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TERZO PREMIO SCUOLE MEDIE
Scuola dante Alighieri Siena prof.ssa Cecilia Mori, Carlo Sisti
Tutto è diverso
Voi quando sentite pronunciare "Arricchiamoci delle nostre reciproche differenze" pensate subito agli immigrati,
ma anche una classe scolastica ha le sue differenze. Tutti i ragazzi non sono uguali, per fortuna. Nella mia
classe siamo tutti diversi sia culturalmente che fisicamente. C'è chi è più portato per le materie letterarie, chi
scientifiche, chi artistiche e c'è chi è un fannullone, chi è alto, chi è basso, chi è grasso, chi è magro. Diversità
significa essere diversi d’aspetto, di colore della pelle, di gusto, di opinione, di carattere. Tutte queste
caratteristiche ci rendono unici e grazie a queste differenze riusciamo a compensare i nostri difetti aiutandoci a
vicenda, infatti l'alunno bravo in una materia aiuta l'altro meno bravo, il più alto prende gli oggetti dove il più
basso non arriva. La nostra forza è l'amicizia. Siamo una classe molto unita e il collaborare tra noi ci rende felici.
Questo ci dimostra che l'amicizia è una relazione essenziale per la convivenza tra gli individui. Essere amico
significa anche saper rispettare l'altro, condividere le proprie conoscenze, esperienze e spazi.
Questo ci insegna quanto è importante arricchire l'amicizia. Se non ci fosse la diversità verrebbe da domandarci
quale significato avrebbe l'aiutarci tra noi poiché non ce ne sarebbe bisogno e di conseguenza non proveremo
quella sensazione di felicità e soddisfazione. Probabilmente non esisterebbero i sentimenti come il volersi bene,
l'essere felici, l’arrabbiarsi per poi fare la pace. In poche parole saremo come dei robot. Noi dobbiamo imparare
a confrontarci ed ad arricchirci delle differenze come ci insegna anche la natura. Le piante non sono tutte uguali,
una pianta può vivere in un habitat dove un'altra non può vivere e lo stesso vale anche per gli animali. Tutto
questo genera un equilibrio. Voi provate ad immaginare come sarebbe il mondo senza diversità. Secondo voi
cosa significa diversità?
Terzo premio superiori
Liceo linguistico Monna Agnese Siena prof.ssa Ada Bellanova, Nirmin Al Hakim
Essere diversi è una cosa bella
Nel mondo ci sono tante diverse opinioni, culture, religioni, lingue, cibi, modi di vestire... e noi dobbiamo accettare
che non siamo uguali.
Io sono una ragazza musulmana, vengo dalla Siria. Quando sono venuta in Italia e sono andata a scuola tutti mi
hanno accettato e mi hanno aiutato a imparare l'italiano, ma poi quando sono apparse le prime notizie dell'isis gli
altri di classe non volevano più parlare con me perchè pensavano che io fossi dall'isis solo perchè mia mamma
porta il velo. Ho cercato di fargli capire che non sono dall'isis e che mia mamma porta il velo per motivo religioso
e che i membri dell'isis non sono musulmani perchè loro uccidono persone innocenti e noi invece non possiamo
uccidere. Ma non mi hanno ascoltato e hanno detto agli altri che sono dell'isis. Alla fine sono rimasta senza amici.
Mi è rimasta solo la mia migliore amica. Quando sono andata alla scuola superiore pensavo che anche
quest'anno tutti mi trattano male. E quindi il primo giorno avevo paura e non volevo andare a scuola ma alla Fi ne
sono andata. All'inizio non ho parlato con nessuno ma poi quando ho visto che non ero l'unica straniera e che
erano tutti simpatici ho iniziato a parlare un po'. I miei compagni di classe alla scuola media mi avevano fatto
pensare che dobbiamo essere tutti uguali oppure nessuno ti accetta. Quando alla scuola superiore ho imparato
che essere diversi è una cosa bella, sentire l'opinione di altri persone è un cosa bella, imparare una lingua
diversa dalla tua è una cosa bella, sentire a cosa credono gli altri è una cosa bella, mangiare cibo diverso da
quello che mangi ogni giorno è una cosa bella, andare a vedere cosa ha di speciale un altro paese è una cosa
bella.
Nessuno deve vergognarsi da se stesso: essere diversi è una cosa bella.
Secondo premio scuole medie
Istituto comprensivo Marmocchi Poggibonsi prof.ssa Tavarone, Vittorio Baldini
ALLACCIARSI ALLA BIN. Quando un semplice gesto ti aiuta a migliorare
Un giorno mi stavo allacciando le stringhe delle scarpe quando il mio amico Bin, vedendo che impiegavo molto
tempo, mi ha mostrato come fanno i cinesi. All’inizio non riuscivo a legarmele bene con il suo metodo ma col passare
del tempo ho imparato come fare e mi sono reso conto che era più veloce del mio, tanto che ancora oggi continuo ad
utilizzarlo.
