1.
Progetto
co-‐finanziato
dal
Ministero
Pari
Opportunità
“La
figura
femminile
come
ponte
per
l’integrazione”
"Il
quadro
europeo
nell'ambito
dell’inclusione
e
integrazione
degli
immigrati.
Uno
sguardo
al
femminile"
a
cura
di
Elena
Garavaglia
-‐
Associazione
ESTER
Le
politiche
europee
in
materia
d’immigrazione
e
d’integrazione
dei
cittadini
dei
paesi
terzi
si
inquadrano
in
un
contesto
demografico
europeo
esposto
a
notevoli
cambiamenti.
L’integrazione
degli
immigrati
regolari
rappresenta
un
enorme
potenziale
e
una
sfida
per
una
Europa
più
multiculturale,
coesa
e
competitiva.
Di
seguito
si
presentano
i
principali
cambiamenti
demografici
che
attraversano
i
Paesi
dell’Unione,
gli
obiettivi
che
l’Unione
europea
si
è
proposta
di
raggiungere
attraverso
la
Strategia
2020
insieme
alle
sfide
che
dovrà
affrontare
nel
prossimo
futuro,
alcuni
cenni
sulla
politica
europea
in
materia
di
pari
opportunità
ed
antidiscriminazione,
per
arrivare
alla
politica
di
immigrazione
e
integrazione
dei
cittadini
e
delle
cittadine
dei
paesi
terzi.
Si
propongono,
inoltre,
alcuni
esempi
d’integrazione
al
femminile
nel
nostro
Paese.
In
questo
modo
ci
sembra
di
poter
inquadrare
appieno
il
fenomeno
della
immigrazione
al
femminile
in
ambito
europeo
e
in
particolare
in
Italia,
per
aprire
un
dibattito
e
favorire
una
riflessione
locale
al
fine
di
individuare
le
migliori
pratiche
di
integrazione
e
cogliere
la
figura
femminile
come
risorsa
e
ponte
per
l’integrazione.
Il
dibattito
aperto
con
alcuni
studenti
delle
scuole
secondarie
della
Regione
Lombardia,
la
riflessione
sulla
percezione
e
sugli
stereotipi
legati
all’immigrazione
e
al
genere
e
i
disegni
che
sono
stati
raccolti
in
una
piccola
pubblicazione
evidenziano
come
le
nuove
generazioni
percepiscano
gli
immigrati
e
le
donne
nel
contesto
del
mercato
del
lavoro
e
tra
i
sessi.
Emerge
un
mondo
in
cui
le
giovani
donne
ricoprono
ruoli
e
sono
rappresentate
in
ambienti
lavorativi
solitamente
tipici
del
sesso
maschile,
alcuni
uomini
immigrati
ricoprono
ruoli
e
posizioni
di
comando
rispetto
agli
uomini
e
alle
donne
italiani.
Da
questo
piccolo
osservatorio
sembra
si
possa
dire
che
i
giovani
italiani,
cresciuti
in
un
contesto
educativo
multiculturale
rispetto
alla
generazione
più
adulta
e
anziana,
abbiano
superato
gli
stereotipi
legati
al
genere
e
alle
differenze
culturali
e
vivano
in
un
ambiente
più
stimolante,
ricco
e
coeso.
Per
i
giovani
sembra
naturale
vivere
in
un
mondo
“transculturale”,
ricco
di
diverse
culture,
esperienze,
religioni
che
travalicano
gli
stereotipi
legati
al
genere.
Da
ultimo,
si
propongono
delle
raccomandazioni
utili
a
stimolare
una
riflessione
comune
per
i
decisori
politici
a
livello
regionale
e
locale,
per
le
organizzazioni
della
società
civile,
le
cooperative
di
cittadini
italiani,
le
cooperative,
le
associazioni
e
le
comunità
d’immigrati,
gli
istituti
di
ricerca,
al
fine
di
promuovere
possibili
protocolli
d’intesa
tra
i
diversi
portatori
di
interesse
per
la
valorizzazione
della
risorsa
femminile,
come
ponte
per
l’integrazione,
a
livello
locale.
1
2.
Il
quadro
demografico
europeo
Il
Trend
statistico
ci
parla
di
una
popolazione
europea
più
numerosa,
più
vecchia,
più
multiculturale.1
Alcuni
dati
Il
numero
di
abitanti
della
Unione
europea
è
di
502
milioni.
La
percentuale
degli
immigrati
in
Unione
europea
è
il
4%
(20
milioni),
un
quinto
degli
immigrati
nel
mondo2.
Il
tasso
di
crescita
della
popolazione
europea
avviene
grazie
agli
immigrati
(91
milioni
in
più).
L’età
media
della
popolazione
europea
dal
1990
al
2010
è
cresciuta
da
35
a
41
anni.
Il
tasso
di
disoccupazione
della
popolazione
europea
è
di
circa
l’8%.
La
popolazione
immigrata
è
più
giovane,
attestandosi
su
una
media
di
27,5
anni
rispetto
alla
media
dei
cittadini
europei
di
30,2.
Le
proiezioni
al
2060
indicano
che
tra
i
giovani
adulti
immigrati,
il
numero
delle
prime
e
seconde
e
generazioni
è
destinato
a
crescere
notevolmente.
L’incremento
della
popolazione
non-‐europea
nei
paesi
dell’Unione
è
di
uno
o
due
milioni
all’anno
nell’ultimo
periodo
(con
il
picco
nel
2007).
Molti
dei
paesi
europei,
infatti,
continuano
ad
attrarre
la
popolazione
immigrata
dagli
altri
paesi
non-‐europei
anche
dopo
la
crisi
globale
finanziaria
che
ha
prodotto
recessione
nei
paesi
occidentali.
I
Paesi
dell’Unione
europea
attraggono
gli
immigrati
con
bassa
scolarità
e
negli
ultimi
anni
l’immigrazione
ha
interessato
i
Paesi
che
si
affacciano
sulla
sponda
del
Mediterraneo.
Gli
immigrati
con
alta
scolarità,
sia
maschi
che
femmine,
tendono
ad
essere
impiegati
in
lavori
meno
qualificati
dei
cittadini
locali.
In
ambito
europeo,
gli
immigrati
di
seconda
generazione
si
avvicinano
al
tasso
d’impiego
dei
figli
degli
autoctoni,
ma
il
loro
tasso
d’impiego
rimane
basso
e
ciò
vale
per
gli
uomini
come
per
le
donne.
Evidenziamo
comunque
che,
in
Italia,
le
giovani
donne
immigrate
di
seconda
generazione
registrano
un
tasso
di
occupazione
superiore
a
quello
delle
donne
con
genitori
italiani.
1
Eurostat,
Demography
Report
2010,
-‐
Older,
more
numerous
and
diverse
Europeans
2
Development
Research
Centre
on
Migration
Globalisation
&
Poverty
“Making
Migration
Work
for
Development”
2
3.
Nel
2060
si
prevede
che
la
percentuale
dei
residenti
in
Unione
europea
di
età
compresa
tra
i
15
e
74
anni
nati
all’estero
o
con
un
genitore
nato
all’estero
raddoppierà
rispetto
al
2008
(12,7
%)
e
raggiungerà
addirittura
il
25%.
Se
si
considera
il
processo
d’integrazione
dei
cittadini
dei
pesi
terzi,
nei
quattro
paesi
europei
(Belgio,
Olanda,
Francia,
Austria,
Regno
Unito)
con
le
più
ampie
coorti
degli
immigranti
di
seconda
generazione
e
dati
disponibili,
si
nota
che
avviene
nel
corso
di
due
o
tre
generazioni,
quando
i
figli
degli
immigrati
acquisiscono
un
livello
di
scolarizzazione
e
un
ingresso
nel
mercato
del
lavoro
simile
a
quello
della
popolazione
locale.
I
dati
indicano
anche
che,
in
generale,
nei
ventisette
Paesi
dell’Unione
europea,
i
nipoti
degli
immigrati
non
si
sentono
più
parte
di
un
gruppo
minoritario.
Insieme
all’aumento
degli
immigrati
cittadini
di
paesi
terzi,
si
registra,
inoltre,
un
incremento
del
numero
di
europei
che
si
spostano
nei
paesi
dell’Unione:
sono
tendenzialmente
più
giovani
e
più
scolarizzati
della
media
nel
paese
ospitante;
solitamente
si
spostano
nei
Paesi
europei
per
poco
tempo.
In
particolare,
le
persone
che
si
spostano
in
altri
paesi,
sia
migranti
tradizionali
sia
nuovi,
tendono
a
essere
più
abili
nelle
lingue
straniere
e
si
muovono
per
studiare
e
lavorare.
