporre una quenelle di gelato al centro di ogni piatto,
coprire con 5 crostini caramellati, 1 cucchiaio di spuma
di pane e zucchero. Guarnire con 1 sfoglia croccante.
Nota: Utilizzare il pane avanzato dalla preparazione
delle sfoglie per la crema di pane e zucchero e i crostini
caramellati.
IL PANE È ORO
Per 6 persone
SFOGLIE CROCCANTI
100 g di pane raffermo, a fette rotonde di 3 mm di spessore
e 10 cm di diametro (si vedano le Note)
10 g di oro alimentare in polvere
CREMA DI PANE E ZUCCHERO
100 g di pane raffermo (si vedano le Note)
100 g di zucchero di canna chiaro
800 ml di latte
3 cucchiai di panna fresca
GELATO AL CARAMELLO SALATO
150 ml di panna fresca
150 g di zucchero di canna chiaro
1 cucchiaino e ½ di sale
50 ml di latte
CROSTINI CARAMELLATI
100 g di pane, a pezzi piccoli (si vedano le Note)
4 cucchiai di zucchero di canna chiaro
PER LE SFOGLIE CROCCANTI
Preriscaldare il forno a 180 °C. Rivestire una leccarda
con carta da forno.
Disporre le fette di pane sulla leccarda a 2 cm di distanza
l’una dall’altra. Cuocere finché non sono croccanti e ben
dorate, ci vorranno circa 4 minuti. Lasciar raffreddare.
Cospargere con la polvere d’oro.
PER LA CREMA DI PANE E ZUCCHERO
In una casseruola caramellare il pane e lo zucchero a fuoco
moderato, ci vorranno circa 3 minuti. Coprire con metà
del latte e ridurre finché il liquido è quasi completamente
evaporato. Aggiungere il latte rimanente e la panna, portare
a ebollizione e cuocere per 3 minuti. Togliere la pentola
dal fuoco e lasciar raffreddare. Trasferire il composto in un
frullatore e lavorare ad alta velocità finché non è omogeneo
e cremoso, ci vorranno circa 3 minuti. Passare la crema
a un setaccio fine due volte. Coprire e lasciar riposare
in frigorifero. Una volta fredda, montarla a neve ben ferma
e trasferire la spuma ottenuta in una tasca da pasticciere.
>>
Massimo Bottura
I MIEI APPUNTI:
10
ANDREAS CAMINADA 222
FERRAN &
ALBERT ADRIÀ 234
PETTER NILSSON 242
CARLO CRACCO 250
CENTRO CULINARIO BASCO &
JUAN MARI ARZAK 258
MICHEL TROISGROS 266
MSA, L’ACCADEMIA DI ARTI
CULINARIE DI ISTANBUL 274
ANDONI LUIS ADURIZ 282
JESSICA MURPHY 290
Manuel & Christian Costardi 298
ALEX ATALA 306
CENA DI BENEFICENZA:
ALEX ATALA,
MATT ORLANDO,
NIKO ROMITO &
MASSIMO BOTTURA 314
MATT ORLANDO 324
GEORGE BROWN
CANADA COOKING SCHOOL 332
VIRGILIO MARTÍNEZ 340
Jeremy Charles &
John Winter Russell 348
MARIO BATALI 356
ANA ROŠ 364
MORENO CEDRONI 372
MAURO ULIASSI 380
GENNARO ESPOSITO 388
CARLES MAMPEL,
ANTONIO BACHOUR &
ORIOL BALAGUER 396
PINO CUTTAIA 404
ALICE DELCOURT 412
INDICE 420
INTRODUZIONE: IL PANE È ORO 7
DANIEL HUMM 10
MASSIMO BOTTURA 18
MAURO COLAGRECO 26
RENÉ REDZEPI 34
Yoshihiro Narisawa 42
ENRICO & ROBERTO CEREA 50
YANNICK ALLÉNO 58
GASTÓN ACURIO 66
ANDREA BERTON &
DAVIDE OLDANI 74
SARA PAPA & ALBERTO C ALAMANDREI 82
ANTONIO, ALBERTO & GIOVANNI SANTINI 90
UGO ALCIATI 98
MITSUHARU TSUMURA 106
ALAIN DUCASSE 114
VIVIANA VARESE 122
LUCA FANTIN 130
DANIEL PATTERSON 138
MARK MORIARTY 146
GASTROMOTIVA 154
Joan Roca 162
ALMA SCUOLA INTERNAZIONALE
DI CUCINA ITALIANA 170
ANTONIA KLUGMANN &
FABRIZIO MANTOVANI 178
CENA DI BENEFICENZA:
MATÍAS PERDOMO,
ENRIQUE OLVERA,
CARLOS GARCÍA &
RODOLFO GUZMÁN 186
CRISTINA BOWERMAN 198
Alessandro Negrini &
Fabio Pisani 206
GIUSEPPE PALMIERI 214
Massimo Bottura
Rimasi sveglio tutta la notte a pensare
a quello che sarebbe successo il giorno
dopo. Appena entrai nel Refettorio,
andai dritto nella cella frigorifera
per vedere cosa c’era. Sapendo
che la quantità di avanzi sarebbe
stata ogni giorno diversa, avevamo
costruito un’enorme cella frigorifera
in modo che ci fosse abbastanza cibo
per preparare i pasti per cento persone
a cena e, spesso, per cento bambini
a pranzo. Dato che questo era uno dei
primissimi giorni di apertura, la cella
frigorifera era ancora piuttosto vuota.
Nel corso dei mesi sarebbe diventata una
sorta di dispensa su cui gli chef potevano
sempre contare. Oggi però sembrava una
caverna vuota. Nonostante questo, più
la guardavo e più cose trovavo. Con mia
grande sorpresa, l’aria era piena di odori.
Scovai un contenitore con dei mazzetti
di basilico uno sopra l’altro. Erano vecchi
di almeno una settimana, con qualche
fogliolina verde che spuntava dal ciuffo
avvizzito. E la prima cosa che mi venne
in mente fu di farci il pesto.
Poi arrivò il camion. Ogni mattina
un camion frigorifero arrivava dall’Expo
con il cibo avanzato che non veniva
più ritenuto adatto a essere messo
in vendita. Nei mesi successivi
imparammo a conoscere così bene
il camionista che capivamo dalla sua
faccia se il camion era pieno o vuoto. Noi
eravamo grati di qualsiasi cosa arrivasse.
Ma il menu dipendeva sempre da quello
che avevamo, e tutti noi pensavamo
solo a come svuotare la cella frigorifera
e usare ogni ingrediente. Era una sfida
emozionante essere lo chef di quella
cucina. Il Refettorio tirò fuori il meglio
da ognuno di noi.
Quel giorno Cristina era più nervosa
di me. Era la responsabile del progetto,
e andava continuamente avanti
e indietro tra la cucina e il camion,
aiutando gli chef e risolvendo qualsiasi
tipo di problema. Anche se è piuttosto
minuta, il suo accattivante accento
venezuelano e la sua voce energica
richiamavano sempre l’attenzione
di tutti, tanto degli chef quanto dei
volontari. Solo l’anno prima, quando
Sasha Correa, un nostro amico e collega
venezuelano, ci aveva presentato
Cristina, lei stava studiando storia della
gastronomia all’università di Bologna.
Ci raccontò che quando aveva lasciato
il Venezuela era difficile trovare zucchero
e latte, e che oggi manca perfino il pane.
Per questo stava scrivendo la sua tesi
su ricette italiane che usano il pane
vecchio. Sapevo che sarebbe stata
perfetta per quel lavoro.
Quel giorno al Refettorio lavoravano
Davide di Fabio, Jessica Rosval e Laura
Cattani dell’Osteria Francescana.
Davide frugò nella dispensa e tirò fuori
una scatoletta di fagioli, poi prese delle
verdure e varie croste di Parmigiano.
Gli era venuta un’idea per preparare una
particolare pasta e fagioli in versione
estiva: trasformò la ricetta tradizionale
in una gustosa insalata di fagioli, servita
con crudità di verdure e cubetti di croste
di Parmigiano che davano consistenza
e sapore al piatto.
Jessica e Laura avevano passato
la mattina a scegliere le foglioline
verdi dai mazzetti di basilico. Davide
guardò il piccolo mucchietto di foglie
e scosse la testa: non erano abbastanza
per un classico pesto alla genovese –
che si fa con basilico, pinoli, Parmigiano
e olio d’oliva. Così suggerì di aggiungere
altre erbe aromatiche come la menta.
Poi, quando scoprì che non c’erano
pinoli, disse: “E se ci mettessimo
del pangrattato?”
Il pane fresco accompagna ogni
pasto. Il giorno dopo è ancora
buono per preparare un toast o una
bruschetta. Dopo un paio di giorni,
quando è diventato troppo duro anche
per tagliarlo, trasformarlo in pangrattato
è il modo migliore per non buttare
via questo prezioso ingrediente.
La cucina italiana prevede un numero
pressoché infinito di piatti, sia dolci
sia salati, fatti con il pangrattato. Davide
grattugiò il pane raffermo e lo saltò
in padella con l’olio d’oliva. Mise tutti
gli ingredienti in un frullatore, aggiunse
del ghiaccio per evitare che i delicati
pezzi di verdura si surriscaldassero
e diventassero amari e frullò il tutto fino
a che raggiunse il colore e la consistenza
del pesto. Ero curioso di scoprire
se i nostri ospiti avrebbero notato
la differenza. Chi avrebbe mangiato
da noi quella sera? La settimana prima,
quando aveva cucinato Daniel Humm,
avevamo invitato gli studenti delle
superiori che andavano a visitare l’Expo.
Quella sera sarebbe stata la prima
volta che uno chef avrebbe cucinato
per gli ospiti invitati dalla Caritas
Ambrosiana, provenienti dai ricoveri
per i senzatetto che c’erano in quella
zona. Avrei imparato a conoscere molti
di loro per nome con il passare delle
settimane, ma quel giorno non sapevo
cosa aspettarmi. Tutti quegli uomini
attraversavano un momento difficile
della loro vita. In aggiunta ai nostri
ospiti spesso cucinavamo anche
per i bambini delle scuole elementari
e medie del quartiere Greco e delle
zone limitrofe. Questo programma
faceva parte della nostra missione
di coinvolgere la comunità locale
nel grande tema dell’Expo: “Nutrire
il pianeta”.
Devo ammettere che imbrogliammo
un po’, quando fu il momento
del dolce. Alcuni giorni prima avevo
chiesto a Cristina di assicurarsi che ci
fossero tutti gli ingredienti necessari
per preparare il dessert “Il pane è oro”.
Ero certo che avremmo avuto un sacco
di pane vecchio, ma volevo anche
assicurarmi che ci fosse abbastanza
latte e zucchero. Sentivamo tutti che era
importante preparare il “Pane è oro”
o almeno qualcosa di simile, perché
rappresentava molto più di un dolce:
ai miei occhi era il modo di celebrare
lo spirito di tutto il progetto. Adattammo
la ricetta a quello che avevamo: usammo
delle fettine di pane molto sottili,
tutte cosparse da una polvere d’oro,
per ricoprire il gelato al caramello
salato, e aggiungemmo dei croccanti
pezzettini di pane caramellati e la panna.
In quel dessert c’erano tutti i sapori,
e tutte le emozioni. Entrammo in sala
per servire i clienti della mensa mezza
vuota. Mangiavano tutti in fretta, senza
parlare, e se ne andarono appena finito.
Era stata una giornata molto lunga.
