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RELAZIONE FINALE
2013-2014
Institute of Composite and
Biomedical Materials (IMCB);
National Research Council of
Italy (CNR)
MARIO CIFELLI
- 2 -
MEMBRANE ELETTROFILATE DI POLYDIOXANONE E SUE BLENDS................................................... - 3 -
INTRODUZIONE .......................................................................................................................................................... - 3 -
PARTE SPERIMENTALE......................................................................................................................................... - 4 -
Polydioxanone........................................................................................................................................................- 4 -
Polydioxanone/Gelatina.......................................................................................................................................- 10 -
Polydioxanone/Polycaprolattone/Gelatina..........................................................................................................- 15 -
MEMBRANE ELETTROFILATE DI CHITOSANO E SUE BLENDS............................................................ - 19 -
INTRODUZIONE ........................................................................................................................................................ - 19 -
PARTE SPERIMENTALE....................................................................................................................................... - 20 -
Chitosano .............................................................................................................................................................- 20 -
Chitosano (CS)/ Polyethylene Oxide (PEO) ........................................................................................................- 24 -
ACETATO DI CELLULOSA............................................................................................................................. - 27 -
INTRODUZIONE ........................................................................................................................................................ - 27 -
PARTE SPERIMENTALE............................................................................................................................................... - 27 -
TRACHEA .......................................................................................................................................................... - 30 -
INTRODUZIONE ........................................................................................................................................................ - 30 -
PARTE SPERIMENTALE.............................................................................................................................................. - 32 -
INSERTI COMPOSITI ...................................................................................................................................... - 37 -
PARTE SPERIMENTALE ...................................................................................................................................... - 37 -
TUBI ALGINATO .................................................................................................................................................... - 42 -
PARTE SPERIMENTALE ...................................................................................................................................... - 42 -
O Portata controllata (Utilizzo della Pompa)..................................................................................................- 45 -
TUBO DI ALGINATO COMPOSITO ............................................................................................................... - 46 -
BIBLIOGRAFIA....................................................................................................................................................... - 48 -
ALLEGATI .............................................................................................................................................................. - 50 -
- 3 -
MEMBRANE ELETTROFILATE DI POLYDIOXANONE E SUE BLENDS
Lo studio si è posto l’obiettivo di realizzare tre tipologie di membrane elettrofilate a base di
polydioxanone (PDS): Polydioxanone, Polydioxanone con Gelatina tipo B ed Polydioxanone con
Gelatina tipo B e Polycaprolattone. Le membrane sono ottenute mediante la tecnica
dell’electrospinning e sono destinate sia allo studio dei disturbi muscolari scheletrici, come sono ad
esempio le distrofie muscolari, sia ad essere utilizzate nell’industria farmaceutica come device per il
rilascio controllato di farmaci.
INTRODUZIONE
Il polydioxanone (PDS) è un poliestere alifatico biodegradabile, la cui unità ripetitiva presenta la
copresenza sia di un legame etere che di un legame estere, approvato dalla “Food and Drug
Administration” (FDA) come materiale per suture riassorbibili già da molti anni [1] [2] [3]. La
coesistenza del legame estere ed etere lungo la catena polimerica conferisce non solo buona
degradabilità ma anche elevata flessibilità e buona resistenza a rottura [4]. Presenta una frazione
cristallina del 55 % e temperatura di transizione vetrosa tra i -10 °C e i 0 °C [5]. Il periodo di
adsorbimento del PDS nel corpo umano è di circa 6 mesi, simile al PGA ma molto più veloce del
PDLLA e PLLA [4] . Inoltre, diversamente dalla natura fragile del PLA e PGA, il PDS è molto
resistente, con un massimo allungamento a rottura di circa il 600% [6] ed è un materiale a memoria
di forma.
Il polidioxanone si realizza a partire dal p-dioxanone (monomero) mediante apertura del suo anello
per formare il polidioxanone (polimero) come mostrato in fig. 1 [7]. Tale reazione affinché avvenga
bisogna fornire calore in aggiunta ad un catalizzatore organometallico (es. zirconium acetylacetone,
diethylzinc, or zinc L-lactate (ZnLac2)) che ne favorisca l’apertura. Tuttavia le basse temperature
evitano la depolimerizzazione del polydioxanone [8].
Figura 1 Polymerization of p-dioanone to polydioxanone
- 4 -
Il PDS, recentemente, per le sue proprietà chimico-fisiche sta avendo un notevole interesse sia
nell’ingegneria dei tessuti come materiale per la realizzazione di scaffold [9] che nell’industria
farmaceutica [10]. Studi recenti hanno dimostrato che gli scaffods di PDS, ottenuti con la tecnica
dell’electrospinning, potrebbero trovare largo impiego nella rigenerazione di vari tessuti (es. tratto
urinario [11], vasi sanguigni [12], ecc..). Già il suo impiego come materiale da sutura ha dimostrato
ampiamente la sua biocompatibilità e una lieve risposta immunitaria. Inoltre, in suo meccanismo di
degradazione (idrolisi [13]) favorisce un’infiltrazione delle cellule all’interno di scaffols 3D con
conseguente sua rimodulazione favorendo così la rigenerazione di “tessuti spessi”.
PARTE SPERIMENTALE
Polydioxanone
In accordo con quanto riscontrato in letteratura [7] , è stato deciso di adottare una concentrazione di
Polydioxanone (RESOMER® X 206 S) del 10% ( p / v), utilizzando come solvente il 1,1,1,3,3,3-
hexafluoro-2-propanol (HFP).
Il polimero (Fig. 1) solubilizza dopo 24 ore tenuto sotto agitazione costante per effetto della
rotazione di un’ancoretta magnetica.
La soluzione è stata processata mediante NANON-01A (MECC Co. Ltd. Japan) a configurazione
verticale, utilizzando una siringa da 5 mL con ago da 18 gauge.
Si è osservato che al di sotto di 13 kV, il campo elettrico non era sufficientemente elevato alla
formazione del cono di taylor e solo superando tale valore si è osservato la formazione del getto o
sarebbe meglio parlare di multi-getto. Il diametro dell’ago unito all’elevata elasticità della soluzione
provocano tale fenomeno che comunque non altera l’uniformità della deposizione almeno per tempi
lunghi di deposizione.
La tensione applicata ottimale è stata riscontrata ad un valore di 18 kV per una distanza di 10/12 cm
e 15 kV per una distanza da 10/ 12 cm.
Si mostra di seguito l’effetto della tensione sulla morfologia delle fibre (figura 2).
- 5 -
Come portate invece si è deciso di operare nel seguente range: 0,1 ml / h ÷ 1,2 ml / h.
La portata ottimale è risultata essere intorno ai 0.3 e 0.5 mL/h.
Nella tabella n. 1 si riportano i parametri indagati e nella tabella n. 2 i parametri ottimali trovati.
La scelta dei valori ottimali è stata adottata considerando: uniformità della deposizione, diametro
delle fibre e sua polidispersità, stabilità del getto/i e assenza beats.
Nella figura n. 3 si mostrano le immagini SEM dei soli campioni dei parametri ottimali (vedi tabella
n. 2) con l’immagine della deposizione al fine di mostrare l’omogeneità e la stabilità del getto.
Table 1 Parametri investigati
Applied voltage (kV) 13 15 18
Distance nozzle to collector (cm) 8 10 12 15
Solution flow rate (mL h–1) 0.1 0.3 0.5 0.8 1 1.2
Linear Velocity (mm/sec) 0 1 100 300
Table 2 Parametri ottimali
Sample 1 Sample 2 Sample 3 Sample 4
Applied voltage (kV) 15 18 15 15
Distance nozzle to collector (cm) 10 12 10 12
Solution flow rate (mL h–1) 0.3 0.3 0.5 0.5
Translational speed (mm/ses) 0 0 0 0
Figura 2 Effetto della tensione sul diametro medio delle fibre e loro omogeneità (bar 40 µm): A)Portata 0.3
mL/h, Tensione 13 kV, Gap 10 cm; B) Portata 0.3 mL/h, Tensione 15 kV, Gap 10 cm; C) Portata 0.3 mL/h,
Tensione 18 kV, Gap 10 cm
A CB
- 6 -
Seguono l’analisi del diametro delle fibre e loro polidispersità (figura 3).
Figura 3 Area di deposizione (circa 20 minuti) con rispettiva analisi Sem (bar 20 µm): A)Sample 1 ; A1) Rispettiva
analisi SEM; B)Sample 2; B2) Rispettiva analisi SEM; C)Sample 3; C1) Rispettiva analisi SEM; D) Sample 4; D1)
Rispettiva analisi SEM
A B C D
A1 B1 C1 D1
Figura 4 A)Sample 1 B)Sample 2; C)Sample 3; D) Sample 4
- 7 -
Dagli istogrammi (figura n. 4) si può notare come l’effetto della portata non influisca
significativamente sul diametro delle fibre. Questo è dovuto alla formazione di multigetto durante il
processo di deposizione. Quest’ultimo è maggiormente presente nei campioni a portata 0.5 mL/h e
meno significativo in quelli da 0.3 mL/h di fatto annullando l’effetto della portata sul dimetro medio
delle fibre.
Nella tabella n . 3 viene riportato il valore medio e la deviazione standard dei quattro campioni.
Si è cercato di eliminare il fenomeno del multigetto al fine di controllare il più possibile sia l’area di
deposizione che lo spessore medio del campione prodotto. Si è quindi proceduto utilizzando un ago
avente un diametro inferiore, 22 gauge, ma se da un lato si è eliminato tale effetto dall’altro
l’elevata velocità del getto, anche portando la portata a 0.1 mL/h (estremo inferiore dello
strumento), non consente un’adeguata evaporazione del solvente con conseguente riduzione dello
stiramento delle fibre prodotto (figura 4). Visto che comunque il fenomeno non influenza
significativamente la realizzazione dei campioni, si è deciso di utilizzare il solo ago da 18 gauge.
Table 3 Fiber diameters
(Average value ± standard deviation) (µm)
Sample 1 0,363 ± 0,009
Sample 2 0,26 ± 0,08
Sample 3 0,30 ± 0,05
Sample 4 0,24 ± 0,05
Figura 4 Analisi SEM (destra): Portata 0.1 mL/h, Tensione 18 kV, Gap 15; Foto area depositata (Sinistra)
- 8 -
Vista la ridotta area di deposizione dei campioni su analizzati si è deciso di analizzare l’influenza
della velocità traslazionale sulla morfologia delle fibre al fine di ottenere aree di deposizione
maggiori.
La velocità traslazionale influisce significativamente sia sulla stabilità del cono di taylor
(accellerazioni e decellerazioni) che sulla velocità di evaporazione del solvente.
Basse velocità traslazionali non presentano significativi effetti sulla morfologia delle fibre, ma con
l'aumentare della velocità aumenta la polidispersità del diametro medio e i campioni ottenuti
presentano elevata disomogeneità.
Nella figura n. 5 viene mostrato l’effetto della velocità sulla morfologia delle fibre.
Segue la scelta adottata per la realizzazione dei campioni per le prove biologiche (figura 6, 7 e 8).
A B C
Figura 5 Bar 10 µm, Portata 0.8 mL/h, Gap 15 cm, tensione 15 kV: A) 0 mm/s B)100 mm/s; C)300 mm/s;
Q= 0.3 ∆V= 18 GAP= 12
V= 1 mm/sec
Figura 6 Campione ottimizzato per le prove biologiche (Bar 40 µm)
- 9 -
Figura 7 Campione realizzato per le prove biologiche (Bassi tempi di deposizione): Portata 0.3 mL/h, Tensione 18
kV, Gap 12 cm, Velocita 1 mm/s, estensione 150 mm, tempo 4 h
Figura 8 Campione realizzato per le prove biologiche (Alti tempi di deposizione): Portata 0.3 mL/h, Tensione 18 kV,
Gap 12 cm, Velocita 1 mm/s, estensione 150 mm, tempo 10 h
- 10 -
Polydioxanone/Gelatina
Ottimizzato il processo per le sole membrane elettrofilate di polydioxanone si è deciso di realizzare
una blend di PDS (RESOMER® X 206 S) e Gelatina (type B, Mn 50,000, 225 bloom from bovine
skin) in rapporto 1:1 in peso in concentrazione del 10 % (p/v), utilizzando come solvente il
1,1,1,3,3,3-hexafluoro-2-propanol (HFP).
La gelatina, oltre ad avere effetti sull’interazione materiale – cellule (come “bioattivante”) e
ponendosi come un ottimo carrier per veicolare farmaci e fattori, ha l’effetto di stabilizzare il getto
rendendo il processo più stabile ed più agevole.
Infatti, la gelatina interagisce con la molecola del polydioxanone (figura n. 9), rendendo la sua
struttura più rigida e “stirata”, facendo si che la soluzione sia più adatta ad essere processata
eliminando il fenomeno del multigetto.
La soluzione è stata processata mediante NANON-01A (MECC Co. Ltd. Japan) a configurazione
verticale, utilizzando una siringa da 5 mL con ago da 18 gauge.
NH2
NH2
COOH COOH
Figura 9 Interazione gelatina – polydioxanone: Il gruppo amminico presente nella gelatina si lega debolmente al
gruppo estere presente nella catena del polydioxanone.
- 11 -
Anche in questo caso la strategia adottata è stata quella prima di trovare i parametri ottimali
all’ottenimento delle fibre, poi si è analizzato l’effetto della velocità di traslazione sulla morfologia
delle fibre ed in fine si è deciso sulla base dei dati ottenuti quali parametri adottare per la
realizzazione dei campioni.
Nella tabella n.4 si riportano i parametri ottimali trovati.
Seguono le immagini SEM dei due campioni su indicati (Figura 10).
Table 4 Parametri ottimali
Sample 1 Sample 2
Applied voltage (kV) 15 13
Distance nozzle to collector (cm) 15 15
Solution flow rate (mL h–1) 1.2 1.2
Translational speed (mm/ses) 0 0
Figura 10 Area di deposizione (5 minuti) con rispettiva analisi Sem (bar 20 µm): A)Sample 2 ; A1) Rispettiva analisi
SEM; B)Sample 1; B2) Rispettiva analisi SEM;
A B
A1 B1
- 12 -
Analisi della morfologia delle fibre (figura n. 11) e loro diametri e deviazione standard (tabella n.
5).
Come nel caso del solo PDS anche nel caso bland PDS/Gelatina la morfologia delle fibre non
risente delle basse velocità di traslazione (figura n. 12), mentre alte velocità incrementano la
polidispersità del diametro medio delle fibre (figura 13).
Effetto della portata sul diametro delle fibre (figura. 10).