In
Italia
In
Italia
si
registra
il
più
alto
tasso
di
popolazione
anziana
non
autosufficiente
insieme
alla
Germania,
con
un
tasso
di
fertilità
basso
(1.6)
e
una
aspettativa
di
vita
alta.
La
previsione
è
che
il
tasso
della
popolazione
dipendente
cresca
di
due
terzi
negli
anni
(quindi
due
persone
al
di
sopra
dei
65
anni
per
ogni
tre
persone
che
sono
in
età
lavorativa).
La
popolazione
italiana
è
destinata
a
rimanere
invariata
numericamente,
solo
se
continua
il
tasso
di
immigrazione.
Il
tasso
di
occupati
anziani
è
relativamente
basso.
La
proporzione
di
lavoratori
anziani
(55-‐64
anni)
come
forza
lavoro
è
destinata
ad
arrivare
al
25%
nel
2030.
E’
necessario
aumentare
la
produttività,
promuovendo
il
successo
scolastico,
evitando
l’abbandono
scolastico
e
investendo
nella
ricerca
e
nello
sviluppo.
Nel
2009,
si
registra
un
tasso
di
impiego
delle
donne
tra
i
25
e
54
anni
pari
al
59,2%
rispetto
alla
stessa
coorte
di
età
degli
uomini
dell’
84,6%
e
un
tasso
d’impiego
delle
donne
immigrate
tra
i
25
e
i
54
anni
di
età
del
53,6%
.
La
promozione
della
forza
lavoro
femminile
e
la
riduzione
della
povertà
femminile
impiegata
nei
lavori
domestici
e
con
prole,
insieme
all’allungamento
dell’età
pensionabile
sono
alcune
delle
opportunità
e
delle
sfide
che
il
nostro
paese
deve
affrontare
nel
futuro.
3
4.
La
strategia
europea
20203
La
strategia
europea
2020
punta
a
rilanciare
l'economia
dell'Unione
europea
nel
prossimo
decennio.
In
un
mondo
che
cambia
l'Unione
europea
si
propone
di
diventare
un'economia
intelligente,
sostenibile
e
solidale.
Queste
tre
priorità,
che
si
rafforzano
a
vicenda,
intendono
aiutare
l'Unione
europea
e
gli
Stati
membri
a
conseguire
elevati
livelli
di
occupazione,
di
produttività
e
di
coesione
sociale.
In
particolare,
l'Unione
si
è
posta
cinque
ambiziosi
obiettivi
–
in
materia
di
occupazione,
innovazione,
istruzione,
integrazione
sociale
e
clima/energia
–
da
raggiungere
entro
il
2020.
Ogni
Stato
membro
ha
adottato
per
ciascuno
di
questi
settori
i
propri
obiettivi
nazionali.
Gli
interventi
concreti
a
livello
europeo
e
nazionale
vanno
a
consolidare
la
strategia.
Nello
specifico,
crescita
intelligente
significa:
-‐
migliorare
le
prestazioni
nell’istruzione
e
quindi
incoraggiare
le
persone
ad
apprendere,
studiare
e
aggiornare
le
loro
competenze.
-‐
migliorare
le
prestazione
nel
campo
della
ricerca/innovazione
attraverso
la
creazione
di
nuovi
prodotti/servizi
in
grado
di
stimolare
la
crescita
e
l'occupazione
per
affrontare
le
sfide
della
società.
-‐
migliorare
le
prestazioni
nel
campo
della
società
digitale
attraverso
l’uso
delle
tecnologie
dell'informazione
e
della
comunicazione.
Gli
obiettivi
dell'Unione
europea
per
la
crescita
intelligente
comprendono:
- livelli
d’investimento
(pubblico
più
privato)
pari
al
3%
del
PIL
dell'Unione
europea,
nonché
condizioni
migliori
per
la
ricerca,
lo
sviluppo
e
l'innovazione.
-‐
tasso
di
occupazione
per
donne
e
uomini
di
età
compresa
tra
20
e
64
anni
al
75%
entro
il
2020,
da
conseguire
offrendo
maggiori
opportunità
lavorative,
in
particolare
a
donne,
giovani,
lavoratori
più
anziani
e
meno
qualificate
e
immigrati
regolari.
-‐
migliori
risultati
scolastici,
in
particolare,
riducendo
gli
abbandoni
scolastici
al
di
sotto
del
10%;
garantendo
che
almeno
il
40%
dei
30-‐34enni
abbia
un'istruzione
universitaria
(o
equivalente).
Crescita
sostenibile
significa
un'economia
più
efficiente
sotto
il
profilo
delle
risorse,
più
verde
e
più
competitiva.
L’Unione
europea
intende:
-‐
costruire
un'economia
a
basse
emissioni
di
CO2
più
competitiva,
capace
di
sfruttare
le
risorse
in
modo
efficiente
e
sostenibile
-‐
tutelare
l'ambiente,
ridurre
le
emissioni
e
prevenire
la
perdita
della
biodiversità.
-‐
servirsi
del
ruolo
guida
dell'Europa
per
sviluppare
nuove
tecnologie
e
metodi
di
produzione
verdi
3
COM(2010)
2020
Comunicazione
della
Commissione
europea
2020
“Una
strategia
per
una
crescita
intelligente,
sostenibile
e
inclusiva”
4
5.
-‐
introdurre
reti
elettriche
intelligenti
ed
efficienti
-‐
sfruttare
le
reti
su
scala
europea
per
conferire
alle
nostre
imprese
-‐
specie
le
piccole
aziende
industriali
-‐
un
ulteriore
vantaggio
competitivo.
-‐
migliorare
l'ambiente
in
cui
operano
le
imprese,
in
particolare
le
piccole
e
medie
-‐
aiutare
i
consumatori
a
fare
delle
scelte
informate.
Gli
obiettivi
dell'Unione
Europea
per
la
crescita
sostenibile
comprendono:
-‐
la
riduzione
delle
emissioni
di
gas
serra
del
20%
rispetto
ai
livelli
del
1990
entro
il
2020.
L'UE
è
pronta
ad
andare
oltre
e
prevedere
una
riduzione
del
30%
se
gli
altri
paesi
sviluppati
si
assumono
un
impegno
analogo
e
i
paesi
in
via
di
sviluppo
contribuiscono
secondo
le
proprie
capacità
nell'ambito
di
un
accordo
globale.
-‐
l’aumento
della
proporzione
delle
energie
rinnovabili
nel
consumo
finale
al
20%
-‐
l’aumento
del
20%
dell'efficienza
energetica.
Nello
specifico,
crescita
solidale
significa:
-‐
aumentare
il
tasso
di
occupazione
dell'Unione
europea
con
un
numero
maggiore
di
lavori
più
qualificati,
specie
per
le
donne,
i
giovani
e
i
lavoratori
più
anziani.
-‐
aiutare
le
persone
di
ogni
età
a
prevedere
e
gestire
il
cambiamento
investendo
in
competenze
e
formazione.
-‐
modernizzare
i
mercati
del
lavoro
e
i
sistemi
previdenziali.
-‐
garantire
che
i
benefici
della
crescita
raggiungano
tutte
le
aree
dell'Unione
europea.
L’Unione
europea,
attraverso
la
crescita
solidale,
ha
l’obiettivo
di
ridurre
almeno
del
25%
la
popolazione
povera
-‐
20
milioni
di
persone
a
rischio
o
in
situazione
di
povertà
ed
emarginazione
in
meno.
La
Strategia
europea
per
la
parità
tra
donne
e
uomini4
Richiamando
la
Carta
delle
donne5,
che
ribadisce
che
la
parità
tra
donne
e
uomini
è
un
diritto
fondamentale,
stabilito
dall'articolo
2
del
trattato
sull'Unione
europea
e
dalla
Carta
dei
diritti
fondamentali
dell'Unione
europea6,
che
si
tratta
di
uno
dei
valori
comuni
sui
quali
si
fonda
l'Unione
europea.
Che
la
coesione
economica
e
sociale,
la
crescita
sostenibile
e
la
competitività,
le
sfide
demografiche,
riuscire
in
tutto
questo
dipende
da
una
vera
uguaglianza
tra
donne
e
uomini.
4
COM(2010)
491
definitivo
Comunicazione
della
Commissione
al
Parlamento
europeo,
al
Consiglio,
al
Comitato
Economico
e
Sociale
europeo
e
al
Comitato
delle
Regioni
“Strategia
per
la
parità
tra
donne
e
uomini
2010-‐2015”
5
COM(2010)78
definitivo
Comunicazione
della
Commissione
“Maggiore
impegno
verso
la
parità
tra
donne
e
uomini
Carta
per
le
donne”
6
Carta
dei
diritti
fondamentali
dell’Unione
europea
Capo
III
artt.
20-‐26
5
6.
