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Altre ricerche sul diabete in gravidanza del Dottor Luigi Langella


Ci concentriamo ora sulle conseguenze del diabete in gravidanza, riportando uno studio
dell'equipe degli Ospedali Riuniti del Vallo di Diano «Luigi Curto e SS Annunziata», guidata
dal ginecologo Luigi Langella.
                                            TERAPIA


Per quanto riguarda il trattamento delle madri diabetiche, non si può prescindere dai vari
gradi e stadi della malattia. Pertanto allo scopo di standardizzare i vari quadri clinici e,
quindi, i diversi trattamenti per ognuno, è utile attenersi alla classificazione di Priscilla
White.
   Classe A: prediabete. Massima probabilità di sopravvivenza per il feto. Diagnosi posta
anche in base ad un alterato, ma di poso, test di tolleranza al glucosio. Non necessita
terapia insulinica. E' sufficiente un controllo della dieta.
  Classe B: diabete manifesto. Pazienti con inizio della malattia dopo i venti anni di età.
Durata della malattia inferiore ai 10 anni. Assenza di vasculopatie. Terapia insulinica.
  Classe C: diabete manifesto. Inizio della malattia tra i 10 e i 19 anni. Sono presenti
vasculopatie (arteriosclerosi retinica, calcificazioni limitate ai vasi degli arti inferiori).
Terapia insulinica.
   Classe D: diabete manifesto. Inizio della malattia prima del 10° anno di età. Durata della
malattia da oltre 20 anni. Presenza di gravi vasculopatie (retinite, albuminuria, ipertensione
labile). Terapia insulinica.
   Classe E: diabete manifesto. Inizio della malattia prima del 10° anno di età. Durata della
malattia da oltre 20 anni. Presenza di gravi vasculopatie (retinite, albuminuria, ipertensione
labile). Calcificazioni delle arterie pelviche dimostrabili radiologicamente. Terapia
insulinica.
   Classe F: Inizio della malattia prima del 10° anno di età. Durata della malattia da oltre
20 anni. Presenza di gravi vasculopatie (retinite, albuminuria, ipertensione labile).
Calcificazioni delle arterie pelviche dimostrabili radiologicamente, nefropatie. Terapia
insulinica.
  Non è raro trovare pazienti appartenenti alla classe A. E' tuttavia necessario cercarle.
Nel 1962 addirittura il 54% di tutte le diabetiche identificate presso l'ambulatorio prenatale
del Mount Sianai Hospital apparteneva alla classe A.
   Alcuni anni fa la stessa Priscilla White aveva sostenuto che i buoni successi ottenuti
nella sua casistica erano legati all'usi di estrogeni e progesterone nelle gravide diabetiche.
Tale opinione è stata successivamente confutata e attualmente si ritiene che il
miglioramento della prognosi per le gravide diabetiche è da attribuirsi alla migliorata
assistenza ostetrica ed alla specifica terapia antidiabetica.
    -Terapia medica. Le pazienti appartenenti alla classe A possono essere mantenute a
lungo in condizioni di normoglicemia sia con le diete opportune sia mediante piccole dosi
di insulina.
Le pazienti appartenenti alle classi da B a F devono essere trattate con insulina oltre che
con la dieta opportuna. In caso contrario vanno facilmente incontro alla chetosi e quindi
allo scompenso diabetico. E' utile altresì somministrare vitamine, calcio e ferro.
  - Dieta. La prescrizione abituale per 24 ore di una donna di peso normale e di altezza
media può essere la seguente: 100 grammi di proteine, 80 grammi di grassi e 200 grammi
di carboidrati. Poiché la gestosi è una frequente complicanza di tale malattia, è prudente
ridurre l'apporto di sale fin dal primo trimestre di gravidanza. La quantità di sale va ridotta
subito a meno di 2 grammi al giorno qualora comparissero edemi, proteinuria,
ipertensione.
   - Terapia insulinica. Sono consigliabili piccole dosi (5 u.i.) di insulina pronta prima dei
pasti alle pazienti appartenenti alla classe A che non mantengono uno stato di equilibrio
con la sola dieta. Per le pazienti appartenenti alle classi da B ad F si può seguire lo
schema seguente: una dose opportuna di insulina ritardo o mista con insulina pronta prima
della colazione o del pasto serale. Tuttavia la quantità di insulina necessaria nelle 24 ore
subirà delle variazioni generalmente in aumento con l'avanzare della gravidanza per il già
descritto effetto diabetogeno della stessa. Necessario quindi, in via di massima, dosare
glicemia e glicosuria ogni 15 giorni nel 1° trimestre, ogni settimana nel 2° trimestre, ogni
due-tre giorni nel 3° trimestre.
A proposito della terapia insulinica va ricordato (ci ricorda il dottor Luigi Langella) che in
caso di somministrazione di insulina di origine animale è possibile la introduzione della
formazione di anticorpi antinsulinici provocando un quadro di insufficienza insulinica.
