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La riservatezza dei dati, il segreto
              professionale e la deontologia
                              (dalla parte dell'Avvocato)

                                         Università degli studi di
                                                 Milano
                                                25 marzo 2011



Marcello Bergonzi Perrone
Avvocato in Voghera e Milano, membro Circolo Giuristi Telematici,
redattore della rivista scientifica: “ciberspazio e diritto”.
Accezione comune
- segreto: ciò che è vietato rivelare ad
 altri
- riservatezza: riserbo. Prudenza nella
 divulgazione del proprio pensiero
- deontologia: l'insieme delle norme
 morali e di correttezza nell'esercizio della
 professione
La deontologia

  IL CODICE DEONTOLOGICO FORENSE
(Testo approvato dal Consiglio Nazionale Forense nella seduta del 17 aprile
   1997 ed aggiornato con le modifiche introdotte il 16 ottobre 1999, il 26
   ottobre 2002, il 27 gennaio 2006, il 18 gennaio 2007 e il 12 giugno 2008)



ART. 1. - Ambito di applicazione.
Le norme deontologiche si applicano a tutti gli avvocati e
  praticanti nella loro attività, nei loro reciproci rapporti e nei
  confronti dei terzi
TITOLO I - PRINCIPI GENERALI

ART. 5. - Doveri di probità, dignità e decoro
ART. 6. - Doveri di lealtà e correttezza
ART. 7. - Dovere di fedeltà
ART. 8. - Dovere di diligenza
ART. 10. - Dovere di indipendenza
ART. 12. - Dovere di competenza
ART. 9. - Dovere di segretezza e
                riservatezza

È dovere, oltreché diritto, primario e fondamentale
(“primordiale”? ndr) dell’avvocato mantenere il segreto
sull’attività prestata e su tutte le informazioni che siano
a lui fornite dalla parte assistita o di cui sia venuto a
conoscenza in dipendenza del mandato.

anche per gli ex clienti, per l'attività stragiudiziale (I cpv.) e anche
in caso di mancata accettazione del mandato (II cpv.)
Regola che vale anche per i collaboratori e dipendenti e per tutte
le persone che cooperano nello svolgimento dell’attività (III cpv.)
Cons. Naz. Forense 11-11-2009, n. 100

Viola l'art. 7 del codice deontologico il professionista che,
   nell'ambito del primario dovere di fedeltà al mandato, compia
   atti contrari all'interesse dell'assistito quali la diffusione di
   notizie a quest'ultimo sfavorevoli apprese nel corso o in
   occasione del rapporto. Tale condotta viola altresì l'art. 9 del
   medesimo codice concernente l'altro parimenti fondamentale
   dovere di mantenere il segreto sulle informazioni fornite
   dall'assistito o delle quali l'avvocato sia venuto a conoscenza
   in dipendenza del mandato, a causa od in occasione dello
   stesso, non incidendo sul rigoroso rispetto di tale dovere la
   circostanza che nella specie il mandato permanesse solo
   formalmente, atteso che il vincolo del segreto riguarda anche
   gli ex-clienti.
ART. 35. - Rapporto di fiducia.
Il rapporto con la parte assistita è fondato sulla fiducia.
    (senza riservatezza non può esserci fiducia, ndr)


    ART. 36. - Autonomia del rapporto.
L’avvocato ha l’obbligo di difendere gli interessi della
  parte assistita nel miglior modo possibile nei limiti del
  mandato e nell’osservanza della legge e dei
  principi deontologici (rapporti con la stampa...ndr)
Bilanciamento tra il dovere di
riservatezza (segretezza?) e il
dovere di difesa: quali i limiti?
   Rapporto costo/beneficio
I rapporti coi parenti del cliente
L'art. 96 c.p.p. (III comma): «la nomina del difensore di
fiducia della persona fermata, arrestata o in custodia
cautelare, finché la stessa non vi ha provveduto, può
essere fatta da un prossimo congiunto, con le forme
previste dal comma 2.»