La
strategia
europea
per
la
parità
2010
2015
rileva
che
le
disparità
tra
le
donne
e
gli
uomini
violano
i
diritti
fondamentali,
impongono
un
pesante
tributo
all'economia
e
hanno
come
conseguenza
una
sottoutilizzazione
dei
talenti.
Promuovendo
la
parità
di
genere
si
possono
ottenere
vantaggi
economici
e
commerciali.
Per
raggiungere
gli
obiettivi
di
Europa
2020,
infatti,
è
necessario
utilizzare
il
potenziale
e
i
talenti
delle
donne
in
modo
più
ampio
ed
efficiente.
Le
azioni
che
la
strategia
promuove
interessano
cinque
settori
e
attività
trasversali
e
cioè:
pari
indipendenza
economica,
pari
retribuzione
per
lo
stesso
lavoro
e
lavoro
di
pari
valore,
parità
nel
processo
decisionale,
dignità,
integrità
e
fine
della
violenza
nei
confronti
delle
donne,
parità
tra
donne
e
uomini
nelle
azioni
esterne.
L’attività
trasversale
interessa
il
monitoraggio,
l'applicazione,
la
valutazione
e
l'aggiornamento
regolari
del
quadro
giuridico7
in
materia
di
parità8
e
antidiscriminazione9.
La
pari
indipendenza
economica
è,
nello
specifico,
una
condizione
essenziale
perché
sia
le
donne
che
gli
uomini
siano
in
grado
di
controllare
la
propria
vita
e
di
compiere
scelte
reali.
Per
raggiungere
l'obiettivo
di
Europa
2020
di
un
tasso
di
occupazione
del
75%
per
donne
e
uomini
è
necessario
concentrarsi
sulla
partecipazione
al
mercato
del
lavoro
delle
donne
più
anziane,
dei
genitori
soli,
delle
donne
disabili,
delle
donne
migranti
e
delle
donne
delle
minoranze
etniche.
Per
quanto
concerne
le
donne
migranti,
si
sottolinea
che
il
loro
tasso
di
occupazione
rimane
basso,
specialmente
nei
primi
tre
anni
in
cui
si
trovano
nel
paese
di
accoglienza.
Per
questo
motivo
è
essenziale
fornire
per
tempo
un
sostegno
alle
donne
migranti
e
monitorare
gli
effetti
di
tale
assistenza.
È
importante
renderle
più
consapevoli
dei
loro
diritti
e
facilitare
la
loro
integrazione
e
l'accesso
all'istruzione
e
all'assistenza
sanitaria.
Le
azioni
chiave
per
il
raggiungimento
dell’indipendenza
economica
intendono:
-‐ sostenere
la
promozione
della
parità
di
genere
per
quanto
riguarda
la
definizione
e
l'attuazione
delle
misure
nazionali
pertinenti,
-‐ promuovere
l'imprenditorialità
e
il
lavoro
autonomo
delle
donne,
7
COM(2008)
420
definitivo
Comunicazione
della
Commissione
al
Parlamento
europeo,
al
Consiglio,
al
Comitato
Economico
e
Sociale
Europeo
e
al
Comitato
delle
Regioni
“Non
discriminazione
e
pari
opportunità:
Un
impegno
rinnovato”
8
La
sfida
demografica
e
la
solidarietà
tra
generazioni
P7_TA(2010)0400
Risoluzione
del
Parlamento
europeo
dell'11
novembre
2010
sulla
sfida
demografica
e
la
solidarietà
tra
le
generazioni
(2010/2027(INI))
Paragrafo
Politica
della
migrazione
9
Art
21
della
Carta
dei
diritti
fondamentali
dell’Unione
europea
“E’
vietata
qualsiasi
forma
di
discriminazione
fondata,
in
particolare,
sul
sesso,
la
razza,
il
colore
della
pelle
o
l’origine
etnica
o
sociale,
le
caratteristiche
genetiche,
la
lingua,
la
religione
o
le
convinzioni
personali,
le
opinioni
politiche
o
di
qualsiasi
altra
natura,
l’appartenenza
ad
una
minoranza
nazionale,
il
patrimonio,
la
nascita,
gli
handicap,
l’età
o
le
tendenze
sessuali.”
6
7.
-‐ valutare
le
disparità
ancora
esistenti
per
quanto
riguarda
il
diritto
al
congedo
per
motivi
di
famiglia,
-‐ riferire
sui
risultati
ottenuti
dagli
Stati
membri
per
quanto
riguarda
le
strutture
di
assistenza
per
l'infanzia
-‐ promuovere
la
parità
di
genere
in
tutte
le
iniziative
concernenti
l'immigrazione
e
l'integrazione
dei
migranti.
Le
azioni
chiave
che
riguardano
la
pari
retribuzione
per
lo
stesso
lavoro
e
lavoro
di
pari
valore
intendono
superare
gli
ostacoli
alla
radice
della
disparità
tra
i
sessi
legate
al
divario
tra
il
livello
d'istruzione
delle
donne
e
la
loro
carriera
professionale,
alla
segregazione
nel
mercato
del
lavoro
dato
che
le
donne
e
gli
uomini
tendono
ancora
a
lavorare
in
settori
e/o
impieghi
diversi
e
alla
parte
sproporzionata
di
responsabilità
familiari
da
sostenere
e
la
conseguente
difficoltà
di
conciliare
il
lavoro
con
la
vita
privata.
Le
azioni
che
intendono
promuovere
la
parità
nel
processo
decisionale
si
concentrano
su
iniziative
mirate
al
miglioramento
della
parità
di
genere
nei
processi
decisionali,
al
monitoraggio
dell'obiettivo
del
25%
di
donne
in
posizioni
direttive
di
alto
livello
nella
ricerca;
al
monitoraggio
dei
progressi
verso
l'obiettivo
del
40%
di
membri
di
uno
stesso
sesso
nei
comitati
e
gruppi
di
esperti
istituiti
dalla
Commissione,
al
sostegno
degli
sforzi
per
promuovere
una
maggiore
partecipazione
delle
donne
alle
elezioni
al
Parlamento
europeo,
anche
come
candidate.
Richiamando
il
Programma
di
Stoccolma10,
nel
settore
della
dignità,
integrità
e
fine
della
violenza
nei
confronti
delle
donne,
la
Commissione
si
concentra
sulla
protezione
delle
vittime
dei
reati
e
tra
cui
le
donne
vittime
di
violenze
e
mutilazioni
genitali,
e
annuncia
una
strategia
globale
dell'Unione
europea
per
le
violenze
nei
confronti
delle
donne.
Inoltre,
la
Carta
per
le
donne
prevede
misure,
tra
cui
leggi
penali,
nei
limiti
delle
sue
competenze,
per
sradicare
la
mutilazione
genitale
femminile
in
tutta
l'Unione
europea.
Per
ciò
che
riguarda
la
parità
delle
donne
e
degli
uomini
nelle
azioni
esterne,
l’Unione
europea
intende
cooperare
attivamente
con
le
organizzazioni
internazionali
che
operano
per
la
parità
tra
donne
e
uomini
al
fine
di
produrre
sinergie
e
promuovere
l'emancipazione
femminile,
nonché
con
la
nuova
agenzia
delle
Nazioni
Unite
per
l'uguaglianza
di
genere
e
sostiene
la
partecipazione
alla
società
civile,
la
creazione
di
infrastrutture
e
le
campagne
a
sostegno
della
parità
tra
donne
e
uomini
e
dell'emancipazione
femminile.
L'Unione
europea
si
impegna
anche
a
proteggere
le
donne
nelle
situazioni
di
conflitto
e
post-‐
conflitto
e
ad
assicurare
la
loro
piena
partecipazione
alla
prevenzione
dei
conflitti,
alla
costruzione
della
pace
e
ai
processi
di
ricostruzione,
ed
attua
con
determinazione
l'approccio
globale
dell'Unione
europea
alle
risoluzioni
del
Consiglio
di
sicurezza
delle
Nazioni
Unite
1325
e
1820
sulle
donne,
la
pace
e
la
sicurezza.
10
(2010/C
115/01)
Programma
di
Stoccolma
“Un'Europa
aperta
e
sicura
al
servizio
e
a
tutela
dei
cittadini”
7
8.
L'Unione
europea
inserisce
la
parità
di
genere
anche
nella
sua
politica
commerciale
come
parte
di
un
quadro
più
ampio
di
sviluppo
sostenibile
e
nei
suoi
accordi
commerciali
preferenziali
incoraggia
l'effettiva
applicazione
delle
principali
norme
di
lavoro
dell'Organizzazione
Internazionale
del
Lavoro
e
della
sua
agenda
per
il
lavoro
dignitoso,
anche
in
relazione
alla
non
discriminazione.