Table 5 Fiber diameters
(Average value ± standard deviation) (µm)
Sample 1 1,026 ± 0,120
Sample 2 0,98 ± 0,097
Figura 11 Analisi della dimensione media delle fibre e loro polidispersità dei due campioni ottenuti adottando i
parametri ottimali: Campione a) parametri sample 1; campione b) parametri sample 2
Figura 12 Bar 20 µm, Portata 0.8 mL/h, Gap 15 cm, tensione 10 kV: A) 200 mm/s B)150 mm/s; C)10 mm/s;
A B C
- 13 -
La portata non ha significativi effetti sul diametro medio delle fibre questo a denotare l’elevata
stabilità della soluzione.
Segue la scelta adottata per la realizzazione dei campioni (figura 14, 15 e 16).
0
0,5
1
1,5
2
2,5
Diameterfibers(µm)
Flow rate (mL/h)
0,6
0,8
1
1,2
Q= 1.2 ∆V= 15 GAP= 15
V= 1 mm/sec
Figura 14 Campione ottimizzato (Bar 40 µm)
Figura 13 Effetto della portata sul diametro medio delle fibre. Tensione 10 kV, Gap 15 cm
- 14 -
Figura 15 Campione realizzato per le prove (Bassi tempi di deposizione): Portata 1.2 mL/h, Tensione 15 kV,
Gap 15 cm, Velocita 1 mm/s, estensione 150 mm, tempo 2 h
Figura 16 Campione realizzato per le prove (Alti tempi di deposizione): Portata 1.2 mL/h, Tensione 15 kV,
Gap 15 cm, Velocita 1 mm/s, estensione 150 mm, tempo 4 h (5 mL)
- 15 -
Figura 17 Le due soluzioni di PDS e
PCL sono state preparate
separatamente per poi essere unite e
lasciate in agitazione per effetto di
un’ancoretta magnetica.
Figura 18 Blend PCL/PDS. A destra l’immagine delle fibre depositate: L’area di deposizione
risulta essere molto estesa e regolare. A sinistra analisi SEM delle fibre: Elevata disomogeneità
delle fibre e presenza di beats. Parametri: Portata 1.2 mL/h Tensione 15 kV Gap 15 cm.
Polydioxanone/Polycaprolattone/Gelatina
Infine, si è deciso di combinare insieme il polydioxanone,
il polycaprolattone e la gelatina. Da una prima ricerca
bibliografica si è riscontato che i due poliesteri sono poco
miscibili tra loro a causa della loro diversa cristallinità. Per
comprendere il sistema si è comunque proceduto ad una
prima prova processando una soluzione al 10 % (p/v) di
PDS/PCL (Mn 45.000 Da) in rapporto 1:1 in peso,
utilizzando come solvente 1,1,1,3,3,3-hexafluoruro-2-
propanol (HFP). La soluzione solubilizza dopo 48 h sotto
agitazione (fig. 17) e processata mediante NANON-
01A (MECC Co. Ltd. Japan) a configurazione verticale,
utilizzando una siringa da 1 mL con ago da 18 gauge.
Le fibre ottenute presentano una forte presenza di beats a dimostrare la poca miscibilità tra i due
polimeri (fig. 18)
.
A tale sistema è stata aggiunta la gelatina (type B, Mn 50,000, 225 bloom from bovine skin) per
ottenere una concentrazione totale del 10 % (p/v) in HFP con il seguente rapporto tra le specie
- 16 -
Figura 19 Soluzione di
PDS/PCL/Gelatina
dopo 5 giorni di
agitazione.
Figura 20 Blend PCL/PDS/Gelatina. In alto a destra immagine del campione ottenuto utilizzando i seguenti
parametri: Portata 1.2 mL/h Tensione 15 kV Gap 15 cm. In alto a sinistra rispettiva immagine SEM (bar 40
µm). In basso a destra immagine del campione ottenuto utilizzando i seguenti parametri: Portata 1.0 mL/h
Tensione 15 kV Gap 15 cm. In basso a sinistra rispettiva immagine SEM (bar 40 µm)
(Peso): 0.25 PCL : 0.25 PDS: 0.50 Gelatina. La soluzione è stata
processata dopo 5 giorni tenuta sotto costante agitazione di
un’ancoretta magnetica (Fig. 19) mediante NANON-01A (MECC Co.
Ltd. Japan) a configurazione verticale, utilizzando una siringa da 5 mL
con ago da 18 gauge.
In questo caso la strategia adottata è stata quella prima di trovare i
parametri ottimali all’ottenimento delle fibre, poi si è si è deciso sulla
base dei dati ottenuti quali parametri adottare per la realizzazione dei
campioni estesi.
Nella tabella n.6 si riportano i parametri ottimali trovati.
Si riportano di seguito le immagini SEM e l’area di deposizione dei due campioni riportati in tabella
n. 6 (fig. 20).
Table 6 Parametri ottimali
Sample 1 Sample 2
Applied voltage (kV) 15 15
Distance nozzle to collector (cm) 15 15
Solution flow rate (mL h–1) 1.0 1.2
Translational speed (mm/ses) 0 0
- 17 -
Figura 21 Analisi dimensionale delle fibre associate al campione “simple 1” (portata 1.0 mL/h
tensione 15 kV gap 15 cm). Come campione statistico è stato preso in considerazione un numero di
fibre pari a 20/30.
Figura 22 Campione “simple 1”: Diametro medio e deviazione standard associata
Come possiamo osservare dalla fig. 20 le aree di deposizione delle fibre sono molto regolari ed
estese, a denotare l’elevata stabilità del processo. Come già riscontrato per le membrane
elettrofilate di PDS e Gelatina, la gelatina ricopre un ruolo cruciale nella stabilizzazione del
processo. Le immagini SEM confermano l’elevata omogeneità delle fibre ottenute. L’analisi
dimensionale delle fibre è stata condotta, come nei casi precedenti, con l’ausilio del software
Image-Pro plus 6.0. Dal diagramma a frequenza (fig. 21) si mette in evidenza l’elevata omogeneità
delle fibre riscontrando un diametro medio di 1,021 micron (fig. 22) paragonabile a quello delle
fibre di PDS e gelatina. Questo dato mette in evidenza come la rigidità molecolare e la “facilità di
stiro” delle catene polimeriche influisca sulla dimensione delle fibre.
[Frequenza]
[µm]
- 18 -
É interessante capire dove la gelatina si collochi all’interno della fibra. in particolar modo se si
formi una doppia interfaccia: una associata al PDS e l’altra associata al PCL. Vista l’elevata stabilità
del processo si è passati direttamente alla realizzazione dei campioni estesi ad alti tempi di
deposizione, saltando la realizzazione dei campioni a bassi tempi di deposizione.
Si è deciso di realizzare il campione utilizzando i parametri “simple 1”.
Figura 23 Campione realizzato per le prove (Alti tempi di deposizione): Portata 1.0 mL/h, Tensione 15 kV,
Gap 15 cm, Velocita 1 mm/s, estensione 150 mm, tempo 5 h (5 ml). A sinistra viene mostrata l’area di
deposizione; A destra l’analisi SEM del campione realizzato.
- 19 -
MEMBRANE ELETTROFILATE DI CHITOSANO E SUE BLENDS
Lo studio si è posto l’obiettivo di realizzare due tipologie di membrane elettrofilate a base di
chitosano (CS): chitosano, chitosano con Peo , ottenute mediante la tecnica dell’electrospinning,
destinate allo studio del rilascio di farmaci (drug delivery), allo studio dei problemi connessi alla
rigenerazione del tessuto osseo (scaffolds) e, infine, alla realizzazione di membrane antibatteriche
INTRODUZIONE
Il chitosano è un polisaccaride lineare composto da D-glucosamina e N-acetil-D-glucosamina,
legate tramite legami β(1-4) (fig. 24) [14].
Fra i vari biomateriali, il Chitosano (CS) è oggi oggetto di numerosi studi per potenziali
applicazioni in ambito ortopedico e nella realizzazione di device per applicazioni di “Drug
Delivery” [15] [16].
Sulla base della fonte di CS e dalla modalità di preparazione, il suo peso molecolare può variare dai
300 ad oltre 1000 kDa, e da gradi di deacetilazione (percentuale di gruppi amminici primari
presenti nel glucosoamminoglicano dopo il processo di N- deacetilazione della chitina) dal
30% al 95% [14]. Dal grado di deacetilazione dipendono proprietà quali: la reattività, la solubilità
in ambiente acido, e la capacità di chelazione nei confronti degli ioni metallici aumentano in
presenza di un elevato grado di deacetilazione (Wang et al, 2004). Da esso dipende anche la
viscosità della soluzione, in quanto ne determina la conformazione: un elevato grado di
deacetilazione, in cui le molecole sono estremamente cariche, conferisce al polimero una
conformazione allungata e quindi molto flessibile, con conseguente incremento della
viscosità; un minore grado di deacetilazione, determina una diminuzione della viscosità,
poiché le molecole, che sono meno cariche, assumono una conformazione a “ bastone” o
attorcigliata.
Figura 24 Molecola del Chitosano
- 20 -
Figura 25 Chitosano (low
molecular weight) 3 %
p/v in 90 % AAaq (v/v).
Questo biopolimero idrofilico, insolubile a pH neutro/ alcalino ed in alcuni solventi organici,
può essere disciolto in soluzioni acide diluite. Il parametro che facilmente spiega questo
effetto è il valore di pKa relativo ai gruppi amminici del chitosano, al quale è correlato il grado
di protonazione del chitosano stesso (Beppu and Santana 2002). Poiché il pKa del gruppo
amminico oscilla tra 6.3-7.0, a pH acidi si ha la protonazione dei gruppi amminici del polimero
ed il polisaccaride, carico positivamente, si salifica con l’acido utilizzato, (per lo più si
utilizzano i seguenti acidi: a. glutammico, a. cloridrico, a. lattico o a. acetico). I Sali ottenuti, pur
essendo tutti solubili in acqua, presentano un diverso grado di solubilizzazione, in relazione al
grado di deacetilazione e al pH della soluzione stessa. Il chitosano con un basso grado di
deacetilazione, ossia intorno al 40%, è solubile a valori di pH inferiori a 9, mentre laddove si è
in presenza di un grado di deacetilazione più elevato, intorno all’85%, la solubilizzazione
avviene a pH inferiori a 6.0.
PARTE SPERIMENTALE
Chitosano
In accordo con quanto riscontrato in letteratura [14], è stato deciso di
utilizzare in parallelo due tipologie di solventi: l’Acido Acetico (AA) e
l’Acido Trifluoroacetico (TFA).
Sono state eseguite varie campagne sperimentali atte ad individuare la
concentrazione da utilizzare usando le due tipologie di solventi sopra
citati e utilizzando due tipologie di chitosano, uno a basso peso
molecolare e l’altro a medio.
La prima serie di campagne sperimentali è stata condotta utilizzando
come solvente l’acido acetico e come polimero il chitosano a basso
peso molecolare avente un grado di deacetilazione > 75% e 20-300 cps
provenienti entrambi dalla Sigma Aldrich.
La soluzione è stata processata mediante NANON-01A (MECC Co. Ltd. Japan) a configurazione
verticale, utilizzando una siringa da 5 mL con ago da 18 e 22 gauge.
- 21 -
Figura 26 Immagine SEM del Chitosano (low molecular weight) 3 % p/v in 90 % AAaq (v/v)
ottenuto con i seguenti parametri di processo: Portata: 0.1 mL/h, tensione 16 kV e gap 15
cm, ago 18 gauge.
Con nessuna delle soluzioni realizzate si è riscontrato formazione di fibre ma solo formazione di
electrospray.
In tal senso si mette in evidenza la seguente soluzione:
 Chitosano (low molecular weight) 3 % p/v in 90 % AAaq (v/v) (fig. 25).
La soluzione è stata processata dopo 4 giorni tenuta sotto costante agitazione per effetto di
un’ancoretta magnetica.
Si riportano di seguito le immagini SEM e l’area di deposizione del seguente campione: Portata: 0.1
mL/h, tensione 16 kV e gap 15 cm, ago 18 gauge (fig. 26).
Le sfere di chitosano ottenute presentano elevata regolarità ed omogeneità. Non si è approfondito
ulteriormente poiché interessati all’ottenimento delle fibre di chitosano e non alle microsfere. Dalla
campagna sperimentale in oggetto si è messo però in evidenza come l’ottenimento delle fibre sia
reso complesso principalmente da due fattori:
 Gelificazione della soluzione;
 Eccesso di carica all’bocco dell’ago.
Quest’ultimo è facilmente spiegabile se si tiene conto che la molecola in oggetto sia fortemente
carica positivamente (policatione); la densità di carica viene incrementata ulteriormente applicando
- 22 -
Figura 27 Soluzione al 7 % (p/v) di chitosano (Low molecular weight) in TFA: Portata: 0.3 mL/h,
Tensione 18 kV, Gap 15 kV. Tempo di deposizione 10 minuti, ago 18 gauge. A destra si puo osservare
l’area di deposizione delle fibre. Essa risulta essere molto regolare ed omogenea. A sinistra
immagine SEM del campione (bar 20 µm).
un campo elettrico esterno, provocando un eccesso di carica nel cono di taylor, anche adottando
basse tensioni, creando la “rottura” del getto all’imbocco dell’ago formando così microsfere e non
fibre.
Per cercare di risolvere il problema si è cambiato solvente e, in accordo con quanto riscontrato già
in letteratura, si è deciso di utilizzare il TFA [14]. A differenza dell’acido acetico quest’ultimo è
molto più efficace permettendo di ottenere soluzioni a maggiore concentrazione riducendo al
minimo l’effetto gelificazione oltre ad essere più volatile. Anche in questo caso si sono svolte una
serie di campagne sperimentali atte ad individuare quale concentrazione adottare.
La soluzione è stata processata mediante NANON-01A (MECC Co. Ltd. Japan) a configurazione
verticale, utilizzando una siringa da 5 mL con ago da 18 e 22 gauge.
Il risultato migliore è stato ottenuto utilizzando la seguente soluzione con i seguenti parametri di
processo:
 Soluzione al 7 % (p/v) di chitosano (Low molecular weight) in TFA: Portata: 0.3
mL/h, Tensione 18 kV, Gap 15 cm, tempo di deposizione 10 minuti, ago 18 gauge .
Come possiamo osservare dalla figura n. 27 si è riusciti ad ottenere le fibre di chitosano come ci
siamo prefissati, ma risultano essere piene di beats e non molto regolari.
Anche in questa seconda campagna sperimentale, nella maggior parte dei casi si è osservato il
fenomeno dell’electrospray. Si riporta di seguito il campione che presenta maggiore e regolarità:
- 23 -
Figura 28 Soluzione al 7 % (p/v) di chitosano (Low molecular weight) in TFA: Portata: 0.8 mL/h,
Tensione 25 kV, Gap 8 kV. Tempo di deposizione 5 minuti, ago 22 gauge. A destra si puo osservare
l’area di deposizione delle fibre. Essa risulta essere molto regolare ed omogenea. A sinistra
immagine SEM del campione (bar 20 µm).
