2. PAGINA 2 Anno XVIII Numero Unico
Il Dirigente Scolastico: dott.ssa Maria Rosaria
Annoscia,
la redazione: proff. Mariella Nardulli, Leonar-
do Sportelli
hanno scritto: Carlo Volsa, Paolo Capur-
so,Giorgio Campanale, Catia Scalera, Angela
Fiorentino, Michele Petta, Classe VA scienze
umane, Claudio Sottile, Joan Martinez Zaragoza,
Maddalena Accadia, Davide Avezzano, Matteo
Bellina, Serena Ciccarone, Federica Franco, A-
lessia Saturno, Sofia De Cosmis,Lucia Perniola
si ringraziano i docenti: Anna Bavaro, Anna-
maria Dimaggio, Paola Forte, Mariagrazia Gelao,
Angela Iacobellis, Nicola Lofrese, Maria Nacca-
rata, Maria Rosaria Pistacchio
Lettera di buon anno scolastico
pag 3
Una giornata da Ultimo
pag. 4
L’invisibile non fa più paura ma il visibile sì
pag. 5
Il Teatro a scuola
pag. 6-7
ILVAlore delle vita
pag. 8-9
Lingue in viaggio
pag. 10
Mi experiencia en Don Milani
pag. 11
Alternanza Scuola-Lavoro-Diario di una esperienza
pagg. 12-13
Una notte speciale al don Milani
pagg. 14-15
Le ronde cittadine
pag. 16
Anime complici
pag. 17
L’esperienza dell’ingiustizia
pagg. 18-19
La casa degli sguardi
pagg 20-21
Ciao a tutti...
pag. 22
Galleria fotografica
pag. 23
Aspettando la festa della musica
pag. 24
Cambiamente
pag. 25
Bioetica e dignità umana
pagg. 26-27
Sono stati tra noi...
pag. 28
Salutiamo
la nostra Dirigente Scolastica
dott.ssa Maria Rosaria Annoscia
e le auguriamo
un proficuo lavoro di grande respon-
sabilità
e il raggiungimento
di eccellenti traguardi formativi
La Redazione
3. PAGINA 3 Anno XVIII Numero Unico
Lettera di Buon Anno Scolastico della nuova Dirigente dott.ssa Maria Rosaria Annoscia
4. PAGINA 4
UNA GIORNATA DA ULTIMO
IL COLONNELLO SERGIO DE CAPRIO INCONTRA GLI STUDENTI DEL LICEO DON MILANI
Anno XVIII Numero Unico
ACQUAVIVA. “Fortunati coloro
che potranno dire: quel giorno io
c’ero” è la frase pronunciata du-
rante un intervento da parte del
Prof. Trifone Gargano, che po-
trebbe riassumere al meglio il
ricordo lasciato da questo incon-
tro speciale. Certamente, il 2
Febbraio 2019 è stata una data
impossibile da dimenticare per
studenti, professori e dirigenti del
Liceo “Don Milani” di Acquaviva.
La comunità scolastica del Liceo,
insieme alla cittadinanza, ha avuto
il grandissimo onore di incontra-
re e condividere esperienze di
vita col Colonello Sergio De Caprio, detto Ultimo,che
fu a capo dell’Unità Combattente del R.O.S dei Cara-
binieri, responsabile della grandissima vittoria dello
Stato contro la mafia corleonese, conquistata con
l’arresto del boss mafioso Totò Riina, avvenuto il 15
Febbraio 1993 a Palermo. L’incontro è stato presenta-
to dalla D.S del Liceo, Maria Rosaria Annoscia, in co-
presenza del Mons. Domenico Giannuzzi, Parroco del-
la Cattedrale, di Domenico Soleti, Comandante della
locale Stazione Carabinieri, del Sindaco Davide Carluc-
ci e del Vicesindaco Austacio Busto.
L’incontro è stato inaugurato con l’esecuzione
dell’Inno di Mameli da parte degli studenti del Liceo
Musicale. Dopo l’esecuzione dell’inno, e la presenta-
zione del Capitano, quest’ultimo ha voluto trattare un
tema importante: la comunità. Questa parola è stata
una delle parole più ripetute dal Capitano durante
l’intera durata dell’incontro. Per Ultimo, una comunità
solidale e sociale è alla base della società e quindi, del
progresso verso un benessere comune per tutti i cit-
tadini. Essa può nascere solo grazie alla valorizzazione
della famiglia, del senso di solidarietà verso i bisognosi
e verso l’amore per la propria Patria e lo Stato, che
equivalgono quindi al popolo stesso. Ultimo ha affer-
mato che, per unire la nostra comunità, bisogna amare
le proprie tradizioni come il cibo , la musica, o i modi
di fare, aiutando i più deboli e condividendo con loro
dei doni, che legano sempre di più le comunità. Per
proteggere il futuro, quindi, ognuno di noi dovrebbe
dimostrare la propria umanità verso il prossimo, senza
distinzioni di ogni genere, perché, come ha affermato il
Colonnello De Caprio: “non è il mondo che appartiene
a noi, ma siamo noi che apparteniamo al mondo” . Il Ca-
pitano ha voluto dimostrare l’importanza della solida-
Ma, come ben
sappiamo, non c’è
comunità senza
legge. La legge,
per il Comandan-
te, significa tutela
dei più deboli e
dei più bisognosi.
Quindi, rispettare
le proprie leggi e
lottare contro
coloro che in
qualche modo
impediscono la
pura armonia di
una società, come
la mafia, è un dovere che non deve essere compiuto
solo dalle Forze dell’Ordine, ma anche attraverso gli
insegnanti, le mamme, i papà e gli studenti che ogni
giorno vivono in una comunità. Il Capitano Ultimo,
durante l’incontro, ha affermato che la sua volontà di
combattere la mafia dalla Sicilia è nata da uomini che
hanno lottato per la libertà giornaliera dei cittadini,
come il Generale Alberto Dalla Chiesa, ucciso da Co-
sa Nostra. Di fatto, Ultimo ritiene di vitale importanza
il Carabiniere, visto come “avanguardia, e non élite,
della legge” e come “la cornice che tiene unita il qua-
dro della società, restando nell’imparzialità”.
In questo incontro, il Capitano Ultimo, piuttosto che
parlare principalmente della sua passata lotta alla cri-
minalità organizzata, ha preferito lasciare dei doni e
delle lezioni di vita per le generazioni a venire, che
potranno combattere l’ineguaglianza e le ingiustizie
diventando parte integrante della società. Al termine
dell’incontro, il Colonnello De Caprio si è augurato
che le future generazioni possano essere dei combat-
tenti nella vita, proprio come lui. “Si diventa combatten-
ti non dando nulla per scontato, diventando parte attiva
della società, aiutandola, sostenendola, criticandola, pur di
non restare inattivi, perché è la partecipazione di tutti e la
solidarietà comune l’ingranaggio chiave della società.”-
conclude il Capitano Ultimo, combattente d’Italia, del-
la legge e dello Stato.
Giorgio Campanale
classe VBL
5. PAGINA 5
“L’invisibile non fa più paura, ma il visibile si”
Lorenza Mazzetti
In occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, il comune di Ac-
quaviva delle Fonti ha organizzato un incontro-dibattito sulla valorizzazione delle figure
femminili che, ancora oggi, assumono una particolare rilevanza nella nostra società per il
loro mettersi in gioco e che ha reso possibile l’eliminazione delle disuguaglianze di genere
mediante la conquista dei diritti e delle libertà delle donne.
È stata questa l’occasione per accogliere una donna determinata e forte che, con la sua
tenacia, ha avuto la forza di affrontare la tragedia che il Nazismo ha causato alla sua famiglia
e a se stessa. Si tratta dell’artista, scrittrice e regista Lorenza Mazzetti, la quale si è raccontata durante una conferenza tenutasi
presso la “Sala Colafemmina” di Palazzo De Mari di Acquaviva delle Fonti (BA).
Quella di Lorenza Mazzetti la potremmo definire proprio una vita ‘fiabesca’ ma, come ben si sa, tutte le fiabe cominciano con
un disastro, di cui solo successivamente si prenderà consapevolezza e si comprenderà che gli ostacoli della vita sono la forza,
l’energia per superare le difficoltà che ci presenta.
Lorenza vive proprio questa situazione. Da piccola infatti ha
dovuto affrontare un ‘trauma’, cioè quello del brutale assassi-
nio della sua famiglia adottiva, la famiglia Einstein, a cui ha
dovuto inevitabilmente assistere insieme a sua sorella gemella
Paola. La vera e propria fiaba inizierà solo in seguito, quando
Lorenza riesce ad entrare nella famosa “Slade School of Fine
Art” affermando dinanzi al direttore di “essere un genio”. Ha
la possibilità di girare il suo primo film “K”, interamente dedi-
cato a Franz Kafka, in seguito riesce anche ad aggiudicarsi un
premio al Festival di Cannes grazie alla produzione del suo
secondo film intitolato “Togheter”. Qui ha l’occasione di co-
noscere Zavattini, il quale rimasto affascinato dal suo talento,
le chiede di collaborare.
