Il Diritto Processuale Penale dell’Informatica e le Investigazioni Informatiche
Investigazioni Private e Consulenze Tecniche nelle Indagini Difensive
1. TESI FINALE
“Investigazioni Private e Consulenze Tecniche nelle Indagini
Difensive”
“SECURITY MANAGER”
A.A. 2015/2016
IV Edizione – I Sessione
Corso di Perfezionamento e Aggiornamento Professionale
(Aggiornato alla UNI 10459:2015)
RELATORE : Ch.mo Prof. Filippo GIUNCHEDI
CANDIDATO : Ing. Marco LUCIDI
2. a Lorena e Jador
…e…al silenzio della notte che
ha accompagnato questo
lavoro
“InvestigazioniPrivateeConsulenzeTecnichenelleIndaginiDifensive”
Ing.MarcoLUCIDI
3. Le indagini difensive possono avvalersi, ove
lo consenta la legge, di consulenti tecnici di
parte, che rappresentano la difesa di cui può
dotarsi un privato.
L’impiego è necessario, insieme
all’investigatore privato, o in alternativa, nei
casi in cui le indagini dovessero interessare
aspetti troppo tecnici che richiedono
preparazioni e competenze specifiche.
Sarebbe interessante riuscire a capire
quando è importante ricorrere a questo tipo
di possibilità, ovvero usufruire
dell’investigazione privata classica.
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4. • Indagini Difensive;
• L’Investigatore Privato nelle Indagini Difensive;
• Il Consulente Tecnico nelle Indagini Difensive;
• Parallelo tra le competenze dell’Investigatore
Privato e il Consulente Tecnico;
• Licenza Prefettizia, Deontologia Professionale e
Giuramento del CTU;
• Tecniche operative di indagine dell’Investigatore
e del Consulente;
• La disciplina degli Accertamenti Tecnici NON
ripetibili;
• Case Study di un incendio doloso;
• Come impostare l’Indagine Difensiva con ricorso
all’investigazione privata e consulenza tecnica di
parte.
INDICE
“InvestigazioniPrivateeConsulenzeTecnichenelleIndaginiDifensive”
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5. Indagini Difensive
1. Il rinnovato quadro normativo introdotto con l. 7.12.2000, n. 397
2. La documentazione degli atti delle investigazioni difensive
3. La documentazione dell’attività di accesso ai luoghi
4. Il fascicolo del difensore
5. Investigazioni difensive e aspetti strategici
6. L’utilizzazione della documentazione delle investigazioni difensive:
a) la normativa
b) le anomalie interpretative
“Investigazioni Private e Consulenze Tecniche nelle Indagini Difensive”
Ing. Marco LUCIDI
6. Il rinnovato quadro normativo
introdotto con l. 7.12.2000, n. 397
«Disposizioni in materia di indagini difensive»
equilibrio tra le esigenze di offrire carattere cogente alle investigazioni del
difensore a fronte degli interrogativi prospettatisi nella prassi e nel contempo
per assicurare quella parità proclamata dalla Costituzione stessa (art. 111, 2°
co.)
disporre «delle condizioni necessari[e] per preparare la sua difesa […] e
l’acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore» (art. 111, 3° co.)
l’introduzione di nuove fattispecie incriminatrici (artt. 371 ter e 379 bis c.p.) e
l’ampliamento di ipotesi criminose già esistenti in relazione all’attività probatoria
degli organi di accusa (art. 371 bis c.p.)
1.
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7. La documentazione degli atti delle
investigazioni difensive
La necessità di non disperdere gli elementi di prova assunti dal difensore anche
per tramite degli investigatori privati autorizzati, durante le indagini difensive
richiedeva un’opportuna regolamentazione delle modalità di cristallizzazione
delle stesse tanto per ragioni contestative che di apprezzamento critico della
prova assunta in giudizio
Il tenore dell’art. 391 bis c.p.p. fissa una triplice categoria di atti di
investigazione difensiva a contenuto dichiarativo: il colloquio, le dichiarazioni e
le informazioni.
I soggetti legittimati (difensore, sostituto, investigatori privati autorizzati o
consulenti tecnici), prima di procedere al colloquio – ed ovviamente ancor più
se intendono raccogliere dichiarazioni o informazioni – hanno il dovere di
avvertire le persone interessate della propria qualità e dello scopo del colloquio.
devono emergere nella relazione stessa dal difensore o dal sostituto, costituiti
- dalla «data in cui ha ricevuto la dichiarazione» (lett. a)
2.
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8. - dal rendere «le proprie generalità e quelle della persona che ha rilasciato la
dichiarazione» (lett. b)
- «l’attestazione di avere rivolto gli avvertimenti previsti dal 3° co. dell’art. 391
bis» (lett. c)
- «i fatti su cui verte la dichiarazione» (lett. d)
dalla regolamentazione varata dall’Unione delle Camere penali italiane
«Regole di comportamento del penalista nelle investigazioni difensive»
all’art. 13, 1° co., prevedono che le informazioni assunte dal difensore secondo
le previsioni degli artt. 391 bis, 2° co., e 391 ter, 3° co., c.p.p. debbano essere
documentate in forma integrale e che, quando è disposta la riproduzione
almeno fonografica con successiva trascrizione, possono essere documentate
in forma riassuntiva, ciò al fine di assicurare ai risultati delle investigazioni
difensive il massimo grado di attendibilità.
La documentazione degli atti delle
investigazioni difensive2.
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9. la Cassazione penale, ritiene che «gli avvertimenti che il difensore deve
rivolgere al soggetto dichiarante ai sensi dell’art. 391 bis, 3° co., c.p.p. a pena di
inutilizzabilità devono essere specificamente verbalizzati, mentre non può
essere ritenuta sufficiente la semplice attestazione in merito effettuata dal
difensore ex art. 391 ter, 1° co., lett. c, atteso che non sussistono ragioni per
differenziare l’attività del difensore da quella analoga posta in essere dal giudice
o dal pubblico ministero» (). Ragioni volte a scongiurare discipline eterogenee,
maggiormente lassiste per la parte privata, militano, quindi, a favore di correttivi
per via giurisprudenziale.
La legge in esame prevede che sia il difensore o il suo sostituto a raccogliere
formalmente le dichiarazioni rese dalle persone in grado di riferire circostanze
utili ai fini dell’attività investigativa, eventualmente con l’ausilio di persone di
fiducia come prevedono il 1° e 3° co. dell’art. 391 ter. Conseguentemente deve
escludersi la possibilità per il difensore di far documentare le dichiarazioni
rilasciate dalle persone informate sui fatti da soggetti terzi, magari dotati di
particolari qualifiche di rilievo pubblico (ad esempio, notai) per renderli garanti
della fedeltà della documentazione.
La documentazione degli atti delle
investigazioni difensive2.
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10. La documentazione dell’attività di
accesso ai luoghi
Uno degli aspetti peculiari che riguarda molto da vicino l’attività
dell’investigatore privato autorizzato è quello dell’accesso ai luoghi.
L’istituto costituisce senza dubbio un’attività nuova che compendia l’ispezione,
la perquisizione e l’accertamento urgente sui luoghi, svolti parallelamente dalla
polizia giudiziaria, ricompresa nel catalogo di atti di investigazione difensiva
desumibile dalla formula «ha facoltà di svolgere investigazioni per ricercare e
individuare elementi di prova» prevista dall’art. 327 bis c.p.p.
Quest’attività deve necessariamente raccordarsi con quella volta a conservare
le tracce e le cose pertinenti al reato che compie la polizia giudiziaria ai sensi
dell’art. 354, 1° co., c.p.p., nonché della immutazione dello stato dei luoghi e
delle cose sino all’intervento del p.m. In relazione a ciò si giustifica il
riconoscimento in capo alla polizia giudiziaria di un potere preminente di
regolazione dell’accesso specie sul luogo del delitto affinché non se ne
disperdano i segni, magari anche quelli favorevoli all’indiziato.
3.
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11. La norma prevede un’articolata disciplina della forma di documentazione che
devono effettuare i soggetti legittimati allo svolgimento delle investigazioni
difensive e quindi anche l’investigatore privato autorizzato e il consulente
tecnico, consistente:
- nell’indicare la data ed il luogo dell’accesso (lett. a)
- le proprie generalità e quelle delle persone intervenute (lett. b)
- la descrizione dello stato dei luoghi e delle cose (lett. c)
- l’indicazione degli eventuali rilievi tecnici, grafici, planimetrici, fotografici o
audiovisivi eseguiti, che fanno parte integrante dell’atto e devono essere allegati
al medesimo (lett. d)
Tutti i partecipanti devono sottoscrivere il verbale.
La redazione del verbale, come si evince dall’utilizzo del verbo «possono», è
meramente facoltativa – e non obbligatoria – ed in funzione della utilizzabilità
che il difensore intenda farne nel corso del procedimento.
Anche in questo caso, pur nel silenzio del legislatore, si ritiene che debbano
seguirsi le forme di verbalizzazione previste dagli artt. 134 e ss. c.p.p.
La documentazione dell’attività di
accesso ai luoghi3.
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12. I cc.dd. rilievi tecnici, per i quali pare che i difensori, gli investigatori privati e i
consulenti tecnici possano poter raccogliere «tracce del reato in assenza del
p.m. ed a condizioni più favorevoli di quanto previsto per gli organi di p.g., che
debbono sottostare alla duplice condizione del non altrimenti evitabile pericolo
di modifica o dispersione dello stato dei luoghi e dell’impossibilità del
tempestivo intervento del p.m.».
La documentazione dell’attività di
accesso ai luoghi3.
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13. Snodo fondamentale tra l’attività di investigazione difensiva e la sua utilizzabilità
nel corso del procedimento è il fascicolo del difensore (art. 391 octies c.p.p.),
conservato presso la cancelleria del giudice per le indagini preliminari e, dopo la
chiusura delle indagini, nel fascicolo del pubblico ministero.
Uno degli aspetti più interessanti dell’istituto attiene alla possibilità per il
difensore di presentare elementi dell’investigazione difensiva anche pro futuro,
vale a dire nella prospettiva che il giudice possa adottare una decisione che non
prevede il contraddittorio preventivo, come quando intenda irrogare una misura
cautelare (2° co. dell’art. 38 disp. att. c.p.p.).
Il difensore ha la mera facoltà di depositare i risultati delle investigazioni (sue e
degli altri soggetti di cui si avvale, tra cui gli investigatori privati autorizzati) – lo
si evince dal ricorrente utilizzo del «può» –, potendo ben decidere di “tenere nel
cassetto” gli elementi di prova da lui raccolti in quanto dannosi per la posizione
del proprio assistito o semplicemente non utili.
Terminate le indagini, il fascicolo viene inserito in quello del pubblico ministero.
Il fascicolo del difensore
4.
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14. La chiusura delle indagini: riferimento al termine dell’udienza preliminare
quando viene operata la selezione del materiale contenuta nei due fascicoli e
“distribuita” tra fascicolo del dibattimento e fascicolo del p.m. che contiene,
come detto, quello del difensore.
Prima di tale momento i due fascicoli rimangono materialmente e
fisiologicamente separati e solo successivamente vengono riuniti in uno unico,
nonostante il fascicolo del difensore continui a mantenere una sua
indipendenza.
Attività difensiva dopo la chiusura delle indagini: l’art. 419 c.p.p. prevede per il
difensore, uniformemente al p.m., di trasmettere nella cancelleria del giudice
per l’udienza preliminare «la documentazione relativa alle indagini
eventualmente espletate dopo la richiesta di rinvio a giudizio» (2° co.).