Gli ultimi ritrovati per le terapie ostetriche – i consigli di Luigi Langella
   -Chemioterapia. La recente introduzione di composti ad azione ipoglicemizzante
(tolbutamide e glibencamide che agiscono aumentando la secrezione di insulina, la
fenformina che agisce stimolando la captazione periferica di insulina, ecc.) è molto utile
per il controllo della malattia purché la paziente appartenga alla classe A. In letteratura
sono citati ottimi risultati trattando tali pazienti ad esempio con tolbutamide alla dose di 1-3
grammi al dì; tuttavia sono anche ricordati numerosi casi in cui l'uso di questi farmaci non
è stato in grado di controllare la malattia nel III trimestre di gravidanza, per cui si è dovuto
ricorrere all'insulina. Inoltre l'uso degli ipoglicemizzanti orali nel I trimestre di gravidanza
non è scevro dai rischi di provocare malformazioni embrio-fetali.
    -Terapia ostetrica. Il parto per via vaginale va senz'altro limitato alle pazienti
appartenenti alla classe A. Comunque esso va sempre indotto 14 giorni prima del termine.
Un criterio cui conviene uniformarsi può essere il seguente: il parto vaginale è opportuno
avvenga nelle diabetiche il cui travaglio insorge spontaneamente prima del termine ed ove
non esistano sproporzioni cefalo-pelviche dimostrate radiologicamente o mediante
ultrasuoni; nei casi di morte endouterina del feto sempre in assenza di sproporzioni cefalo-
pelviche; nei casi di feto con gravi malformazioni (dimostrate X-graficamente); in tutti quei
casi di primigravide o pluripare con gravi complicazioni in atto quando la data prescelta per
l'induzione del travaglio cada prima di 14 giorni avanti il termine.
L'induzione del travaglio di parto va comunque programmata nel modo seguente:
   1) clistere la sera precedente il giorno prescelto;
   2) al mattino successivo metà della dose giornaliera di insulina e somministrazione per
       e.v. Di 400 cc di soluzione acquosa di glucosio pari al 10%;
   3) infusione goccia a goccia di 10 u.i. di oxitocina diluita in 1000 cc di soluzione
       glucosata al 5%, regolando la velocità di deflusso a 10-12 gocce al minuto;
   4) a travaglio decisamente avviato, si può praticare amnioressi e sospendere
       l'infusione di oxitocina. Se non compare il travaglio si può ripetere il tentativo di
       induzione nei 2-3 giorni successivi, altrimenti si passerà al taglio cesareo.
Si può far procedere un'ora prima dell'infusione la somministrazione e.v. o intramuscolo di
estrogeni.
Una particolare attenzione – sottolinea il Dottor Luigi Langella - richiedono le pazienti
appartenenti alle classi E ed F. Alle pazienti appartenenti alla classe F va proibita ogni
gravidanza in quanto ne verrebbe aggravata la malattia. Per le pazienti della classe E
l'opinione corrente è che si verificano emorragie retiniche: è indicato l'aborto terapeutico.
   -Terapia chirurgica. Tutte le pazienti delle classi B, C, D vanno sottoposte a taglio
cesareo alla 36ª settimana . Il taglio cesareo va preceduto da una infusione lenta di 500 cc
di glucosio al 10% con aggiunta del 50% della dose quotidiana di insulina.
Tale infusione sarà seguita durante il periodo operatorio da un'altra di 1000 cc di soluzione
glucosata al 5%, regolando il flusso sui 200-300 cc per ora. Dopo l'intervento conviene
somministrare una piccola dose di insulina.
E' utile praticare dosaggi di glicemia e glicosuria ogni 3-4 ore dopo il taglio cesareo.
Nei giorni successivi all'intervento possono aversi rapide oscillazioni del fabbisogno di
insulina alle quali si può rimediare sia mediante somministrazione di insulina ritardo sia
mediante insulina pronta. In questo periodo l'apporto di carboidrati va mantenuto costante
intorno ai 150 grammi al dì, mentre quello di proteine e di grassi deve essere variato in
relazione alle esigenze della paziente.
E' utile limitare anche l'assunzione di sale se durante la gravidanza erano presenti edemi.
   -Terapia antigestosica. Pur essendo molto difficile, come abbiamo già accennato, il
poter distinguere una sintomatologia gestosica insorta in una diabetica dagli edemi,
ipertensione e proteinuria di origine diabetica insorti in una gravida, quando questi sintomi
sono presenti vanno comunque trattati.
   - Diuretici. Per quanto numerose siano le comunicazioni che alcuni diuretici, i tiazinici in
particolare, possano causare o aggravare la malattia diabetica, uno studio molto accurato
effettuato su 137 pazienti ipertese la cui glicemia a digiuno non superava i 100 ml e
comunque sicuramente non diabetiche, non ha evidenziato dopo un anno di trattamento
modificazioni significative dei valori medi glicemici, insulinemici, degli acidi grassi insaturi.