Una
politica
comune
d’immigrazione
Considerando
le
sfide
demografiche
che
l’Europa
deve
affrontare
in
un
mondo
sempre
più
interconnesso
e
globale,
soprattutto
a
fronte
della
crisi
che
sta
coinvolgendo
e
attraversando
in
modo
significativo
i
Paesi
occidentali,
le
politiche
di
pari
opportunità
tra
gli
uomini
e
le
donne
e
le
pari
opportunità
per
tutti,
la
politica
antidiscriminatoria
per
cui
L'Unione
europea
opera
nell'interesse
dei
suoi
cittadini
per
impedire
che
vengano
discriminati
in
base
al
sesso,
alla
razza
o
all'origine
etnica,
alla
religione
o
alle
convinzioni
personali,
alla
disabilità,
all'età
o
all'orientamento
sessuale,
l’integrazione
degli
immigrati,
cittadini
di
paesi
terzi,
presuppone
una
politica
comune
sull’immigrazione11
come
risposta
strategica
per
lo
sviluppo
di
un
mondo
più
solidale,
sostenibile
e
coeso.
L’immigrazione,
pertanto,
costituisce
quindi
una
sfida
e
nello
stesso
tempo
un’opportunità.
La
politica
comune
di
immigrazione
deve
promuovere
opportunità
economiche
e
misure
di
integrazione
basate
sulla
solidarietà
e
sulla
condivisione
degli
oneri.
Essa
deve
essere
vista
come
un
continuum
che
va
dall'ingresso
nel
territorio
fino
all'insediamento
e
all'inclusione
economica
e
sociale.
Come
più
volte
osservato,
le
politiche
antidiscriminatorie
e
per
la
parità
dei
diritti
sono
importanti
per
eliminare
alcuni
degli
ostacoli
cui
devono
far
fronte
gli
immigrati
e
i
loro
discendenti,
pertanto
a
tal
riguardo,
è
opportuno
promuovere
il
dialogo
interculturale
e
interconfessionale.
L’integrazione
dei
cittadini
dei
paesi
terzi
come
motore
dello
sviluppo
economico
e
di
coesione
sociale
Al
fine
di
promuovere
le
politiche
sopra
descritte,
il
Consiglio
dell’Unione
europea
ha
istituito
il
Fondo
europeo
per
l’integrazione
dei
cittadini
dei
paesi
terzi
nel
più
ampio
quadro
del
Programma
“Solidarietà
e
gestione
dei
flussi
migratori”.
12
11
COM(2007)
780
definitivo
Comunicazione
della
Commissione
al
Parlamento
europeo,
al
Consiglio,
al
Comitato
Economico
e
Sociale
Europeo
e
al
Comitato
delle
Regioni
“Verso
una
politica
comune
di
immigrazione”
12
(2007/435/CE)
Decisione
del
Consiglio
che
istituisce
il
Fondo
europeo
per
l’integrazione
di
cittadini
di
paesi
terzi
per
il
periodo
2007-‐2013
nell'ambito
del
programma
generale
“Solidarietà
e
gestione
dei
flussi
migratori”
8
9.
Obiettivo
generale
del
Fondo
è
sostenere
gli
sforzi
compiuti
dagli
Stati
membri
per
permettere
a
cittadini
dei
paesi
terzi,
appena
arrivati,
provenienti
da
contesti
economici,
sociali,
culturali,
religiosi,
linguistici
ed
etnici
diversi
di
soddisfare
le
condizioni
di
soggiorno
e
di
integrarsi
più
facilmente
nelle
società
europee.
Esso
contribuisce
allo
sviluppo
e
all'attuazione
di
strategie
nazionali
d'integrazione
dei
cittadini
dei
paesi
terzi
in
tutti
gli
aspetti
della
società,
tenendo
conto
in
particolare
del
principio
secondo
cui
l'integrazione
è
un
processo
dinamico
e
bilaterale
di
adeguamento
reciproco
da
parte
di
tutti
gli
immigrati
e
di
tutti
i
residenti
dei
Paesi
membri.
Tali
politiche
della
Unione
europea
sono
riconfermate
e
declinate
nella
successiva
Agenda
per
l’integrazione
dei
cittadini
di
paesi
terzi13,
nella
quale
si
evidenzia
che
l’integrazione
è
un
processo
che
parte
dal
basso
e
che
le
politiche
d’integrazione
sono
favorite
da
un
approccio
“bottom-‐up”,
connesse
al
livello
locale,
e
che
favoriscono
un
atteggiamento
positivo
verso
la
diversità,
costruito
sul
rispetto
reciproco
delle
diverse
culture
e
tradizioni
e
che
le
politiche
devono
minimizzare
l’isolamento
dei
cittadini
dei
paesi
terzi
permettendo
anche
l’accesso
alla
formazione
e
all’inserimento
nel
mercato
del
lavoro.
Così
come
l’Europa
si
è
costruita
sul
rispetto
reciproco
tra
culture
e
tradizioni
diverse,
essa
deve
promuovere
un
atteggiamento
positivo
verso
i
cittadini
e
le
cittadine
dei
paesi
terzi
rispettandone
i
diritti
fondamentali
e
la
parità
di
trattamento.
Dato
che
i
dati,
a
oggi,
indicano
i
livelli
occupazionali
della
forza
lavoro
immigrata,
soprattutto
femminile,
bassi,
la
crescente
disoccupazione
e
gli
alti
tassi
di
forza
lavoro
immigrata
sovra
qualificata,
il
rischio
crescente
di
esclusione
sociale,
le
disparità
in
termini
di
rendimento
scolastico,
l'apprensione
pubblica
per
la
scarsa
integrazione,
le
azioni
che
l’Unione
europea
deve
ancora
intraprendere,
riguardano
i
seguenti
settori
chiave:
l’integrazione
tramite
la
partecipazione,
più
azione
a
livello
locale
e
il
coinvolgimento
dei
paesi
d’origine.
La
partecipazione
si
declina
nel
mercato
del
lavoro
e
nel
campo
dell’istruzione.
Nel
mercato
del
lavoro
essa
si
ottiene
attraverso
l’apprendimento
della
lingua,
l’istituzione
di
servizi
che
permettano
il
riconoscimento
di
qualifiche
e
competenze
acquisite
nel
paese
d'origine
in
modo
da
offrire
agli
immigrati
maggiori
opportunità
di
trovare
un
impiego
per
cui
sono
adeguatamente
qualificati
(questo
è
vero
soprattutto
per
le
donne),
il
rafforzamento
dell’imprenditorialità
immigrata,
la
capacità
creativa
e
innovativa.
La
partecipazione
nel
campo
dell’istruzione
deve
prevedere
l’insegnamento
della
lingua
sin
dalla
fase
pre-‐scolare,
evitare
la
dispersione
e
l’abbandono
scolastico,
favorire
l’affiancamento
dei
genitori
alla
scolarizzazione
dei
figli
immigrati.
13
COM(2011)
455
definitivo
Comunicazione
della
Commissione
al
Parlamento
europeo,
al
Consiglio,
al
Comitato
Economico
e
Sociale
europeo
e
al
Comitato
delle
Regioni
“Agenda
europea
per
l’integrazione
dei
cittadini
di
paesi
terzi”
9
10.
Inoltre
migliori
condizioni
di
vita
sono
garantite
dalla
rimozione
di
eventuali
ostacoli
e
dalla
fruizione
dei
servizi
sociali
e
sanitari
e
dal
contrasto
alla
povertà
e
all’esclusione
dei
più
vulnerabili.
La
partecipazione
al
processo
democratico
è,
insieme
all’inserimento
nel
mercato
del
lavoro,
condizione
d’integrazione,
pertanto
vanno
rimossi
gli
ostacoli
legislativi
e
amministrativi
che
impediscono
la
partecipazione
degli
immigrati
alla
vita
politica.
Si
deve
favorire
il
coinvolgimento
dei
rappresentanti
degli
immigrati,
comprese
le
donne,
nell'elaborazione
e
nell'attuazione
delle
politiche
e
dei
programmi
d’integrazione.
I
paesi
dell’Unione
europea
dovrebbero
predisporre
misure
per
prevenire
la
discriminazione
istituzionale
e
promuovere
la
parità
di
trattamento.
A
livello
locale,
un'integrazione
effettiva
presuppone
misure
di
sostegno
a
favore
delle
infrastrutture
sociali
e
della
rivitalizzazione
urbana.
E’
importante
un
approccio
integrato
contro
la
segregazione.
In
riferimento
ai
contatti
con
i
paesi
di
origine,
le
rimesse
e
il
trasferimento
di
competenze,
l’innovazione
e
le
conoscenze
possono
incentivare
investimenti
sostenibili
nei
paesi
d'origine
favorendone
lo
sviluppo.