 Soluzione al 7 % (p/v) di chitosano (Low molecular weight) in TFA: Portata: 0.8
mL/h, Tensione 25 kV, Gap 8 cm, tempo di deposizione 5 minuti, ago 22 gauge .
Come possiamo osservare dal confronto della figura 28 con la figura 26, adottando come solvente
il TFA, le microsfere risultano essere più omogenee ed il campione appare più “asciutto”, di fatto
ottenendo risultati migliori. Allo stesso tempo però il TFA risulta essere molto più tossico
dell’Acido Acetico.
- 24 -
Figura n. 29 Interazione tra la molecola di PEO e il Chitosano.
Chitosano (CS)/ Polyethylene Oxide (PEO)
Viste le difficoltà incontrate nell’ottenere fibre eletrospinnate di solo chitosano si è deciso di cercare
di stabilizzare il processo aggiungendo alla soluzione di chitosano il Polyethylene Oxide (PEO) e
utilizzando al posto del chitosano a basso peso molecolare, il chitosano a medio peso molecolare.
Come già noto in letteratura, il PEO e il chitosano interagiscono tra loro mediante ponti ad idrogeno
[17] come mostrato di seguito (fig. 29) [17].
Sono state eseguite diverse campagne sperimentali utilizzando tre PEO a diverso peso molecolare:
 “PEO 1” : peso molecolare 300.000 Da;
 “PEO 2” : peso molecolare 600.000 Da
 “PEO 3” : peso molecolare 7. 000.000 Da;
I risultati migliori sono stati ottenuti utilizzando il PEO a più alto peso molecolare (“PEO 3”).
La soluzione di PEO (7 MDa) e chitosano (medium molecular weight, DD: 75-85% deacetylated)
in rapporto 90:10 in peso al 3 % (p/v) in 90 % AAaq in volume è stata processata mediante
l’electrospinning “HOME MADE” presente in laboratorio in configurazione verticale.
I risultati migliori sono stati ottenuti adottando i seguenti parametri di processo:
- 25 -
Figura 30 Soluzione al 3 % (p/v) di chitosano (medium molecular weight, DD: 75-85% deacetylated ) e
PEO (Mn 7 MDa) in rapporto 90:10 in peso in AAaq 90 % in volume. A sinistra microsopia SEM del
campione realizzato con i seguenti parametri di processo: Portata: 0.1 mL/h, Tensione 15 kV, Gap 15 cm.
Tempo di deposizione 5 minuti, ago 18 gauge (home made). A destra microsopia SEM del campione
realizzato con i seguenti parametri di processo: Portata: 0.1 mL/h, Tensione 16 kV, Gap 11 cm. Tempo di
deposizione 5 minuti, ago 18 gauge (home made). (bar 50 µm)
Figura 31 Analisi dimensionale delle fibre associate al campione 1 (portata 0.1 mL/h tensione 16 kV gap 11
cm. ) e al campione 2 (portata 0.1 mL/h tensione 15 kV gap 15 cm. )
 Portata: 0.1 mL/h, Tensione 15 kV, Gap 15 cm, tempo di deposizione 5 minuti, ago
18 gauge (home made).
 Portata: 0.1 mL/h, Tensione 16 kV, Gap 11 cm, tempo di deposizione 5 minuti, ago
18 gauge (home made).
Dalle immagini SEM (fig. 30) e dal diagramma a frequenza (fig. 31) è possibile osservare l’elevata
regolarità ed omogeneità delle fibre ottenute.
[Frequenza]
[µm]
- 26 -
Il diametro medio delle fibre si attesta intorno ai 0,500 micrometri (tabella 7).
Da un punto di vista chimico è ragionevole pensare che nella blend il chitosano ricopra la molecola
di PEO formando un coating, il che rende tale sistema ottimale per le applicazioni prefissate da
progetto.
Table 7 Fiber diameters
(Average value ± standard deviation) (µm)
Campione 1 0,438 ± 0,075
Campione 2 0,430 ± 0,11
- 27 -
Figura 32 Molecola dell’Acetato di Cellulosa
Figura 33 soluzione di Acetato
di Cellulosa (CA, Mn =
30,000, 39.8 % acetyl groups,
Sigma Aldrich) al 17 % (p/p)
in Acetone/DMAc (2:1 w/w).
Dopo 4 h di agitazione
ACETATO DI CELLULOSA
Lo studio si è posto l’obiettivo di realizzare membrane elettrofilate di acetato di cellulosa per
rilascio controllato di farmaci.
INTRODUZIONE
La cellulosa è una risorsa abbondante e rinnovabile presente in molte parti del mondo, il che la
rende un materia prima a basso costo ideale per essere utilizzata in vari settori. Tuttavia, ad oggi,
sono pochi gli articoli che si riscontrano nell’utilizzare la cellulosa e derivati sotto forma di
membrane elettrofilate. Tali membrane sono potenziali candidati per applicazioni nel settore
farmaceutico. Tra i vari derivati della cellulosa si è deciso di utilizzare l’acetato di cellulosa.
PARTE SPERIMENTALE
In accordo con quanto riscontrato in letteratura [18], è stato deciso di
realizzare una soluzione di Acetato di Cellulosa (CA, Mn = 30,000, 39.8 %
acetyl groups, Sigma Aldrich) al 17 % (p/p) in Acetone/DMAc (2:1 w/w)
(fig. 33).
La soluzione è stata lasciata in agitazione per 24 ore.
La soluzione è stata processata mediante elettrospinning “HOME MADE”
a configurazione verticale, utilizzando una siringa da 5 mL con ago da 18
gauge (home made).
Sono state eseguite nove prove in totale, riassunte di seguito nella
figura n. 34.
- 28 -
Figura 34 Schema delle prove svolte con rispettivi parametri di processo.
Portata: mL/h, Tensione: kV, Gap: cm
Figura 35 Analisi SEM del campione 8 (Portata: 0.1 mL/h, Tensione: 10 kV, Gap:18 cm)
con due diversi ingrandimenti. Immagine sulla sinistra bar 100 µm; Immagine sulla destra bar 50
µm
Nella tabella n.8 si riportano i parametri ottimali trovati con rispettiva analisi SEM (fig. 35)
Table 8 Parametri ottimali
Campione 8
Applied voltage (kV) 10
Distance nozzle to collector (cm) 18
Solution flow rate (mL h–1) 0.1
Translational speed (mm/ses) 0
- 29 -
Figura 36 Analisi dimensionale delle fibre associate al campione 8 (portata 0.1 mL/h tensione 10
kV gap 18 cm. )
L’analisi dimensionale delle fibre è stata condotta, come nei casi precedenti, con l’ausilio del
software Image-Pro plus 6.0. Dal diagramma a frequenza (fig. 36) si mette in evidenza l’elevata
omogeneità delle fibre riscontrando un diametro medio di 0,422 micron (tabella n. 9).
Table 9 Fiber diameters
(Average value ± standard deviation) (µm)
Campione 8 0,422 ± 0,092
[Frequenza]
[µm]
- 30 -
Figura 37 Schema dei vari approcci adottati nella
ricostruzione della trachea.
TRACHEA
Lo studio si è posto l’obiettivo di realizzare una nuova tipologia di scaffolds per la rigenerazione
della trachea.
INTRODUZIONE
“The tissue engineered approach is
normally based on three fundamental
components: (i) cells, acting as “seeds”
for tissue regeneration, (ii) scaffold,
where cells can proliferate and grow, and
(iii) regulatory/growth/boosting factors,
mediating cell behaviors. A variety of
regenerative approaches have been
proposed for airway replacement ,
ranging from collagen scaffolds supported
by silicones stents, cartilaginous tubes
created by in vitro culture methods or Marlex mesh tube covered by collagen sponge (Teramachi et al. 1997
; Kojima et al. 2002 ; Omori et al. 2005, 2008 ; Kanzaki et al. 2006 ; Yamashita et al. 2007 ) ; however, none
of these strategies resulted adequate for clinical tracheal replacement due to incomplete epithelialisation,
with associated stricture, and to a lack of mechanical integrity with consequent tracheomalacic
development (Grillo 2002 ) . To provide a biocompatible tracheal substitute with sufficient biological
stability, the trachea itself has been hypothesized as the most suitable airway bioprosthesis. This
approach relies on the fact that, for tracheal cartilage reconstruction, complex anatomically
shaped scaffolds demonstrated to support tissue development better than simple highly modelled
designs, the imperfections in the anatomical construct create local niches for increased cell-cell
- 31 -
contact and the thinner (nanometric) fibers allow better chondrocyte attachment (Moroni et al.
2007 ) . A tracheal scaffold, conditioned with basic fibroblast growth factor ( b -FGF), has been
recently implanted in patients affected by stenosis and, 6 months postoperatively, all patients were
able to breathe easily (Kanemaru et al. 2010 ) . Even if this new regenerative therapy showed great
potential for the treatment of airway diseases, the procedure involved two-staged operations (to
enlarge the stenotic region and to implant tracheal scaffold) and b -FGF could not be applied to
oncological patients because of tumor recurrence. Starting from the success of biological scaffolds,
derived from decellularized tissues and organs (Ott et al. 2008 ; Petersen et al. 2010 ; Uygun et al.
2010 ; Song et al. 2011 ) , attention has been driven to the possible use of decellularized tracheal
matrix to realize functional tracheal replacement. This scaffold (seeded with autologous epithelial
respiratory cells and mesenchymal stromal cell-derived chondrocytes via a bioreactor) allowed to
perform the world’s fi rst successful transplant of a bioengineered airway (Macchiarini et al. 2008 ;
Baiguera and Macchiarini 2011 ) . Starting from this clinical promising result, we have improved
our tissue engineered tracheal approach focusing on thidea that the use of in vivo seeded bone
marrow stromal cells (MSCs) and of an adequate stimulation (to directly differentiate stromal cells,
to mobilize progenitor cells out of the bone marrow and to recruit them at the desired site of
transplantation), could allow to obtain a faster tissue repair and remodeling (Bader and
Macchiarini 2010 [19] [20] [21] [22] [23] [24] [25] [26] [27] .”
- 32 -
Figura 38 Soluzione di
Polycaprolattone
concentrazione del 33 %
(p/v) in HFP
Figura 39 Schema del setup sperimentale utilizzato
per la realizzazione degli scaffolds destinati alla
rigenerazione della trachea.
PARTE SPERIMENTALE
Per la realizzazione degli scaffolds destinati alla rigenerazione della trachea si è
deciso di usare due tipologie di soluzioni:
 Polycaprolattone (Mn. 45.000 Da) con una concentrazione del 33 %
peso/volume, utilizzando come solvente il cloroformio (fig. 38). La soluzione è
stata tenuta in agitazione per 72 ore per mezzo di un’ancoretta magnetica.
 Polycaprolattone (Mn. 45.000 Da) e Gelatina in rapporto 1:1 in peso, con
una concentrazione del 10 % peso/volume, utilizzando come solvente il HFP.
In entrambi i casi la soluzione è stata processata mediante NANON-
01A (MECC Co. Ltd. Japan) a configurazione verticale (adottando un
elettrodo di terra rotante (fig. 39)), utilizzando una siringa da 5 mL con ago
da 18 gauge.
Sono state eseguite varie prove con elettrodi
di terra diversi. In particolar modo sono stati
utilizzati due tipologie di elettrodi:
 Cilindro Pieno;
 Molla;
La prima campagna sperimentale è stata
condotta utlizzando la soluzione di solo PCL e
come elettrodo di terra rotante un cilindro
conduttivo, con diverse configurazioni in
termini di velocità rotazionale e portata.
Tra i vari esperimenti quelli più significativi sono stati i seguenti:
1. E’ stato prima realizzato un primo strato utilizzando i seguenti parametri : Q=0.5 mL/h; ∆V=
15 kV; gap= 15 cm; vt= 5 mm/sec; rpm= 50 tempo di deposizione 30 min (mandrino
piccolo), 4h (Mandrino da 1 cm di diametro). A questo primo strato è stato sovrapposto
un secondo strato localmente (anelli), con i parametri riportati in figura n. 40:
- 33 -
Figura 40 Nella foto vengono mostrate viri esperimenti, eseguiti su una stessa “base”. Q=mL/h, ∆v=kV,
gap=cm.
Figura 41 A destra immagine SEM del campione realizzato usando i seguenti parametri: Q=1.2 mL/h,
∆V= 15 kV, gap=5 cm, rpm=500 velocità trasversale=a mano, tempo per anello= 5 min. A sinistra
immagine SEM del campione realizzato usando i seguenti parametri: Q=1.2 mL/h, ∆V= 15 kV, gap=5
cm, rpm=2000 velocità trasversale=a mano, tempo per anello= 5 min
L’idea alla base di tale scelta sta nel ricreare una struttura similare alla morfologia del bruco.
L’anello di PCL fuso incrementa le proprieta meccaniche dello scaffolds mentre lo spazio
intranulale garantisce un certo grado di libertà allo scaffold garantendo cosi la giusta flessibilità.
Seguono le immagini SEM dei due campioni maggiormente significativi (Fig. 41).
- 34 -
Figura 42 Immagine della realizzazione del primo strato utilizzando i seguenti parametri: Q=0.5
mL/h; ∆V= 13 kV; gap= 8 cm; velocita trasversale= 1 mm/sec; rpm= 50 tempo di
deposizione 4 h (PCL/Gelatina 1:1 in peso al 10% W/V in HFP) mandrino diametro 1 cm
La stessa tipologia di scaffold è stata realizzata anche utilizzando come strato di base
policaprolattone e gelatina (fig. 42) e successivamente allo stesso modo realizzati gli aneli di solo
polycaprolattone.
In questa variante si sono riscontrati problemi nella creazione degli anelli che risultavano staccarsi
dallo strato base e avere una molfologia molto più appiattita rispetto al caso precedente.
Questa prima tipologia di scaffolds però si è scontata contro il limite strumentale della macchina
poiche, la macchina non presenta nessun algoritmo interno in grado di creare depositi locali di
materiale risultando così la spaziatura tra gli anelli molto aleatoria poichè eseguita manualmente e
quindi non riproducibile in serie.
Per ovviare a tele problematica si è deciso di adottare la seguente strategia.
2. E’ stato prima realizzato un primo strato utilizzando i seguenti parametri : Q=0.5 mL/h; ∆V=
15 kV; gap= 15 cm; vt= 5 mm/sec; rpm= 50 tempo di deposizione 30 min (mandrino
- 35 -
Figura 43 Immagine della realizzazione del primo strato utilizzando i seguenti parametri: Q=0.5
mL/h; ∆V= 15 kV; gap= 15 cm; velocita trasversale= 1 mm/sec; rpm= 50 tempo di
deposizione 30 min (PCL 33% W/V in HFP) mandrino diametro 1 cm
piccolo), 4h (Mandrino da 1 cm di diametro). A questo primo strato è stato sovrapposto
un secondo schermando il primo strato con una strisciolina di carta utilizzando gli stessi
parametri del primo (fig. 43):
Pur riuscendo ad ottenere zone a maggior spessore, scaffolds riproducibili, queste non
garantiscono le proprietà meccaniche richieste ed inoltre rende lo sfilamento dello scaffold dal
mandrino alquanto difficoltoso.