Come ci si comporta con i parenti che hanno nominato
l'avvocato, che chiedono informazioni sull'andamento
della pratica dopo la nomina?
Altre comunicazioni vietate

- le “confidenze” ai terzi non interessati
- le “confidenze” ai terzi interessati (es: altri
   clienti o controparti o stampa)
- la pubblicizzazione della clientela
- gli “sfoghi” in famiglia
Prevalenza del diritto “più forte”
Anche secondo la giurisprudenza del CNF,
 posso rivelare, ad es., al Giudice le notizie
 in mio possesso per un'azione contro il mio
 (ex) cliente, ma entro i limiti della
 correttezza, senza ad es. rivelare notizie
 inutili al solo scopo di nuocere al mio
 avversario/cliente
Cons. Naz. Forense 22-03-1997, n. 23
Pone in essere un comportamento
 deontologicamente rilevante il
 professionista che nel ricorso per decreto
 ingiuntivo avverso propri clienti, per il
 soddisfacimento di crediti professionali,
 riferisca dell'attività svolta con dovizia
 di particolari riguardanti episodi coperti
 dal segreto professionale.
Cons. Naz. Forense 12-11-1996, n. 157

Pone in essere un comportamento disciplinarmente
  rilevante l'avvocato che eserciti pressioni, se pur
  indirette, verso il proprio cliente e altresì lo
  minacci di violare il segreto professionale per
  ottenere il pagamento delle proprie spettanze
  professionali, e non restituisca poi atti e
  documenti.
Cons. Naz. Forense 08-07-1994, n. 65


L'avvocato al quale sia stato revocato il mandato
  viola il dovere di segretezza nell'ipotesi in cui
  invia a tutti i creditori dell'ex cliente una
  comunicazione contenente la rivelazione di
  eventi e comportamenti del proprio cliente, di cui
  egli era venuto a conoscenza nel contesto del
  rapporto professionale, e sui quali era tenuto al
  segreto anche dopo l'estinzione del mandato.
Cons. Naz. Forense 30-09-1993, n. 113

Il dovere di segretezza impone al professionista
   forense di non rivelare gli incarichi
   professionali ricevuti dal proprio cliente. Non
   costituisce quindi illecito disciplinare la mancata
   comunicazione al promissario acquirente
   dell'esistenza di una controversia giudiziaria
   sull'appartamento oggetto dell'acquisto (nella
   convinzione che tale controversia non abbia
   rilevanza sulla idoneità del bene).
Art. 18 – rapporti con la stampa
Nei rapporti con la stampa e con gli altri mezzi di
  diffusione l'avvocato deve ispirarsi a criteri di
  equilibrio e misura nel rilasciare interviste, per il
  rispetto dei doveri di discrezione e riservatezza.
I. Il difensore, con il consenso del proprio assistito e
    nell'esclusivo interesse dello stesso, può fornire
    agli organi di informazione e di stampa notizie che
    non siano coperte dal segreto di indagine.
II. In ogni caso, nei rapporti con gli organi di
    informazione e con gli altri mezzi di diffusione, è fatto
    divieto all'avvocato di enfatizzare la propria capacità
    professionale, di spendere il nome dei propri
    clienti, di sollecitare articoli di stampa o interviste sia
    su organi di informazione sia su altri mezzi di
    diffusione; è fatto divieto altresì di convocare
    conferenze stampa fatte salve le esigenze di difesa
    del cliente.
III. E' consentito all'avvocato, previa comunicazione al
    Consiglio dell'Ordine di appartenenza, di tenere o
    curare rubriche fisse su organi di stampa con
    l'indicazione del proprio nome e di partecipare a
    rubriche fisse televisive o radiofoniche.
Esempio pratico 1
caso di pedofilia menzionato dalla stampa locale e
  riservatezza del difensore: qual'è l'interesse del
  cliente? Tacere o parlare?
               Esempio pratico 2
Caso di malasanità: il parente chiede che venga
 data massima pubblicità al caso, per influenzare
 maggiormente gli organi inquirenti e giudicanti:
 fino a che punto è lecito?
Cons. Naz. Forense 13-05-1998, n. 48
Pone in essere un comportamento non rilevante
  disciplinarmente, in quanto non lesivo né della dignità né
  del decoro dell'intera classe forense, il professionista che
  esprima, nel corso di un'intervista, dissenso e forti
  critiche sul modo di conduzione dell'indagine e sul
  teorema accusatorio.(Nella specie il C.N.F. ha rilevato
  che nelle dichiarazioni rese alla stampa non si
  rinvenivano parole ingiuriose nei confronti del P.M. bensì
  opinioni e valutazioni, anche polemiche, finalizzate ad
  evidenziare l'infondatezza dell'accusa elevata nei
  confronti del cliente del professionista e la disparità di
  trattamento riservato ad altri, asseritamente meritevoli di
  addebiti penali non perseguiti).
Cons. Naz. Forense 13-12-2010, n. 200
Pone in essere un comportamento deontologicamente
  rilevante, in violazione dell'art. 18 c.d.f., il professionista
  che, ancor prima di intraprendere l'azione giudiziaria nei
  confronti di un Collega, intrattenga crescenti rapporti
  con la stampa al fine di dare diffusione alla notizia
  dell'azione legale, così ponendosi in contrasto con le
  regole di pacatezza, sobrietà e continenza sancite dalla
  suddetta previsione deontologica, ed utilizzi le note
  divulgative al fine di pubblicizzare, mediante la
  strumentale spendita del nome della nota cliente,
  competenze ed organizzazione del proprio studio
  professionale, così eccedendo le stesse esigenze di
  tutela della parte assistita.
Cons. Naz. Forense 06-12-2006, n. 139