Promuovere,
da
ultimo,
una
strategia
più
dinamica
a
favore
dell'imprenditoria
transnazionale
può
agevolare
gli
imprenditori
attivi
tanto
negli
Stati
membri
dell’Unione
europea
che
nei
paesi
partner.
Questo
tipo
di
imprese
può
creare
posti
di
lavoro
nei
paesi
di
origine
e
essere
un
vantaggio
sia
per
l'integrazione
degli
immigrati
che
per
lo
sviluppo
degli
scambi
tra
paesi.
Lo
studio
pilota
del
2011
condotto
dalla
Commissione
europea14individua
gli
indicatori
per
l’integrazione
dei
cittadini
dei
paesi
terzi
nelle
quattro
aree
politiche,
già
evidenziate
dalla
Agenda
sopra
citata,
e
cioè:
occupazione,
educazione,
inclusione
sociale,
cittadinanza
attiva,
sottolineando
l’importanza
del
senso
di
appartenenza
nella
società
ospitante.
Nello
specifico,
gli
indicatori
utilizzati
per
indagare
le
caratteristiche
dell’area
occupazione
sono:
-‐
tasso
di
occupazione
-‐
tasso
di
disoccupazione
-‐
tasso
di
attività.
Per
quanto
riguarda
l’area
educazione,
gli
indicatori
sono:
-‐
il
livello
di
scolarizzazione
conseguito
-‐
la
quota
dei
bassi
risultati
tra
i
quindicenni
in
letteratura,
matematica
e
scienze
-‐
la
quota
dei
laureati
tra
i
soggetti
tra
i
trenta
e
i
trentaquattro
anni
-‐
la
quota
degli
abbandoni
di
scuola
e
formazione
nella
fascia
d’età
18-‐24
Per
l’area
inclusione
sociale
sono:
-‐
il
reddito
netto
medio
della
popolazione
immigrata
in
proporzione
al
reddito
netto
medio
del
totale
della
popolazione
14
European
Commission
EUROSTAT
2011,
“Zaragoza
pilot
study
Indicators
of
immigrant
integration”
10
11.
-‐
la
quota
di
popolazione
a
rischio
povertà,
cioè
con
reddito
netto
disponibile
di
meno
del
60%
della
media
nazionale.
-‐
la
quota
di
popolazione
che
percepisce
il
proprio
stato
di
salute
come
buono
o
scarso.
-‐
il
rapporto
tra
proprietari
e
non
proprietari
dell’abitazione
tra
immigrati
e
popolazione
locale
Per
l’area
cittadinanza
attiva
sono:
-‐
la
quota
di
immigrati
che
hanno
acquisito
la
cittadinanza
-‐
la
quota
di
immigrati
che
posseggono
un
permesso
di
soggiorno
permanente
o
di
lungo
termine
-‐
la
quota
di
immigrati
tra
i
rappresentanti
politici
eletti
Infine,
si
richiamano
le
Linee
guida
redatte
dalla
Commissione
europea
per
i
decisori
politici
e
gli
operatori15
che
si
occupano
dell’integrazione
degli
immigrati.
Nel
testo
si
sottolinea
che
l’integrazione
è
un
processo
dinamico,
di
mutuo
adattamento
tra
immigrati
e
residenti,
e
che
l’interazione
frequente
tra
immigrati
e
cittadini
è
un
fenomeno
fondamentale
per
l’integrazione,
che
il
dialogo
interculturale,
la
condivisione
di
forum,
l’educazione
alla
cultura
degli
immigrati
e
le
condizioni
di
vita
stimolanti
rafforzano
l’interazione
tra
immigrati
e
residenti.
L’integrazione
di
alcune
donne
immigrate:
Case
History16
Una
chef
“fusion”
nel
porto
di
Genova.
La
svolta
è
targata
2007.
Carola
Osores,
34
anni,
con
in
tasca
una
laurea
in
Economia
conseguita
all’Università
di
Lima,
peruviana
di
nascita
ma
genovese
d’adozione,
decide
di
spogliarsi
dalle
vesti
della
manager
per
indossare
quelle
dell’imprenditrice
e
aprire,
insieme
alla
mamma
Ani
Vargas,
chef
d’eccezione
con
esperienze
maturate
in
Italia
e
all’estero
(perlopiù
in
Perù,
Messico,
Brasile
e
Francia),
una
gastronomia
“fusion”,
capace
di
mescolare
tradizioni
culinarie
tra
le
più
diverse:
“Segreti
e
Sapori”
di
Genova,
a
pochi
passi
dal
porto,
oggi
meta
prediletta
di
buongustai
italiani
e
stranieri.
Carola
Osores
ha
lanciato
anche
il
servizio
di
chef
a
domicilio.
L’offerta
comprende
anche
uno
o
più
camerieri,
a
seconda
delle
esigenze.
“Ne
è
valsa
la
pena:
il
prossimo
passo
sarà
aprire
un
ristorante.
Non
etnico,
semmai
fusion”.
E
all’insegna
del
“fusion”
sono
anche
le
attività
extra-‐lavorative
di
Osores.
Una
su
tutte:
l’associazione
non-‐profit
Encuentro
che,
oltre
a
promuovere
la
cultura
e
l’arte
latino-‐
americana,
aiuta
le
famiglie
di
migranti
residenti
a
Genova
a
integrarsi
al
meglio
nel
tessuto
sociale.
“Tra
i
nostri
progetti
c’è
quello
di
aiutare
i
bambini
a
inserirsi
al
meglio
nelle
scuole”
conclude
Carola
Osores,
che
può
contare,
tra
l’’altro,
sull’aiuto
di
alcune
psicologhe
peruviane
con
titoli
di
studio
conseguiti
in
Italia.
15
Linee
guida
2010
della
Commissione
europea
per
i
decisori
politici
e
gli
operatori
(Progetto
pilota
Zaragoza)
16
Manuale
2012
“Comunicare
l’immigrazione.
Guida
pratica
per
gli
operatori
dell’informazione”
realizzato
dalla
società
cooperativa
Lai‒momo
e
dal
Centro
Studi
e
Ricerche
nellʼ’ambito
del
progetto
“Co‒in
-‐
Comunicare
lʼ’integrazione”,
promosso
dal
Ministero
del
Lavoro
e
delle
Politiche
Sociali
11
12.
Dalla
lotta
politica
alla
candidatura
al
Nobel.
Márcia
Theóphilo
è
nata
a
Fortaleza,
in
Brasile.
Dal
1968
al
1971
ha
lavorato
come
giornalista
nel
campo
della
cultura
a
San
Paolo.
Nel
1971
ha
pubblicato
in
Brasile
un
libro
di
racconti.
Nel
1972
ha
lasciato
il
Brasile,
sottraendosi
con
lʼ’esilio
alla
repressione
di
una
dittatura
militare
ed
è
arrivata
a
Roma,
dove
ha
conseguito
il
dottorato
in
Antropologia.
È
entrata
in
contatto
con
vari
artisti
ed
esponenti
di
un
accademismo
impegnato,
come
il
poeta
spagnolo
in
esilio
Rafael
Alberti,
con
cui
ha
stabilito
un
importante
rapporto
di
lavoro
e
amicizia.
Quando
in
Brasile
è
iniziato
il
processo
di
democratizzazione,
nel
1979,
Márcia
Theóphilo
è
tornata
a
San
Paolo
dove
ha
partecipato
al
Movimento
per
la
Democrazia
e
ha
collaborato
come
corrispondente
con
varie
riviste
italiane.
È
tornata
a
Roma
nel
1981
dove
ha
continuato
a
lavorare
nello
scambio
culturale
tra
Italia
e
Brasile,
organizzando
incontri
di
poesia.
In
Italia
ha
pubblicato
diversi
libri
di
poesia,
le
sono
stati
assegnati
premi
e
i
suoi
scritti
sono
entrati
nelle
più
importanti
antologie
di
poesia.
Vive
tra
l’Italia
e
il
Brasile
ed
è
nella
lista
di
candidatura
al
premio
Nobel.
“Nel
mio
lavoro
ho
cercato
di
fare
una
fusione
tra
memoria
emotiva
e
memoria
culturale,
tra
poesia
e
documentazione,
tra
mondo
arcaico
e
mondo
contemporaneo,
creando
un
tuttʼ’uno
in
cui
tutte
queste
materie
si
compenetrano.
Penso
però,
che
senza
la
poesia
non
si
può
arrivare
allʼ’anima
della
foresta.
Lʼ’antropologia
è
una
disciplina
che
ha
finito
con
il
privilegiare
gli
oggetti
e
la
cultura
materiale.
Io
ho
privilegiato
il
soggetto
più
leggero,
lʼ’anima,
la
poesia.”