Egli mi ha fatto capire quanto sia importante il confronto tra persone di culture e tradizioni diverse, uomini che ti
aiutano a crescere narrandoti la loro vita, le loro esperienze, il loro modo di affrontare il mondo e le difficoltà di tutti
giorni. La conoscenza fa nascere nuove domande, una curiosità capace di farti aprire la mente su quello che ti
circonda e anche su te stesso. Anche un semplice gesto come quello del mio amico Bin fa capire come un’azione
possa essere fatta in modi differenti. Spesso la diversità fa paura perché ci fa mettere in discussione il nostro mondo,
con il suo ordine e la sua “normalità”. Noi pensiamo di avere “Odoacre alle porte” che vuole divorare la nostra cultura,
pensiamo che “gli altri” ci possano portare via la nostra identità ma questo non è possibile perché la cultura di un
popolo, se ha solide fondamenta, non può che uscire rafforzata dal confronto. Dalla conoscenza e dalla cultura nasce
arricchimento e non chiusura.
In questo periodo in cui tante persone scappano dalle guerre e dalle violenze dei paesi in cui vivono per venire in
Europa, siamo sempre più a contatto con culture, religioni, storie diverse dalle nostre. Noi con le nostre paure non
possiamo fermare il corso degli eventi, ma dobbiamo essere in grado di affrontare questo momento di cambiamento
globale attraverso la conoscenza affinché la “Storia” non possa andare avanti che migliorata e arricchita.
Adesso il mio amico Bin si è trasferito in un‘altra città, ma la nostra amicizia ci ha insegnato tanto...
Secondo premio superiori ex aequo
Istituto Santa Caterina Siena prof.ssa Luisella Vagaggini, Eugenia Mantengoli
IO SONO IO, TU SEI TU
La legge afferma che tutti gli uomini sono uguali di fronte ad essa cioè hanno gli stessi diritti. Tutti diritti e poteri per
un mondo libero dalle ingiustizie. Ma perché nella storia gli uomini sono stati spesso in contrasto? La risposta è:
“diversità”. Siamo tutti diversi per molteplici aspetti. Gli eventi e l’esperienza stessa ci differenziano. Che ruolo ha
avuto questa parola durante la storia? Pensiamo a Sparta, Polis greca, nella quale chi presentava problemi fisici o
mentali veniva ucciso oppure ad Hitler nella seconda Guerra Mondiale, convinto che gli ariani fossero i migliori e gli
unici a poter esistere. Molti passi avanti e comprensione, ma ancora pensiamo alla diversità come forma di inferiorità,
infelicità ed inadeguatezza soprattutto tra i giovani. Respingiamo e diffidiamo di ciò che non conosciamo. La
differenza genera paura che diventa incomprensione e odio. Sentiamo ancora dire dai grandi e dai bambini “storpio,
mongolo o handicappato”. Penso che siamo un po’ tutti “handicappati”, avendo tanti limiti emotivi. Ogni giorno vedo
persone diverse ma fondamentali nella mia vita. Vedo la diversità in mia sorella, una ragazza disabile, nei miei vicini
di casa che riescono a fare confusione anche di notte, nella mia migliore amica che con ansia aspetta di poter
andare in Tunisia, nell’ingenuità di mio cugino di cinque anni che sogna un mondo dove i supereroi salvano le
persone, nella consapevolezza e semplicità di mio nonno, nella forza di mia mamma contro la malattia, nel prete del
mio paese al quale il gelato piace solo sciolto ed in mia zia nel semplice volermi bene. Persone diverse e allo stesso
tempo speciali. Il teologo Bruno Forte, dice: ”Non sarà l’omologazione delle differenze il futuro dell’umanità, ma la
loro convivialità, ed il reciproco riconoscersi ed accettarsi, sul fondamento comune della dignità assoluta di ogni
persona umana e del diritto di ciascuno all’uguaglianza, formale e sostanziale.” In fondo come sarebbe un mondo di
persone uguali?
Secondo premio superiori ex aequo
liceo scientifico Poliziano Montepulciano prof.ssa Paola Aretini, Elena Bifolchi
ALLA FIERA CON ALESSANDRO
Profumi, colori, chi vende con un sorriso arance al banco della frutta, chi compra entusiasta un regalo per la famiglia, chi
risponde con un “grazie”, chi con un ”mercie”. Nelle piazze di Montepulciano si terrà domenica primo maggio la
tradizionale fiera: sarà allora possibile respirare un’aria multietnica, in un caleidoscopio di colori, razze, lingue. Ogni
anno sulle giostre bambini biondi dai tratti nordici si mescolano con piccoli orientali dagli occhietti allungati e bimbi
nordafricani dai capelli ricci e vaporosi; ai banchi acquistano merci delle più varie provenienze donne con abiti vistosi e
scollati e altre avvolte fino al capo nei loro veli sgargianti mentre, nei cafè del paese, uomini dall’accento toscano
conversano come possono con altri che parlano un italiano stentato e tutti sembrano disposti a conoscersi.
In un'epoca di immigrazione e crisi economica, è facile considerare il diverso una minaccia, tuttavia prendere
consapevolezza della diversità non significa annullarsi, ma ampliare i propri orizzonti, aprirsi al continuo mutamento, al
connubio di etnie, a nuove emozioni. Preservare le proprie tradizioni è importante, ma l’uomo sogna di viaggiare in
territori inesplorati, tra i Beduini del Sahara, tra i colorati mercati di Instambul, tra i profumi inebrianti e le spezie d’oriente,
forse nell’inconscia consapevolezza che la diversità e il fascino di culture lontane possa arricchirlo: la speranza è che i
popoli, come i continenti, quando le terre emerse erano saldamente unite, tornino ad essere un unico puzzle.
