1. Corso di Laurea per Educatore Professionale: Cinema, Fotografia e Televisione
Prof. Matteo Asti
L’ELABORATO FINALE
Lunghezza totale: 5-10 cartelle (10.000-20.000 battute)
Consegna: entro e non oltre una settimana dalla data l'appello d'esame in cui si
intende sostenere l'esame via mail all'indirizzo matteo.asti@gmail.com
1. Introduzione (breve)
- Cast e Credits.
- Riassunto breve della trama se si tratta di un film o del plot generale della storia se si tratta di un
serial o del format se si tratta di un programma televisivo.
- Breve descrizione del prodotto mediale che si è scelto di analizzare (film, telefilm, ciclo di film).
- Considerazioni sugli autori del prodotto (registi, sceneggiatori, attori) e di eventuali collegamenti
con altre forme mediali. Analisi del contesto del palinsesto in cui si colloca nel caso di prodotto
televisivo.
- Motivi personali della scelta.
2. Destinatari
- Scelta motivata di un certo pubblico. Analisi dei bisogni (e dei possibili riscontri già avuti in
passato rispetto a tale tipo di attività). Previsione delle possibili reazioni (positive e negative) e
valutazione dei risultati che si ritiene si possano ottenere.
- Scelta dei metodi di lavoro (tipo di incontro, ruolo dell’educatore, frequenza degli incontri,
contesto di lavoro di inserimento dell’intervento).
3. La storia e i temi
- Breve analisi della dinamica narrative del testo/i analizzati (personaggi, eventi, trasformazioni).
- Approfondimento di un numero ristretto di tematiche (una o due) che si evincono dal testo/testi
analizzati e descrizione del modo in cui vengono rappresentati nel film.
- Ipotesi di lavoro sugli stessi e con gli stessi.
4. Analisi linguistica di una sequenza
Analisi dettagliata di un breve brano audiovisivo (da 30'' a 2') che metta in luce nel piccolo le
caratteristiche linguistiche salienti del film- serial - programma, facendo particolare attenzione agli
aspetti a piani, movimenti di macchina, montaggio, luci, dialoghi, musiche e ritrovando in essi un
ulteriore livello di rappresentazione dei temi trattati nel film.
5. Conclusioni (brevi)
Breve sintesi del percorso progettato e integrazione di tutte le parti del lavoro.
2. METODO DI VALUTAZIONE DELLA TESINA
• Introduzione (Cast e Credits, Trama, Breve descrizione, Considerazioni sugli autori, Motivi
personali della scelta) 1-4:
• Destinatari (Scelta motivata, Analisi dei bisogni, Previsione possibili reazioni, Scelta dei
metodi di lavoro) 1-8:
• La storia e i temi (Dinamiche narrative, Approfondimento tematiche, Ipotesi di lavoro sugli
stessi) 1- 8:
• Analisi linguistica di una sequenza 1-8:
• Conclusioni 1-2:
• Giudizio complessivo (pari alla somma degli altri punteggi) 1-30:
METODO DI VALUTAZIONE DEL CORSO
A partire dal punteggio della tesina verranno lo studente risponderà a due domande relative ad uno
dei macroargomenti del corso. In base alla valutazione della prova orale il voto maturato nella
tesina potrà essere alzato, lasciato uguale o abbassato.
Tale voto farà media (per difetto, es. 29 e 30 = 29) con quello del corso di Discipline dello
Spettacolo. Tale media sarà pari al voto del corso integrato.
3. ESEMPIO 1 DI TESINA
Nome Cognome matricola
FA IL SUO GIRO
INTRODUZIONE:
Cast & credits:
Titolo Originale: E l’aura fai son vir
Anno:2005
Durata: 110 minuti circa
Paese:Italia
Genere: Drammatico
Regia: Giorgio Diritti
Soggetto racconto: Fredo Valle dal detto popolare occitano E l’aura fai son vir
Interpreti principali: Thierry Toscan, Alessandra Agosti, Dario Anghilante, Giorgio Foresti
Sceneggiatura: Giorgio Diritti e Fredo Valla
Fotografia: Roberto Cimatti
Produzione: Simone Bachini, Mario Chemello, Giorgio Diritti
Casa di produzione: Aranciafilm Imago Orbis Audiovisivi
Montaggio: Edu Crespo Giorgio Diritti
Musiche:Marco Biscarini, Daniele Furlati
Specifiche Tecniche: colore, 16/9
Lingua originale:italiano occitano francese
Premi: Chiocciola d’oro, London Film Festival, Annecy cinema italien, Rosa Camusa al miglior
film Bergamo film meeting 2006, Lisbon Villane film festival miglior film, premio SIAE festa del
cinema di Roma, Miglior film, miglior attore, Premio speciale al Gallio Film Festival, miglior film
al Napoli film festival
Trama
Philippe, ex professore dedicatosi alla pastorizia sui Pirenei francesi, è alla ricerca di una nuova
sistemazione per la sua famiglia, dato che nel luogo in cui vive è in costruzione una centrale
nucleare. Dopo aver inutilmente cercato casa in Svizzera, nel fare ritorno in Francia, si ritrova nella
Valle Maira, nel paesino di Chersogno, ormai spopolato e abitato quasi unicamente da anziani, visto
che il resto degli abitanti raggiunge il piccolo borgo montano soltanto per trascorrervi le vacanze
nei mesi estivi. Si tratta di una comunità molto chiusa, ultimo retaggio della lingua e cultura
occitana in Italia. Dopo qualche dubbio iniziale, l’amministrazione comunale si adopera per trovare
a Philippe una casa in affitto e gli abitanti si mettono al lavoro per restaurarla. Inizialmente il paese
sembra lieto di accogliere la giovane famiglia, composta, oltrechè da Philippe, dalla moglie e tre
figli. Ben presto però nascono le prime incomprensioni, causate dalle abitudini dei nuovi
arrivati,non sempre rispettose delle tradizioni locali e dei diritti di proprietà. In particolare, le capre
di Philippe si avventurano spesso nei terreni ormai abbandonati dai vecchi contadini, suscitando la
rabbia dei proprietari. Dimenticato l’iniziale entusiasmo suscitato dalla ventata di novità e dalla
prospettiva di rinascita, portata dai nuovi arrivati, si comincia da parte degli abitanti a sentire il peso
di questa presenza ingombrante. I locali che all’inizio avevano accolto i nuovi venuti quasi con un
senso di protezione, sentendosi gratificati dal poter fare qualcosa per loro come comperare i
4. formaggi che producevano, portare loro degli abiti dimessi, tutto questo in un’ottica di falso
buonissimo tanto che il protagonista dice che a lui la parola tolleranza non piace perché essere
tollerati vuol dire essere comunque messi al margine e non far parte della comunità. Quando la
gente si accorge che questa famiglia basta a sé stessa e non ha certo bisogno della loro “tolleranza e
carità” diventa invidiosa di loro e come un organismo che si mette tutto in movimento per espellere
il corpo estraneo si coalizzano per estromettere gli “intrusi” utilizzando ogni tipo di arma anche la
più bieca per riuscire a sfiancare la loro resistenza e per metterli in cattiva luce agli occhi di chi
ancora difendeva la loro presenza. Gli “zingari” vengono accusati di essere sporchi, prendono legna
dai terreni abbandonati, e dalle maldicenze si passa alle denunce a carabinieri e ASL, alla
simulazione di aggressione, all’uccisione di alcuni capi di bestiame. Il film si conclude con la
famiglia di Philippe che, amareggiata, si vede costretta a lasciare il paese. La soluzione drammatica
sarà però anche seme di cambiamento, infatti come nel detto da cui trae origine il titolo del film “il
vento fa il suo giro, il movimento circolare fa in modo che ogni cosa prima o poi torni, il paese
ritorna alla sua “normalità” e nei cieli appare l’elicottero che trasporta dei membri della comunità
che tramite un intervista tentano di spiegare e attirare l’opinione pubblica sul problema dello
spopolamento della montagna e la perdita delle sue tradizioni. In tutto questo ci sono personaggi
che si rifiutano di far parte del ricircolo del vento scegliendo di non tornare alla vecchia vita, mentre
per i giovani è una scelta di ribellione e a testa alta c’è chi sfida i genitori e la comunità, tornando a
fare il lavoro dei loro avi oppure parte per mete sconosciute, c’è chi invece non è abbastanza forte o
capace e semplicemente decide di non combattere più. L’immagine che più simboleggia il non
accettare il sentirsi prigionieri di una cultura e di un pensiero comunitario viene rappresentata nel
film attraverso la figura dello scemo del villaggio, che corre per i prati con le braccia allargate
simulando il gesto del volo. Questo “diverso” era allontanato ogni volta che il suo comportamento
era al di sopra delle righe; trova accoglienza nella famiglia di Philippe che lo accetta nella sua
diversità, in essa si rifugia nei momenti di sconforto e in cambio li accetta senza preoccuparsi
troppo delle loro abitudini non completamente inerenti alle consuetudini del villaggio. Il suo dolore
alla loro partenza sarà talmente forte da indurlo a togliersi la vita.
Descrizione del prodotto, considerazioni e collegamenti
Il film da me scelto fa parte di quel filone di nicchia, cioè che nascono dalla passione e dal cuore del
regista che li vuole anche se non riesce a trovare gli appoggi per essere sovvenzionato e con grandi
sacrifici vengono prodotti, ma sono destinati ad una distribuzione limitata. Chi ci ha creduto lo ha
messo in locandina, come ad esempio, un vecchio nostalgico cineasta che si chiama Antonio
Sancassani, proprietario del cinema Mexico di Milano (sta difendendo, la sua sala cinematografica,
con i denti contro la speculazione edilizia che vorrebbe farne un nuovo shoroom) e che lo ha
lasciato in cartellone per un anno dando modo alla divulgazione per passa parola.
Giorgio Diritti, per la sua prima volta da regista, si è servito di due soli attori paraprofessionisti
(nella cinematografia Toscan ha svolto quasi sempre il ruolo di scenografo e, Agosti è al suo primo
ruolo da protagonista essendo di professione pianista) tutti gli altri sono abitanti del luogo
imprestati alle riprese. Non ha ricevuto sovvenzioni tanto che l’uscita sarà rimandata fino al 4
maggio del 2007 perché non c’erano fondi sufficienti per girare la scena con l’elicottero a cui il
regista non voleva assolutamente rinunciare.