L'unica modificazione significativa evidenziata fu una diminuzione del potassio sierico. Da
questo lavoro si può ricavare che i quattro sali diuretici studiati (clortalidone, acido
etacrinico, idroclorotiazite, furasemide) non possiedono un sicuro effetto diabetogeno e
pertanto si possono somministrare ad una gravida diabetica. Resta ad ogni modo
indiscusso che in caso di oliguria il modo più conveniente per produrre una diuresi è quello
che sfrutta la forza osmotica di un soluto non riassorbibile dai tubuli, il mannitolo in
particolar modo, che impedisce anche il riassorbimento del sodio.
    - Ipotensivi. E' noto che i meccanismi omeostatici che controllano la pressione arteriosa
agiscono su quattro punti del nostro organismo: le arteriole periferiche, i vasi venosi a
capacitanza, il cuore ed i reni. Tutti i farmaci antiipertensivi agiscono su uno o più di questi
punti. Pertanto se si tiene conto della sede di azione del farmaco si possono prevederne
l'efficacia, entro certi limiti, e la potenziale tossicità.
   La reserpina, se iniettata e.v., raggiunge nel sangue tali livelli di concentrazione da
dilatare direttamente le arteriole periferiche. La metildopa, data per os, agisce come un
farmaco simpaticolitico dilatando direttamente i vasi che determinano le resistenze
periferiche. Inibiscono le attività riflesse dei vasi a capacitanza i farmaci che inibiscono il
sistema nervoso simpatico. L'ipotensione posturale è il più grave in conveniente offerto
dall'uso di questi farmaci. Essi agiscono direttamente sul neurone adrenergico
postgangliare (farmaci-bloccanti: fentolamina, fenossibenzamina), o bloccando la
trasmissione nervosa a livello dei gangli del sistema nervoso autonomo (farmaci
ganglioplegici).
Il propanolo come farmaco β-bloccante agisce abbassando la pressione arteriosa tramite
la sua azione specifica sul cuore. Esso deprime il miocardio anche direttamente. Il suo uso
è pertanto molto discusso.
E' evidente che l'uso di tali farmaci varierà da caso a caso a seconda delle necessità
cliniche della paziente.
La terapia chirurgica sarà l'estremo rimedio cui si ricorrerà per allontanare dall'organismo
diabetico materno il prodotto del concepimento che è la causa dello stato gestosico.
                                  ASSISTENZA NEONATALE
Il neonato da madre diabetica, pretermine o a termine, deve essere considerato un
neonato ad alto rischio potenziale o reale, in quanto, se nato pretermine, vi è una
patologia costituita prevalentemente da asfissia alla nascita, iperbilirubinemia, ipoglicemia;
se nato a termine, la patologia dell'alto rischio perinatale è costituita da megalosomia,
lesioni meccaniche da parto e ipoglicemia.
Da quanto detto il neonato ha sempre dei rischi, sia nato da parto per le vie naturali, sia da
taglio cesareo.
Il ginecologo, l'anestesista rianimatore, il neonatologo o il personale addetto alla sala da
parto deve accuratamente aspirare il materiale presente nella bocca e nel faringe
mantenendo la testa del neonato in basso.
La posizione di Trendelbourg con la testa rovesciata indietro va mantenuta fino a quando
la respirazione non è ben stabilita. Essa è anche utile perché svuota lo stomaco. Secondo
alcuni, invece, lo svuotamento gastrico dovrebbe essere eseguito di routine. Tale
posizione può essere mantenuta per 5 minuti e oltre.
L'ossigenoterapia deve essere utilizzata se necessaria. Il neonato quindi viene posto in
incubatrice e, se necessario, aspirato. Nell'incubatrice il neonato rimane per 2-3 giorni
senza essere alimentato.
Se la frequenza respiratoria è normale e non si notano periodi di cianosi il neonato può
essere tolto dall'incubatrice. Il rischio maggiore cui può andare incontro il neonato da
madre diabetica è la ipoglicemia associata a crisi e o apnea, ittero, tremori, ipotonia o
ipertonia muscolare, convulsioni e in utimo coma.
E' utile praticare il dosaggio del glucosio ematico ogni 4 ore. Anche se la glicemia rimane
sui 40 mg/100 ml non va praticata alcuna terapia.
Quando i valori glicemici del nato da madre diabetica scendono al di sotto di quelli normali
(al di sotto dei 40/100 ml) è necessario ricorrere alla loro correzione rapida mediante
infusione con soluzione di glucosio, tenendo presente che l'87% del glucosio iniettato
viene epurato dal plasma in 4 minuti quando la quantità somministrata non superi 0,4
grammi pro Kg e pro ora.
Alcuni Autori associano per via orale una soluzione di cloruro di sodio allo 0,45 grammi/ml.
La soluzione di glucosio comunemente impiegata è quella ipertonica al 10% in quanto
consente l'apporto di una sufficiente quantità di glucosio in un volume di liquido accettabile
la cui quantità è consigliabile che oscilli nelle 24 ore tra 65 e 70 ml/Kg.