Era il IV secolo a.C. quando Alessandro, alla guida dei Macedoni, conquistava l’impero Persiano fino alla Cina,
realizzando la prima integrazione tra i popoli, unendo più culture e riuscendo a far convivere genti diverse, che un giorno
si erano scontrate: in un mondo che si dibatte tra guerre e incomprensioni, nate dall’incapacità di accettarsi e
confrontarsi positivamente, lo spirito di tolleranza e l’apertura all’altro delle città ellenistiche sembrano rivivere in questa
giornata a Montepulciano, dove l’antica tradizione della fiera convive con la globalizzazione della società e del mercato.
Primo premio scuole medie
scuola media Cecco Angiolieri prof.ssa Biscotti, Nicola di Leo
A questi stupidi soffioni avrei preferito gli occhi sognanti di Giulio”
Quando il rifiuto della diversità toglie significato alle nostre esperienze. “Io sono Giulio”, ma potrei essere Andrea, Valeria...
Molti hanno condiviso sui social network questa frase, ma noi della classe di Giulio non l’abbiamo potuta pronunciare.
Noi eravamo in gita, mentre lui era in classe da solo a fissare il pavimento o, come qualche volta fa, la finestra verso il cielo
come se vedesse scritte le parole che non si sente di dire.
Anche l’indignazione degli adulti fa parte del gioco, ed ora si moltiplicano le segnalazioni di ragazzi lasciati a casa da ogni tipo di
uscita scolastica, e tutti sono Giulio, come sono stati Charlie o abitanti di Bruxelles.
La tradizione delle gite scolastiche è salva, disabili di qualsiasi tipo saranno accompagnati da volontari, genitori, insegnanti più
volenterosi dei nostri.
Nessuno però si è preoccupato di noi, della classe di Giulio, di quello che abbiamo perso.
Siamo stati a Larderello, abbiamo visto i famosi soffioni, abbiamo passeggiato nei boschi, come da programma. Un’altra stupida
uscita per vedere dei buchi nel terreno che buttano vapore ed un bosco come mille altri. La vera esperienza, quella che avrebbe
potuto rendere indimenticabile questa uscita, è rimasta in classe, e ce la siamo persa. Sarebbero stati gli occhi di Giulio,
silenziosi e profondi, che avrebbero potuto dare a questa gita il gusto della scoperta e ad una banale passeggiata nel bosco il
senso di un’avventura.
Nessuno si è preoccupato di noi: abbiamo perso la possibilità di partecipare ad un momento di gioia vera che solo un ragazzo
come Giulio avrebbe potuto aggiungere all’ennesima gita scolastica di aprile.
Sono cose che devono far capire che è stato fatto un torto non solo a Giulio, ma a tutti noi, perché non abbiamo ancora capito
che è solo stando insieme senza discriminazioni che possiamo imparare cose nuove gli uni dagli altri e vivere delle vere
esperienze.
Primo premio superiori
liceo classico Piccolomini Siena prof.ssa Mugello, Asia Codogno
IL VECCHIO E IL BAMBINO
‘Ma fra loro Nestore dalle dolci parole si levò; dalla sua bocca la voce scorreva più dolce del miele: due
generazioni di uomini aveva visto, e regnava sulla terza; a loro si rivolse, con saggio pensiero e disse: “Ahimè,
certo si rallegrerebbero i Troiani a sapere della vostra disputa. Ma ascoltatemi: entrambi siete più giovani di me,
un tempo fui compagno di uomini certo più valorosi di voi ed essi mai mi disprezzarono. Di questi ero compagno e
combattei con loro, io. Con questi, nessuno dei mortali che ora è sulla terra combatterebbe; eppure ascoltavano i
consigli miei ed obbedivano alle mie parole. Anche voi obbedite, poiché questo è meglio.’
In questo episodio è Nestore a parlare, il più vecchio e saggio tra coloro che si sono recati a Troia per
combattere. Le sue parole sono rivolte ad Achille e Agamennone, che sono i personaggi più autorevoli del poema
(uno dal punto di vista militare, l’altro dal punto di vista gerarchico). Nonostante questo ascoltano in silenzio le
parole del saggio Nestore, che più conosce e più ha vissuto e per questo merita il loro rispetto. Ma come può un
testo così antico rimanere attuale? Ciò che resta immutato nel tempo o meglio, ciò che dovrebbe restare è il
rispetto e la concezione di anzianità. Oggigiorno le differenze che ci sono tra anziani e giovani tendono sempre
più ad aumentare. Da un lato gli anziani considerano i giovani sempre più legati al mondo della tecnologia,
dall’altro i giovani considerano gli anziani privi di interessi e inattivi a causa dell’età. Come spesso accade,
quando manca il dialogo, prevale il pregiudizio. Inutile negare che ci siano profonde differenze tra generazioni,
dovute innanzitutto al periodo storico nel quale ognuna di queste si è ritrovata a vivere ed alle diverse priorità e
stili di vita. Quello che invece è giusto capire è che da queste differenze ognuna delle parti si può arricchire ed
imparare qualcosa. La domanda è...