Il problema che si pone, però, è legato al fatto che il p.m., essendone l’autore,
conosce la data della richiesta di rinvio a giudizio, differentemente dal difensore
che, per prassi costante, può formalmente venire a conoscenza dell’udienza
preliminare solo dieci giorni prima della stessa (art. 419, 4° co.).
Il fascicolo del difensore
4.
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15. fenomeno culturale degli ultimi anni
ha portato ad un riconoscimento
graduale della possibilità di
difendersi cercando elementi di
prova.
Il fascicolo del difensore
4.
la documentazione dell’attività investigativa verrà inserita nel fascicolo
del p.m. e assoggettata al regime di utilizzabilità previsto per tali atti nelle
successive fasi del procedimento.
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16. Investigazioni difensive e aspetti
strategici5.
L’ampliamento e la regolamentazione dell’istituto delle investigazioni difensive,
porta conseguentemente ad una rinnovata figura dell’avvocato difensore che,
ora, anche in considerazione delle variegate alternative procedimentali, si trova
di fronte ad una serie di opzioni che deve vagliare in via preliminare e attivarsi
al fine di predisporre sul piano probatorio nel modo più acconcio per la tutela
degli interessi del proprio assistito, anche grazie alla possibilità di potersi
avvalere di ausiliari specializzati tra cui la qualificata figura degli investigatori
privati autorizzati.
L’ampia disciplina delle investigazioni difensive responsabilizza il difensore,
posto di fronte alla scelta se svolgere le indagini, come e in che misura, nonché
come e quando utilizzarne i risultati. Ed in ciò deve essere coadiuvato da parte
di tutte le figure professionali che la legge consente che possano affiancarlo.
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17. Investigazioni difensive e aspetti
strategici5.
La prima opzione che si pone per il difensore è quella di raccogliere elementi
di prova a favore del proprio assistito e di non comunicare le informazioni
raccolte.
In diversa prospettiva si pone, invece, la scelta dell’avvocato di depositare al
g.i.p. i risultati delle stesse; in questo caso il fascicolo in parola assume i
connotati di un fascicolo contenente gli atti per la decisione.
Della terza possibilità (presentazione degli elementi di prova direttamente al
p.m.), si è già detto e parte da un presupposto di fiducia nei confronti del
magistrato del p.m. che soppesi in anticipo detti elementi, anziché
strumentalizzarli in prospettiva strategica, ma allora saremmo al cospetto di un
soggetto passibile di provvedimenti di emenda quantomeno sul piano
disciplinare.
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18. L’utilizzazione della documentazione
delle investigazioni difensive
a) la normativa
6.
L’art. 391 decies specifica la parificazione che subisce il fascicolo del difensore
con quello del p.m. – riprova ne sia l’assorbimento del primo nel secondo –
essendo utilizzabili gli atti ivi contenuti ai fini
- delle contestazioni (art. 500 c.p.p.),
- delle letture (art. 512 c.p.p.)
- per il recupero dell’interrogatorio dell’imputato assente o che si avvalga della
facoltà di non rispondere (art. 513 c.p.p.).
L’attività delle investigazioni non potrà essere utilizzata
- per le contestazioni alle parti private (art. 503 c.p.p.)
- ai fini della lettura delle dichiarazioni rese da persona residente all’estero (art.
512 bis c.p.p.).
La documentazione relativa ad atti non ripetibili compiuti in occasione
dell’accesso ai luoghi, e presentata nel corso delle indagini preliminari o
nell’udienza preliminare viene inserita nel fascicolo del dibattimento,
conformemente a quanto previsto per il p.m.
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19. L’utilizzazione della documentazione
delle investigazioni difensive
a) la normativa
6.
Quando gli atti investigativi a carattere irripetibile consistono in
accertamenti tecnici, il loro ingresso nel fascicolo dibattimentale è subordinato
al previo avviso al p.m. da parte del difensore prima del compimento
dell’accertamento affinché il primo possa esercitare le facoltà previste dall’art.
360 c.p.p.
Il verbale degli accertamenti tecnici non ripetibili compiuti dalla difesa che
ha operato un accesso ai luoghi, va inserito di diritto tanto nel fascicolo del
pubblico ministero in ragione della sua obbligatoria presenza al compimento di
tali atti quanto nel fascicolo del difensore.
Nelle ipotesi di atti non ripetibili diversi dagli accertamenti tecnici il pubblico
ministero, personalmente o mediante delega alla polizia giudiziaria, ha facoltà di
assistervi, ma non il diritto di essere avvisato.
Il verbale degli accertamenti irripetibili non aventi natura di accertamento
tecnico, compiuti dalla difesa che ha operato un accesso ai luoghi, va inserito di
diritto tanto nel fascicolo del pubblico ministero qualora la parte pubblica abbia
presenziato alla loro formazione, quanto nel fascicolo del difensore.
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20. L’utilizzazione della documentazione
delle investigazioni difensive
a) la normativa
6.
il legislatore impone che tali atti
vengano sottratti al regime ordinario
di riservatezza e di uso discrezionale da
parte della difesa
Il doppio inserimento permane sino alla chiusura delle indagini
preliminari, dopodiché si realizza l’accorpamento dei fascicoli e tutto
confluisce in quello del pubblico ministero, restandovi sino a quando,
conclusasi l’udienza preliminare o disposta la citazione diretta a giudizio,
si forma il fascicolo per il dibattimento nel quale gli atti in discorso
trovano definitivo approdo ai sensi dell’art. 431, 1° co., lett. c, entrando, in
tal modo, nello scibile processuale.
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21. L’utilizzazione della documentazione
delle investigazioni difensive
b) le anomalie interpretative
6.
C., Sez. I, 19.6.2007, Kaneva ed altri, in GI, 2008, 986.
sentenza della Suprema Corte che impone al difensore di investigare
entro i limiti territoriali dello Stato
«l’unica forma per la raccolta della prova all’estero è la rogatoria, con la
conseguenza che il difensore non è direttamente abilitato ad esperire le indagini
ex art. 391 bis c.p.p., ma deve rivolgersi all’autorità giudiziaria italiana affinché
questa attivi una domanda di assistenza giudiziaria internazionale».
alla base della sentenza che ha dichiarato l’inutilizzabilità dei risultati di
informazioni assunte in Bulgaria dal difensore
«crisma di legalità che ogni attività all’estero deve avere e cioè dell’uso dello
strumento della rogatoria internazionale»
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Ing.MarcoLUCIDI
22. L’utilizzazione della documentazione
delle investigazioni difensive
b) le anomalie interpretative
6.
C., Sez. I, 19.6.2007, Kaneva ed altri, in GI, 2008, 986.
«pur non essendo esplicitamente affermato che il difensore non può recarsi
all’estero a svolgere dette investigazioni, discende dall’ordinamento tale divieto,
essendo evidente che, ai fini dell’utilizzabilità di atti compiuti all’estero, per tutte
le parti processuali, deve essere esperita la procedura prevista dal codice in
materia di rogatorie. Poiché non è prevista la possibilità per il difensore di
ricorrere alla rogatoria all’estero, ne discende che tale tipo di atto non è
esperibile dal difensore mediante la disciplina prevista dall’art. 391 bis c.p.p. ed
egli ha l’obbligo di passare attraverso la richiesta al p.m. o al g.i.p., affinché
costoro attivino la procedura della rogatoria internazionale.
D’altronde, tramite le indagini difensive non è esperibile ogni tipo di atto il
legislatore ha limitato l’oggetto delle indagini all’assunzione di dichiarazioni, alla
richiesta di documentazione, all’accesso ai luoghi, ma ad esempio non ha
previsto la possibilità di effettuare accertamenti tecnici irripetibili, in relazione ai
quali il difensore ha l’obbligo di inoltrare richiesta al p.m.».
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23. L’utilizzazione della documentazione
delle investigazioni difensive
b) le anomalie interpretative
6.
L’articolata regolamentazione delle investigazioni del difensore ha segnato il
definitivo passaggio da una “difesa di posizione” ad una “difesa di movimento”.
Avendogli garantito ampi poteri d’indagine, è lecito supporre che costui
cercherà ed individuerà anche all’estero la fonte di prova e vorrà conferire con
questa per verificare l’attendibilità delle informazioni e la loro utilità in sede
dibattimentale.
Vanno fermamente ribaditi i limiti all’utilizzabilità dei risultati delle investigazioni
difensive nell’ipotesi in cui non siano stati acquisiti con le forme previste dalla
legge, anche qualora siano finalizzati
- a rimuovere la condanna ingiusta,
- o per la decisione di legittimità.
Lascia, invece, perplessi come l’attività preventiva di indagine possa essere
svolta solo dal difensore del potenziale imputato, posto che per la persona
offesa gli atti di indagine compiuti prima del formale inizio del procedimento
penale non sono utilizzabili in mancanza dell’autorizzazione o dell’intervento
dell’autorità giudiziaria
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25. Si definisce investigatore colui che compie indagini e ricerche indirizzate a
verificare, o ad escludere, determinati fatti che si sospettano avvenuti, ovvero
dei quali sia necessario reperire fonti di prova, da presentare anche in sede
giudiziale.
L’investigatore pubblico è usualmente un appartenente alle Forze di Polizia
e, nella fattispecie, opera per la Polizia Giudiziaria, che risponde al Pubblico
Ministero (ex c.p.p.).
L’investigatore privato, autorizzato da specifica licenza prefettizia, svolge
indagini su incarico di privati cittadini, aziende e società, enti pubblici, ed anche
avvocati, per ricercare elementi di prova da utilizzare nel contesto del processo
penale (art. 327 bis c.p.p.) e civile.
Il combinato disposto degli artt. 38 delle norme di attuazione del c.p.p. e del
successivo art. 222 ne armonizzava l’esordio sulla scena processuale con il
vigente testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, introdusse la figura degli
ausiliari del difensore inquirente, quantomeno sino “all’approvazione della
nuova disciplina sugli investigatori privati”, avvenuta con d.m. n. 269 del 2010.
Il coacervo dei precetti che profilavano l’agire degli investigatori privati si
rinviene, oggi come allora, sparpagliato tra il codice di rito, le sue norme di
attuazione, varie leggi di pubblica sicurezza, e nel decreto del Ministero
dell’Interno che ne ha regolamentato l’attività.
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26. Definito il contesto normativo circa l’attribuzione della qualifica di investigatore
privato autorizzato, tali soggetti potranno ricevere l’incarico di effettuare
l’attività di indagine privata a seguito del conferimento di uno specifico mandato.
Come anticipato, l’onere dimostrativo del ricevimento del mandato ha finalità
meramente pratiche, risultando comunque efficace anche se fornito oralmente.
Il termine autorizzato, è caratterizzato nell’art. 222 disp. coord. c.p.p. secondo
il quale “fino all’approvazione della nuova disciplina sugli investigatori privati,
l’autorizzazione a svolgere le attività indicate nell’art. 327-bis c.p.p. è rilasciata
dal prefetto agli investigatori che abbiano maturato una specifica esperienza
professionale che garantisca il corretto esercizio dell’attività (...)”. Chi ha
ottenuto la sola licenza ex art.134 T.U.L.P.S., è autorizzato ad operare solo in
ambito civile.
Più in generale, si deve rilevare un netto distacco fra l’opera dell’investigatore
privato e la controparte pubblica. Viene infatti garantita una – più che –
opportuna riservatezza delle indagini difensive, alla quale vanno ricollegate
pure le garanzie risultanti dal divieto di “procedere al sequestro di carte o
documenti relativi all’oggetto della difesa, salvo che costituiscano corpo del
reato” ai sensi dell’art.103 comma 2 c.p.p., nonché di eseguire intercettazioni di
conversazioni o comunicazioni tra il difensore e i suoi ausiliari o tra questi e i
loro assistiti ex art. 103 comma 5 c.p.p., che la norma codicistica –
appositamente interpolata in tal senso dalla l. 7 dicembre 2000, n. 397 –
estende anche agli investigatori autorizzati e incaricati in relazione allo specifico
procedimento penale.
