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Ipotesi di lotta alla vespa Velutina
Integrazione del testo del gennaio 2014
a cura di Nicola Pietropoli
Un nuovo spettro si aggira per l’Europa, la vespa Velutina. Ancora una volta il mondo apicolo è chiamato a
difendersi da qualcosa che proviene da oriente. Importata, come molte altre patologie ed insetti, dalla Cina
attraverso lo scambio di merci internazionale la vespa Velutina dopo aver colonizzato la Francia è sbarcata
in Italia con l'intenzione di invadere in maniera irreparabile il nostro paese. Sembra che niente possa
fermarla e quindi il mondo dell’apicoltura italiana sarà costretto a fare i conti con questa nuova emergenza.
Infatti di emergenza si tratta vista la situazione degli apicoltori francesi, costretti in molti casi a gettare la
spugna di fronte ai danni subiti dagli alveari per i ripetuti attacchi della vespa che ha come preda preferita
le nostre api. L’ambiente Italia potrebbe essere addirittura più favorevole per il suo sviluppo e di
conseguenza la preoccupazione degli apicoltori italiani è più che giustificata. Liguria e Piemonte sono le
prime regioni che a tutt'oggi hanno dovuto sperimentare la compagnia della vespa che, da parte sua, pare
mantenere la promessa di calamità territoriale. L'emergenza non riguarda infatti soltanto l'apicoltura ma il
territorio tutto, in quanto la vespa è predatrice, insaziabile e prolifica, anche di gran parte della
entomofauna in genere. Inoltre costituisce un pericolo reale per la popolazione in quanto insetto aggressivo
e abbastanza velenoso che può costruire nidi giganti nei posti più disparati.
L’argomento è ad oggi il più dibattuto nell’ambiente apicolo sia negli incontri organizzati dalle varie
associazioni sia sul web. Prolificano i convegni e le iniziative organizzate da Disafa di Torino Aspromiele e
Regione Piemonte, le realtà più attive al momento. Stiamo così imparando a riconoscere la nuova vespa,
cosa fondamentale per organizzare una lotta, e a conoscerla in tutti i suoi aspetti. L’obiettivo primario della
ricerca sarà quello di riuscire a distruggere ed annientare la presenza dell’insetto nel nostro territorio.
Dovremo forse accontentarci di riuscire a convivere con essa anche se dobbiamo ammettere che in quanto
a capacità di uccidere e distruggere l’essere umano si è sempre distinto e questo fa ben sperare nella sua
capacità di poter affrontare il problema Velutina. La battaglia ha già una sua eroina, Sonia Allavena che alla
vista della predazione del suo apiario da parte della Velutina non ha esitato a collaborare con le istituzioni
suddette e a trasformarsi in punto di riferimento concreto per tutti coloro che vogliono sapere quale sia il
miglior atteggiamento da assumere nei confronti di questa emergenza.
La lotta
Per ora la strategia migliore sembra quella di scovare e distruggere i nidi prima che essi possano portare a
maturazione le nuove regine per l’anno successivo. Vista la facilità nel catturare degli esemplari vivi nei
pressi degli alveari è interessante la proposta di utilizzare dei trasponder da applicare sul dorso della vespa
per rintracciare via radar il nido una volta che la vespa vi faccia ritorno. Individuato il nido, si procederebbe
alla distruzione dello stesso anche con l'utilizzo di droni. La proposta è si interessante ma, alla lunga, non
perseguibile per un buon controllo della popolazione della vespa nel nostro paese. La vastità del territorio e
l’impraticabilità di molte zone renderebbero questo lavoro impegnativo e dispendioso e probabilmente
neanche realizzabile se non creando un esercito permanente di tecnici e piloti. Più facile cercare di
spegnere un incendio con il secchio. Dovremo quindi inventarci qualcosa di più sottile. Sarebbe altresì
difficile imbastire una difesa andando a colpire i singoli individui che si presentano in apiario così come lo
sarebbe, almeno per il momento, il cercare di intercettare le femmine feconde con particolari feromoni.