Mi sedetti con la testa tra le mani,
chiedendomi se questo progetto avrebbe
davvero funzionato. Don Giuliano,
che quella sera aveva cenato
con gli ospiti, mi mise una mano sulla
spalla e mi assicurò che era andato tutto
bene. “Massimo”, disse, “il messaggio
che oggi hai dato ai nostri ospiti è che
le loro vite sono importanti. Alla fine
capiranno che vogliamo solo una cosa,
che si siedano tutti intorno a un tavolo
e condividano il pasto in un luogo bello
e sicuro. E dopotutto, cosa può chiedere
un uomo alla vita più di questo?”.
4 giugno Massimo Bottura 76
4 giugno Massimo Bottura8 9
VERDURE ESTIVE CON FAGIOLI
Per 8 persone
150 g di croste di Parmigiano Reggiano
600 g di fagioli rossi in scatola o un’altra varietà,
sgocciolati
100 g di pane raffermo, a cubetti di 1 cm
120 g di radicchio, affettato finemente
60 g di carote, a dadini di 5 mm
60 g di sedano, a dadini di 5 mm
1 cucchiaio di cipolla, a dadini di 5 mm
10 g di foglie di basilico, tritate finemente
130 ml di olio extravergine d’oliva
80 ml di aceto di vino bianco
100 g di peperoni rossi, gialli e verdi, a dadini
Sale e pepe nero macinato al momento
In una pentola grande unire le croste di Parmigiano Reggiano
con 3 litri di acqua fredda e cuocere a fuoco moderato
per 1 ora, quindi rimuoverle e mettere da parte. Aggiungere
i fagioli e cuocere a fuoco medio finché non sono teneri
e cremosi, ci vorranno circa 30 minuti. Mettere da parte.
Preriscaldare il forno a 180 °C. Rivestire una leccarda con
carta da forno. Disporre il pane nella leccarda e tostarlo finché
non è ben dorato, ci vorranno circa 12 minuti. Mettere da parte.
In una ciotola capiente, mescolare il radicchio, i peperoni,
le carote, il sedano, la cipolla e il basilico. Aggiungere l’olio,
l’aceto, sale e pepe a piacere e mescolare. Lasciar riposare
per 2 ore.
Per impiattare, distribuire i fagioli e il brodo nei piatti
fondi e aggiungere il misto di verdure. Guarnire con i crostini
e scaglie di Parmigiano ottenute dalle croste.
Nota: Conservare un po’ del brodo per altre zuppe
o per dei risotti.
PASTA CON PESTO DI MENTA E PANE GRATTUGIATO
Per 6 persone
PESTO DI MENTA E PANE GRATTUGIATO
200 g di foglie di basilico
50 g di foglie di prezzemolo
120 g di foglie di menta
25 g di pane raffermo, sbriciolato finemente
2 spicchi d’aglio, a pezzi
2 cucchiai più 2 cucchiaini di olio extravergine d’oliva
50 g di Parmigiano Reggiano grattugiato al momento
1 cucchiaio di sale marino
PASTA
1 cucchiaio di sale grosso
600 g di fusilli o un altro formato di pasta corta
Parmigiano Reggiano grattugiato al momento, per servire
PER IL PESTO DI MENTA E PANE GRATTUGIATO
In un frullatore o in un robot da cucina, lavorare il basilico,
il prezzemolo, il pane grattugiato, la menta, l’aglio e 5 cubetti
di ghiaccio fino a ottenere un trito fine. Aggiungere l’olio,
il Parmigiano e il sale ed emulsionare bene.
PREPARARE LA PASTA
Cuocere i fusilli al dente in abbondante acqua bollente
leggermente salata. Scolarli e condirli con il pesto. Guarnire
con il Parmigiano e servire.
Massimo Bottura
I MIEI APPUNTI:
I MIEI APPUNTI:
12
Ferran & Albert Adrià
Ferran & Albert Adrià
Ferran Adrià è lo chef catalano che ha
reso grande e famoso il ristorante
elBulli. Vi entrò nel 1984 e assunse
la responsabilità della cucina nel 1987.
Fu un pioniere delle nuove tecniche
culinarie, riportò in auge gli ingredienti
semplici e quotidiani, e cambiò
per sempre la percezione dell’alta
cucina. Suo fratello minore, Albert
Adrià, ha lavorato a lungo con lui. Dopo
la chiusura di elBulli, Albert ha aperto
una serie di ristoranti a Barcellona.
Ferran e Albert sono considerati tra
i più influenti chef del mondo, e non
cucinavano insieme da anni quando
vennero a cucinare al Refettorio.
I due fratelli arrivarono direttamente
dall’aeroporto in jeans e scarpe da
ginnastica dopo aver preso il primo volo
del mattino da Barcellona. Tornarono
a Barcellona con l’ultimo volo della
giornata, subito dopo cena. Sembravano
due monelli di strada, pronti
a imbrattare un muro o a combinare
qualche guaio per poi tornare alla loro
vita di tutti i giorni come se niente fosse.
Cristina ripassò con loro il programma
del giorno e spiegò cosa avevano fatto
gli altri chef. Poi Ferran chiese a Zineb,
che il giorno prima aveva cucinato
con Andreas Caminada: “Hai la lista dei
prodotti?” In seguito lei ci disse: “Non
sapevo davvero di cosa stesse parlando.
Tutti gli altri chef erano semplicemente
entrati nella cella frigorifera e nel
camion, e avevano deciso cosa cucinare
a seconda di quello che avevano
trovato, ma Ferran voleva una lista dei
prodotti avanzati dagli altri chef”. Zineb
si mise a cercare, trovò del pollo e delle
“sfogliatine di pizza” che erano rimasti
dalla cena di Andreas del giorno prima,
e Ferran e Albert finirono per usare tutto
quello che era avanzato.
A quel punto i due si misero al lavoro,
senza quasi perdere tempo nemmeno
a togliersi gli zaini. C’era da cucinare
un pranzo a mezzogiorno per novanta
bambini, e una cena alle sei per novanta
ospiti. Non avevo più visto Ferran
lavorare in cucina dall’ultima serata
di elBulli nel 2011. Pochi e fortunati
chef, tra cui René Redzepi, Grant
Achatz, José Andrés e io, erano lì per
partecipare a “The Last Waltz”, come
Ferran aveva chiamato quell’evento.
ElBulli è stato per molti di noi il luogo
dove abbiamo imparato a mettere
le nostre passioni e il nostro sapere –
e tutto quello che siamo – nelle cose
che cuciniamo. È stato un messaggio
di libertà.
Ferran si occupò dei piatti salati, come
aveva sempre fatto, e lasciò i dessert
ad Albert. Usò il pollo e il pane vecchio
per reinventare una classica crocchetta
di pollo spagnola e servirla come
una sorta di zuppa. Come secondo,
Ferran preparò un piatto con patate
e melanzane e aggiunse un ragù
che aveva trovato in frigo.
Una volta alla settimana, mentre
gli chef preparavano i loro piatti, io mi
occupavo di pulire la cella frigorifera.
Trovavo incredibilmente appagante
trasformare gli avanzi lasciati dagli
altri chef in qualcosa di commestibile
e ancora utilizzabile – un esercizio
che chiamavo “Esperimenti con Tutto”.
A volte, quel “tutto” diventava una
zuppa o un brodo, altre volte un ragù.
Li chiamavo esperimenti perché
non era semplicemente buttare delle
cose in una pentola; dovevo pensare
a quali ingredienti sarebbero stati bene
insieme e a come esaltarne il sapore.
Proprio il giorno prima, mentre Andreas
stava cucinando, avevo preparato
un ragù con petti di tacchino scongelati,
diversi tipi di carne macinata (tra cui,
pollo, manzo e vitello), un mirepoix
di cipolle e carote insaporite
con la pancetta invece che con il sale,
una cassetta di pomodori maturi e un
po’ di speck per un tocco di sapore
in più. “Con cosa l’hai fatto?” mi chiese
Ferran. E io: “Con TUTTO”.
Intanto Albert, che non aveva preparato
un dessert da quando aveva chiuso
elBulli, stava facendo un risolatte
con gelato alle mele arrosto e miele
insieme a Riccardo Forapani,
uno chef dell’Osteria Francescana
che tutti chiamavamo Pippo. Le mele
erano molto mature, ma questo
non gli impedì di fare un magnifico
gelato. “Se un prodotto è vicino alla
data di scadenza”, disse, “non significa
che sia cattivo. È vero che la frutta e le
verdure più sono vecchie e meno sono
buone, ma un bravo chef, alla fine, può
tirare fuori il meglio da qualsiasi cosa”.
Dopo aver servito il pranzo
di mezzogiorno stavamo morendo
di fame, e così preparai un semplice
piatto di pasta per tutti. I nostri cuochi
erano emozionati di poter sedere
a tavola con Ferran e Albert. Per loro
era come sedere a tavola con due
semidei. Io ero felice di averli qui
a cucinare insieme dopo tutti quegli
anni, e a portare nuove idee al progetto.
Eravamo tutti seduti a tavola, e Ferran,
guardandosi intorno, disse: “Vedi, noi
chef non mangiamo sempre caviale
e fois gras. Questo è come un pranzo
che si fa in famiglia. Ed è una cosa
interessantissima per me. Abbiamo
scritto un libro intitolato Il pranzo
in famiglia, e abbiamo passato tre
anni a creare dei menu che avessero
gli ingredienti più economici – senza
congelare niente e con preparazioni
molto veloci”. È vero, mettendoci un po’
d’impegno si possono preparare pranzi
squisiti con ingredienti semplicissimi.
E il pranzo di quel giorno era stato
preparato con grande impegno, anche
se gli ingredienti venivano dalle
eccedenze di un supermarket o dagli
avanzi della sera prima.
A ogni pasto che servivamo
c’erano sempre un paio di ospiti
che non apprezzavano il cibo. Quella
sera non fece eccezione. Una donna
continuava a rimandare indietro
i piatti senza toccarli. Osservai la scena
da lontano e cercai di nascondere
la cosa a Ferran, finché lui se ne
accorse: “Cosa succede, Massimo?
Cosa c’è che non va?” Io ero piuttosto
imbarazzato, ma Ferran disse: “Che
problema c’è? Quella donna deve avere
comunque qualcosa da mangiare”.
Così, nel pieno del servizio, vidi
Ferran che metteva da parte gli altri
piatti per fare una delicata insalata
mista con pesto e pomodori affettati.
Un volontario la portò alla donna,
ma il piatto tornò indietro intonso.
Scoprimmo che la donna non mangiava
il formaggio.
2 settembre 1514
2 settembre Ferran & Albert Adrià16 17
RISOLATTE CON GELATO MELA E MIELE
Per 8 persone
RISOLATTE
1 litro di latte
½ stecca di cannella
La scorza di 1 limone, a julienne
250 g di riso
150 g di zucchero
1 cucchiaio di cannella in polvere
GELATO MELA E MIELE
150 g di zucchero
4 mele gialle
400 ml di panna fresca
300 ml di latte
5 cucchiai di miele scuro
PER IMPIATTARE
10 ventagli di wafer, sbriciolati grossolanamente
PER IL RISOLATTE
In una pentola portare a leggera ebollizione il latte,
la cannella e la scorza del limone a fuoco moderato e cuocere
per 10 minuti.
Separatamente scaldare 250 ml di acqua con il riso
a fuoco moderato. Quando l’acqua sarà evaporata, abbassare
la fiamma, aggiungere il latte poco alla volta e completare
la cottura del riso per circa 15 minuti. Eliminare la cannella
e la scorza di limone. Incorporare lo zucchero mescolando
bene. Riportare a temperatura ambiente. Cospargere con la
cannella in polvere, coprire e far raffreddare in frigorifero.