Per questa ragione si è decisi di cambiare il mandrino e di utilizzare al posto del cilindretto
conduttivo, una molla utilizzando come materiale PCL e galatina (fig. 44).
3. Mandrino tipo molla. Soluzione utilizzata: PCL/Gelatina in rapporto 1:1 in peso con
concentrazione del 10% (p/v) in HFP;
- 36 -
Figura 44 Immagine dello scaffold realizzato utilizzando come mandrino una molla. Parametri
utilizzati: PCL/Gelatina in rapporto 1:1 in peso con concentrazione del 10% (p/v) in HFP; rpm: 30;
tempo deposizione 10/20 min.
Q= 1.2 mL/h; ∆V= 15 kV; gap= 15 cm
A destra immagine della molla utilizzata.
Utilizzare la molla come mandrino presenta i seguenti vantaggi:
 Le spire della molla sono zone di accumulo per le fibre che dopo un po di tempo fondono
creando cosi una struttura rigida lungo le spire;
 Lo scaffold una volta prodotto puo essere facilmente rimosso dalla molla poiche basta
svitarlo;
 Scaffold altamente riproducibile;
 La geometria ottenuta consente una flessibilità paragonabile a quella della trachea;
- 37 -
Figura 45 Figura che mostra il sistema adottato per la realizzazione degli inserti. Il sistema si
compone di tre elementi: 1) Il mandrino realizzato utilizzando un fili di rame prelevato da un cavo
elettrico, 2) n.2 molle utilizzate nel tensionare il mandrino al fine di garantire un inserto più
omogeneo possibile, 3) n. 2 ganci di raccordo molla – sistema rotazionale dello strumento.
INSERTI COMPOSITI
Lo studio si è posto l’obiettivo di realizzare device per rilascio controllato di farmaci sub-cutanei.
PARTE SPERIMENTALE
Nella campagna sperimentale destinata alla realizzazione degli inserti compositi si è utilizzato per
le fibre il PCL (Mn 45.000 Da) in concentrazione del 33 % peso/volume adottando come solvente il
cloroformio e per la matrice alginato di diversi pesi molecolari. La soluzione di PCL è stata lasciata
in agitazione per 72 ore a temperatura ambiente prima di essere processata mentre quella di
alginato 24 ore.
Sono stati realizzati prima gli inserti in policaprolattone (fig. 45) e poi sono seguite le varie
campagne sperimentali destinate a trovare i parametri e il metodo migliore nella realizzazione del
composito.
I parametri adottati per gli inserti sono stati i seguenti:
 Flow rate: 0.5 ml/h, Tensione: 15 kV, Gap: 15 cm, tratto: 50 mm; tempo: 20 min, no
cleaning; Diametro mandrino: 100 micron – 50 micron.
- 38 -
Figura 46 Soluzioni di alginato: A destra alginato basso peso molecolare (250 cp) all’ 1 %
peso/volume in acqua dopo 24 ore in agitazione; A sinistra alginato alginato basso peso molecolare
(250 cp) all’ 3 % peso/volume in acqua dopo 24 ore in agitazione
Una volta realizzati gli inserti si è passati alla realizzazione delle soluzioni di alginato. In particolar
modo si è proceduto inizialmente alla realizzazione delle seguenti soluzioni:
 Alginato (basso peso molecolare, 250 cp) in concentrazione dell’ 1 % in peso/volume in
acqua. Tempo di agitazione 24 ore (fig. 46).;
 Alginato (basso peso molecolare, 250 cp) in concentrazione dell’ 3 % in peso/volume in
acqua. Tempo di agitazione 24 ore (fig. 46).
In ultimo si è preparato il cloruro di calcio, specie necessaria alla gelificazione dell’alginato in
concentrazione del 1,1 % Peso/volume (fig. 47).
- 39 -
Figura 47 Soluzioni di cloruro di calcio all’ 1,1 % peso/volume
Nella prima campagna sperimentale si è deciso di tagliare gli inserti di PCL della lunghezza
di 1 cm e posti nella soluzione di alginato per circa 1-4 ore. Dopo questa prima fase si è
immerso i campioni direttamente nella soluzione di cloruro di calcio. La soluzione gelifica
ma senza controllo. SOLUZIONE REALIZZATIVA DA SCARTARE.
Nella seconda campagna sperimentale, gli inserti una volta realizzati, sono stati collocati
nuovamente nell’electrospinning con l’idea di depositare l’alginato su di essi con l’aiuto del
campo elettrico e con l’aiuto della rotazione per poi collocarli nella soluzione di cloruro di
calcio. Anche in questo caso non si sono avuti i risultati desiderati. Il coating risulta
disomogeneo e non controllabile. SOLUZIONE REALIZZATIVA DA SCARTARE.
Nella terza campagna sperimentale si è deciso di realizzare gli inserti all’imbocco di un ago
(fig. 48) per cercare di omogenizzare il più possibile la soluzione di alginato intorno
all’inserto.
- 40 -
Figura 48 Inserto realizzato all’estremita di un ago da 22 gauge. Al sistema
proposto in figura 45 è stato infilato all’interno del mandrino l’ago e quindi
realizzato in processo.
Figura 49 Composito realizzato per iniezione dell’alginato (basso peso
molecolare 250 cp in concentrazione del 3% peso/volume nell’inserto
utilizzando come stampo il tappo di un ago da 18 gauge.
Con questa configurazione sono state provate due metodi:
 Utilizzo di uno stampo;
Come stampo è stato utilizzato un cappuccio di un ago da 18 gauge. A questo è stato praticato un
foro al fine di far fuoriuscire l’aria durante il processo di iniezione dell’alginato. L’ago con l’inserto
attaccato (dal quale si è provveduto a togliere il mandrino di rame mediante pinzetta ) è stato
inserito all’interno del cappuccio il quale conteneva cloruro di calcio. A questo punto tramite una
siringa collegata all’ago l’alginato (basso peso molecolare 250 cp, in concentrazione del 3%) è stato
iniettato nell’inserto. Dopo circa 1 h si è tagliato il fondo del tappo ed estratto l’inserto composito
(fig 49).
- 41 -
Figura 50 Composito realizzato per iniezione dell’alginato (basso peso
molecolare 250 cp in concentrazione del 0,1 % peso/volume nell’inserto
utilizzando come stampo il tappo di un ago da 18 gauge.
Il campione presenta una discreta omogeneità e ottima stabilità.
Per cercare di ottimizzare il processo e cercare di rendere il campione più omogeneo possibile si è
deciso di utilizzare una concentrazione di alginato al 0,1 % peso/volume e invece di iniettare
l’alginato con una siringa si è deciso di iniettare l’alginato per gravità mediante l’ausilio di un tubo
di gomma. Lo stampo è stato sempre il tappo di un ago da 18 gauge. Una volta estatto dallo
stampo l’inserto è stato conservato nella soluzione di cloruro di calcio.
L’alginato permeato all’interno dell’inserto ha gelificato in modo controllato e altamente
omogeneo.
- 42 -
Figura 51 Tubi di alginato ottenuti per iniezione dell’alginato (basso peso
molecolare 250 cp) in concentrazione del 10 % in acqua peso/volume
direttamente in cloruro di calcio 1,1 % Peso/ volume. Tempo di “cura” 1 min.
TUBI ALGINATO
Lo studio si è posto l’obiettivo di realizzare dei scaffols da utilizzare nella rigenerazione del tessuto
osseo e dei vasi sanguigni.
PARTE SPERIMENTALE
Si è eseguita preliminarmente una ricerca bibliografica per capire lo stato dell’arte in riferimento
all’alginato e le sue applicazioni. Tra i numerosi articoli consultati hanno destato particolare
attenzione i seguenti:
o Characterizations of an alginate-based drug delivery system for neurological
applications;
o Direct bioprinting of vessel like tubular microfluidic channels;
Per realizzare i tubi di alginato si sono eseguite varie campagne sperimentali, sia per cercare la
concentrazione ottimale sia nel cercare il metodo realizzativo migliore.
Nella prima campagna sperimentale si è deciso di iniettare mediante l’ausilio di una siringa mossa
a mano l’alginato (basso peso molecolare ed alto) direttamente nella soluzione di cloruro di calcio
e tali campioni poi conservati in acqua distillata (fig. 51).
- 43 -
Figura 52 Schema del principio di realizzazione del tubo di alginato
Figura 53 sezione trasverlale del microtubo di alginato colorato
mediante l’alanina
I tubi cosi realizzati presentano uno strato esterno gelificato ed uno interno non gelificato. Tale
fenomeno può essere spiegato dal fenomeno della diffusività. Il cloruro di calcio entrando in
contatto direttamente con l’alginato lo gelifica, ma occorre del tempo affinchè gelifichi tutto il
tubo (fig. 52).
Una volta realizzati sono stati “lavati” e conservati in acqua distillata.
In basso sezione trasverlale del microtubo di alginato colorato mediante l’alanina (fig.53).
PARTE NON GELIFICATA – Il cloruro
di calcio non ha avuto tempo di
diffondere dall’esterno verso
l’interno del microtubo.
Alginato parzialmente gelificato-
poco compatto.
- 44 -
Figura 54 Microtubi realizzati con tempi di cura differenti. Alginato (basso peso molecolare
250 cp) in concentrazione del 10% p/v curato in cloruro di calcio 1,1 % in peso/volume. A)
Tempo di cura 30 sec, B) Tempo di cura 60 sec, C) Tempo di cura 120 sec, D) Tempo di cura 5
min, E) Tempo di cura 10 min, F) Tempo di cura 20 min, G) Tempo di cura 40 min, H) Tempo
di cura 1 h, I) Tempo di cura 2 h
L’dea alla base del sistema funziona ovvero realizzazione dei microtubi di solo alginato giocando
sui tempi di immersione in cloruro di calcio. Ma rimane il problema della loro consistenza: tempi
troppo lunghi otteniamo fibre - tempi troppo brevi otteniamo microtubi che si sfaldano (fig. 54).
A B C D E
F G H I
- 45 -
Figura 55 Schema del sistema utilizzato per la
realizzazione dei microtubi: La siringa da 5 mL
contenete l’alginato è posta nella pompa che inietta
l’alginato direttamente nel cloruro di calcio
Figura 56 Tubi di alginato
ottenuti utilizzando il metodo del
mandrino post prima
gelificazione.
o Portata controllata (Utilizzo della Pompa)
Dopo aver capito che il principio funziona si
è deciso di controllare la portata con l’ausilio
di una pompa (fig. 55), per varie ragioni:
ripetibilità della prova, controllo del volume
di alginato spinnato, controllo del diametro
del microtubo e di conseguenza della
cinetica della gelificazione. Come primo
tentativo si è proceduto ad utilizzare una
portata di 1 mL/min e tempi di permanenza
dell’estruso nel cloruro di calcio di 1, 2, 5
min e concentrazioni di alginato al 10 % w/v
(low viscosity, Alto peso molecolare 20.000-
40000 e 1:1 low viscosity/ Alto peso
molecolare 20.000-40000 ). Al di sopra non
si è deciso di andare poiche si è visto che
dopo 5 min non erano piu microtubi ma
fibre. Con la pompa si è osservato quanto
previsto: maggiore omogeneità lungo il diametro, volume di alginato estruso controllato.
Una volta gelificati secondo i tempi riportati, si è deciso di conservarli in acqua. Anche in questo
caso si è osservato quando gia osservato per le precedenti prove,
ovvero, i tubi si sfaldano. Per ovviare a questo problema si è deciso di
fare la seguente prova:
Utilizzo del mandrino con post prima gelificazione: Dopo aver
iniettato l’alginato nel cloruro di calcio, lo si è lasciato “curare”
per 1 minuto, dopo di che lo si è preso e inserito al suoi interno
un cilindro metallico e riposto nuovamente in cloruro di calcio
(fig. 56).
Il sistema funziona: i tubi gelificano completamente
con diametro controllato sia esterno che interno con
possibilita di mettere il sistema nell’electrospinning
per coating con fibre electrospinnate.
Cloruro di calcio al
1.1 % p/v in acqua
Sistema siringa +
pompa
- 46 -
Figura 56 Tubo di alginato con coating di fibre di polydioxanone e gelatina. Tempo
di deposizione tre minuti.
TUBO DI ALGINATO COMPOSITO
Il microtubo gelificato con il mandrino al suo interno (3 ore di cura) è stato preso ed inserito
nell’electrospinning (Nanon). Sul microtubo sono state elettrospinnate fibre di PDS/gelatina
per circa tre minuti e poi lasciato asciugare all’aria (fig. 57).
 Tubo alginato con inserti al loro interno: IL tubo di alginato realizzato con i seguenti
parametri: Portata 1 mL/min, alginato low viscosity al 10 % W/V, tempo di immersione in
cloruro di calcio 1 min; è stato preso e vi è stato inserito al suo interno un inserto di PCL
realizzato con i parametri del precedente capitolo. A questo punto una volta inserito
l’inserto, il sistema (inserto + microtubo) è stato posizionato nuovamente in cloruro di
calcio (fig. 57).
- 47 -
Figura 57 Tubo di alginato con inserto di PCL al suo interno, conservato in cloruro
di calcio.
- 48 -
Bibliografia
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- 49 -
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[27] G. Steinhoff, Regenerative Medicine: From Protocol to Patient second edition, Dordrecht Heidelberg
New York London: Springer , 2013.
