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“Piuttosto che tentare una rassegna sistematica e
neutrale della qualità architettonica (…) si è preferito
scegliere un tema e quindi un ‘movimento’ (…) in cui si
esprimono i problemi, i disagi, ma anche le scoperte e i
desideri di un tempo determinato, il ‘nostro tempo’ (…)
Con il titolo della mostra La presenza del passato si è
voluto cogliere un fenomeno che ha i suoi prodromi negli
anni ’50 (…) Questo fenomeno è il confronto diretto,
senza difese e inibizioni, con l’architettura come
istituzione permanente dell’uomo e quindi con la storia
dell’architettura (…) La restituzione dell’architettura nel
grembo della storia e il riciclaggio in nuovi contesti
sintattici di forme tradizionali è uno dei sintomi che
hanno prodotto una ‘differenza’ profonda in una serie di
opere e progetti di questi ultimi anni compresi da alcuni
critici nell’ambigua ma efficace categoria di
Postmoderno”
Paolo Portoghesi
"l'architettura postmoderna propone la fine del
proibizionismo, l'opposizione al funzionalismo, la
riconsiderazione dell'architettura quale processo
estetico, non esclusivamente utilitario; il ritorno
all'ornamento, l'affermarsi di un diffuso edonismo."
Paolo Portoghesi
Demolizione del complesso residenziale di Pruitt-Igoe, 1972
"Parecchi di noi che oggi vengono raggruppati sotto
l'etichetta di postmodernismo hanno fatto degli sforzi
notevoli verso un'architettura simbolica"
"la mescolanza di classico e di vernacolare è una
strada per l'uso di un'ornamentazione simbolica e un
ritorno ad un'architettura antropomorfica e più
umanistica"
Charles Jencks
The Language of Post-Modern Architecture, Rizzoli, NY 1977
“Oggi è nato un nuovo stile individuale. (…)
Nella soluzione dei problemi strutturali può
essere messo in relazione al Gotico, mentre
nella soluzione dei problemi di design è più
simile al Classico. Si differenzia da entrambi
nella preminenza data alla determinazione
della funzione.”
Henri-Russel Hitchcock e Philip Johnson, The
International Style: Architecture since 1922,
New York 1932
Le Corbusie, Villa Savoie, 1929-31
“Una grande epoca è cominciata.
Esiste uno spirito nuovo.
L’industria, irrompe come un fiume che scorre verso il
proprio destino.
La legge dell’Economia amministra in modo imperativo i
nostri atti e i nostri pensieri.
Il problema della casa è un problema che dipende
dall’epoca in cui si vive. L’equilibrio della società oggi
dipende da questo. L’architettura ha come primo
compito, in un’epoca di rinnovamento, quello di operare
la revisione dei valori, la revisione degli elementi
costitutivi della casa.”
“La serie è basata sull’analisi e sulla sperimentazione.
La grande industria deve occuparsi della costruzione e
produrre in serie gli elementi della casa.
Occorre creare lo spirito della produzione in serie,
lo spirito di costruire case in serie,
lo spirito di abitare case in serie,
lo spirito di concepire case in serie.”
Le Corbusier, Case in serie in Verso un’architettura, 1923
Le Corbusier, Maison Domino (1915) e Maison Citrohan (1920)
Le Corbusier, Immeuble-Villa, 1922
Le Corbusier, Ville Radieuse, 1931
Fasce di zonizzazione parallele:
uffici (in alto), residenza (al
centro), industria (in basso).
Congressi Internazionali di Architettura Moderna, CIAM IV, Atene,
1933
"Le grandi città sono nate sui grandi nodi ferroviari. In
altri tempi l’ingresso in città avveniva attraverso le porte
delle mura; i carri e la folla dei pedoni si disperdevano
lungo il tragitto per raggiungere il cetro, dove non vi era
alcuna causa d’ingorghi. La ferrovia comportò la
costruzione di stazioni al centro di grandi città. Questa
zona è quella più solcata dalle strade più strette, e qui si
riversa la folla. Qualcuno dirà: trasferiamo le stazioni alla
periferia. La statistica risponde: no, gli affari esigono che
alle 9 del mattino centinaia di migliaia di viaggiatori siano
scaricati in pochi istanti proprio al centro della città, dove,
sempre in base alle statistiche, ferve l’attività. Qui si
denuncia pertanto l’esigenza di aprire vie molto larghe.