Fortunatamente ci sono dei fattori che sono a nostro favore nella lotta contro la vespa. Prima di tutto
abbiamo a che fare con un insetto di grandi dimensioni. Più un insetto è grande e più facile è combatterlo.
Secondo, si tratta di un insetto sociale che costituisce grandi famiglie con nidi chiusi. Questo aspetto è
molto più importante. Se dovessimo combattere una vespa solitaria della stessa virulenza la lotta sarebbe
molto più ardua. Un altro aspetto da considerare è che questa volta non abbiamo a che fare con qualcosa
che coabita con l’ape come nel caso della Varroa. Questo ci permetterà di operare anche con interventi
drastici.
Un sistema valido di lotta sistematica e realizzabile deve prevedere almeno due cose. Deve essere poco
costoso in termini economici per quanto riguarda gli strumenti da utilizzare e non deve prevedere
l’investimento di risorse umane che siano diverse da quelle degli apicoltori stessi i quali dovrebbero essere
messi nelle condizioni di operare sul loro territorio in maniera il più possibile autonoma. Alla luce di questi
fattori esiste una possibilità di intervento che potremo definire mirata, poco pericolosa, probabilmente
economica (a seconda dei materiali che si riuscirà a reperire o creare nella ricerca) e soprattutto efficace.
L’unica via è quella di colpire il nido dall’interno, possibilmente cercando di colpire le regine. E’ possibile
raggiungere questo obiettivo? Parlando di tutto questo non posso fare a meno di ricordare un vecchio
racconto di Simak che vedeva gli uomini di un lontano futuro alle prese con delle formiche diventate
intelligenti. Questi uomini progrediti nell’incivilimento non sapevano come affrontare il problema, come
contrastare le formiche che erano tecnicamente avanzate. Fortunatamente esistevano degli uomini “del
nostro tempo”, ibernati. Uno di essi fu risvegliato per chiedere consiglio e la risposta fu una cosa molto
semplice. Bastava offrire alle formiche del nutrimento avvelenato, queste, una volta portatolo all’interno
della colonia, avrebbero anche nutrito la regina e morta essa la colonia sarebbe stata distrutta.
Questo è quello che possiamo fare noi contro la Velutina. In questo caso però non si tratterà di offrire del
cibo avvelenato alle vespe tramite bocconi avvelenati posti all’esterno perché verrebbero avvelenate molte
altre specie di insetti attirati dagli stessi bocconi e non è questo quello che vogliamo. Sappiamo inoltre che
dopo una iniziale attenzione al destino di queste esche pian piano, per non curanza, verrebbero
dimenticate a se stesse perdendone il controllo e questo non solo non dovrà succedere ma non dovrà
essere possibile che succeda.
L'utilizzo del veleno, in qualsiasi forma lo si voglia utilizzare, rimane un argomento estremamente delicato.
Mai si vorrebbe che proprio gli apicoltori che, specialmente negli ultimi anni, sono diventati i paladini della
lotta all'utilizzo di veleni e pesticidi in agricoltura, per la salvaguardia delle api (ricordiamo le polemiche
sull'utilizzo dei dannosissimi neonicotinoidi) dovessero essere costretti ad agire in modo aleatorio ed
indiscriminato con del veleno per colpire la vespa che gli minaccia. Ne verrebbe a soffrire l'immagine che
faticosamente la categoria (apicoltura italiana) si è ritagliata negli ultimi anni di produttori attenti
all'ambiente e che nonostante la difficile lotta alla varroasi si è impegnata nella ricerca ed attuazione di
profilassi le più attente possibile (anche se più laboriose) all'ottenimento di un prodotto sano e genuino.
Quindi se per forza di cose dovranno essere utilizzate delle sostanze velenose , previa autorizzazioni
ufficiali, per far fronte ad una situazione diventata ormai critica, almeno in attesa di soluzioni migliori, sarà
bene imbastire una ipotesi di lotta che fin dall'inizio meno si presti a facili critiche in questo senso
(difficilmente queste critiche vengono mosse quando iniziative drastiche e ambientalmente discutibili si
adottano in altri ambiti, come ad esempio la decisione di rendere obbligatori i trattamenti antiparassitari
per salvare gli olivi della puglia) e che peraltro non dimentichi che nella difficile situazione economica in cui
ci troviamo le soluzioni proposte dovranno avere un impatto economico trascurabile per la società.