PER IL GELATO MELA E MIELE
In un pentolino sciogliere lo zucchero in 150 ml di acqua
a fuoco moderato. Togliere dal fuoco e mettere da parte.
Preriscaldare il forno a 180 °C. Rivestire una leccarda
con carta da forno.
Distribuire le mele intere nella leccarda e cuocere
per circa 20 minuti. Quando saranno abbastanza fredde
da poterle maneggiare, sbucciarle, mondarle ed eliminare
i semi. Trasferire in un robot da cucina, o in un frullatore,
unire la panna, il latte, il miele e 2 cucchiai e ½ dello
sciroppo e lavorare fino a ottenere un composto omogeneo.
Trasferire in una gelatiera e lavorare seguendo le istruzioni
del produttore. (In mancanza di una gelatiera, mettere
il composto nel congelatore finché non è abbastanza sodo
da poter essere servito con una spatola per gelato.)
PER IMPIATTARE
Distribuire 85 g di risolatte in ogni piatto, adagiarvi una
porzione di gelato mela e miele. Guarnire con i wafer
sbriciolati.
Ferran & Albert Adrià
I MIEI APPUNTI:
18
Andrea Berton & Davide Oldani
AndreaBerton&DavideOldani
AndreaBertone DavideOldanisono
vecchiamicidaquando,neglianni’80,
cucinavanotuttie duedaGualtiero
Marchesi.Anchese le lorostradesi sono
separate,sonosemprerimastiin contatto:
hannocontinuatoa lavoraretuttie due
a Milano,e ognunodi loroha trovato
un suomodoparticolaredi esprimersi
in cucina.
Andreaè friulano,ha unapresenza
veramenteimponente:è altissimo,
e quasiminaccioso.Lo conosco
dal 1994.Lo incontraiquandomisipiede
per la primavoltanellacucinadell’Hôtel
deParisa Montecarlo.Lavoravalì da
quasiun anno,e mipresesottola suaala.
Daallorasiamosemprerimastiamici.
Nelgirodi pochianniAndreaaprìuna
seriedi ristorantidi successoa Milano:
il Pisacco,unasortadi bistrotitaliano;
il Berton,un modernoristorantedi alta
cucinainseritonellaguidaMichelin;e Dry,
l’ultimo,un incrociotraunapizzeriae un
cocktailbar.
Davide,invece,è profondamentemilanese.
Abbronzato,semprein forma,benvestito,
ha apertoil suoristorante,il D’O,allafine
deglianni’90,con unmenueconomico
di piatticontemporaneipropostoin un
ambientemoderno.Ilristoranteriuscì
a ottenereunastellaMichelin,e Davide
divennesubitoun’iconapop,in Italia.
Anchese eranoestremamenteimpegnati
con gli eventidell’Expo,entrambi
feceroin mododi trovaredel tempo
per cucinareun pranzoe unacenada
noi.Tuttie duesi eranospesimolto
per sostenereil progettodel Refettorio
neimesiprecedentiall’apertura,tenendo
conferenzestampae partecipando
a raccoltedi fondi.
Nessunodeiduepotevaimmaginarecosa
liaspettavaquelgiorno.Andreaeragià
alRefettorioquandoDavidearrivòsulla
suabici,senzaavereminimamentel’aria
di unochef.C’eraanchedonGiuliano–
che a suavoltanon avevaminimamente
l’ariadi unpretecon indossoun paio
di jeans,unapoloe i sandaliBirkenstock
–ed eraprontoa saltarein sellaallasua
mountainbikeper fareil solitogirotra
le parrocchiedellazona.Eradivertente
vederequeidueragazzidi cittàin sellaalle
lorobici.
Usciiin stradae avvisaiDavide
che c’eraun problema:la cucinaa gas
non funzionava.Questopotevacomplicare
moltole cose.Davidefecesubitounafaccia
preoccupata.Avevapensatodi preparare
un risottoche si chiamavapanriso–
un piattodi suainvenzionecon soprauno
stratodi pangrattatosaltatoin padella.
Ilpiattosi sposavaperfettamente
con lo spiritodel Refettorio,perché
utilizzavail pangrattatoper aggiungere
saporee consistenzae proponevacosì
un’altrabrillanteideaper non buttare
il panevecchio.Senzaun fornello,però,
sarebbestatoimpossibileprepararlo,così
Davideconcentròla suaattenzionesul
dessert.Trovòdel mascarponee decise
di fareunamousse.Per lo menoci sarebbe
statoun magnificodessert!
Andreasi dedicòallapanzanella,una
classicainsalatadi panee pomodoro
che non richiedecottura.Un’ottimatrovata
datele circostanze.“Ilpaneè laprima
cosache hopensatodi usarequandosono
arrivatoquestamattina”,disse.“Sipuò
usaredappertutto,non bisognerebbemai
buttarlovia.Lo puoimetterein migliaia
di ricette,sbriciolato,inzuppatoe fattoal
forno.”
Allafinela cucinaa gasvenneriparata
intornoalleundicidel mattino.Tutti
corseroaifornelliper preparareil panriso
che Davideavevain mente.Andrea
trasformòla suapanzanellain una
cremosasalsaalpomodorodaservire
con ungratindi pane,cipollae Parmigiano
fattoalforno.Il gratineraun incrocio
traunapappaalpomodoro(unazuppa
toscanadi panee pomodoro)e una
panzanella.Steseunosull’altrostrati
di panecon in mezzoformaggioe cipolla,
misetuttoin fornoe lo servìsu unletto
di purèdi panzanella,unaricettache si era
inventatosulmomento.
Eravamoun po’in ritardoquando
i bambiniarrivaronoa mezzogiorno.
Simiserotuttia sedere,e Cristina
si presentò.Spessoinsegnavaaibambini
il valoredel panevecchioe dellebanane
ammaccateper aiutarlia capirequello
che stavamofacendo.I bambini
arrivavanosempreaffamati,e Cristina
cominciavala lezionefacendopassaretra
loroalcunebananeprofumatema tutte
nere.Poichiedeva:“C’ènessunoche ha
fame?”I bambiniguardavanole banane
ed esclamavano:“Noooo!”,assolutamente
disgustati.Poipassavaa spiegareche quelle
bananepotevanoesseretrasformate
in undeliziosogelato,e cheavevano
un ottimosapore,anchese a guardarle
non sembrava.Infinefacevagiraretra
i bambiniun po’di gelatoper incoraggiarli
a pensarein mododiversoa quelfrutto
cosìcomune.Avevamocapitoche separli
di ciboai bambiniquandohannofame,
sonomoltopiùattenti.
Ilrisottovenneservitoper primo.Si
trattadi unpiattoclassicodellacucina
milanese,e tuttala campagnalombarda
è punteggiatadi risaie.MentreAndrea
stavamettendoil risottoneipiatti,Davide
uscìdallacucinaper parlareaibambini
dellasuainfanzia:“Nellamiafamiglia
pronunciarela parola‘spreco’eragià
sprecareil fiato”,disse.“Miamadremi
avevainsegnatoa rifletterebene,prima
di andarea farela spesa,e a pesaretutto
primadi cucinare.A casanon mangiavamo
mairisoalsalto(untipicopiatto
milanese,fattocon gli avanzidel risotto
allozafferano)perchénon avanzavamai
niente.”
Mentrei bambinifinivanola mousse
almascarpone,donGiuliano,che era
entratoper mangiarequalcosa,fece
intonareaibambiniun corodi “Davide!”,
“Andrea!”,“Davide!”,“Andrea!”,“Davide!”,
“Andrea!!!”.Batteronole manifinché
i duechefuscironodallacucinain mezzo
a unastandingovation.Davidee Andrea
arrossirono.I bambiniavevanodavvero
apprezzatoil pranzo,non soloper quei
saporifortie familiari,ma anche
per le storieche avevanosentito.Quando
nellamensatornòil silenziomiavvicinai
aiduechefe dissiaibambini:“Vedete,
non avreimaipotutorealizzarequesto
progettosenzal’aiutodi amicicomequesti.
Stamattinala cucinaa gasnon funzionava
nemmeno,ma loroduesonorimasti
lo stesso.Con o senzala cucinaa gas,
hannodecisoche avrebberocomunque
preparatoil pranzo”.
Mieroaccortoche Andreae Davideerano
moltocontentidi esserevenuti.Dovevano
ancoraprepararela cena,e l’entusiasmo
deibambiniavrebbetenutoaltoil loro
moraleper moltigiornia venire.Don
Giulianosi unìa noiancheper cena.
“Questoè unveroesempiodi cucina
italiana–semplicema squisita”,disse.
“Tiarrivadrittaalcuore!”Andreae Davide
ricevetteroun lungoapplausoanchedagli
ospitidi quellasera,e allafinevennero
damee dissero:“GrazieMassimo.Non
avevamoideadi comesarebbestata
quest’esperienza.Possiamoripeterla?”
E cosìfecero.Unannodopopartirono
per RiodeJaneiroper cucinarealRefettorio
Gastromotiva.A questoservonogli amici.
1° luglio20 21
23Andrea Berton & Davide Oldani1° luglio22 23
PANRISO
Per 6 persone
300 g di croste di Parmigiano Reggiano, a pezzi grossolani
3 cucchiai di olio extravergine d’oliva
150 g di carne macinata di manzo
4 cucchiai di vino bianco
60 g di pangrattato secco
420 g di riso Carnaroli o un altro riso a chicchi corti
1 cucchiaino di sale
60 g di burro
100 g di Parmigiano Reggiano grattugiato al momento
2 cucchiaini di aceto balsamico
In una pentola grande unire le croste del Parmigiano con
1,5 litri di acqua e portare a ebollizione a fuoco moderato.
Sobbollire per 20 minuti. Filtrare il brodo di Parmigiano con
un colino fine in una casseruola pulita e mantenerlo caldo
a fuoco basso.
In una padella media scaldare 2 cucchiai di olio a fuoco
moderato e rosolare la carne per 8 minuti, mescolando
per sgranarla. Sfumare con il vino. Mettere da parte.
Separatamente, scaldare il cucchiaio di olio rimanente
a fuoco moderato e tostare il pangrattato finché non è ben
dorato e croccante. Mettere da parte.
In una casseruola mescolare il riso con il sale
e tostarlo per circa 6 minuti a fuoco moderato, sempre
mescolando. Bagnare con un mestolo abbondante di brodo
di Parmigiano. Continuare la cottura, sempre mescolando
e bagnando con il brodo, finché il riso non è al dente,
ci vorranno circa 20 minuti.
Aggiungere il burro, il Parmigiano e l’aceto balsamico.
Togliere dal fuoco e lasciar mantecare per 5 minuti.
PER IMPIATTARE
Disporre un mestolo di risotto in ogni piatto, guarnire
con la carne macinata e il pangrattato tostato e servire.
PANE E CIPOLLE CON CREMA AL POMODORO CRUDO
Per 6 persone
CREMA AL POMODORO
500 g di datterini o altri pomodori, a pezzi
25 g di foglie di basilico fresco
4 cucchiaini di sale
4 cucchiai di olio extravergine d’oliva
PANE E CIPOLLE
110 ml di olio extravergine d’oliva, più q.b. per condire
il pane
2 kg di cipolle bianche, tritate finemente
500 ml di brodo di pollo
½ cucchiaino di sale
¼ di cucchiaino di pepe nero macinato al momento
2 pagnotte (800 g ciascuna) di pane raffermo, a fette di 1,5 cm
120 g di Parmigiano Reggiano, grattugiato
PER LA CREMA AL POMODORO
In una ciotola far marinare i pomodori con basilico, sale
e olio per 15 minuti. Trasferire in un frullatore e lavorare fino
a ottenere un composto omogeneo. Filtrare con un colino
fine. Conservare a temperatura ambiente.