Se la glicemia è al di sotto dei 20 mg/100 ml, alcuni Autori consigliano la somministrazione
di glucagone in quanto in questi casi il neonato risponde all'ipoglicemia non con lo shock e
convulsioni, ma con un danno silente del S.N.C. Per questo tutti i neonati da madre
diabetica andrebbero trattati alla seguente maniera: alla nascita: somministrazione
endovenosa di un grammo di glucosio per Kg; successivamente infusione di glucosio al
10% alla dose di 15 grammi/Kg/24 ore. Eventualmente se vi fosse difficoltà nel controllare
l'ipoglicemia con la terapia infusionale, si somministra idrocortisone in dosi refratte per un
totale di 5 mg/Kg/24 ore e/o glucagone i.m. 50 mg pro Kg ogni 24 ore.
Recentemente Milnes ha segnalato buoni risultati con un impiego di soluzioni di glucosio,
galattosio e fruttosio.
Infine il controllo e la correzione della calcemia sono necessari in rapporto all'alta
incidenza di ipocalcemia nei prematuri, la cui genesi sarebbe riportabile ad una transitoria
depressione delle paratiroidi.
La profilassi delle infezioni nel neonato ad alto rischio si fonda sulla massima asepsi,
sull'impiego degli antibiotici e delle gammaglobuline.
Queste le considerazioni di Luigi Langella ginecologo.
L'utilità delle gammaglobuline è condizionata dalla peculiare situazione
disgammaglobulinemica del neonato, che peraltro assume aspetti differenti in rapporto
all'età gestazionale ed agli scambi interplacentari (livello di IdG di trasmissione materna
elevato proporzionalmente alla durata della gestazione ed alla efficienza placentare) che
in sintesi si esprime in una deficitaria produzione di immunoglobuline autoctone (IgM ed
IgA) alla quale non è estranea l'alta quota di IgG materne agenti deprimendone la sintesi
con un meccanismo di feed-back allotipico. Ciò sarebbe confermato dalla risposta
immunitaria, sotto stimolo antigenico, più pronta nel neonato pretermine che in quello a
termine.
E' opportuno, pertanto, somministrare le gammaglobuline (che sono quasi esclusivamente
composte da IgG), a scopo profilattico nei neonati prematuri. Occorre impiegarle non
immediatamente sopo il parto, affinché il neonato venga prima a contatto con gli stimoli
antigenici, iniziando la formazione di anticorpi in una situazione favorevole legata proprio
alla quota non troppo elevata di IgG nel sangue.
Conclusioni sulle ricerche per le gravidanze diabetiche
Glicosurie gravidiche.
Negli ultimi mesi di gravidanza e soprattutto nel puerperio compaiono nelle urine
numerose sostanze riducenti che comprendono anche lattosio, galattosio e glucosio.
L'eliminazione del lattosio e del galattosio non ha alcuna importanza dal punto di vista
fisiopatologico, e con ogni probabilità sono un fenomeno di galattopoiesi.
La glicosuria gravidica è nota da circa un secolo e secondo alcuni Autori si riscontrerebbe
in tutte le gravidanze; dalle nostre ricerche si evincono una serie di dati che ora tratteremo,
grazie all'aiuto del dottor Luigi Langella. La eliminazione del glucosio è piuttosto
modesta, solo eccezionalmente raggiunge i 3 g. Nelle gravide non diabetiche questa
eliminazione non è associata ad alcuna sintomatologia clinica né ad iperglicemia. Essa è
in rapporto ad un abbassamento della soglia renale per l'eliminazione del glucosio che
normalmente è di 160 mg/100 cc. Probabilmente tale abbassamento della soglia è legato
a squilibrio di riassorbimento glomerulo-tabulare sia di tipo qualitativo (presenza di nefroni
formati da glomeruli e tubuli con capacità differenti), che di tipo quantitativo (eccessivo
carico di glucosio filtrato).
Secondo alcune teorie tale glicosuria potrebbe essere dovuta all'azione dell'HCG sui
sistemi enzimatici che presiedono al riassorbimento tubulare del glucosio. Negli ultimi anni
comunque si è potuto constatare che molte delle donne che alla loro prima gravidanza
presentavano glicosuria, nelle successive gravidanze potevano manifestare un diabete.
Da quanto detto, se ne ricava che la presenza di una glicosuria impone accurati
accertamenti per escludere la presenza di un prediabete e, quando questo sia stato
escluso, le glicosurie non esigono alcun trattamento né terapeutico né dietetico. L'apporto
glicidico non va infatti diminuito perché provocherebbe glicogenolisi, neoglucogenesi
lipidica e protidica con conseguente accumulo di corpi chetonici.
RIASSUNTO
Gli Autori, come il ginecologo Luigi Langella, hanno esaminato i vari fattori da tener
presente quando ci si trovi di fronte ad una paziente diabetica che desideri una gravidanza
o che sia già gravida.