Ignorato da buona parte della critica e stato esaltato da altri raccogliendo anche numerosi premi, ad
esempio si è scritto ….”quando si incontrano sul proprio cammino pellicole simili, vien da gridare
che il cinema italiano non solo non è morto, ma si ha voglia di volgere la testa altrove,
vergognandosi persino di averlo pensato. Questa pellicola, senza scomodare miti e profeti, ha la
forza di un trattato antropologico, ma senza perdersi nella retorica dei buoni sentimenti,
sottolineando piuttosto come la vita si componga di sensazioni contrastanti e sgradevoli, in un
cinismo che contagia, ma rende liberi da pregiudizi e ipocrisie. Tre aggettivi per descriverlo?
Genuino, inaspettato e meraviglioso. Come le anime salve che descrive, uomini in cerca di un senso
che l’esistenza stessa allontana ogni giorno di più…. Il film è quasi privo di effetti speciali e ricorda
5. i metodi pionieristici con cui si giravano una volta le pellicole. Guardando il “dietro le quinte si
colgono le difficoltà incontrate per effettuare le riprese in un paesino sperduto di montagna, con
pochi mezzi economici, con la volontà di non usare il play back per dare veridicità alle scene. Il non
aver utilizzato attori professionisti si è rivelato una scommessa vincente, che ha reso le scene meno
sofisticate tecnicamente, ma più veritiere soprattutto per quanto riguarda l’utilizzo della lingua d’oc.
Sui visi della gente si legge la loro storia di lavoro e sacrificio, non hai dubbi sulla loro origine e
anche quando si guardano le interviste dietro le quinte il personaggio si fonde con l’attore come se
quella gente non facesse altro che raccontarsi in entrambi le situazioni. La troupe ha dovuto entrare
in punta di piedi in questo paese di sette abitanti (per quanto 35 persone possano non sconvolgere la
vita dei sette abitanti) anche se l’isolamento dalla “civiltà” sembra aver aiutato tutta la troupe a
capire ed a immedesimarsi in cosa il regista volesse catturare di quel contesto. Dalle interviste
emerge il modo giocoso con cui la gente ha recitato e una cosa che mi ha colpito, è stato il rendermi
conto che nessuno degli autoctoni si è reso conto che dal film la gente viene descritta come un
gruppo chiuso alle innovazioni e a tutto ciò che esula dalla loro cultura o tradizione, una chiusura
tale che arriva persino a rinnegare il lavoro dei loro padri quando a riproporlo è uno “straniero”.
Il bianco ed i toni del grigio predominano quasi tutta la pellicola, ad eccezione dei colori pastello
riservati agli “stranieri” ed allo scemo del villaggio, simbolo di semplicità e diversità autoctona e in
alcune scene anche al musicista, unico personaggio con cui il protagonista affronta disquisizioni
filosofiche. La musica è costante e ridondante che asseconda e calza in maniera perfetta ogni parte
di questo film, sia per quanto riguarda gli stati d’animo che le azioni e il trascorrere del tempo di
tutte le sequenze. Guardando questo film non si può fare a meno di pensare ad Ermanno Olmi ed
alle sue pellicole, infatti Diritti prima di questo lavoro da regista ha collaborato molto con lui ed è a
lui legato da una profondo sentimento di stima e di amicizia.
Motivazioni personali
Il motivo che mi ha spinto a scegliere questo film per il mio progetto è legato alla prima volta che
l’ho visto al cinema, c’era un offerta che permetteva di vedere due films al costo di tre euro, il
primo è stato “Caramel” il secondo “Il vento fa il suo giro”. Sono uscita dal cinema angosciata e per
vari giorni il pensiero di questo film ha riempito le mie conversazioni e i miei pensieri.
Mio padre è originario di un paesino in montagna, a diciotto chilometri dal lago di Garda, a undici
anni in un tema a scuola ho scritto che “il mio cuore era legato alla montagna perché lei fa parte di
me e io di essa”mi sento legata a quel piccolo paese e ne ho sofferto quando ho dovuto
allontanarmene per diversi anni, al mio ritorno tutto era cambiato nessuno mi riconosceva mi
trattavano da estranea con diffidenza, c’era gente nuova “non del paese” che ormai la faceva da
padrona. In questo film mi sono rivista in entrambi i lati sia da quello del paesano che ogni volta
che torna dalla città vorrebbe trovare tutto immutato, che da quello dello straniero che pur essendosi
innamorato di un luogo e desiderando con tutte le sue forze di chiamarlo casa non può farlo perché
la gente E’ TOLLERANTE ma non disposta ad accogliere.
Il motivo che invece mi porta a sceglierlo per un lavoro educativo è che il razzismo e la tolleranza
sono le due situazioni che più mi hanno colpito durante il mio tirocinio. Soprattutto perché sono
sentimenti vissuti tra utenti, da cui uno si aspetterebbe comprensione e empatia per persone che
hanno problemi simili ai suoi. Dalla mia esperienza posso dedurre che più il pensiero è primitivo,
più questi sentimenti sono esternati. Il luogo dove ho trovato maggiormente presenti queste
dinamiche è stato nella comunità psichiatrica, altri posti dove si può notare sono nell’ambito dell’
handicap e nelle case di riposo, al contrario il luogo dove ho trovato una situazione di accoglienza e
di maggiore accettazione sia della diversità che del carattere dei vari membri (sempre nei limiti
dell’essere umano) è stato nella comunità di recupero per tossicodipendenti.
DESTINATARI
6. Pubblico
Il gruppo a cui ho pensato di proporre la visione di questo film è già costituito all’interno della CRA
(comunità riabilitativa psichiatrica) poiché nella mia esperienza del secondo anno di tirocinio, ho
potuto osservare e partecipare a questa attività chiamata: “Gruppo movie”, questo percorso viene
gestito dall’E.P. ed è un percorso graduale di conoscenza ed approfondimento di più tematiche
d’interesse generale a partire da uno stimolo filmico (amicizia, famiglia, rapporti familiari, stigma).
Importantissimo è lo spazio di discussione e condivisione delle emozioni. Nelle occasioni in cui
avevo partecipato a questo gruppo ero rimasta colpita dalla ricchezza dei temi affrontati e dalla
profondità con la quale venivano trattati, e soprattutto dalla diversità di visione e interpretazione
delle immagini viste a seconda dell’utente e dei suoi vissuti, senza dimenticare l’influenza delle loro
patologie. Come prima citato nel rapporto con gli utenti psichiatrici una delle caratteristiche
fondamentali e comune a tutti è la tolleranza, ma non l’accoglienza degli altri utenti. Ho deciso di
proporre la visione di un film così profondo e ricco di stimoli alla tipologia di utenza che secondo la
mia esperienza meglio potrebbe cogliere tutte le sfaccettature e meglio sfruttare questo capolavoro.
Un’altra delle motivazioni per cui li ho scelti è la presenza dell’educatore all’interno di questo
gruppo e del suo ruolo attivo nel guidare la discussione. Sono certa che questa pellicola possa
portare gli utenti alla riflessione e visto che contrariamente ai pregiudizi che collocano l’ammalato
psichiatrico a livello di un ritardo mentale, queste persone hanno un’intelligenza nella norma e
addirittura in alcuni casi superiore, portarli se non ad un cambiamento immediato a suscitare in loro
degli interrogativi che ripresi in altri momenti strutturati li aiutino a migliorare il loro rapporto con
gli altri sia che essi siano utenti che personale, ma addirittura una volta all’esterno della struttura
con le persone che li circondano. Come risultato immediato di questo, come di un qualunque
cineforum ci si può solo aspettare la valutazione di come e quanto sono in grado di sintetizzare ciò
che hanno visto e la loro capacità di estrapolazione dei concetti chiave. Per quanto invece riguarda
le aspettative a lungo termine mi aggancio a quello sopra citato ossia la capacità di porsi
interrogativi e l’autocritica riguardo alle tematiche trattate.
Il lavoro
Per questo tipo di lavoro programmerei un incontro a settimana se pur con tematiche differenti
sempre di tipo riflessivo e con concetti chiave che possano interessare l’utenza in tutte le sue
sfaccettature, perché come mi è stato spiegato è inutile mettere l’utenza sotto una campana di vetro
per proteggerla da un mondo che prima o poi dovranno affrontare, meglio se affrontato anche se in
maniera più ovattata da uno schermo in modo da osservare i comportamenti ed in caso intervenire
su una situazione “protetta” e non nel mondo reale dove anche l’intervento sarebbe più invasivo. La
durata degli incontri varierà in base alla durata del film, verrà divisa in due parti: durante la prima
parte avverrà la visione del film, mentre nella seconda, separata da un piccolo intervallo, la
discussione e l’esercitazione scritta di riassunto e schematizzazione dei punti chiave da parte degli
utenti in modo da poter tenere monitorato i loro livelli di comprensione.
Come…
La seduta dedicata al film “il vento fa il suo giro” la ipotizzo in questo modo:
Tempistica: per questo incontro mi baserei sugli orari e la tempistica proposta dalla CRA perché il
rispetto della routine è molto importante per questo tipo di utenza, che altrimenti si rischia di
caricare inutilmente di stress. La visione inizierà dalle ore 14.30 alle 16.30 una pausa di 15 minuti e
poi inizierà la seconda parte dedicata alla discussione che durerà un’ora.
Strumenti: una stanza dove si può ricreare il buio, delle sedie per potersi sedere, un lettore DVD,
televisore, fogli dove scrivere le opinioni e delle biro, un faldone per raccogliere, alla fine
dell’incontro, tutto il materiale prodotto
Il mio lavoro: sono convinta che il lavoro dell’educatore non sia legato solamente alla realizzazione
di un progetto, e abbia costantemente la necessità di condividere le sue attività con il resto
dell’equipe. In particolare quando si usano metodi come la visione del cinema che implica un
7. linguaggio che tocca le corde dell’anima e ci permette di far uscire dalle persone emozioni e stati
d’animo che nemmeno la persona conosceva e in questo è molto utile avere la possibilità di
condividere le impressioni per avere più di una lettura e interpretazione dei messaggi mandati dagli
utenti. Detto questo all’interno invece dell’incontro il ruolo dell’educatore è quello di fare prima di
tutto una piccola introduzione per predisporre i presenti alla visione della pellicola e dare l’input
dell’inizio dell’attività strutturata. Durante la visione tenere l’ordine ed il controllo della situazione
monitorando senza dare troppo nell’occhio le varie reazioni istintive che avvengono durante la
proiezione. Infine nella seconda parte sta all’operatore dirigere il dibattito e se necessario
stimolarlo.