come fare? Per prima cosa non escludendo gli anziani dalla società attiva e non relegandoli
all’ultimo anello della catena. Questo si può realizzare se si capisce che sono a tutti gli effetti un
patrimonio, se non altro per l’esperienza vissuta. Una volta compreso questo occorre trovare dei
punti di incontro tra giovani e anziani in modo che avvenga uno scambio di contributi, di informazioni
e di sensazioni. Ma come può avvenire questo scambio, e di cosa possiamo arricchirci? Per
esempio gli anziani sono gli unici a conoscere e a praticare ancora l’arte del coltivare l’orto, che in un
epoca come questa, fatta da cibo spazzatura e conservanti, sarebbe utile conoscere ed apprendere
al fine di condurre una vita più sana. In seguito è grazie agli anziani se oggi possiamo esercitare
molti diritti e sarebbe bello conoscere nei dettagli come si è sentito il bisogno di averli e come dopo
si sono ottenuti. Anche la guerra è una cosa che per fortuna non abbiamo vissuto e che ci può
essere direttamente testimoniata solo dagli anziani. Infine noi giovani potremmo insegnagli a vedere
positivamente la tecnologia, che ormai fa parte di tutto e che è entrata anche nella loro vita e può
essere strumento di avvicinamento. Giovani e anziani possono realmente trovare punti di incontro e
imparare gli uni dagli altri, costruendo basi nuove che porteranno di sicuro ad un futuro migliore
anche per le prossime generazioni. E quando questi giovani saranno vecchi potranno tramandare
molte più cose, allargando le prospettive a chi verrà dopo ancora. È palese il fatto che se i giovani si
sentono maggiormente preparati e proiettati verso il futuro, il merito va riconosciuto anche a coloro
che anagraficamente li hanno preceduti e quindi ne hanno tracciato il sentiero. E se questo sentiero
si traccia iniziando ad ascoltarci ed a conoscerci tanto vale cominciare subito.
Menzione speciale scuole medie
istituto comprensivo Marmocchi Poggibonsi prof.ssa Tavarone, Letizia Flores
LE DIVERSE CULTURE POSSONO MIGLIORARE LA NOSTRA SOCIETÀ
Sappiamo che l’energia si sprigiona dall’incontro di due forze diverse, per esempio il fulmine e le tempeste si
formano dallo scontro tra una massa d’aria calda e una di aria fredda.
Anche l’incontro tra due forze diverse può provocare dei problemi, ma può anche arricchire la nostra vita
sociale.
In Italia ci sono immigrati che provengono dall'America Latina una realtà che conosco, perché anche io vengo
da uno di quei paesi; l’Italia e gli altri paesi dell’Europa sono visti come paesi ricchi in cui la vita è migliore
perché il progresso ha portato vantaggi in tutti i campi: nella medicina, nei trasporti e anche nella vita delle
famiglie; in ogni casa ci sono 2 o 3 televisori, ogni persona ha almeno un telefonino e tutti viaggiano con
automobili private. I sudamericani che vengono in Italia vengono da una realtà che non ha tutti questi
benefici, ma ben presto si accorgono che tutto questo ha un prezzo infatti in Italia le persone vivono di una
vita più frenetica, che li rende più nervosi e sempre alla ricerca di tempo per loro stessi e spesso non riescono
a godersi le vacanze a causa dei pensieri e delle preoccupazioni.
Il mio paese è povero però lì riusciamo davvero a divertirci e a dare valore al nostro tempo libero, sentiamo
meno il bisogno di tutte quelle cose che qui appaiono indispensabili, che ida principio sembra che ci diano
qualcosa di indispensabile, ma in realtà ci sottraggono sempre più tempo, un bene davvero importante.
Sarebbe bello poter trovare un punto di incontro tra queste due realtà , per me un mondo perfetto dovrebbe
riuscire a trovare un equilibrio tra queste culture e avremmo una vita più felice.
Menzione speciale scuole superiori
Liceo linguistico Monna Agnese Siena prof.ssa Antonella Radesca, Francesca Fadda
Lettera di una ragazza insicura allo specchio.
"Caro Specchio, anzi forse solo "Specchio", anche perché sono più le volte che mi fai soffrire di quelle in cui mi fai
sorridere.
La vita per te è così facile. Tu te ne stai lì, appeso al muro, a sputare sentenze, dicendomi che non sono mai carina
abbastanza, magra abbastanza, i capelli mai abbastanza perfetti anzi, solitamente, un disastro.
Tu non hai paura del giudizio degli altri perché tu sei quello che più di tutti può giudicare.
Chiudendo gli occhi ogni tanto mi domando perché ti do tutto questo potere specchio, perché lascio che tu mi dica che
sono diversa e che questa diversità è sbagliata.
Un giorno dicevamo che il mondo è bello perché vario, ma io, Specchio, come faccio a pensare che le mie differenze
vadano bene quando ormai sulle copertine delle riviste vedo le solite modelle ritoccate per apparire filiformi,
imbalsamate in un momento di eterna perfezione, con volti attraenti e perfetti, che sembrano così belli e allo stesso
tempo così distorti? Dimmi Specchio, come si fa a vivere dicendo a chiunque cosa c'è di brutto o di bello in loro?
Cosa ti dà il potere di plasmare la mente di una persona così tanto, al punto di deformarla e rendere ogni immagine di
se stessa insostenibile da sopportare con lo sguardo? E se io Specchio ti dessi la soddisfazione che tanto agogni e
lasciassi che il tuo giudizio mi attacchi un'etichetta addosso, sarebbe tutto quello che le persone vedrebbero di me?
Sai cosa ho capito caro amico invece? Che proprio il giorno in cui la tua stupida etichetta per il mondo non conterà più
nulla, quello sarà il momento in cui sarò libera dalle tue calunnie e, forse, potrei addirittura tollerati.
In fin dei conti io sono libera, ma le tue catene sono tanto invisibile quanto forti, e rifletterai sempre qualcuno migliore di
me, ma quando le tue catene si frammenteranno, io sarò la più bella agli occhi di chi più di tutti mi ha odiata. Me
stessa.