Viola il dovere di riservatezza proprio della professione
  forense (art. 9 c.d.f.), nonché il divieto di sollecitare
  articoli di stampa o interviste su organi di
  informazione, spendendo il nome dei propri clienti
  (art.18 c.d.f.), il professionista che, attraverso le
  pagine di un quotidiano locale, divulghi il contenuto
  di una sua lettera inviata alla controparte per
  conto dei propri assistiti.
Art. 52 – rapporti con i testimoni
5. Il difensore ha il dovere di mantenere il segreto
   professionale sugli atti delle investigazioni difensive e sul
   loro contenuto, finché non ne faccia uso nel
   procedimento, salva la rivelazione per giusta causa
   nell’interesse del proprio assistito.
6. Il difensore ha altresì l’obbligo di conservare
   scrupolosamente e riservatamente la documentazione
   delle investigazioni difensive per tutto il tempo ritenuto
   necessario o utile per l’esercizio della difesa.
Il codice penale – il segreto
                 LIBRO SECONDO
 DEI DELITTI IN PARTICOLARE (vd. art. 17 c.p.)
                     TITOLO XII
            Dei delitti contro la persona
                        Capo III
       Dei delitti contro la libertà individuale
                      Sezione V
     Dei delitti contro la inviolabilità dei segreti


