3. I contributi previdenziali per il lavoro dipendente (generalità dei rapporti)
L’importo totale della contribuzione è dato dalla applicazione di varie aliquote, differenziate in
base alla tutela assicurativa al cui finanziamento esse sono destinate.
Tali tutele corrispondono ad altrettanti fondi o gestioni che riguardano, principalmente, le
prestazioni per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti (IVS), l’assicurazione contro la
disoccupazione involontaria (DS), il Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto
(TFR), l’assicurazione contro la tubercolosi (TBC), la Cassa integrazione guadagni (CIG e
CIGS), la Cassa unica per gli assegni familiari (CUAF), la gestione per i trattamenti economici
di malattia e di maternità.
4. Il soggetto assicuratore: l’INAIL
Ente competente è l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL)
che opera sotto la vigilanza del Ministero del Lavoro.
Ai sensi dell’art. 27 T.U. ”la spesa dell’assicurazione è a esclusivo carico del datore di lavoro”.
La contribuzione che deve essere versata all’INAIL è denominata premio ed il relativo
meccanismo di calcolo riflette il rischio della lavorazione o delle lavorazioni esercitate in modo
che, quanto più una lavorazione è ritenuta pericolosa, tanto più alto è il premio da corrispondere
all’Istituto.
Nell’industria il premio è determinato in percentuale delle retribuzioni percepite dai lavoratori in
forza presso l’azienda.
6. Il licenziamento disciplinare
Il licenziamento motivato dall’ inadempimento degli obblighi contrattuali da parte del
lavoratore può anche qualificarsi come disciplinare: si tratta, in questo caso, della più grave
sanzione disciplinare adottabile dal datore di lavoro.
In tal caso, la legittimità del licenziamento è subordinata all’osservanza sia dei requisiti
stabiliti dalla L. 604/1966 (procedura per il licenziamento individuale) sia di quelli dell’art. 7
dello Statuto dei Lavatori (L. 300/197) (adozione di sanzioni disciplinari).
In pratica, la procedura prevista dalla L. 64/1966 è integrata con il regime più garantistico
dell’art. 7 St. La. (co. 1, 2, 3): il datore di lavoro deve preventivamente contestare al
lavoratore l’addebito
dargli il tempo di presentare e sue difese e di essere sentito, eventualmente anche con
l’assistenza di un membro sindacale. Poi potrà intimargli il licenziamento.
7. La regolamentazione del licenziamento
Il recesso del datore di lavoro dal rapporto a tempo indeterminato è regolato dalla L. 604/1966,
dall’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori e dalla L. 108/1990. Questi testi normativi fondamentali
regolamentano in modo completo il fenomeno del licenziamento ponendo dei requisiti sostanziali e
procedurali per la legittimità dello stesso e apprestando un regime di tutela per il lavoratore
illegittimamente licenziato.
E’ bene sottolineare che, per espressa previsione di legge, le garanzie poste da tale complesso di
norme operano a favore unicamente dei lavoratori che siano parte di un contratto di lavoro a tempo
indeterminato (art. 1 L. 604/1966).
I requisiti sostanziali si traducono nell’obbligo di una causa giustificatrice del recesso: in merito
l’art. 1 della L. 15-7-1966, n. 604 dichiara chiaramente che “il licenziamento del prestatore di
lavoro non può avvenire che per giusta causa ai sensi dell’art. 2119 c.c. o per giustificato
motivo”.
9. Le integrazioni salariali
Le integrazioni salariali si suddividono in un intervento ordinario, anche denominato Cassa
Integrazione Guadagni (CIG), e un intervento straordinario, anche denominato Cassa Integrazione
Guadagni Straordinaria (CIGS).
La gestione delle integrazioni salariali è affidata all’INPS, tramite l’apposita Gestione prestazioni
temporanee ai lavoratori dipendenti, in cui confluiscono tre Casse (agricoltura, industria, edilizia),
autonome tra loro, preposte alla gestione dei trattamenti integrativi nei diversi settori.
Il finanziamento dell’assicurazione si basa sia sull’apporto finanziario dello Stato, sia sul contributo
degli imprenditori differenziato a seconda che si tratti di intervento ordinario (CIG) o straordinario
(CIGS) e commisurato all’ammontare complessivo delle retribuzioni pagate ai dipendenti.
In più, a carico delle imprese che si avvalgono degli interventi di integrazione salariale, vi è un
contributo addizionale in misura percentuale dell’importo delle integrazioni stesse.
10. L’intervento ordinario (CIG)
•Applicazione
Sono soggette alle disposizioni relative alle integrazioni salariali (CIG) tutte le aziende
industriali, ivi comprese le cooperative di produzione e lavoro.
Beneficiano dell’integrazione tutti i lavoratori dipendenti con la qualifica di operaio, impiegato
e quadro.