Lorenza, insieme a Lindsay Anderson, Tony Richardson e Karel Reisz, fonda il “Free cinema” ovvero un cinema accessibile a
tutti e differente dalla produzione media inglese. A questo proposito è emblematico il richiamo alla sua volontà di volgere sem-
pre una particolare attenzione alla realtà della società in cui è immersa; proprio per questo decide spesso di girare alcune sce-
ne dei suoi film in quartieri mai apparsi in precedenza sul piccolo schermo e con attori di strada. Da questo si può evincere
anche la sua grande tenacia e determinazione, quasi alle volte incondizionata, che si traduce nel suo volersi costantemente
‘mettere in gioco’ per cambiare la sua condizione.
Di questo purtroppo ne prende atto solo successivamente, nel momento in cui ha la possibilità di aprirsi e di raccontare ciò
che ha tenuto per sé per molti anni, ovvero il suo tragico
passato, nel suo libro “Il cielo cade”, che si rivela essere un
diario divertente e tragico allo stesso tempo, il racconto di
due bambine che vivono atrocemente il loro contatto con la
umiliante realtà del fascismo e della guerra. Attraverso i pro-
tagonisti i lettori sono introdotti in una dimensione di incan-
to e di innocenza infantile brutalmente interrotta
dall’irrompere della ferocia e dell’odio. Con questo romanzo
la Mazzetti vince il “Premio Viareggio” nel 1962. In seguito
collabora con “Vie Nuove” (un settimanale del PCI) dove
stringe amicizia con Pier Paolo Pasolini. Nel 2014 pubblica il
“Diario Londinese”, un racconto incentrato sulla sua giovi-
nezza trascorsa a Londra.
L’incontro con Lorenza Mazzetti, soprattutto per noi ragaz-
ze, in quanto “donne del futuro”, ci ha fatto comprendere
come ognuno di noi, come Lorenza, può fare la differenza e
ricoprire un ruolo fondamentale per la nostra società, pur
mantenendo la propria individualità e i propri valori.
Il modo con cui la scrittrice ha descritto gli eventi della guer-
ra, ci ha permesso di riflettere sulla fortuna che noi giovani abbiamo nel vivere in una società democratica, basata sulla libertà
di ogni individuo di poter esprimere la propria opinione senza la paura di essere censurati.
Catia Scalera, Angela Fiorentino
classe VAES
Anno XVIII Numero Unico
6. PAGINA 6
Farfalle
è il titolo dello spettacolo teatrale portato in scena
dalla compagnia Animalenta il 7 dicembre 2018
nell'auditorium del nostro istituto. Una rappresenta-
zione volta a raccontare la storia di come il 25 novem-
bre sia diventata la giornata internazionale per denun-
ciare la violenza contro le donne: una storia di impe-
gno, coraggio, passione e amor di patria. Era il 25 no-
vembre 1960 quando le sorelle Mirabal (Patria, Miner-
va e Maria Teresa) vennero assassinate per essersi
ribellate alla dittatura di Rafael Leòndis Trujillo nella Repubblica Dominicana. Nacquero e crebbero a Ojo de Agua e
quando Trujillo, artefice di uno dei più duri regimi dittatoriali dell'America Latina, salì al potere, la loro famiglia perse qua-
si totalmente i propri beni. Le sorelle si impegnarono a combattere il regime dittatoriale ospitando prima alcuni haitiani,
perseguitati da Trujillo in nome dello "sbiancamento razziale", e diventando poi vere e proprie attiviste; entrarono a far
parte del Movimento 14 giugno, nato e fatto morire nel 1960 e capitanato dal marito di Minerva, già nella resistenza atitru-
jillista dal 1949. Il nome in codice utilizzato dai militanti di questo gruppo politico clandestino era appunto mariposas
(farfalle). Nel giorno del loro assassinio, avvenuto da parte degli
agenti del servizio segreto militare, erano andate a trovare i
loro mariti finiti in carcere dopo essere state incarcerate e in
seguito liberate loro stesse. Tutto questo risvegliò l'indignazione
popolare e portò all'uccisione del dittatore l'anno successivo.
Bèlgica Adela, quarta sorella mai coinvolta nelle varie disavven-
ture, si impegnò tutta la vita a far conoscere la storia delle sue
sorelle fino alla sua morte, avvenuta nel 2014 per cause naturali.
Rispolverando questa storia, Ilaria Cangialosi, attrice della coo-
perativa teatrale, è rimasta tanto colpita da decidere di scrivere
e dirigere questo spettacolo. Una tragedia che ha coinvolto e
sorpreso tutti noi spettatori, anche grazie alla bravura delle at-
trici (insieme a lei sul palco Sara Bevilacqua, Arianna Gambaccini
e Angela Iurilli). Ringraziando la scuola su Facebook, la compa-
gnia ha citato le parole di una nostra compagna che riassume la
mo-
rale di questa storia e quindi sembra giusto riportare:
Ho nel cuore un senso di leggerezza adesso,
vado a casa con la consapevolezza che la storia
possiamo cambiarla o scriverla anche noi.”
Michele Petta
classe IVCL
Anno XVIII Numero Unico
“Uno spettacolo sulla perseveranza e tenacia che riesce ad
andare oltre il luogo comune con uno spettacolo condotto
totalmente da donne” Nicola Del Nero, Paper Street
“Uno spettacolo ben congegnato che narra in modo poetico
la storia delle sorelle Mirabal ” Mario Bianchi , Eolo
“Un lavoro ben pensato e ancor meglio messo in scena” Italo
Interesse, Quotidiano
“E’ una straordinaria storia. Una regia accorta. Farfalle è
uno spettacolo sulla speranza, il coraggio e la determinazio-
ne” Visitilli, Repubblica
7. PAGINA 7
“L’ uomo dal fiore in
bocca”
I Tre colori della vita sul pal-
coscenico del don Milani.
Giovani studenti “incontrano
il dolore dell’altro, attraverso
un introspettivo ”.
Sorprendente ed emozionan-
te lo spettacolo che la
”Compagnia del teatro Bada-
tea” ha messo in scena
nell’Auditorium del Liceo
“don Milani”, attraverso una
magistrale interpretazione ,
capace di portare dei giovani
spettatori sulla soglia della
banale e superficiale vita quo-
tidiana e scaraventare oltre.
Ispirata al celebre dramma
pirandelliano “L’uomo dal
fiore in bocca”, la rappresentazione,attraverso un sapiente gioco di luci, ha evocato -come ci dice il regista Nicola
Valenzano-i tre colori di base della vita: il bianco ,il nero, il grigio.
Il bianco contiene tutti i colori, è lo spettro della sintesi, quindi la vita stessa nella sua totalità. Il nero è il lungo
tunnel del dolore, delle giornate in cui si perde la speranza. Il grigio è la sintesi degli opposti, è il dolore della vita
che non si piega.La scena si apre in una sala di una stazione ferroviaria: in un angolo appare, seduto su una sedia e
appena illuminato da una fioca luce bianca, un uomo, la cui solitudine è interrotta dall’arrivo di un avventore, che
ha perduto il treno e con il quale inizia uno strano dialogo. Un dialogo che spesso si sviluppa in un monologo, in
riflessione sulla vita che si apprezza e a cui si dà significato, quando si
sta per perdere. Il protagonista descrive con minuzia il suo
“epitelioma”, quel suo male che lo sta condannando a morte, un fiore
maligno, un tumore alla bocca… Ed allora tutti i particolari della vita,
anche i più banali ed insignificanti, per lui acquistano un valore diverso,
“vitale” appunto. Il suo interlocutore, che la banalità della vita quotidia-
na ha reso scialbo e vuoto, è, invece, stereotipo di un uomo qualunque.
A livello prossemico è evidente la distanza tra le sedie dei due sulla sce-
na. Tuttavia, nel momento in cui l’uno riuscirà a comprendere il dolore
vissuto dall’altro, vi sarà una convergenza dei piani e le sedie saranno
poste l’una accanto all’altra.
Forse questo è il messaggio rivolto a tutti noi, quello di essere capaci di
immedesimarsi nelle sofferenze altrui, in uno spirito di unità e di aiuto
reciproco. Spesso ci passano accanto persone che vivono drammi e
quasi non ce ne accorgiamo o fingiamo di non accorgercene. Non pos-
siamo scacciare la morte, ma si può cercare una superiorità della vita
sulla stessa morte, solo uscendo dalla solitudine del proprio egoismo
per incontrare “l’altro”.
Classe VASU
Anno XVIII Numero Unico
8. PAGINA 8 Anno XVIII Numero Unico
Non voglio
rubare troppo
tempo alla
lettura, né
tantomeno
occupare lo
spazio desti-
nato alla scrit-
tura di innu-
merevoli pen-
ne rampanti.
Quello che
leggerete è un
mio scritto,
inserito
all’interno
dell’antologia
“Cado come neve”,edita da Fernandel.
Sono sbarcato su un vero (!!!) libro grazie al terzo
posto conquistato nel concorso letterario “Coop
for Words”, sezione “Se un giorno
all’improvviso…”, e ho avuto l’immenso onore di
essere premiato al Palazzo Soardi di Mantova,
nell’ambito del Festival Letteratura 2017,da – fra gli
altri – Carlo Lucarelli.
Parlo di due colori, il rosso e il blu, che per me rap-
presentano indissolubilmente Taranto,a prescindere
dal gonfalone cittadino. Il rosso è quello dei minerali,
che scappando dall’ex ILVA avvolgono, stringo-
no,annientano, sfiancano da decenni centinaia di mi-
gliaia di persone e tanti, troppi, bambini.