PER IL PANE E CIPOLLE
Preriscaldare il forno a 160 °C. Ungere una teglia quadrata
profonda 5 cm.
In una casseruola scaldare l’olio a fuoco basso e
caramellare le cipolle, mescolando di tanto in tanto, per circa
20 minuti. Bagnare con il brodo di pollo, insaporire con sale
e pepe e cuocere per 10 minuti. Filtrare il brodo in una ciotola
e mettere da parte le cipolle.
Distribuire metà del pane nella teglia, coprendone l’intera
superficie. Bagnare con un po’ di brodo, stendere uno strato
di cipolle cotte e cospargere con il Parmigiano. Ripetere
l’operazione con il pane e le cipolle rimanenti, conservando
2 cucchiai di Parmigiano per l’ultimo strato e 2 di cipolle
per guarnire. Terminare con uno strato di pane. Spennellare
l’ultimo strato con l’olio e cospargere il Parmigiano
conservato.
Trasferire nel forno e cuocere per circa 20 minuti, finché
non è ben dorato. Estrarre lo stampo e lasciar raffreddare
per qualche minuto, quindi accendere il grill e rivestire
una leccarda con carta da forno. Tagliare il tortino di pane
in fette di 5-6 cm. Disporle nella leccarda e gratinarle per circa
5 minuti.
PER IMPIATTARE
Disporre un cucchiaio generoso di crema al pomodoro alla
base del piatto, adagiarvi una fetta di pane e cipolle e guarnire
con le cipolle cotte avanzate.
Andrea Berton & Davide Oldani
I MIEI APPUNTI:
MOUSSE AL MASCARPONE CON MELE CARAMELLATE
Per 6 persone
MOUSSE AL MASCARPONE
450 g di mascarpone
2 cucchiai di panna fresca
2 uova, tuorli e albumi separati
4 cucchiai generosi di zucchero
MELE CARAMELLATE
90 g di zucchero
3 mele, sbucciate, a fette
PER LA MOUSSE
In una ciotola lavorare con una frusta il mascarpone
con la panna per renderlo più cremoso. Mettere da parte.
Riempire una pentola di acqua e portarla a ebollizione.
In una ciotola termoresistente cuocere a bagnomaria i tuorli
e metà dello zucchero, lavorandoli con una frusta fino
a raggiungere una consistenza schiumosa. Togliere la ciotola
dall’acqua bollente e mettere da parte.
Separatamente lavorare con una frusta gli albumi
con lo zucchero rimanente e montarli a neve ben ferma.
Con una spatola incorporare il mascarpone nei tuorli,
quindi unire gli albumi montati. Formare delle sfere delle
dimensioni di una pallina da golf. Distribuirle in una leccarda
rivestita con carta da forno e lasciar riposare in frigorifero
fino al momento di servire.
PER LE MELE CARAMELLATE
In una padella media sciogliere lo zucchero a fuoco
moderato, finché non è ben dorato e non inizia a sobbollire.
Aggiungere le mele e caramellarle per circa 2 minuti, finché
non sono ben dorate. Conservare in caldo fino al momento
di servire.
PER IMPIATTARE
Disporre 1 porzione di mousse al mascarpone in ogni piatto.
Guarnire con 2 fette di mela caramellata e finire con qualche
goccia di caramello direttamente dalla padella.
Andrea Berton & Davide Oldani
I MIEI APPUNTI:
26
29Carlo Cracco
Carlo Cracco
Nel panorama della gastronomia
milanese Carlo Cracco è uno degli
chef più rispettati, grazie all’approccio
all’avanguardia che ha avuto fin dagli
inizi della sua carriera. Nel corso
degli anni è diventato una voce molto
importante, nota agli altri chef, ai
giornalisti gastronomici e ai gourmet;
ma poi, fin dalla prima puntata
di MasterChef nel 2011, Carlo Cracco
si è affermato come lo chef più famoso
e amato d’Italia.
Se tracciamo un albero genealogico
della nuova generazione degli chef
nostrani, Carlo discende dal prestigioso
ramo di Gualtiero Marchesi, il padre
della moderna cucina italiana. Carlo
ha infatti mosso i suoi primi passi
nella cucina del ristorante che prende
il nome dallo stesso Gualtiero
Marchesi, poi è andato a lavorare
in Francia ed è infine tornato in Italia,
sempre collaborando con alcuni dei più
rinomati ristoranti internazionali. Dopo
essere rientrato a Milano, dov’è nato,
Cracco ha accettato nel 2001 un invito
dalla famiglia Stoppani, proprietaria
del Peck, un celebre negozio
di gastronomia, e ha aperto il ristorante
Cracco Peck. Ben presto il Cracco Peck
ottenne due stelle Michelin, e nel
2007 Carlo rilevò tutte le quote della
società, divenendo l’unico proprietario
del Ristorante Cracco.
La cosa bella di Carlo è che, per quanto
sia famoso, rimane sempre un amico.
Mi ha sostenuto in ogni momento, nella
buona e nella cattiva sorte. Durante
l’estate del 2015 era più impegnato
che mai, tra l’apertura di un secondo
ristorante a Milano, il Carlo e Camilla
in Segheria, e le riprese di MasterChef
e Hell’s Kitchen. Nonostante questo,
però, trovò il tempo di venire una sera
al Refettorio.
Carlo era estremamente motivato
ed eccitato all’idea di condividere
quell’esperienza con lo staff della
sua cucina, e si portò dietro molti dei
suoi collaboratori. Chiese a Cristina
informazioni dettagliate sulle
preferenze degli ospiti e sui menu
che erano stati proposti fino a quel
momento. Quella mattina scaricò
dal camion asparagi, melanzane,
pomodori e spalle di vitello, e si mise
a lavorare su una cena tipicamente
italiana, arricchita con un tocco
molto personale. L’unico problema
era il dessert. Carlo chiuse gli occhi
e sorrise. Poi, improvvisamente, disse
a voce alta: “Una torta al cioccolato!
Ecco cosa faremo”. Non avrei mai
immaginato che uno dei piaceri
segreti di Carlo fosse una semplice
torta al cioccolato. Trovò abbastanza
uova, farina, burro e zucchero nella
dispensa, ma non c’era traccia
di cioccolato – nemmeno di cacao.
Non ci fu modo di fargli cambiare idea:
saltò in macchina e partì. Fu di ritorno
un’ora dopo, con una scatola piena
di cioccolato fondente presa al suo
ristorante.
Eravamo pronti per cominciare,
ma c’era qualcosa di strano nell’aria,
qualcosa che non avevo mai sentito
prima al Refettorio. Tutti i volontari
bisbigliavano tra loro. Continuavano
a venire in cucina per fare piccole
cose di nessuna importanza. A un
certo punto uscii dalla cucina e chiesi
a uno dei volontari, un vecchio signore
di nome Carlo: “Cosa sta succedendo
qui?” Carlo mi venne vicino e disse:
“Non ci sembra vero che lo chef Carlo
Cracco sia qui con noi. È ancora meglio
dal vivo che in tv! Gli possiamo chiedere
un autografo?” Mi veniva da ridere,
ma decisi di rimanere serio e risposi:
“Non adesso. Stiamo per servire la cena.
Più tardi, se avrete fatto un buon lavoro,
vi potrete scattare una foto con lui”.
Com’è nel suo stile, Carlo aveva
preparato un menu perfettamente
bilanciato, che mi piacerebbe rifare
a casa per un pranzo domenicale:
la pasta, servita con asparagi, mandorle
e una besciamella alla curcuma, era
in linea con il suo approccio poco
tradizionale alla cucina italiana;
un profumatissimo stufato annunciava,
in quei primi giorni di settembre,
la fine dell’estate; e un’irresistibile
torta di cioccolato concludeva
il pranzo. La pasta era fresca e leggera
proprio come dev’essere in una calda
sera di settembre, e aveva un sapore
particolare rispetto a quello, troppo
intenso, che hanno spesso i pomodori
alla fine della stagione estiva. Era
dolce, salata e piccante al tempo stesso.
Lo stufato era pieno di verdure tipiche
della fine dell’estate, cucinate come
nella caponata, solo che Carlo aveva
aggiunto molti ingredienti decisamente
insoliti, come la salsa di soia, lo zenzero
e la scorza d’arancia. La torta al
cioccolato era stata preparata nel modo
classico, e si rivelò semplicemente
deliziosa. Dopo il primo morso capii
subito perché quel dessert fosse così
importante per Carlo.
A dispetto di quella cena incredibile,
i nostri ospiti erano troppo
impressionati da una celebrità come
Carlo per prestare attenzione al cibo.
Il fatto che Carlo fosse lì di persona
a cucinare per loro, che fosse
lì in piedi davanti ai loro occhi, li colpì
profondamente. La verità è che Carlo
era l’unico chef che i nostri ospiti
conoscevano per nome, o almeno
di faccia. Era al centro dell’attenzione,
e trascorse la maggior parte della
cena girando tra i tavoli, perché
tutti volevano farsi una foto con lui
o stringergli la mano, e fu in quel
momento che mi venne un’idea: perché
non chiedere a Carlo di portare Hell’s
Kitchen al Refettorio?
Così dopo cena ci provai: “Che ne dici
di filmare una puntata di Hell’s Kitchen
al Refettorio?” Carlo ci pensò su per
qualche secondo tenendomi sulla
corda, poi mi guardò e disse: “Ottima
idea!” Non avrei mai immaginato
che la semifinale di Hell’s Kitchen
si sarebbe svolta proprio nella cucina
della mensa. Il programma andò
in onda un anno dopo: si rivelò
un’esperienza straordinaria per tutti
e soprattutto per i concorrenti,
che chiesero di lavorare come
volontari nella nostra cucina dopo
la fine del reality con Carlo. E io
non lo ringrazierò mai abbastanza
per aver portato a un pubblico così
vasto il messaggio del Refettorio,
e per aver mostrato che i programmi
di cucina possono essere molto più
di una gara.
8 settembre 2928
8 settembre Carlo Cracco30 31
CONCHIGLIONI CON ASPARAGI,
MANDORLE E BESCIAMELLA ALLA CURCUMA
Per 6 persone
30 g di mandorle intere
180 g di asparagi, mondati, a pezzi di 5 cm
Sale e pepe nero macinato al momento
20 g di burro
30 g di farina
350 ml di latte
1 cucchiaino di sale
½ cucchiaino di curcuma in polvere
600 g di conchiglioni rigati o un altro formato simile
1 cucchiaio di olio extravergine d’oliva
Preriscaldare il forno a 160 °C. Rivestire una leccarda
con carta da forno.
Distribuire le mandorle nella leccarda e tostarle
nel forno per circa 6 minuti, devono essere ben dorate.
Tritare grossolanamente e mettere da parte.
In una padella media scaldare 5 cucchiai di acqua a fuoco
moderato. Cuocere gli asparagi al dente, per circa 10 minuti.
Rimuovere dal fuoco e regolare di sale e pepe.
Nel frattempo, in una casseruola media, sciogliere
il burro a fuoco medio-alto finché inizia a formarsi
la schiuma. Aggiungere la farina e cuocere, mescolando
con un cucchiaio di legno o una spatola, per 1-2 minuti,
finché inizia a bollire. Togliere dal fuoco e unire lentamente
il latte, mescolando continuamente con una frusta, fino
a ottenere un composto omogeneo. Rimettere sul fuoco,
mescolando con un cucchiaio di legno o una spatola,
per 10-12 minuti. Togliere dal fuoco e incorporare il sale
e la curcuma.