Art. 622 c.p. (Rivelazione di segreto professionale).
Art. 622 c.p. (Rivelazione di
  segreto professionale) (200 c.p.p.)
Chiunque, avendo notizia, per ragione del proprio stato o
ufficio, o della propria professione o arte, di un segreto
(in che senso?), lo rivela, senza giusta causa, ovvero lo
impiega a proprio o altrui profitto, è punito, se dal fatto può
derivare nocumento, con la reclusione fino a un anno o con
la multa da euro 30 a euro 516.
La pena è aggravata se il fatto è commesso da
amministratori, direttori generali, dirigenti preposti alla
redazione dei documenti contabili societari (1), sindaci o
liquidatori o se è commesso da chi svolge la revisione
contabile della società.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa.
il segreto nel C.P.P.
- sul processo (“segreti processuali”: segreto
  investigativo - 329 e 335 co. 3 e 3-bis
  c.p.p. - divieto pubblicazione atti e
  immagini - 114 c.p.p. -)
- nel processo (“segreti probatori”. Es. di
  segreto: professionale – 200 c.p.p. -
  familiare – 199 c.p.p. - di ufficio - 201
  c.p.p. - di stato - 202 c.p.p. -, informatori di
  P.G. - 203 c.p.p..)
“Segreto”, nelle norme di procedura
penale sopra richiamate è più tassativo,
nell'ambito dell'art. 622 c.p. è più labile,
fino a sconfinare nel concetto più vasto
di “riservato” (cfr.: Cass. 19/04/1996 “Carola”)
         Mancanza di coordinamento?...
Art. 200 c.p.p.
Non possono essere obbligati a deporre su
  quanto hanno conosciuto per ragione del
  proprio ministero, ufficio o professione,
  salvi i casi in cui hanno l'obbligo di riferirne
  all'autorità giudiziaria (es: referto, ndr):
b) gli avvocati, gli investigatori privati
  autorizzati, i consulenti tecnici e i notai;
(ndr: anche i praticanti: Corte Cost. 87/1997)
Art. 58 codice deontologico
  la testimonianza dell'avvocato
Per quanto possibile, l’avvocato deve astenersi dal deporre
  come testimone su circostanze apprese nell’esercizio
  della propria attività professionale e inerenti al mandato
  ricevuto.
I - L’avvocato non deve mai impegnare di fronte al giudice
    la propria parola sulla verità dei fatti esposti in giudizio.
II - Qualora l’avvocato intenda presentarsi come testimone
    dovrà rinunciare al mandato e non potrà riassumerlo.
Parere Consiglio nazionale forense
             04-07-2001
il contenuto di conversazioni riservate tenute da avvocati anche su
    proposte transattive deve essere qualificato oggetto di conoscenza
    "per ragione del proprio ministero, ufficio o professione", e quindi
    oggetto di segreto professionale ai sensi dell'art. 200 c.p.p.; tale
    qualificazione comporta la facoltà di astensione dal deporre come
    testimone, prevista dall'art. 249 c.p.c., per il richiamo contenuto in
    tale norma.
La facoltà di astensione accordata dal legislatore di rito, correlata
   con la prescrizione deontologica innanzi richiamata, comporta
   per l'avvocato l'esclusione dell'obbligo di rendere testimonianza
   sulle proposte transattive trasmesse dal difensore della controparte;
   né sul doveroso esercizio della facoltà di astensione può incidere la
   volontà della parte assistita, trattandosi di regole stabilite
   nell'interesse generale al corretto esercizio della professione
   d'avvocato, e quindi di interessi estranei al legittimo suo potere di
   disposizione.
Il decreto legislativo 30 giugno
     2003, n. 196 (cod. privacy)
Art. 1. Diritto alla protezione dei dati personali
1. Chiunque ha diritto alla protezione dei dati personali che
   lo riguardano.
Art. 2. Finalità
1. Il presente testo unico, di seguito denominato "codice",
   garantisce che il trattamento dei dati personali si svolga
   nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché
   della dignità dell'interessato, con particolare riferimento
   alla riservatezza, all'identità personale e al diritto alla
   protezione dei dati personali.
Art. 4. Definizioni
 1. Ai fini del presente codice si intende per:
a) "trattamento", qualunque operazione o complesso di
   operazioni, effettuati anche senza l'ausilio di strumenti
   elettronici, concernenti la raccolta, la registrazione,
   l'organizzazione, la conservazione, la consultazione,
   l'elaborazione, la modificazione, la selezione, l'estrazione, il
   raffronto, l'utilizzo, l'interconnessione, il blocco, la
   comunicazione, la diffusione, la cancellazione e la distruzione
   di dati, anche se non registrati in una banca di dati;
b) "dato personale", qualunque informazione relativa a persona
   fisica, persona giuridica, ente od associazione, identificati o
   identificabili, anche indirettamente, mediante riferimento a
   qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di
   identificazione personale;
d) "dati sensibili", i dati personali idonei a rivelare l'origine razziale
ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le
opinioni politiche, l'adesione a partiti, sindacati, associazioni od
organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale,
nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita
sessuale;
e) "dati giudiziari", i dati personali idonei a rivelare provvedimenti
di cui all'articolo 3, comma 1, lettere da a) a o) e da r) a u), del
d.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, in materia di casellario
giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da
reato e dei relativi carichi pendenti, o la qualità di imputato o di