Bisogna dunque demolire il centro. Se vogliamo che la
città sopravviva, dobbiamo costruirle un nuovo centro.”
Le Corbusier, Urbanistica, 1925
“LA STRADA: La strada attuale non è altro che la terra
che calpestiamo tutti i giorni, su cui è stato steso un
manto di lastricato, e sotto la quale abbiamo costruito
qualche metropolitana.
La strada moderna è un organismo nuovo, una specie di
fabbrica sviluppata in lunghezza, magazzino areato dove
si raccolgono molti organi complessi e delicati (le varie
opere di canalizzazione).”
Le Corbusier, Urbanistica, 1925
Le Corbusier, Unités d'Habitation, Marsiglia 1945-52
Le Corbusier, Immeuble-Villa, 1922
“Nel 1968 Gropius scrisse: ‘La battaglia per
l’unità è ormai quasi del tutto persa…’. (…) Per
gli Smithson, i van Eyck, i Bakema, ecc. non si
trattava più di mantenere le vecchie pretese di
cambiare radicalmente il modo di vita della
gente, i modelli di produzione o il sistema di
proprietà del suolo, ma di teorizzare piuttosto
un’utopia del possibile, accettando i gusti e le
necessità della gente. In questo ambito si
situerà quanto espresso immediatamente dopo
da Robert Venturi.”
Josep Maria Montaner, Dopo il Movimento
Moderno, 1993
Team 10, nel giardino della casa di Van Eyck, 1974
Team 10 a Spoleto, 1976.
Da sinistra: De Carlo, Peter
Smithson, Van Eyck,
Richards, Guedes, Alison
Smithson, Coderch
Alison e Peter Smithson, Primo diagramma di un cluster, 1952
“La parola cluster venne introdotta per la
prima volta nel X CIAM di Dubrovnik, nel
1956. L’obiettivo del Team 10, organizzatore
dei lavori del congresso era quello di
dimostrare, secondo le direttive del Doorn
Manifesto, che si doveva elaborare una forma
specifica di habitat per ogni situazione
particolare. (…) Questi studi… intendevano
dimostrare che era possibile un nuovo modo di
avvicinarsi all’urbanistica.”
A. e P. Smithson, Urban Structuring, 1957
Antonio Coderech, Edificio per abitazioni, Barcellona, 1951
Le Corbusier, Cappella di Ronchamp, 1950-55
Hans Scheroun, Filarmonica di Berlino, 1956-63
Kenzo Tange, Piscine coperte per le Olimiadi di Tokyo , 1964
Jorn Utzon, Opera di Sidney, 1957-74
Eero Saarinen, Terminal Dulles International Airport in Virgiania e TWA a NY,
Pier Luigi Nervi, Palazzetto
dello sport, Roma, 1957
Verso la fine degli anni Sessanta il ‘progetto
moderno’ si polverizzerà in almeno tre direzioni
chiave:
-Una rinnovata ansia radicale e di ottimismo
macchinista,
- il recupero delle capacità simboliche e
comunicative …attraverso un nuovo linguaggio
pop, eclettista e manierista,
- il ritorno ad una architettura della città.
1966
Alison e Peter Smithson, scuola di Hustanton, 1949-54
Archigram, Plug-in city, 1964
Archigram, Walking Cities, 1964
Archigram, Living Pod, 1966
Archigram, Ron Herron, Instant City, 1969
Haus-Rucker-Co, Yellow Hearth, 1968
"...The device consisted of a pulsating bubble inside a
large inflatable capsule, which was supported by a waist-
high metal frame. At it's core was a bed with ample room
for two people to recline and take it easy. A repeat pattern
of inflation and deflation created a soft, pulsating rhythm,
to which the inhabitants were supposed to adapt and
relax."