Cuocere la pasta al dente in abbondante acqua
leggermente salata. Scolarla bene. Amalgamare con gli
asparagi e la besciamella. Dividere in 6 piatti fondi e guarnire
con le mandorle tostate.
Carlo Cracco
I MIEI APPUNTI:
32

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Massimo Bottura - Il pane è oro

  • 1. GELATO AL CARAMELLO SALATO In un pentolino portare la panna a ebollizione a fuoco moderato. In una pentola sciogliere completamente lo zucchero a fuoco moderato, ci vorranno circa 3 minuti. Aggiungere la panna calda e il sale, togliere dal fuoco e lavorare il composto con una frusta. Filtrare con un colino fine in una pentola pulita. Aggiungere il latte e 200 ml di acqua e portare a 40 °C a fuoco moderato, quindi sobbollire per 2 minuti, finché non raggiunge gli 80 °C. Togliere la pentola dal fuoco e lasciar raffreddare. Coprire e mettere in frigorifero finché non è ben freddo. Trasferire in una gelatiera e lavorare seguendo le istruzioni del produttore. (In mancanza di una gelatiera, mettere il composto nel congelatore finché non è abbastanza sodo da poter essere servito con una spatola per gelato.) PER I CROSTINI CARAMELLATI In una pentola scaldare il pane e lo zucchero a fuoco moderato e cuocere, mescolando, finché lo zucchero non è caramellato e ha rivestito il pane, ci vorranno circa 5 minuti. Trasferire i crostini in una leccarda rivestita con carta da cucina e lasciar raffreddare. Conservarli in un contenitore sottovuoto. PER IMPIATTARE Disporre una quenelle di gelato al centro di ogni piatto, coprire con 5 crostini caramellati, 1 cucchiaio di spuma di pane e zucchero. Guarnire con 1 sfoglia croccante. Nota: Utilizzare il pane avanzato dalla preparazione delle sfoglie per la crema di pane e zucchero e i crostini caramellati. IL PANE È ORO Per 6 persone SFOGLIE CROCCANTI 100 g di pane raffermo, a fette rotonde di 3 mm di spessore e 10 cm di diametro (si vedano le Note) 10 g di oro alimentare in polvere CREMA DI PANE E ZUCCHERO 100 g di pane raffermo (si vedano le Note) 100 g di zucchero di canna chiaro 800 ml di latte 3 cucchiai di panna fresca GELATO AL CARAMELLO SALATO 150 ml di panna fresca 150 g di zucchero di canna chiaro 1 cucchiaino e ½ di sale 50 ml di latte CROSTINI CARAMELLATI 100 g di pane, a pezzi piccoli (si vedano le Note) 4 cucchiai di zucchero di canna chiaro PER LE SFOGLIE CROCCANTI Preriscaldare il forno a 180 °C. Rivestire una leccarda con carta da forno. Disporre le fette di pane sulla leccarda a 2 cm di distanza l’una dall’altra. Cuocere finché non sono croccanti e ben dorate, ci vorranno circa 4 minuti. Lasciar raffreddare. Cospargere con la polvere d’oro. PER LA CREMA DI PANE E ZUCCHERO In una casseruola caramellare il pane e lo zucchero a fuoco moderato, ci vorranno circa 3 minuti. Coprire con metà del latte e ridurre finché il liquido è quasi completamente evaporato. Aggiungere il latte rimanente e la panna, portare a ebollizione e cuocere per 3 minuti. Togliere la pentola dal fuoco e lasciar raffreddare. Trasferire il composto in un frullatore e lavorare ad alta velocità finché non è omogeneo e cremoso, ci vorranno circa 3 minuti. Passare la crema a un setaccio fine due volte. Coprire e lasciar riposare in frigorifero. Una volta fredda, montarla a neve ben ferma e trasferire la spuma ottenuta in una tasca da pasticciere. >> Massimo Bottura I MIEI APPUNTI: 10
  • 2. ANDREAS CAMINADA 222 FERRAN & ALBERT ADRIÀ 234 PETTER NILSSON 242 CARLO CRACCO 250 CENTRO CULINARIO BASCO & JUAN MARI ARZAK 258 MICHEL TROISGROS 266 MSA, L’ACCADEMIA DI ARTI CULINARIE DI ISTANBUL 274 ANDONI LUIS ADURIZ 282 JESSICA MURPHY 290 Manuel & Christian Costardi 298 ALEX ATALA 306 CENA DI BENEFICENZA: ALEX ATALA, MATT ORLANDO, NIKO ROMITO & MASSIMO BOTTURA 314 MATT ORLANDO 324 GEORGE BROWN CANADA COOKING SCHOOL 332 VIRGILIO MARTÍNEZ 340 Jeremy Charles & John Winter Russell 348 MARIO BATALI 356 ANA ROŠ 364 MORENO CEDRONI 372 MAURO ULIASSI 380 GENNARO ESPOSITO 388 CARLES MAMPEL, ANTONIO BACHOUR & ORIOL BALAGUER 396 PINO CUTTAIA 404 ALICE DELCOURT 412 INDICE 420 INTRODUZIONE: IL PANE È ORO 7 DANIEL HUMM 10 MASSIMO BOTTURA 18 MAURO COLAGRECO 26 RENÉ REDZEPI 34 Yoshihiro Narisawa 42 ENRICO & ROBERTO CEREA 50 YANNICK ALLÉNO 58 GASTÓN ACURIO 66 ANDREA BERTON & DAVIDE OLDANI 74 SARA PAPA & ALBERTO C ALAMANDREI 82 ANTONIO, ALBERTO & GIOVANNI SANTINI 90 UGO ALCIATI 98 MITSUHARU TSUMURA 106 ALAIN DUCASSE 114 VIVIANA VARESE 122 LUCA FANTIN 130 DANIEL PATTERSON 138 MARK MORIARTY 146 GASTROMOTIVA 154 Joan Roca 162 ALMA SCUOLA INTERNAZIONALE DI CUCINA ITALIANA 170 ANTONIA KLUGMANN & FABRIZIO MANTOVANI 178 CENA DI BENEFICENZA: MATÍAS PERDOMO, ENRIQUE OLVERA, CARLOS GARCÍA & RODOLFO GUZMÁN 186 CRISTINA BOWERMAN 198 Alessandro Negrini & Fabio Pisani 206 GIUSEPPE PALMIERI 214
  • 3. Massimo Bottura Rimasi sveglio tutta la notte a pensare a quello che sarebbe successo il giorno dopo. Appena entrai nel Refettorio, andai dritto nella cella frigorifera per vedere cosa c’era. Sapendo che la quantità di avanzi sarebbe stata ogni giorno diversa, avevamo costruito un’enorme cella frigorifera in modo che ci fosse abbastanza cibo per preparare i pasti per cento persone a cena e, spesso, per cento bambini a pranzo. Dato che questo era uno dei primissimi giorni di apertura, la cella frigorifera era ancora piuttosto vuota. Nel corso dei mesi sarebbe diventata una sorta di dispensa su cui gli chef potevano sempre contare. Oggi però sembrava una caverna vuota. Nonostante questo, più la guardavo e più cose trovavo. Con mia grande sorpresa, l’aria era piena di odori. Scovai un contenitore con dei mazzetti di basilico uno sopra l’altro. Erano vecchi di almeno una settimana, con qualche fogliolina verde che spuntava dal ciuffo avvizzito. E la prima cosa che mi venne in mente fu di farci il pesto. Poi arrivò il camion. Ogni mattina un camion frigorifero arrivava dall’Expo con il cibo avanzato che non veniva più ritenuto adatto a essere messo in vendita. Nei mesi successivi imparammo a conoscere così bene il camionista che capivamo dalla sua faccia se il camion era pieno o vuoto. Noi eravamo grati di qualsiasi cosa arrivasse. Ma il menu dipendeva sempre da quello che avevamo, e tutti noi pensavamo solo a come svuotare la cella frigorifera e usare ogni ingrediente. Era una sfida emozionante essere lo chef di quella cucina. Il Refettorio tirò fuori il meglio da ognuno di noi. Quel giorno Cristina era più nervosa di me. Era la responsabile del progetto, e andava continuamente avanti e indietro tra la cucina e il camion, aiutando gli chef e risolvendo qualsiasi tipo di problema. Anche se è piuttosto minuta, il suo accattivante accento venezuelano e la sua voce energica richiamavano sempre l’attenzione di tutti, tanto degli chef quanto dei volontari. Solo l’anno prima, quando Sasha Correa, un nostro amico e collega venezuelano, ci aveva presentato Cristina, lei stava studiando storia della gastronomia all’università di Bologna. Ci raccontò che quando aveva lasciato il Venezuela era difficile trovare zucchero e latte, e che oggi manca perfino il pane. Per questo stava scrivendo la sua tesi su ricette italiane che usano il pane vecchio. Sapevo che sarebbe stata perfetta per quel lavoro. Quel giorno al Refettorio lavoravano Davide di Fabio, Jessica Rosval e Laura Cattani dell’Osteria Francescana. Davide frugò nella dispensa e tirò fuori una scatoletta di fagioli, poi prese delle verdure e varie croste di Parmigiano. Gli era venuta un’idea per preparare una particolare pasta e fagioli in versione estiva: trasformò la ricetta tradizionale in una gustosa insalata di fagioli, servita con crudità di verdure e cubetti di croste di Parmigiano che davano consistenza e sapore al piatto. Jessica e Laura avevano passato la mattina a scegliere le foglioline verdi dai mazzetti di basilico. Davide guardò il piccolo mucchietto di foglie e scosse la testa: non erano abbastanza per un classico pesto alla genovese – che si fa con basilico, pinoli, Parmigiano e olio d’oliva. Così suggerì di aggiungere altre erbe aromatiche come la menta. Poi, quando scoprì che non c’erano pinoli, disse: “E se ci mettessimo del pangrattato?” Il pane fresco accompagna ogni pasto. Il giorno dopo è ancora buono per preparare un toast o una bruschetta. Dopo un paio di giorni, quando è diventato troppo duro anche per tagliarlo, trasformarlo in pangrattato è il modo migliore per non buttare via questo prezioso ingrediente. La cucina italiana prevede un numero pressoché infinito di piatti, sia dolci sia salati, fatti con il pangrattato. Davide grattugiò il pane raffermo e lo saltò in padella con l’olio d’oliva. Mise tutti gli ingredienti in un frullatore, aggiunse del ghiaccio per evitare che i delicati pezzi di verdura si surriscaldassero e diventassero amari e frullò il tutto fino a che raggiunse il colore e la consistenza del pesto. Ero curioso di scoprire se i nostri ospiti avrebbero notato la differenza. Chi avrebbe mangiato da noi quella sera? La settimana prima, quando aveva cucinato Daniel Humm, avevamo invitato gli studenti delle superiori che andavano a visitare l’Expo. Quella sera sarebbe stata la prima volta che uno chef avrebbe cucinato per gli ospiti invitati dalla Caritas Ambrosiana, provenienti dai ricoveri per i senzatetto che c’erano in quella zona. Avrei imparato a conoscere molti di loro per nome con il passare delle settimane, ma quel giorno non sapevo cosa aspettarmi. Tutti quegli uomini attraversavano un momento difficile della loro vita. In aggiunta ai nostri ospiti spesso cucinavamo anche per i bambini delle scuole elementari e medie del quartiere Greco e delle zone limitrofe. Questo programma faceva parte della nostra missione di coinvolgere la comunità locale nel grande tema dell’Expo: “Nutrire il pianeta”. Devo ammettere che imbrogliammo un po’, quando fu il momento del dolce. Alcuni giorni prima avevo chiesto a Cristina di assicurarsi che ci fossero tutti gli ingredienti necessari per preparare il dessert “Il pane è oro”. Ero certo che avremmo avuto un sacco di pane vecchio, ma volevo anche assicurarmi che ci fosse abbastanza latte e zucchero. Sentivamo tutti che era importante preparare il “Pane è oro” o almeno qualcosa di simile, perché rappresentava molto più di un dolce: ai miei occhi era il modo di celebrare lo spirito di tutto il progetto. Adattammo la ricetta a quello che avevamo: usammo delle fettine di pane molto sottili, tutte cosparse da una polvere d’oro, per ricoprire il gelato al caramello salato, e aggiungemmo dei croccanti pezzettini di pane caramellati e la panna. In quel dessert c’erano tutti i sapori, e tutte le emozioni. Entrammo in sala per servire i clienti della mensa mezza vuota. Mangiavano tutti in fretta, senza parlare, e se ne andarono appena finito. Era stata una giornata molto lunga. Mi sedetti con la testa tra le mani, chiedendomi se questo progetto avrebbe davvero funzionato. Don Giuliano, che quella sera aveva cenato con gli ospiti, mi mise una mano sulla spalla e mi assicurò che era andato tutto bene. “Massimo”, disse, “il messaggio che oggi hai dato ai nostri ospiti è che le loro vite sono importanti. Alla fine capiranno che vogliamo solo una cosa, che si siedano tutti intorno a un tavolo e condividano il pasto in un luogo bello e sicuro. E dopotutto, cosa può chiedere un uomo alla vita più di questo?”. 4 giugno Massimo Bottura 76