Noi vogliamo che il veleno colpisca solo e direttamente i nidi di Velutina. Si tratterà di applicare, al posto
del trasponder, sul dorso di alcune vespe catturate vive, del veleno, in quantità sufficienti, che esse
porteranno volenti o nolenti nel nido una volta liberate. Non sarà più necessario individuare e raggiungere i
nidi e avremo la certezza che il veleno raggiungerà solo i nidi della vespa Velutina.
Per poter procedere in questa direzione sono necessarie due cose. Prima di tutto serve un materiale
particolare da applicare sul dorso in cui poter mescolare il veleno. Particolare, perché dovrà essere a tenuta
sicura durante il volo della vespa mentre all’interno del nido, grazie alle condizioni di temperatura ed
umidità diverse, dovrà trasformarsi in qualcosa di tenero e quasi liquido (pensiamo ad esempio ad una
sostanza igroscopica). Inoltre tale sostanza dovrà essere appetibile alle vespe. In seconda sarà necessario
un potente veleno, molto concentrato in modo da non rendere necessarie molte vespe avvelenate per
raggiungere lo scopo. Peraltro il veleno dovrà essere incapsulato in microsfere a lenta cessione in modo da
limitarne l’azione per il tempo necessario affinchè il veleno si propaghi il più possibile tra gli individui del
nido per avere una grande probabilità di colpire anche la o le regine. Sarebbe interessante capire se alla
regina venga riservato un alimento particolare. In questo caso approntare una sostanza vettore compatibile
con questo alimento darebbe delle probabilità in più di colpire la regina. Una variante più intelligente
potrebbe essere quella di far trasportare una sostanza che una volta introdotta nel nido liberi un gas
venefico che saturando l’aria del nido uccida in toto le vespe. L’opzione della sostanza velenosa sotto forma
di gas, se ben gestita potrebbe anche avere esiti migliori. Solo la sperimentazione potrà dircelo. Certo,
sarebbe più interessante poter sostituire il veleno con microrganismi parassiti o portatori di patologie
specifiche o sostanze che portino a sterilità delle regine ma la cosa richiederebbe più tempo nella ricerca e
riserviamo l’opzione per il futuro.
A una prima fase che prevede la gestione del tutto da parte di personale specializzato sia per la ricerca che
per la sperimentazione seguirebbe la seconda fase in cui il materiale necessario viene distribuito ai singoli
apicoltori che si preoccuperebbero personalmente di attuare la procedura in caso di necessità.
Quindi, da parte della ricerca si attenderanno i materiali giusti per poter attuare l’operazione. Non è da
escludere che dei materiali idonei già esistano. Una volta acquisiti i giusti materiali si procederà alla
sperimentazione in campo per poi affidare il compito agli apicoltori stessi. Qualora si dovesse rendere
necessario a causa ad esempio della manipolazione di sostanze nocive, si potranno abilitare solo gli
apicoltori che seguiranno particolari corsi informativi oppure affidare agli ufficiali sanitari preposti la
distribuzione del materiale nonché il controllo delle operazioni. Ricordiamo che se il sistema dovesse
funzionare non dovrebbero essere necessari tanti interventi, interventi che verrebbero eseguiti solo nel
periodo giusto. I risultati ottenuti con questa procedura sarebbero: una efficacia molto alta nella
distruzione dei nidi di vespa, un coinvolgimento quasi nullo di altre specie di animali e un costo, dopo la
ricerca, presumibilmente molto contenuto a carico dello Stato e degli apicoltori.