Haus-Rucker-Co, Yellow Hearth, 1968
Haus-Rucker-Co, Mind Expander,
1969
"...'Mind-Expander I' and
'Mid-Expander II' were
similar to the helmets, only
bigger and with an intimate
seating arangement for two.
They featured an electronic
display of light and sound,
which was intended to
induce a trance-like state
similar to that reached
through mind-bending drugs
or a shamanic ritual."
Superstudio, Architettura
Interplanetaria, 1967
Superstudio, viene fondato nel 1966 da Adolfo Natalini
e Cristiano Toraldo di Francia, cui si aggiungono
Alessandro e Alberto Magris e Pietro Fassinelli.
Superstudio
Archizoom, Andrea Branzi, Gilberto Corretti, Paolo Deganello, Dario and Lucia
Bartolini and Massimo Morozzi, No-Stop City, 1969
Archizoom, No-Stop City, 1969
Archizoom, No-Stop City, 1969
“Abbiamo dovuto recuperare il senso della tradizione
che, pur vivendo implicito nelle opere dell’architettura
moderna… era stato messo provvisoriamente in disparte
nell’azione rivoluzionaria della polemica di cui doveva
colorarsi ogni azione contingente per vincere le remore
del culturalismo accademico, nostalgico e reazionario”
“Ora, se vi è qualcosa di insito negli europei… è il senso
della storia…”
“Contro il cosmopolitismo… noi dobbiamo cercare di
armonizzare le nostre opere con le persistenze
ambientali, sia con quelle della natura che con quelle
create storicamente dall’ingegno umano”
“crediamo ancora nell’utilità di una battaglia ideale nel
campo dell’architettura, nei suoi profondi contenuti
umani, politici, sociali, in senso antifascista,
democratico, progressista” E.N.Rogers
Belgioioso, Peressutti e
Rogers (BBPR), Torre
Velasca, 1950-57
Ignazio Gardella, Abitazioni alle Zattere, Venezia, 1958
Gabetti e Isola, La Bottega
d’Erasmo, Torino, 1953
L.Quaroni, M.Ridolfi, Quartiere Tiburtino a Roma, 1954
Aldo Rossi, monumento
di Segrate, 1965
Aldo Rossi, teatrino scientifico e Gallaratese, 1967-74
Aldo Rossi, Cimitero di
Modena, 1971
Aldo Rossi, La città analoga, tavola per la Biennale di Venezia, 1976
Leon Krier, progetto per la mostra “Roma interrotta”, 1978
Leon Krier, progetto
per la ricostruzione di
“Giustapposizioni apparentemente caotiche di elementi
volgari e banali esprimono una vitalità e una validità
affascinante, svelando un approccio all’insieme del
tutto inatteso.
Alcune delle vivaci lezioni della Pop art sulla
contraddittorietà di scala e contesto dovrebbero aver
risvegliato gli architetti dai sogni stucchevoli di un
ordine puro… E forse sulla base del paesaggio
consueto,volgare e disprezzato potremmo costruire
l’ordine complesso e contraddittorio, valido e vitale per
un’architettura intesa come un insieme urbanistico”
R.Venturi
Robert Venturi,
schema esplicativo del
decorated shed, 1972
Charles Moore, Piazza d'Italia, New Orleans 1975-78
Philip Johnson, At & T building, 1978-84
Michael Graves, Portland
Public Services Buildings,
1982
Hôtel de région,
Montpellier,
Ricardo Bofill ,
1989
Casa Gehry, Santa Monica, 1978
International
Symposium on
Deconstruction,
Tate Gallery, 1988
Deconstruction in
Architecture,
Architectural Design
Profile n.3, 1988
Deconstruction II,
Architectural Design
Profile n.4, 1988
“è la confluenza del
lavoro di alcuni
importanti architetti che
dal 1980 ad oggi hanno
adottato approcci simili
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risultato forme molto
simili”.