  • 4. 4 giugno Massimo Bottura8 9
  • 5. VERDURE ESTIVE CON FAGIOLI Per 8 persone 150 g di croste di Parmigiano Reggiano 600 g di fagioli rossi in scatola o un’altra varietà, sgocciolati 100 g di pane raffermo, a cubetti di 1 cm 120 g di radicchio, affettato finemente 60 g di carote, a dadini di 5 mm 60 g di sedano, a dadini di 5 mm 1 cucchiaio di cipolla, a dadini di 5 mm 10 g di foglie di basilico, tritate finemente 130 ml di olio extravergine d’oliva 80 ml di aceto di vino bianco 100 g di peperoni rossi, gialli e verdi, a dadini Sale e pepe nero macinato al momento In una pentola grande unire le croste di Parmigiano Reggiano con 3 litri di acqua fredda e cuocere a fuoco moderato per 1 ora, quindi rimuoverle e mettere da parte. Aggiungere i fagioli e cuocere a fuoco medio finché non sono teneri e cremosi, ci vorranno circa 30 minuti. Mettere da parte. Preriscaldare il forno a 180 °C. Rivestire una leccarda con carta da forno. Disporre il pane nella leccarda e tostarlo finché non è ben dorato, ci vorranno circa 12 minuti. Mettere da parte. In una ciotola capiente, mescolare il radicchio, i peperoni, le carote, il sedano, la cipolla e il basilico. Aggiungere l’olio, l’aceto, sale e pepe a piacere e mescolare. Lasciar riposare per 2 ore. Per impiattare, distribuire i fagioli e il brodo nei piatti fondi e aggiungere il misto di verdure. Guarnire con i crostini e scaglie di Parmigiano ottenute dalle croste. Nota: Conservare un po’ del brodo per altre zuppe o per dei risotti. PASTA CON PESTO DI MENTA E PANE GRATTUGIATO Per 6 persone PESTO DI MENTA E PANE GRATTUGIATO 200 g di foglie di basilico 50 g di foglie di prezzemolo 120 g di foglie di menta 25 g di pane raffermo, sbriciolato finemente 2 spicchi d’aglio, a pezzi 2 cucchiai più 2 cucchiaini di olio extravergine d’oliva 50 g di Parmigiano Reggiano grattugiato al momento 1 cucchiaio di sale marino PASTA 1 cucchiaio di sale grosso 600 g di fusilli o un altro formato di pasta corta Parmigiano Reggiano grattugiato al momento, per servire PER IL PESTO DI MENTA E PANE GRATTUGIATO In un frullatore o in un robot da cucina, lavorare il basilico, il prezzemolo, il pane grattugiato, la menta, l’aglio e 5 cubetti di ghiaccio fino a ottenere un trito fine. Aggiungere l’olio, il Parmigiano e il sale ed emulsionare bene. PREPARARE LA PASTA Cuocere i fusilli al dente in abbondante acqua bollente leggermente salata. Scolarli e condirli con il pesto. Guarnire con il Parmigiano e servire. Massimo Bottura I MIEI APPUNTI: I MIEI APPUNTI: 12
  • 6. Ferran & Albert Adrià Ferran & Albert Adrià Ferran Adrià è lo chef catalano che ha reso grande e famoso il ristorante elBulli. Vi entrò nel 1984 e assunse la responsabilità della cucina nel 1987. Fu un pioniere delle nuove tecniche culinarie, riportò in auge gli ingredienti semplici e quotidiani, e cambiò per sempre la percezione dell’alta cucina. Suo fratello minore, Albert Adrià, ha lavorato a lungo con lui. Dopo la chiusura di elBulli, Albert ha aperto una serie di ristoranti a Barcellona. Ferran e Albert sono considerati tra i più influenti chef del mondo, e non cucinavano insieme da anni quando vennero a cucinare al Refettorio. I due fratelli arrivarono direttamente dall’aeroporto in jeans e scarpe da ginnastica dopo aver preso il primo volo del mattino da Barcellona. Tornarono a Barcellona con l’ultimo volo della giornata, subito dopo cena. Sembravano due monelli di strada, pronti a imbrattare un muro o a combinare qualche guaio per poi tornare alla loro vita di tutti i giorni come se niente fosse. Cristina ripassò con loro il programma del giorno e spiegò cosa avevano fatto gli altri chef. Poi Ferran chiese a Zineb, che il giorno prima aveva cucinato con Andreas Caminada: “Hai la lista dei prodotti?” In seguito lei ci disse: “Non sapevo davvero di cosa stesse parlando. Tutti gli altri chef erano semplicemente entrati nella cella frigorifera e nel camion, e avevano deciso cosa cucinare a seconda di quello che avevano trovato, ma Ferran voleva una lista dei prodotti avanzati dagli altri chef”. Zineb si mise a cercare, trovò del pollo e delle “sfogliatine di pizza” che erano rimasti dalla cena di Andreas del giorno prima, e Ferran e Albert finirono per usare tutto quello che era avanzato. A quel punto i due si misero al lavoro, senza quasi perdere tempo nemmeno a togliersi gli zaini. C’era da cucinare un pranzo a mezzogiorno per novanta bambini, e una cena alle sei per novanta ospiti. Non avevo più visto Ferran lavorare in cucina dall’ultima serata di elBulli nel 2011. Pochi e fortunati chef, tra cui René Redzepi, Grant Achatz, José Andrés e io, erano lì per partecipare a “The Last Waltz”, come Ferran aveva chiamato quell’evento. ElBulli è stato per molti di noi il luogo dove abbiamo imparato a mettere le nostre passioni e il nostro sapere – e tutto quello che siamo – nelle cose che cuciniamo. È stato un messaggio di libertà. Ferran si occupò dei piatti salati, come aveva sempre fatto, e lasciò i dessert ad Albert. Usò il pollo e il pane vecchio per reinventare una classica crocchetta di pollo spagnola e servirla come una sorta di zuppa. Come secondo, Ferran preparò un piatto con patate e melanzane e aggiunse un ragù che aveva trovato in frigo. Una volta alla settimana, mentre gli chef preparavano i loro piatti, io mi occupavo di pulire la cella frigorifera. Trovavo incredibilmente appagante trasformare gli avanzi lasciati dagli altri chef in qualcosa di commestibile e ancora utilizzabile – un esercizio che chiamavo “Esperimenti con Tutto”. A volte, quel “tutto” diventava una zuppa o un brodo, altre volte un ragù. Li chiamavo esperimenti perché non era semplicemente buttare delle cose in una pentola; dovevo pensare a quali ingredienti sarebbero stati bene insieme e a come esaltarne il sapore. Proprio il giorno prima, mentre Andreas stava cucinando, avevo preparato un ragù con petti di tacchino scongelati, diversi tipi di carne macinata (tra cui, pollo, manzo e vitello), un mirepoix di cipolle e carote insaporite con la pancetta invece che con il sale, una cassetta di pomodori maturi e un po’ di speck per un tocco di sapore in più. “Con cosa l’hai fatto?” mi chiese Ferran. E io: “Con TUTTO”. Intanto Albert, che non aveva preparato un dessert da quando aveva chiuso elBulli, stava facendo un risolatte con gelato alle mele arrosto e miele insieme a Riccardo Forapani, uno chef dell’Osteria Francescana che tutti chiamavamo Pippo. Le mele erano molto mature, ma questo non gli impedì di fare un magnifico gelato. “Se un prodotto è vicino alla data di scadenza”, disse, “non significa che sia cattivo. È vero che la frutta e le verdure più sono vecchie e meno sono buone, ma un bravo chef, alla fine, può tirare fuori il meglio da qualsiasi cosa”. Dopo aver servito il pranzo di mezzogiorno stavamo morendo di fame, e così preparai un semplice piatto di pasta per tutti. I nostri cuochi erano emozionati di poter sedere a tavola con Ferran e Albert. Per loro era come sedere a tavola con due semidei. Io ero felice di averli qui a cucinare insieme dopo tutti quegli anni, e a portare nuove idee al progetto. Eravamo tutti seduti a tavola, e Ferran, guardandosi intorno, disse: “Vedi, noi chef non mangiamo sempre caviale e fois gras. Questo è come un pranzo che si fa in famiglia. Ed è una cosa interessantissima per me. Abbiamo scritto un libro intitolato Il pranzo in famiglia, e abbiamo passato tre anni a creare dei menu che avessero gli ingredienti più economici – senza congelare niente e con preparazioni molto veloci”. È vero, mettendoci un po’ d’impegno si possono preparare pranzi squisiti con ingredienti semplicissimi. E il pranzo di quel giorno era stato preparato con grande impegno, anche se gli ingredienti venivano dalle eccedenze di un supermarket o dagli avanzi della sera prima. A ogni pasto che servivamo c’erano sempre un paio di ospiti che non apprezzavano il cibo. Quella sera non fece eccezione. Una donna continuava a rimandare indietro i piatti senza toccarli. Osservai la scena da lontano e cercai di nascondere la cosa a Ferran, finché lui se ne accorse: “Cosa succede, Massimo? Cosa c’è che non va?” Io ero piuttosto imbarazzato, ma Ferran disse: “Che problema c’è? Quella donna deve avere comunque qualcosa da mangiare”. Così, nel pieno del servizio, vidi Ferran che metteva da parte gli altri piatti per fare una delicata insalata mista con pesto e pomodori affettati. Un volontario la portò alla donna, ma il piatto tornò indietro intonso. Scoprimmo che la donna non mangiava il formaggio. 2 settembre 1514
  • 7. 2 settembre Ferran & Albert Adrià16 17
  • 8. RISOLATTE CON GELATO MELA E MIELE Per 8 persone RISOLATTE 1 litro di latte ½ stecca di cannella La scorza di 1 limone, a julienne 250 g di riso 150 g di zucchero 1 cucchiaio di cannella in polvere GELATO MELA E MIELE 150 g di zucchero 4 mele gialle 400 ml di panna fresca 300 ml di latte 5 cucchiai di miele scuro PER IMPIATTARE 10 ventagli di wafer, sbriciolati grossolanamente PER IL RISOLATTE In una pentola portare a leggera ebollizione il latte, la cannella e la scorza del limone a fuoco moderato e cuocere per 10 minuti. Separatamente scaldare 250 ml di acqua con il riso a fuoco moderato. Quando l’acqua sarà evaporata, abbassare la fiamma, aggiungere il latte poco alla volta e completare la cottura del riso per circa 15 minuti. Eliminare la cannella e la scorza di limone. Incorporare lo zucchero mescolando bene. Riportare a temperatura ambiente. Cospargere con la cannella in polvere, coprire e far raffreddare in frigorifero. 