LA STORIA E I TEMI
Dinamiche narrative
I personaggi principali sono: i componenti della famiglia francese cioè il padre ex professore che ha
deciso di cambiare vita dedicandosi alla pastorizia ed alla produzione di formaggio e ci riesce anche
molto bene, visti i risultati, abbandona la “civiltà” per una vita meno agiata, ma sicuramente più
libera e senza burocrazia. È un personaggio molto complesso, introspettivo, un classico uomo di
montagna, come gli altri personaggi, non parla molto, ma quando parla dalla sua bocca esce tutta la
sua cultura che è mascherata dal suo aspetto. A volte sembra infischiarsene delle opinioni e dei
rimproveri della gente, ma soprattutto sembra non accorgersi che per la ricerca della sua felicità
trascura quella della sua famiglia. La moglie è una donna dall’apparenza fragile, ed allo stesso
tempo tra lo sfrontato e l’ingenuo nell’affrontare la nuova vita in quella comunità. Capisce
perfettamente la lingua, ma parla esclusivamente in francese, molto spesso i suoi stati d’animo e le
sue opinioni vengono manifestate quasi esclusivamente dalla sua mimica facciale e dalla
comunicazione non verbale. Si ha la netta sensazione che la sua sia una scelta di vita subita, fatta
come un gesto d’amore. I tre figli della coppia hanno un ruolo marginale. Un personaggio che
secondo me è termometro della situazione e del modo di vivere dei vari personaggi e del pensiero
reale del paese è lo scemo del villaggio. In tutta la prima parte del film le apparizioni di questo
personaggio sono sintomo di solitudine ed emarginazione (sdraiato su una panchina, scalzo nella
neve, seduto su un tetto ad osservare la festa, isolato dal gruppo, sdraiato in un vicolo con una
bottiglia di vino). La sua fisicità stride con il suo comportamento infantile, lo sguardo ed il faccione
sono lo specchio della sua anima bambinesca. Il regista per sottolineare questo suo aspetto lo fa
correre su un prato con le braccia aperte come a rappresentare un aeroplano (immagine che
richiama alla memoria molti film in cui il bambino in questo modo rappresenta la sua
spensieratezza e la sua fantasia). Nella parte centrale e conclusiva del film si passa dalla
rappresentazione di lui nella sua famiglia dove non viene accolto come membro, ma si evince dal
dialogo il peso di questa presenza e il dovere della facciata di perbenismo di doverlo tollerare.,Nella
parte centrale la sua figura sembra quasi scomparire ma in realtà è mimetizzato nella famiglia del
francese quasi a sottolineare che in quella non c’era tolleranza ma bensì integrazione totale della sua
diversità e del suo essere in tutto e per tutto tanto che alla fine arriverà al gesto estremo pur di non
tornare nella solitudine iniziale, era uno dei pochi a non accettare che il vento della sua vita tornasse
a fare il suo giro. L’ultimo personaggio che spicca rispetto al paese è il musicista, che in quanto
tale, potrebbe sembrare di cultura superiore tanto che è l’unico a trattare argomenti filosofici con il
protagonista e quindi ad avere una mente più aperta, ma in realtà rappresenta tutti quei paesani che
solo per essersi trasferiti in città e magari aver fatto studiare i figli si credono superiori agli altri e
capaci di aprire la mente ed affrontare il mondo moderno, mentre nella realtà sono ancora più chiusi
alle novità e pretendono rientrando al paese di trovarlo immutato.
Gli eventi degni di nota non ancora citati sono l’accoglienza del paese che in realtà maschera, e
neanche troppo bene, una curiosità e voglia di giudicare i nuovi venuti, l’altro episodio significativo
è il litigio tra il protagonista ed una paesana che arriva come gesto estremo a fratturarsi una mano
pur di denigrare e costringere alla partenza il protagonista e la sua famiglia. Non esistono altri
8. avvenimenti degni di nota in quanto il regista per sottolineare la monotonia della vita legata ai ritmi
della terra spezzetta i vari momenti in modo da farli risultare quasi insignificanti se presi
singolarmente, ma insieme compongono un puzzle molto complesso.
Le due tematiche principali che ho già trattato più volte sono la tolleranza vista come un sentimento
negativo, la chiusura della mente da parte di entrambe le parti: l’una nel nome della difesa della
propria cultura e l’altra del diritto alla propria libertà e felicità senza pensare a quella degli altri.
ANALISI DI UNA SCENA
Ho deciso di analizzare la sequenza dell’elicottero perché incuriosita dal fatto di aver letto nei
commenti che pur di girare questa scena, il regista mancando i fondi ha deciso di aspettare fino ad
ottenerli.
La mia domanda era “che cosa voleva dire di tanto importante con questa sequenza da risultare
irrinunciabile, lui che ha ridotto all’osso gli effetti speciali e ha fatto la scelta di non utilizzare attori
professionisti?”.
La scena ha una durata di 1’ 57” e 69.
La musica è completamente assente, il tempo è dato dal rumore dell’elicottero e dai dialoghi che
avvengono all’interno della cabina (intervista prima al sindaco e poi all’uomo più anziano del paese
che è stato fatto tornare per l’occasione), il dialogo si interrompe nel momento in cui si intravede al
di là della chiesa l’ambulanza, mentre il rumore dell’elicottero ci mette qualche secondo in più a
scivolare nel silenzio, ma l’osservatore rischia di non accorgersene perché preso come i personaggi
a capire cosa sta succedendo e cosa hanno visto di così scioccante. Il suono è sempre
contemporaneamente on per i dialoghi salvo quando inquadra altre persone presenti o fa la
panoramica del paesaggio, mentre e sempre off per il rumore delle pale dell’elicottero.
Le luci sono completamente naturali in quanto è una ripresa diurna all’aperto.
Inizio a descrivere la scena dal momento in cui si passa dal primissimo piano del vecchio in
macchina al primissimo piano del vecchio in elicottero che con lo sguardo fisso nel vuoto sembra
concentrato su ciò che dovrà dire facendo trasparire una lieve tensione per la paura di deludere il
sindaco ed il paese con la presentazione che farà. È comunque incuriosito dalla nuova posizione che
gli permette di vedere il mondo da un punto di vista diverso. L’immagine passa al panorama (CLL)
della panoramica delle valli, inizia a sentirsi off il giornalista che fa un’introduzione all’intervista
presentando i personaggi sull’elicottero. All’inizio del parlato si passa di nuovo in on all’interno
dell’abitacolo (PP) del giornalista e del sindaco, una veloce inquadratura (PPP) del musicista che
sembra distratto e annoiato. Di nuovo un’inquadratura dell’esterno dove si nota che dietro un
crinale inizia a comparire il paesino, che rimane però in ombra rispetto alla valle che ha alle spalle,
ed in lontana si intravede un lago. Durante tutto il tempo c’è la costante voce del giornalista che
descrive meccanicamente come su un volantino il paese di Chersogno. L’immagine che è fissa fa
capire che ci si sta avvicinando. La voce introduce un altro personaggio che è l’uomo più anziano
del paese che viene inquadrato insieme al giornalista (PP). L’intervistatore è predominante nel
dialogo ed impedisce all’anziano di dire che lui non abita più nel paese, il viso dell’intervistatore è
coperto dalla cinepresa che fa parte dell’equipaggiamento scenico. Il vecchio parla come deciso in
precedenza della sua vita in montagna e della rueido (momenti di lavoro comunitario per superare le
difficoltà ad esempio in periodi bellici) la ripresa si stacca in alcuni momento e inquadra prima il
sindaco e poi il musicista che annuiscono con la testa e sorridono visibilmente compiaciuti di come
il loro “attore”sta recitando il “copione”. Dal musicista l’inquadratura passa di nuovo al panorama
su un pascolo con delle doline e dei precipizi che fanno intravedere altre vallate. Si ritorna
all’interno dell’elicottero con inquadratura (PP) dell’anziano e subito dopo stacco sul paese ormai
vicino, si ritorna dentro (PPP) del giornalista che guarda il panorama e annuisce come se il decano
raccontasse esattamente ciò che lui si aspettava. Di nuovo inquadratura esterna questa volta è (CL)
sulla chiesa l’elicottero fa una rotazione intorno alla chiesa avvicinandosi. Di nuovo inquadratura
interna (PPP) del sindaco il cui viso sembra irrigidirsi poi passa sul viso del musicista che ruota la
9. testa verso il finestrino, forse in cerca di qualcosa intuito dalla faccia preoccupata del sindaco,
inquadratura della chiesa dove a sinistra del campanile si intravede un’ambulanza e sulla via una
camionetta dei carabinieri. Continua la rotazione intorno alla chiesa, i particolari in avvicinamento
diventano sempre più nitidi, stacco di nuovo sul musicista (PPP) che oltre al viso si irrigidisce
anche nel corpo e si sporge dal finestrino e cerca di nuovo lo sguardo del sindaco o comunque degli
altri presenti nell’elicottero, la voce si interrompe, l’inquadratura passa di nuovo all’esterno dove si
intravedono le persone in agitazione, si passa di nuovo all’interno primissimo piano del sindaco
fisicamente irrigidito, sguardo molto preoccupato e forse anche infastidito che qualcosa interferisca
con i suoi piani pubblicitari, inizia a muoversi per cercare di vedere meglio, regna il silenzio rotto
solo dal rumore dell’elicottero. (CM) si vedono carabinieri e altre persone seminascoste dagli alberi,
un soccorritore che osserva e da indicazioni ai due barellieri con la barella. Per me qui si interrompe
la sequenza da me esaminata con l’atterraggio dell’elicottero. La sequenza è montata in modo da
creare il giusto equilibrio tra cosa provano i vari personaggi (mostra mimica facciale) e il panorama
dei loro racconti visto da una prospettiva completamente innovativa rispetto a quelle finora
promosse dal film, sei sopra le parti è lasciato alle emozioni di chi guarda frutto anche di tutto
quello che il regista ci suggerisce durante la pellicola. Nella parte finale questo tipo di montaggio
rende perfettamente il senso di curiosità misto a frustrazione per non riuscire a vedere tutto e subito.