Deconstructivist
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a cura di Philip Johnson
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MoMA, 1988

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  • 1.
  • 2. “Piuttosto che tentare una rassegna sistematica e neutrale della qualità architettonica (…) si è preferito scegliere un tema e quindi un ‘movimento’ (…) in cui si esprimono i problemi, i disagi, ma anche le scoperte e i desideri di un tempo determinato, il ‘nostro tempo’ (…) Con il titolo della mostra La presenza del passato si è voluto cogliere un fenomeno che ha i suoi prodromi negli anni ’50 (…) Questo fenomeno è il confronto diretto, senza difese e inibizioni, con l’architettura come istituzione permanente dell’uomo e quindi con la storia dell’architettura (…) La restituzione dell’architettura nel grembo della storia e il riciclaggio in nuovi contesti sintattici di forme tradizionali è uno dei sintomi che hanno prodotto una ‘differenza’ profonda in una serie di opere e progetti di questi ultimi anni compresi da alcuni critici nell’ambigua ma efficace categoria di Postmoderno” Paolo Portoghesi
  • 3. "l'architettura postmoderna propone la fine del proibizionismo, l'opposizione al funzionalismo, la riconsiderazione dell'architettura quale processo estetico, non esclusivamente utilitario; il ritorno all'ornamento, l'affermarsi di un diffuso edonismo." Paolo Portoghesi
  • 4. Demolizione del complesso residenziale di Pruitt-Igoe, 1972
  • 5. "Parecchi di noi che oggi vengono raggruppati sotto l'etichetta di postmodernismo hanno fatto degli sforzi notevoli verso un'architettura simbolica" "la mescolanza di classico e di vernacolare è una strada per l'uso di un'ornamentazione simbolica e un ritorno ad un'architettura antropomorfica e più umanistica" Charles Jencks The Language of Post-Modern Architecture, Rizzoli, NY 1977
  • 6.
  • 7.
  • 8.
  • 9.
  • 10. “Oggi è nato un nuovo stile individuale. (…) Nella soluzione dei problemi strutturali può essere messo in relazione al Gotico, mentre nella soluzione dei problemi di design è più simile al Classico. Si differenzia da entrambi nella preminenza data alla determinazione della funzione.” Henri-Russel Hitchcock e Philip Johnson, The International Style: Architecture since 1922, New York 1932
  • 11. Le Corbusie, Villa Savoie, 1929-31
  • 12. “Una grande epoca è cominciata. Esiste uno spirito nuovo. L’industria, irrompe come un fiume che scorre verso il proprio destino. La legge dell’Economia amministra in modo imperativo i nostri atti e i nostri pensieri. Il problema della casa è un problema che dipende dall’epoca in cui si vive. L’equilibrio della società oggi dipende da questo. L’architettura ha come primo compito, in un’epoca di rinnovamento, quello di operare la revisione dei valori, la revisione degli elementi costitutivi della casa.”
  • 13. “La serie è basata sull’analisi e sulla sperimentazione. La grande industria deve occuparsi della costruzione e produrre in serie gli elementi della casa. Occorre creare lo spirito della produzione in serie, lo spirito di costruire case in serie, lo spirito di abitare case in serie, lo spirito di concepire case in serie.” Le Corbusier, Case in serie in Verso un’architettura, 1923
  • 14. Le Corbusier, Maison Domino (1915) e Maison Citrohan (1920)
  • 16. Le Corbusier, Ville Radieuse, 1931 Fasce di zonizzazione parallele: uffici (in alto), residenza (al centro), industria (in basso).