Ma la cosa di massima importanza che bisogna considerare è cercare di evitare che ancora una volta come
in ogni situazione di emergenza, una categoria minacciata da una avversità arrivi, alla fine delle operazioni,
per una ragione o per l'altra, a dover temere di più la profilassi che la "malattia". Se ad esempio riflettiamo
bene sulla soluzione radar-drone per individuare e colpire i nidi della vespa, soluzione che potremmo anche
definire di elevato tono tecnologico e che quindi di primo acchito può risvegliare orgogli assopiti, in realtà
potrebbe tradursi un un'arma a doppio taglio. Una categoria, quella degli apicoltori, che seppur controllata
minuziosamente a livello burocratico e sanitario, mantiene una certa indipendenza in quanto tratta una
attività che è un'arte e nella quale l'apicoltore è il maestro che non ha bisogno di alcuno se non delle api e
non deve dipendere da nessuno per la sua attività, di fronte all'esercito dei" tecnici operativi", strapagato e
dotato di mezzi costosi, che detengono il segreto della gestione dei radar e dei droni, nonchè delle
autorizzazioni a procedere, si troverebbero subordinati alla nuova giovane categoria che spavalda
detterebbe regole nuove alle quali dovremmo attenerci volenti o nolenti. Non farsi soffiare sotto il naso
l'indipendenza culturale che ancora in parte gode oggi l'apicoltore è per me il punto fermo attorno al quale
dover muoversi nella scelta del sistema più appropriato di lotta alla vespa Velutina.
Gli apicoltori devono mantenere il controllo della lotta e rimanerne gli agenti diretti ed indiscussi e per
questo la scelta di alternative anche se più discutibili dal punto di vista "ecologico" sarebbero da preferirsi
ad una opzione sofisticata, costosa, probabilmente anche poco efficace e guidata da persone che non
potranno avere in considerazione le api come possono averle gli apicoltori.
L'emergenza è ora cominciata ma c'è ancora tempo per intervenire. Lo scoglio più grosso sarà quello di
ottenere le autorizzazioni all’uso di sostanze velenose, ma se si vuole contrastare o almeno controllare lo
sviluppo della vespa Velutina si dovrà decidere tra questo o una lotta clandestina che sicuramente prenderà
vita al di fuori di qualsiasi regola e controllo.
Nicola Pietropoli

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  • 1. Ipotesi di lotta alla vespa Velutina Integrazione del testo del gennaio 2014 a cura di Nicola Pietropoli Un nuovo spettro si aggira per l’Europa, la vespa Velutina. Ancora una volta il mondo apicolo è chiamato a difendersi da qualcosa che proviene da oriente. Importata, come molte altre patologie ed insetti, dalla Cina attraverso lo scambio di merci internazionale la vespa Velutina dopo aver colonizzato la Francia è sbarcata in Italia con l'intenzione di invadere in maniera irreparabile il nostro paese. Sembra che niente possa fermarla e quindi il mondo dell’apicoltura italiana sarà costretto a fare i conti con questa nuova emergenza. Infatti di emergenza si tratta vista la situazione degli apicoltori francesi, costretti in molti casi a gettare la spugna di fronte ai danni subiti dagli alveari per i ripetuti attacchi della vespa che ha come preda preferita le nostre api. L’ambiente Italia potrebbe essere addirittura più favorevole per il suo sviluppo e di conseguenza la preoccupazione degli apicoltori italiani è più che giustificata. Liguria e Piemonte sono le prime regioni che a tutt'oggi hanno dovuto sperimentare la compagnia della vespa che, da parte sua, pare mantenere la promessa di calamità territoriale. L'emergenza non riguarda infatti soltanto l'apicoltura ma il territorio tutto, in quanto la vespa è predatrice, insaziabile e prolifica, anche di gran parte della entomofauna in genere. Inoltre costituisce un pericolo reale per la popolazione in quanto insetto aggressivo e abbastanza velenoso che può costruire nidi giganti nei posti più disparati. L’argomento è ad oggi il più dibattuto nell’ambiente apicolo sia negli incontri organizzati dalle varie associazioni sia sul web. Prolificano i convegni e le iniziative