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27. La ricerca delle prove è, infatti, affidata dalla legge all’iniziativa delle parti
(Pubblico Ministero, imputato e parte civile), essendo il sistema processuale di
tipo accusatorio (e non più inquisitorio), che sottrae all’iniziativa del giudice il
potere di ricerca delle prove.
La figura dell’investigatore privato, come ausiliario del difensore nell’ambito
delle investigazioni difensive, era già prevista nel co. 2 dell’art. 38 disp. att.
c.p.p., abrogato dalla legge 07.12.2000, n. 397. Tale articolo riguardava le
investigazioni difensive ed era contenuto nella versione originaria del codice di
procedura penale del 1988. In virtù di tale norma si consentiva al difensore di
delegare le indagini a investigatori privati autorizzati, riconoscendone così
per la prima volta il fondamentale ruolo nel processo penale. Inoltre, il privato
cittadino coinvolto in un procedimento penale può svolgere per proprio conto
indagini per reperire fonti di prova da utilizzare nel successivo dibattimento.
Secondo una lettura restrittiva dell’art. 222 comma 4 disp. att. c.p.p., il quale
condizionerebbe l’agire dell’investigatore alla comunicazione all’autorità
procedente dell’intervenuto incarico, parrebbe doversi escludere l’indagine
preventiva dell’investigatore, stante l’impossibilità di provvedere – per le ragioni
più volte esposte – ad un simile adempimento. Tuttavia si tratta di una
interpretazione che si rigetta, in quanto il combinato disposto dagli art. 391
nonies e 327 bis c.p.p. non impone alcuna limitazione soggettiva, lasciando
quindi ritenere che anche l’investigatore privato possa agire in via preventiva,
purché munito di apposito mandato.
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Ing.MarcoLUCIDI
28. Infatti, relegare temporalmente la possibilità di godere del supporto
dell’investigatore privato al momento in cui si ha contezza del procedimento
penale mediante comunicazione dell’iscrizione nel registro delle notizie di reato
ex art. 335 c.p.p., ovvero invio dell’informazione di garanzia ai sensi dell’art. 369
c.p.p., ovvero ancora al ricevimento dell’avviso di conclusione delle indagini
preliminari di cui all’art. 415 bis c.p.p., può tradursi in un’ingiustificata
compressione del diritto di difesa.
Da un punto di vista prettamente oggettivo, nel bacino delle attività che
possono essere delegate all’investigatore privato vi è l’art. 391 bis comma 1
c.p.p., il quale comprende il colloquio informale con persone a conoscenza dei
fatti, nonché l’art. 391 sexies c.p.p. che menziona l’accesso ai luoghi per
compiere rilievi e accertamenti, eventualmente da documentare mediante
verbale.
Già si è accennato all’impossibilità per l’investigatore, stante un mancato
riconoscimento normativo di poteri certificativi derivanti dalla sua opera, di
ricevere dichiarazioni scritte o di assumere informazioni da verbalizzare.
Parimenti, si ritiene ragionevole escludere che le sue annotazioni ovvero le
fonoregistrazioni possano fare legittimo ingresso nel processo penale quali
prove documentali, lasciando, al più, aperta la porta alla sua testimonianza
indiretta, stante la sua esclusione dal novero dei soggetti incompatibili con
l’ufficio di testimone ex art. 197 comma 1 lett. d c.p.p..
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Ing.MarcoLUCIDI
29. Risolvendo una questione già sottoposta all’attenzione degli interpreti
d’oltremare e là tutelata, il Legislatore nazionale, con l’art. 101 del d.p.r. 30
maggio 2002 n. 115 (Testo unico in materia di spese di giustizia), ha finalmente
consentito anche ai soggetti ammessi al gratuito patrocinio di godere del
supporto di un investigatore privato, individuabile financo all’esterno del distretto
di Corte d’appello presso il quale si svolge il procedimento, fatto salvo, quale
unica limitazione, il mancato riconoscimento delle spese e delle indennità
previste dalla tariffe professionali.
Infine, poste le facoltà espressamente indicate dalla norma codicistica, si
debbono menzionare ulteriori attività da sempre ricomprese nel catalogo che la
nozione comune ricollega alle investigazioni quali appostamenti, pedinamenti,
sopralluoghi, captazione diretta di comunicazioni o conversazioni attraverso i
propri sensi.
Attività oggi definite dall’art. 5 del d.m. 269 del 2010, il quale autorizza
espressamente l’investigatore ed i propri collaboratori segnalati ai sensi
dell’articolo 259 del Regolamento d’esecuzione t.u.l.p.s., ad esperire “attività di
osservazione statica e dinamica (c.d. pedinamento) anche a mezzo di strumenti
elettronici, ripresa video/fotografica, sopralluogo, raccolta di informazioni
estratte da documenti di libero accesso anche in pubblici registri, interviste a
persone anche a mezzo di conversazioni telefoniche, raccolta di informazioni
reperite direttamente presso i locali del committente”.
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Ing.MarcoLUCIDI
30. L’art. 222 disp. att. del c.p.p. co. 2, prevede che gli investigatori detengano un
apposito registro ove devono essere indicati le generalità e l’indirizzo del
difensore committente, la specie degli atti investigativi richiesti e la durata delle
indagini determinata al conferimento dell’incarico.
Diversamente a quanto richiesto dall’art. 135 del T.U.L.P.S., per gli incarichi
conferiti agli investigatori privati a norma del predetto art. 222 disp. att. c.p.p.,
non devono essere indicati nel relativo registro l’onorario convenuto, l’esito delle
operazioni e l’indicazione dei documenti presentati dal committente e necessari
alla sua identificazione.
Per di più, è da presupporre che, differentemente a quanto previsto per il
registro degli investigatori privati citati nel Testo Unico delle Leggi di
Pubblica Sicurezza, sia possibile che il detective possa opporre il segreto alla
richiesta inoltrata da ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza per visionare tale
registro, e, conseguentemente, possa rifiutarsi di ottemperare a tale invito.
Tale considerazione deriva dal fatto che, altrimenti, le finalità dell’attività
investigativa effettuata dalla difesa perderebbero di consistenza, poiché nel
registro, devono essere indicati anche gli atti investigativi richiesti, con il
conseguente risultato che una visione anticipata del registro da parte della
Polizia Giudiziaria permetterebbe alla stessa di conoscere le fonti di prova
acquisite dalla difesa, violando così il principio di parità fra accusa e difesa
ed il principio del contraddittorio.
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Ing.MarcoLUCIDI
31. Inoltre, nell’ambito delle indagini investigative difensive, non sono applicate le
disposizioni di cui all’art. 139 T.U.L.P.S., che prevede il fatto che gli uffici di
vigilanza ed investigazione privata sono tenuti a prestare la loro opera e
richiesta dell’autorità di P.S., nonché che i loro agenti sono obbligati ad aderire
alle richieste loro rivolte da agenti ed ufficiali di pubblica sicurezza o di polizia
giudiziaria. Appare indubitabile che l’investigatore privato, incaricato di ricercare
elementi nell’interesse della difesa, non può cooperare, in ordine ai fatti per i
quali ha ricevuto l’incarico, con la polizia giudiziaria che, per gli stessi fatti,
potrebbe svolgere attività conflittuale e contro la parte per cui la difesa presta la
propria assistenza.
A chi esercita l’attività investigativa privata è fatto assoluto divieto di limitare le
libertà di qualsiasi cittadino e di violare i diritti costituzionalmente garantiti. Essi
possono subire delle limitazioni solo in ipotesi eccezionali previste dalla stessa
Costituzione per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi
previsti dalla legge.
Costituiscono un limite concreto all’attività investigativa anche alcune norme del
codice penale, quali l’art. 494 c.p. relativo alla sostituzione di persona, l’art. 614
c.p. sulla violazione di domicilio, l’art. 615-bis c.p. sulle interferenze illecite nella
vita privata, l’art. 615-ter c.p. circa l’accesso abusivo ad un sistema informatico
o telematico, gli artt. 616-623-bis c.p. sui delitti contro l’inviolabilità dei segreti,
l’art. 660 c.p. sulla molestia o il disturbo alle persone.
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32. Il Consulente Tecnico nelle
Indagini Difensive
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33. L’art. 327 bis comma 3 c.p.p. attribuisce al difensore la facoltà di ricorrere al
consulente tecnico “quando sono necessarie specifiche competenze
tecniche”, parametro che induce in errore laddove si ritenga necessario un
controllo giudiziale su tali competenze.
Infatti, nonostante la norma lasci intendere doveroso un accertamento sulla
preparazione tecnica del consulente, essa si traduce nella mera suggestione di
preferire soggetti competenti, senza che ciò si interpreti in una valutazione sulla
validità della nomina del consulente e sulla utilizzabilità del materiale da questi
raccolto.
Diversamente da quanto prescritto per i consulenti del pubblico ministero ai
sensi dell’art. 73 disp. att. c.p.p., non è prevista l’iscrizione del delegato
nell’apposito Albo professionale, né il possesso delle specifiche competenze
utili all’espletamento dell’incarico, assimilando la figura del consulente tecnico
ex art. 327 bis comma 3 c.p.p. a quella del consulente extraperitale ex art. 233
c.p.p.
Degna di nota è l’opportunità offerta dai commi 1 bis e 1 ter, grazie ai quali il
consulente investigativo può essere autorizzato dal giudice – ovvero dal
pubblico ministero prima dell’esercizio dell’azione penale – a esaminare il
materiale sequestrato, anche se non ha formato oggetto di perizia, a intervenire
alle ispezioni e, infine, a esaminare l’oggetto di queste ultime alle quali non
abbia preso parte, attenendosi alle prescrizioni impartite dall’autorità giudiziaria
per la conservazione dello stato originario delle cose e dei luoghi e per il
rispetto delle persone.
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34. In caso venga disposta perizia, ai sensi del seguente comma 2, il consulente
godrà della facoltà di assistere al conferimento dell’incarico del perito, di
presentare al giudice richieste, osservazioni e riserve, nonché quella di
partecipare alle operazioni peritali, anche proponendo al perito specifiche
indagini e formulando osservazioni o riserve di cui dovrà darsi atto nella
relazione peritale.
In tal caso, comunque, il numero dei consulenti di parte non deve essere
superiore a quello dei periti ex art. 225 comma 1 c.p.p., richiamato dall’art. 233
comma 2 c.p.p..
Per quanto concerne le incompatibilità, i limiti vengono indicati dall’art. 222
comma 1 lett. d c.p.p. – richiamato dall’art. 225 comma 3 c.p.p. cui rinvia il
comma 3 della norma in esame – con riferimento al soggetto:
minorenne, interdetto, inabilitato, affetto da infermità di mente;
interdetto – anche temporaneamente – dai pubblici uffici ovvero interdetto o
sospeso dall’esercizio di una professione o di un’arte;
sottoposto a misure di sicurezza personali o a misure di prevenzione;
che non può essere assunto come testimone o che ha facoltà di astenersi dal
testimoniare o che è chiamato a prestare ufficio di testimone o interprete.