I presupposti consistono nella contrazione o sospensione dell’attività produttiva dipendenti da
situazioni aziendali, siano esse dovute ad eventi transitori e non imputabili all’imprenditore o
agli operai ovvero siano determinate da situazioni temporanee di mercato.
• L’indennità
La CIG assicura ai dipendenti una indennità (l’integrazione salariale) nella misura dell’80%
della retribuzione globale che ad essi sarebbe spettata per le ore di lavoro non prestate,
comprese fra lo zero ore e il limite dell’orario contrattuale, ma comunque non oltre le 40 ore
settimanali.
11. L’intervento straordinario (CIGS)
•Applicazione
La CIGS si applica alle imprese industriali che hanno occupato in media 15 dipendenti nel
semestre antecedente la richiesta.
L’intervento straordinario opera sul presupposto di una sospensione o riduzione di attività causata
da:
•ristrutturazione, riorganizzazione o riconversione aziendale;
•crisi aziendale di particolare rilevanza sociale in relazione alla situazione occupazionale locale ed
alla situazione produttiva del settore;
•procedure concorsuali, comprese le ipotesi di concordato preventivo e di ristrutturazione del
debito (nota Min. Lav. 17-3-2009, n. 4314).
Presupposto necessario per l’erogazione del trattamento è la presentazione di un programma
mirato al rilancio dell’attività ed alla salvaguardia, anche parziale, dei livelli occupazionali.
Possono usufruire del trattamento di integrazione tutti i dipendenti in possesso si anzianità di
servizio di almeno 90 giorni alla data della richiesta.
•L’indennità
Il trattamento di CIGS consiste in una indennità pari all’80% della retribuzione globale che sarebbe
spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate fino ad un massimo di 40 ore.
12. L’indennità di mobilità
Di regola i lavoratori iscritti nelle liste di mobilità hanno diritto a fruire dell’indennità di mobilità
che, tuttavia, è subordinata a ben determinati requisiti soggettivi ed oggettivi e cioè:
•i lavoratori devono essere stati collocati in mobilità a seguito di licenziamenti collettivi e devono
possedere un’anzianità aziendale di almeno 12 mesi, di cui 6 di lavoro effettivamente prestato, con
un rapporto a carattere continuativo e comunque non a termine;
•i lavoratori devono essere stati collocati in mobilità da parte di imprese rientranti nell’ambito
applicativo della CIGS (art. 16, co. 1 L. 223/91) ovvero appartenenti a determinati settori
produttivi ed aventi specifiche dimensioni occupazionali.
L’indennità è corrisposta, pertanto, previa iscrizione nelle liste di mobilità, ai lavoratori
subordinati con qualifica di operaio, impiegato e quadro, assunti a tempo indeterminato, per i quali
venga a cessare il rapporto di lavoro nell’ambito di un licenziamento collettivo o dopo un periodo
di CIGS .
14. Lo Statuto dei Lavoratori
La fonte normativa più importante dopo la Costituzione, in materia di libertà ed attività sindacale, è
ancora oggi la L. 20-5-1970, n. 300, nota come Statuto dei Lavoratori, che, recependo i principi
costituzionali, è diretta a garantire l’esercizio della libertà sindacale onde renderlo effettivo e
determinante all’interno delle unità produttive, predisponendo, al riguardo, anche un pregnante
apparato sanzionatorio.
Alla libertà sindacale in senso stretto è dedicato il titolo II dello Statuto.
In particolare:
•l’art. 14 prevede il diritto a svolgere liberamente attività e propaganda sindacale nei luoghi di
lavoro;
•l’art. 15 vieta patti ed atti discriminatori in relazione all’attività sindacale dei prestatori e contro la
propria personalità e dignità;
•l’art. 16 vieta, per le medesime ragioni sottese all’art. 15, i trattamenti economici discriminatori;
datori;
•l’art. 17 vieta espressamente la costituzione ed il sostegno da parte dei datori ( e le loro
organizzazioni sindacali) di sindacati e “comodo” ossia controllati, anche occultamente, dai datori;
Il titolo III (artt. 19-27) concerne l’attività sindacale (cd. diritti statutari collettivi).