  • 17. Congressi Internazionali di Architettura Moderna, CIAM IV, Atene, 1933
  • 18. "Le grandi città sono nate sui grandi nodi ferroviari. In altri tempi l’ingresso in città avveniva attraverso le porte delle mura; i carri e la folla dei pedoni si disperdevano lungo il tragitto per raggiungere il cetro, dove non vi era alcuna causa d’ingorghi. La ferrovia comportò la costruzione di stazioni al centro di grandi città. Questa zona è quella più solcata dalle strade più strette, e qui si riversa la folla. Qualcuno dirà: trasferiamo le stazioni alla periferia. La statistica risponde: no, gli affari esigono che alle 9 del mattino centinaia di migliaia di viaggiatori siano scaricati in pochi istanti proprio al centro della città, dove, sempre in base alle statistiche, ferve l’attività. Qui si denuncia pertanto l’esigenza di aprire vie molto larghe. Bisogna dunque demolire il centro. Se vogliamo che la città sopravviva, dobbiamo costruirle un nuovo centro.” Le Corbusier, Urbanistica, 1925
  • 19. “LA STRADA: La strada attuale non è altro che la terra che calpestiamo tutti i giorni, su cui è stato steso un manto di lastricato, e sotto la quale abbiamo costruito qualche metropolitana. La strada moderna è un organismo nuovo, una specie di fabbrica sviluppata in lunghezza, magazzino areato dove si raccolgono molti organi complessi e delicati (le varie opere di canalizzazione).” Le Corbusier, Urbanistica, 1925
  • 20. Le Corbusier, Unités d'Habitation, Marsiglia 1945-52
  • 22. “Nel 1968 Gropius scrisse: ‘La battaglia per l’unità è ormai quasi del tutto persa…’. (…) Per gli Smithson, i van Eyck, i Bakema, ecc. non si trattava più di mantenere le vecchie pretese di cambiare radicalmente il modo di vita della gente, i modelli di produzione o il sistema di proprietà del suolo, ma di teorizzare piuttosto un’utopia del possibile, accettando i gusti e le necessità della gente. In questo ambito si situerà quanto espresso immediatamente dopo da Robert Venturi.” Josep Maria Montaner, Dopo il Movimento Moderno, 1993
  • 23. Team 10, nel giardino della casa di Van Eyck, 1974
  • 24. Team 10 a Spoleto, 1976. Da sinistra: De Carlo, Peter Smithson, Van Eyck, Richards, Guedes, Alison Smithson, Coderch
  • 25. Alison e Peter Smithson, Primo diagramma di un cluster, 1952
  • 26. “La parola cluster venne introdotta per la prima volta nel X CIAM di Dubrovnik, nel 1956. L’obiettivo del Team 10, organizzatore dei lavori del congresso era quello di dimostrare, secondo le direttive del Doorn Manifesto, che si doveva elaborare una forma specifica di habitat per ogni situazione particolare. (…) Questi studi… intendevano dimostrare che era possibile un nuovo modo di avvicinarsi all’urbanistica.” A. e P. Smithson, Urban Structuring, 1957
  • 27. Antonio Coderech, Edificio per abitazioni, Barcellona, 1951
  • 28. Le Corbusier, Cappella di Ronchamp, 1950-55
  • 29. Hans Scheroun, Filarmonica di Berlino, 1956-63
  • 30. Kenzo Tange, Piscine coperte per le Olimiadi di Tokyo , 1964
  • 31. Jorn Utzon, Opera di Sidney, 1957-74
  • 32. Eero Saarinen, Terminal Dulles International Airport in Virgiania e TWA a NY,
  • 33. Pier Luigi Nervi, Palazzetto dello sport, Roma, 1957
  • 34. Verso la fine degli anni Sessanta il ‘progetto moderno’ si polverizzerà in almeno tre direzioni chiave: -Una rinnovata ansia radicale e di ottimismo macchinista, - il recupero delle capacità simboliche e comunicative …attraverso un nuovo linguaggio pop, eclettista e manierista, - il ritorno ad una architettura della città.
  • 35. 1966
  • 36. Alison e Peter Smithson, scuola di Hustanton, 1949-54
  • 39.
  • 40.
  • 42. Archigram, Ron Herron, Instant City, 1969
  • 43.
  • 44.
  • 45.
  • 47. "...The device consisted of a pulsating bubble inside a large inflatable capsule, which was supported by a waist- high metal frame. At it's core was a bed with ample room for two people to recline and take it easy. A repeat pattern of inflation and deflation created a soft, pulsating rhythm, to which the inhabitants were supposed to adapt and relax." Haus-Rucker-Co, Yellow Hearth, 1968
  • 49.