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V Concorso giornalistico Roberto Romaldo" 2016 testi vincitori

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  • 2. TERZO PREMIO SCUOLE MEDIE Scuola dante Alighieri Siena prof.ssa Cecilia Mori, Carlo Sisti Tutto è diverso Voi quando sentite pronunciare "Arricchiamoci delle nostre reciproche differenze" pensate subito agli immigrati, ma anche una classe scolastica ha le sue differenze. Tutti i ragazzi non sono uguali, per fortuna. Nella mia classe siamo tutti diversi sia culturalmente che fisicamente. C'è chi è più portato per le materie letterarie, chi scientifiche, chi artistiche e c'è chi è un fannullone, chi è alto, chi è basso, chi è grasso, chi è magro. Diversità significa essere diversi d’aspetto, di colore della pelle, di gusto, di opinione, di carattere. Tutte queste caratteristiche ci rendono unici e grazie a queste differenze riusciamo a compensare i nostri difetti aiutandoci a vicenda, infatti l'alunno bravo in una materia aiuta l'altro meno bravo, il più alto prende gli oggetti dove il più basso non arriva. La nostra forza è l'amicizia. Siamo una classe molto unita e il collaborare tra noi ci rende felici. Questo ci dimostra che l'amicizia è una relazione essenziale per la convivenza tra gli individui. Essere amico significa anche saper rispettare l'altro, condividere le proprie conoscenze, esperienze e spazi. Questo ci insegna quanto è importante arricchire l'amicizia. Se non ci fosse la diversità verrebbe da domandarci quale significato avrebbe l'aiutarci tra noi poiché non ce ne sarebbe bisogno e di conseguenza non proveremo quella sensazione di felicità e soddisfazione. Probabilmente non esisterebbero i sentimenti come il volersi bene, l'essere felici, l’arrabbiarsi per poi fare la pace. In poche parole saremo come dei robot. Noi dobbiamo imparare a confrontarci ed ad arricchirci delle differenze come ci insegna anche la natura. Le piante non sono tutte uguali, una pianta può vivere in un habitat dove un'altra non può vivere e lo stesso vale anche per gli animali. Tutto questo genera un equilibrio. Voi provate ad immaginare come sarebbe il mondo senza diversità. Secondo voi cosa significa diversità?
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  • 4. Terzo premio superiori Liceo linguistico Monna Agnese Siena prof.ssa Ada Bellanova, Nirmin Al Hakim Essere diversi è una cosa bella Nel mondo ci sono tante diverse opinioni, culture, religioni, lingue, cibi, modi di vestire... e noi dobbiamo accettare che non siamo uguali. Io sono una ragazza musulmana, vengo dalla Siria. Quando sono venuta in Italia e sono andata a scuola tutti mi hanno accettato e mi hanno aiutato a imparare l'italiano, ma poi quando sono apparse le prime notizie dell'isis gli altri di classe non volevano più parlare con me perchè pensavano che io fossi dall'isis solo perchè mia mamma porta il velo. Ho cercato di fargli capire che non sono dall'isis e che mia mamma porta il velo per motivo religioso e che i membri dell'isis non sono musulmani perchè loro uccidono persone innocenti e noi invece non possiamo uccidere. Ma non mi hanno ascoltato e hanno detto agli altri che sono dell'isis. Alla fine sono rimasta senza amici. Mi è rimasta solo la mia migliore amica. Quando sono andata alla scuola superiore pensavo che anche quest'anno tutti mi trattano male. E quindi il primo giorno avevo paura e non volevo andare a scuola ma alla Fi ne sono andata. All'inizio non ho parlato con nessuno ma poi quando ho visto che non ero l'unica straniera e che erano tutti simpatici ho iniziato a parlare un po'. I miei compagni di classe alla scuola media mi avevano fatto pensare che dobbiamo essere tutti uguali oppure nessuno ti accetta. Quando alla scuola superiore ho imparato che essere diversi è una cosa bella, sentire l'opinione di altri persone è un cosa bella, imparare una lingua diversa dalla tua è una cosa bella, sentire a cosa credono gli altri è una cosa bella, mangiare cibo diverso da quello che mangi ogni giorno è una cosa bella, andare a vedere cosa ha di speciale un altro paese è una cosa bella. Nessuno deve vergognarsi da se stesso: essere diversi è una cosa bella.