- 50 -
Allegati
 Allegato A): COLLABORATION CHEMNITZ – CNR NEAPLES:
o Project idea;
o Report esperimento;
 Allegato B): Poster per SIB Palermo (2014)

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Final Report Mario Cifelli CNR

  • 1. RELAZIONE FINALE 2013-2014 Institute of Composite and Biomedical Materials (IMCB); National Research Council of Italy (CNR) MARIO CIFELLI
  • 2. - 2 - MEMBRANE ELETTROFILATE DI POLYDIOXANONE E SUE BLENDS................................................... - 3 - INTRODUZIONE .......................................................................................................................................................... - 3 - PARTE SPERIMENTALE......................................................................................................................................... - 4 - Polydioxanone........................................................................................................................................................- 4 - Polydioxanone/Gelatina.......................................................................................................................................- 10 - Polydioxanone/Polycaprolattone/Gelatina..........................................................................................................- 15 - MEMBRANE ELETTROFILATE DI CHITOSANO E SUE BLENDS............................................................ - 19 - INTRODUZIONE ........................................................................................................................................................ - 19 - PARTE SPERIMENTALE....................................................................................................................................... - 20 - Chitosano .............................................................................................................................................................- 20 - Chitosano (CS)/ Polyethylene Oxide (PEO) ........................................................................................................- 24 - ACETATO DI CELLULOSA............................................................................................................................. - 27 - INTRODUZIONE ........................................................................................................................................................ - 27 - PARTE SPERIMENTALE............................................................................................................................................... - 27 - TRACHEA .......................................................................................................................................................... - 30 - INTRODUZIONE ........................................................................................................................................................ - 30 - PARTE SPERIMENTALE.............................................................................................................................................. - 32 - INSERTI COMPOSITI ...................................................................................................................................... - 37 - PARTE SPERIMENTALE ...................................................................................................................................... - 37 - TUBI ALGINATO .................................................................................................................................................... - 42 - PARTE SPERIMENTALE ...................................................................................................................................... - 42 - O Portata controllata (Utilizzo della Pompa)..................................................................................................- 45 - TUBO DI ALGINATO COMPOSITO ............................................................................................................... - 46 - BIBLIOGRAFIA....................................................................................................................................................... - 48 - ALLEGATI .............................................................................................................................................................. - 50 -
  • 3. - 3 - MEMBRANE ELETTROFILATE DI POLYDIOXANONE E SUE BLENDS Lo studio si è posto l’obiettivo di realizzare tre tipologie di membrane elettrofilate a base di polydioxanone (PDS): Polydioxanone, Polydioxanone con Gelatina tipo B ed Polydioxanone con Gelatina tipo B e Polycaprolattone. Le membrane sono ottenute mediante la tecnica dell’electrospinning e sono destinate sia allo studio dei disturbi muscolari scheletrici, come sono ad esempio le distrofie muscolari, sia ad essere utilizzate nell’industria farmaceutica come device per il rilascio controllato di farmaci. INTRODUZIONE Il polydioxanone (PDS) è un poliestere alifatico biodegradabile, la cui unità ripetitiva presenta la copresenza sia di un legame etere che di un legame estere, approvato dalla “Food and Drug Administration” (FDA) come materiale per suture riassorbibili già da molti anni [1] [2] [3]. La coesistenza del legame estere ed etere lungo la catena polimerica conferisce non solo buona degradabilità ma anche elevata flessibilità e buona resistenza a rottura [4]. Presenta una frazione cristallina del 55 % e temperatura di transizione vetrosa tra i -10 °C e i 0 °C [5]. Il periodo di adsorbimento del PDS nel corpo umano è di circa 6 mesi, simile al PGA ma molto più veloce del PDLLA e PLLA [4] . Inoltre, diversamente dalla natura fragile del PLA e PGA, il PDS è molto resistente, con un massimo allungamento a rottura di circa il 600% [6] ed è un materiale a memoria di forma. Il polidioxanone si realizza a partire dal p-dioxanone (monomero) mediante apertura del suo anello per formare il polidioxanone (polimero) come mostrato in fig. 1 [7]. Tale reazione affinché avvenga bisogna fornire calore in aggiunta ad un catalizzatore organometallico (es. zirconium acetylacetone, diethylzinc, or zinc L-lactate (ZnLac2)) che ne favorisca l’apertura. Tuttavia le basse temperature evitano la depolimerizzazione del polydioxanone [8]. Figura 1 Polymerization of p-dioanone to polydioxanone
  • 4. - 4 - Il PDS, recentemente, per le sue proprietà chimico-fisiche sta avendo un notevole interesse sia nell’ingegneria dei tessuti come materiale per la realizzazione di scaffold [9] che nell’industria farmaceutica [10]. Studi recenti hanno dimostrato che gli scaffods di PDS, ottenuti con la tecnica dell’electrospinning, potrebbero trovare largo impiego nella rigenerazione di vari tessuti (es. tratto urinario [11], vasi sanguigni [12], ecc..). Già il suo impiego come materiale da sutura ha dimostrato ampiamente la sua biocompatibilità e una lieve risposta immunitaria. Inoltre, in suo meccanismo di degradazione (idrolisi [13]) favorisce un’infiltrazione delle cellule all’interno di scaffols 3D con conseguente sua rimodulazione favorendo così la rigenerazione di “tessuti spessi”. PARTE SPERIMENTALE Polydioxanone In accordo con quanto riscontrato in letteratura [7] , è stato deciso di adottare una concentrazione di Polydioxanone (RESOMER® X 206 S) del 10% ( p / v), utilizzando come solvente il 1,1,1,3,3,3- hexafluoro-2-propanol (HFP). Il polimero (Fig. 1) solubilizza dopo 24 ore tenuto sotto agitazione costante per effetto della rotazione di un’ancoretta magnetica. La soluzione è stata processata mediante NANON-01A (MECC Co. Ltd. Japan) a configurazione verticale, utilizzando una siringa da 5 mL con ago da 18 gauge. Si è osservato che al di sotto di 13 kV, il campo elettrico non era sufficientemente elevato alla formazione del cono di taylor e solo superando tale valore si è osservato la formazione del getto o sarebbe meglio parlare di multi-getto. Il diametro dell’ago unito all’elevata elasticità della soluzione provocano tale fenomeno che comunque non altera l’uniformità della deposizione almeno per tempi lunghi di deposizione. La tensione applicata ottimale è stata riscontrata ad un valore di 18 kV per una distanza di 10/12 cm e 15 kV per una distanza da 10/ 12 cm. Si mostra di seguito l’effetto della tensione sulla morfologia delle fibre (figura 2).
  • 5. - 5 - Come portate invece si è deciso di operare nel seguente range: 0,1 ml / h ÷ 1,2 ml / h. La portata ottimale è risultata essere intorno ai 0.3 e 0.5 mL/h. Nella tabella n. 1 si riportano i parametri indagati e nella tabella n. 2 i parametri ottimali trovati. La scelta dei valori ottimali è stata adottata considerando: uniformità della deposizione, diametro delle fibre e sua polidispersità, stabilità del getto/i e assenza beats. Nella figura n. 3 si mostrano le immagini SEM dei soli campioni dei parametri ottimali (vedi tabella n. 2) con l’immagine della deposizione al fine di mostrare l’omogeneità e la stabilità del getto. Table 1 Parametri investigati Applied voltage (kV) 13 15 18 Distance nozzle to collector (cm) 8 10 12 15 Solution flow rate (mL h–1) 0.1 0.3 0.5 0.8 1 1.2 Linear Velocity (mm/sec) 0 1 100 300 Table 2 Parametri ottimali Sample 1 Sample 2 Sample 3 Sample 4 Applied voltage (kV) 15 18 15 15 Distance nozzle to collector (cm) 10 12 10 12 Solution flow rate (mL h–1) 0.3 0.3 0.5 0.5 Translational speed (mm/ses) 0 0 0 0 Figura 2 Effetto della tensione sul diametro medio delle fibre e loro omogeneità (bar 40 µm): A)Portata 0.3 mL/h, Tensione 13 kV, Gap 10 cm; B) Portata 0.3 mL/h, Tensione 15 kV, Gap 10 cm; C) Portata 0.3 mL/h, Tensione 18 kV, Gap 10 cm A CB
  • 6. - 6 - Seguono l’analisi del diametro delle fibre e loro polidispersità (figura 3). Figura 3 Area di deposizione (circa 20 minuti) con rispettiva analisi Sem (bar 20 µm): A)Sample 1 ; A1) Rispettiva analisi SEM; B)Sample 2; B2) Rispettiva analisi SEM; C)Sample 3; C1) Rispettiva analisi SEM; D) Sample 4; D1) Rispettiva analisi SEM A B C D A1 B1 C1 D1 Figura 4 A)Sample 1 B)Sample 2; C)Sample 3; D) Sample 4
  • 7. - 7 - Dagli istogrammi (figura n. 4) si può notare come l’effetto della portata non influisca significativamente sul diametro delle fibre. Questo è dovuto alla formazione di multigetto durante il processo di deposizione. Quest’ultimo è maggiormente presente nei campioni a portata 0.5 mL/h e meno significativo in quelli da 0.3 mL/h di fatto annullando l’effetto della portata sul dimetro medio delle fibre. Nella tabella n . 3 viene riportato il valore medio e la deviazione standard dei quattro campioni. Si è cercato di eliminare il fenomeno del multigetto al fine di controllare il più possibile sia l’area di deposizione che lo spessore medio del campione prodotto. Si è quindi proceduto utilizzando un ago avente un diametro inferiore, 22 gauge, ma se da un lato si è eliminato tale effetto dall’altro l’elevata velocità del getto, anche portando la portata a 0.1 mL/h (estremo inferiore dello strumento), non consente un’adeguata evaporazione del solvente con conseguente riduzione dello stiramento delle fibre prodotto (figura 4). Visto che comunque il fenomeno non influenza significativamente la realizzazione dei campioni, si è deciso di utilizzare il solo ago da 18 gauge. Table 3 Fiber diameters (Average value ± standard deviation) (µm) Sample 1 0,363 ± 0,009 Sample 2 0,26 ± 0,08 Sample 3 0,30 ± 0,05 Sample 4 0,24 ± 0,05 Figura 4 Analisi SEM (destra): Portata 0.1 mL/h, Tensione 18 kV, Gap 15; Foto area depositata (Sinistra)
  • 8. - 8 - Vista la ridotta area di deposizione dei campioni su analizzati si è deciso di analizzare l’influenza della velocità traslazionale sulla morfologia delle fibre al fine di ottenere aree di deposizione maggiori. La velocità traslazionale influisce significativamente sia sulla stabilità del cono di taylor (accellerazioni e decellerazioni) che sulla velocità di evaporazione del solvente. Basse velocità traslazionali non presentano significativi effetti sulla morfologia delle fibre, ma con l'aumentare della velocità aumenta la polidispersità del diametro medio e i campioni ottenuti presentano elevata disomogeneità. Nella figura n. 5 viene mostrato l’effetto della velocità sulla morfologia delle fibre. Segue la scelta adottata per la realizzazione dei campioni per le prove biologiche (figura 6, 7 e 8). A B C Figura 5 Bar 10 µm, Portata 0.8 mL/h, Gap 15 cm, tensione 15 kV: A) 0 mm/s B)100 mm/s; C)300 mm/s; Q= 0.3 ∆V= 18 GAP= 12 V= 1 mm/sec Figura 6 Campione ottimizzato per le prove biologiche (Bar 40 µm)
  • 9. - 9 - Figura 7 Campione realizzato per le prove biologiche (Bassi tempi di deposizione): Portata 0.3 mL/h, Tensione 18 kV, Gap 12 cm, Velocita 1 mm/s, estensione 150 mm, tempo 4 h Figura 8 Campione realizzato per le prove biologiche (Alti tempi di deposizione): Portata 0.3 mL/h, Tensione 18 kV, Gap 12 cm, Velocita 1 mm/s, estensione 150 mm, tempo 10 h
  • 10. - 10 - Polydioxanone/Gelatina Ottimizzato il processo per le sole membrane elettrofilate di polydioxanone si è deciso di realizzare una blend di PDS (RESOMER® X 206 S) e Gelatina (type B, Mn 50,000, 225 bloom from bovine skin) in rapporto 1:1 in peso in concentrazione del 10 % (p/v), utilizzando come solvente il 1,1,1,3,3,3-hexafluoro-2-propanol (HFP). La gelatina, oltre ad avere effetti sull’interazione materiale – cellule (come “bioattivante”) e ponendosi come un ottimo carrier per veicolare farmaci e fattori, ha l’effetto di stabilizzare il getto rendendo il processo più stabile ed più agevole. Infatti, la gelatina interagisce con la molecola del polydioxanone (figura n. 9), rendendo la sua struttura più rigida e “stirata”, facendo si che la soluzione sia più adatta ad essere processata eliminando il fenomeno del multigetto. La soluzione è stata processata mediante NANON-01A (MECC Co. Ltd. Japan) a configurazione verticale, utilizzando una siringa da 5 mL con ago da 18 gauge. NH2 NH2 COOH COOH Figura 9 Interazione gelatina – polydioxanone: Il gruppo amminico presente nella gelatina si lega debolmente al gruppo estere presente nella catena del polydioxanone.