Il blu è quello del mare, anzi dei due mari, che ba-
gnano Taras, inarrivabile colonia della luminosissima
Magna Grecia. È storia. Ma è anche quello di due
occhi, che guardano il mondo rendendolo un posto
migliore. Questa è un’altra storia.
segue a pag 9
Certi amori non finisco-
no, fanno dei giri im-
mensi e poi ritorna-
no…”. Frase presa in
prestito da Antonello
Venditti, che ben rac-
chiude il posto spe-
ciale occupato da
questo giornale nella
mia traiettoria pro-
fessionale e, soprat-
tutto, umana.
Ho raccolto l’invito
dell’instancabile pro-
fessoressa Nardulli,
anima e mente di
unperiodico fonda-
mentale nella storia
del glorioso Liceo
“don Milani”, e perciò rieccomi qui: sono passati
parecchi anni, ma sembra ieri.
9. PAGINA 9Anno XVIII Numero Unico
segue da pag 8
Storia rossoblù. Blu dappertutto. E soprattutto. Grazie
a lei, che ci intinge ogni sguardo.
Mille e una notte, a Taranto. Perché non è sempre u-
guale l’alba, quando da un mare passa all’altro. Alla Rin-
ghiera l’odore è buono. Sto per girare lo sguardo per
dire che “sì, però”. Ma “questo è l’angolo più bello di
Taranto, è ILVAnto di tutti noi”. È vero. Lei splende e
mi indica ILVAro della nave, lì dov’è ormeggiato ILVA-
scello. Le onde si muovono, sfiorate con dolcezza da un
Dio stavolta benevolo con 'sto pezzo di Ionio. Guardo
l’orizzonte, ammiro lei, che si incanta nel seguire con le
ciglia ILVAlzer dell’acqua. Tra i vicoli e la pietra, le co-
lonne e gli incolonnamenti, mi fa da Cicerone. Fu pro-
prio l’oratore romano a dire “Uomo fra i primi grande
e illustre” all’indirizzo di Archita, ILVAte della Città,
nato qui quando con la filosofia si mangiava. Ogni tanto
mi distraggo. Da destra intravedo ILVAporo, almeno
questo è un fuoco di paglia.
C’è ILVAgone, ce ne sono tanti nel porto, le gru li sven-
tolano e sembrano bastoncini dello Shanghai, anche se
la ditta è di Taiwan e pare esserci da sempre. Come il
Castello Aragonese ed ILVAsto cortile centrale.
Quanta storia. “Oggi apriranno il ponte girevole”, sei
contenta ed io lo sono se tu lo sei, “serve ILVArco per
quel carico speciale”. Tu sei speciale, con tutto il tuo
carico dimeraviglia. Un passo tira l’altro, il lavoro che
non c’è ed il futuro, il gelato che c’è ed il presente, un
gattone tigrato che fa finta di essere ILVAgabondo sen-
za la sua Lilli.
Quanta vita tutta attorno, poi pensi che ILVAssoio con-
tinuerà ad essere servito, perché ILVAmpiro ha sempre
fame.Quante storie. “Meno male che ci sei”. Un bacio,
un odore familiare. Ha voglia di sushi, provo a fare IL-
Che caldo, beviamoci due birre con il delfino cavalcato
da Taras, le chiedo più sudate di noi, le prendiamo da
quel tipo con il caschetto, “come non lo vedi”, dove c’è
ILVAriopinto chioschetto. Giustizia e meno giustizia si
mescolano, mentre soffia un vento che gioca a fare IL-
VAnaglorioso senza riuscirci: ILVA sans dire. Un pesca-
tore ritira le sue reti, sulle braccia biscottate dal sole
del secolo scorso i segni di quando ILVAiolo era e poi
non è stato più: non è sempre no se c’è chi dice di sì, se
c’è ILVAccino. Sento vivere tutti intorno, non intendo-
no gridare ILVAffanculo più forte che possono al cielo
rosso dappertutto di rabbia color diossina. Dio, non sia
più così, non è questo ILVAngelo tuo. E se attorno
continueranno ad esserci coscienze di gomma, prendia-
mone la parte Blu, che cancella pure l’inchiostro ed an-
che ILVA pensiero. Taranto ha voglia di futuro, ILVAlo-
re della vita.
www.coopforwords.it/works/view/4137
Mi piacerebbe conoscere i vostri pareri sul testo. Il mio
indirizzo email è claudsot@gmail.com, se vi va battete un
colpo sulla tastiera.
Claudio Sottile
Ex alunno Liceo don Milani
10. PAGINA 10 Anno XVIII Numero Unico
La giornata delle lingue e dei linguaggi rappresenta l’essenza del
liceo linguistico, casa della contaminazione culturale e acerrimo
nemico dell’incomunicabilità. La manifestazione, svoltasi nel
pieno del periodo dedicato all’orientamento, è servita per pre-
sentare l’offerta formativa e per far conoscere a tutti i
“curiosi” la “nostra” identità coesa, basata sulla collaborazione,
sul divertimento e sul rispetto. Da studente con ormai un pie-
de e mezzo fuori dal mondo scolastico ci tengo a mettere nero
su bianco ciò che rappresenta per me questo istituto. Il liceo
linguistico ti mette le ali per spiccare il volo ma, al tempo stes-
so, ti munisce di paracadute in caso di problemi ad alta quota. Il
liceo linguistico è un passe-partotut, ti mette tra le mani chiavi
da poter girare in qualsiasi serratura. Il liceo linguistico è una
bussola che ti aiuta a trovare la strada per giungere a destina-
zione anche nelle situazioni più complicate.
C’è chi come me sceglie la carta per raccontare la propria e-
sperienza e chi, invece, preferisce usufruire della tecnologia; è il
caso di tutti gli ex studenti, ora sparsi in giro per il mondo, che
hanno deciso di lasciare il proprio feedback sull’istituto in un
video trasmesso nel corso dell’evento. Le “testimonianze atti-
ve” del passato, prossimo e remoto, sono tutte accomunate da
un fattore comune: la soddisfazione.
La manifestazione ha diviso la scuola in “cantoni” collegati at-
traverso corridoi che parlavano d’arte, linguaggio universale.
La zona spagnola
ci ha coinvolti
con una lezione
di base di fla-
menco, la danza
andalusa che racconta gli stati d’animo. La zona francese ci ha immersi nel
mondo d’oltralpe attraverso una degustazione di piatti tipici. La zona te-
desca ci ha resi protagonisti di un viaggio emozionale attraverso la foto-
grafia. La zona inglese ci ha divertiti attraverso un “quizzone” interattivo.
Per l’occasione sono stati invitati degli esperti per presentare le certifica-
zioni in lingua, attestati che, senza ombra di dubbio, arricchiscono il pro-
prio curriculum vitae nell’era della specializzazione obbligatoria.
Alla “festa della cittadinanza internazionale” non poteva di certo mancare
la sezione riservata ad Intercultura, l’associazione che offre ogni anno a
migliaia di ragazzi la possibilità di trascorrere parte dell’anno all’estero,
accolti da famiglie disposte ad aprire le porte delle loro vite.
La serata si è conclusa con delle esibizioni di alcuni studenti che hanno
portato sul palco il proprio talento e con una performance live dei
“Koroth”, gruppo metal emergente della scena acquavivese.
Il Don Milani allarga gli orizzonti senza trascurare ciò che ci è vicino. We care!
Paolo Capurso
classe VBL
11. PAGINA 11Anno XVIII Numero Unico
Llevo en Italia 5
meses y estaré
10 meses en
total. Mi nombre
es Joan y vengo
de Barcelona, en
España. Estoy en
Italia como
estudiante en un
curso en el
extranjero con
una agencia
llamada AFS
(American Field
Service). Tengo
15 años, apunto
de cumplir los
16.
Desde que llegué a Italia he tenido muchos cam-
bios: Costumbres, gastronomia, lengua... Pero so-
bre todo una de las cosas que noto más diferentes,
es el colegio. Empezamos por la organización de
cursos, una de las cosas que me ha llamado más la
atención:
En España hay 6 cursos de Educación Primaria, de-
sde los 6 años a los 12 años, el curso ESO
(Educación Secundaria Obligatoria) desde los 12
años a los 16 años. Al Profesional (Corso di Forma-
terminar la ESO, tienes dos opciones: Ir al centro
de Educación zione) o seguir los estudios, hacer
dos años de Bachillerato (Educación Secundaria
Superior) e ir a la Universidad. Mientras que en
Italia son 5 años de Educación Primaria y 5 de Edu-
cación Secundaria, para luego ir al Centro de For-
mación Profesional o a la Universidad. No digo que
sea corecto o incorrecto, solo diferente.
Tambien es diferente el modo de estudio. En Espa-
ña no estan las tan famosas “Interrogazioni”, los
votos orales no son tan importantes y solo hace-
mos votos escritos. Vale que también hacemos al-
guna presentación oral, pero las notas más impor-
tantes son los examenes Otra cosa diversa serían
las materias, no digo el tipo de materia, digo el
contenido. Por ejemplo, nosotros cuando hacemos
inglés solo hacemos gramática y no literatura.
Al igual que el
castellano y en
mi caso el
catalán, solo
hacemos
gramática,
hasta el último
año de
secundaria.