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35. Posto il quadro generale delle potestà attribuite al consulente, questi, ai sensi
degli artt. 391 bis e ss. c.p.p., ha la facoltà di conferire in modo informale –
senza possibilità di redigere documentazione – con persone in grado di riferire
circostanze utili ex art. 391 bis comma 1 c.p.p., nonché quella di accedere ai
luoghi significativi per le indagini e di svolgere ivi rilievi e accertamenti,
documentabili mediante verbale ex artt. 391 sexies e septies c.p.p.120, ma non
anche di accedere agli atti e documenti in possesso della pubblica
amministrazione, di esclusiva competenza del difensore o del sostituto
appositamente nominato.
In tema di garanzie, il consulente, fin dal momento del conferimento
dell’incarico, a prescindere dalla comunicazione alla autorità giudiziaria ed
anche in sede di indagini preventive, può giovarsi della medesima tutela offerta
al difensore ex art. 103 c.p.p., con riferimento:
all’impossibilità di procedere al sequestro di carte o documenti relativi
all’oggetto della difesa, salvo che costituiscano corpo del reato (comma 2)
al divieto di intercettazione relativa a conversazioni o comunicazioni
intercorrenti con il difensore, gli altri ausiliari ovvero l’assistito (comma 5),
con conseguente inutilizzabilità dei risultati probatori ottenuti in spregio di tali
prescrizioni (comma 7).
Diversamente da quanto disposto dalla l. 30 luglio 1990, n. 217 – che
disciplinava il gratuito patrocinio – per la quale il consulente tecnico poteva
essere nominato
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36. soltanto nei casi di perizia, la possibilità di ricorrere al consulente tecnico viene
oggi offerta dall’art. 102 del d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico in
materia di spese di giustizia) anche alla persona ammessa al patrocinio a spese
delle Stato.
Ciò posto, si debbono notare alcune restrizioni. In prima istanza, il consulente
tecnico nella disciplina per i non abbienti deve risiedere nel distretto di Corte
d’appello in cui pende il processo ai sensi dell’art. 102 comma 1 del d.p.r. n. 115
del 2002. Si tratta di un’ipotesi che, qualora non soddisfatta, esclude dal
gratuito patrocinio le spese e le indennità di trasferta indicate dalle tariffe
professionali ai sensi dell’ art. 102 comma 2 del d.p.r. n. 115 del 2002, come
modificato dall’art. 5 della l. 24 febbraio 2005, n. 25.
In secondo luogo, nel caso in cui la consulenza tecnica si riveli superflua ai fini
della prova ex art. 106 del d.p.r. n. 115 del 2002, nuovamente ciò comporterà
l’esclusione della liquidazione delle spese sostenute per tali attività.
Quest’ultima ipotesi impone al difensore del non abbiente un valutazione ex
ante della capacità della consulenza di incidere sulla piattaforma probatoria
offerta al giudice, creando un’innegabile effetto negativo sulla strategia
adottabile.
Infine, anche in questa caso, non si ritiene necessaria la forma scritta ad
substantiam, limitandosi a tornare utile ad probationem.
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37. Parallelo tra le competenze
dell’Investigatore Privato e
il Consulente Tecnico
INVESTIGATORE
PRIVATO
CONSULENTE
TECNICO
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38. investigatore privato autorizzato, tali
soggetti potranno ricevere l’incarico di
effettuare l’attività di indagine privata a
seguito del conferimento di uno specifico
mandato
il combinato disposto dagli art. 391 nonies
e 327 bis c.p.p. non impone alcuna
limitazione soggettiva, lasciando quindi
ritenere che anche l’investigatore privato
possa agire in via preventiva, purché
munito di apposito mandato.
nel bacino delle attività che
possono essere delegate all’investigatore
privato vi è l’art. 391 bis comma 1
c.p.p., il quale comprende il colloquio
informale con persone a conoscenza dei
fatti, nonché l’art. 391 sexies c.p.p. che
menziona l’accesso ai luoghi per
compiere rilievi e accertamenti,
eventualmente da documentare
mediante verbale
l’art. 327 bis comma 3 c.p.p. attribuisce al
difensore la facoltà di ricorrere al
consulente tecnico “quando sono
necessarie specifiche competenze
tecniche”, parametro che induce in
errore laddove si ritenga necessario un
controllo giudiziale su tali competenze.
diversamente da quanto prescritto per i
consulenti del pubblico ministero ai sensi
dell’art. 73 disp. att. c.p.p., non è prevista
l’iscrizione del delegato nell’apposito Albo
professionale, né il possesso delle
specifiche competenze utili
all’espletamento dell’incarico, assimilando
la figura del consulente tecnico ex art.
327 bis comma 3 c.p.p. a quella del
consulente extraperitale ex art. 233 c.p.p.
le potestà attribuite al consulente, questi,
ai sensi degli artt. 391 bis e ss. c.p.p., ha
la facoltà di conferire in modo informale –
senza possibilità di redigere
documentazione – con persone in grado
39. all’impossibilità per l’investigatore, stante
un mancato riconoscimento normativo di
poteri certificativi derivanti dalla sua
opera, di ricevere dichiarazioni scritte o
di assumere informazioni da
verbalizzare. Parimenti, si ritiene
ragionevole escludere che le sue
annotazioni ovvero le fonoregistrazioni
possano fare legittimo ingresso nel
processo penale quali prove
documentali, lasciando, al più, aperta la
porta alla sua testimonianza indiretta,
stante la sua esclusione dal novero
dei soggetti incompatibili con l’ufficio
di testimone ex art. 197 comma 1 lett. d
c.p.p..
l’art. 222 disp. att. del c.p.p. co. 2,
prevede che gli investigatori detengano
un apposito registro ove devono essere
indicati le generalità e l’indirizzo del
difensore committente, la specie degli
atti investigativi richiesti e la durata delle
indagini determinata al conferimento
dell’incarico.
di riferire circostanze utili ex art. 391 bis
comma 1 c.p.p., nonché quella di
accedere ai luoghi significativi per le
indagini e di svolgere ivi rilievi e
accertamenti, documentabili mediante
verbale ex artt. 391 sexies e septies
c.p.p.120, ma non anche di accedere agli
atti e documenti in possesso della
pubblica amministrazione, di esclusiva
competenza del difensore o del sostituto
appositamente nominato.
i limiti vengono indicati dall’art. 222
comma 1 lett. d c.p.p. – richiamato
dall’art. 225 comma 3 c.p.p. cui rinvia il
comma 3 della norma in esame – con
riferimento al soggetto:
che non può essere assunto come
testimone o che ha facoltà di astenersi
dal testimoniare o che è chiamato a
prestare ufficio di testimone o interprete.
il consulente godrà della facoltà di
assistere al conferimento dell’incarico del
40. ulteriori attività da sempre ricomprese nel
catalogo che la nozione comune ricollega
alle investigazioni quali appostamenti,
pedinamenti, sopralluoghi, captazione
diretta di comunicazioni o conversazioni
attraverso i propri sensi.
Attività oggi definite dall’art. 5 del d.m. 269
del 2010, il quale autorizza espressamente
l’investigatore ed i propri collaboratori
segnalati ai sensi dell’articolo 259 del
Regolamento d’esecuzione t.u.l.p.s., ad
esperire “attività di osservazione statica e
dinamica (c.d. pedinamento) anche a
mezzo di strumenti elettronici, ripresa
video/fotografica, sopralluogo, raccolta di
informazioni estratte da documenti di
libero accesso anche in pubblici registri,
interviste a persone anche a mezzo di
conversazioni telefoniche, raccolta di
informazioni reperite direttamente presso i
locali del committente”.
perito, di presentare al giudice
richieste, osservazioni e riserve,
nonché quella di partecipare alle
operazioni peritali, anche proponendo
al perito specifiche indagini e
formulando osservazioni o riserve di cui
dovrà darsi atto nella relazione
peritale.
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41. il detective possa opporre il segreto alla
richiesta inoltrata da ufficiali ed agenti di
pubblica sicurezza per visionare tale
registro, e, conseguentemente, possa
rifiutarsi di ottemperare a tale invito.
Tale considerazione deriva dal fatto che,
altrimenti, le finalità dell’attività
investigativa effettuata dalla difesa
perderebbero di consistenza, poiché nel
registro, devono essere indicati anche gli
atti investigativi richiesti, con il
conseguente risultato che una visione
anticipata del registro da parte della
Polizia Giudiziaria permetterebbe alla
stessa di conoscere le fonti di prova
acquisite dalla difesa.
il consulente, fin dal momento del
conferimento dell’incarico, a prescindere
dalla comunicazione alla autorità
giudiziaria ed anche in sede di indagini
preventive, può giovarsi della medesima
tutela offerta al difensore ex art. 103
c.p.p., con riferimento:
all’impossibilità di procedere al
sequestro di carte o documenti relativi
all’oggetto della difesa, salvo che
costituiscano corpo del reato (comma 2)
al divieto di intercettazione relativa a
conversazioni o comunicazioni
intercorrenti con il difensore, gli altri
ausiliari ovvero l’assistito (comma 5),
con conseguente inutilizzabilità dei
risultati probatori ottenuti in spregio di tali
prescrizioni (comma 7).
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42. Licenza Prefettizia,
Deontologia Professionale
e Giuramento del CTU
1. Licenza prefettizia per l’Investigatore Privato Autorizzato
2. Deontologia professionale per il Consulente Tecnico di Parte
3. Giuramento del Consulente Tecnico d’Ufficio del Giudice
4. Codice Deontologico Forense
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43. Codice in materia di protezione dei dati personali
A.6. Codice di deontologia e di buona condotta per i trattamenti di dati
personali effettuati per svolgere investigazioni difensive
(Provvedimento del Garante n. 60 del 6 novembre 2008, Gazzetta Ufficiale 24
novembre 2008, n. 275)
Codice di deontologia e di buona condotta per i trattamenti di dati
personali effettuati per svolgere investigazioni difensive
IN MERITO A CONSULENTI E INVESTIGATORI PRIVATI
Capo II - Trattamenti da parte di avvocati
Art. 2. Modalità di trattamento
1. L'avvocato organizza il trattamento anche non automatizzato dei dati
personali secondo le modalità che risultino più adeguate, caso per caso, a
favorire in concreto l'effettivo rispetto dei diritti, delle libertà e della dignità degli
interessati, applicando i principi di finalità, necessità, proporzionalità e non
eccedenza sulla base di un'attenta valutazione sostanziale e non formalistica
delle garanzie previste, nonché di un'analisi della quantità e qualità delle
informazioni che utilizza e dei possibili rischi.
2. Le decisioni relativamente a quanto previsto dal comma 1 sono adottate dal
titolare del trattamento il quale resta individuato, a seconda dei casi, in:
a) un singolo professionista;
b) una pluralità di professionisti, codifensori della medesima parte assistita o
che, anche al di fuori del mandato di difesa, siano stati comunque interessati a
concorrere all'opera professionale quali consulenti o domiciliatari;
c) un'associazione tra professionisti o una società di professionisti.
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44. 3. Nel quadro delle adeguate istruzioni da impartire per iscritto agli incaricati del
trattamento da designare e ai responsabili del trattamento prescelti
facoltativamente (artt. 29 e 30 del Codice), sono formulate concrete indicazioni
in ordine alle modalità che tali soggetti devono osservare, a seconda del loro
ruolo di sostituto processuale, di praticante avvocato con o senza abilitazione al
patrocinio, di consulente tecnico di parte, perito, investigatore privato o
altro ausiliario che non rivesta la qualità di autonomo titolare del trattamento,
nonché di tirocinante, stagista o di persona addetta a compiti di collaborazione
amministrativa.