indagato ai sensi degli articoli 60 e 61 del codice di procedura
penale;
f) "titolare", la persona fisica, la persona giuridica, la pubblica
amministrazione e qualsiasi altro ente, associazione od
organismo cui competono, anche unitamente ad altro titolare, le
decisioni in ordine alle finalità, alle modalità del trattamento di
dati personali e agli strumenti utilizzati, ivi compreso il profilo della
sicurezza (chi decide cosa sul trattamento, ndr);
g) "responsabile", la persona fisica, la persona giuridica, la
pubblica amministrazione e qualsiasi altro ente, associazione od
organismo preposti dal titolare al trattamento di dati personali
(fa quello che gli viene detto di fare dal titolare, ndr);
h) "incaricati", le persone fisiche autorizzate a compiere
operazioni di trattamento dal titolare o dal responsabile (es,
segretaria, praticante, collaboratore, etc. ndr) ;
i) "interessato", la persona fisica, la persona giuridica, l'ente o
l'associazione cui si riferiscono i dati personali;
L'illecito trattamento dei dati da parte del
professionista può comportare:
- Responsabilità civile (art. 15 cod. privacy)
- Responsabilità penale (artt. 167, 169 cod.
privacy)
- Altre forme di responsabilità (es.: sanzioni
da parte dell'Ordine di appartenenza,
sanzioni amministrative del Garante, art. 161
cod. priv.)
Art. 11. Modalità del trattamento e
             requisiti dei dati
1. I dati personali oggetto di trattamento sono:
  a) trattati in modo lecito e secondo correttezza;
  b) raccolti e registrati per scopi determinati, espliciti e
  legittimi, ed utilizzati in altre operazioni del trattamento in
  termini compatibili con tali scopi;
  c) esatti e, se necessario, aggiornati;
  d) pertinenti, completi e non eccedenti rispetto alle finalità
  per le quali sono raccolti o successivamente trattati;
  e) conservati in una forma che consenta l'identificazione
  dell'interessato per un periodo di tempo non superiore a
  quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati
  raccolti o successivamente trattati.
Le sanzioni civili
Art. 15. Danni cagionati per effetto del trattamento
1. Chiunque cagiona danno ad altri per effetto del
  trattamento di dati personali è tenuto al
  risarcimento ai sensi dell'articolo 2050 del
  codice civile.
2. Il danno non patrimoniale è risarcibile anche in
  caso di violazione dell'articolo 11.
Art. 2059 c.c.
   Danni non patrimoniali.
Il danno non patrimoniale deve essere
  risarcito solo nei casi determinati dalla
             legge. (es: 185 c.p.)
Art. 2043 c.c.
  Risarcimento per fatto illecito.
“Qualunque fatto doloso o colposo che
  cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga
  colui che ha commesso il fatto a risarcire il
  danno.”
Qui vale la regola generale dell'onere
  probatorio (civile): chi afferma un diritto in
  giudizio, lo deve dimostrare (2697 c.c.)
L'art. 2050 c.c.
Responsabilità per l'esercizio di
     attività pericolose.
Chiunque cagiona danno ad altri nello
 svolgimento di una attività pericolosa, per
 sua natura o per la natura dei mezzi
 adoperati, è tenuto al risarcimento, se non
 prova di avere adottato tutte le misure
 idonee a evitare il danno.
Il Danno morale
   Quel danno che non incide sulla sfera
patrimoniale della vittima, ma che riguarda
 un suo patimento morale, una sofferenza
  psichica o fisica (pretium doloris), e che
viene liquidato in via equitativa (artt. 1226 e
                  2056 c.c.)
Misure idonee (art. 31):
1. I dati personali oggetto di trattamento sono custoditi
e controllati, anche in relazione alle conoscenze
acquisite in base al progresso tecnico, alla natura dei
dati e alle specifiche caratteristiche del trattamento, in
modo da ridurre al minimo, mediante l'adozione di
idonee e preventive misure di sicurezza, i rischi di
distruzione o perdita, anche accidentale, dei dati stessi,
di accesso non autorizzato o di trattamento non
consentito o non conforme alle finalità della raccolta.
Misure minime (art. 33):
1. Nel quadro dei più generali obblighi di sicurezza di
cui all'articolo 31, o previsti da speciali disposizioni, i
titolari del trattamento sono comunque tenuti ad
adottare le misure minime individuate nel presente
capo o ai sensi dell'articolo 58, comma 3, volte ad
assicurare un livello minimo di protezione dei dati
personali.
Dal combinato disposto delle norme di cui
sopra, il titolare sarà tenuto a risarcire i
danni, a meno che non provi di avere
adottato tutte le misure IDONEE (e non solo
“minime”,     cioé    tutte    quelle    anche
astrattamente possibili) ad evitare il danno.
        Vale la presunzione di colpa!
              Probatio diabolica?
Le sanzioni penali nel cod.
              privacy
Art. 167 (trattamento illecito) se deriva
  nocumento, reclusione da 6 a 24 mesi (I
  comma) o da 1 a 3 anni (II comma – dati
  sensibili) + da 10.000 a 120.000 euro (vd art.
  162 comma II)
Art. 169 (mancata adozione di misure minime di
  sicurezza di cui all'art. 33) arresto sino a due
  anni
Art. 170 (inosservanza provvedimenti del
  Garante) reclusione da 3 mesi a 2 anni
Sanzioni amministrative nel
          cod. privacy
Art. 161 (omessa informativa dell'art. 13) da
  6 a 36.000 euro
Art. 162 (altre fattispecie) da 10.000 a 60.000
  euro (comma I) da 30.000 a 180.000 euro
  comma II-ter)
Art. 164 bis (ipotesi di minore e maggiore
  gravità, adeguamento sanzionatorio)