No es como
aquí que ya en
III de
secundaria,
apenas se
hace
gramática y se
hace sobre
todo
literatura.
Como en italiano que ahora estamos leyendo el
Infierno de Dante, el Cancionero de Petrarca o el
Decamerón de Bocaccio, entre otros. Aunque eso
depende más bien del tipo de clase y escuela a la que
vas.
Sin embargo lo que para mi es la diferencia más
radical, es el uso de las nuevas tecnologías y el uso
del registro electrónico. Nosotros en España, en el
1 año de secundaria tienes que comprarte un
ordenador, para hacer todos los apuntes en modo
electrónico, entrar en la web del colegio y subir
trabajos online o simplemente buscar información
para estudiar. Por eso se me ha hecho tan difícil
empezar a escribrir a papel, hacia 4 años que no
tocaba una libreta! En cuanto al registro electrónico,
en España solo sirve para saber si has faltado a clase.
No como aquí que tambien estan todas las notas e
incluso es dónde ves las notas finales (antes que las notas
en papel). Mientras que en España las notas dependen de
cada profesor, el cual cada uno tiene una libreta de papel
o electrónica de todas tus notas
Como podéis ver, hay muchas cosas diferentes e
iguales entre la escuela española y la italiana: Sistema
de puntuación, materias, modo de hacer apuntes...
Sin embargo me he podido adaptar y disfrutar,
estando en el instituto “Don Milani”. Una
experiencia innolvidable, os la recomiendo.
Joan Martinez Zaragoza
classe IIIBL
12. PAGINA 12
Alternanza Scuola-lavoro
Diario di una esperienza
Anno XVIII Numero Unico
L’alternanza scuola lavoro è disciplinata dai commi 33
ai commi 43 della legge 107-2015 (Buona scuola), al
fine di incrementare le opportunità di lavoro e le capa-
cità di orientamento degli studenti. La mia prima espe-
rienza di alternanza scuola lavoro si è svolta nel centro
diurno terapeutico riabilitativo “AUXILIUM” (aiuto
alla persona). Prima di iniziare l’avventura al centro
diurno, la mia classe ha partecipato ad un corso sulla
sicurezza, durante il quale l’ingegner Sasso ci ha parla-
to di come, anche nelle piccole aziende, avvengono
gravi incidenti sul lavoro. La prima vera norma realiz-
zata per tutelare il lavoratore è contenuta nel codice
civile (art.2087) ed afferma che l’imprenditore è tenu-
to ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure
che, secondo la particolarità del lavoro, esperienza e
tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e
personalità morale del lavoratore. L’intento di questo
corso è stato quello di trasmettere un messaggio: il
lavoratore va tutelato.
Il 7 febbraio 2018 si è svolto il primo incontro con la
dott.ssa Pietroforte Marianna, tutor aziendale, e con la
dott.ssa Cassano Anna Maria, psicologa del centro
diurno. Durante l’ intervento hanno esposto che la
nascita di Auxilium è legata alla legge 180, la legge Ba-
saglia che portò alla chiusura dei manicomi e diede vita
alle strutture psichiatriche. La struttura è destinata a
persone con disagio psichico, di età compresa tra 18 e
65 anni. La psicologa, attraverso un power point, ha
poi esposto le disparate attività che si svolgono nel
centro diurno: cognitive, motorie, strumentali, familia-
ri, espressive-corporee.
Il mio primo giorno di permanenza nel centro sono
stata accolta calorosamente, non solo dall’équipe ma
soprattutto dai pazienti i quali si sono resi assertivi
nella conoscenza. Una delle attività svolte è stata quel-
la manipolativa, volta alla costruzione degli elementi
costitutivi di un plastico su Acquaviva delle Fonti. In-
sieme alle persone del centro e ai bambini della scuola
Materna statale “Nicola Capozzo” abbiamo dipinto
degli alberelli per realizzare “Acquaviva in miniatura”:
è stata un’esperienza meravigliosa vedere i pazienti a
contatto con i bambini.
Il 27 marzo si è tenuto un incontro di formazione dal
titolo “Comunicare è bene, comunicare è meglio”,
tenuto dalla dott.ssa Cassano Anna Maria che ci ha
parlato delle tre aree che danno vita al “modello bio-
psico-sociale.
1-Bio: ognuno di noi ha un patrimonio genetico;
2-Psico: ognuno di noi possiede la propria identità,
affettività, pensiero;
3-Sociale: ognuno di noi è condizionato dal contesto-
ambientale in cui vive che a sua volta è influenzato dal-
la religione, lingua, paese di provenienza.
La dott.ssa ha parlato anche di “epidemiologia”: branca
dell'igiene che si occupa delle modalità d'insorgenza, di
diffusione e di frequenza delle malattie in rapporto
alle condizioni dell'organismo, dell'ambiente e della
popolazione. Al termine di questo intervento ci è sta-
to chiesto di scrivere, in forma anonima, emozioni,
sentimenti, perplessità ,frutto dell’esperienza fatta al
centro.
segue a pag. 13
13. PAGINA 13 Anno XVI Numero Unico
Un’altra bella attività di alternanza è stata quella sulle
“emozioni”. Le educatrici hanno spiegato brevemente
la trama del cartone animato “Inside out”, il quale por-
ta alla luce, attraverso piccoli personaggi contenuti
nella mente della protagonista, le quattro fondamentali
emozioni dell’essere umano: gioia, tristezza, rabbia,
disgusto. Il mio gruppo, insieme alle tirocinanti della
facoltà di psicologia e soprattutto ai pazienti, ha colo-
rato una delle emozioni che in quel momento ognuno
di noi sentiva di provare. Un’altra attività svolta
all’interno del centro è stata la “lettura”: i pazienti do-
vevano leggere una pagina di un libro e, infine, gli edu-
catori, attraverso delle domande, constatavano che
tutti i pazienti avessero compreso il significato delle
pagine lette. In quest’esperienza ho riflettuto molto
sull’importanza di azioni che compio quotidianamente,
ma che ho sempre sottovalutato, come quella di utiliz-
zare il cellulare o interagire sui social network. Molti
dei pazienti non possiedono un cellulare, oppure, an-
che essendone forniti, non lo utilizzano poichè, a causa
della loro patologia, preferiscono l’isolamento. A tal
proposito, gli operatori del centro diurno hanno idea-
to un’attività chiamata “Contattiamoci” con cui si inse-
gna ai pazienti l’utilizzo del cellulare: come si registra
un numero di telefono, come inviare un messaggio,
come utilizzare il social whatsapp.
Un’ulteriore attività che mi ha fatto riflettere moltissi-
mo sui miei atteggiamenti è denominata
“Comunicazione con manuale”: essa consiste nel simu-
lare un litigio senza l’aiuto del manuale e ci siamo resi
conto di quanto sia negativo il nostro atteggiamento
nell’esprimere i sentimenti spiacevoli. In seguito abbia-
mo simulato lo stesso litigio con l’aiuto del manuale
che suggerisce:
1-guarda la persona a cui ti rivolgi;
2-parla in modo fermo e gentile, e dille esattamente
che cosa ha causato il tuo sentimento spiacevole;
3-dille che cosa hai provato accettando la responsabili-
tà delle tue emozioni;
4-suggerisci in che modo potrebbe aiutarti a non pro-
vare più quel sentimento spiacevole.
Abbiamo, successivamente sperimentato anche come
esprimere le emozioni positive con il manuale e, in
questo caso, esso ci suggerisce:
1-guarda in viso la persona a cui ti stai rivolgendo e
parlale con un tono gentile;
2-dille esattamente che cosa ha fatto che ti è piaciuto;
3-dille che cosa provi o che cosa hai provato.
Il 27 aprile 2018, la dott.ssa Pierto Antonella, psichia-
tra del centro diurno, ha tenuto l’ultimo incontro di
formazione dal titolo “Disturbi psichiatrici e riabilita-
zione” In questo incontro abbiamo espresso le nostre
perplessità: una mia problematica è nata quando non
riuscivo a relazionarmi con i pazienti per paura di toc-
care “tasti dolenti” del loro vissuto: ricordi, emozioni
o esperienze che avrebbero potuto causare in loro un
disagio.
Al termine del progetto la psichiatra ha chiesto ad o-
gnuno di noi una parola che potesse riassumere il no-
stro percorso all’interno del centro diurno AUXI-
LIUM. Le parole più utilizzate sono state: famiglia, co-
municazione, coesione, gruppo, rispetto ed ascolto.
Quest’esperienza mi ha insegnato a saper gestire le
mie emozioni, a non giudicare “sbagliato” ciò che non
conosco ma a cogliere l’occasione per comprenderlo.
Maddalena Accadia
classe IVAES
14. PAGINA 14
Il 26 ottobre 2018 il Liceo Statale “don Lorenzo Mila-
ni”di Acquaviva delle Fonti ha aderito all’iniziativa
“Notte bianca dei L.E.S”, che ogni anno unisce a distanza
gli studenti dei Licei Economico Sociali di tutta Italia.
L’evento ha come scopo quello di proporre il modo
alternativo e innovativo di fare scuola di questo indirizzo
liceale: le discipline di studio economiche e giuridiche,
sociali, linguistiche, scientifiche e umanistiche preparano
ad affrontare in modo consapevole i problemi attuali e
le sfide del futuro, con un approccio interdisciplinare.