L'avvento dell'insulina ha permesso l'instaurarsi, il prosieguo ed il termine di una
gravidanza. Il controllo glicemico nel neonato a periodi brevi consente una prognosi
favorevole anche per questi, modificando i valori glicemici, per lo più in difetto, che si
possono manifestare, sempre che non vi siano gravi malformazioni congenite.

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Ginecologo Langella, di nuovo su diabete e gravidanza

  • 1. Altre ricerche sul diabete in gravidanza del Dottor Luigi Langella Ci concentriamo ora sulle conseguenze del diabete in gravidanza, riportando uno studio dell'equipe degli Ospedali Riuniti del Vallo di Diano «Luigi Curto e SS Annunziata», guidata dal ginecologo Luigi Langella. TERAPIA Per quanto riguarda il trattamento delle madri diabetiche, non si può prescindere dai vari gradi e stadi della malattia. Pertanto allo scopo di standardizzare i vari quadri clinici e, quindi, i diversi trattamenti per ognuno, è utile attenersi alla classificazione di Priscilla White. Classe A: prediabete. Massima probabilità di sopravvivenza per il feto. Diagnosi posta anche in base ad un alterato, ma di poso, test di tolleranza al glucosio. Non necessita terapia insulinica. E' sufficiente un controllo della dieta. Classe B: diabete manifesto. Pazienti con inizio della malattia dopo i venti anni di età. Durata della malattia inferiore ai 10 anni. Assenza di vasculopatie. Terapia insulinica. Classe C: diabete manifesto. Inizio della malattia tra i 10 e i 19 anni. Sono presenti vasculopatie (arteriosclerosi retinica, calcificazioni limitate ai vasi degli arti inferiori). Terapia insulinica. Classe D: diabete manifesto. Inizio della malattia prima del 10° anno di età. Durata della malattia da oltre 20 anni. Presenza di gravi vasculopatie (retinite, albuminuria, ipertensione labile). Terapia insulinica. Classe E: diabete manifesto. Inizio della malattia prima del 10° anno di età. Durata della malattia da oltre 20 anni. Presenza di gravi vasculopatie (retinite, albuminuria, ipertensione labile). Calcificazioni delle arterie pelviche dimostrabili radiologicamente. Terapia insulinica. Classe F: Inizio della malattia prima del 10° anno di età. Durata della malattia da oltre 20 anni. Presenza di gravi vasculopatie (retinite, albuminuria, ipertensione labile). Calcificazioni delle arterie pelviche dimostrabili radiologicamente, nefropatie. Terapia insulinica. Non è raro trovare pazienti appartenenti alla classe A. E' tuttavia necessario cercarle. Nel 1962 addirittura il 54% di tutte le diabetiche identificate presso l'ambulatorio prenatale del Mount Sianai Hospital apparteneva alla classe A. Alcuni anni fa la stessa Priscilla White aveva sostenuto che i buoni successi ottenuti nella sua casistica erano legati all'usi di estrogeni e progesterone nelle gravide diabetiche. Tale opinione è stata successivamente confutata e attualmente si ritiene che il miglioramento della prognosi per le gravide diabetiche è da attribuirsi alla migliorata assistenza ostetrica ed alla specifica terapia antidiabetica. -Terapia medica. Le pazienti appartenenti alla classe A possono essere mantenute a lungo in condizioni di normoglicemia sia con le diete opportune sia mediante piccole dosi di insulina. Le pazienti appartenenti alle classi da B a F devono essere trattate con insulina oltre che con la dieta opportuna. In caso contrario vanno facilmente incontro alla chetosi e quindi allo scompenso diabetico. E' utile altresì somministrare vitamine, calcio e ferro. - Dieta. La prescrizione abituale per 24 ore di una donna di peso normale e di altezza
  • 2. media può essere la seguente: 100 grammi di proteine, 80 grammi di grassi e 200 grammi di carboidrati. Poiché la gestosi è una frequente complicanza di tale malattia, è prudente ridurre l'apporto di sale fin dal primo trimestre di gravidanza. La quantità di sale va ridotta subito a meno di 2 grammi al giorno qualora comparissero edemi, proteinuria, ipertensione. - Terapia insulinica. Sono consigliabili piccole dosi (5 u.i.) di insulina pronta prima dei pasti alle pazienti appartenenti alla classe A che non mantengono uno stato di equilibrio con la sola dieta. Per le pazienti appartenenti alle classi da B ad F si può seguire lo schema seguente: una dose opportuna di insulina ritardo o mista con insulina pronta prima della colazione o del pasto serale. Tuttavia la quantità di insulina necessaria nelle 24 ore subirà delle variazioni generalmente in aumento con l'avanzare della gravidanza per il già descritto effetto diabetogeno della stessa. Necessario quindi, in via di massima, dosare glicemia e glicosuria ogni 15 giorni nel 1° trimestre, ogni settimana nel 2° trimestre, ogni due-tre giorni nel 3° trimestre. A proposito della terapia insulinica va ricordato (ci ricorda il dottor Luigi Langella) che in caso di somministrazione di insulina di origine animale è possibile la introduzione della formazione di anticorpi antinsulinici provocando un quadro di insufficienza