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  • 6. Secondo premio scuole medie Istituto comprensivo Marmocchi Poggibonsi prof.ssa Tavarone, Vittorio Baldini ALLACCIARSI ALLA BIN. Quando un semplice gesto ti aiuta a migliorare Un giorno mi stavo allacciando le stringhe delle scarpe quando il mio amico Bin, vedendo che impiegavo molto tempo, mi ha mostrato come fanno i cinesi. All’inizio non riuscivo a legarmele bene con il suo metodo ma col passare del tempo ho imparato come fare e mi sono reso conto che era più veloce del mio, tanto che ancora oggi continuo ad utilizzarlo. Egli mi ha fatto capire quanto sia importante il confronto tra persone di culture e tradizioni diverse, uomini che ti aiutano a crescere narrandoti la loro vita, le loro esperienze, il loro modo di affrontare il mondo e le difficoltà di tutti giorni. La conoscenza fa nascere nuove domande, una curiosità capace di farti aprire la mente su quello che ti circonda e anche su te stesso. Anche un semplice gesto come quello del mio amico Bin fa capire come un’azione possa essere fatta in modi differenti. Spesso la diversità fa paura perché ci fa mettere in discussione il nostro mondo, con il suo ordine e la sua “normalità”. Noi pensiamo di avere “Odoacre alle porte” che vuole divorare la nostra cultura, pensiamo che “gli altri” ci possano portare via la nostra identità ma questo non è possibile perché la cultura di un popolo, se ha solide fondamenta, non può che uscire rafforzata dal confronto. Dalla conoscenza e dalla cultura nasce arricchimento e non chiusura. In questo periodo in cui tante persone scappano dalle guerre e dalle violenze dei paesi in cui vivono per venire in Europa, siamo sempre più a contatto con culture, religioni, storie diverse dalle nostre. Noi con le nostre paure non possiamo fermare il corso degli eventi, ma dobbiamo essere in grado di affrontare questo momento di cambiamento globale attraverso la conoscenza affinché la “Storia” non possa andare avanti che migliorata e arricchita. Adesso il mio amico Bin si è trasferito in un‘altra città, ma la nostra amicizia ci ha insegnato tanto...
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  • 8. Secondo premio superiori ex aequo Istituto Santa Caterina Siena prof.ssa Luisella Vagaggini, Eugenia Mantengoli IO SONO IO, TU SEI TU La legge afferma che tutti gli uomini sono uguali di fronte ad essa cioè hanno gli stessi diritti. Tutti diritti e poteri per un mondo libero dalle ingiustizie. Ma perché nella storia gli uomini sono stati spesso in contrasto? La risposta è: “diversità”. Siamo tutti diversi per molteplici aspetti. Gli eventi e l’esperienza stessa ci differenziano. Che ruolo ha avuto questa parola durante la storia? Pensiamo a Sparta, Polis greca, nella quale chi presentava problemi fisici o mentali veniva ucciso oppure ad Hitler nella seconda Guerra Mondiale, convinto che gli ariani fossero i migliori e gli unici a poter esistere. Molti passi avanti e comprensione, ma ancora pensiamo alla diversità come forma di inferiorità, infelicità ed inadeguatezza soprattutto tra i giovani. Respingiamo e diffidiamo di ciò che non conosciamo. La differenza genera paura che diventa incomprensione e odio. Sentiamo ancora dire dai grandi e dai bambini “storpio, mongolo o handicappato”. Penso che siamo un po’ tutti “handicappati”, avendo tanti limiti emotivi. Ogni giorno vedo persone diverse ma fondamentali nella mia vita. Vedo la diversità in mia sorella, una ragazza disabile, nei miei vicini di casa che riescono a fare confusione anche di notte, nella mia migliore amica che con ansia aspetta di poter andare in Tunisia, nell’ingenuità di mio cugino di cinque anni che sogna un mondo dove i supereroi salvano le persone, nella consapevolezza e semplicità di mio nonno, nella forza di mia mamma contro la malattia, nel prete del mio paese al quale il gelato piace solo sciolto ed in mia zia nel semplice volermi bene. Persone diverse e allo stesso tempo speciali. Il teologo Bruno Forte, dice: ”Non sarà l’omologazione delle differenze il futuro dell’umanità, ma la loro convivialità, ed il reciproco riconoscersi ed accettarsi, sul fondamento comune della dignità assoluta di ogni persona umana e del diritto di ciascuno all’uguaglianza, formale e sostanziale.” In fondo come sarebbe un mondo di persone uguali?
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  • 10. Secondo premio superiori ex aequo liceo scientifico Poliziano Montepulciano prof.ssa Paola Aretini, Elena Bifolchi ALLA FIERA CON ALESSANDRO Profumi, colori, chi vende con un sorriso arance al banco della frutta, chi compra entusiasta un regalo per la famiglia, chi risponde con un “grazie”, chi con un ”mercie”. Nelle piazze di Montepulciano si terrà domenica primo maggio la tradizionale fiera: sarà allora possibile respirare un’aria multietnica, in un caleidoscopio di colori, razze, lingue. Ogni anno sulle giostre bambini biondi dai tratti nordici si mescolano con piccoli orientali dagli occhietti allungati e bimbi nordafricani dai capelli ricci e vaporosi; ai banchi acquistano merci delle più varie provenienze donne con abiti vistosi e scollati e altre avvolte fino al capo nei loro veli sgargianti mentre, nei cafè del paese, uomini dall’accento toscano conversano come possono con altri che parlano un italiano stentato e tutti sembrano disposti a conoscersi. In un'epoca di immigrazione e crisi economica, è facile considerare il diverso una minaccia, tuttavia prendere consapevolezza della diversità non significa annullarsi, ma ampliare i propri orizzonti, aprirsi al continuo mutamento, al connubio di etnie, a nuove emozioni. Preservare le proprie tradizioni è importante, ma l’uomo sogna di viaggiare in territori inesplorati, tra i Beduini del Sahara, tra i colorati mercati di Instambul, tra i profumi inebrianti e le spezie d’oriente, forse nell’inconscia consapevolezza che la diversità e il fascino di culture lontane possa arricchirlo: la speranza è che i popoli, come i continenti, quando le terre emerse erano saldamente unite, tornino ad essere un unico puzzle. Era il IV secolo a.C. quando Alessandro, alla guida dei Macedoni, conquistava l’impero Persiano fino alla Cina, realizzando la prima integrazione tra i popoli, unendo più culture e riuscendo a far convivere genti diverse, che un giorno si erano scontrate: in un mondo che si dibatte tra guerre e incomprensioni, nate dall’incapacità di accettarsi e confrontarsi positivamente, lo spirito di tolleranza e l’apertura all’altro delle città ellenistiche sembrano rivivere in questa giornata a Montepulciano, dove l’antica tradizione della fiera convive con la globalizzazione della società e del mercato.