  • 11. - 11 - Anche in questo caso la strategia adottata è stata quella prima di trovare i parametri ottimali all’ottenimento delle fibre, poi si è analizzato l’effetto della velocità di traslazione sulla morfologia delle fibre ed in fine si è deciso sulla base dei dati ottenuti quali parametri adottare per la realizzazione dei campioni. Nella tabella n.4 si riportano i parametri ottimali trovati. Seguono le immagini SEM dei due campioni su indicati (Figura 10). Table 4 Parametri ottimali Sample 1 Sample 2 Applied voltage (kV) 15 13 Distance nozzle to collector (cm) 15 15 Solution flow rate (mL h–1) 1.2 1.2 Translational speed (mm/ses) 0 0 Figura 10 Area di deposizione (5 minuti) con rispettiva analisi Sem (bar 20 µm): A)Sample 2 ; A1) Rispettiva analisi SEM; B)Sample 1; B2) Rispettiva analisi SEM; A B A1 B1
  • 12. - 12 - Analisi della morfologia delle fibre (figura n. 11) e loro diametri e deviazione standard (tabella n. 5). Come nel caso del solo PDS anche nel caso bland PDS/Gelatina la morfologia delle fibre non risente delle basse velocità di traslazione (figura n. 12), mentre alte velocità incrementano la polidispersità del diametro medio delle fibre (figura 13). Effetto della portata sul diametro delle fibre (figura. 10). Table 5 Fiber diameters (Average value ± standard deviation) (µm) Sample 1 1,026 ± 0,120 Sample 2 0,98 ± 0,097 Figura 11 Analisi della dimensione media delle fibre e loro polidispersità dei due campioni ottenuti adottando i parametri ottimali: Campione a) parametri sample 1; campione b) parametri sample 2 Figura 12 Bar 20 µm, Portata 0.8 mL/h, Gap 15 cm, tensione 10 kV: A) 200 mm/s B)150 mm/s; C)10 mm/s; A B C
  • 13. - 13 - La portata non ha significativi effetti sul diametro medio delle fibre questo a denotare l’elevata stabilità della soluzione. Segue la scelta adottata per la realizzazione dei campioni (figura 14, 15 e 16). 0 0,5 1 1,5 2 2,5 Diameterfibers(µm) Flow rate (mL/h) 0,6 0,8 1 1,2 Q= 1.2 ∆V= 15 GAP= 15 V= 1 mm/sec Figura 14 Campione ottimizzato (Bar 40 µm) Figura 13 Effetto della portata sul diametro medio delle fibre. Tensione 10 kV, Gap 15 cm
  • 14. - 14 - Figura 15 Campione realizzato per le prove (Bassi tempi di deposizione): Portata 1.2 mL/h, Tensione 15 kV, Gap 15 cm, Velocita 1 mm/s, estensione 150 mm, tempo 2 h Figura 16 Campione realizzato per le prove (Alti tempi di deposizione): Portata 1.2 mL/h, Tensione 15 kV, Gap 15 cm, Velocita 1 mm/s, estensione 150 mm, tempo 4 h (5 mL)
  • 15. - 15 - Figura 17 Le due soluzioni di PDS e PCL sono state preparate separatamente per poi essere unite e lasciate in agitazione per effetto di un’ancoretta magnetica. Figura 18 Blend PCL/PDS. A destra l’immagine delle fibre depositate: L’area di deposizione risulta essere molto estesa e regolare. A sinistra analisi SEM delle fibre: Elevata disomogeneità delle fibre e presenza di beats. Parametri: Portata 1.2 mL/h Tensione 15 kV Gap 15 cm. Polydioxanone/Polycaprolattone/Gelatina Infine, si è deciso di combinare insieme il polydioxanone, il polycaprolattone e la gelatina. Da una prima ricerca bibliografica si è riscontato che i due poliesteri sono poco miscibili tra loro a causa della loro diversa cristallinità. Per comprendere il sistema si è comunque proceduto ad una prima prova processando una soluzione al 10 % (p/v) di PDS/PCL (Mn 45.000 Da) in rapporto 1:1 in peso, utilizzando come solvente 1,1,1,3,3,3-hexafluoruro-2- propanol (HFP). La soluzione solubilizza dopo 48 h sotto agitazione (fig. 17) e processata mediante NANON- 01A (MECC Co. Ltd. Japan) a configurazione verticale, utilizzando una siringa da 1 mL con ago da 18 gauge. Le fibre ottenute presentano una forte presenza di beats a dimostrare la poca miscibilità tra i due polimeri (fig. 18) . A tale sistema è stata aggiunta la gelatina (type B, Mn 50,000, 225 bloom from bovine skin) per ottenere una concentrazione totale del 10 % (p/v) in HFP con il seguente rapporto tra le specie
  • 16. - 16 - Figura 19 Soluzione di PDS/PCL/Gelatina dopo 5 giorni di agitazione. Figura 20 Blend PCL/PDS/Gelatina. In alto a destra immagine del campione ottenuto utilizzando i seguenti parametri: Portata 1.2 mL/h Tensione 15 kV Gap 15 cm. In alto a sinistra rispettiva immagine SEM (bar 40 µm). In basso a destra immagine del campione ottenuto utilizzando i seguenti parametri: Portata 1.0 mL/h Tensione 15 kV Gap 15 cm. In basso a sinistra rispettiva immagine SEM (bar 40 µm) (Peso): 0.25 PCL : 0.25 PDS: 0.50 Gelatina. La soluzione è stata processata dopo 5 giorni tenuta sotto costante agitazione di un’ancoretta magnetica (Fig. 19) mediante NANON-01A (MECC Co. Ltd. Japan) a configurazione verticale, utilizzando una siringa da 5 mL con ago da 18 gauge. In questo caso la strategia adottata è stata quella prima di trovare i parametri ottimali all’ottenimento delle fibre, poi si è si è deciso sulla base dei dati ottenuti quali parametri adottare per la realizzazione dei campioni estesi. Nella tabella n.6 si riportano i parametri ottimali trovati. Si riportano di seguito le immagini SEM e l’area di deposizione dei due campioni riportati in tabella n. 6 (fig. 20). Table 6 Parametri ottimali Sample 1 Sample 2 Applied voltage (kV) 15 15 Distance nozzle to collector (cm) 15 15 Solution flow rate (mL h–1) 1.0 1.2 Translational speed (mm/ses) 0 0
  • 17. - 17 - Figura 21 Analisi dimensionale delle fibre associate al campione “simple 1” (portata 1.0 mL/h tensione 15 kV gap 15 cm). Come campione statistico è stato preso in considerazione un numero di fibre pari a 20/30. Figura 22 Campione “simple 1”: Diametro medio e deviazione standard associata Come possiamo osservare dalla fig. 20 le aree di deposizione delle fibre sono molto regolari ed estese, a denotare l’elevata stabilità del processo. Come già riscontrato per le membrane elettrofilate di PDS e Gelatina, la gelatina ricopre un ruolo cruciale nella stabilizzazione del processo. Le immagini SEM confermano l’elevata omogeneità delle fibre ottenute. L’analisi dimensionale delle fibre è stata condotta, come nei casi precedenti, con l’ausilio del software Image-Pro plus 6.0. Dal diagramma a frequenza (fig. 21) si mette in evidenza l’elevata omogeneità delle fibre riscontrando un diametro medio di 1,021 micron (fig. 22) paragonabile a quello delle fibre di PDS e gelatina. Questo dato mette in evidenza come la rigidità molecolare e la “facilità di stiro” delle catene polimeriche influisca sulla dimensione delle fibre. [Frequenza] [µm]
  • 18. - 18 - É interessante capire dove la gelatina si collochi all’interno della fibra. in particolar modo se si formi una doppia interfaccia: una associata al PDS e l’altra associata al PCL. Vista l’elevata stabilità del processo si è passati direttamente alla realizzazione dei campioni estesi ad alti tempi di deposizione, saltando la realizzazione dei campioni a bassi tempi di deposizione. Si è deciso di realizzare il campione utilizzando i parametri “simple 1”. Figura 23 Campione realizzato per le prove (Alti tempi di deposizione): Portata 1.0 mL/h, Tensione 15 kV, Gap 15 cm, Velocita 1 mm/s, estensione 150 mm, tempo 5 h (5 ml). A sinistra viene mostrata l’area di deposizione; A destra l’analisi SEM del campione realizzato.
  • 19. - 19 - MEMBRANE ELETTROFILATE DI CHITOSANO E SUE BLENDS Lo studio si è posto l’obiettivo di realizzare due tipologie di membrane elettrofilate a base di chitosano (CS): chitosano, chitosano con Peo , ottenute mediante la tecnica dell’electrospinning, destinate allo studio del rilascio di farmaci (drug delivery), allo studio dei problemi connessi alla rigenerazione del tessuto osseo (scaffolds) e, infine, alla realizzazione di membrane antibatteriche INTRODUZIONE Il chitosano è un polisaccaride lineare composto da D-glucosamina e N-acetil-D-glucosamina, legate tramite legami β(1-4) (fig. 24) [14]. Fra i vari biomateriali, il Chitosano (CS) è oggi oggetto di numerosi studi per potenziali applicazioni in ambito ortopedico e nella realizzazione di device per applicazioni di “Drug Delivery” [15] [16]. Sulla base della fonte di CS e dalla modalità di preparazione, il suo peso molecolare può variare dai 300 ad oltre 1000 kDa, e da gradi di deacetilazione (percentuale di gruppi amminici primari presenti nel glucosoamminoglicano dopo il processo di N- deacetilazione della chitina) dal 30% al 95% [14]. Dal grado di deacetilazione dipendono proprietà quali: la reattività, la solubilità in ambiente acido, e la capacità di chelazione nei confronti degli ioni metallici aumentano in presenza di un elevato grado di deacetilazione (Wang et al, 2004). Da esso dipende anche la viscosità della soluzione, in quanto ne determina la conformazione: un elevato grado di deacetilazione, in cui le molecole sono estremamente cariche, conferisce al polimero una conformazione allungata e quindi molto flessibile, con conseguente incremento della viscosità; un minore grado di deacetilazione, determina una diminuzione della viscosità, poiché le molecole, che sono meno cariche, assumono una conformazione a “ bastone” o attorcigliata. Figura 24 Molecola del Chitosano
  • 20. - 20 - Figura 25 Chitosano (low molecular weight) 3 % p/v in 90 % AAaq (v/v). Questo biopolimero idrofilico, insolubile a pH neutro/ alcalino ed in alcuni solventi organici, può essere disciolto in soluzioni acide diluite. Il parametro che facilmente spiega questo effetto è il valore di pKa relativo ai gruppi amminici del chitosano, al quale è correlato il grado di protonazione del chitosano stesso (Beppu and Santana 2002). Poiché il pKa del gruppo amminico oscilla tra 6.3-7.0, a pH acidi si ha la protonazione dei gruppi amminici del polimero ed il polisaccaride, carico positivamente, si salifica con l’acido utilizzato, (per lo più si utilizzano i seguenti acidi: a. glutammico, a. cloridrico, a. lattico o a. acetico). I Sali ottenuti, pur essendo tutti solubili in acqua, presentano un diverso grado di solubilizzazione, in relazione al grado di deacetilazione e al pH della soluzione stessa. Il chitosano con un basso grado di deacetilazione, ossia intorno al 40%, è solubile a valori di pH inferiori a 9, mentre laddove si è in presenza di un grado di deacetilazione più elevato, intorno all’85%, la solubilizzazione avviene a pH inferiori a 6.0. PARTE SPERIMENTALE Chitosano In accordo con quanto riscontrato in letteratura [14], è stato deciso di utilizzare in parallelo due tipologie di solventi: l’Acido Acetico (AA) e l’Acido Trifluoroacetico (TFA). Sono state eseguite varie campagne sperimentali atte ad individuare la concentrazione da utilizzare usando le due tipologie di solventi sopra citati e utilizzando due tipologie di chitosano, uno a basso peso molecolare e l’altro a medio. La prima serie di campagne sperimentali è stata condotta utilizzando come solvente l’acido acetico e come polimero il chitosano a basso peso molecolare avente un grado di deacetilazione > 75% e 20-300 cps provenienti entrambi dalla Sigma Aldrich. La soluzione è stata processata mediante NANON-01A (MECC Co. Ltd. Japan) a configurazione verticale, utilizzando una siringa da 5 mL con ago da 18 e 22 gauge.
  • 21. - 21 - Figura 26 Immagine SEM del Chitosano (low molecular weight) 3 % p/v in 90 % AAaq (v/v) ottenuto con i seguenti parametri di processo: Portata: 0.1 mL/h, tensione 16 kV e gap 15 cm, ago 18 gauge. Con nessuna delle soluzioni realizzate si è riscontrato formazione di fibre ma solo formazione di electrospray. In tal senso si mette in evidenza la seguente soluzione:  Chitosano (low molecular weight) 3 % p/v in 90 % AAaq (v/v) (fig. 25). La soluzione è stata processata dopo 4 giorni tenuta sotto costante agitazione per effetto di un’ancoretta magnetica. Si riportano di seguito le immagini SEM e l’area di deposizione del seguente campione: Portata: 0.1 mL/h, tensione 16 kV e gap 15 cm, ago 18 gauge (fig. 26). Le sfere di chitosano ottenute presentano elevata regolarità ed omogeneità. Non si è approfondito ulteriormente poiché interessati all’ottenimento delle fibre di chitosano e non alle microsfere. Dalla campagna sperimentale in oggetto si è messo però in evidenza come l’ottenimento delle fibre sia reso complesso principalmente da due fattori:  Gelificazione della soluzione;  Eccesso di carica all’bocco dell’ago. Quest’ultimo è facilmente spiegabile se si tiene conto che la molecola in oggetto sia fortemente carica positivamente (policatione); la densità di carica viene incrementata ulteriormente applicando
  • 22. - 22 - Figura 27 Soluzione al 7 % (p/v) di chitosano (Low molecular weight) in TFA: Portata: 0.3 mL/h, Tensione 18 kV, Gap 15 kV. Tempo di deposizione 10 minuti, ago 18 gauge. A destra si puo osservare l’area di deposizione delle fibre. Essa risulta essere molto regolare ed omogenea. A sinistra immagine SEM del campione (bar 20 µm). un campo elettrico esterno, provocando un eccesso di carica nel cono di taylor, anche adottando basse tensioni, creando la “rottura” del getto all’imbocco dell’ago formando così microsfere e non fibre. Per cercare di risolvere il problema si è cambiato solvente e, in accordo con quanto riscontrato già in letteratura, si è deciso di utilizzare il TFA [14]. A differenza dell’acido acetico quest’ultimo è molto più efficace permettendo di ottenere soluzioni a maggiore concentrazione riducendo al minimo l’effetto gelificazione oltre ad essere più volatile. Anche in questo caso si sono svolte una serie di campagne sperimentali atte ad individuare quale concentrazione adottare. La soluzione è stata processata mediante NANON-01A (MECC Co. Ltd. Japan) a configurazione verticale, utilizzando una siringa da 5 mL con ago da 18 e 22 gauge. Il risultato migliore è stato ottenuto utilizzando la seguente soluzione con i seguenti parametri di processo:  Soluzione al 7 % (p/v) di chitosano (Low molecular weight) in TFA: Portata: 0.3 mL/h, Tensione 18 kV, Gap 15 cm, tempo di deposizione 10 minuti, ago 18 gauge . Come possiamo osservare dalla figura n. 27 si è riusciti ad ottenere le fibre di chitosano come ci siamo prefissati, ma risultano essere piene di beats e non molto regolari. Anche in questa seconda campagna sperimentale, nella maggior parte dei casi si è osservato il fenomeno dell’electrospray. Si riporta di seguito il campione che presenta maggiore e regolarità:
  • 23. - 23 - Figura 28 Soluzione al 7 % (p/v) di chitosano (Low molecular weight) in TFA: Portata: 0.8 mL/h, Tensione 25 kV, Gap 8 kV. Tempo di deposizione 5 minuti, ago 22 gauge. A destra si puo osservare l’area di deposizione delle fibre. Essa risulta essere molto regolare ed omogenea. A sinistra immagine SEM del campione (bar 20 µm).  Soluzione al 7 % (p/v) di chitosano (Low molecular weight) in TFA: Portata: 0.8 mL/h, Tensione 25 kV, Gap 8 cm, tempo di deposizione 5 minuti, ago 22 gauge . Come possiamo osservare dal confronto della figura 28 con la figura 26, adottando come solvente il TFA, le microsfere risultano essere più omogenee ed il campione appare più “asciutto”, di fatto ottenendo risultati migliori. Allo stesso tempo però il TFA risulta essere molto più tossico dell’Acido Acetico.