  • 50. "...'Mind-Expander I' and 'Mid-Expander II' were similar to the helmets, only bigger and with an intimate seating arangement for two. They featured an electronic display of light and sound, which was intended to induce a trance-like state similar to that reached through mind-bending drugs or a shamanic ritual."
  • 52. Superstudio, viene fondato nel 1966 da Adolfo Natalini e Cristiano Toraldo di Francia, cui si aggiungono Alessandro e Alberto Magris e Pietro Fassinelli.
  • 54. Archizoom, Andrea Branzi, Gilberto Corretti, Paolo Deganello, Dario and Lucia Bartolini and Massimo Morozzi, No-Stop City, 1969
  • 57. “Abbiamo dovuto recuperare il senso della tradizione che, pur vivendo implicito nelle opere dell’architettura moderna… era stato messo provvisoriamente in disparte nell’azione rivoluzionaria della polemica di cui doveva colorarsi ogni azione contingente per vincere le remore del culturalismo accademico, nostalgico e reazionario” “Ora, se vi è qualcosa di insito negli europei… è il senso della storia…” “Contro il cosmopolitismo… noi dobbiamo cercare di armonizzare le nostre opere con le persistenze ambientali, sia con quelle della natura che con quelle create storicamente dall’ingegno umano” “crediamo ancora nell’utilità di una battaglia ideale nel campo dell’architettura, nei suoi profondi contenuti umani, politici, sociali, in senso antifascista, democratico, progressista” E.N.Rogers
  • 58. Belgioioso, Peressutti e Rogers (BBPR), Torre Velasca, 1950-57
  • 59.
  • 60. Ignazio Gardella, Abitazioni alle Zattere, Venezia, 1958
  • 61. Gabetti e Isola, La Bottega d’Erasmo, Torino, 1953
  • 62. L.Quaroni, M.Ridolfi, Quartiere Tiburtino a Roma, 1954
  • 63.
  • 64. Aldo Rossi, monumento di Segrate, 1965
  • 65. Aldo Rossi, teatrino scientifico e Gallaratese, 1967-74
  • 66. Aldo Rossi, Cimitero di Modena, 1971
  • 67.
  • 68. Aldo Rossi, La città analoga, tavola per la Biennale di Venezia, 1976
  • 69. Leon Krier, progetto per la mostra “Roma interrotta”, 1978
  • 70. Leon Krier, progetto per la ricostruzione di
  • 71. “Giustapposizioni apparentemente caotiche di elementi volgari e banali esprimono una vitalità e una validità affascinante, svelando un approccio all’insieme del tutto inatteso. Alcune delle vivaci lezioni della Pop art sulla contraddittorietà di scala e contesto dovrebbero aver risvegliato gli architetti dai sogni stucchevoli di un ordine puro… E forse sulla base del paesaggio consueto,volgare e disprezzato potremmo costruire l’ordine complesso e contraddittorio, valido e vitale per un’architettura intesa come un insieme urbanistico” R.Venturi
  • 72. Robert Venturi, schema esplicativo del decorated shed, 1972
  • 73. Charles Moore, Piazza d'Italia, New Orleans 1975-78
  • 74. Philip Johnson, At & T building, 1978-84
  • 75. Michael Graves, Portland Public Services Buildings, 1982
  • 77. Casa Gehry, Santa Monica, 1978
  • 78.
  • 79.
  • 80. International Symposium on Deconstruction, Tate Gallery, 1988 Deconstruction in Architecture, Architectural Design Profile n.3, 1988 Deconstruction II, Architectural Design Profile n.4, 1988
  • 81. “è la confluenza del lavoro di alcuni importanti architetti che dal 1980 ad oggi hanno adottato approcci simili che hanno avuto come risultato forme molto simili”. Deconstructivist Architecture, a cura di Philip Johnson e Mark Wigley, MoMA, 1988