Grandi protagonisti della “Notte Bianca dei L.E.S” siamo
stati noi studenti dell’Economico Sociale che, con l’aiuto
dei docenti, abbiamo realizzato numerose attività ine-
renti al tema “Nuovi diritti nel mondo globale”.
“Le dipendenze giovanili”, “Ragazzi in redazione”,
“Diritto alla vita”, “Moneta&Dintorni”, “Il L.E.S si mette
in gioco” sono stati solo alcuni dei laboratori con cui
abbiamo potuto mettere in campo le conoscenze e le
competenze acquisite in ambito scolastico, in particolar
modo afferenti le discipline giuridiche e le scienze uma-
ne.
Con la nostra competenza linguistica-bilingue abbiamo
potuto realizzare attività drammaturgiche in lingua fran-
cese e spagnola. “Olympe de Gouges” è il nome
dell’autrice della “Dichiarazione dei Diritti delle Donne
e delle Cittadine” di cui si è proposta una lettura dram-
matizzata.
Questo testo, scritto in risposta alla “Dichiarazione dei
Diritti dell’Uomo e del Cittadino, intendeva colmare le
lacune riguardanti i diritti delle donne “dimenticate” nel
progetto di libertà e di uguaglianza della Rivoluzione
francese.
segue a pag. 15
Anno XVIII Numero Unico
15. PAGINA 15
La messa in scena in lingua spagnola ha riguardato, invece, un dibattito tra Sepulveda e Las Casas sulla condizione
degli Indios e sulla violazione dei loro diritti.
Per quanto riguarda la lingua inglese, le professoresse A.R. Scattaglia e A. Santorsola hanno illustrato le attività di-
dattiche del progetto “At the heart of communities”-Erasmus Plus K2, sul tema “Community cohesion”, che coin-
volgerà le istituzioni scolastiche di cinque Paesi europei (Italia, Inghilterra, Spagna, Turchia, Finlandia) e mira a svi-
luppare la consapevolezza dell’appartenenza alle comunità locali con iniziative di cittadinanza attiva, nell’ottica della
coesione sociale.
Di notevole importanza, anche a livello emotivo, sono stati l’intervento della Dirigente scolastica dott.ssa Maria
Rosaria Annoscia, che si è formata nella nostra scuola, e i racconti delle esperienze di altri studenti che si sono di-
plomati nel nostro Liceo e dei loro genitori.
Emblematico, infine, è stato il richiamo all’economia del territorio attraverso la presentazione di prodotti tipici del-
le aziende locali, le quali hanno reso possibile la realizzazione dei progetti di Alternanza Scuola-Lavoro.
La conclusione della serata è stata caratterizzata da un Freestyle Contest che ha attirato molti ragazzi provenienti
da altre scuole.
Tutte le iniziative di noi studenti sono state accomunate dalla grande volontà di rendere l’evento indimenticabile e
di far conoscere le peculiarità del nostro indirizzo a tutto il territorio, trasformando gli spazi della nostra scuola in
sale d’incontro e di spettacolo aperte al territorio e animate da tutta la comunità scolastica.
In un’atmosfera di cultura, musica, divertimento e socializzazione abbiamo potuto sperimentare un modo diverso
di “vivere la scuola”, più motivante e coinvolgente.
https://www.youtube.com/watch?v=WXYUkQn1QJg
Davide Avezzano
classe VAES
Anno XVIII Numero Unico
16. PAGINA 16
LE RONDE CITTADINE
Anno XVIII Numero Unico
Sempre più spesso ascoltiamo al telegiornale notizie
di furti avvenuti nelle abitazioni private, così come nei
negozi o nei magazzini. Si sa che la crisi economica, la
disoccupazione e la carenza di personale nelle forze
dell’ordine, ha incentivato la delinquenza. Molti sono
stati i casi di cittadini condannati per omicidio, quan-
do, nel corso di un furto in casa, si sono difesi ricor-
rendo all’utilizzo di un’arma da fuoco, legalmente de-
tenuta. Esasperati e senza punti di riferimento, molti
sono ricorsi alle ronde fai-da-te, costituite da privati
cittadini che ,a piedi o con l’ausilio di un’auto, perlu-
stravano i borghi e le strade, al fine di controllarli.
E interessante sapere che, prima della legge n. 94 del
2009, disciplinata dal D.M. 8 agosto 2009, tutte le
ronde risultavano fuori norma, in quanto non discipli-
nate dagli organi competenti. È una figura controver-
sa quella degli “osservatori notturni”; c’è chi teme che
possano nascondere al loro interno gruppi di violenti,
in cerca di gente da picchiare, addirittura qualcuno
invoca lo “squadrismo politico”, tuttavia è bene ribadire
che le associazioni in questione, così come tutti i vo-
lontari, sono iscritti in elenchi prefettizi, preventiva-
mente controllati, al fine di evitare qualunque abuso
e/o problema; i volontari, inoltre, sono vincolati a
rigidi requisiti tra i quali una formazione di 20 ore
(acquisita seguendo un corso) e l’assenza di prece-
denti penali. Essi si organizzano svolgendo il loro ser-
vizio a turno serale, percorrendo i borghi e le strade.
Sono dotati di casacche di colore giallo fluorescente,
di torce e di telefono, quest’ultimo utile a comunica-
re alle forze dell’ordine eventuali presenze di macchi-
ne o individui sospetti, tutto ciò ha scoraggiato le
azioni criminali.
Da dove nasce l’idea della ronda?
Il termine nasce nel XVI° secolo e deriva dal latino
“rotundus”, ossia rotondo, ed indicava il percorso cir-
colare o comunque chiuso, compiuto dalle ronde.
Nell'età antica e nel medioevo, anche negli edifici co-
struiti a scopo difensivo-militare, venivano compiute
ronde e per questo l'architettura stessa di castelli e
l'esistenza di stretti camminamenti opportunamente
protetti per le ronde delle guardie e delle sentinelle.
Venivano definite ronde anche quelle effettuate su
percorsi rigidi e circolari, come quelli percorsi dai de-
tenuti durante la fruizione dell'ora d'aria. Nell'ambito
delle forze armate italiane, si definiva "ronda" una pat-
tuglia di militari, in genere tre, guidati da un graduato
o un sottufficiale, che girava per una città nelle ore
serali, al fine di controllare che i soldati fossero rego-
larmente in libera uscita e che si comportassero cor-
rettamente. Dopo la sospensione delle chiamate al
servizio militare di leva in Italia, il termine è divenuto
familiare con le associazioni di osservatori volontari.
Un’alternativa a queste associazioni sono gli istituti di
vigilanza privata e le persone che si abbonano al servi-
zio sono in continua crescita come ad esempio quelle
rappresentate da gruppi di famiglie che abitano nella
stessa zona da vigilare. Non è raro ormai la sera nota-
re le vetture in dotazione a questi istituti, con a bordo
guardie particolari giurate (GPG) che stanno assumendo
un ruolo sempre più importante dal punto di vista so-
ciale, in considerazione del fatto che sono presenti
presso ospedali, sale giochi, metro, cinema. La loro
figura affianca ormai quella delle forze di polizia. I vigi-
lantes che eseguivano la sorveglianza notturna nel vici-
nato, grazie alla loro professionalità, si sono guada-
gnati l’appellativo di “guardie di quartiere”, termine
che ricorda le figure purtroppo scomparse del poli-
ziotto o carabiniere di quartiere. L’espletamento della
loro attività risulta oramai molto importante nella so-
cietà di oggi dove la criminalità e la consumazione dei
reati predatori non accennano a diminuire, in partico-
lar modo nei fine settimana e nei periodi delle partico-
lari festività.
Matteo
Bellina
classe VAES
17. PAGINA 17
ANIME COMPLICI
Anno XVIII Numero Unico
Nonni, quella dolce parola che si
pronuncia fin da piccoli, quella con
mille sfaccettature d'amore, che
suscita sul loro volto un brillante
sorriso. Ciò di cui i bambini hanno
più bisogno sono gli elementi es-
senziali che i nonni offrono in ab-
bondanza: essi danno amore in-
condizionato, gentilezza, pazienza,
umorismo e soprattutto lezioni di
vita, un po' come un genitore ,
un'insegnante che ti guida con dol-
cezza e sicurezza stringendoti for-
te la mano, ed è entusiasmante e
al contempo commuovente, legge-
re nei loro occhi la felicità nel vederci e riscoprire in quei
stessi occhi le nostre radici. Diamo sempre tutto per
scontato , ma per loro anche un semplice grazie riscalde-
rebbe il cuore. E anche quando vedremo il cielo tempe-
stato di stelle sapremo riconoscere quella che brilla di
più, perché i nostri nonni, i nostri angeli custodi conti-
nueranno a illuminarci il cammino e a proteggerci cospar-
gendo polvere di stelle sulla nostra vita. Il 2 Ottobre, fe-
sta degli angeli custodi, la festa dei nonni e quale giorno
migliore se non questo per ricordare la loro saggezza e la
loro presenza fondamentale nella nostra vita e nel nostro
futuro, così, per il terzo anno l'Ospedale Miulli, di Acqua-
viva delle Fonti, ha celebrato questo giorno speciale pres-
so il reparto di geriatria. Si è trattato di un' occasione
importante per sottolineare ed evidenziare il ruolo fonda-
mentale che essi svolgono per le famiglie e la comunità.