4. Specifica attenzione è prestata all'adozione di idonee cautele per prevenire
l'ingiustificata raccolta, utilizzazione o conoscenza di dati in caso di:
a) acquisizione anche informale di notizie, dati e documenti connotati da un alto
grado di confidenzialità o che possono comportare, comunque, rischi specifici
per gli interessati;
b) scambio di corrispondenza, specie per via telematica;
c) esercizio contiguo di attività autonome all'interno di uno studio;
d) utilizzo di dati di cui è dubbio l'impiego lecito, anche per effetto del ricorso a
tecniche invasive;
e) utilizzo e distruzione di dati riportati su particolari dispositivi o supporti, specie
elettronici (ivi comprese registrazioni audio/video), o documenti (tabulati di flussi
telefonici e informatici, consulenze tecniche e perizie, relazioni redatte da
investigatori privati);
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45. f) custodia di materiale documentato, ma non utilizzato in un procedimento e
ricerche su banche dati a uso interno, specie se consultabili anche
telematicamente da uffici dello stesso titolare del trattamento situati altrove;
g) acquisizione di dati e documenti da terzi, verificando che si abbia titolo per
ottenerli;
h) conservazione di atti relativi ad affari definiti.
5. Se i dati sono trattati per esercitare il diritto di difesa in sede giurisdizionale, ciò
può avvenire anche prima della pendenza di un procedimento, sempreché i dati
medesimi risultino strettamente funzionali all'esercizio del diritto di difesa, in
conformità ai principi di proporzionalità, di pertinenza, di completezza e di non
eccedenza rispetto alle finalità difensive (art. 11 del Codice).
6. Sono utilizzati lecitamente e secondo correttezza:
a) i dati personali contenuti in pubblici registri, elenchi, albi, atti o documenti
conoscibili da chiunque, nonché in banche di dati, archivi ed elenchi, ivi compresi
gli atti dello stato civile, dai quali possono essere estratte lecitamente informazioni
personali riportate in certificazioni e attestazioni utilizzabili a fini difensivi;
b) atti, annotazioni, dichiarazioni e informazioni acquisite nell'ambito di indagini
difensive, in particolare ai sensi degli articoli 391-bis, 391-ter e 391-quater del
codice di procedura penale, evitando l'ingiustificato rilascio di copie
eventualmente richieste. Se per effetto di un conferimento accidentale, anche in
sede di acquisizione di dichiarazioni e informazioni ai sensi dei medesimi articoli
391-bis, 391-ter e 391-quater, sono raccolti dati eccedenti e non pertinenti rispetto
alle finalità difensive, tali dati, qualora non possano essere estrapolati o distrutti,
formano un unico contesto, unitariamente agli altri dati raccolti.
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46. IN MERITO AGLI INVESTIGATORI PRIVATI
Capo IV - Trattamenti da parte di investigatori privati
Art. 8. Modalità di trattamento
1. L'investigatore privato organizza il trattamento anche non automatizzato dei
dati personali secondo le modalità di cui all'articolo 2, comma 1.
2. L'investigatore privato non può intraprendere di propria iniziativa
investigazioni, ricerche o altre forme di raccolta dei dati. Tali attività possono
essere eseguite esclusivamente sulla base di apposito incarico conferito per
iscritto e solo per le finalità di cui al presente codice.
3. L'atto d'incarico deve menzionare in maniera specifica il diritto che si intende
esercitare in sede giudiziaria, ovvero il procedimento penale al quale
l'investigazione è collegata, nonché i principali elementi di fatto che giustificano
l'investigazione e il termine ragionevole entro cui questa deve essere conclusa.
4. L'investigatore privato deve eseguire personalmente l'incarico ricevuto e
può avvalersi solo di altri investigatori privati indicati nominativamente all'atto
del conferimento dell'incarico, oppure successivamente in calce a esso qualora
tale possibilità sia stata prevista nell'atto di incarico. Restano ferme le
prescrizioni relative al trattamento dei dati sensibili contenute in atti autorizzativi
del Garante.
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47. 5. Nel caso in cui si avvalga di collaboratori interni designati quali responsabili o
incaricati del trattamento in conformità a quanto previsto dagli artt. 29 e 30 del
Codice, l'investigatore privato formula concrete indicazioni in ordine alle
modalità da osservare e vigila, con cadenza almeno settimanale, sulla puntuale
osservanza delle norme di legge e delle istruzioni impartite. Tali soggetti
possono avere accesso ai soli dati strettamente pertinenti alla collaborazione a
essi richiesta.
6. Il difensore o il soggetto che ha conferito l'incarico devono essere informati
periodicamente dell'andamento dell'investigazione, anche al fine di permettere
loro una valutazione tempestiva circa le determinazioni da adottare riguardo
all'esercizio del diritto in sede giudiziaria o al diritto alla prova.
Art. 9 Altre regole di comportamento
1. L'investigatore privato si astiene dal porre in essere prassi elusive di
obblighi e di limiti di legge e, in particolare, conforma ai principi di liceità e
correttezza del trattamento sanciti dal Codice:
a) l'acquisizione di dati personali presso altri titolari del trattamento, anche
mediante mera consultazione, verificando che si abbia titolo per ottenerli;
b) il ricorso ad attività lecite di rilevamento, specie a distanza, e di
audio/videoripresa;
c) la raccolta di dati biometrici.
2. L'investigatore privato rispetta nel trattamento dei dati le disposizioni di cui
all'articolo 2, commi 4, 5 e 6 del presente codice.
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48. Art. 10. Conservazione e cancellazione dei dati
1. Nel rispetto dell'art. 11, comma 1, lett. e) del Codice i dati personali trattati
dall'investigatore privato possono essere conservati per un periodo non
superiore a quello strettamente necessario per eseguire l'incarico ricevuto. A tal
fine deve essere verificata costantemente, anche mediante controlli periodici, la
stretta pertinenza, non eccedenza e indispensabilità dei dati rispetto alle finalità
perseguite e all'incarico conferito.
2. Una volta conclusa la specifica attività investigativa, il trattamento deve
cessare in ogni sua forma, fatta eccezione per l'immediata comunicazione al
difensore o al soggetto che ha conferito l'incarico, i quali possono consentire,
anche in sede di mandato, l'eventuale conservazione temporanea di materiale
strettamente personale dei soggetti che hanno curato l'attività svolta, a i soli fini
dell'eventuale dimostrazione della liceità e correttezza del proprio operato. Se è
stato contestato il trattamento il difensore o il soggetto che ha conferito l'incarico
possono anche fornire all'investigatore il materiale necessario per dimostrare
la liceità e correttezza del proprio operato, per il tempo a ciò strettamente
necessario.
3. La sola pendenza del procedimento al quale l'investigazione è collegata,
ovvero il passaggio ad altre fasi di giudizio in attesa della formazione del
giudicato, non costituiscono, di per se stessi, una giustificazione valida per la
conservazione dei dati da parte dell'investigatore privato.
http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/1565171
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49. Autorizzazione n. 6/2014 - Autorizzazione al trattamento dei dati sensibili
da parte degli investigatori privati - 11 dicembre 2014
(Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 301 del 30 dicembre 2014)
Registro dei provvedimenti
n. 588 dell'11 dicembre 2014
IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI
Autorizza
gli investigatori privati a trattare i dati sensibili di cui all'art. 4, comma 1, lett. d),
del Codice, secondo le prescrizioni di seguito indicate.
Prima di iniziare o proseguire il trattamento i sistemi informativi e i programmi
informatici sono configurati riducendo al minimo l'utilizzazione di dati personali e
di dati identificativi, in modo da escluderne il trattamento quando le finalità
perseguite nei singoli casi possono essere realizzate mediante, rispettivamente,
dati anonimi od opportune modalità che permettano di identificare l'interessato
solo in caso di necessità, in conformità all'art. 3 del Codice.
1) Ambito di applicazione.
La presente autorizzazione è rilasciata, anche senza richiesta, alle persone
fisiche e giuridiche, agli istituti, agli enti, alle associazioni e agli organismi che
esercitano un'attività di investigazione privata autorizzata con licenza prefettizia
(art. 134 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni e
integrazioni).
http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/3632740
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50. 2) Finalità del trattamento.
Il trattamento può essere effettuato unicamente per l'espletamento dell'incarico
ricevuto dai soggetti di cui al punto 1) e in particolare:
a) per permettere a chi conferisce uno specifico incarico di far valere o
difendere in sede giudiziaria un proprio diritto, che, quando i dati siano idonei a
rivelare lo stato di salute e la vita sessuale dell'interessato, deve essere di
rango pari a quello del soggetto al quale si riferiscono i dati, ovvero consistente
in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale;
b) su incarico di un difensore in riferimento ad un procedimento penale, per
ricercare e individuare elementi a favore del relativo assistito da utilizzare ai soli
fini dell'esercizio del diritto alla prova (art. 190 del codice di procedura penale e
legge 7 dicembre 2000, n. 397).
Restano ferme le altre autorizzazioni generali rilasciate ai fini dello svolgimento
delle investigazioni in relazione ad un procedimento penale o per l'esercizio di
un diritto in sede giudiziaria, in particolare:
a) nell'ambito dei rapporti di lavoro (autorizzazione n. 1/2014);
b) relativamente ai dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale
(autorizzazione n. 2/2014);
c) da parte degli organismi di tipo associativo e delle fondazioni (autorizzazione
n. 3/2014);
d) da parte dei liberi professionisti iscritti in albi o elenchi professionali, ivi
inclusi i difensori e i relativi sostituti ed ausiliari (autorizzazione n. 4/2014);
e) relativamente ai dati di carattere giudiziario (autorizzazione n. 7/2014).
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51. Autorizzazione n. 8/2014 - Autorizzazione generale al trattamento dei dati
genetici - 11 dicembre 2014
(Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 301 del 30 dicembre 2014)
Registro dei provvedimenti
n. 590 dell'11 dicembre 2014
IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI
Autorizza
ai sensi degli articoli 26, 40, 41 e 90 del Codice il trattamento dei dati genetici
da parte dei soggetti sottoindividuati, secondo le prescrizioni di seguito indicate.
Prima di iniziare o proseguire il trattamento i sistemi informativi e i programmi
informatici sono configurati riducendo al minimo l'utilizzazione di dati personali e
di dati identificativi, in modo da escluderne il trattamento quando le finalità
perseguite nei singoli casi possono essere realizzate mediante, rispettivamente,
dati anonimi od opportune modalità che permettano di identificare l'interessato
solo in caso di necessità, in conformità all'art. 3 del Codice.
1) Definizioni.
Ai fini della presente autorizzazione si intende per:
a) dato genetico
b) campione biologico
c) test genetico,
d) test farmacogenetico
e) test farmacogenomico
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52. f) test sulla variabilità individuale
g) screening genetico
h) consulenza genetica
i) informazione genetica
2) Ambito di applicazione.
La presente autorizzazione è rilasciata:
a) ….
…..
g) ai difensori, anche a mezzo di sostituti, consulenti tecnici e investigatori
privati autorizzati, limitatamente alle operazioni e ai dati indispensabili per
esclusive finalità di svolgimento di investigazioni difensive di cui alla legge 7
dicembre 2000 n. 397; è altresì rilasciata per far valere o difendere un
diritto anche da parte di un terzo - in sede giudiziaria, sempre che il diritto sia di
rango almeno pari a quello dell'interessato e i dati siano trattati esclusivamente
per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento;
….
3) Finalità del trattamento.
3.1 ….