insulinica. Gli ultimi ritrovati per le terapie ostetriche – i consigli di Luigi Langella -Chemioterapia. La recente introduzione di composti ad azione ipoglicemizzante (tolbutamide e glibencamide che agiscono aumentando la secrezione di insulina, la fenformina che agisce stimolando la captazione periferica di insulina, ecc.) è molto utile per il controllo della malattia purché la paziente appartenga alla classe A. In letteratura sono citati ottimi risultati trattando tali pazienti ad esempio con tolbutamide alla dose di 1-3 grammi al dì; tuttavia sono anche ricordati numerosi casi in cui l'uso di questi farmaci non è stato in grado di controllare la malattia nel III trimestre di gravidanza, per cui si è dovuto ricorrere all'insulina. Inoltre l'uso degli ipoglicemizzanti orali nel I trimestre di gravidanza non è scevro dai rischi di provocare malformazioni embrio-fetali. -Terapia ostetrica. Il parto per via vaginale va senz'altro limitato alle pazienti appartenenti alla classe A. Comunque esso va sempre indotto 14 giorni prima del termine. Un criterio cui conviene uniformarsi può essere il seguente: il parto vaginale è opportuno avvenga nelle diabetiche il cui travaglio insorge spontaneamente prima del termine ed ove non esistano sproporzioni cefalo-pelviche dimostrate radiologicamente o mediante ultrasuoni; nei casi di morte endouterina del feto sempre in assenza di sproporzioni cefalo- pelviche; nei casi di feto con gravi malformazioni (dimostrate X-graficamente); in tutti quei casi di primigravide o pluripare con gravi complicazioni in atto quando la data prescelta per l'induzione del travaglio cada prima di 14 giorni avanti il termine. L'induzione del travaglio di parto va comunque programmata nel modo seguente: 1) clistere la sera precedente il giorno prescelto; 2) al mattino successivo metà della dose giornaliera di insulina e somministrazione per e.v. Di 400 cc di soluzione acquosa di glucosio pari al 10%; 3) infusione goccia a goccia di 10 u.i. di oxitocina diluita in 1000 cc di soluzione glucosata al 5%, regolando la velocità di deflusso a 10-12 gocce al minuto; 4) a travaglio decisamente avviato, si può praticare amnioressi e sospendere l'infusione di oxitocina. Se non compare il travaglio si può ripetere il tentativo di induzione nei 2-3 giorni successivi, altrimenti si passerà al taglio cesareo. Si può far procedere un'ora prima dell'infusione la somministrazione e.v. o intramuscolo di estrogeni.
  • 3. Una particolare attenzione – sottolinea il Dottor Luigi Langella - richiedono le pazienti appartenenti alle classi E ed F. Alle pazienti appartenenti alla classe F va proibita ogni gravidanza in quanto ne verrebbe aggravata la malattia. Per le pazienti della classe E l'opinione corrente è che si verificano emorragie retiniche: è indicato l'aborto terapeutico. -Terapia chirurgica. Tutte le pazienti delle classi B, C, D vanno sottoposte a taglio cesareo alla 36ª settimana . Il taglio cesareo va preceduto da una infusione lenta di 500 cc di glucosio al 10% con aggiunta del 50% della dose quotidiana di insulina. Tale infusione sarà seguita durante il periodo operatorio da un'altra di 1000 cc di soluzione glucosata al 5%, regolando il flusso sui 200-300 cc per ora. Dopo l'intervento conviene somministrare una piccola dose di insulina. E' utile praticare dosaggi di glicemia e glicosuria ogni 3-4 ore dopo il taglio cesareo. Nei giorni successivi all'intervento possono aversi rapide oscillazioni del fabbisogno di insulina alle quali si può rimediare sia mediante somministrazione di insulina ritardo sia mediante insulina pronta. In questo periodo l'apporto di carboidrati va mantenuto costante intorno ai 150 grammi al dì, mentre quello di proteine e di grassi deve essere variato in relazione alle esigenze della paziente. E' utile limitare anche l'assunzione di sale se durante la gravidanza erano presenti edemi. -Terapia antigestosica. Pur essendo molto difficile, come abbiamo già accennato, il poter distinguere una sintomatologia gestosica insorta in una diabetica dagli edemi, ipertensione e proteinuria di origine diabetica insorti in una gravida, quando questi sintomi sono presenti vanno comunque trattati. - Diuretici. Per quanto numerose siano le comunicazioni che alcuni diuretici, i tiazinici in particolare, possano causare o aggravare la malattia diabetica, uno studio molto accurato effettuato su 137 pazienti ipertese la cui glicemia a digiuno non superava i 100 ml e comunque sicuramente non diabetiche, non ha evidenziato dopo un anno di trattamento modificazioni significative dei valori medi glicemici, insulinemici, degli acidi grassi insaturi. L'unica modificazione significativa evidenziata fu una diminuzione del potassio sierico. Da questo lavoro si può ricavare che i quattro sali diuretici studiati (clortalidone, acido etacrinico, idroclorotiazite, furasemide) non possiedono un sicuro effetto diabetogeno e pertanto si possono somministrare ad una gravida diabetica. Resta ad ogni modo indiscusso che in caso