La sintesi della mia tesina per gli esami di Stato per il diploma di liceo classico.
Sviluppa il tema del progresso dell'uomo che nella storia è sfociato in regresso sia dal punto di vista sociale che culturale e scientifico.
Oggi l'opera è conservata al Museum of Fine Arts di Boston., fu dipinta dall'artista a Tahiti in un momento assai delicato della sua vita: prima di un tentativo non riuscito di un suicidio .la notizia della morte della figlia prediletta Aline, avvenuta pochi mesi prima. Il dolore per la perdita spinse l'artista a crea Concepita come il fregio di un tempio (numerosissimi sono i richiami alle figure del Partenone, ai tempi di Giava e alla cultura maori), dà l'idea di un affresco, poiché presenta i bordi rovinati. L'opera va letta da destra a sinistra (appunto all'orientale) come un ciclo vitale disposto ad arco: non a caso, all'estrema destra è raffigurato un neonato, che già dal momento della nascita è lasciato nell'indifferenza di chi lo circonda. Al centro un giovane (l'unico personaggio maschile) sta cogliendo un frutto e può essere interprepato in 2 modi: 1.Come richiamo al peccato originale 2.Come simbolo della gioventù che coglie la parte migliore dell'esistenza. Alle spalle del ragazzo, una figura con il gomito in alto contribuisce a definire la struttura triangolare della prima metà, al cui vertice sono messe in risalto le figure rosse sullo sfondo, emblematiche e con l'aria di chi ordisce trame nell'ombra: esse sono simbolo dei tormenti e delle domande che giacciono nel profondo di ogni animo, che per altro danno il titolo al quadro.La stessa struttura si ritrova nella seconda metà del dipinto, speculare rispetto all'uomo centrale. Al vertice troviamo stavolta la divinità, anch'essa col suo significato simbolico: l'inutilità e la falsità della bugia religiosa, magra consolazione e senso provvisorio di una vita in realtà vana. All'estrema sinistra troviamo una vecchia raggomitolata su di sè (identica ad una mummia peruviana vista in gioventù) in attesa della morte, trasfigurata in un urlo quasi munchiano dinnanzi alla vacuità di senso dell'esistenza (piuttosto che per la paura della morte, dall'artista abbracciata almeno nelle intenzioni dopo la conclusione dell'opera). Infine, uno strano uccello bianco con una lucertola tra le gambe, simbolo della vanità delle parole, chiude la lettura del dipinto.Lo sfondo rappresenta la vegetazione in maniera sintetica: i rami si trasformano in arabeschi (decorazione doppia); i colori sono antinaturalistici: infatti gli alberi sono blu.Le due figure di giovani accovacciate su entrambi i lati e l'idolo blu della dea Hina sul fondo compaiono in molte opere dello stesso periodo.
Gli
Muovendo dalle premesse elaborate nell'ambito della riflessione platonica e aristotelica, Polibio riprende la distinzione, ormai canonica, delle forme di governo ("politèiai") esistenti in natura: monarchia, aristocrazia, democrazia, ciascuna associata alla propria forma degenerata, ovvero tirannide, oligarchia, oclocrazia (il "governo della massa"). Tali forme si succedono naturalmente all'interno di una sorta di ciclo "biologico" ("anakùklosis"), per cui la monarchia, prima forma di governo, degenera in tirannide per essere soppiantata dall'aristocrazia, che a sua volta si trasforma in oligarchia e lascia il posto alla democrazia; questa, degenerata a sua volta in "governo della massa", l'oclocrazia appunto, crea le condizioni per il ripristino dell'autorità monarchica, sicchè il ciclo si riavvia dal principio. Essendo del tutto naturale questo avvicendamento, così come è naturale che alla giovinezza faccia seguito l'età matura e poi la vecchaia, non esiste di fatto forma di governo, per quanto perfetta, capace di sopravvivere indefinitamente nel tempo.
La critica si è chiesta se Polibio accetta la teoria dell’eternità di Roma: È aria frittarché Polibio dichiara una lunghissima durata di Roma e non un’eternità!Già Sparta e Cartagine avevano adottato la costituzione mista ed erano entrambe finite: essa aumenta la durata, ma non garantisce l’eternitàPolibio vide i moti dei Gracchi; Plutarco sostenne che essi erano conservatori e non innovatori perché con la legge agraria rivolevano la creazione di quel piccolo proprietario terriero che aveva fatto la grandezza di Roma (antistorico). Un aristocratico come Polibio, invece, li vede come rivoluzionari perché ledevano la sua posizione. La legge agraria prevedeva la distribuzione dell’ ager publicus ; prima la manutenzione era affidata ai confinanti, tanto che venne occupato abusivamente da loro perché l’avevano inglobato nel loro territorio. Ma se il piccolo proprietario terriero era scomparso era perché doveva scomparire. Questa gente, però, si trovò con questa terra, che dovette vendere perché non riusciva a mantenerla: e la comprarono i precedenti confinanti, così che scomparì l’ ager publicus . In sostanza questa era una idea conservatrice, ma applicata con metodo rivoluzionario. E Polibio vide i metodi: piazza scatenata, con la proposta dell’eredità di Pergamo (passaggio da δημος a οκλος ). Avendo quindi assistito a questo turbamento, vedeva una non-eternità del sistema.Erano gli dei che garantivano l’eternità: un razionalista come Polibio non avrebbe accettato ciò.Per tutti questi motivi è da escludere che Polibio abbia parlato di eternità di Roma.La costituzione mista non poteva garantire l’immobilità, ma uno dei 3 prima o poi avrebbe dovuto tendere alla sua parte peggiore. La concezione dell’eternità di Roma era una concezione teistica, che non poteva essere accettata dalla razionalità di Polibio. Una visione umana razionale esclude l’eternità in partenza. Non ha senso discuterne: Roma non è eterna, ma è la migliore possibile. Applica il discorso sulle costituzioni alla visione ciclica del tempo. Alla costituzione mista nessuno ci aveva mai pensato: è logico perché né Platone né Aristotele le avevano messe in conto, hanno parlato separatamente dei sistemi, invece Polibio ne parla uno di seguito all’altro, con i passaggi da uno all’altro -> in questo modo si mette in luce la costituzione mista: la compresenza dei tre sistemi ottimali (si presenta a Roma, Cartagine e Sparta), in cui ognuno dei tre impedisce agli altri due di degenerare. La degenerazione non ha spazio politico perché è già occupata dagli altri due sistemi.