CONCLUSIONI
Questo film secondo me non meriterebbe dieci pagine di lavoro, ma un libro intero per sviscerare
tutte le tematiche e i sistemi per portarle alla luce. Da parte mia c’è stata la difficoltà di accettare la
provocazione e dimostrare di non essere ottusa come tutti i personaggi di questo film.ogni volta che
ho riguardato questa pellicola cambiavo le mie opinioni sui vari personaggi, per poi giungere alla
conclusione che forse la verità sta nel mezzo e bisogna metterci del proprio per poter essere
accettati e non si può sempre solo pretendere comprensione. Un’altra difficoltà è stata dover
scegliere a chi mostrare questo film poiché sono convinta che dovrebbero vederlo tutti, infatti
appena finito questo lavoro ho già in mente almeno dieci persone a cui prestare il DVD.
10. ESEMPIO 2
ELABORATO FINALE - CORSO CINEMA, FOTOGRAFIA E
TELEVISIONE
“STAND BY ME – RICORDO DI UN’ESTATE”
1. INTRODUZIONE:
- Cast & Credits:
Titolo Originale: “Stand by Me”
Anno: 1986
Durata: 89 minuti circa
Paese: Stati Uniti
Genere: Avventura, Drammatico
Regia: Rob Reiner
Soggetto: racconto “The Body” (Il corpo) di Stephen King, tratto dalla raccolta “Stagioni Diverse”
Interpreti Principali: Wil Wheaton, River Phoenix, Corey Feldman, Jerry O’Connell,
Kiefer Sutherland, Casey Siemaszko, Gary Riley, Bradley Gregg, Jason Oliver, Richard
Dreyfuss
Sceneggiatura: Raynold Gideon, Bruce A. Evans
Fotografia: Thomas Del Ruth
Produzione: Act III Productions, Columbia Pictures Corporation
Montaggio: Robert Leighton
Musiche: Jack Nitzsche
Specifiche Tecniche: 35 mm, Panavision, Normale, Technicolor
Scenografia: J. Dennis Washington
Effetti: Henry Millar, Richard Thompson
- Trama:
Oregon, anno ’80: Gordie Lachance legge su un giornale l’articolo che parla della morte
di un suo vecchio amico d’infanzia, Chris Chambers. Quella notizia lo porta a ricordare
l’estate del 1959 a Castle Rock, quando lui, Chris e altri due amici, Teddy e Vern,
allora circa dodicenni, si avventurarono alla ricerca del cadavere di un ragazzo, loro
coetaneo, scomparso da giorni. Era stato Vern che, di nascosto, aveva sentito il
fratello maggiore raccontare del ritrovamento del corpo del giovane. Questi non aveva
però denunciato il fatto alla polizia poiché si era recato in quel posto con un’auto
rubata e temeva perciò ripercussioni. Il gruppo di amici si era messo così in cammino,
seguendo i binari del treno, fino al luogo in cui il ragazzo era stato rinvenuto.
Questa esperienza rappresenterà per i quattro non solo un’avventura eccitante, con
ostacoli da superare durante il tragitto e un gruppetto di “bulli” da allontanare una
volta raggiunto il cadavere, ma una possibilità per affrontare i piccoli e grandi
11. problemi di quell’età e le storie di ognuno di loro. Un viaggio per scoprire se stessi,
sognare un futuro, credere nell’amicizia, dire addio alla loro infanzia, prima di essere
scaraventati nella vita adulta...
- Descrizione del Prodotto, Considerazioni e Collegamenti:
Il prodotto mediale da me scelto è un film statunitense del 1986 dal titolo “Stand by Me”.
Trasposizione di un racconto di Stephen King, il re dell’orrore, il film prende il suo
titolo dalla famosissima canzone di Ben E. King.
Tra gli attori del cast, i più famosi e conosciuti sono River Phoenix, morto all’età di 23
anni per un’overdose, Richard Dreyfuss, interprete di “American Graffiti”, che appare in
apertura e chiusura del film nel ruolo del narratore, Kiefer Sutherland e Jerry
O’Connell.
Nonostante il regista Rob Reiner (regista anche del celebre “Harry ti presento Sally”) abbia
affrontato temi quali la ribellione, il passaggio alla maturità, l’amicizia, le difficoltà
familiari, le barriere sociali, la violenza e il bullismo, già più volte trattati in
precedenza (“Gioventù Bruciata”, Nicholas Ray, Usa, 1955; “American Graffiti”, George Lucas, Usa,
1973) ed anche in quegli stessi anni (“I ragazzi della 56esima Strada” e “Rusty il Selvaggio”, Francis Ford
Coppola, Usa, 1983-84), in questo film lo fa scegliendo di raccontare le vicende di un
gruppo di ragazzi più giovani, tra i dodici e i tredici anni, che non si trovano ancora nel
pieno dell’adolescenza, anzi, questa non è ancora iniziata (le ragazze non sono ancora la
cosa più importante...), ma che hanno a che fare con questi problemi: genitori che li
maltrattano (il caso di Vern e Chris), che non si rendono neanche conto della loro
esistenza (come quelli di Gordie, troppo presi dalla morte del fratello), fratelli
maggiori violenti e membri di un gruppo di giovani “bulletti” di paese che li
intimoriscono e si prendono gioco di loro, futuro incerto (solo Gordie e Chris, che però
morirà, riusciranno a seguire i loro sogni)... Insomma una situazione di smarrimento,
incertezza, paura, frustrazione, desiderio di emanciparsi, che anche loro provano e
devono affrontare. Gestisce inoltre queste tematiche in una chiave di lettura più
psicologica, scavando in profondità nei protagonisti (soprattutto in Gordie e Chris),
motivando le loro azioni e decisioni, manifestazione di un tentativo di ricerca della
propria identità, di superamento di traumi vissuti (per Gordie la morte del fratello
Denny, per Chris le violenze del padre che lo fa sentire un buono a nulla) e modelli
familiari e sociali che non sentono essere i loro ma che naturalmente pesano sulla loro
vita e sulle loro scelte (Chris, nonostante le origini familiari, riuscirà a diventare
avvocato; Gordie, sebbene il padre non stimasse le sue doti, deciderà di intraprendere
la carriera di scrittore).
Inoltre è stata riconosciuta al regista la capacità di non aver disperso l’atmosfera del
racconto di King, e di aver proposto un’efficace ricostruzione dell’epoca, grazie anche
alle canzoni di repertorio (Stand by me di Ben E. King, Lollipop dei Chordettes...). Una
storia molto ricca di sentimento ma non banale, merito anche della valida
sceneggiatura di Gideon e Evans, nominata anche all’Oscar.
Questo film potrebbe essere comparato a molti altri film che trattano gli stessi temi,
in particolare l’adolescenza, o ancor meglio il passaggio dall’infanzia alla maturità, e i
12. rapporti di amicizia. Alcuni film sono già stati da me citati sopra, oltre a questi molto
rilevante è a mio avviso “L’Attimo Fuggente”. Sono film che, oltre a trattare temi analoghi,
ovviamente con sfumature diverse, tentano anche di narrare una generazione, non
sono per nulla individualisti, come lo stesso “Stand by Me”.
Mi permetto inoltre di azzardare altri possibili collegamenti, forse un po’ forzati ma
che per me hanno il loro senso. Per primo l’associazione con il film “Labyrinth – Dove tutto è possibile”
di Jim Henson con David Bowie e Jennifer Connelly. Una storia inverosimile perché
fantastica, ma che secondo me rappresenta in un certo qual modo quel viaggio verso il
mondo adulto, per niente facile, che tutti devono compiere (la metafora del labirinto),
verso quel mondo delle responsabilità, dove i giocattoli dovrebbero essere
abbandonati, ma dove si può continuare a sognare per non perdere quella componente
più emotiva e irrazionale che ci permette di stare a contatto con le parti più profonde
di noi e costruirci un futuro che sentiamo nostro. Il secondo film è “I Goonies” di Richard
Donner con Corey Feldman (lo stesso Teddy di “Stand by Me”). Anche in questo caso si
tratta di un film avventuroso che racconta le vicende di un gruppo di amici, di diverse
età, alla ricerca del tesoro di un vecchio pirata. I temi trattati sono, oltre a quello
dell’amicizia, il tema della crescita e della presa di responsabilità, quello della
diversità, delle barriere sociali ed economiche, del rapporto tra ragazzi più giovani
(ancora presi dal gioco) e ragazzi più maturi (che già pensano alle ragazze...).
Questi due film, insieme a “Stand by Me”, sono film che ho visto da bambina e che non ho
mai scordato. Ritengo che propongano delle tematiche molto importanti e abbiano
soprattutto la capacità di trasmettere contenuti ai giovani, portandoli a riflettere in
maniera non forzata perché coinvolti dalla vicenda.
- Motivazioni Personali:
Nonostante mi preoccupasse un po’ l‘idea di proporre un film piuttosto “datato” ho
scelto di farlo comunque, per i suoi contenuti e per quello che mi ha trasmesso e mi
continua a trasmettere ogni volta che lo rivedo. Ritengo che, sebbene la generazione
raccontata in “Stand by me” sia diversa da quella di oggi, questa storia possa dare molti
spunti per delle riflessioni anche riferite all’attualità. Lo fa in modo molto delicato,
divertente in alcuni momenti, commovente in altri, senza aggredire lo spettatore ma
lasciando un segno molto profondo. Alla fine della visione non puoi non riflettere su
alcune cose: sul significato dell’amicizia, soprattutto a quell’età, e il valore del gruppo,
sul difficile passaggio alla maturità e la sensazione di smarrimento che porta a vivere,
quella paura ma anche quel forte desiderio di crescere, di scoprire se stessi giorno
dopo giorno. La storia raccontata spinge ad interrogarsi sul valore e l’importanza di
credere nelle proprie capacità e nei propri sogni e lottare per realizzarli, anche se gli
ostacoli saranno sempre in agguato, e propone anche temi molto delicati quali la morte,
le difficoltà familiari (famiglie assenti, famiglie violente, famiglie problematiche e
genitori psicologicamente instabili), che fortunatamente non accomunano tutti ma che
sono un problema diffuso e di cui si sente sempre più parlare. Viene inoltre
affrontato, anche se in minima parte, il tema del bullismo, molto attuale soprattutto
negli ultimi mesi.
13. Quello che mi ha colpito è che tutto questo non venga proposto in maniera violenta né
diretta. Molti dei temi affrontati non sono esplicitati, ma se ne sente la presenza e
non è necessario scavare troppo in profondità nei livelli interpretativi del film per
trovarli. In alcuni casi è la voce del narratore (Gordie ormai trentenne) che aiuta a
riflettere, presenza costante che ad un certo punto non senti nemmeno più, ma che
c’è, ed aiuta a dare valore alle scene e alle vicende della storia. Il tutto in maniera
molto naturale, per niente forzata.