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  • 12. Primo premio scuole medie scuola media Cecco Angiolieri prof.ssa Biscotti, Nicola di Leo A questi stupidi soffioni avrei preferito gli occhi sognanti di Giulio” Quando il rifiuto della diversità toglie significato alle nostre esperienze. “Io sono Giulio”, ma potrei essere Andrea, Valeria... Molti hanno condiviso sui social network questa frase, ma noi della classe di Giulio non l’abbiamo potuta pronunciare. Noi eravamo in gita, mentre lui era in classe da solo a fissare il pavimento o, come qualche volta fa, la finestra verso il cielo come se vedesse scritte le parole che non si sente di dire. Anche l’indignazione degli adulti fa parte del gioco, ed ora si moltiplicano le segnalazioni di ragazzi lasciati a casa da ogni tipo di uscita scolastica, e tutti sono Giulio, come sono stati Charlie o abitanti di Bruxelles. La tradizione delle gite scolastiche è salva, disabili di qualsiasi tipo saranno accompagnati da volontari, genitori, insegnanti più volenterosi dei nostri. Nessuno però si è preoccupato di noi, della classe di Giulio, di quello che abbiamo perso. Siamo stati a Larderello, abbiamo visto i famosi soffioni, abbiamo passeggiato nei boschi, come da programma. Un’altra stupida uscita per vedere dei buchi nel terreno che buttano vapore ed un bosco come mille altri. La vera esperienza, quella che avrebbe potuto rendere indimenticabile questa uscita, è rimasta in classe, e ce la siamo persa. Sarebbero stati gli occhi di Giulio, silenziosi e profondi, che avrebbero potuto dare a questa gita il gusto della scoperta e ad una banale passeggiata nel bosco il senso di un’avventura. Nessuno si è preoccupato di noi: abbiamo perso la possibilità di partecipare ad un momento di gioia vera che solo un ragazzo come Giulio avrebbe potuto aggiungere all’ennesima gita scolastica di aprile. Sono cose che devono far capire che è stato fatto un torto non solo a Giulio, ma a tutti noi, perché non abbiamo ancora capito che è solo stando insieme senza discriminazioni che possiamo imparare cose nuove gli uni dagli altri e vivere delle vere esperienze.
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  • 14. Primo premio superiori liceo classico Piccolomini Siena prof.ssa Mugello, Asia Codogno IL VECCHIO E IL BAMBINO ‘Ma fra loro Nestore dalle dolci parole si levò; dalla sua bocca la voce scorreva più dolce del miele: due generazioni di uomini aveva visto, e regnava sulla terza; a loro si rivolse, con saggio pensiero e disse: “Ahimè, certo si rallegrerebbero i Troiani a sapere della vostra disputa. Ma ascoltatemi: entrambi siete più giovani di me, un tempo fui compagno di uomini certo più valorosi di voi ed essi mai mi disprezzarono. Di questi ero compagno e combattei con loro, io. Con questi, nessuno dei mortali che ora è sulla terra combatterebbe; eppure ascoltavano i consigli miei ed obbedivano alle mie parole. Anche voi obbedite, poiché questo è meglio.’ In questo episodio è Nestore a parlare, il più vecchio e saggio tra coloro che si sono recati a Troia per combattere. Le sue parole sono rivolte ad Achille e Agamennone, che sono i personaggi più autorevoli del poema (uno dal punto di vista militare, l’altro dal punto di vista gerarchico). Nonostante questo ascoltano in silenzio le parole del saggio Nestore, che più conosce e più ha vissuto e per questo merita il loro rispetto. Ma come può un testo così antico rimanere attuale? Ciò che resta immutato nel tempo o meglio, ciò che dovrebbe restare è il rispetto e la concezione di anzianità. Oggigiorno le differenze che ci sono tra anziani e giovani tendono sempre più ad aumentare. Da un lato gli anziani considerano i giovani sempre più legati al mondo della tecnologia, dall’altro i giovani considerano gli anziani privi di interessi e inattivi a causa dell’età. Come spesso accade, quando manca il dialogo, prevale il pregiudizio. Inutile negare che ci siano profonde differenze tra generazioni, dovute innanzitutto al periodo storico nel quale ognuna di queste si è ritrovata a vivere ed alle diverse priorità e stili di vita. Quello che invece è giusto capire è che da queste differenze ognuna delle parti si può arricchire ed imparare qualcosa. La domanda è...