La
determinazione
è
l’anima
del
commercio
Non
c’è
tempo
per
l’autocommiserazione:
bisogna
rimboccarsi
le
maniche.
Deve
avere
pensato
così
Caterine
Okpokpo,
35
anni,
originaria
di
Lagos,
in
Nigeria,
alla
notizia
della
morte
in
un
incidente
stradale
di
suo
marito,
nigeriano
pure
lui,
titolare
del
Global
African
Market
di
Poggibonsi,
in
provincia
di
Siena.
Era
il
2001
e
lei,
madre
di
tre
figli,
i
gemelli
Kevin
e
Kennedy
e
la
piccola
Stefy,
all’epoca,
rispettivamente,
di
sei
e
tre
anni,
non
ha
avuto
dubbi:
avrebbe
mantenuto
l’impresa
di
famiglia
che
tanti
sacrifici
era
costata
a
tutti.
E
ci
è
riuscita,
con
l’aiuto
della
comunità
locale
e
con
quello
dei
servizi
sociali
che
le
hanno
dato
una
mano
nel
seguire
i
figli.
“Col
tempo
l’attività
è
cresciuta:
oggi
ho
una
superficie
di
vendita
di
trecento
metri
quadrati
e
prodotti
provenienti
da
tutto
il
mondo”.
“È
qui
la
mia
vita
ed
è
qui
che
voglio
crescere
i
miei
figli.
Sono
arrivata
nel
1989,
ad
appena
16
anni:
sarei
dovuta
rimanere
pochi
mesi,
ospite
di
uno
zio
a
Roma,
volevo
prendere
contatti
per
esportare
prodotti
made
in
Italy
in
Nigeria,
e
invece
subito
o
quasi
ho
trovato
l’amore
e
ho
deciso
di
fermarmi”.
Okpokpo
non
ha
certo
avuto
una
vita
facile,
ma
è
serena:
“Sono
molto
religiosa”
conclude.
“Frequento
la
chiesa
pentecostale
evangelica
di
Siena:
è
la
mia
fede
ad
aiutarmi
ad
andare
avanti”.
Le
avventure
di
un
medico
nero,
e
donna.
Cecile
Kashetu
Kyenge
è
nata
nella
Repubblica
Democratica
del
Congo
(RDC).
Arrivata
in
Italia
nel
1983,
ha
superato
gli
esami
per
l’accesso
a
medicina,
ha
imparato
l’italiano
e
iniziato
a
lavorare
per
mantenersi.
“Era
il
1983,
gli
stranieri
erano
pochissimi.
Io
mi
ero
procurata
una
piccola
radio
e
ascoltavo
tutte
le
canzoni,
in
modo
da
potere
avere
argomenti
di
conversazione.
Nel
giro
di
un
anno
e
mezzo
conoscevo
tutti
i
12
13.
cantanti
italiani”.
“Ci
sono
stati
tanti
imprevisti
nella
mia
storia
e
una
buona
dose
di
sfortuna,
ma
ho
incontrato
anche
tante
persone
pronte
ad
aiutarmi.”
La
gravissima
situazione
politica
della
RDC
e
l’amore
l’hanno
spinta
a
rimanere
in
Italia
e
iniziare
a
lavorare
come
oculista
a
Reggio
Emilia.
Cecile
oggi
si
considera
all’incrocio
tra
due
mondi:
un
privilegio
che
spesso
però
ha
avuto
costi
elevati.
Per
gli
italiani
non
è
facile
rapportarsi
con
un
medico
nero,
per
di
più
donna.
A
Cecile
è
successo
molte
volte
di
essere
scambiata
per
l’infermiera,
mentre
l’infermiere
veniva
chiamato
pomposamente
dottore.
Nel
2002
fonda
l’associazione
DAWA,
per
realizzare
iniziative
interculturali
in
Italia
e
interventi
sanitari
e
sociali
in
Africa.
Attualmente
è
consigliera
di
circoscrizione
nel
suo
Comune
e
portavoce
della
rete
Primo
Marzo
ed
è
impegnata
anche
a
Modena
in
progetti
di
cooperazione
internazionale.
“Non
avrei
accettato
di
occuparmi
solo
di
immigrati,
come
spesso
viene
chiesto
agli
stranieri”.
Nell’oriente
dell’occidente:
una
scrittrice
indiana
a
Trieste
Lily
Amber
Laila
Wadia
è
nata
a
Bombay,
in
India.
Si
è
trasferita
in
Italia,
a
Trieste,
per
motivi
di
studio
e
ha
fatto
di
questo
luogo
la
sua
nuova
città.
“Pensiamo
di
scegliere
un
luogo
dove
andare
a
vivere
e
fare
il
nostro
percorso
di
vita
ma
poi
forse
è
il
destino
che
sceglie
per
noi.
Io
sono
capitata
qui
per
caso,
per
studio,
e
ho
deciso
di
rimanere
perché
mi
piaceva
moltissimo
questa
città:
molto
italiana
per
certi
versi,
molto
cosmopolita
per
altri.”
Nel
2004
ha
vinto
il
concorso
Eks&Tra,
primo
concorso
letterario
riservato
agli
scrittori
migranti,
fondato
nel
1995,
che
ha
ricevuto
la
medaglia
del
Presidente
della
Repubblica.
Questo
premio
letterario
è
un
momento
centrale
nel
suo
percorso
di
scrittrice.
La
vittoria
le
dà,
infatti,
il
coraggio
di
utilizzare
per
la
prima
volta
l’italiano
come
lingua
per
la
scrittura.
Da
questo
connubio
risulteranno
numerosi
libri
che
affrontano
le
tematiche
delle
migrazioni
con
puntualità
e
ironia.
Laila
Wadia
oggi
è
scrittrice
e
traduttrice,
collabora
con
l’Università
di
Trieste
come
esperta
linguistica,
scrive
per
il
settimanale
Internazionale
e,
sempre,
affronta
il
tema
della
migrazione
come
una
condizione
esistenziale.
“La
migrazione
è
un
diritto
di
ogni
essere
umano,
io
non
credo
nelle
nazionalità,
io
non
credo
nei
paesi,
io
credo
nelle
persone.”
Judith
e
la
biodanza
Judith
Raymond
Mushi
è
nata
a
Moshi,
una
piccola
città
del
nord
della
Tanzania.
Un
incontro
fortuito
con
un
italiano
in
viaggio
su
un
autobus,
la
cortese
attenzione
di
Mushi
e
la
sua
testardaggine
la
conducono
in
Italia.
La
prima
visita
è
a
questo
fortunato
avventuriero
che
l’aveva
aiutata
e
che
si
rivela
essere
un
appassionato
di
biodanza.
Mushi
si
appassiona
a
questa
disciplina
e
decide
di
approfondire
gli
studi
e
di
praticarla.
Si
trasferisce
in
Sudafrica,
dove
studia
danza
e
frequenta
un
corso
da
assistente
sociale
all’università
di
Johannesburg.
Nello
stesso
periodo
continua
a
visitare
l’Italia,
impara
l’italiano
e
s’innamora.
Nel
2004,
si
trasferisce
definitivamente
in
Italia
per
stare
con
suo
marito
a
Milano.
Mushi
costituisce
un’associazione
per
diffondere
la
cultura
tanzaniana
e
insegnare
la
lingua
swahili.
“In
Italia
sembra
facile
integrarsi,
perché
la
gente
sembra
molto
gentile
e
pronta
ad
aiutarti.
Ma
questo
succede
finché
sei
un
visitatore.
Poi
le
cose
cambiano.
Dell’Africa
qui
non
si
sa
quasi
nulla.
La
gente
crede
che
Africa
sia
solo
fame,
guerra,
tamburi”.
Il
suo
sogno
13
14.
rimane
quello
di
tornare
in
Tanzania
con
suo
marito
per
aprire
un
centro
di
assistenza
per
bambini,
“una
vera
casa
famiglia”.
Conciliazione
dei
tempi
di
vita
e
di
lavoro...
al
femminile
“Sono
arrivata
a
Roma
nel
1980,
a
20
anni,
con
il
contratto
di
lavoro
come
colf
già
firmato
per
una
famiglia
che
abitava
ai
Parioli”,
racconta
un’anonima
cittadina
di
origine
capoverdiana.
“Guadagnavo
200.000
lire
al
mese
e
ne
inviavo
la
metà
alla
mia
famiglia.
A
Roma
ho
conosciuto
un
sardo
e
mi
sono
sposata.
Nell’83
è
nato
mio
figlio
e
dopo
undici
mesi
una
bambina.
Purtroppo
nel
1984
mi
sono
separata
ritrovandomi
immigrata
con
due
figli
piccoli
e
senza
familiari.