  • 24. - 24 - Figura n. 29 Interazione tra la molecola di PEO e il Chitosano. Chitosano (CS)/ Polyethylene Oxide (PEO) Viste le difficoltà incontrate nell’ottenere fibre eletrospinnate di solo chitosano si è deciso di cercare di stabilizzare il processo aggiungendo alla soluzione di chitosano il Polyethylene Oxide (PEO) e utilizzando al posto del chitosano a basso peso molecolare, il chitosano a medio peso molecolare. Come già noto in letteratura, il PEO e il chitosano interagiscono tra loro mediante ponti ad idrogeno [17] come mostrato di seguito (fig. 29) [17]. Sono state eseguite diverse campagne sperimentali utilizzando tre PEO a diverso peso molecolare:  “PEO 1” : peso molecolare 300.000 Da;  “PEO 2” : peso molecolare 600.000 Da  “PEO 3” : peso molecolare 7. 000.000 Da; I risultati migliori sono stati ottenuti utilizzando il PEO a più alto peso molecolare (“PEO 3”). La soluzione di PEO (7 MDa) e chitosano (medium molecular weight, DD: 75-85% deacetylated) in rapporto 90:10 in peso al 3 % (p/v) in 90 % AAaq in volume è stata processata mediante l’electrospinning “HOME MADE” presente in laboratorio in configurazione verticale. I risultati migliori sono stati ottenuti adottando i seguenti parametri di processo:
  • 25. - 25 - Figura 30 Soluzione al 3 % (p/v) di chitosano (medium molecular weight, DD: 75-85% deacetylated ) e PEO (Mn 7 MDa) in rapporto 90:10 in peso in AAaq 90 % in volume. A sinistra microsopia SEM del campione realizzato con i seguenti parametri di processo: Portata: 0.1 mL/h, Tensione 15 kV, Gap 15 cm. Tempo di deposizione 5 minuti, ago 18 gauge (home made). A destra microsopia SEM del campione realizzato con i seguenti parametri di processo: Portata: 0.1 mL/h, Tensione 16 kV, Gap 11 cm. Tempo di deposizione 5 minuti, ago 18 gauge (home made). (bar 50 µm) Figura 31 Analisi dimensionale delle fibre associate al campione 1 (portata 0.1 mL/h tensione 16 kV gap 11 cm. ) e al campione 2 (portata 0.1 mL/h tensione 15 kV gap 15 cm. )  Portata: 0.1 mL/h, Tensione 15 kV, Gap 15 cm, tempo di deposizione 5 minuti, ago 18 gauge (home made).  Portata: 0.1 mL/h, Tensione 16 kV, Gap 11 cm, tempo di deposizione 5 minuti, ago 18 gauge (home made). Dalle immagini SEM (fig. 30) e dal diagramma a frequenza (fig. 31) è possibile osservare l’elevata regolarità ed omogeneità delle fibre ottenute. [Frequenza] [µm]
  • 26. - 26 - Il diametro medio delle fibre si attesta intorno ai 0,500 micrometri (tabella 7). Da un punto di vista chimico è ragionevole pensare che nella blend il chitosano ricopra la molecola di PEO formando un coating, il che rende tale sistema ottimale per le applicazioni prefissate da progetto. Table 7 Fiber diameters (Average value ± standard deviation) (µm) Campione 1 0,438 ± 0,075 Campione 2 0,430 ± 0,11
  • 27. - 27 - Figura 32 Molecola dell’Acetato di Cellulosa Figura 33 soluzione di Acetato di Cellulosa (CA, Mn = 30,000, 39.8 % acetyl groups, Sigma Aldrich) al 17 % (p/p) in Acetone/DMAc (2:1 w/w). Dopo 4 h di agitazione ACETATO DI CELLULOSA Lo studio si è posto l’obiettivo di realizzare membrane elettrofilate di acetato di cellulosa per rilascio controllato di farmaci. INTRODUZIONE La cellulosa è una risorsa abbondante e rinnovabile presente in molte parti del mondo, il che la rende un materia prima a basso costo ideale per essere utilizzata in vari settori. Tuttavia, ad oggi, sono pochi gli articoli che si riscontrano nell’utilizzare la cellulosa e derivati sotto forma di membrane elettrofilate. Tali membrane sono potenziali candidati per applicazioni nel settore farmaceutico. Tra i vari derivati della cellulosa si è deciso di utilizzare l’acetato di cellulosa. PARTE SPERIMENTALE In accordo con quanto riscontrato in letteratura [18], è stato deciso di realizzare una soluzione di Acetato di Cellulosa (CA, Mn = 30,000, 39.8 % acetyl groups, Sigma Aldrich) al 17 % (p/p) in Acetone/DMAc (2:1 w/w) (fig. 33). La soluzione è stata lasciata in agitazione per 24 ore. La soluzione è stata processata mediante elettrospinning “HOME MADE” a configurazione verticale, utilizzando una siringa da 5 mL con ago da 18 gauge (home made). Sono state eseguite nove prove in totale, riassunte di seguito nella figura n. 34.
  • 28. - 28 - Figura 34 Schema delle prove svolte con rispettivi parametri di processo. Portata: mL/h, Tensione: kV, Gap: cm Figura 35 Analisi SEM del campione 8 (Portata: 0.1 mL/h, Tensione: 10 kV, Gap:18 cm) con due diversi ingrandimenti. Immagine sulla sinistra bar 100 µm; Immagine sulla destra bar 50 µm Nella tabella n.8 si riportano i parametri ottimali trovati con rispettiva analisi SEM (fig. 35) Table 8 Parametri ottimali Campione 8 Applied voltage (kV) 10 Distance nozzle to collector (cm) 18 Solution flow rate (mL h–1) 0.1 Translational speed (mm/ses) 0
  • 29. - 29 - Figura 36 Analisi dimensionale delle fibre associate al campione 8 (portata 0.1 mL/h tensione 10 kV gap 18 cm. ) L’analisi dimensionale delle fibre è stata condotta, come nei casi precedenti, con l’ausilio del software Image-Pro plus 6.0. Dal diagramma a frequenza (fig. 36) si mette in evidenza l’elevata omogeneità delle fibre riscontrando un diametro medio di 0,422 micron (tabella n. 9). Table 9 Fiber diameters (Average value ± standard deviation) (µm) Campione 8 0,422 ± 0,092 [Frequenza] [µm]
  • 30. - 30 - Figura 37 Schema dei vari approcci adottati nella ricostruzione della trachea. TRACHEA Lo studio si è posto l’obiettivo di realizzare una nuova tipologia di scaffolds per la rigenerazione della trachea. INTRODUZIONE “The tissue engineered approach is normally based on three fundamental components: (i) cells, acting as “seeds” for tissue regeneration, (ii) scaffold, where cells can proliferate and grow, and (iii) regulatory/growth/boosting factors, mediating cell behaviors. A variety of regenerative approaches have been proposed for airway replacement , ranging from collagen scaffolds supported by silicones stents, cartilaginous tubes created by in vitro culture methods or Marlex mesh tube covered by collagen sponge (Teramachi et al. 1997 ; Kojima et al. 2002 ; Omori et al. 2005, 2008 ; Kanzaki et al. 2006 ; Yamashita et al. 2007 ) ; however, none of these strategies resulted adequate for clinical tracheal replacement due to incomplete epithelialisation, with associated stricture, and to a lack of mechanical integrity with consequent tracheomalacic development (Grillo 2002 ) . To provide a biocompatible tracheal substitute with sufficient biological stability, the trachea itself has been hypothesized as the most suitable airway bioprosthesis. This approach relies on the fact that, for tracheal cartilage reconstruction, complex anatomically shaped scaffolds demonstrated to support tissue development better than simple highly modelled designs, the imperfections in the anatomical construct create local niches for increased cell-cell
  • 31. - 31 - contact and the thinner (nanometric) fibers allow better chondrocyte attachment (Moroni et al. 2007 ) . A tracheal scaffold, conditioned with basic fibroblast growth factor ( b -FGF), has been recently implanted in patients affected by stenosis and, 6 months postoperatively, all patients were able to breathe easily (Kanemaru et al. 2010 ) . Even if this new regenerative therapy showed great potential for the treatment of airway diseases, the procedure involved two-staged operations (to enlarge the stenotic region and to implant tracheal scaffold) and b -FGF could not be applied to oncological patients because of tumor recurrence. Starting from the success of biological scaffolds, derived from decellularized tissues and organs (Ott et al. 2008 ; Petersen et al. 2010 ; Uygun et al. 2010 ; Song et al. 2011 ) , attention has been driven to the possible use of decellularized tracheal matrix to realize functional tracheal replacement. This scaffold (seeded with autologous epithelial respiratory cells and mesenchymal stromal cell-derived chondrocytes via a bioreactor) allowed to perform the world’s fi rst successful transplant of a bioengineered airway (Macchiarini et al. 2008 ; Baiguera and Macchiarini 2011 ) . Starting from this clinical promising result, we have improved our tissue engineered tracheal approach focusing on thidea that the use of in vivo seeded bone marrow stromal cells (MSCs) and of an adequate stimulation (to directly differentiate stromal cells, to mobilize progenitor cells out of the bone marrow and to recruit them at the desired site of transplantation), could allow to obtain a faster tissue repair and remodeling (Bader and Macchiarini 2010 [19] [20] [21] [22] [23] [24] [25] [26] [27] .”
  • 32. - 32 - Figura 38 Soluzione di Polycaprolattone concentrazione del 33 % (p/v) in HFP Figura 39 Schema del setup sperimentale utilizzato per la realizzazione degli scaffolds destinati alla rigenerazione della trachea. PARTE SPERIMENTALE Per la realizzazione degli scaffolds destinati alla rigenerazione della trachea si è deciso di usare due tipologie di soluzioni:  Polycaprolattone (Mn. 45.000 Da) con una concentrazione del 33 % peso/volume, utilizzando come solvente il cloroformio (fig. 38). La soluzione è stata tenuta in agitazione per 72 ore per mezzo di un’ancoretta magnetica.  Polycaprolattone (Mn. 45.000 Da) e Gelatina in rapporto 1:1 in peso, con una concentrazione del 10 % peso/volume, utilizzando come solvente il HFP. In entrambi i casi la soluzione è stata processata mediante NANON- 01A (MECC Co. Ltd. Japan) a configurazione verticale (adottando un elettrodo di terra rotante (fig. 39)), utilizzando una siringa da 5 mL con ago da 18 gauge. Sono state eseguite varie prove con elettrodi di terra diversi. In particolar modo sono stati utilizzati due tipologie di elettrodi:  Cilindro Pieno;  Molla; La prima campagna sperimentale è stata condotta utlizzando la soluzione di solo PCL e come elettrodo di terra rotante un cilindro conduttivo, con diverse configurazioni in termini di velocità rotazionale e portata. Tra i vari esperimenti quelli più significativi sono stati i seguenti: 1. E’ stato prima realizzato un primo strato utilizzando i seguenti parametri : Q=0.5 mL/h; ∆V= 15 kV; gap= 15 cm; vt= 5 mm/sec; rpm= 50 tempo di deposizione 30 min (mandrino piccolo), 4h (Mandrino da 1 cm di diametro). A questo primo strato è stato sovrapposto un secondo strato localmente (anelli), con i parametri riportati in figura n. 40:
  • 33. - 33 - Figura 40 Nella foto vengono mostrate viri esperimenti, eseguiti su una stessa “base”. Q=mL/h, ∆v=kV, gap=cm. Figura 41 A destra immagine SEM del campione realizzato usando i seguenti parametri: Q=1.2 mL/h, ∆V= 15 kV, gap=5 cm, rpm=500 velocità trasversale=a mano, tempo per anello= 5 min. A sinistra immagine SEM del campione realizzato usando i seguenti parametri: Q=1.2 mL/h, ∆V= 15 kV, gap=5 cm, rpm=2000 velocità trasversale=a mano, tempo per anello= 5 min L’idea alla base di tale scelta sta nel ricreare una struttura similare alla morfologia del bruco. L’anello di PCL fuso incrementa le proprieta meccaniche dello scaffolds mentre lo spazio intranulale garantisce un certo grado di libertà allo scaffold garantendo cosi la giusta flessibilità. Seguono le immagini SEM dei due campioni maggiormente significativi (Fig. 41).
  • 34. - 34 - Figura 42 Immagine della realizzazione del primo strato utilizzando i seguenti parametri: Q=0.5 mL/h; ∆V= 13 kV; gap= 8 cm; velocita trasversale= 1 mm/sec; rpm= 50 tempo di deposizione 4 h (PCL/Gelatina 1:1 in peso al 10% W/V in HFP) mandrino diametro 1 cm La stessa tipologia di scaffold è stata realizzata anche utilizzando come strato di base policaprolattone e gelatina (fig. 42) e successivamente allo stesso modo realizzati gli aneli di solo polycaprolattone. In questa variante si sono riscontrati problemi nella creazione degli anelli che risultavano staccarsi dallo strato base e avere una molfologia molto più appiattita rispetto al caso precedente. Questa prima tipologia di scaffolds però si è scontata contro il limite strumentale della macchina poiche, la macchina non presenta nessun algoritmo interno in grado di creare depositi locali di materiale risultando così la spaziatura tra gli anelli molto aleatoria poichè eseguita manualmente e quindi non riproducibile in serie. Per ovviare a tele problematica si è deciso di adottare la seguente strategia. 2. E’ stato prima realizzato un primo strato utilizzando i seguenti parametri : Q=0.5 mL/h; ∆V= 15 kV; gap= 15 cm; vt= 5 mm/sec; rpm= 50 tempo di deposizione 30 min (mandrino
  • 35. - 35 - Figura 43 Immagine della realizzazione del primo strato utilizzando i seguenti parametri: Q=0.5 mL/h; ∆V= 15 kV; gap= 15 cm; velocita trasversale= 1 mm/sec; rpm= 50 tempo di deposizione 30 min (PCL 33% W/V in HFP) mandrino diametro 1 cm piccolo), 4h (Mandrino da 1 cm di diametro). A questo primo strato è stato sovrapposto un secondo schermando il primo strato con una strisciolina di carta utilizzando gli stessi parametri del primo (fig. 43): Pur riuscendo ad ottenere zone a maggior spessore, scaffolds riproducibili, queste non garantiscono le proprietà meccaniche richieste ed inoltre rende lo sfilamento dello scaffold dal mandrino alquanto difficoltoso. Per questa ragione si è decisi di cambiare il mandrino e di utilizzare al posto del cilindretto conduttivo, una molla utilizzando come materiale PCL e galatina (fig. 44). 3. Mandrino tipo molla. Soluzione utilizzata: PCL/Gelatina in rapporto 1:1 in peso con concentrazione del 10% (p/v) in HFP;
  • 36. - 36 - Figura 44 Immagine dello scaffold realizzato utilizzando come mandrino una molla. Parametri utilizzati: PCL/Gelatina in rapporto 1:1 in peso con concentrazione del 10% (p/v) in HFP; rpm: 30; tempo deposizione 10/20 min. Q= 1.2 mL/h; ∆V= 15 kV; gap= 15 cm A destra immagine della molla utilizzata. Utilizzare la molla come mandrino presenta i seguenti vantaggi:  Le spire della molla sono zone di accumulo per le fibre che dopo un po di tempo fondono creando cosi una struttura rigida lungo le spire;  Lo scaffold una volta prodotto puo essere facilmente rimosso dalla molla poiche basta svitarlo;  Scaffold altamente riproducibile;  La geometria ottenuta consente una flessibilità paragonabile a quella della trachea;
  • 37. - 37 - Figura 45 Figura che mostra il sistema adottato per la realizzazione degli inserti. Il sistema si compone di tre elementi: 1) Il mandrino realizzato utilizzando un fili di rame prelevato da un cavo elettrico, 2) n.2 molle utilizzate nel tensionare il mandrino al fine di garantire un inserto più omogeneo possibile, 3) n. 2 ganci di raccordo molla – sistema rotazionale dello strumento. INSERTI COMPOSITI Lo studio si è posto l’obiettivo di realizzare device per rilascio controllato di farmaci sub-cutanei. PARTE SPERIMENTALE Nella campagna sperimentale destinata alla realizzazione degli inserti compositi si è utilizzato per le fibre il PCL (Mn 45.000 Da) in concentrazione del 33 % peso/volume adottando come solvente il cloroformio e per la matrice alginato di diversi pesi molecolari. La soluzione di PCL è stata lasciata in agitazione per 72 ore a temperatura ambiente prima di essere processata mentre quella di alginato 24 ore. Sono stati realizzati prima gli inserti in policaprolattone (fig. 45) e poi sono seguite le varie campagne sperimentali destinate a trovare i parametri e il metodo migliore nella realizzazione del composito. I parametri adottati per gli inserti sono stati i seguenti:  Flow rate: 0.5 ml/h, Tensione: 15 kV, Gap: 15 cm, tratto: 50 mm; tempo: 20 min, no cleaning; Diametro mandrino: 100 micron – 50 micron.