 PER IL GELATO MELA E MIELE In un pentolino sciogliere lo zucchero in 150 ml di acqua a fuoco moderato. Togliere dal fuoco e mettere da parte. Preriscaldare il forno a 180 °C. Rivestire una leccarda con carta da forno. Distribuire le mele intere nella leccarda e cuocere per circa 20 minuti. Quando saranno abbastanza fredde da poterle maneggiare, sbucciarle, mondarle ed eliminare i semi. Trasferire in un robot da cucina, o in un frullatore, unire la panna, il latte, il miele e 2 cucchiai e ½ dello sciroppo e lavorare fino a ottenere un composto omogeneo. Trasferire in una gelatiera e lavorare seguendo le istruzioni del produttore. (In mancanza di una gelatiera, mettere il composto nel congelatore finché non è abbastanza sodo da poter essere servito con una spatola per gelato.) PER IMPIATTARE Distribuire 85 g di risolatte in ogni piatto, adagiarvi una porzione di gelato mela e miele. Guarnire con i wafer sbriciolati. Ferran & Albert Adrià I MIEI APPUNTI: 18
  • 9. Andrea Berton & Davide Oldani AndreaBerton&DavideOldani AndreaBertone DavideOldanisono vecchiamicidaquando,neglianni’80, cucinavanotuttie duedaGualtiero Marchesi.Anchese le lorostradesi sono separate,sonosemprerimastiin contatto: hannocontinuatoa lavoraretuttie due a Milano,e ognunodi loroha trovato un suomodoparticolaredi esprimersi in cucina. Andreaè friulano,ha unapresenza veramenteimponente:è altissimo, e quasiminaccioso.Lo conosco dal 1994.Lo incontraiquandomisipiede per la primavoltanellacucinadell’Hôtel deParisa Montecarlo.Lavoravalì da quasiun anno,e mipresesottola suaala. Daallorasiamosemprerimastiamici. Nelgirodi pochianniAndreaaprìuna seriedi ristorantidi successoa Milano: il Pisacco,unasortadi bistrotitaliano; il Berton,un modernoristorantedi alta cucinainseritonellaguidaMichelin;e Dry, l’ultimo,un incrociotraunapizzeriae un cocktailbar. Davide,invece,è profondamentemilanese. Abbronzato,semprein forma,benvestito, ha apertoil suoristorante,il D’O,allafine deglianni’90,con unmenueconomico di piatticontemporaneipropostoin un ambientemoderno.Ilristoranteriuscì a ottenereunastellaMichelin,e Davide divennesubitoun’iconapop,in Italia. Anchese eranoestremamenteimpegnati con gli eventidell’Expo,entrambi feceroin mododi trovaredel tempo per cucinareun pranzoe unacenada noi.Tuttie duesi eranospesimolto per sostenereil progettodel Refettorio neimesiprecedentiall’apertura,tenendo conferenzestampae partecipando a raccoltedi fondi. Nessunodeiduepotevaimmaginarecosa liaspettavaquelgiorno.Andreaeragià alRefettorioquandoDavidearrivòsulla suabici,senzaavereminimamentel’aria di unochef.C’eraanchedonGiuliano– che a suavoltanon avevaminimamente l’ariadi unpretecon indossoun paio di jeans,unapoloe i sandaliBirkenstock –ed eraprontoa saltarein sellaallasua mountainbikeper fareil solitogirotra le parrocchiedellazona.Eradivertente vederequeidueragazzidi cittàin sellaalle lorobici. Usciiin stradae avvisaiDavide che c’eraun problema:la cucinaa gas non funzionava.Questopotevacomplicare moltole cose.Davidefecesubitounafaccia preoccupata.Avevapensatodi preparare un risottoche si chiamavapanriso– un piattodi suainvenzionecon soprauno stratodi pangrattatosaltatoin padella. Ilpiattosi sposavaperfettamente con lo spiritodel Refettorio,perché utilizzavail pangrattatoper aggiungere saporee consistenzae proponevacosì un’altrabrillanteideaper non buttare il panevecchio.Senzaun fornello,però, sarebbestatoimpossibileprepararlo,così Davideconcentròla suaattenzionesul dessert.Trovòdel mascarponee decise di fareunamousse.Per lo menoci sarebbe statoun magnificodessert! Andreasi dedicòallapanzanella,una classicainsalatadi panee pomodoro che non richiedecottura.Un’ottimatrovata datele circostanze.“Ilpaneè laprima cosache hopensatodi usarequandosono arrivatoquestamattina”,disse.“Sipuò usaredappertutto,non bisognerebbemai buttarlovia.Lo puoimetterein migliaia di ricette,sbriciolato,inzuppatoe fattoal forno.” Allafinela cucinaa gasvenneriparata intornoalleundicidel mattino.Tutti corseroaifornelliper preparareil panriso che Davideavevain mente.Andrea trasformòla suapanzanellain una cremosasalsaalpomodorodaservire con ungratindi pane,cipollae Parmigiano fattoalforno.Il gratineraun incrocio traunapappaalpomodoro(unazuppa toscanadi panee pomodoro)e una panzanella.Steseunosull’altrostrati di panecon in mezzoformaggioe cipolla, misetuttoin fornoe lo servìsu unletto di purèdi panzanella,unaricettache si era inventatosulmomento. Eravamoun po’in ritardoquando i bambiniarrivaronoa mezzogiorno. Simiserotuttia sedere,e Cristina si presentò.Spessoinsegnavaaibambini il valoredel panevecchioe dellebanane ammaccateper aiutarlia capirequello che stavamofacendo.I bambini arrivavanosempreaffamati,e Cristina cominciavala lezionefacendopassaretra loroalcunebananeprofumatema tutte nere.Poichiedeva:“C’ènessunoche ha fame?”I bambiniguardavanole banane ed esclamavano:“Noooo!”,assolutamente disgustati.Poipassavaa spiegareche quelle bananepotevanoesseretrasformate in undeliziosogelato,e cheavevano un ottimosapore,anchese a guardarle non sembrava.Infinefacevagiraretra i bambiniun po’di gelatoper incoraggiarli a pensarein mododiversoa quelfrutto cosìcomune.Avevamocapitoche separli di ciboai bambiniquandohannofame, sonomoltopiùattenti. Ilrisottovenneservitoper primo.Si trattadi unpiattoclassicodellacucina milanese,e tuttala campagnalombarda è punteggiatadi risaie.MentreAndrea stavamettendoil risottoneipiatti,Davide uscìdallacucinaper parlareaibambini dellasuainfanzia:“Nellamiafamiglia pronunciarela parola‘spreco’eragià sprecareil fiato”,disse.“Miamadremi avevainsegnatoa rifletterebene,prima di andarea farela spesa,e a pesaretutto primadi cucinare.A casanon mangiavamo mairisoalsalto(untipicopiatto milanese,fattocon gli avanzidel risotto allozafferano)perchénon avanzavamai niente.” Mentrei bambinifinivanola mousse almascarpone,donGiuliano,che era entratoper mangiarequalcosa,fece intonareaibambiniun corodi “Davide!”, “Andrea!”,“Davide!”,“Andrea!”,“Davide!”, “Andrea!!!”.Batteronole manifinché i duechefuscironodallacucinain mezzo a unastandingovation.Davidee Andrea arrossirono.I bambiniavevanodavvero apprezzatoil pranzo,non soloper quei saporifortie familiari,ma anche per le storieche avevanosentito.Quando nellamensatornòil silenziomiavvicinai aiduechefe dissiaibambini:“Vedete, non avreimaipotutorealizzarequesto progettosenzal’aiutodi amicicomequesti. Stamattinala cucinaa gasnon funzionava nemmeno,ma loroduesonorimasti lo stesso.Con o senzala cucinaa gas, hannodecisoche avrebberocomunque preparatoil pranzo”. Mieroaccortoche Andreae Davideerano moltocontentidi esserevenuti.Dovevano ancoraprepararela cena,e l’entusiasmo deibambiniavrebbetenutoaltoil loro moraleper moltigiornia venire.Don Giulianosi unìa noiancheper cena. “Questoè unveroesempiodi cucina italiana–semplicema squisita”,disse. “Tiarrivadrittaalcuore!”Andreae Davide ricevetteroun lungoapplausoanchedagli ospitidi quellasera,e allafinevennero damee dissero:“GrazieMassimo.Non avevamoideadi comesarebbestata quest’esperienza.Possiamoripeterla?” E cosìfecero.Unannodopopartirono per RiodeJaneiroper cucinarealRefettorio Gastromotiva.A questoservonogli amici. 1° luglio20 21
  • 10. 23Andrea Berton & Davide Oldani1° luglio22 23
  • 11. PANRISO Per 6 persone 300 g di croste di Parmigiano Reggiano, a pezzi grossolani 3 cucchiai di olio extravergine d’oliva 150 g di carne macinata di manzo 4 cucchiai di vino bianco 60 g di pangrattato secco 420 g di riso Carnaroli o un altro riso a chicchi corti 1 cucchiaino di sale 60 g di burro 100 g di Parmigiano Reggiano grattugiato al momento 2 cucchiaini di aceto balsamico In una pentola grande unire le croste del Parmigiano con 1,5 litri di acqua e portare a ebollizione a fuoco moderato. Sobbollire per 20 minuti. Filtrare il brodo di Parmigiano con un colino fine in una casseruola pulita e mantenerlo caldo a fuoco basso. In una padella media scaldare 2 cucchiai di olio a fuoco moderato e rosolare la carne per 8 minuti, mescolando per sgranarla. Sfumare con il vino. Mettere da parte. Separatamente, scaldare il cucchiaio di olio rimanente a fuoco moderato e tostare il pangrattato finché non è ben dorato e croccante. Mettere da parte. In una casseruola mescolare il riso con il sale e tostarlo per circa 6 minuti a fuoco moderato, sempre mescolando. Bagnare con un mestolo abbondante di brodo di Parmigiano. Continuare la cottura, sempre mescolando e bagnando con il brodo, finché il riso non è al dente, ci vorranno circa 20 minuti. Aggiungere il burro, il Parmigiano e l’aceto balsamico. Togliere dal fuoco e lasciar mantecare per 5 minuti. PER IMPIATTARE Disporre un mestolo di risotto in ogni piatto, guarnire con la carne macinata e il pangrattato tostato e servire. PANE E CIPOLLE CON CREMA AL POMODORO CRUDO Per 6 persone CREMA AL POMODORO 500 g di datterini o altri pomodori, a pezzi 25 g di foglie di basilico fresco 4 cucchiaini di sale 4 cucchiai di olio extravergine d’oliva PANE E CIPOLLE 110 ml di olio extravergine d’oliva, più q.b. per condire il pane 2 kg di cipolle bianche, tritate finemente 500 ml di brodo di pollo ½ cucchiaino di sale ¼ di cucchiaino di pepe nero macinato al momento 2 pagnotte (800 g ciascuna) di pane raffermo, a fette di 1,5 cm 120 g di Parmigiano Reggiano, grattugiato PER LA CREMA AL POMODORO In una ciotola far marinare i pomodori con basilico, sale e olio per 15 minuti. Trasferire in un frullatore e lavorare fino a ottenere un composto omogeneo. Filtrare con un colino fine. Conservare a temperatura ambiente. PER IL PANE E CIPOLLE Preriscaldare il forno a 160 °C. Ungere una teglia quadrata profonda 5 cm. In una casseruola scaldare l’olio a fuoco basso e caramellare le cipolle, mescolando di tanto in tanto, per circa 20 minuti. Bagnare con il brodo di pollo, insaporire con sale e pepe e cuocere per 10 minuti. Filtrare il brodo in una ciotola e mettere da parte le cipolle. Distribuire metà del pane nella teglia, coprendone l’intera superficie. Bagnare con un po’ di brodo, stendere uno strato di cipolle cotte e cospargere con il Parmigiano. Ripetere l’operazione con il pane e le cipolle rimanenti, conservando 2 cucchiai di Parmigiano per l’ultimo strato e 2 di cipolle per guarnire. Terminare con uno strato di pane. Spennellare l’ultimo strato con l’olio e cospargere il Parmigiano conservato. Trasferire nel forno e cuocere per circa 20 minuti, finché non è ben dorato. Estrarre lo stampo e lasciar raffreddare per qualche minuto, quindi accendere il grill e rivestire una leccarda con carta da forno. Tagliare il tortino di pane in fette di 5-6 cm. Disporle nella leccarda e gratinarle per circa 5 minuti. PER IMPIATTARE Disporre un cucchiaio generoso di crema al pomodoro alla base del piatto, adagiarvi una fetta di pane e cipolle e guarnire con le cipolle cotte avanzate. Andrea Berton & Davide Oldani I MIEI APPUNTI:
  • 12. MOUSSE AL MASCARPONE CON MELE CARAMELLATE Per 6 persone MOUSSE AL MASCARPONE 450 g di mascarpone 2 cucchiai di panna fresca 2 uova, tuorli e albumi separati 4 cucchiai generosi di zucchero MELE CARAMELLATE 90 g di zucchero 3 mele, sbucciate, a fette PER LA MOUSSE In una ciotola lavorare con una frusta il mascarpone con la panna per renderlo più cremoso. Mettere da parte. Riempire una pentola di acqua e portarla a ebollizione. In una ciotola termoresistente cuocere a bagnomaria i tuorli e metà dello zucchero, lavorandoli con una frusta fino a raggiungere una consistenza schiumosa. Togliere la ciotola dall’acqua bollente e mettere da parte. Separatamente lavorare con una frusta gli albumi con lo zucchero rimanente e montarli a neve ben ferma. Con una spatola incorporare il mascarpone nei tuorli, quindi unire gli albumi montati. Formare delle sfere delle dimensioni di una pallina da golf. Distribuirle in una leccarda rivestita con carta da forno e lasciar riposare in frigorifero fino al momento di servire. PER LE MELE CARAMELLATE In una padella media sciogliere lo zucchero a fuoco moderato, finché non è ben dorato e non inizia a sobbollire. Aggiungere le mele e caramellarle per circa 2 minuti, finché non sono ben dorate. Conservare in caldo fino al momento di servire. PER IMPIATTARE Disporre 1 porzione di mousse al mascarpone in ogni piatto. Guarnire con 2 fette di mela caramellata e finire con qualche goccia di caramello direttamente dalla padella. Andrea Berton & Davide Oldani I MIEI APPUNTI: 26
  • 13. 29Carlo Cracco Carlo Cracco Nel panorama della gastronomia milanese Carlo Cracco è uno degli chef più rispettati, grazie all’approccio all’avanguardia che ha avuto fin dagli inizi della sua carriera. Nel corso degli anni è diventato una voce molto importante, nota agli altri chef, ai giornalisti gastronomici e ai gourmet; ma poi, fin dalla prima puntata di MasterChef nel 2011, Carlo Cracco si è affermato come lo chef più famoso e amato d’Italia. Se tracciamo un albero genealogico della nuova generazione degli chef nostrani, Carlo discende dal prestigioso ramo di Gualtiero Marchesi, il padre della moderna cucina italiana. Carlo ha infatti mosso i suoi primi passi nella cucina del ristorante che prende il nome dallo stesso Gualtiero Marchesi, poi è andato a lavorare in Francia ed è infine tornato in Italia, sempre collaborando con alcuni dei più rinomati ristoranti internazionali. Dopo essere rientrato a Milano, dov’è nato, Cracco ha accettato nel 2001 un invito dalla famiglia Stoppani, proprietaria del Peck, un celebre negozio di gastronomia, e ha aperto il ristorante Cracco Peck. Ben presto il Cracco Peck ottenne due stelle Michelin, e nel 2007 Carlo rilevò tutte le quote della società, divenendo l’unico proprietario del Ristorante Cracco. La cosa bella di Carlo è che, per quanto sia famoso, rimane sempre un amico. Mi ha sostenuto in ogni momento, nella buona e nella cattiva sorte. Durante l’estate del 2015 era più impegnato che mai, tra l’apertura di un secondo ristorante a Milano, il Carlo e Camilla in Segheria, e le riprese di MasterChef e Hell’s Kitchen. Nonostante questo, però, trovò il tempo di venire una sera al Refettorio. Carlo era estremamente motivato ed eccitato all’idea di condividere quell’esperienza con lo staff della sua cucina, e si portò dietro molti dei suoi collaboratori. Chiese a Cristina informazioni dettagliate sulle preferenze degli ospiti e sui menu che erano stati proposti fino a quel momento. Quella mattina scaricò dal camion asparagi, melanzane, pomodori e spalle di vitello, e si mise a lavorare su una cena tipicamente italiana, arricchita con un tocco molto personale. L’unico problema era il dessert. Carlo chiuse gli occhi e sorrise. Poi, improvvisamente, disse a voce alta: “Una torta al cioccolato! Ecco cosa faremo”. Non avrei mai immaginato che uno dei piaceri segreti di Carlo fosse una semplice torta al cioccolato. Trovò abbastanza uova, farina, burro e zucchero nella dispensa, ma non c’era traccia di cioccolato – nemmeno di cacao. Non ci fu modo di fargli cambiare idea: saltò in macchina e partì. Fu di ritorno un’ora dopo, con una scatola piena di cioccolato fondente presa al suo ristorante. Eravamo pronti per cominciare, ma c’era qualcosa di strano nell’aria, qualcosa che non avevo mai sentito prima al Refettorio. Tutti i volontari bisbigliavano tra loro. Continuavano a venire in cucina per fare piccole cose di nessuna importanza. A un certo punto uscii dalla cucina e chiesi a uno dei volontari, un vecchio signore di nome Carlo: “Cosa sta succedendo qui?” Carlo mi venne vicino e disse: “Non ci sembra vero che lo chef Carlo Cracco sia qui con noi. È ancora meglio dal vivo che in tv! Gli possiamo chiedere un autografo?” Mi veniva da ridere, ma decisi di rimanere serio e risposi: “Non adesso. Stiamo per servire la cena. Più tardi, se avrete fatto un buon lavoro, vi potrete scattare una foto con lui”. Com’è nel suo stile, Carlo aveva preparato un menu perfettamente bilanciato, che mi piacerebbe rifare a casa per un pranzo domenicale: la pasta, servita con asparagi, mandorle e una besciamella alla curcuma, era in linea con il suo approccio poco tradizionale alla cucina italiana; un profumatissimo stufato annunciava, in quei primi giorni di settembre, la fine dell’estate; e un’irresistibile torta di cioccolato concludeva il pranzo. La pasta era fresca e leggera proprio come dev’essere in una calda sera di settembre, e aveva un sapore particolare rispetto a quello, troppo intenso, che hanno spesso i pomodori alla fine della stagione estiva. Era dolce, salata e piccante al tempo stesso. Lo stufato era pieno di verdure tipiche della fine dell’estate, cucinate come nella caponata, solo che Carlo aveva aggiunto molti ingredienti decisamente insoliti, come la salsa di soia, lo zenzero e la scorza d’arancia. La torta al cioccolato era stata preparata nel modo classico, e si rivelò semplicemente deliziosa. Dopo il primo morso capii subito perché quel dessert fosse così importante per Carlo. A dispetto di quella cena incredibile, i nostri ospiti erano troppo impressionati da una celebrità come Carlo per prestare attenzione al cibo. Il fatto che Carlo fosse lì di persona a cucinare per loro, che fosse lì in piedi davanti ai loro occhi, li colpì profondamente. La verità è che Carlo era l’unico chef che i nostri ospiti conoscevano per nome, o almeno di faccia. Era al centro dell’attenzione, e trascorse la maggior parte della cena girando tra i tavoli, perché tutti volevano farsi una foto con lui o stringergli la mano, e fu in quel momento che mi venne un’idea: perché non chiedere a Carlo di portare Hell’s Kitchen al Refettorio? Così dopo cena ci provai: “Che ne dici di filmare una puntata di Hell’s Kitchen al Refettorio?” Carlo ci pensò su per qualche secondo tenendomi sulla corda, poi mi guardò e disse: “Ottima idea!” Non avrei mai immaginato che la semifinale di Hell’s Kitchen si sarebbe svolta proprio nella cucina della mensa. Il programma andò in onda un anno dopo: si rivelò un’esperienza straordinaria per tutti e soprattutto per i concorrenti, che chiesero di lavorare come volontari nella nostra cucina dopo la fine del reality con Carlo. E io non lo ringrazierò mai abbastanza per aver portato a un pubblico così vasto il messaggio del Refettorio, e per aver mostrato che i programmi di cucina possono essere molto più di una gara. 8 settembre 2928
  • 14. 8 settembre Carlo Cracco30 31
  • 15. CONCHIGLIONI CON ASPARAGI, MANDORLE E BESCIAMELLA ALLA CURCUMA Per 6 persone 30 g di mandorle intere 180 g di asparagi, mondati, a pezzi di 5 cm Sale e pepe nero macinato al momento 20 g di burro 30 g di farina 350 ml di latte 1 cucchiaino di sale ½ cucchiaino di curcuma in polvere 600 g di conchiglioni rigati o un altro formato simile 1 cucchiaio di olio extravergine d’oliva Preriscaldare il forno a 160 °C. Rivestire una leccarda con carta da forno. Distribuire le mandorle nella leccarda e tostarle nel forno per circa 6 minuti, devono essere ben dorate. Tritare grossolanamente e mettere da parte. In una padella media scaldare 5 cucchiai di acqua a fuoco moderato. Cuocere gli asparagi al dente, per circa 10 minuti. Rimuovere dal fuoco e regolare di sale e pepe. Nel frattempo, in una casseruola media, sciogliere il burro a fuoco medio-alto finché inizia a formarsi la schiuma. Aggiungere la farina e cuocere, mescolando con un cucchiaio di legno o una spatola, per 1-2 minuti, finché inizia a bollire. Togliere dal fuoco e unire lentamente il latte, mescolando continuamente con una frusta, fino a ottenere un composto omogeneo. Rimettere sul fuoco, mescolando con un cucchiaio di legno o una spatola, per 10-12 minuti. Togliere dal fuoco e incorporare il sale e la curcuma. Cuocere la pasta al dente in abbondante acqua leggermente salata. Scolarla bene. Amalgamare con gli asparagi e la besciamella. Dividere in 6 piatti fondi e guarnire con le mandorle tostate. Carlo Cracco I MIEI APPUNTI: 32