  • 15. come fare? Per prima cosa non escludendo gli anziani dalla società attiva e non relegandoli all’ultimo anello della catena. Questo si può realizzare se si capisce che sono a tutti gli effetti un patrimonio, se non altro per l’esperienza vissuta. Una volta compreso questo occorre trovare dei punti di incontro tra giovani e anziani in modo che avvenga uno scambio di contributi, di informazioni e di sensazioni. Ma come può avvenire questo scambio, e di cosa possiamo arricchirci? Per esempio gli anziani sono gli unici a conoscere e a praticare ancora l’arte del coltivare l’orto, che in un epoca come questa, fatta da cibo spazzatura e conservanti, sarebbe utile conoscere ed apprendere al fine di condurre una vita più sana. In seguito è grazie agli anziani se oggi possiamo esercitare molti diritti e sarebbe bello conoscere nei dettagli come si è sentito il bisogno di averli e come dopo si sono ottenuti. Anche la guerra è una cosa che per fortuna non abbiamo vissuto e che ci può essere direttamente testimoniata solo dagli anziani. Infine noi giovani potremmo insegnagli a vedere positivamente la tecnologia, che ormai fa parte di tutto e che è entrata anche nella loro vita e può essere strumento di avvicinamento. Giovani e anziani possono realmente trovare punti di incontro e imparare gli uni dagli altri, costruendo basi nuove che porteranno di sicuro ad un futuro migliore anche per le prossime generazioni. E quando questi giovani saranno vecchi potranno tramandare molte più cose, allargando le prospettive a chi verrà dopo ancora. È palese il fatto che se i giovani si sentono maggiormente preparati e proiettati verso il futuro, il merito va riconosciuto anche a coloro che anagraficamente li hanno preceduti e quindi ne hanno tracciato il sentiero. E se questo sentiero si traccia iniziando ad ascoltarci ed a conoscerci tanto vale cominciare subito.
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  • 17. Menzione speciale scuole medie istituto comprensivo Marmocchi Poggibonsi prof.ssa Tavarone, Letizia Flores LE DIVERSE CULTURE POSSONO MIGLIORARE LA NOSTRA SOCIETÀ Sappiamo che l’energia si sprigiona dall’incontro di due forze diverse, per esempio il fulmine e le tempeste si formano dallo scontro tra una massa d’aria calda e una di aria fredda. Anche l’incontro tra due forze diverse può provocare dei problemi, ma può anche arricchire la nostra vita sociale. In Italia ci sono immigrati che provengono dall'America Latina una realtà che conosco, perché anche io vengo da uno di quei paesi; l’Italia e gli altri paesi dell’Europa sono visti come paesi ricchi in cui la vita è migliore perché il progresso ha portato vantaggi in tutti i campi: nella medicina, nei trasporti e anche nella vita delle famiglie; in ogni casa ci sono 2 o 3 televisori, ogni persona ha almeno un telefonino e tutti viaggiano con automobili private. I sudamericani che vengono in Italia vengono da una realtà che non ha tutti questi benefici, ma ben presto si accorgono che tutto questo ha un prezzo infatti in Italia le persone vivono di una vita più frenetica, che li rende più nervosi e sempre alla ricerca di tempo per loro stessi e spesso non riescono a godersi le vacanze a causa dei pensieri e delle preoccupazioni. Il mio paese è povero però lì riusciamo davvero a divertirci e a dare valore al nostro tempo libero, sentiamo meno il bisogno di tutte quelle cose che qui appaiono indispensabili, che ida principio sembra che ci diano qualcosa di indispensabile, ma in realtà ci sottraggono sempre più tempo, un bene davvero importante. Sarebbe bello poter trovare un punto di incontro tra queste due realtà , per me un mondo perfetto dovrebbe riuscire a trovare un equilibrio tra queste culture e avremmo una vita più felice.
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  • 19. Menzione speciale scuole superiori Liceo linguistico Monna Agnese Siena prof.ssa Antonella Radesca, Francesca Fadda Lettera di una ragazza insicura allo specchio. "Caro Specchio, anzi forse solo "Specchio", anche perché sono più le volte che mi fai soffrire di quelle in cui mi fai sorridere. La vita per te è così facile. Tu te ne stai lì, appeso al muro, a sputare sentenze, dicendomi che non sono mai carina abbastanza, magra abbastanza, i capelli mai abbastanza perfetti anzi, solitamente, un disastro. Tu non hai paura del giudizio degli altri perché tu sei quello che più di tutti può giudicare. Chiudendo gli occhi ogni tanto mi domando perché ti do tutto questo potere specchio, perché lascio che tu mi dica che sono diversa e che questa diversità è sbagliata. Un giorno dicevamo che il mondo è bello perché vario, ma io, Specchio, come faccio a pensare che le mie differenze vadano bene quando ormai sulle copertine delle riviste vedo le solite modelle ritoccate per apparire filiformi, imbalsamate in un momento di eterna perfezione, con volti attraenti e perfetti, che sembrano così belli e allo stesso tempo così distorti? Dimmi Specchio, come si fa a vivere dicendo a chiunque cosa c'è di brutto o di bello in loro? Cosa ti dà il potere di plasmare la mente di una persona così tanto, al punto di deformarla e rendere ogni immagine di se stessa insostenibile da sopportare con lo sguardo? E se io Specchio ti dessi la soddisfazione che tanto agogni e lasciassi che il tuo giudizio mi attacchi un'etichetta addosso, sarebbe tutto quello che le persone vedrebbero di me? Sai cosa ho capito caro amico invece? Che proprio il giorno in cui la tua stupida etichetta per il mondo non conterà più nulla, quello sarà il momento in cui sarò libera dalle tue calunnie e, forse, potrei addirittura tollerati. In fin dei conti io sono libera, ma le tue catene sono tanto invisibile quanto forti, e rifletterai sempre qualcuno migliore di me, ma quando le tue catene si frammenteranno, io sarò la più bella agli occhi di chi più di tutti mi ha odiata. Me stessa.