organizzate da Disafa di Torino Aspromiele e Regione Piemonte, le realtà più attive al momento. Stiamo così imparando a riconoscere la nuova vespa, cosa fondamentale per organizzare una lotta, e a conoscerla in tutti i suoi aspetti. L’obiettivo primario della ricerca sarà quello di riuscire a distruggere ed annientare la presenza dell’insetto nel nostro territorio. Dovremo forse accontentarci di riuscire a convivere con essa anche se dobbiamo ammettere che in quanto a capacità di uccidere e distruggere l’essere umano si è sempre distinto e questo fa ben sperare nella sua capacità di poter affrontare il problema Velutina. La battaglia ha già una sua eroina, Sonia Allavena che alla vista della predazione del suo apiario da parte della Velutina non ha esitato a collaborare con le istituzioni suddette e a trasformarsi in punto di riferimento concreto per tutti coloro che vogliono sapere quale sia il miglior atteggiamento da assumere nei confronti di questa emergenza. La lotta Per ora la strategia migliore sembra quella di scovare e distruggere i nidi prima che essi possano portare a maturazione le nuove regine per l’anno successivo. Vista la facilità nel catturare degli esemplari vivi nei pressi degli alveari è interessante la proposta di utilizzare dei trasponder da applicare sul dorso della vespa per rintracciare via radar il nido una volta che la vespa vi faccia ritorno. Individuato il nido, si procederebbe alla distruzione dello stesso anche con l'utilizzo di droni. La proposta è si interessante ma, alla lunga, non perseguibile per un buon controllo della popolazione della vespa nel nostro paese. La vastità del territorio e l’impraticabilità di molte zone renderebbero questo lavoro impegnativo e dispendioso e probabilmente neanche realizzabile se non creando un esercito permanente di tecnici e piloti. Più facile cercare di spegnere un incendio con il secchio. Dovremo quindi inventarci qualcosa di più sottile. Sarebbe altresì difficile imbastire una difesa andando a colpire i singoli individui che si presentano in apiario così come lo sarebbe, almeno per il momento, il cercare di intercettare le femmine feconde con particolari feromoni.
  • 2. Fortunatamente ci sono dei fattori che sono a nostro favore nella lotta contro la vespa. Prima di tutto abbiamo a che fare con un insetto di grandi dimensioni. Più un insetto è grande e più facile è combatterlo. Secondo, si tratta di un insetto sociale che costituisce grandi famiglie con nidi chiusi. Questo aspetto è molto più importante. Se dovessimo combattere una vespa solitaria della stessa virulenza la lotta sarebbe molto più ardua. Un altro aspetto da considerare è che questa volta non abbiamo a che fare con qualcosa che coabita con l’ape come nel caso della Varroa. Questo ci permetterà di operare anche con interventi drastici. Un sistema valido di lotta sistematica e realizzabile deve prevedere almeno due cose. Deve essere poco costoso in termini economici per quanto riguarda gli strumenti da utilizzare e non deve prevedere l’investimento di risorse umane che siano diverse da quelle degli apicoltori stessi i quali dovrebbero essere messi nelle condizioni di operare sul loro territorio in maniera il più possibile autonoma. Alla luce di questi fattori esiste una possibilità di intervento che potremo definire mirata, poco pericolosa, probabilmente economica (a seconda dei materiali che si riuscirà a reperire o creare nella ricerca) e soprattutto efficace. L’unica via è quella di colpire il nido dall’interno, possibilmente cercando di colpire le regine. E’ possibile raggiungere questo obiettivo? Parlando di tutto questo non posso fare a meno di ricordare un vecchio racconto di Simak che vedeva gli uomini di un lontano futuro alle prese con delle formiche diventate intelligenti. Questi uomini progrediti nell’incivilimento non sapevano come affrontare il problema, come contrastare le formiche che erano tecnicamente avanzate. Fortunatamente esistevano degli uomini “del nostro tempo”, ibernati. Uno di essi fu risvegliato per chiedere consiglio e la risposta fu