Ed è proprio questo che desideravo! Non mi piaceva il fatto di scegliere film che
proponevano in maniera diretta temi particolari e spesso piuttosto forti, come
potrebbero essere l’adolescenza, l’handicap, la malattia psichica. Forse perché la mia
idea era quella di proporli alle persone direttamente interessate. Sentirsi troppo
coinvolto, chiamato in causa nella visione di un film che in un certo senso parla proprio
di sé, mi dava l’impressione di violare l’intimità di un individuo, di oltrepassare il
confine delle emozioni, sensazioni, vicende troppo personali e troppo dolorose in molti
casi, a volte ancora non comprese o affrontate dal soggetto.
Sulla base di questo mi sembrava quindi interessante utilizzare un prodotto mediale
meno aggressivo, se così si può dire, ma che non lasciasse senza pensieri, riflessioni o
domande alla fine della sua visione. Perché gli spunti per interrogarsi ci sono, ma c’è
anche la “leggerezza” di una storia che è piacevole seguire e che coinvolge senza
riferimenti troppo diretti. Mi ci è voluto molto tempo per scegliere, e alla fine... “Stand by
Me”! Rivederlo è stata la conferma che questo era quello che cercavo, forse perché è
anche un film che ho visto più volte da piccola e quindi, non so, lo sentivo un po’ come
uno di famiglia.
2. DESTINATARI:
- Chi...?:
Anche rispetto a questo punto ho riflettuto molto e mi sono fatta molte domande. I
possibili destinatari a cui avevo pensato erano diversi: ragazzi adolescenti e
preadolescenti che frequentano un C.A.G., studenti di terza media o delle I superiori,
ospiti di una comunità per minori con età vicine ai protagonisti.
Ho scelto infine di proporre il mio intervento a degli studenti delle classi terze medie,
per vari motivi:
• La storia: il film racconta un’avventura molto coinvolgente, anche perché in alcuni
momenti suspance e tensione, dovute ad alcune vicende, ai luoghi, all’oscurità e
all’obiettivo finale (il ritrovamento di un cadavere), richiamano un po’ il genere
“horror”, che a questa età suscita interesse, alza il livello di adrenalina e fa sentire
in un certo senso adulti... Ho ritenuto importante anche questo elemento. E’
fondamentale prima di tutto che i destinatari siano “ingolositi” da quanto viene loro
proposto e credo che questo film sappia farlo. E’ la base su cui impostare
l’intervento.
• L’età: i protagonisti di “Stand by Me” hanno circa la stessa età degli studenti che
frequentano la terza media. Questa vicinanza, secondo me, permette
14. l’identificazione e quindi da la possibilità di condividere certe emozioni, situazioni,
discorsi che sono specifici di quel periodo della vita. Non credo che il fatto che il
film risalga agli anni ottanta e racconti una storia ambientata nel 1959 possa
essere un problema, perché i temi proposti sono sempre attuali e comunque questa
distanza potrebbe dare anche la possibilità agli studenti di sentirsi meno chiamati
in causa (perché apparentemente non direttamente interpellati) e di essere quindi
più disponibili, aperti e critici rispetto agli argomenti trattati.
• La classe frequentata: l’ultimo anno delle medie rappresenta un anno di passaggio,
di scelte, di domande. Anche Gordie e Chris, nel film, parlano spesso del loro
futuro, del college, dei loro desideri. Ho scelto la terza media anche per questo.
Nel film ci sono molti riferimenti a questo particolare della vita di ciascuno di noi,
quando arriva il momento di scegliere se proseguire con gli studi o lavorare e quindi
iniziare a chiedersi cosa si vuole essere da grandi; si inizia in un certo senso a
camminare con le proprie gambe, si deve superare una prova (l’esame) che
rappresenta un rito di passaggio nel mondo dei “quasi-adulti” (o comunque dei
ragazzi più grandi), in molti casi per frequentare le superiori sarà necessario
spostarsi dal proprio paese, molti degli amici con cui si trascorreva il tempo in
classe prenderanno strade diverse e ci si perderà di vista... Le paure sono molte,
anche l’agitazione e la curiosità per questo cambiamento imminente che si
rifletterà sulla propria vita, presente e futura. Nel film la scena del ponte rende
bene, a mio avviso, questo rito: i ragazzi si interrogano se sia il caso o meno di
attraversare il ponte, poiché su di esso potrebbe passare in qualsiasi momento il
treno ed allora non ci sarebbe possibilità di salvarsi... Una scelta importante,
pericolosa, che però è determinante per continuare il proprio percorso e
raggiungere l’obiettivo. Non è anche un po’ questo che ci si trova ad affrontare in
terza media...!?
• I temi: come già detto più volte gli argomenti che il film affronta sono molti e
molto vicini a questa specifica età. Nel punto sopra parlavo della scelta del futuro,
l’immagine del diventare grandi, prendersi delle responsabilità, cavarsela da soli. Il
tema del passaggio dalla giovinezza alla maturità permea l’intera trama del film: in
alcune scene i ragazzi parlano di futuro, delle scelte decisive che li attendono, a
volte assumono comportamenti adulti (quasi a voler imitare i grandi, come fumare
sigarette) e in altri casi si discostano da quel mondo, rifiutandolo e
sbeffeggiandolo. Non è un periodo facile, non lo è stato per nessuno, ed è in questi
momenti che viene in aiuto l’amicizia (altro tema fortemente presente), il sentirsi
gruppo, per cui si ha l’impressione che ciò che ci spaventa, non sia poi così
terrificante se abbiamo qualcuno vicino (la scena della notte nel bosco ne è un
esempio, ma anche molti altri momenti di profonda condivisione e sentimento, lo
stesso Gordie adulto si rende conto che non si vivono mai più amicizie forti come
quelle avute a quell’età). E’ questa coesione che aiuta i quattro amici ad affrontare
il gruppo di “bulletti” del paese (come già ho detto un argomento quello del bullismo
purtroppo ancora molto attuale), a superare molte delle prove che incontreranno
15. nel loro percorso (il dolore fisico causato dalle sanguisughe), a gestire il difficile
momento del ritrovamento del cadavere del ragazzo; ed è nel gruppo, o con gli
amici più cari, che si riesce, o comunque si prova, a parlare dei propri problemi
familiari, di quello che ci fa soffrire, di ciò che ci spaventa (Gordie e Chris lo fanno
spesso). Per finire altri tre temi altrettanto attuali possono essere identificati nel
film e ricondotti ai destinatari dell’intervento: quello della morte, che è sempre più
presente nelle notizie di tutti i giorni (nel film la morte di Chris, Denny, e il
ragazzo), la distanza tra mito e realtà, le cose che immagini in un modo e una volta
affrontate sono così diverse e spesso meno spaventose di quello che si credeva
(rappresentata dalla scena del cane e del guardiano della discarica, che erano
sempre stati descritti come terrificanti e si rivelano invece un innocuo bastardino
e un goffo e grasso uomo...) e i segreti, quei momenti o sentimenti che le parole non
farebbero nient’altro che sminuire e che è meglio a volte tenere dentro sé, perché
forse gli altri non potrebbero capire (l’incontro di Gordie col daino).
Ritengo che il fatto di proporre, mediante un film, questi argomenti, dia agli studenti
destinatari del mio intervento la possibilità di affrontare quelli che sono gli elementi
caratterizzanti della loro età, che spesso risultano essere problematici e che
determinano in fondo i loro bisogni del momento. Il film rappresenta un input, che
deve poi essere completato con un lavoro successivo, con la finalità di approfondire i
temi proposti ma soprattutto di far parlare i ragazzi, sulla base delle loro esperienze
se lo desiderano, o grazie agli stimoli dati dalle scene proposte.
Da un intervento del genere mi attenderei coinvolgimento, senz’altro credo che dovrei
essere assolutamente molto creativa e poco costrittiva, cercando di non chiedere ai
ragazzi quello che io mi attendo, ma piuttosto di mettermi in ascolto nei loro
confronti, accogliendo le loro idee e cercando di stimolarli se necessario. Sono
consapevole del fatto che un genere di utenza di questo tipo non è affatto semplice da
gestire, mi potrei quindi trovare nella confusione, nell’indifferenza, ma anche, e mi
auguro, in una situazione di condivisione e messa in comune di pensieri, per poter avere
tutti qualcosa in più su cui riflettere una volta terminato l’incontro.
Credo sia soprattutto una questione di atteggiamento del conduttore (io in questo
caso). Ho sempre pensato che non fosse poi così vero che i giovani d’oggi non hanno
voglia di parlare ed esporsi, forse è il modo in cui si chiedono loro certe cose che
determina gli esiti di un intervento, per cui ritengo che in una eventuale valutazione
della mia proposta dovrei pesare molto il mio modo di gestirla.
- Come...?:
Il metodo di lavoro da me ipotizzato è il seguente:
• Finalità: portare i ragazzi a riflettere sulle tematiche proposte dal film e fare un
paragone con la loro età e il momento della vita in cui si trovano e quindi riflettere
su se stessi.
• Tipo di incontro: per il mio lavoro ho ipotizzato un intervento che occuperà
un’intera giornata scolastica (h 8.00-13.00/14.00-16.00) in una classe terza media.
Prevedo che il tutto possa tranquillamente svolgersi nella classe, se gli strumenti
16. per la visione del film sono disponibili, se no si potrebbe lavorare anche in un
eventuale aula audiovisivi. Non credo mi dispiacerebbe la presenza dell’insegnante,
forse anche per avere un aiuto e una figura familiare agli studenti. Sarebbe forse
utile un incontro preliminare proprio con i professori per introdurre il metodo di
lavoro e soprattutto contestualizzare l’intervento in modo che quanto emergerà da
quella giornata non vada perso, ma venga ulteriormente rielaborato e diventi
strumento di lavoro. Ho pensato che un intervento di questo tipo potrebbe essere
inserito all’interno di qualcosa di più ampio, come ad esempio un lavoro sui giovani
oppure l’orientamento per la scelta del proprio futuro dopo la scuola media. Ritengo
sia sufficiente un singolo intervento perché, visti i destinatari, sarebbe necessario
inserirsi all’interno di una scuola e quindi sottrarre ore a degli insegnanti. Oltre a
questo la mia scelta è determinata dal fatto che non ho alcuna esperienza di questo
tipo e non me la sono sentita di ipotizzare un lavoro più ampio, utilizzando magari
più prodotti mediali su cui lavorare in più incontri. Mi sono limitata a pensare
possibili collegamenti con altri film, ma non ho avuto il coraggio di andare oltre.