Protagonisti di questa manifestazione sono stati i pazien-
ti ricoverati, i quali hanno espresso la loro opinione ri-
guardo la società e le generazioni di oggi, paragonandole
con quelle della loro epoca, ma al contempo hanno
riempito il cuore di tutti regalando sorrisi e forti emo-
zioni, raccontando delle infinite gioie e incondizionato
affetto che ricevono ogni giorno dai loro nipoti. Sono
stati momenti magici e per un'istante, guardandomi in-
torno, ho visto gli occhi delle persone che mi circonda-
vano ricoperti da un sottile velo di lacrime e in quel mo-
mento ho rivissuto dolci momenti della mia infanzia ,
quando domandando a mia nonna cosa fosse l'amore lei
mi rispondeva: "è quel sorriso che avrai da grande quan-
do penserai a me".Rilevanza abbiamo avuto anche noi
studenti del Liceo Scienze Umane "don Milani", classe 2
ASU, invitati a partecipare e condividere insegnamenti,
valori, poesie, detti, indovinelli appresi dai nostri nonni,
trasmettendo emozioni e rivivendo dolci ricordi che
riaffioravano la nostra mente. In quegli istanti non ci sia-
mo più sentiti studenti, ragazzi con il telefono sempre
fra le mani, ma nipoti, quei fragili adolescenti che hanno
imparato a lottare e fidarsi di se stessi, grazie alle umili e
sagge persone che sono i nostri nonni, che hanno biso-
gno di continuo affetto e di aggrapparsi quando cadono,
di essere tenuti per mano di fronte agli ostacoli, perché
per quanto possiamo apparire forti e maturi, avremo
sempre l'anima fragile e sensibile di un bambino, unito a
suo nonno da un legame indissolubile che congiunge fra
loro due anime complici.
Sofia De Cosmis
classe IIASU
18. PAGINA 18
L’ESPERIENZA DELL’INGIUSTIZIA
Anno XVIII Numero Unico
Giustizia? Otterrai giustizia
nell’altro mondo. In questo accon-
tentati della legge.
(William Gaddis)
Se noi riconosciamo che errare è
dell’uomo, non è crudeltà sovruma-
na la giustizia?
(Luigi Pirandello)
Piove sul giusto e piove anche
sull’ingiusto; ma sul giusto di più,
perché l’ingiusto gli ruba
l’ombrello.
(Charles Bowen)
E’ meglio rischiare di salvare un
colpevole piuttosto che condannare
un innocente.
(Voltaire)
Se non è rispettata la giustizia, che
cosa sono gli Stati se non delle
grandi bande di ladri?
(Sant’Agostino)
Tutti noi, in modi diversi, sperimentiamo
l’ingiustizia.
Quante volte ci è capitato di esclamare “Non è giusto!” o
di protestare per un torto subito? Quante volte abbiamo
lottato per ciò che è giusto? E quante volte non abbiamo
fatto nulla?
Questo accade perché, in ogni uomo risiede un incessante
bisogno e senso di giustizia. Sebbene essa si modelli duran-
te la nostra formazione, è un attributo innato di noi esseri
umani che si sviluppa già dai sei mesi di vita, secondo quan-
to riportato da una ricerca condotta presso l’Università di
Kyoto, il cui risultato è stato pubblicato su Nature Human
Behaviour. Nel campo della psicologia delle organizzazioni
e di quella sociale delle comunità, il senso di ingiustizia vie-
ne considerato come la risposta “emotiva” derivante dalla
percezione di un atto ritenuto moralmente ingiusto. In
questo senso dunque, ci si aspetterebbe che chiunque ab-
bia vissuto in prima persona un’ingiustizia o che abbia assi-
stito ad essa, reagisca opponendosi. Tuttavia, ciò che e-
merge dalla realtà dei fatti e da alcuni esperimenti condotti
per comprendere l’effetto che le ingiustizie esercitano sul-
le persone, l’uomo tende a rassegnarsi ed accetta la condi-
zione di frustrazione ed ingiustizia in cui si trova.
segue a pag. 19
19. PAGINA 19
segue da pag. 18
Anno XVIII Numero Unico
Tante sono le storie di ingiustizie che, ogni giorno, ci ven-
gono raccontate tramite la stampa e i mass-media e tante
sono le persone che, anche a distanza di anni, combatto-
no per ottenere giustizia e, soprattutto, far scoprire la
verità.
Questo è il caso di Ilaria Cucchi che, dal 2009, lotta per
far luce sulla vicenda di suo fratello, Stefano, morto per le
lesioni riportate durante il suo arresto e per la mancanza
di cure mediche presso l’ospedale penitenziario Pertini. A
distanza di nove anni e dopo numerose udienze, finalmen-
te vi è stata una svolta nelle indagini, grazie alla confessio-
ne di uno dei carabinieri coinvolti.
Ma tanti altri sono i casi di ingiustizia come le disugua-
glianze sociali che coinvolgono extracomunitari, la condi-
zione di precarietà della donna e il divario di genere det-
to anche “gender gap”, la violazione dei diritti umani, gli
abusi e i maltrattamenti, la mancanza della tutela sanitaria,
lo sfruttamento dei bambini, il fenomeno del nepotismo e
i cosiddetti “favoritismi”, le ingiustizie ambientali come
deforestazione e inquinamento: un lungo elenco, purtrop-
po che segnala torti ed abusi che caratterizzano la nostra
società in ogni sua sfaccettatura coinvolgendo chiunque,
dagli adulti ai ragazzi, i quali affrontano un altro tipo di
ingiustizia nell’ambiente scolastico. In questa prospettiva
dunque ognuno di noi può, nel suo piccolo, seguire la
“strada” della legalità e della correttezza morale in ogni
ambito della società. Rispettare l’altro, collaborare e pro-
muovere l’educazione alla legalità, sono solo alcune delle
azioni che possiamo intraprendere ogni giorno per garan-
tire una società in cui “chi sbaglia paga”, in cui la violenza
e i soprusi non siano più tollerati, dove non ci senta ab-
bandonati dallo Stato e non si abbia paura di opporci a
ciò che è sbagliato e dove l’odio e la discriminazione per
il “diverso” siano sconfitti dall’unione e dalla coesione e,
come afferma Montesquieu,
«Un’ingiustizia fatta all’individuo è una minaccia
fatta a tutta la società.»
Davide Avezzano
classe VAES
20. PAGINA 20
La casa degli sguardi di Daniele Mencarelli
“VOGLIO BERE LAVITA”
Incontro con l’autore
Giovedì 8 novembre 2018,
tutte le classi terze del liceo
Don L. Milani si sono riunite
nell’auditorium dell’istituto
per un incontro con lo scrit-
tore Daniele Mencarelli, au-
tore della autobiografia “La
casa degli sguardi”, per
affrontare la tematica della
dipendenza dall’ alcool e di
come superarla.
Mencarelli nasce a Roma
(facile da comprendere date
le citazioni in romanesco nel
libro) nel 1974. Si forma co-
me poeta ma decide di rac-
contare, dopo 10 anni, in un
romanzo autobiografico la
sua esperienza nell’ospedale
pediatrico “Bambin Gesù” e
cosa l’abbia portato a rico-
minciare dopo anni di soffe-
renze dovute all’abuso dell’
alcool.
Perché bere? Perché farlo a tal punto da diventarne dipendenti? Per Daniele la risposta è una e viene quasi spontanea :
“bevevo per autodistruggermi e per non ricordare nulla del giorno prima, per uscire dalla realtà”.
Come una “cattiva narrazione”, l’alcool ci porta a chiuderci in noi stessi, fin quando ci perdiamo completamente e risulta
molto difficile, quasi impossibile, ritrovarsi, a tal punto da vedere la morte come il male minore.
Per l’autore la dipendenza, il bisogno implacabile di ciò che lo faceva star bene, era causata dall’impossibilità che egli aveva
nel poter proteggere i suoi cari da quello che è il mondo reale, dal quale lui cercava continuamente di fuggire.
Daniele, un ragazzo con una “malattia invisibile all’ altezza del cuore o del cervello”, voleva estraniarsi da ciò che lo cir-
condava e per questo continuava a rifugiarsi nell’alcool, nei “bicchieri di bianco”, nel vuoto.
Con l’aiuto dei genitori riesce però, il 3 marzo del 1999 , a trovare un lavoro in un ospedale pediatrico, una “casa specia-
le” che gli à aprirà gli occhi e lo farà riflettere sul valore della vita.
segue a pag. 21
Anno XVIII Numero Unico
21. PAGINA 21
segue da pag. 20
I bambini lì soffrono, la malattia non li risparmia, non li guarda nemmeno, quan-
do in realtà a guardarli sarà proprio Daniele. Che inizierà a comprendere. Uno
di loro, Toc Toc, farà breccia nel suo cuore tanto che la morte di questi pro-
vocherà nel poeta una grande sofferenza, trascritta in versi commoventi alla
fine del romanzo.