una cosa molto semplice. Bastava offrire alle formiche del nutrimento avvelenato, queste, una volta portatolo all’interno della colonia, avrebbero anche nutrito la regina e morta essa la colonia sarebbe stata distrutta. Questo è quello che possiamo fare noi contro la Velutina. In questo caso però non si tratterà di offrire del cibo avvelenato alle vespe tramite bocconi avvelenati posti all’esterno perché verrebbero avvelenate molte altre specie di insetti attirati dagli stessi bocconi e non è questo quello che vogliamo. Sappiamo inoltre che dopo una iniziale attenzione al destino di queste esche pian piano, per non curanza, verrebbero dimenticate a se stesse perdendone il controllo e questo non solo non dovrà succedere ma non dovrà essere possibile che succeda. L'utilizzo del veleno, in qualsiasi forma lo si voglia utilizzare, rimane un argomento estremamente delicato. Mai si vorrebbe che proprio gli apicoltori che, specialmente negli ultimi anni, sono diventati i paladini della lotta all'utilizzo di veleni e pesticidi in agricoltura, per la salvaguardia delle api (ricordiamo le polemiche sull'utilizzo dei dannosissimi neonicotinoidi) dovessero essere costretti ad agire in modo aleatorio ed indiscriminato con del veleno per colpire la vespa che gli minaccia. Ne verrebbe a soffrire l'immagine che faticosamente la categoria (apicoltura italiana) si è ritagliata negli ultimi anni di produttori attenti all'ambiente e che nonostante la difficile lotta alla varroasi si è impegnata nella ricerca ed attuazione di profilassi le più attente possibile (anche se più laboriose) all'ottenimento di un prodotto sano e genuino. Quindi se per forza di cose dovranno essere utilizzate delle sostanze velenose , previa autorizzazioni ufficiali, per far fronte ad una situazione diventata ormai critica, almeno in attesa di soluzioni migliori, sarà bene imbastire una ipotesi di lotta che fin dall'inizio meno si presti a facili critiche in questo senso (difficilmente queste critiche vengono mosse quando iniziative drastiche e ambientalmente discutibili si adottano in altri ambiti, come ad esempio la decisione di rendere obbligatori i trattamenti antiparassitari per salvare gli olivi della puglia) e che peraltro non dimentichi che nella difficile situazione economica in cui ci troviamo le soluzioni proposte dovranno avere un impatto economico trascurabile per la società. Noi vogliamo che il veleno colpisca solo e direttamente i nidi di Velutina. Si tratterà di applicare, al posto del trasponder, sul dorso di alcune vespe catturate vive, del veleno, in quantità sufficienti, che esse
  • 3. porteranno volenti o nolenti nel nido una volta liberate. Non sarà più necessario individuare e raggiungere i nidi e avremo la certezza che il veleno raggiungerà solo i nidi della vespa Velutina. Per poter procedere in questa direzione sono necessarie due cose. Prima di tutto serve un materiale particolare da applicare sul dorso in cui poter mescolare il veleno. Particolare, perché dovrà essere a tenuta sicura durante il volo della vespa mentre all’interno del nido, grazie alle condizioni di temperatura ed umidità diverse, dovrà trasformarsi in qualcosa di tenero e quasi liquido (pensiamo ad esempio ad una sostanza igroscopica). Inoltre tale sostanza dovrà essere appetibile alle vespe. In seconda sarà necessario un potente veleno, molto concentrato in modo da non rendere necessarie molte vespe avvelenate per raggiungere lo scopo. Peraltro il veleno dovrà essere incapsulato in microsfere a lenta cessione in modo da limitarne l’azione per il tempo necessario affinchè il veleno si propaghi il più possibile tra gli individui del nido per avere una grande probabilità di colpire anche la o le regine. Sarebbe interessante capire se alla regina venga riservato un alimento particolare. In questo caso approntare una sostanza vettore compatibile con questo alimento darebbe delle probabilità in più di colpire la regina. Una variante più intelligente potrebbe essere quella di far trasportare una sostanza che una volta introdotta nel nido liberi un gas