di oliguria il modo più conveniente per produrre una diuresi è quello che sfrutta la forza osmotica di un soluto non riassorbibile dai tubuli, il mannitolo in particolar modo, che impedisce anche il riassorbimento del sodio. - Ipotensivi. E' noto che i meccanismi omeostatici che controllano la pressione arteriosa agiscono su quattro punti del nostro organismo: le arteriole periferiche, i vasi venosi a capacitanza, il cuore ed i reni. Tutti i farmaci antiipertensivi agiscono su uno o più di questi punti. Pertanto se si tiene conto della sede di azione del farmaco si possono prevederne l'efficacia, entro certi limiti, e la potenziale tossicità. La reserpina, se iniettata e.v., raggiunge nel sangue tali livelli di concentrazione da dilatare direttamente le arteriole periferiche. La metildopa, data per os, agisce come un farmaco simpaticolitico dilatando direttamente i vasi che determinano le resistenze periferiche. Inibiscono le attività riflesse dei vasi a capacitanza i farmaci che inibiscono il sistema nervoso simpatico. L'ipotensione posturale è il più grave in conveniente offerto dall'uso di questi farmaci. Essi agiscono direttamente sul neurone adrenergico postgangliare (farmaci-bloccanti: fentolamina, fenossibenzamina), o bloccando la trasmissione nervosa a livello dei gangli del sistema nervoso autonomo (farmaci ganglioplegici). Il propanolo come farmaco β-bloccante agisce abbassando la pressione arteriosa tramite
  • 4. la sua azione specifica sul cuore. Esso deprime il miocardio anche direttamente. Il suo uso è pertanto molto discusso. E' evidente che l'uso di tali farmaci varierà da caso a caso a seconda delle necessità cliniche della paziente. La terapia chirurgica sarà l'estremo rimedio cui si ricorrerà per allontanare dall'organismo diabetico materno il prodotto del concepimento che è la causa dello stato gestosico. ASSISTENZA NEONATALE Il neonato da madre diabetica, pretermine o a termine, deve essere considerato un neonato ad alto rischio potenziale o reale, in quanto, se nato pretermine, vi è una patologia costituita prevalentemente da asfissia alla nascita, iperbilirubinemia, ipoglicemia; se nato a termine, la patologia dell'alto rischio perinatale è costituita da megalosomia, lesioni meccaniche da parto e ipoglicemia. Da quanto detto il neonato ha sempre dei rischi, sia nato da parto per le vie naturali, sia da taglio cesareo. Il ginecologo, l'anestesista rianimatore, il neonatologo o il personale addetto alla sala da parto deve accuratamente aspirare il materiale presente nella bocca e nel faringe mantenendo la testa del neonato in basso. La posizione di Trendelbourg con la testa rovesciata indietro va mantenuta fino a quando la respirazione non è ben stabilita. Essa è anche utile perché svuota lo stomaco. Secondo alcuni, invece, lo svuotamento gastrico dovrebbe essere eseguito di routine. Tale posizione può essere mantenuta per 5 minuti e oltre. L'ossigenoterapia deve essere utilizzata se necessaria. Il neonato quindi viene posto in incubatrice e, se necessario, aspirato. Nell'incubatrice il neonato rimane per 2-3 giorni senza essere alimentato. Se la frequenza respiratoria è normale e non si notano periodi di cianosi il neonato può essere tolto dall'incubatrice. Il rischio maggiore cui può andare incontro il neonato da madre diabetica è la ipoglicemia associata a crisi e o apnea, ittero, tremori, ipotonia o ipertonia muscolare, convulsioni e in utimo coma. E' utile praticare il dosaggio del glucosio ematico ogni 4 ore. Anche se la glicemia rimane sui 40 mg/100 ml non va praticata alcuna terapia. Quando i valori glicemici del nato da madre diabetica scendono al di sotto di quelli normali (al di sotto dei 40/100 ml) è necessario ricorrere alla loro correzione rapida mediante infusione con soluzione di glucosio, tenendo presente che l'87% del glucosio iniettato viene epurato dal plasma in 4 minuti quando la quantità somministrata non superi 0,4 grammi pro Kg e pro ora. Alcuni Autori associano per via orale una soluzione di cloruro di sodio allo 0,45 grammi/ml. La soluzione di glucosio comunemente impiegata è quella ipertonica al 10% in quanto consente l'apporto di una sufficiente quantità di glucosio in un volume di liquido accettabile la cui quantità è consigliabile che oscilli nelle 24 ore tra 65 e 70 ml/Kg. Se la glicemia è al di sotto dei 20 mg/100 ml, alcuni Autori consigliano la somministrazione di glucagone in quanto in questi casi il neonato risponde all'ipoglicemia non con lo shock e convulsioni, ma con un danno silente del S.N.C. Per questo tutti i neonati da madre diabetica andrebbero trattati alla seguente maniera: alla nascita: somministrazione endovenosa di un grammo di glucosio per Kg; successivamente infusione di glucosio al 10% alla dose di 15 grammi/Kg/24 ore. Eventualmente se vi fosse difficoltà nel controllare l'ipoglicemia con la terapia infusionale, si somministra idrocortisone in dosi refratte per un totale di 5 mg/Kg/24 ore e/o glucagone i.m. 50 mg pro Kg ogni 24 ore.