Nel
‘90
mi
sono
inserita
nella
CISL
e
quindi
nell’ANOLF
–
Associazione
nazionale
oltre
le
frontiere.
Nel
lavoro
avevo
pianificato
tutti
gli
orari:
accompagnavo
i
bimbi
all’asilo,
lavoravo,
li
riprendevo
e
a
casa
lavoravo
come
sarta.
Durante
le
vacanze
scolastiche
li
portavo
con
me
al
lavoro...
leggevano
o
facevano
i
compiti.
Mio
marito
non
mi
ha
mai
aiutato,
neanche
economicamente.
Ho
inserito
i
miei
figli
negli
scout,
in
parrocchia
e
in
palestra
per
facilitare
la
loro
integrazione.
Sono
stata
poi
inserita
in
una
cooperativa,
come
aiuto
cuoca
in
una
scuola
per
non
vedenti.
Ora
svolgo
assistenza
agli
anziani
e
ai
disabili.
Ho
la
cittadinanza
italiana,
ma
per
fortuna
non
ho
perso
quella
del
mio
paese.
Sono
fiera
di
essere
una
capoverdiana
italiana...
So
cucinare
meglio
i
cibi
italiani
che
quelli
di
Capo
Verde!
Una
cosa
che
mi
dispiace
dopo
tanti
anni
in
Italia
è
che,
non
essendo
riconosciuto
il
titolo
di
studio
del
paese
di
origine,
non
si
riesce
a
cambiar
lavoro...
Si
lavora
nei
servizi
domestici
e
basta.
Ho
anche
conseguito
la
licenza
media
in
Italia,
così
posso
dire
di
avere
un
piccolo
diploma
da
utilizzare”.
Mona
Mohanna,
stilista
libanese
nella
capitale
della
moda
Mohanna
in
arabo
significa
“desiderio”.
E
lei,
Mona
Mohanna,
originaria
del
Libano,
naturalizzata
italiana,
la
sua
principale
aspirazione
l’ha
realizzata:
diventare
stilista.
“Prima
tappa:
Reggio
Emilia,
dove
ho
seguito
due
corsi
da
progettista
dell’abbigliamento
e
da
tecnico
delle
confezioni.
Per
farmi
le
ossa,
poi,
ho
lavorato
per
alcuni
anni
come
operaia
in
diversi
laboratori
tessili
della
zona”.
Nel
1997
si
è
iscritta
a
un
master
in
fashion
design
a
Milano,
grazie
all’aiuto
di
una
zia
in
Libano
che
le
ha
prestato
25
milioni
di
lire
per
l’iscrizione.
“Mi
ci
sono
voluti
tre
anni
per
restituirli”
dice
la
stilista,
che
nell’ottobre
2006,
alla
Camera
di
Commercio
di
Milano,
è
stata
insignita
del
Premio
europeo
per
l’imprenditoria
straniera.
Finiti
gli
studi,
però,
l’accesso
alle
case
di
moda
era
sbarrato.
“Il
fatto
che
porti
l’hijab,
il
velo
islamico,
credo
non
mi
abbia
aiutata
durante
le
selezioni”.
Non
le
è
restato
che
mettersi
in
proprio.
La
prima
collezione
è
stata
presentata
nel
1999
alla
Fiera
dell’artigianato
di
Firenze
“I
capi
esposti,
realizzati
in
lino
e
ricamati
a
mano
da
donne
palestinesi
ospitate
nei
campi
profughi
libanesi,
andarono
a
ruba”
racconta
l’imprenditrice,
sposata
con
un
iracheno
naturalizzato
italiano
e
mamma
di
Badr
e
Mariam.
Gli
abiti
e
gli
accessori
griffati
Mona
Mohanna
sono
tuttora
realizzati
da
una
ventina
di
artigiane,
sparse
tra
il
Libano
e
la
Siria
e
sono
venduti
in
Italia
(e
non
solo)
attraverso
una
rete
di
120
negozi.
14
15.
La
forza
delle
donne.
Le
donne
immigrate
hanno
fatto
nascere
in
tutta
Italia
associazioni
volte
all’integrazione
e
all’aiuto
reciproco.
Ecco
la
storia
di
una
delle
più
antiche
e
conosciute:
l’Associazione
AlmaTerra,
che
è
stata
avviata
l’8
marzo
del
1990
dall’incontro
di
alcune
attiviste
della
Casa
delle
donne
di
Torino
con
un
gruppo
di
donne
migranti.
Nel
1993
è
nato
il
Centro
interculturale
“Alma
Mater”,
gestito
da
un’associazione
interculturale
costituita
ad
hoc,
AlmaTerra,
che
si
configura
come
un
luogo
allo
stesso
tempo
pratico
e
simbolico
di
intermediazione
tra
le
donne
e
la
città,
tra
le
donne
tra
di
loro
e
come
laboratorio
interculturale.
Nel
1995
ha
aperto
anche
l’hammam,
luogo
d’eccellenza
per
la
cura
del
corpo
e
delle
relazioni
femminili.
L
‘idea
forte
è
stata
quella
di
ribaltare
lo
stereotipo
della
migrante
come
bisognosa
e
mostrare,
grazie
all’incontro
multiculturale,
le
risorse,
le
capacità
e
i
talenti
individuali
delle
donne
migranti,
sovente
invisibili
e
sommerse,
valorizzandone
l’apporto
in
progetti
di
partecipazione
e
di
cooperazione
internazionale,
in
particolare
in
progetti
di
autodeterminazione.
È
con
questa
idea
che,
per
esempio,
si
sono
realizzati
corsi
di
formazione
per
mediatrici
culturali,
figure
di
“interfaccia”
in
grado
di
favorire
la
comunicazione
tra
le
migranti
e
i
servizi.
Esse
sono
diventate
la
seconda
anima
del
progetto
Alma
Mater,
in
una
prospettiva
di
interazione
accompagnata,
anzi
gestita,
dalle
donne
stesse
attraverso
una
loro
auto-‐professionalizzazione.
Un‘avvocata
in
strada
contro
la
tratta.
Esohe
Aghatise
è
nata
a
Benin
City,
in
Nigeria.
Nel
1983
si
è
laureata
in
Giurisprudenza
a
Ife
e
successivamente
si
è
specializzata
in
Diritto
internazionale
dell’economia
e
del
commercio.
Ha
iniziato
quindi
a
praticare
l
‘attività
di
avvocato
e
a
insegnare
presso
la
facoltà
di
Giurisprudenza
a
Benin
City.
A
29
anni
ha
vinto
una
borsa
di
studio
presso
l’università
di
Studi
europei
di
Torino.
Dopo
la
specializzazione
ha
continuato
con
un
dottorato
di
ricerca.
Per
mantenersi
ha
lavorato
come
interprete
in
tribunale
e
come
mediatrice
in
un
progetto
sulla
salute
delle
donne
prostituite.
È
lì
che
è
entrata
in
contatto
con
la
realtà
della
tratta
e
è
nata
l’idea
di
fondare
un’associazione
per
la
tutela
delle
persone
con
forte
svantaggio
sociale
ed
economico,
immigrate
e
non
immigrate.
E
così
nel
1998
è
nata
l’associazione
Iroko.
“All’inizio
lavoravo
da
casa,
con
il
mio
PC
e
nient’altro.
Seguivo
alcune
ragazze
che
non
avevano
assistenza
sanitaria...
Nel
2002
sono
entrata
in
contatto
con
la
Coalition
Against
Women
Traffic,
un’organizzazione
che
combatte
la
tratta
delle
donne
a
livello
internazionale...
Oggi
con
me
lavorano
cinque
persone:
due
italiane,
due
nigeriane,
una
ghanese,
con
due
educatrici
esterne
che
fanno
assistenza
ai
bambini
delle
ragazze
che
hanno
lasciato
la
strada
e
chiesto
protezione.
Lo
scorso
anno
abbiamo
avuto
circa
duecento
richieste.
Una
goccia
nel
mare,
ma
il
mare
è
fatto
di
gocce”.
Genitori
in
classe:
la
relazione
in
gioco.
Nelle
scuole
italiane
è
da
più
di
vent’anni
che
si
sperimentano,
con
successo,
attività
d’integrazione.
Genitori
migranti
e
italiani,
assieme
agli
insegnanti,
hanno
dimostrato
spesso
la
volontà
di
costruire
percorsi
di
conoscenza
reciproca
e
di
attivare
la
relazione
tra
persone
portatrici
di
lingue,
storie
e
culture
diverse.
15
16.
Tra
la
moltitudine
di
buone
pratiche
ne
raccontiamo
una
realizzata
recentemente
in
otto
scuole
materne
della
provincia
di
Bologna.