venefico che saturando l’aria del nido uccida in toto le vespe. L’opzione della sostanza velenosa sotto forma di gas, se ben gestita potrebbe anche avere esiti migliori. Solo la sperimentazione potrà dircelo. Certo, sarebbe più interessante poter sostituire il veleno con microrganismi parassiti o portatori di patologie specifiche o sostanze che portino a sterilità delle regine ma la cosa richiederebbe più tempo nella ricerca e riserviamo l’opzione per il futuro. A una prima fase che prevede la gestione del tutto da parte di personale specializzato sia per la ricerca che per la sperimentazione seguirebbe la seconda fase in cui il materiale necessario viene distribuito ai singoli apicoltori che si preoccuperebbero personalmente di attuare la procedura in caso di necessità. Quindi, da parte della ricerca si attenderanno i materiali giusti per poter attuare l’operazione. Non è da escludere che dei materiali idonei già esistano. Una volta acquisiti i giusti materiali si procederà alla sperimentazione in campo per poi affidare il compito agli apicoltori stessi. Qualora si dovesse rendere necessario a causa ad esempio della manipolazione di sostanze nocive, si potranno abilitare solo gli apicoltori che seguiranno particolari corsi informativi oppure affidare agli ufficiali sanitari preposti la distribuzione del materiale nonché il controllo delle operazioni. Ricordiamo che se il sistema dovesse funzionare non dovrebbero essere necessari tanti interventi, interventi che verrebbero eseguiti solo nel periodo giusto. I risultati ottenuti con questa procedura sarebbero: una efficacia molto alta nella distruzione dei nidi di vespa, un coinvolgimento quasi nullo di altre specie di animali e un costo, dopo la ricerca, presumibilmente molto contenuto a carico dello Stato e degli apicoltori. Ma la cosa di massima importanza che bisogna considerare è cercare di evitare che ancora una volta come in ogni situazione di emergenza, una categoria minacciata da una avversità arrivi, alla fine delle operazioni, per una ragione o per l'altra, a dover temere di più la profilassi che la "malattia". Se ad esempio riflettiamo bene sulla soluzione radar-drone per individuare e colpire i nidi della vespa, soluzione che potremmo anche definire di elevato tono tecnologico e che quindi di primo acchito può risvegliare orgogli assopiti, in realtà potrebbe tradursi un un'arma a doppio taglio. Una categoria, quella degli apicoltori, che seppur controllata minuziosamente a livello burocratico e sanitario, mantiene una certa indipendenza in quanto tratta una attività che è un'arte e nella quale l'apicoltore è il maestro che non ha bisogno di alcuno se non delle api e non deve dipendere da nessuno per la sua attività, di fronte all'esercito dei" tecnici operativi", strapagato e dotato di mezzi costosi, che detengono il segreto della gestione dei radar e dei droni, nonchè delle autorizzazioni a procedere, si troverebbero subordinati alla nuova giovane categoria che spavalda detterebbe regole nuove alle quali dovremmo attenerci volenti o nolenti. Non farsi soffiare sotto il naso
  • 4. l'indipendenza culturale che ancora in parte gode oggi l'apicoltore è per me il punto fermo attorno al quale dover muoversi nella scelta del sistema più appropriato di lotta alla vespa Velutina. Gli apicoltori devono mantenere il controllo della lotta e rimanerne gli agenti diretti ed indiscussi e per questo la scelta di alternative anche se più discutibili dal punto di vista "ecologico" sarebbero da preferirsi ad una opzione sofisticata, costosa, probabilmente anche poco efficace e guidata da persone che non potranno avere in considerazione le api come possono averle gli apicoltori. L'emergenza è ora cominciata ma c'è ancora tempo per intervenire. Lo scoglio più grosso sarà quello di ottenere le autorizzazioni all’uso di sostanze velenose, ma se si vuole contrastare o almeno controllare lo sviluppo della vespa Velutina si dovrà decidere tra questo o una lotta clandestina che sicuramente prenderà vita al di fuori di qualsiasi regola e controllo. Nicola Pietropoli