  • 5. Recentemente Milnes ha segnalato buoni risultati con un impiego di soluzioni di glucosio, galattosio e fruttosio. Infine il controllo e la correzione della calcemia sono necessari in rapporto all'alta incidenza di ipocalcemia nei prematuri, la cui genesi sarebbe riportabile ad una transitoria depressione delle paratiroidi. La profilassi delle infezioni nel neonato ad alto rischio si fonda sulla massima asepsi, sull'impiego degli antibiotici e delle gammaglobuline. Queste le considerazioni di Luigi Langella ginecologo. L'utilità delle gammaglobuline è condizionata dalla peculiare situazione disgammaglobulinemica del neonato, che peraltro assume aspetti differenti in rapporto all'età gestazionale ed agli scambi interplacentari (livello di IdG di trasmissione materna elevato proporzionalmente alla durata della gestazione ed alla efficienza placentare) che in sintesi si esprime in una deficitaria produzione di immunoglobuline autoctone (IgM ed IgA) alla quale non è estranea l'alta quota di IgG materne agenti deprimendone la sintesi con un meccanismo di feed-back allotipico. Ciò sarebbe confermato dalla risposta immunitaria, sotto stimolo antigenico, più pronta nel neonato pretermine che in quello a termine. E' opportuno, pertanto, somministrare le gammaglobuline (che sono quasi esclusivamente composte da IgG), a scopo profilattico nei neonati prematuri. Occorre impiegarle non immediatamente sopo il parto, affinché il neonato venga prima a contatto con gli stimoli antigenici, iniziando la formazione di anticorpi in una situazione favorevole legata proprio alla quota non troppo elevata di IgG nel sangue. Conclusioni sulle ricerche per le gravidanze diabetiche Glicosurie gravidiche. Negli ultimi mesi di gravidanza e soprattutto nel puerperio compaiono nelle urine numerose sostanze riducenti che comprendono anche lattosio, galattosio e glucosio. L'eliminazione del lattosio e del galattosio non ha alcuna importanza dal punto di vista fisiopatologico, e con ogni probabilità sono un fenomeno di galattopoiesi. La glicosuria gravidica è nota da circa un secolo e secondo alcuni Autori si riscontrerebbe in tutte le gravidanze; dalle nostre ricerche si evincono una serie di dati che ora tratteremo, grazie all'aiuto del dottor Luigi Langella. La eliminazione del glucosio è piuttosto modesta, solo eccezionalmente raggiunge i 3 g. Nelle gravide non diabetiche questa eliminazione non è associata ad alcuna sintomatologia clinica né ad iperglicemia. Essa è in rapporto ad un abbassamento della soglia renale per l'eliminazione del glucosio che normalmente è di 160 mg/100 cc. Probabilmente tale abbassamento della soglia è legato a squilibrio di riassorbimento glomerulo-tabulare sia di tipo qualitativo (presenza di nefroni formati da glomeruli e tubuli con capacità differenti), che di tipo quantitativo (eccessivo carico di glucosio filtrato). Secondo alcune teorie tale glicosuria potrebbe essere dovuta all'azione dell'HCG sui sistemi enzimatici che presiedono al riassorbimento tubulare del glucosio. Negli ultimi anni comunque si è potuto constatare che molte delle donne che alla loro prima gravidanza presentavano glicosuria, nelle successive gravidanze potevano manifestare un diabete. Da quanto detto, se ne ricava che la presenza di una glicosuria impone accurati accertamenti per escludere la presenza di un prediabete e, quando questo sia stato escluso, le glicosurie non esigono alcun trattamento né terapeutico né dietetico. L'apporto glicidico non va infatti diminuito perché provocherebbe glicogenolisi, neoglucogenesi lipidica e protidica con conseguente accumulo di corpi chetonici.
  • 6. RIASSUNTO Gli Autori, come il ginecologo Luigi Langella, hanno esaminato i vari fattori da tener presente quando ci si trovi di fronte ad una paziente diabetica che desideri una gravidanza o che sia già gravida. L'avvento dell'insulina ha permesso l'instaurarsi, il prosieguo ed il termine di una gravidanza. Il controllo glicemico nel neonato a periodi brevi consente una prognosi favorevole anche per questi, modificando i valori glicemici, per lo più in difetto, che si possono manifestare, sempre che non vi siano gravi malformazioni congenite.