15. In particolare:
•l’art. 19 prevede la possibilità di costituire rappresentanze sindacali aziendali (cd. RSA) per i
sindacati firmatari dei contratti collettivi di categoria applicati all’unità produttiva;
•gli artt. 20 e 21 prevedono e disciplinano, rispettivamente, il diritto di assemblea e di referendum
dei lavoratori nell’ambito dell’azienda;
•l’art. 22 subordina il trasferimento dei dirigenti delle RSA al previo “nulla osta ” delle associazioni
sindacali di appartenenza;
•gli artt. 23 e 24 disciplinano il diritto dei dirigenti delle RSA a godere di permessi, rispettivamente,
retribuiti e non retribuiti, per svolgere l’attività sindacale, anche al di fuori della azienda;
•l’art. 25 prevede il diritto di affissione di comunicati di “interesse sindacale e del lavoro”;
•l’art. 26 regola i contributi sindacali riconoscendo al lavoratore il diritto di raccogliere fondi e di
fare proselitismo per le loro organizzazioni sindacali all’interno dei luoghi di lavoro;
•l’art. 27 impone ai datori con più di 200 dipendenti, di assicurare la disponibilità di idonei locali
per svolgere attività sindacale;
•l’art. 28 prevede in via ordinaria una particolare forma di tutela della libertà sindacale che va sotto
il nome di repressione della condotta antisindacale.
16. La rappresentanza dei lavoratori a livello aziendale (RSA e RSU)
•La rappresentanza dei lavoratori in azienda
Una prima espressione della struttura rappresentativa aziendale fu costituita dalle Commissioni
Interne (1919), in seguito sostituite da altre strutture rappresentative unitarie (consigli di fabbrica,
delegati, etc.) (1969).
Ai sensi dell’art. 19 St. Lav. la rappresentanza sindacale aziendale si può definire come “qualunque
tipo di organizzazione attraverso cui il sindacato è presente nell’azienda, purché derivi dall’iniziativa
dei lavoratori ed abbia qualificazione sindacale, cioè sia riferibile alla struttura sindacale”.
Precisamente l’art. 19, nel testo modificato a seguito di referendum popolare (ex D.P.R. 28-7-1995,
n. 312) risulta oggi così formulato: “rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad
iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva nell’ambito delle associazioni sindacali che siano
firmatarie di contratti collettivi di lavoro applicati nell’unità produttiva. Nell’ambito delle aziende
con più unità produttive le rappresentanze sindacali possono istituire organi di coordinamento”. Ne
consegue che i requisiti per la costituzione delle RSA e, quindi, per fruire della relativa normativa di
sostegno sono la necessità di una struttura associativa e la sottoscrizione di un contratto collettivo
nazionale o provinciale (purché applicato nell’unità produttiva) oppure anche soltanto aziendale.
17. •Le rappresentanze sindacali unitarie (RSU)
Il Protocollo d’intesa siglato dalle parti sociali , CGIL, CISL e UIL, e dal governo il 23-7-
1993 riconosce le rappresentanze sindacali unitarie (RSU) come rappresentanze sindacali
sulla base
dell’accordo tra le suddette confederazioni (1-3-1991), stabilendo, altresì, che i contratti
nazionali di lavoro deleghino a tali organismi la titolarità della contrattazione di secondo
livello (cioè quella aziendale o territoriale).
Il successivo Accordo interconfederale del 20-12-1993 ha disciplinato la costituzione, i
compiti ed il funzionamento delle RSU, dando in tal modo attuazione ai principi
dell’accordo del luglio 1993.
Le RSU, che si sono diffusamente sostituite alle RSA, possono essere costituite ad
iniziativa:
•delle associazioni sindacali firmatarie del Protocollo del luglio 1993 (CGIL, CISL, UIL);
•di quelle firmatarie del contratto collettivo nazionale di lavoro applicato nell’unità
produttiva;
•degli altri sindacati abilitati alla presentazione delle liste.
18. Le RSU hanno durata triennale, al termine della quale decadono automaticamente, sicché, almeno
tre mesi prima della scadenza, le associazioni sindacali devono indire le elezioni mediante
comunicazione da affiggere nell’apposito albo messo a disposizione dell’azienda.
Hanno diritto di votare tutti i lavoratori (operai, impiegati e quadri non in prova) addetti all’unità
produttiva (elettorato attivo), così come gli stessi possono essere eletti, purché la loro candidatura
risulti dalla lista elettorale (elettorato passivo).
Il termine per la presentazione delle liste è di 15 giorni dalla data di pubblicazione dell’annuncio
delle elezioni. Le elezioni sono valide se alle stesse abbia preso parte più della metà dei lavoratori
aventi diritto al voto (salvo la facoltà di considerare le elezioni comunque valide anche se detto
quorum non sia stato raggiunto “in relazione alla situazione venutasi a determinare”).
19. Si può affermare, anche alla luce di numerose pronunce sull’argomento da parte della Corte
Costituzionale, che lo sciopero, inteso come totale astensione dal lavoro, si legittima pienamente
tutte le volte che sia finalizzato alla tutela degli interessi economici dei lavoratori che non vanno
riferiti alle sole rivendicazioni contributive, ma (secondo quanto ha precisato la stessa Corte con
sentenza n. 1 del 14-1-1974) coinvolgono e ricomprendono quel vario complesso di beni
riconosciuti e tutelati nella disciplina costituzionale dei rapporti economici (artt. 35-47 Cost.).