• Strumenti: vhs o dvd del film, televisore e videoregistratore vhs/dvd o proiettore,
casse acustiche, lavagna, bloc notes o fogli, cartelloni e pennarelli, vhs o dvd su cui
saranno registrate alcune delle sequenze più significative del film (scene della
discarica, del treno, della notte nel bosco, delle sanguisughe, del ritrovamento del
cadavere), appunti personali.
• Metodo di intervento: il mio lavoro sarà diviso in quattro momenti: introduzione e
visione del film, discussione di gruppo, lavoro in sottogruppo, confronto e
conclusioni.
a. Introduzione e visione del film (h 8.00-10.00): momento in cui mi presenterò
e conoscerò gli studenti, introdurrò la giornata, le finalità dell’intervento e,
in breve, il film, con un accenno alla trama, al periodo storico, al regista, al
soggetto e agli attori. Seguirà la visione del prodotto.
b. Discussione di gruppo (h 10.00-11.45): raccoglierò tra i ragazzi le impressioni
e i pareri relativi al film in maniera inizialmente molto spontanea, appuntando
sulla lavagna i commenti su cui si potrebbe lavorare insieme. Cercherò di
stimolare anche un confronto tra di loro e di chiedere interpretazioni
sempre più profonde, magari con esempi di esperienze personali se i ragazzi
se la sentono. Se il discorso dovesse bloccarsi o alcuni argomenti cardine
faticassero ad emergere potrei proporre delle domande stimolo quali ad
esempio “Quale personaggio vi ha colpito di più?”, “Perché?”, “Quali sono i
momenti più importanti del film?”, “Come potrebbe essere diviso il
racconto?”, “Trovate delle metafore o dei simboli all’interno del film?”,
“Quale scena vi ha colpito di più?”, “Vi impersonate in alcuni aspetti del
racconto o in alcuni personaggi?”. Man mano che i temi emergeranno questi
verranno da me appuntati alla lavagna per poter essere visibili a tutti.
c. Lavoro in sottogruppi (11.45-13.00/14.00-14.30): dopo questo primo lavoro
dividerò gli studenti in cinque gruppi ognuno dei quali dovrà discutere su
17. cinque momenti del film (le sequenza registrate su vhs/dvd: scena della
discarica, attraversamento ponte, notte nel bosco, sanguisughe e
ritrovamento corpo). Sarà richiesto loro un cartellone in cui dovranno
riportare, in qualsiasi modo (scrittura, disegno, simboli...), quello che quella
scena ha suscitato in loro, quelli che ritengono essere i temi trattati e i
significati, e il loro punto di vista, anche, se lo desiderano, rispetto alle loro
esperienze. Questi cartelloni saranno poi appesi nella classe e mostrati ai
compagni, senza però dare inizialmente spiegazioni a riguardo.
d. Confronto e conclusioni (14.30-16.00): l’ultima parte si aprirà con un
confronto sui cartelloni e le impressioni degli studenti. A ciascun gruppo
sarà chiesto poi di illustrare il proprio lavoro previa visione della sequenza
analizzata. Eventualmente aggiungerò qualche riflessione o stimolo se
necessario e chiederò ai compagni di dire la loro rispetto all’argomento. Mi
congederò chiedendo un parere agli studenti sulla giornata (visto anche che
si tratterebbe della mia prima esperienza) e ringraziando per la
disponibilità.
• Ruolo dell’educatore: come già detto sopra credo che la mia presenza dovrebbe
essere più ricettiva che direttiva. Saranno principalmente gli studenti a guidare la
giornata, seguendo alcuni punti da me stabiliti nel metodo di intervento. In caso
fosse necessario proporrei degli stimoli ma credo importante che siano i ragazzi a
rendersi conto del percorso e a tracciarne la via, anche per farli sentire partecipi
e non passivi e per far sì che questa giornata e il lavoro svolto abbiano per loro un
senso e lascino in loro un segno. Il mio atteggiamento dovrà essere di estrema
apertura, creativo, accogliente, non giudicante e tranquillo, cercando di non far
sentire gli studenti violati nella loro intimità e nelle storie personali o costretti ad
esporsi e a parlare, ma piuttosto mostrandomi disponibile all’ascolto e grata per il
loro sforzo.
3. LA STORIA E I TEMI:
- Dinamiche Narrative:
Personaggi: il personaggio principale, protagonista della vicenda è Gordie, il quale una
volta adulto ripensa a quell’esperienza passata e la racconta. Ritengo che anche gli
altri tre amici possano essere ritenuti i protagonisti di questa storia, ma, insieme a
Gordie, è Chris che in modo particolare viene messo in rilievo in molti momenti. Sono
soprattutto i due ragazzi che subiscono un’evoluzione e vengono spesso raccontati, con
immagini e parole. La loro amicizia potrebbe essere ritenuta, in un certo senso, la
protagonista principale di “Stand by Me”, tanto che il film si apre e si chiude con
Gordie adulto che pensa a Chris. I quattro amici sono ben descritti e per ciascuno c’è
una caratterizzazione particolare: Gordie è un giovane con la passione per la scrittura
segnato dalla perdita del fratello maggiore, con una famiglia assente e che lo paragona
continuamente al fratello; Chris è un ragazzo intelligente, molto paterno nei confronti
di Gordie, con una famiglia disastrata alle spalle dalla quale deriva la sua fama di poco
18. di buono; Teddy è figlio di un reduce dello sbarco in Normandia con problemi psichici,
che gli ha ustionato un orecchio su una stufa; Vern un ragazzino cicciotello e fifone. Di
nuovo devo rilevare che dei primi due sono stati mostrati e raccontati molti più
aspetti, cercando di scendere in profondità, nella loro psicologia, cosa che per Teddy
e Vern è stata solo accennata, e mostrando la loro evoluzione (alla fine della storia i
due decideranno di credere nei loro sogni e di seguirli).
Volendo scendere più in profondità ci sono dei ruoli che vengono ricoperti dai
personaggi all’interno del film che a mio avviso ripropongono anche degli stereotipi.
Trovo, infatti, che ogni ragazzo, ma di nuovo in particolare Gordie e Chris,
rappresenti una problematica specifica: Gordie il problema delle famiglie assenti,
Chris delle famiglie violente e dei sogni per i quali vale la pena lottare, Teddy il
disagio psichico (vive continuamente sfidando tutti e elogia il padre nonostante
questo l’abbia spesso maltrattato), Vern le persone che non si espongono, che
restano sempre dietro gli altri e seguono i loro passi. Dei due protagonisti ci sono
molte più cose da dire: Gordie rappresenta lo studioso sognatore ostacolato nel suo
desiderio di diventare scrittore che poi però lotta per i suoi sogni e li realizza,
Chris, il “bello e dannato” etichettato dalla società che riesce a diventare qualcuno.
Inoltre, ognuno dei due rappresenta per l’altro una sorta di padre spirituale: Chris
convince Gordie a seguire i suoi desideri e lo elogia nelle sue capacità di scrittore,
Gordie cerca di convincere l’amico a continuare con gli studi perché ha delle
potenzialità. L’uno per l’altro impersona il ruolo del padre, che in entrambi i casi è
assolutamente assente e quando c’è li fa sentire degli incapaci.
Oltre ai quattro amici ci sono altri personaggi all’interno del film: Milo Pressman (il
guardiano della discarica) e il suo “feroce” cane, che, come già accennato,
rappresentano la prima lezione sulla distanza tra mito e realtà; il daino (certo non è
una persona ma ricopre un ruolo) che simboleggia i segreti; le sanguisughe, il dolore
fisico, la cui sopportazione simboleggia il fatto di essere “uomini veri”; e poi c’è
Ray, il ragazzo morto di cui i quattro vanno alla ricerca. Lui rappresenta appunto la
finitezza della vita, l’idea che da un momento all’altro tutto possa finire, e
sconvolge i ragazzi anche per il fatto che ha la loro stessa età (quel corpo
appartiene alla loro generazione e rappresenta in un certo qual senso anche loro)
ed è morto investito dal treno (anche loro in una scena si trovano a sfuggire dal
treno). Ray rappresenta anche il punto di passaggio dall’infanzia alla maturità, una
volta ritrovato e finita quell’avventura i ragazzi prendono ognuno la propria strada
e iniziano a diventare adulti. Ma soprattutto, per Gordie e Chris, il ragazzo è un
obiettivo da raggiungere per superare un periodo difficile, simboleggia in un certo
senso il fratello defunto di Gordie e un momento per i due di condivisione e scelte
future. Per terminare la carrellata sui personaggi anche Asso e la sua banda hanno
la loro valenza simbolica. Loro rappresentano l’ultima prova che i ragazzi devono
affrontare, un confronto con la generazione dei più grandi, col bullismo e la
prevaricazione, che i ragazzi riescono a superare.
19. In ultimo, astraendo ancora di più l’analisi del film, possiamo identificare come
destinatari di questa storia i quattro amici, mentre il destinatore è rappresentato
da Vern (che racconta quanto origliato e propone l'avventura), e involontariamente
dal fratello di Vern e dall’amico, membri della banda di Asso. Come già detto il
protagonista è il gruppo, ma potrebbe identificarsi anche nelle figure di Gordie e
Chris, e l’oggetto da raggiungere il cadavere del ragazzo scomparso, ma più
simbolicamente la maturità, poiché questa storia rappresenta la metafora di un
viaggio di formazione. Gli oppositori sono principalmente Asso e i suoi amici, ma
anche, ponendosi di nuovo ad un livello più simbolico, le famiglie dei ragazzi
(soprattutto di Gordie e Chris) che rappresentano un ostacolo al loro processo di
crescita e maturazione. Per quanto riguarda gli aiutanti credo che sia l’amicizia che
lega i quattro e quindi l’aiuto reciproco tra loro a fare da supporto alle fatiche del
viaggio.
I livelli di lettura di questa storia sono vari, e diversi sono i ruoli e le valenze che è
possibile attribuire ai suoi personaggi. Dopotutto ci sono quattro ragazzi che
vivono un’avventura alla ricerca di un cadavere, ma ci sono anche quattro giovani
amici, ognuno con storie diverse, ma tutti accomunati da questo cammino di
crescita e scoperta di sé, verso la maturità, verso l’età adulta, verso il futuro, con
delle prove da affrontare che simbolicamente rappresentano questo rito di
passaggio.