Le
insegnanti,
dopo
una
fase
di
formazione,
hanno
proposto
ai
genitori
laboratori
finalizzati
alla
realizzazione
di
un
prodotto
creativo
da
lasciare
alla
scuola.
Gli
incontri,
guidati
da
animatrici
interculturali
della
cooperativa
Lai-‐momo,
sono
stati
molto
partecipati
e
hanno
consentito
a
tutti
di
raccontare
la
propria
storia
di
immigrazione.
Più
di
novanta
genitori
hanno
scelto
di
mettersi
in
gioco,
ascoltandosi
reciprocamente
e
facendo
domande
rispetto
alle
pratiche
culturali
diverse,
con
curiosità
e
apertura.
Molte
madri,
anche
native,
hanno
raccontato
di
trovarsi
in
condizione
d’isolamento,
con
poche
relazioni
nei
territori
perché
giunte
da
altre
zone
d’Italia;
altre
hanno
dato
la
loro
disponibilità
per
un
aiuto
concreto,
ad
esempio
per
ritirare
a
turno
i
figli
anche
di
altre
madri.
O
semplicemente
si
sono
accordate
per
ritrovarsi,
dopo
il
laboratorio,
per
una
merenda
con
i
bambini
o
per
letture
animate,
dandosi
appuntamento
a
casa
l’una
dell’altra.
Gli
incontri
sono
stati
facilitati
da
un
grande
lavoro
di
coinvolgimento
che
le
insegnanti
hanno
realizzato
curando
la
relazione
con
ciascun
genitore.
Le
partecipanti
al
Concorso
letterario
nazionale
Lingua
Madre.
Il
concorso
Lingua
Madre,
realizzato
a
Torino
dal
2005,
è
il
primo
a
essere
espressamente
dedicato
alle
donne
di
origine
straniera
residenti
in
Italia
che,
utilizzando
la
nuova
lingua
(l’italiano),
vogliono
approfondire
il
rapporto
fra
identità,
radici
e
mondo
“altro”.
Il
concorso
ha
ottenuto
subito
un
grande
riscontro:
donne
di
numerose
nazionalità
hanno
inviato
storie.
E
in
questo
caso
il
“successo”
è
rappresentato
dal
fatto
di
avere
conquistato
uno
spazio
di
espressione
e
di
confronto,
senza
rimanere
nel
silenzio
delle
mura
domestiche.
Gli
incipit
dei
migliori
racconti
sono
pubblicati
nel
sito
del
concorso.
Dalla
presentazione
del
volume
che
raccoglie
i
racconti
dell’edizione
2011:
“Ho
camminato
in
un
solco
tracciato
per
me
da
generazioni
di
migranti,
ho
viaggiato
leggera,
e
strada
facendo
ho
abbandonato
pezzi
di
bagaglio.
Ho
fatto
spazio
per
questo
paese:
il
mio”.
Migrazioni,
spostamenti,
esperienze
di
confine.
A
raccontarle,
tante
voci
come
quella
di
Jacqueline/Nambena
con
due
infanzie
e
due
anime,
prima
in
Madagascar
e
poi
in
Italia.
O
come
Elisa,
“frutto”
di
un
amore
italo-‐vietnamita,
che
viaggia
alla
scoperta
della
sua
“mezza
luna”,
metafora
della
terra
materna,
fino
a
Generda
che
con
la
freschezza
dei
suoi
undici
anni
mette
a
confronto
due
mamme,
un’italiana
e
un’albanese,
così
diverse
e
così
uguali.
Le
donne
sfidano
i
luoghi
comuni
narrando
il
cambiamento
di
cui
sono
protagoniste.
Allo
scontro
contrappongono
la
relazione,
alla
strenua
difesa
dell’identità
il
riconoscimento
reciproco
nell’alterità.
Donne
che
“si
sono
fatte
sorprendere
dal
miraggio
di
una
vita
migliore.
E
anziché
rimproverarlo
di
averle
ingannate,
quel
miraggio,
l’hanno
ringraziato
di
averle
fatte
camminare
ancora”.
Da
maestra
in
Ucraina
a
imprenditrice
del
Nord-‐Est.
Nataliya
Garashchuk
faceva
la
maestra
elementare
per
poche
hrivne
al
mese,
l’equivalente
di
80-‐100
euro,
quando,
nel
1995,
decise
di
lasciare
l’Ucraina
per
Italia,
con
suo
figlio
Nicolaj,
di
appena
quattro
anni.
16
17.
“Dopo
qualche
mese,
in
cui
ho
lavorato
come
cameriera
in
un
paio
di
locali
sulla
Riviera
adriatica,
mi
sono
arresa
e
sono
tornata
indietro.
Tre
anni
più
tardi
avrei
ritentato,
stavolta
per
rimanere
per
sempre”.
Destinazione:
Conegliano,
in
provincia
di
Treviso,
dove
“per
sei
anni
ho
lavorato
in
un
paio
di
stabilimenti
della
zona
specializzati
in
componentistica
per
gli
elettrodomestici”.
In
Italia
ha
trovato
anche
l’amore:
Andrea,
oggi
suo
marito.
“È
stato
lui
a
spingermi
a
fare
qualcosa
di
diverso”.
Da
lì
l’idea
di
rilevare
una
lavanderia,
racconta
l’imprenditrice
che,
a
tre
anni
dal
grande
passo,
ha
assunto
anche
un’aiutante:
una
ragazza
albanese.
“In
più
servivano
risorse
per
rinnovare
l’intero
locale,
impianti
compresi,
e
acquistare
i
macchinari
giusti”.
Ci
voleva
un
mutuo,
insomma,
e
a
fare
da
garante
in
banca
ci
ha
pensato
il
marito
Andrea.
Ne
è
valsa
la
pena:
“In
un
mese
tratto
in
media
700
capi,
ma
ci
sono
stati
anche
picchi
di
1.500,
se
non
di
più”.
E
conclude:
“Abbiamo
avuto
un
figlio,
Lorenzo,
di
4
anni.
Quest’anno,
poi,
ho
preso
la
cittadinanza
italiana.
La
mia
vita
è
in
Italia
ora
e
a
tornare
in
Ucraina
non
ci
penso
proprio”.
L
‘eccellenza
nello
studio
Bahja
Afouzar
è
nata
in
Marocco
a
Kenitra
una
città
vicina
a
Rabat.
Si
è
trasferita
in
Italia,
a
Imola,
con
la
famiglia
all’età
di
10
anni.
Ha
ottenuto
ottimi
risultati
a
scuola
e
ha
deciso
di
iscriversi
alla
Facoltà
di
Giurisprudenza
dell’Università
di
Bologna.
Afouzar
si
è
laureata
a
dicembre
2011
con
110
e
lode,
ottenendo
una
menzione
speciale
per
la
sua
tesi.
Infatti,
il
rettore
dell’Alma
Mater
Studiorum
ha
conferito
al
suo
elaborato
sui
diritti
umani
nella
Sharia
l’importante
e
raro
riconoscimento
della
“dignità
di
stampa”.
Attualmente,
Afouzar
ha
iniziato
il
praticantato
presso
un
importante
studio
legale
di
Bologna
e
presto
si
iscriverà
alla
Scuola
di
Specializzazione
per
le
professioni
legali
“E.
Redenti”.
Inoltre,
è
stata
impegnata
in
attività
di
mediazione
linguistico
-‐
giuridica
e
fa
parte
del
comitato
giovanile
dell’associazione
Partecipazione
Spiritualità
Musulmana
–
PSM,
che
ha
appena
concluso
il
sesto
meeting
nazionale.
La
figura
femminile
come
ponte
per
l’integrazione.
Istituzioni
pubbliche
locali,
organizzazioni
della
società
civile,
associazioni
femminili,
comunità,
associazioni
e
cooperative
d’immigrati,
cittadini
e
cittadine
a
confronto
per
promuovere
un
nuovo
welfare
Considerando
quanto
suggerito
dalla
Unione
europea,
a
livello
locale,
si
possono
individuare
alcuni
campi
d’intervento
e
percorsi
che
i
diversi
soggetti
interessati
dalle
e
alle
politiche
d’immigrazione
e
d’integrazione
dei
cittadini
e
delle
cittadine
dei
paesi
terzi
possono
percorrere
per
valorizzare
al
meglio
la
risorsa
femminile
come
ponte
per
l’integrazione.
L’approccio
proposto
individua,
quindi,
nello
sviluppo
delle
politiche
di
pari
opportunità
e
anti-‐
discriminazione
il
canale
privilegiato
d’intervento.
Gli
indicatori
di
integrazione
definiti
a
livello
europeo
(cfr.
Studio
pilota
di
Zaragoza)
sono
il
riferimento
per
misurare
gli
obiettivi
raggiunti
a
livello
locale.
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