3.2 La presente autorizzazione è rilasciata, altresì, quando il trattamento dei
dati genetici sia indispensabile:
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53. a) per lo svolgimento da parte del difensore delle investigazioni difensive di
cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 397, anche a mezzo di sostituti, di
consulenti tecnici e investigatori privati autorizzati, o, comunque, per far
valere o difendere un diritto anche da parte di un terzo in sede giudiziaria,
anche senza il consenso dell'interessato eccetto il caso in cui il trattamento
presupponga lo svolgimento di test genetici. Ciò, sempre che il diritto da far
valere o difendere sia di rango pari a quello dell'interessato, ovvero consistente
in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e
inviolabile e i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo
strettamente necessario al loro perseguimento. Il trattamento deve essere
comunque effettuato nel rispetto delle autorizzazioni generali del Garante al
trattamento dei dati sensibili da parte dei liberi professionisti e da parte degli
investigatori privati (allo stato, autorizzazioni nn. 4 e 6/2014). Il trattamento
può comprendere anche le informazioni relative a stati di salute pregressi o
relative ai familiari dell'interessato;
5) Informativa.
…I trattamenti per lo svolgimento delle investigazioni difensive o per l'esercizio
di un diritto in sede giudiziaria possono essere effettuati mediante l'esecuzione
di test genetici soltanto previa informativa all'interessato da rendersi con le
modalità sopra indicate.
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54. 6) Consenso
I trattamenti di dati connessi all'esecuzione di test genetici per lo svolgimento
delle investigazioni difensive o per l'esercizio di un diritto in sede giudiziaria
possono essere effettuati soltanto con il consenso informato della persona cui
appartiene il materiale biologico necessario all'indagine, salvo che un'espressa
disposizione di legge, o un provvedimento dell'autorità giudiziaria in conformità
alla legge, disponga altrimenti.
7) Trattamenti in settori particolari.
I dati genetici trattati e i campioni biologici prelevati per l'esecuzione di test sulla
variabilità individuale ai fini dello svolgimento delle investigazioni difensive o per
l'esercizio di un diritto in un procedimento penale non possono essere utilizzati
per altri fini. I dati trattati e i campioni biologici prelevati per l'esecuzione di test
genetici a fini di prevenzione, di diagnosi o di terapia nei confronti
dell'interessato o per finalità di ricerca scientifica e statistica possono essere
utilizzati per lo svolgimento delle investigazioni difensive o per l'esercizio di un
diritto in un procedimento penale, nel rispetto delle pertinenti disposizioni di
legge.
http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/3632835
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55. Licenza prefettizia per
l’Investigatore Privato Autorizzato1.
L’art. 327 bis comma 3 c.p.p., tratta i soggetti che debbono essere previamente
“autorizzati”. La risposta perviene dall’art. 222 comma 1 delle disp. att. del
codice di rito, il quale attribuisce al Prefetto il potere di rilasciare l’autorizzazione
a svolgere le indagini difensive “agli investigatori che abbiano maturato una
specifica esperienza professionale che garantisca il corretto esercizio
dell’attività”, ivi compresi di soggetti già in possesso di licenza prefettizia di
cui all’art. 134 del t.u.l.p.s.
CLASSIFICAZIONE delle ATTIVITA’
investigazioni in ambito privato, ovvero informazioni richieste dal privato per
una sua tutela in sede giudiziaria, come in ambito matrimoniale, familiare e
patrimoniale;
investigazioni in ambito aziendale, richieste da enti pubblici e privati, cioè da
società anche senza personalità giuridica, al fine di tutelare un proprio diritto in
sede giudiziaria, come nel caso di infedeltà del lavoratore, di contraffazione di
prodotti e per la tutela di marchi e brevetti;
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56. Licenza prefettizia per
l’Investigatore Privato Autorizzato1.
indagini in ambito commerciale, consistenti in richieste del commerciante al
fine di determinare, pur a livello contabile, gli ammanchi e le differenze
inventariali, anche mediante informazioni reperite direttamente presso
l’esercizio commerciale;
indagini in ambito assicurativo, richieste da qualsiasi avente diritto, per la
propria tutela in sede giudiziaria, relativamente alla dinamica di sinistri stradali e
sul lavoro, oppure da società assicurative per una loro tutela da eventuali frodi;
indagini difensive, finalizzate alla ricerca di elementi di prova da utilizzare nel
contesto del processo penale, così come disciplinate dal Titolo VI bis del c.p.p.;
informazioni commerciali, richieste da enti pubblici e privati per raccogliere
analisi, elaborazione, valutazione e stima di dati economici, finanziari, creditizi,
patrimoniali, industriali, produttivi, imprenditoriali e professionali di imprese e
società di persone e di capitali, nonché delle persone fisiche ad esse connesse,
quali soci ed amministratori, nel rispetto della vigente normativa europea in
materia di privacy;
attività previste da leggi speciali o decreti ministeriali, caratterizzate dalla
stabile presenza di personale dipendente presso i locali del committente, come,
a titolo esemplificativo, i cosiddetti buttafuori.
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57. Nell’ambito del suo operato, il CTP deve rispettare i principi stabiliti dal proprio
codice deontologico e gli opportuni criteri di correttezza professionale, legalità e
moralità, operando con spirito di autonomia non subordinato alle volontà del
legale dal quale ha ricevuto l’incarico.
Gli iscritti all'albo degli ingegneri del territorio nazionale hanno coscienza che
l’attività dell’ingegnere è una risorsa che deve essere tutelata e che implica
doveri e responsabilità nei confronti della collettività e dell’ambiente ed è
decisiva per il raggiungimento dello sviluppo sostenibile e per la sicurezza, il
benessere delle persone, il corretto utilizzo delle risorse e la qualità della vita.
Sono consapevoli che, per raggiungere nel modo migliore tali obiettivi, sono
tenuti costantemente a migliorare le proprie capacità e conoscenze ed a
garantire il corretto esercizio della professione secondo i principi di
autonomia intellettuale, trasparenza, lealtà e qualità della prestazione,
indipendentemente dalla loro posizione e dal ruolo ricoperto nell’attività
lavorativa e nell’ambito professionale.
Deontologia professionale per il
Consulente Tecnico di Parte2.
1. Il caso specifico dell’Ingegnere Consulente Tecnico di Parte
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58. Sulla base di tali principi, in osservanza alla legge fondamentale ed in particolar
modo ai seguenti articoli della Costituzione:
- art. 4, comma 2: “ogni cittadino ha il dovere di svolgere secondo le proprie
possibilità e la propria scelta un’attività o una funzione che concorra al
progresso materiale o spirituale della società”,
- art. 9: "la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica
e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”,
- art. 41, commi 1-2: “l’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi
in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla
libertà e alla dignità umana”, stabiliscono liberamente di approvare il seguente
Codice Deontologico, che dovrà essere rispettato e fatto rispettare da tutti gli
iscritti, anche operando al di fuori degli ambiti nazionali al fine di garantire il
rigoroso rispetto dei valori di legalità e responsabilità sociale, a tutela della
dignità e del decoro della professione.
Deontologia professionale per il
Consulente Tecnico di Parte2.
1. Il caso specifico dell’Ingegnere Consulente Tecnico di Parte
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59. Giuramento del Consulente Tecnico
d’Ufficio del Giudice3.
“GIURO di bene e
fedelmente adempiere
le funzioni affidatimi dal
Giudice al solo scopo di
fargli conoscere la
verità”
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60. Giuramento del Consulente Tecnico
d’Ufficio del Giudice3.
La formula del giuramento del CTU è ovviamente estendibile anche all’etica del
Consulente di Parte. In aggiunta ovviamente a quanto disciplinato dal Codice
Deontologico relativo alla propria professione.
Al contrario del Consulente Tecnico d'Ufficio, il Consulente di Parte non è tenuto
a prestare giuramento ed ha ampia facoltà di accettare, rifiutare o rimettere
l'incarico in ogni momento. E' inoltre esonerato dall'obbligo di cooperare con
l'autorità giudiziaria avendo libertà di atti e prestazioni con il solo limite nel
divieto di ostacolare illegittimamente l'attività del CTU.
Il Consulente Tecnico d'Ufficio (CTU) è un professionista, iscritto in albi speciali
tenuti dai Tribunali, che viene incaricato dal Giudice a norma dell'art. 61, capo III
del codice di procedura civile, quando, ai fini della sua decisione, ravvisa la
necessità di una consulenza riguardante la materia del contendere fondata su
particolari cognizioni scientifiche che, per la loro specificità, non fanno parte del
bagaglio culturale di conoscenze del magistrato.
Nello svolgimento del proprio incarico è un Ausiliario del Giudice, ha quindi il
ruolo di Pubblico Ufficiale, concorre alla formazione del giudizio, ed è tenuto al
segreto circa i risultati del proprio lavoro.
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61. Codice Deontologico Forense
4.
I codici deontologici, come noto, non costituiscono fonte del diritto, in quanto
privi di quella forza cogente tipica degli atti normativi, e pertanto sono incapaci
di innovare l’ordinamento giuridico. Essi si traducono in canoni di natura etica,
adatti ad orientare il comportamento professionale e l’attività dei soggetti
destinatari, la cui violazione rileva esclusivamente in sede disciplinare.
L’art. 3 delle Regole di comportamento del penalista nelle investigazioni
difensive – nell’elaborazione dell’Unione delle Camere Penali Italiane, intitolato
“Dovere di valutazione”, che recita: “Il difensore, fin dal momento dell’incarico e
successivamente fino alla sua conclusione, ha il dovere di valutare, in relazione
alle esigenze e agli obiettivi della difesa, la necessità o l’opportunità di svolgere
investigazioni …”.
L’attuale versione del Codice deontologico è quello approvato dal C.N.F. nella
seduta del 31 gennaio 2014, pubblicato nella G.U. del 16 ottobre 2014 n. 241
ed entrato in vigore con decorrenza dal 15.12 .2014.
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Ing.MarcoLUCIDI
62. Codice Deontologico Forense
4.
Le regole deontologiche sono da ritenere norme giuridiche appartenenti al
complesso dell’ordinamento professionale.
La legge sulle indagini difensive ha promosso le regole deontologiche a
norme processuali, determinando un’ulteriore conseguenza alla violazione delle
norme deontologiche: l’inutilizzabilità processuale dell’atto. Grazie all’art. 391
bis comma 6 c.p.p. – il quale collega all’inosservanza dei protocolli formali tanto
il divieto di utilizzo dell’atto, quanto l’integrazione dell’illecito professionale – si
assiste alla singolarità di una norma processuale che legittima l’irrogazione
anche di una sanzione disciplinare.
La legge professionale forense attualmente in vigore n. 247 del 31.12.2012,
pubblicata nella G.U. del 18.01.2013, che il codice deontologico deve prevedere
una serie di “principi” ai quali l’avvocato deve uniformarsi, esercitando la
professione, e “norme di comportamento” che è tenuto a rispettare in via
generale, oltre a quelle che è tenuto ad osservare specificamente nei rapporti
con certi soggetti. La nuova legge forense ha inoltre statuito la necessità di
tipizzare, “per quanto possibile”, i comportamenti disciplinarmente rilevanti,
dovendo altresì recare l’espressa indicazione della sanzione applicabile in caso
di violazione.
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Ing.MarcoLUCIDI
63. Tecniche operative di
indagine dell’Investigatore
e del Consulente
“Investigazioni Private e Consulenze Tecniche nelle Indagini Difensive”
Ing. Marco LUCIDI
In giurisprudenza è pacifico che con il termine “rilievi” si intenda indicare
un’attività di mera osservazione, individuazione e acquisizione di dati materiali,
mentre gli “accertamenti” comportano un’opera di studio critico, di elaborazione
valutativa ovvero di giudizio su quegli stessi dati.
Non rari, tuttavia, possono essere i casi in cui il rilievo e l’accertamento siano
inscindibili, nel senso che le due attività sono intimamente connesse (si pensi
proprio alla…ricerca di eventuali tracce di esplosivo sulla persona del soggetto
sottoposto ad indagini, mediante l’impiego del c.d. “stub”).