Ambiente: all’interno della storia sono identificabili alcuni ambienti, oggetti e
situazioni che assumono una valenza particolare. Per iniziare il paese: Gordie parla di
Castle Rock all’inizio, un paesino di poco più di mille abitanti, anche da questo deriva il
desiderio di fuga ed emancipazione dei ragazzi. In secondo luogo la casetta sull’albero,
che simboleggia il senso di gruppo, il luogo a cui si può accedere solo se si conosce la
parola d’ordine (salvo poi dimenticarla come fa Vern), dove si usa un linguaggio
particolare e si gioca a fare i grandi. E poi ci sono i binari e il treno, tema ricorrente
in tutto il film, metafora del viaggio, del cammino, ma anche del pericolo. Altro
ambiente presente in maniera costante è il bosco, la natura come ricerca di origini, di
un senso primario, ma anche luogo spaventoso quando ci si trova a dover trascorrere la
notte, e allora vengono a galla tutte quelle paure e quelle ossessioni dell’infanzia
(quando ho guardato questa scena ho supplicato la persona al mio fianco di non andare
via... Ho ventidue anni...). La notte intorno al fuoco è un’occasione per raccontare
storie, parlare di sè, dirsi cose molto personali ma anche per sentirsi grandi e
affrontare i propri timori.
Eventi: l’incipit narrativo è dato dalla decisione dei quattro amici di intraprendere
questo viaggio (contratto). Questa scelta è dettata anche dalla necessità di
emanciparsi e sfuggire per un po’ ad un ambiente che stava loro stretto e li opprimeva,
viste anche le specifiche situazioni familiari. Per quello che riguarda le competenze
messe in atto per superare le varie prove che hanno incontrato sul loro cammino,
credo che sia stata la loro amicizia (l’unione, il fare gruppo) che li abbia aiutati ad
affrontare il difficile percorso, insieme anche alle caratteristiche dei singoli membri
20. (soprattutto Gordie e Chris che spesso risolvono situazioni che stanno per
degenerare: ad esempio Chris che salva Teddy dal treno). In generale la prova che i
quattro hanno dovuto superare è stata quella del viaggio per il ritrovamento di Ray;
nello specifico poi, come già detto, le prove sono state molte, ognuna con un suo
significato subliminale (sono i momenti che ho proposto anche nel lavoro di gruppo). La
sanzione finale è data dal ritrovamento del corpo. L’epilogo non è però quello atteso e
previsto all’inizio della storia: i quattro amici ritenevano infatti che se avessero
ritrovato il corpo del giovane battendo sul tempo la polizia e i “bulletti” del paese, la
televisione avrebbe parlato di loro. Invece, una volta giunto quel momento e cacciata la
banda di Asso (che aveva il stesso loro intento: diventare famosi) la decisione presa è
stata quella di fare una telefonata anonima, rinunciando in tal modo alla fama dei
media, forse perché giunti a quel punto l’obiettivo di quella avventura si era rivelato un
altro...
Trasformazioni: mantenendosi ad un livello superficiale (il livello della storia
rappresentata) possiamo dire che si sia verificata una saturazione: l’obiettivo era
infatti il ritrovamento del cadavere, e il cadavere è stato raggiunto. Per quello che
riguarda invece il livello più astratto, ma anche più importante e ricco di contenuti, , le
cose sono andate diversamente: per Gordie e Chris c’è stata una sostituzione: questa
esperienza è stata infatti formativa e li ha portati a costruirsi la vita che
desideravano e che veniva ostacolata dai genitori e dalla società; purtroppo però Chris
verrà ucciso in un ristorante. Per quanto riguarda invece gli altri due amici, Teddy e
Vern, si mantiene in un certo senso una situazione di stasi. Il narratore, infatti,
racconta alla fine della storia che i due resteranno a Castle Rock senza grandi
cambiamenti nella loro vita futura.
- Tematiche Affrontate:
Ho già accennato sopra le molte tematiche che questo film affronta. In particolare
ritengo significativo il modo in cui rende il tema del passaggio dall’infanzia alla
maturità. Gia avevo parlato del fatto che i protagonisti non siano ancora degli
adolescenti, ma questa avventura rappresenta in un certo qual modo un viaggio
iniziatico verso l’età “quasi-adulta”, o comunque verso il mondo delle responsabilità,
delle scelte. Questa tematica permea tutto il film e viene resa in modo molto forte
nelle varie prove (le sfide da superare per crescere) che i ragazzi devono affrontare.
Già di per sé questa storia è la metafora di un viaggio di formazione, la ricerca del
cadavere rappresenta simbolicamente la ricerca di se stessi e il percorso di crescita
dei protagonisti, e le varie prove da affrontare (che sono i momenti proposti anche nel
lavoro di gruppo) i passi da compiere e gli ostacoli da superare per diventare grandi,
per sentirsi maturi. Cercherò di trattare in maniera sintetica questo argomento
poiché l’ho già affrontato sopra. I momenti del film in cui i ragazzi si trovano ad
affrontare situazioni pericolose hanno intrinsecamente un valore particolare,
significano ognuno qualcosa di ben preciso nel percorso dei protagonisti: la prima sfida
è quella che vede i giovani alle prese con il padrone della discarica e il suo cane,
descritti come un uomo crudele e un feroce cagnaccio addestrato ad addentare parti
21. molto specifiche (e delicate...) del corpo umano. Quando poi il gruppo di amici se li
trova di fronte si rende conto di quanto il mito sia distante dalla realtà. Questa
tematica può far riflettere anche sul tema attuale dei media, quanto ci propone la
televisione è sempre così realistico?! Eppure noi ci facciamo influenzare molto!... In
secondo luogo la prova del ponte che tratterò nello specifico sotto e che secondo me
segna l’inizio vero e proprio dell’avventura. E’ il salto nel vuoto, nel mondo sconosciuto
in cui dovranno cavarsela da soli, è un momento di grande suspance, molto pericoloso, e
che, una volta superato, li fa sentire grandi e coraggiosi. Credo che questo momento
potrebbe in un certo senso essere paragonato alla scelta del dopo scuola media. Ci si
fanno molte domande: cosa fare? Attraversare o restare sull’altra sponda? E’ un po’ il
momento in cui bisogna crescere, scegliere... E non è certo semplice. La notte nel
bosco è un'altra prova densa di significati. Chi di noi da piccolo non ha avuto paura del
buio!? Io ce l’ho ancora... Superare e affrontare questa paura è un po’ come diventare
autonomi, indipendenti dai genitori che invece chiamavamo quando eravamo bambini ed
eravamo terrorizzati nella nostra cameretta (Giuro! Non li chiamo più...!). Oltre a
questo quella notte diventa per Gordie e Chris il momento delle confidenze, di
quell’amicizia profonda che da grandi non torna più... La quinta prova è quella delle
sanguisughe. Superare il dolore per sentirsi grandi! Uomini veri! Ed aiutarsi
reciprocamente perché così le cose sembrano meno pesanti e faticose. Infine c’è
l’incontro col cadavere, il tema della morte che da bambini sembra una cosa così
lontana ma che purtroppo può sopraggiungere da un momento all’altro. Esperienza della
finitezza dell’esistenza, ma anche in questo caso confronto con quanto ci fa soffrire
(Gordie a questo punto scoppia e parla del fratello domandandosi perché non è morto
lui al suo posto).
Quello che vorrei trasmettere con questo film è che diventare adulti significa
affrontare tutti i fantasmi della propria vita, ma anche che questo è possibile e meno
doloroso se fatto con qualcuno al nostro fianco e con la consapevolezza che i propri
sogni vanno comunque inseguiti e che la vita è un’avventura che va affrontata
ascoltando anche ciò che ci viene suggerito da dentro di noi. Crescere non è facile, e
nemmeno indolore, ma acquista il suo senso quando questo percorso viene fatto
riflettendo e attribuendo un significato alle proprie esperienze.
4. ANALISI LINGUISTICA DI UNA SEQUENZA:
La sequenza che ho deciso di presentare è quella in cui i ragazzi si trovano a dover
attraversare il lungo ponte della ferrovia, senza spazio dove poter stare in caso
sopraggiungesse il treno. E’ una sequenza visivamente molto spettacolare, coinvolgente
e che rende molto bene il senso del passaggio (oltrepassare il ponte significa iniziare
l’avventura, ma significa anche lasciarsi alle spalle un mondo ed andare con le proprie
gambe, superando gli ostacoli incontrati sul proprio cammino, alla ricerca di qualcosa
che in fondo simboleggia l’indipendenza, la maturità, l’emancipazione). E’ anche per
questo motivo che ho scelto di analizzare questo momento.
22. Dopo uno scambio di battute i quattro amici si incamminano sul ponte per
attraversarlo. La luce è naturale (ci troviamo infatti all’aria aperta) e la musica che
accompagnava i loro passi fino ad un momento prima cessa con l’inizio del loro discorso
e non è presente durante tutto l’attraversamento del ponte. Durante la sequenza si
sentono solo i rumori dei passi dei ragazzi, a volte si tratta di suoni off, perché sono
ripresi i volti e si sentono i loro piedi sul legno del ponte, ed altre volte sono invece on,
perché si vedono i loro piedi. Oltre a questo rumore si sentono i rumori della natura
circostante e dell’acqua che scorre.