Come possiamo pensare di costruire qualcosa se l’ingiustizia e la sofferenza ci
sovrastano, ci governano? Come possiamo permetterci il lusso di vivere se poi
a morire sono proprio i bambini? Questa è la realtà che Daniele si trova ad
affrontare ed è proprio qui che i suoi dubbi sulla religione cominciano a mani-
festarsi:
“Se ci sei tu, Dio, dietro tutto, perché non hai preso me? O qualsiasi altro
adulto sulla faccia della Terra? Gente con anni alle spalle, che ha gioito e soffer-
to, che ha dato e ha preso. Se ci sei tu, Dio, dietro tutto, quello che fai com-
piere qua dentro non è giusto. Tu, non noi, dovresti chiedere perdono”.
Tutto ciò denota nella sua vita una grande assenza di Dio, che però Daniele
continua a cercare di colmare, tanto da ritenersi un “aspirante credente”.
Durante l’incontro, le sue parole ci hanno fatto riflettere:
“Scrivere non salva, non bisogna attaccarsi al concetto di scrittura di per sé il
vero lavoro sta nel saper osservare con occhio chiaro e con amore, aspettare
che il momento e la giusta aspirazione arrivino. Scrivere è riportare il lavoro
fatto osservando”.
“I ragazzi che si interrogano su temi come la morte, il senso della vita, si preoccupano del proprio destino e di quello
dei propri genitori, non devono fare
altro che cercare le risposte nei libri,
utilizzando la letteratura come mezzo
L’incontro ha avuto seguito il giorno 16
novembre con un lavoro presentato
dalla classe 4^B dell’Economico Sociale,
in modalità “pair to pair” che ci ha e-
sposto il problema delle dipendenze (in
particolare alcool e fumo) ma da un
punto di vista più psicologico.
“Dipendenza” vuol dire essere stretta-
mente legati a qualcosa, ma non solo, si
può essere dipendenti anche dalle per-
sone. Proviamo a diventare un po’ più
dipendenti dalla gente e dall’amore,
non da ciò che ci distrugge.”
Serena Ciccarone e Federica Franco
classe IIIBL
Anno XVIII Numero Unico
22. PAGINA 22 Anno XVIII Numero Unico
Mi chiamo Alessia Saturno, ho 14 anni e fre-
quento la 1^B del Liceo don Lorenzo Milani,
indirizzo linguistico. La scelta della scuola dopo la
licenza media è per quasi tutti i ragazzi un dilemma, ma
per me non lo è stato affatto, infatti io, con molta deter-
minazione e, a volte anche scontrandomi con chi mi vo-
leva vedere in un altro ambito, mi sono iscritta perché
ho sempre nutrito una forte passione per le lingue stra-
niere e mi ha sempre affascinato l’idea di conoscere le
culture dei popoli. Sin da piccola sognavo di viaggiare, di
andare in giro per il mondo e di confrontarmi con cultu-
re diverse e magari riuscire a diventare una famosa in-
terprete ed è stato questo il motivo che mi ha spinto ad
iscrivermi al liceo linguistico, e poi sono convinta che le
lingue offrano potenti strumenti anche nel campo lavora-
tivo. Certo, per far ciò so benissimo che mi aspettano
anni di duro studio ma questo non mi spaventa perché
so, che soltanto impegnandomi duramente potrò riusci-
re a realizzare questo obiettivo.
Dal primo giorno di scuola sono passati un bel po' di
mesi e posso affermare che mi sto trovando bene con-
fermando che questa era la scuola che da sempre volevo
frequentare in quanto tutte le cose che sto imparando
corrispondono alle mie aspettative. Inoltre posso con-
fermare che il “don Milani” non solo è un’ottima istitu-
zione scolastica, ma è anche una grande FAMIGLIA dove
c’è collaborazione tra alunni e docenti.
Infatti una bella iniziativa è stata realizzata a fine ot-
tobre quando la professoressa Paola Forte, mia docen-
te di spagnolo, ha chiesto a noi alunni di far parte del
“gruppo accoglienza” che con molto entusiasmo ho
accettato volentieri. Infatti a gennaio con altre mie ami-
che siamo state impegnate il sabato pomeriggio e la
domenica mattina a scuola, impegno piacevolissimo e
molto stimolante perché grazie a questo progetto ho
potuto trasmettere a chi è venuto a visitare il nostro
istituto, il mio amore nei confronti delle lingue e in al-
cuni casi aiutare ragazzi ancora indecisi sulla scelta
dell’indirizzo scolastico. In questi cinque anni mi auguro
di migliorare sempre di più, di apprendere sempre più
cose, di arricchirmi culturalmente, permettendomi di
realizzare i miei sogni come quello di viaggiare e di e-
splorare il mondo in tutte le sue forme e culture.
Ringrazio tutti i docenti che mi accompagneranno in
questi cinque anni verso il mio futuro, e in modo parti-
colare la professoressa Annamaria Dimaggio che ha
curato la parte letteraria, avendo fiducia in me in quan-
to è stata la prima volta che ho scritto una pagina di
articolo per la scuola, e grazie anche alla professoressa
Paola Forte che mi ha proposto di scrivere l’articolo e
che con entusiasmo mi ha coinvolto anche nell’attività
dell’ orientamento, che vorrei ripetere negli anni a se-
guire.
Alessia Saturno
classe IBL
23. PAGINA 23 Anno XVIII Numero Unico
Il Dirigente Scolastico dott.ssa Marisa Annoscia
con la prof.ssa Nardulli e le alunne
De Palma,Chiaromonte,Giulitto,Gentile
Gli studenti della 4bl vincono la finale della gara
di lettura di Biblioinrete 2019
GALLERIA
FOTOGRAFICA
24. PAGINA 24
“Aspettando la festa della Musica”
Anche quest’anno, come già da qualche anno, il prossimo 21
Giugno si celebrerà, in tutta Europa, la “Festa della Musica”
ma…impazienti di vivere questo evento, i Mibac, Poli Museali
di tutta Italia, hanno organizzato, a tre mesi giusti dall’evento,
una giornata di festa denominata “Aspettando la festa della
Musica”,
In occasione di questa giornata-evento, Il Liceo Musicale “Don
Milani” di Acquaviva della Fonti (BA), ha aderito all’invito del
Polo Museale della Puglia, recandosi, il 21 marzo u.s., con una
rappresentanza dei suoi studenti, al Castello Svevo di Bari ,
sede dell’evento. L’intento del Mibac, frutto della collabora-
zione di enti istituzionali di diversa natura, è quello di portare
la musica in sedi alternative, “fuori centro”, cioè in diversa
location rispetto a quelle già note e sperimentate all’interno
del territorio cittadino.
Il Castello Svevo di Bari, è diventato quindi, per una giornata,
(anche se di esperimenti ce ne sono già stati tanti in passato),
un contenitore culturale all’interno del quale si è provato a
ridare vita agli antichi splendori, alle serate di festa grandiose,
agli spettacoli teatrali e musicali intessuti nelle antiche mura
del Castello. Tale Bellezza si può - e si deve – recuperare,
valorizzando quelli che sono gli elementi rappresentativi del
territorio, promuovendo i giovani musicisti, e, al contempo,
diffondendo la conoscenza delle musiche dei tanti maestri pu-
gliesi che hanno avuto un ruolo di rilievo nel panorama musi-
cale nazionale.
Gli studenti del Liceo Musicale hanno assistito, in mattinata, ad un concerto-spettacolo nella sala multimediale del Ca-
stello, a cura dell’associazione “Misurecomposte” e dell' “Agimus”, dal titolo ‘Casa Van Westerhout’, incentrato sul rap-
porto tra Gabriele D’annunzio e Niccolò Van Westerhout negli anni trascorsi insieme a Napoli a fine Ottocento, nel
nome di Wagner
Lo spettacolo, con gli accorgimenti di un vero e proprio progetto multimediale, è stato animato da un pianista violinista,
un soprano,un attore, una voce narrante e una danzatrice dentro un apparato visivo comprendente la proiezione di cele-
bri dipinti
A seguire, nella sala “Bona Sforza”, sita al piano
superiore del Castello, i 12 alunni componenti il
Coro di Clarinetti del nostro Liceo Musicale, quali:
Lea Di Cè, Agnese Dipace, Rossella Priore, Giu-
seppe Ruscigno, Francesco Pio Dalessandro, Mica-
ela Giordano, Domenico Santantonio, Alessio
Giampietruzzi, Mariangela Manicone, Massimo Al-
banese, Giorgia Petrera, Enrico Rò. sotto la guida
della prof.ssa Anna Bavaro, docente di clarinetto,
hanno allietato il pomeriggio con musiche di Mo-
zart, Tchaikowsky, Svendsen, Dich, Brahms, Gou-
nod, e Ravel
Prossimo appuntamento: la grande Festa della Mu-
sica Europea, 21 giugno, presso tutti i luoghi arti-
stici più belli, all’insegna della Bellezza e dell’Arte
prof.ssa Anna Bavaro
Anno XVIII Numero Unico
25. PAGINA 25Anno XVIII Numero Unico
“CAMBIAMENTE”
“Chi lascia la strada vecchia per quella nuova, sa quello che lascia, ma non sa quello che trova” proverbio che riassume
il modus vivendi dei più, di tutti coloro che hanno paura
del cambiamento, di tutti coloro che, cedono la palla deci-
siva aspettando che siano gli altri a portare avanti l’azione.