64. Prendere coscienza che l’investigatore privato effettua sopralluoghi tecnico-
scientifici, come un comune tecnico che si aggiorna, se privo di titoli accademici
(altrimenti sarebbe a tutti gli effetti un consulente tecnico).
INVESTIGATORE
PRIVATO
CONSULENTE
TECNICO
(indaga su tutto in qualità di tecnico
specializzato in investigazioni, ovvero
indagini, e segue dei protocolli)
(ha solo un “specifica” conoscenza
accademica, infatti di solito costituiscono
una equipe se è necessario coprire più
discipline)
Il rilievo viene sottoposto a consulenza
tecnica, se l’investigatore ha bisogno di
considerazioni più approfondite
“InvestigazioniPrivateeConsulenzeTecnichenelleIndaginiDifensive”
Ing.MarcoLUCIDI
66. In realtà il confronto non si dovrebbe svolgere tra investigatore privato
autorizzato e consulente tecnico di parte, in quanto lavorano su livelli e
competenze diverse. Il confronto dovrebbe avvenire tra le operazioni di
investigazione vere e proprie, e le operazioni di consulenza tecnica.
Nel 1° caso stiamo parlando di polizia giudiziaria (p.g.) per contro del pubblico
ministero (p.m.), mentre nel 2° caso stiamo parlando di consulenza tecnica di
parte per il p.m.. Il consulente tecnico d’ufficio (CTU) nominato dal Giudice e
per il cui mandato il tecnico presta giuramento, risulta essere al di sopra delle
parti.
P.G. I.P. C.T.P. C.T.p.m.
L’attività della p.g. viene ripartita dall’art. 55 in attività di informazione
(art. 347), investigazione ed assicurazione (art. 348). La prima consiste
nel prendere notizia dei reati e comunicarli al p.m. senza ritardo, la
seconda nell’impedire che questi vengano portati a conseguenze
ulteriori ricercandone gli autori e assicurandone le fonti di prova, la
terza nel raccogliere quanto altro necessario alla ricostruzione del fatto.
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Ing.MarcoLUCIDI
67. La norma individua (sebbene l’elencazione non abbia carattere esaustivo) una
serie di attività principali attraverso cui perseguire la finalità dell’azione
investigativa di p.g., vale a dire la “ricostruzione del fatto e l’individuazione del
colpevole”. Distingue:
- compiti di ricerca ed assicurazione delle fonti di prova reale (cose, tracce
pertinenti al reato, stato dei luoghi);
- compiti di ricerca delle fonti di prova personali (dichiarazioni);
- compiti di svolgimento di attività tipizzate, dettagliatamente disciplinate nelle
norme successive: l’art. 349 relativo all’identificazione della persona nei cui
confronti vengono svolte le indagini e di altre persone, gli artt. 350 e 351 per le
sommarie informazioni da tali persone, l’art. 352 su perquisizioni, l’art. 353 per
l’acquisizione di plichi o di corrispondenza l’art. 354 per gli accertamenti sui
luoghi, sulle cose e sulle persone, con eventuale sequestro.
E’ dovuto a queste norme il compito di mantenere l’intervento autonomo della
polizia giudiziaria entro i limiti specifici volti al rispetto dei diritti individuali
costituzionalmente garantiti.
Le attività tipizzate non danno conto di tutte le attività esperibili. Sempre nei
limiti della sua autonomia, i compiti indicati possono essere perseguiti
attraverso il compimento di atti atipici, cioè atti non disciplinati dal codice ma
accomunati da un’identica ratio, che è appunto quella di porre in essere gli
scopi di cui all’art. 348.
Devono seguire le regole della buona tecnica di p.g. e tener conto delle
esigenze delle indagini di volta in volta prospettabili.
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Ing.MarcoLUCIDI
68. Ne deriva che le attività esperibili anche da parte di investigatori privati
autorizzati, rientrano ai fini delle indagini difensive, e quindi in riferimento ad un
Difensore, potendosi rifare: ai compiti di ricerca e assicurazione delle fonti di
prova reali, qualora non identificati e elaborati dalla p.g.; ai compiti di ricerca
delle fonti di prova personali (dichiarazioni), a meno di quanto sancito in
riferimento a ciò che può essere fatto solo dal Difensore e dal suo Sostituto;
nessuna delle attività tipizzate.
A seguire, tra i tanti, quelli che invece sono ritenuti atti atipici:
- il pedinamento, anche attraverso l’uso del sistema di rilevamento satellitare
che non costituisce una forma di intercettazione;
- l’appostamento;
- il riconoscimento fotografico;
- le videoregistrazioni in luoghi pubblici ovvero aperti o esposti al pubblico,
anche qualora eseguite da chi prenda parte alla conversazione;
- i molteplici atti posti in essere dall’agente sotto copertura;
- il confronto;
- l’individuazione di cose o persone;
- le affermazioni che l’ufficiale di p.g. capta nel corso di un intervento operativo
per l’inizio di indagini preliminari contro soggetti ancora ignoti, rispondendo ad
alcune chiamate fatte sul telefono cellulare lasciato abbandonato sui luoghi
dell’intervento;
- l’accesso ai files condivisi mediante uso di una parola chiave;
- le analisi ricognitive su sostanze che si ritengano stupefacenti da effettuarsi
sia
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Ing.MarcoLUCIDI
69. attraverso i propri organi tecnici sia facendone richiesta ad una struttura
pubblica;
- il sopralluogo, “consistente nell’accesso a luogo determinato allo scopo
di realizzare un’attività di osservazione, onde trarne elementi di
conoscenza per la prosecuzione dell’indagine” (Luparia, 2009). Con questa
definizione, si è inteso raccogliere in un solo atto atipico una serie di operazioni
che non trovano asilo in nessuna specifica norma del codice.
E’ evidente che questa descrizione delle attività atipiche svolgibili dalla p.g.,
ricalca ampiamente le normali attività che può svolgere un investigatore privato
autorizzato.
Casisticamente, la giurisprudenza ha fatto rientrare nella categoria degli atti
esperibili ex art. 354 per i quali non è previsto il rispetto di peculiari garanzie
difensive:
- il prelievo delle impronte digitali e la sua successiva comparazione con quelle
già in possesso della polizia giudiziaria, ritenendo che tale attività non richieda
particolari cognizioni tecnico-scientifiche, risolvendosi in un mero accertamento
di dati oggettivi ai sensi dell’art. 354, il cui svolgimento non postula il rispetto
delle formalità prescritte dall’art. 360. Essa è dotata di piena efficacia
probatoria;
- i rilievi fonometrici, considerati tipici accertamenti “a persona” che non posso
farsi rientrare tra quelli riguardanti cose e o luoghi il cui stato è soggetto a
modificazione, e per i quali l’art. 360 richiede il previo avviso all’indagato;
- i prelievi di polvere da sparo, quantunque prodromici all’effettuazione di
accertamenti tecnici, non vengono tuttavia identificati con questi ultimi, per cui,
“InvestigazioniPrivateeConsulenzeTecnichenelleIndaginiDifensive”
Ing.MarcoLUCIDI
70. Pur essendo obiettivamente “irripetibili”, non richiedono alcuna partecipazione
difensiva.
Le problematiche e l’inevitabile vulnus che ne subisce il diritto di difesa, sono
certamente acuiti dalle moderne metodiche di investigazione scientifica, a
mezzo delle quali la p.g. finisce per compiere sulla scena del crimine vere e
proprie operazioni a carattere valutativo, per le quali si richiede un giudizio che
va ben oltre la cieca e grossolana osservazione o acquisizione delle potenziali
fonti di prova.
Essa, soprattutto nelle vesti della Polizia Scientifica e degli appartenenti ai
Reparti Specializzati di p.g., dispone ormai di competenze e strumenti tali da
non potersi limitare ad eseguire semplici “rilievi”, ma compie accertamenti,
sovente anche complessi, sostanzialmente analoghi a quelli esperibili dal
consulente tecnico del p.m. da cui abbia avuto incarico ex art. 360.
Si va delineando una rappresentazione di:
INVESTIGATORE PRIVATO
sulla SCENA DEL CRIMINE
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71. Art. 233
Consulenza tecnica fuori dai casi di perizia
1. Quando non è stata disposta perizia, ciascuna parte può nominare, in un
numero non superiore a due, propri consulenti tecnici. Questi possono
esporre al giudice il proprio parere, anche prestando memorie a norma
del’art. 121.
1 bis. Il giudice, a richiesta del difensore, può autorizzare il consulente tecnico
di una parte ad esaminare le cose sequestrate nel luogo in cui esse si
trovano, ad intervenire alle ispezioni, ovvero ad esaminare l’oggetto delle
ispezioni alle quali il consulente non è intervenuto. Prima dell’esercizio
dell’azione penale l’autorizzazione è disposta dal pubblico ministero a
richiesta del difensore. Contro il decreto che respinge la richiesta il
difensore può proporre opposizione al giudice, che provvede nelle forme di
cui all’art. 127.
1 ter. L’autorità giudiziaria impartisce le prescrizioni necessarie per la
conservazione dello stato originario delle cose e dei luoghi e per il rispetto
delle persone.
2. Qualora, successivamente alla nomina del consulente tecnico, sia disposta
perizia, ai consulenti tecnici già nominati sono riconosciuti i diritti e le
facoltà previsti. Quando non è stata disposta perizia, ciascuna parte può
nominare, in un numero non superiore a due, propri consulenti tecnici.
Questi possono esporre al giudice il proprio parere, anche presentando
memorie a norma dell’art. 121.
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72. Art. 359
Consulenti tecnici del pubblico ministero
1. Il pubblico ministero, quando procede ad accertamenti, rilievi segnaletici,
descrittivi o fotografici e ad ogni altra operazione tecnica per cui sono
necessarie specifiche competenze, può nominare e avvalersi di consulenti
(233; 73 att.), che non possono rifiutare la loro opera.
2. Il consulente può essere autorizzato dal pubblico ministero ad assistere a
singoli atti di indagine.
Art. 360
Accertamenti tecnici non ripetibili
1. Quando gli accertamenti previsti dall’art. 359 riguardano persone, cose o
luoghi il cui stato è soggetto a modificazione, il pubblico ministero avvisa,
senza ritardo, la persona sottoposta alle indagini, la persona offesa dal
reato e i difensori del giorno, dell’ora e del luogo fissati per il conferimento
dell’incarico e della facoltà di nominare consulenti tecnici.
2. Si applicano le disposizioni dell’art. 364, co. 2.
3. I difensori, nonché i consulenti tecnici eventualmente nominati hanno diritto
di assistere al conferimento dell’incarico, di partecipare agli accertamenti e
di formulare osservazioni e riserve.
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73. Art. 364
Nomina e assistenza del difensore
1. …
2. La persona sottoposta alle indagini priva del difensore è altresì avvisata
che è assistita da un difensore di ufficio, ma che può nominarne uno di
fiducia.
3. …
La scarna disciplina dell’art. 359 viene completata con quella prevista per gli
accertamenti tecnici non ripetibili del p.m. che si pone quale suo ideale
prolungamento nelle ipotesi in cui questi proceda ad accertamenti, rilievi ed a
tutte le operazioni tecniche in cui sono necessarie delle competenze
scientifiche.
La non ripetibilità non costituisce l’unico elemento distintivo tra gli artt. 359 e
360, infatti, mentre nell’ipotesi prevista dalla prima norma, il ricorso ai
consulenti è facoltativo, nella seconda, è obbligatorio. Il che è coessenziale
al fatto che il secondo istituto restringe la sua portata ai soli accertamenti,
escludendo i rilievi segnaletici, descrittivi e fotografici, i quali, non richiedono
alcune attività di elaborazione critica, possono tranquillamente essere compiuti
da persone idonee.