Inizio la mai analisi dal momento in cui i ragazzi cominciano ad attraversare il ponte: la
telecamera fissa riprende la scena dall’alto, di schiena ai ragazzi e leggermente
spostata sulla loro destra. Il campo è lungo e mostra i quattro che si dispongono in fila
indiana ed il lungo ponte con lo strapiombo sul fiume. Questa immagine rende molto
bene l’idea del pericolo che stanno correndo, di quanto lungo e stretto sia il ponte e
quanta sia la distanza dall’acqua sottostante. In questa stessa inquadratura si vede
Gordie, l’ultimo della fila, che si abbassa per toccare i binari; si passa poi ad una
ripresa di lui dal davanti, a figura intera, che controlla la rotaia e si volta indietro ad
osservare, quasi titubante. Non è certo facile decidere di affrontare certe prove che
la vita ci propone, e credo che questa immagine renda molto bene l’idea. Gordie esce
poi dall’inquadratura. Mentre la macchina da presa resta ferma, lui si alza e si vede il
suo corpo dal busto in giù. Quella che segue è un’immagine ripresa da molto lontano, sul
lato destro, di una porzione di ponte in cui si distinguono a malapena i quattro amici
che camminano: qui si può notare quanto immenso sia il ponte rispetto ai ragazzi, quella
inquadrata è solo una piccola parte di esso ma è davvero molto lunga e alta... Dopo
questa inquadratura vengono mostrati, con una carrellata a precedere sempre
leggermente spostata sulla destra dei soggetti, i primi piani dei quattro ragazzi: il
primo che viene ripreso è Teddy, il quale, ad un certo punto guarda verso il basso;
l’inquadratura stacca quindi, con un raccordo di sguardo, su un dettaglio dei suoi piedi
sulle assi del ponte. In questa immagine si scorgono un pilastro del ponte e l’acqua
sottostante e si può notare anche la distanza tra le assi e quindi realizzare
ulteriormente il pericolo che i giovani stanno correndo. Dopo i piedi viene inquadrato
Chris, il quale si volta ad osservare Gordie, che subito dopo viene mostrato in primo
piano (raccordo di sguardo). Per ultima l’immagine di Vern, il più pauroso del gruppo,
che sta avanzando a carponi. Gordie gli sta dietro, e l’inquadratura seguente –
carrellata sul fianco destro ad accompagnare – mostra i due a figura intera che
rallentano la loro andatura proprio per colpa dello stesso Vern e il suo modo di
procedere. Segue un campo lungo del ponte e dei ragazzi di schiena, la macchina è
fissa e spostata sulla destra e il ponte taglia quasi a metà lo schermo senza che sia
possibile scorgerne la fine. I ragazzi sono divisi in due gruppi: Teddy e Chris più avanti
e Vern e Gordie ancora molto indietro. Mi ha colpito il fatto che sia Chris che Gordie
siano dietro ai loro compagni: i due sono infatti i più maturi del gruppo e in questo
modo sembrano quasi voler proteggere gli amici. Quello che segue è di nuovo il primo
piano di Vern che durante il suo avanzamento perde dalla tasca della maglia il pettine
23. che aveva portato con sé. Viene quindi proposto un primissimo piano di lui ripreso da
sotto il ponte, mentre guarda verso il basso, e poi viene mostrato con un raccordo di
sguardo il pettine che cade nell’acqua. Nelle inquadrature seguenti, per la prima volta,
c’è uno scambio di battute: sono ripresi in successione Vern visto dall’alto e la schiena
di Gordie mentre il primo dice – Mi è caduto il pettine – e quindi Gordie visto dal basso
e il retro della testa di Vern mentre Gordie risponde – Farai senza –. Ritengo che
questo momento possa in un certo senso simboleggiare quelle cose che durante la
crescita si perdono per strada e di cui si può, appunto, fare senza. Nel passare all’età
adulta si lasciano indietro molte cose, ma se ne conquistano delle altre, attribuendo
significati diversi a tutto. I ragazzi riprendono dunque il loro cammino: con un campo
lunghissimo dall’alto (presumibilmente ripreso da un elicottero) viene mostrato il punto
in cui i ragazzi si trovano: i primi due stanno superando la metà del ponte, Gordie e
Vern sono invece qualche metro dietro. Con un raccordo di sguardo Gordie si volta ad
osservare alle sue spalle; viene quindi mostrato un dettaglio della sua mano e del
braccio e lui che entra nell’inquadratura mentre si abbassa per controllare i binari.
Segue un ulteriore dettaglio della mano che stringe forte la rotaia. In un primo piano
del protagonista si vede poi il suo viso che si volta indietro. L’inquadratura mostra
quindi il ponte e le rotaie dietro di lui e sulla sinistra, dietro gli alberi, il fumo del
treno che sta arrivando. Di nuovo è proposto un primo piano di Gordie con
un’espressione terrorizzata mentre voltato guarda il treno e poi si alza uscendo
dall’inquadratura. Subito dopo viene ripreso di fronte urlando – Treeeenooo! –. Mentro
l’eco della sua voce risuona ancora si vedono Teddy e Chris a mezza figura che si
voltano a guardare ed il treno che sopraggiunge entrando nell’inquadratura. Si inizia a
sentire anche il suo rumore che sempre più forte fa da sfondo alle urla dei quattro.
Da qui in poi tutto si velocizza notevolmente e trasmette l’ansia di quei momenti, la
paura dei ragazzi, mentre il treno si avvicina sempre più a loro...! Inoltre i quattro
iniziano a parlare, anche se è praticamente impossibile comprendere quello che dicono
poiché stanno urlando. A questo punto tutti si mettono a correre. Vern entra in
un’inquadratura ancora a carponi seguito da Gordie che lo prende per la vita e gli urla
di alzarsi. Segue un’immagine ripresa dal basso a destra a telecamera fissa dei due
che avanzano col treno alle loro spalle; a questo punto Vern inciampa e Gordie tenta
con forza di farlo rialzare sempre continuando ad urlare. Il treno è sempre più vicino.
Gordie aiuta Vern a rialzarsi e i due riprendono a correre. Nell’immagine successiva
viene mostrato un campo lungo del ponte ripreso dal basso sul lato destro con i
quattro amici che corrono e il treno dietro che procede. Le inquadrature che seguono
riprendono Chris e Teddy, Vern e Gordie (entrambe le coppie spaventate che corrono
e urlano riprese a mezza figura con carrellata laterale leggermente dal basso), un
primo piano del treno sempre più vicino, e un’immagine complessiva della scena ripresa
da lontano (campo lunghissimo) col treno che entra nell’inquadratura e Chris e Teddy
quasi alla fine del ponte. I due, infatti, nelle successive inquadrature vengono mostrati
mentre giungono al di là del ponte e si mettono in salvo (l’ultima scena è un campo lungo
delle rotaie con loro in fondo che scendono dal ponte). Da qui in poi inizia un montaggio
24. alternato e molto veloce di quanto accade in quei pochi secondi: il treno è ormai sulla
metà del ponte e i due ragazzi continuano a correre, Chris e Teddy li incitano urlando
(ripresi a mezza figura), i due amici corrono spaventati (ripresi a mezza figura
accompagnati da una carrellata) ed è mostrato il dettaglio dei loro piedi che avanzano
velocemente (la telecamera è fissa e posta di fronte). A questo punto viene proposta
un’immagine dei due, ripresi dal davanti, con il treno dietro che sembra essere ormai
vicino, tanto che non lo si vede tutto, la sua immagine “straborda” dall’inquadratura, la
telecamera è fissa e sono loro che si avvicinano. In alternato l’immagine dei due amici
ormai al sicuro che urlano, e poi di nuovo Gordie e Vern col treno dietro sempre più
vicino. Questo si ripete per due volte e poi finalmente si gettano alla loro destra ed
escono dall’inquadratura in cui resta solo il faro del treno. Segue l’immagine dei due
che cadono a lato del ponte, poi gli amici che li osservano preoccupati e corrono a
soccorrerli uscendo dalla loro inquadratura e per finire il treno ripreso di lato dal
basso che se ne va.
Il modo in cui questa scena è stata girata trasmette tutta l’ansia di quei momenti,
anche perché l’impressione è che il treno si trovi a pochi centimetri dagli sfortunati
che stanno tentando di salvarsi. Questo momento, che i ragazzi definiranno poi “la
sfida al treno del secolo”, ha un significato fortissimo per loro, quasi come un rito di
iniziazione. Da inizio alla loro avventura e li fa sentire uomini. Un’esperienza tanto
spaventosa quanto eccitante! La sfida per eccellenza tra tutte quelle che hanno
dovuto affrontare nel loro percorso, e la metafora del cammino verso la maturità, che
è ben resa anche dalla presenza dei binari, che simboleggiano in un certo senso il
viaggio.
5. CONCLUSIONI:
In questo lavoro ho cercato di portare la mia esperienza personale. Ho pensato che
proporre un film che parlasse del tema della crescita potesse essere utile anche per
me. Quel periodo dopotutto l’ho passato da poco, se l’ho veramente superato, e quindi
molte riflessioni le sentivo vicine...
Ritengo che questo film tratti temi molto forti e importanti in maniera delicata, per
niente pesante, portando lo spettatore a riflettere mentre vive una storia
avventurosa e piuttosto coinvolgente. Oltre a questo è piacevole ed anche
significativo, a mio avviso, il fatto che lo faccia nostalgicamente: il protagonista
infatti racconta molti anni dopo quella avventura e lo fa quindi ripensando in maniera
critica e più consapevole ai momenti vissuti, ai sentimenti provati, attribuendo a tutto
ciò un significato più strutturato ma comunque molto profondo, per niente
contaminato da quel modo di vedere le cose adulto, razionale, poco emotivo. Il cuore
c’è... E c’è la capacità di dare valore a quell’avventura così lontana nel tempo, alle
vicissitudini di quell’età, alle sensazioni e ai pensieri di un dodicenne, a quelle amicizie
che mai più tornano nella vita di una persona, ma che ti segnano e ti porti dentro per
sempre, anche se poi ci si perde di vista.
25. Per quello che riguarda il lavoro che ho proposto credo che non sia affatto semplice da
attuare, poiché l’educatore deve mettersi molto in gioco ed essere molto preparato...
Io forse sento di avere poca dimestichezza coi film. Ma il bello di questo percorso di
analisi è che ognuno può attribuire un proprio significato e quindi si tratta di un
qualcosa che si compone grazie ai contributi di tutti i partecipanti. L’educatore non
assume così il ruolo di un professore che spiega, mentre gli alunni ascoltano. In questo
caso sono tutti in ascolto e tutti hanno qualcosa da dare, e questo qualcosa ha sempre
un valore. Ciò che spetta all’educatore è, a mio avviso, dare un significato a quanto
emerge, ordinare le riflessioni e restituirle ai destinatari, in modo che quanto detto
lasci un segno in loro e li porti a pensare.
Come al solito non ha avuto il dono della sintesi. Non è stato un lavoro facile, ma è
stato molto interessante e credo che grazie a quest’esperienza io abbia scoperto un
possibile strumento per il mio lavoro da educatrice. Non immaginavo quanto potesse
trasmettere un film e quanto possa essere significativo interrogarsi su di esso. So che
avrei potuto fare meglio, ma è la mia prima esperienza e tutto sommato sono
soddisfatta... Sinceramente non mi aspettavo nemmeno di ricavarci tutto questo.