Non il mio. È troppo facile accontentarsi, è troppo facile,
riproponendo la metafora della strada, ripercorrere i passi
di chi ci ha preceduti. Non viviamo nell’universo
“idealizzato” da Hegel dove siamo delle pedine, mosse da
una Ragione Assoluta, che non hanno alcuna possibilità di
modificare il proprio futuro. Siamo nel ventunesimo seco-
lo, abbiamo il dovere, ma anche il diritto, di essere il cam-
biamento che vogliamo vedere nel mondo.
Mi soffermerei sulla parola diritto perché, purtroppo, non
tutti hanno questa possibilità. Alcuni, soprattutto nei Paesi
del sud del mondo, non hanno tempo di sognare un futu-
ro diverso dove l’unica “condanna” che ha l’uomo è la
libertà; altri, soprattutto al sud, ma questa volta mi riferi-
sco all’Italia, sono costretti a cucirsi sulla pelle gli abiti
vecchi e consumati dei propri genitori (fortunatamente
sono più alto e più largo di mio padre).
Io, un domani, vorrei essere il primo cittadino di un paese,
il mio paese, eletto grazie ad idee condivise e sostenibili,
non attraverso le mie capacità di colpire la pancia del po-
polo.
Io, un domani, vorrei essere un venditore ambulante trat-
tato con la stessa dignità di un sindaco.
Io, un domani, vorrei essere un calciatore che cede parte del suo stipendio a sei zeri a chi ne ha più bisogno, non per
farsi pubblicità.
Io, un domani, vorrei essere un emigrante che non viene lasciato in balìa dello stesso mare più e più volte, ma accolto a
braccia aperte.
Io, un domani, vorrei essere un giornalista che scrive ciò che pensa, non ciò che la gente vuole leggere.
Io non so chi voglio essere domani, sono solo uno studente che si accinge a prendere una delle decisioni più importanti
della propria vita che è terribilmente spaventato dall’errore, ma al tempo stesso felice di avere i mezzi per poter sba-
gliare.
Il mutamento è un’opportunità che implica
senza ombra di dubbio la paura, non siamo
dei robot. Dobbiamo essere coraggiosi,
meno chiacchiere e più fatti, dobbiamo
smettere di puntare il dito contro gli altri,
analizzando ciò che non fanno ed iniziare a
pensare a ciò che non facciamo noi; parafra-
sando “La verità”, testo di Brunori Sas, can-
tautore contemporaneo, dobbiamo smette-
re di partire per scalare una montagna per
poi fermarci al primo ristorante lungo il
percorso.
L’ansia è difficile da gestire, ma nulla è dura-
turo come il rimpianto. “Panta rei”, lascia-
moci travolgere dall’onda.
Paolo Capurso
classe VBL
26. PAGINA 26
BIOETICA E DIGNITA’ UMANA
I giovani e le problematiche etiche
Anno XVIII Numero Unico
Bioetica è “una parola
composta derivata dalle
parole greche bios (vita)
ed ethos (morale). La
Bioetica è un’area di ri-
cerca che ha per oggetto
“lo studio sistematico
delle dimensioni morali –
comprendenti la visione
morale, le decisioni, la
condotta, le politiche –
delle scienze della vita e
della cura della salute, attraverso una varietà di meto-
dologie etiche in un contesto interdisciplina-
re” (Encyclopedia of Bioethics-1995). La Bioetica è,
dunque una scienza che si occupa di problemi che
coinvolgono la singola persona e l’umanità intera e che
riguardano l’inizio della vita (controllo delle nascite,
aborto, fecondazione assistita), il fine vita (trattamenti
per malati terminali, eutanasia, testamento biologico) e
altre tematiche (ricerca e sperimentazione, trapianti di
organi, ingegneria genetica, Organismi Geneticamente
Modificati). Il desiderio di rendere il Liceo luogo di
incontro, di riflessione, di scambio costruttivo per la
crescita delle nuove generazioni ha spinto i professori
di religione Rosaria Pistacchio e Nicola Lofrese ad or-
ganizzare in data 16 febbraio 2019, nell’auditorium del
Liceo “Don Milani” di Acquaviva un incontro su:
“Bioetica e dignità umana”. L’incontro, moderato dalla
professoressa Mariella Nardulli, si è svolto sotto for-
ma di dibattito tra il professor Aramini (bioeticista e
docente presso l’Università Cattolica di Milano), il cap-
pellano dell’Ospedale Miulli Don Tommaso Lerario
(esperto di bioetica) e gli studenti delle classi quinte.
Nel corso del dibat-
tito la domanda più
formulata è stata se
la bioetica si può
considerare come un
limite al sapere
scientifico, oppure
come un mezzo che
attraverso la scienza
consente alla società
e all’umanità intera
di compiere progres-
si. Il primo nella storia ad affrontare questa sostanziale dif-
ferenza è stato il dottor Van Renasselaer Potter, oncologo
statunitense,opera “Bioethics :Bridge to the future” (Bioetica:
un ponte verso il futuro 1971): .
Il professor Aramini ha sottolineato che oggi si tende a
contrapporre ad una visione “aperta” e “rispettosa” delle
scelte di tutti – quale sarebbe quella “laica” - la visione cat-
tolica indicata come “chiusa” e “intollerante”, inaccettabile
in una società pluralista ed eterogenea come la nostra. In
sostanza la bioetica laica sarebbe fondata sulla ragione e sui
valori della coscienza ed invece quella cattolica fondata sui
dogmi e sulla fede e si pensa che l’una visione sia inconcilia-
bile con l’altra. L’impostazione cui fanno riferimento i catto-
lici, ha continuato il professor Aramini, è ben lontana da
atteggiamenti fideistici e anzi non prescinde dalla giustifica-
zione razionale dei valori; e la fede religiosa non modifica le
istanze razionali, semmai le acuisce e nello stesso tempo
porta ad attenersi al dato scientifico correttamente inter-
pretato. I cattolici, infatti, proprio per il rispetto di quella
realtà che ritengono creata da Dio, prendono atto dei fatti
scientifici e da questi traggono confronto con i principi
segue a pag. 27
27. PAGINA 27
segue da pag. 26
Anno XVIII Numero Unico
della fede, non viceversa. D’altro canto si vuole pro-
porre un concetto di laicità impoverito, come se essa
coincidesse con il relativismo etico e non con
l’affermazione di valori comuni a tutti gli uomini in
quanto scaturenti dall’uguale dignità e riconoscibili alla
luce della sola ragione, con quello sforzo etico al quale
si deve l’elaborazione della dottrina dei diritti umani.
L’opposizione “bioetica laica” e “bioetica cattolica” ha
concluso Aramini, è dunque fittizia. Il confronto va fat-
to piuttosto sull’antropologia di riferimento e sul pro-
blema della fondazione del giudizio etico, senza ante-
porre dei “dogmatici” steccati alla ricerca spassionata
della verità. Oggi è più corretto parlare di bioetica
della persona, quella visione della vita che mette al
centro la persona umana come valore fondamentale e
nella sua dignità. La persona umana è unione sostanziale
spirito e corpo, intrinsecamente uniti. Il corpo non esi-
ste senza lo spirito: la “persona” è concetto unitario. Il
pluralismo etico, all’interno delle scienze mediche deve
essere unificato da un momento antropologico, in cui
le scelte dell’uomo sull’uomo, devono rispecchiare que-
sta unificazione, senza la quale, l’uomo non può ricono-
scere se stesso né trovare momenti universali per la
salvaguardia della propria vita e della propria identità. Non
ci può essere dunque etica senza che siano ritrovate le ca-
tegorie dell’unità e dell’universalità di ciò che è umano E
senza unità e universalità non c’è cultura e neppure possibi-
lità di dialogo. Un altro argomento trattato con particolare
attenzione nel corso del dibattito è stato il testamento bio-
logico o disposizioni anticipate di trattamento (DAT). Infat-
ti, il professore ha affermato che la Legge 22/12/20017 n.
219 che regolamenta la materia sulle disposizioni anticipate,
ribadisce la tutela del diritto alla vita, alla salute e
all’autodeterminazione della persona. Inoltre stabilisce che
nessun trattamento sanitario può essere iniziato o perse-
guito senza consenso libero e informato della persona inte-
ressata, tranne nei casi espressamente previsti dalla legge.
Fondamentale è il concetto del consenso applicato a tutti i
trattamenti sanitari, tra i quali rientrano l’idratazione e la
nutrizione artificiale. Dal dibattito sono emerse due posi-
zioni distinte: alcuni studenti hanno affermato il principio
della autodeterminazione secondo cui la vita deve essere
vissuta in pienezza e, nel momento in cui ciò non sia possi-
bile, si può ricorrere a tecniche come l’aborto e l’eutanasia
per interrompere quella che non può più essere considera-
ta vita; altri studenti hanno concordato con i relatori circa
il valore assoluto della vita e della dignità umana cha vanno
sempre e comunque salvaguardate. Numerosi sono stati gli
altri interventi a cui il professor Aramini e don Tommaso
hanno risposto con premura, nel rispetto delle idee di cia-
scuno. L’incontro ha avuto una grande valenza educativa ;
ha creato le condizioni per un approfondimento filosofico e
antropologico in classe;ha sensibilizzato noi studenti
sull’importanza della vita; ci ha fornito indicazioni sulla bio-
etica e ha favorito una riflessione personale per imparare
anche ad affrontare meglio i disagi e i problemi della vita di
tutti i giorni.
A cura di Lucia Perniola e alcuni studenti delle classi quinte