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74. Venendo al problema dei protocolli d’intervento sulla scena del
crimine…molti sono i caratteri che accomunano lo scenario operativo medico e
quello investigativo di carattere tecnico-scientifico:
- l’eterogeneità delle procedure e dei protocolli scientifici adoperabili: anche
per le indagini sulle tracce del reato, il progresso tecnologico e scientifico mette
a disposizione una moltitudine di strumenti e conoscenze al cospetto della
quale l’operatore può trovarsi disorientato;
- la difficoltà e la complessità dello scenario entro cui operare: la condizione
psicologicamente stressante determinata dall’evento criminoso, la velocità di
esecuzione dell’intervento, la presenza di errori cognitivi, legati al difetto di
percezione, di osservazione, di prospettiva, di ragionamento; la scoperta di
nuove situazioni; le condizioni di lavoro sfavorevoli;
- il coinvolgimento di un’équipe operativa composta da personale con
compiti diversi ma complementari, da organizzare e coordinare;
- il controllo ex post del singolo operato;
- il bisogno di ottimizzazione delle risorse umane e strutturali
Rispetto alla prassi medica, in cui si fa più uso delle linee guida, in campo
investigativo si ricorre tradizionalmente a protocolli operativi (meglio SOPs,
ossia Standard Operating Procedures o Templates) e check lists. Questo per
vari motivi:
- la natura modale e strumentale delle operazioni che si eseguono sulle tracce
del reato. Alle volte, soprattutto per i rilievi che richiedono più manualità e meno
conoscenze scientifiche, risultano più adeguate le check lists, per ovviare agli
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75. errori insiti nella memoria e nell’attenzione umana. Soprattutto quando si tratta
di movimenti banali, abituali, si è soggetti a facile dimenticanza allorché si è
incalzati da circostanze pressanti, senza contare la tendenza inconscia a
saltare alcune operazioni anche quando si sa che andrebbero eseguite. Le
check lists proteggono sa siffatte omissioni;
- la mancanza di organismi istituzionali deputati all’elaborazione di linee guida e
la presenza, invece, di molteplici organi delle forze di polizia che si dotano di
protocolli operativi, ritagliandoli sulle proprie esigenze e caratteristiche.
Si assiste ad una sovraproduzione di protocolli provenienti dalle forze di
polizia italiane e di altri Stati stranieri (molto qualificate sono le SOPs fornite
dall’FBI) oppure organizzazioni scientifiche di settore nate nell’FBI e poi estese
a livello internazionale. Ciascuna potrebbe essere applicata dal singolo
operatore. Poi, potendo eseguire sul campo e sulle tracce anche indagini
scientifiche e non solo tecniche, a supportate l’investigatore sovvengono le
innumerevoli linee guida provenienti dalle varie comunità scientifiche di
riferimento.
…questo…rischia di tradursi in un fattore di complicazione…nella prassi in
ambito investigativo.
Non c’è dubbio che, in assenza di regole, è ampio il potere discrezionale del
giudice tanto nell’individuazione della regola cautelare violata quanto della sua
incidenza sulla qualità probatoria del risultato. Ma è altrettanto vero che
l’esistenza di protocolli che sono espressione di un sapere investigativo
cristallizzato in proposizioni accuratamente elaborate da un organismo
accreditato
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76. non può non essere presa in considerazione dal giudice per vagliare la
correttezza della procedura eseguita. Sta al giudice appurare l’autorevolezza
della fonte e della metodologia di formazione dei protocolli. La presenza di
protocolli non esenta il giudice dal valutarne il valore e la qualità. Dovrà
approfondire il contenuto, verificare l’autorità che le ha emanate, il grado di
forza, il coefficiente cautelare.
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77. L’operazione tecnica è un rilievo avente contenuto vario ed indefinito.
Probabilmente, presenta un basso grado di complessità tecnica dal momento
che l’art. 359 la cita all’ultimo posto dell’elenco degli atti del consulente tecnico.
Un’ulteriore annotazione normativa consente di comprendere appieno la scelta
del legislatore di considerare l’apporto tecnico-scientifico della p.g. meno
importante, quanto ai contenuti, di quello del consulente tecnico del p.m..
Il Difensore nei limiti di quanto può fare, svincolato dal dominio conoscitivo del
pubblico ministero, può disporre di ogni mezzo tecnologico: sono consentiti
filmati audiovisivi, registrazioni fonografiche, rilievi tecnici, planimetrici, grafici e
fotografici. Accade a volte che la dotazione tecnico-scientifica di cui dispone la
difesa equipari quella della polizia giudiziaria.
La norma delimita lo spazio operativo del difensore il quale, sulla scena, può
solo ispezionare senza poter in alcun modo alterare il contenuto o la qualità del
luogo, dei beni esistenti o delle tracce. Quindi può effettuare qualsiasi attività di
osservazione, ricerca e memorizzazione dei luoghi, delle prove fisiche e delle
tracce (anche attraverso metodi di rilevazione di tracce latenti come il luminol
test, il combur test, ecc..) o anche di analisi delle stesse (si pensi alla BPA) ma
mai inn attività che possano avere carattere “invasivo” consistenti in atti di
prelievo, campionamento o scomposizione di oggetti o tracce (Bernardi, 2010).
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78. Tutte le problematiche giurisprudenziali in merito alla demarcazione delle
competenze tra la p.g., il p.m. e il c.t. del p.m., mettono in risalto la difficoltà di
capire cosa deve essere svolto da un consulente tecnico, che non rientri già
nelle mansioni della p.g. o direttamente del p.m..
L’art. 359, nell’individuare una tipologia di atti (o meglio, categorie di atti)
connotati dalla comune – quanto vaga – matrice epistemologica della
“necessità di specifiche competenze”, ingenera una serie di malferme
certezze circa gli esatti limiti dei contributi conoscitivi dei consulenti. Infatti, in
dottrina si è detto che i presupposti per la nomina del c.t. del p.m. sono così
flessibili da compendiarsi in un complesso di indeterminate attività, rispetto alle
quali s’intravede una sorta di investigazione “atipica” (Scalfati, 1992).
Non a caso, la giurisprudenza è intervenuta a delimitare l’accesso degli
specialisti del p.m. nelle indagini. Intanto, non è stato ritenuto ammissibile
l’esame del consulente tecnico quando l’attività sulla quale deve essere sentito
non richieda le specifiche competenze tecniche di cui all’art. 359.
Si è anche ritenuto che non è sindacabile dalla Corte di cassazione la
valutazione se il compito affidato al consulente richieda competenze tecniche o
scientifiche diverse da quelle giuridiche proprie dell’inquirente oppure se si tratti
di delega di attività investigative o valutabili tipiche del p.m. e della p.g., come
tale non riconducibile alla nozione di consulenza tecnica.
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79. Si può affermare che rientrano nella categoria di ACCERTAMENTI TECNICI
tutti gli “accertamenti, rilievi segnaletici, descrittivi o fotografici, ad ogni altra
operazione tecnica” svolti da CONSULENTI TECNICI del pubblico ministero,
per indagini che richiedono specifiche competenze, e che, solo quando essi
comportino irreparabile modificazione delle cose, dei luoghi o persone su cui
l’atto deve essere compiuto, soggiacciono alla disciplina garantistica di cui
all’art. 360.
Si va delineando una rappresentazione di:
CONSULENTE TECNICO
(sulla SCENA DEL CRIMINE
accertamenti irripetibili)
in LABORATORIO
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80. Scientific CSI
…purtroppo ancora oggi, queste attività si sono materializzate in un processo di
documentazione degli ambienti coinvolti dal fatto di reato e da una raccolta
degli oggetti (c.d. physical evidence) ivi ritrovati. La scena si trasforma in un
bacino di raccolta degli oggetti da esaminare in laboratorio e l’esame condotto
sul campo altro non era che la lettura statica, fatta sullo stato evidente delle
cose e delle tracce, di un mosaico, frammentato in un nugolo di tessere sparse
e confuse nell’ambiente, la cui composizione veniva demandata agli analisti di
laboratorio e ai loro risultati (Forensic Science Service, 2004).
Va detto con forza che questo modo di indagare la scena del crimine pecca
sotto molti aspetti.
Più il delitto è complesso, più delicato e articolato è il lavoro di selezione di ciò
che è pertinente al fatto. Il rischio è quello di sottovalutare qualche elemento o
di abbandonarlo nella raccolta indiscriminata degli oggetti. Inoltre, questo modo
di procedere presenta il duplice svantaggio di veicolare nel laboratori materiale
ridondante, che appesantisce e allunga i tempi di evasione di un accertamento,
e di ottenere dati informativi fuorvianti per il proseguo delle indagini.
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81. La disciplina degli
Accertamenti Tecnici NON
ripetibili
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82. Art. 360
Accertamenti tecnici non ripetibili
1. Quando gli accertamenti previsti dall’art. 359 riguardano persone, cose
o luoghi il cui stato è soggetto a modificazione, il pubblico ministero
avvisa, senza ritardo, la persona sottoposta alle indagini, la persona
offesa dal reato e i difensori del giorno, dell’ora e del luogo fissati per il
conferimento dell’incarico e della facoltà di nominare consulenti tecnici.
2. Si applicano le disposizioni dell’art. 364, co. 2.
3. I difensori, nonché i consulenti tecnici eventualmente nominati hanno
diritto di assistere al conferimento dell’incarico, di partecipare agli
accertamenti e di formulare osservazioni e riserve.
4. Qualora, prima del conferimento dell’incarico, la persona sottoposta
alle indagini formuli riserva di promuovere incidente probatorio, il
pubblico ministero dispone che non si proceda agli accertamenti salvo
che questi, se differiti, non possano più essere utilmente compiuti.
5. Se il pubblico ministero, malgrado l’espressa riserva formulata dalla
persona sottoposta alle indagini e pur non sussistendo le condizioni
indicate nell’ultima parte del co.4, ha ugualmente disposto di
procedere agli accertamenti, i relativi risultati non possono essere
utilizzati nel dibattimento.
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Ing.MarcoLUCIDI
83. dalla L.1° marzo 2001,
n.63 – formazione e
valutazione della prova
Art.360 c.p.p. nel Processo di Perugia per
l’Omicidio di Meredith Kercher
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Ing.MarcoLUCIDI
84. PROCESSO
G
indagini giudizio
METODOLOGIE
SCIENTIFICHE
CONTRADDITTORIO delle
PARTI (una volta luogo di
formazione della prova)
OGGETTIVITA’
della PROVA
SPESSO
RACCOLTE IN
AUTONOMIA
S.O.P. (Standard Operating
Procedure)
BEST PRACTICES
Metodologie di acquisizione della
prova scientifica secondo dei
protocolli predefiniti
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85. a) falsità alibi imputati – I
b) effrazione finestra orchestrata dagli imputati per depistaggio – I
c) lesioni sulla vittima compatibili con una violenza sessuale sfociata
nell’omicidio – C
d) indagini genetiche sul gancetto del reggiseno della vittima e sul coltello a
casa di Sollecito con DNA dello stesso e della Knox – C
e) tracce biologiche in bagno per pulizia dal sangue della vittima – C
f) Le tracce al Luminol tutte riferibili agli
imputati, indicanti i movimenti post
omicidio per controllare l’eventuale
presenza di testimoni – C o I
Omicidio Meredith Kercher
1° GRADO
OMICIDIO KERCHER
PROVE di
COLPEVOLEZZA
LEGENDA :
I – Investigatore Privato
C – Consulente Tecnico
Assegnazione ipotetica per definire le
eventuali competenze in una Difesa
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