L’autotutela sindacale: lo sciopero
Lo sciopero, tipico metodo di lotta sindacale, può considerarsi la principale forma di autotutela dei
lavoratori. Esso si configura come una astensione totale e concertata dal lavoro da parte di più
lavoratori subordinati per la tutela dei loro interessi collettivi.
Lo sciopero oggi è un vero e proprio diritto soggettivo fondamentale ed irrinunciabile concesso al
solo prestatore di lavoro (la Costituzione non prevede, infatti, alcun analogo riconoscimento per i
datori di lavoro).
20. Effetti dello sciopero sul rapporto di lavoro
L’effettuazione di uno sciopero, stante la garanzia costituzionale, costituisce un fatto
giuridicamente lecito. L’assenza da lavoro dovuta alla partecipazione ad uno sciopero non
costituisce, una ipotesi di inadempimento contrattuale e non può dar luogo ad alcuna responsabilità
disciplinare. Unico effetto dell’esercizio del diritto di sciopero è la sospensione bilaterale delle due
prestazioni fondamentali del rapporto di lavoro e cioè della prestazione del lavoro da parte dei
dipendenti e della corresponsione della retribuzione da parte dei datori di lavoro.
21. La legislazione nazionale in materia di informazione e consultazione si è prodotta su impulso
dell’ordinamento comunitario, che è intervenuto prevedendo anche istituti appropriati a garantire il
diritto di informazione e consultazione per i lavoratori delle imprese di dimensioni comunitarie e
delle Società Europee. Il D.Lgs. 25/2007 prevede che in tutte le imprese pubbliche e private situate
in Italia, che impiegano almeno 50 dipendenti, i datori di lavoro sono tenuti a d informare i
rappresentanti sindacali delle notizie aventi ad oggetto:
•l’andamento recente e quello prevedibile dell’attività dell’impresa, nonché la situazione
economica;
•la situazione, la struttura e l’andamento prevedibile dell’occupazione nella impresa, nonché, in
caso di rischio per i livelli occupazionali, le relative misure di contrasto;
Il diritto di informazione e consultazione delle rappresentanze sindacali dei lavoratori
La disciplina del diritto di informazione e consultazione è contenuta nel D.Lgs. 6-2-2007, n. 25
che ha istituito un quadro generale in tale materia in attuazione delle direttiva 2002/14/CE.
22. •le decisioni dell’impresa che siano suscettibili di comportare rilevanti cambiamenti
dell’organizzazione del lavoro e dei contratti di lavoro.
•Si deve intendere per informazione ogni trasmissione di dati da parte del datore di lavoro
ai rappresentanti dei lavoratori, finalizzata alla conoscenza ed all’esame di questioni
attinenti all’attività d’impresa; mentre la consultazione comprende ogni forma di
confronto, scambio di opinioni e dialogo tra rappresentanti dei lavoratori e datore di lavoro
su questioni attinenti all’attività d’impresa (art. 2 D.Lgs. 25/2007). L’effetto pratico del
D.Lgs. 25/2007 è quello di estendere i diritti di informazione e consultazione
all’andamento dell’impresa in generale senza che sia necessario un rischio specifico per la
stabilità dei posti di lavoro. Il diritto di informazione e consultazione trova però un limite
nelle notizie a contenuto riservato.
23. I rappresentanti dei lavoratori, infatti, nonché gli esperti che eventualmente li assistono, non sono
autorizzati a rilevare né ai lavoratori né a terzi, informazioni che siano state loro espressamente
fornite in via riservata e qualificate come tali dal datore di lavoro o dai suoi rappresentanti, nel
legittimo interesse dell’impresa. Tale obbligo di riservatezza, fermo restando la disciplina in
materia di privacy contenuta nel D.Lgs. 196/2003, permane per un periodo di 3 anni successivo
alla scadenza del termine previsto dal mandato. I contratto collettivi possono tuttavia autorizzare i
rappresentanti sindacali e eventuali loro consulenti a trasmettere informazioni riservate ai
lavoratori
o a terzi vincolati da un obbligo di riservatezza, previa individuazione delle relative modalità di
esercizio. Il datore di lavoro, inoltre, non è obbligato a procedere a consultazioni o a comunicare
informazioni che, per comprovate esigenze tecniche, organizzative e produttive siano di natura
tale da creare notevoli difficoltà di funzionamento dell’impresa o da arrecarle danno.
24. Dott.ssa Maria Cristina CIRCHETTA
(Consulente del Lavoro)
____________________________________
Iscritta all’Ordine dei Consulenti del Lavoro della Provincia di Lecce
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