  • 38. - 38 - Figura 46 Soluzioni di alginato: A destra alginato basso peso molecolare (250 cp) all’ 1 % peso/volume in acqua dopo 24 ore in agitazione; A sinistra alginato alginato basso peso molecolare (250 cp) all’ 3 % peso/volume in acqua dopo 24 ore in agitazione Una volta realizzati gli inserti si è passati alla realizzazione delle soluzioni di alginato. In particolar modo si è proceduto inizialmente alla realizzazione delle seguenti soluzioni:  Alginato (basso peso molecolare, 250 cp) in concentrazione dell’ 1 % in peso/volume in acqua. Tempo di agitazione 24 ore (fig. 46).;  Alginato (basso peso molecolare, 250 cp) in concentrazione dell’ 3 % in peso/volume in acqua. Tempo di agitazione 24 ore (fig. 46). In ultimo si è preparato il cloruro di calcio, specie necessaria alla gelificazione dell’alginato in concentrazione del 1,1 % Peso/volume (fig. 47).
  • 39. - 39 - Figura 47 Soluzioni di cloruro di calcio all’ 1,1 % peso/volume Nella prima campagna sperimentale si è deciso di tagliare gli inserti di PCL della lunghezza di 1 cm e posti nella soluzione di alginato per circa 1-4 ore. Dopo questa prima fase si è immerso i campioni direttamente nella soluzione di cloruro di calcio. La soluzione gelifica ma senza controllo. SOLUZIONE REALIZZATIVA DA SCARTARE. Nella seconda campagna sperimentale, gli inserti una volta realizzati, sono stati collocati nuovamente nell’electrospinning con l’idea di depositare l’alginato su di essi con l’aiuto del campo elettrico e con l’aiuto della rotazione per poi collocarli nella soluzione di cloruro di calcio. Anche in questo caso non si sono avuti i risultati desiderati. Il coating risulta disomogeneo e non controllabile. SOLUZIONE REALIZZATIVA DA SCARTARE. Nella terza campagna sperimentale si è deciso di realizzare gli inserti all’imbocco di un ago (fig. 48) per cercare di omogenizzare il più possibile la soluzione di alginato intorno all’inserto.
  • 40. - 40 - Figura 48 Inserto realizzato all’estremita di un ago da 22 gauge. Al sistema proposto in figura 45 è stato infilato all’interno del mandrino l’ago e quindi realizzato in processo. Figura 49 Composito realizzato per iniezione dell’alginato (basso peso molecolare 250 cp in concentrazione del 3% peso/volume nell’inserto utilizzando come stampo il tappo di un ago da 18 gauge. Con questa configurazione sono state provate due metodi:  Utilizzo di uno stampo; Come stampo è stato utilizzato un cappuccio di un ago da 18 gauge. A questo è stato praticato un foro al fine di far fuoriuscire l’aria durante il processo di iniezione dell’alginato. L’ago con l’inserto attaccato (dal quale si è provveduto a togliere il mandrino di rame mediante pinzetta ) è stato inserito all’interno del cappuccio il quale conteneva cloruro di calcio. A questo punto tramite una siringa collegata all’ago l’alginato (basso peso molecolare 250 cp, in concentrazione del 3%) è stato iniettato nell’inserto. Dopo circa 1 h si è tagliato il fondo del tappo ed estratto l’inserto composito (fig 49).
  • 41. - 41 - Figura 50 Composito realizzato per iniezione dell’alginato (basso peso molecolare 250 cp in concentrazione del 0,1 % peso/volume nell’inserto utilizzando come stampo il tappo di un ago da 18 gauge. Il campione presenta una discreta omogeneità e ottima stabilità. Per cercare di ottimizzare il processo e cercare di rendere il campione più omogeneo possibile si è deciso di utilizzare una concentrazione di alginato al 0,1 % peso/volume e invece di iniettare l’alginato con una siringa si è deciso di iniettare l’alginato per gravità mediante l’ausilio di un tubo di gomma. Lo stampo è stato sempre il tappo di un ago da 18 gauge. Una volta estatto dallo stampo l’inserto è stato conservato nella soluzione di cloruro di calcio. L’alginato permeato all’interno dell’inserto ha gelificato in modo controllato e altamente omogeneo.
  • 42. - 42 - Figura 51 Tubi di alginato ottenuti per iniezione dell’alginato (basso peso molecolare 250 cp) in concentrazione del 10 % in acqua peso/volume direttamente in cloruro di calcio 1,1 % Peso/ volume. Tempo di “cura” 1 min. TUBI ALGINATO Lo studio si è posto l’obiettivo di realizzare dei scaffols da utilizzare nella rigenerazione del tessuto osseo e dei vasi sanguigni. PARTE SPERIMENTALE Si è eseguita preliminarmente una ricerca bibliografica per capire lo stato dell’arte in riferimento all’alginato e le sue applicazioni. Tra i numerosi articoli consultati hanno destato particolare attenzione i seguenti: o Characterizations of an alginate-based drug delivery system for neurological applications; o Direct bioprinting of vessel like tubular microfluidic channels; Per realizzare i tubi di alginato si sono eseguite varie campagne sperimentali, sia per cercare la concentrazione ottimale sia nel cercare il metodo realizzativo migliore. Nella prima campagna sperimentale si è deciso di iniettare mediante l’ausilio di una siringa mossa a mano l’alginato (basso peso molecolare ed alto) direttamente nella soluzione di cloruro di calcio e tali campioni poi conservati in acqua distillata (fig. 51).
  • 43. - 43 - Figura 52 Schema del principio di realizzazione del tubo di alginato Figura 53 sezione trasverlale del microtubo di alginato colorato mediante l’alanina I tubi cosi realizzati presentano uno strato esterno gelificato ed uno interno non gelificato. Tale fenomeno può essere spiegato dal fenomeno della diffusività. Il cloruro di calcio entrando in contatto direttamente con l’alginato lo gelifica, ma occorre del tempo affinchè gelifichi tutto il tubo (fig. 52). Una volta realizzati sono stati “lavati” e conservati in acqua distillata. In basso sezione trasverlale del microtubo di alginato colorato mediante l’alanina (fig.53). PARTE NON GELIFICATA – Il cloruro di calcio non ha avuto tempo di diffondere dall’esterno verso l’interno del microtubo. Alginato parzialmente gelificato- poco compatto.
  • 44. - 44 - Figura 54 Microtubi realizzati con tempi di cura differenti. Alginato (basso peso molecolare 250 cp) in concentrazione del 10% p/v curato in cloruro di calcio 1,1 % in peso/volume. A) Tempo di cura 30 sec, B) Tempo di cura 60 sec, C) Tempo di cura 120 sec, D) Tempo di cura 5 min, E) Tempo di cura 10 min, F) Tempo di cura 20 min, G) Tempo di cura 40 min, H) Tempo di cura 1 h, I) Tempo di cura 2 h L’dea alla base del sistema funziona ovvero realizzazione dei microtubi di solo alginato giocando sui tempi di immersione in cloruro di calcio. Ma rimane il problema della loro consistenza: tempi troppo lunghi otteniamo fibre - tempi troppo brevi otteniamo microtubi che si sfaldano (fig. 54). A B C D E F G H I
  • 45. - 45 - Figura 55 Schema del sistema utilizzato per la realizzazione dei microtubi: La siringa da 5 mL contenete l’alginato è posta nella pompa che inietta l’alginato direttamente nel cloruro di calcio Figura 56 Tubi di alginato ottenuti utilizzando il metodo del mandrino post prima gelificazione. o Portata controllata (Utilizzo della Pompa) Dopo aver capito che il principio funziona si è deciso di controllare la portata con l’ausilio di una pompa (fig. 55), per varie ragioni: ripetibilità della prova, controllo del volume di alginato spinnato, controllo del diametro del microtubo e di conseguenza della cinetica della gelificazione. Come primo tentativo si è proceduto ad utilizzare una portata di 1 mL/min e tempi di permanenza dell’estruso nel cloruro di calcio di 1, 2, 5 min e concentrazioni di alginato al 10 % w/v (low viscosity, Alto peso molecolare 20.000- 40000 e 1:1 low viscosity/ Alto peso molecolare 20.000-40000 ). Al di sopra non si è deciso di andare poiche si è visto che dopo 5 min non erano piu microtubi ma fibre. Con la pompa si è osservato quanto previsto: maggiore omogeneità lungo il diametro, volume di alginato estruso controllato. Una volta gelificati secondo i tempi riportati, si è deciso di conservarli in acqua. Anche in questo caso si è osservato quando gia osservato per le precedenti prove, ovvero, i tubi si sfaldano. Per ovviare a questo problema si è deciso di fare la seguente prova: Utilizzo del mandrino con post prima gelificazione: Dopo aver iniettato l’alginato nel cloruro di calcio, lo si è lasciato “curare” per 1 minuto, dopo di che lo si è preso e inserito al suoi interno un cilindro metallico e riposto nuovamente in cloruro di calcio (fig. 56). Il sistema funziona: i tubi gelificano completamente con diametro controllato sia esterno che interno con possibilita di mettere il sistema nell’electrospinning per coating con fibre electrospinnate. Cloruro di calcio al 1.1 % p/v in acqua Sistema siringa + pompa
  • 46. - 46 - Figura 56 Tubo di alginato con coating di fibre di polydioxanone e gelatina. Tempo di deposizione tre minuti. TUBO DI ALGINATO COMPOSITO Il microtubo gelificato con il mandrino al suo interno (3 ore di cura) è stato preso ed inserito nell’electrospinning (Nanon). Sul microtubo sono state elettrospinnate fibre di PDS/gelatina per circa tre minuti e poi lasciato asciugare all’aria (fig. 57).  Tubo alginato con inserti al loro interno: IL tubo di alginato realizzato con i seguenti parametri: Portata 1 mL/min, alginato low viscosity al 10 % W/V, tempo di immersione in cloruro di calcio 1 min; è stato preso e vi è stato inserito al suo interno un inserto di PCL realizzato con i parametri del precedente capitolo. A questo punto una volta inserito l’inserto, il sistema (inserto + microtubo) è stato posizionato nuovamente in cloruro di calcio (fig. 57).
  • 47. - 47 - Figura 57 Tubo di alginato con inserto di PCL al suo interno, conservato in cloruro di calcio.
  • 48. - 48 - Bibliografia [1] D. N. R. D. W. J. M. A. Ray J, Surg Gyn Obst, p. 153:497, 1981. [2] M. L. F. J. Sabino M, Rev Tèc. Ing. Univ. Zulia, p. 21:170, 1998. [3] P. M. Z. G. F. T. G. J. W. B. Ishikiriyama K, J Macromol Sci-Phys, p. B37(1):27., 1998. [4] T. Redin, A. Finne-Wilstrand, T. Mathisen e A. Albertson, J. Polym. Sci. Part A: Polym. Chem., pp. 45, 5552., 2007. [5] T. A. Middleton JC, «Synthetic biodegradable polymers as medical devices,» Medical Plastics and Biomaterials Magazine. [6] US Brevetto 4,032,988, 1997. [7] B. D. C. C. P. B. D. G. S. G. E. W. G. L. B. Eugene D. Boland, «Electrospinning polydioxanone for biomedical applications,» Acta Biomaterialia, vol. 1, pp. 115-123, 2005. [8] H. a. D. D. Kricheldorf, «Polylactones, 42 - Zn L-lactate-catalyzed polymerizations of 1,4-dioxan-2-one,» Macromolecular Chemistry and Physics, vol. 6, n. 199, pp. 1089-1097, 1998. 199(6). [9] R. e. a. Cady, «Physeal response to absorbable polydioxanone bone pins in growing rabbits,» Journal of Biomedical Materials Research, vol. 48, n. 3, pp. 211-215, 1999. [10] L. F. J. P. A. R.-G. M. G. Blanco, «Incorporation of Triclosan into Polydioxanone Monofilaments and Evaluation of the Corresponding Release,» Journal of Applied Polymer Science, vol. 114, p. 3440–3451, 2009. [11] J. GRANT, «ELECTROSPUN BLENDS OF POLYDIOXANONE AND FIBRINOGEN FOR UROLOGICAL APPLICATIONS,» Joshua Grant, Virginia Commonwealth University, Richmond, Virginia, 2007. [12] S. S. A. C. S. D. B. G. McClure MJ, «Electrospinning-aligned and random polydioxanone- polycaprolactone-silk fibroin-blended scaffolds: geometry for a vascular matrix,» Biomed Mater, 2009. [13] S. G. L. M. J. L. F. Marcos A Sabino, «Study of the hydrolytic degradation of polydioxanone PPDX,» Polymer Degradation and Stability, vol. 69, p. 209:216, 2000. [14] Z. H. L. K. Sun, «Preparations, properties and applications of chitosan based nanofibers fabricated by electrospinning,» eXPRESS Polymer Letters, vol. 5, n. 4, p. 342–361, 2011. [15] H. F. N. R. E. M. Maher Z. Elsabee, «Chitosan based nanofibers, review,» Materials Science and Engineering C, vol. 32, p. 1711–1726, 2012. [16] A. J. Jamalpoor Zahra, «Chitosan: A Breif Review on Structure and Tissue Engineering Application,» J. of Tissue Engineering Research, vol. 1, n. 1, pp. 5-9, 2012.
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  • 50. - 50 - Allegati  Allegato A): COLLABORATION CHEMNITZ – CNR NEAPLES: o Project idea; o Report esperimento;  Allegato B): Poster per SIB Palermo (2014)