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Lezione 25 marzo 2011

  • 1. La riservatezza dei dati, il segreto professionale e la deontologia (dalla parte dell'Avvocato) Università degli studi di Milano 25 marzo 2011 Marcello Bergonzi Perrone Avvocato in Voghera e Milano, membro Circolo Giuristi Telematici, redattore della rivista scientifica: “ciberspazio e diritto”.
  • 2. Accezione comune - segreto: ciò che è vietato rivelare ad altri - riservatezza: riserbo. Prudenza nella divulgazione del proprio pensiero - deontologia: l'insieme delle norme morali e di correttezza nell'esercizio della professione
  • 3. La deontologia IL CODICE DEONTOLOGICO FORENSE (Testo approvato dal Consiglio Nazionale Forense nella seduta del 17 aprile 1997 ed aggiornato con le modifiche introdotte il 16 ottobre 1999, il 26 ottobre 2002, il 27 gennaio 2006, il 18 gennaio 2007 e il 12 giugno 2008) ART. 1. - Ambito di applicazione. Le norme deontologiche si applicano a tutti gli avvocati e praticanti nella loro attività, nei loro reciproci rapporti e nei confronti dei terzi
  • 4. TITOLO I - PRINCIPI GENERALI ART. 5. - Doveri di probità, dignità e decoro ART. 6. - Doveri di lealtà e correttezza ART. 7. - Dovere di fedeltà ART. 8. - Dovere di diligenza ART. 10. - Dovere di indipendenza ART. 12. - Dovere di competenza
  • 5. ART. 9. - Dovere di segretezza e riservatezza È dovere, oltreché diritto, primario e fondamentale (“primordiale”? ndr) dell’avvocato mantenere il segreto sull’attività prestata e su tutte le informazioni che siano a lui fornite dalla parte assistita o di cui sia venuto a conoscenza in dipendenza del mandato. anche per gli ex clienti, per l'attività stragiudiziale (I cpv.) e anche in caso di mancata accettazione del mandato (II cpv.) Regola che vale anche per i collaboratori e dipendenti e per tutte le persone che cooperano nello svolgimento dell’attività (III cpv.)
  • 6. Cons. Naz. Forense 11-11-2009, n. 100 Viola l'art. 7 del codice deontologico il professionista che, nell'ambito del primario dovere di fedeltà al mandato, compia atti contrari all'interesse dell'assistito quali la diffusione di notizie a quest'ultimo sfavorevoli apprese nel corso o in occasione del rapporto. Tale condotta viola altresì l'art. 9 del medesimo codice concernente l'altro parimenti fondamentale dovere di mantenere il segreto sulle informazioni fornite dall'assistito o delle quali l'avvocato sia venuto a conoscenza in dipendenza del mandato, a causa od in occasione dello stesso, non incidendo sul rigoroso rispetto di tale dovere la circostanza che nella specie il mandato permanesse solo formalmente, atteso che il vincolo del segreto riguarda anche gli ex-clienti.
  • 7. ART. 35. - Rapporto di fiducia. Il rapporto con la parte assistita è fondato sulla fiducia. (senza riservatezza non può esserci fiducia, ndr) ART. 36. - Autonomia del rapporto. L’avvocato ha l’obbligo di difendere gli interessi della parte assistita nel miglior modo possibile nei limiti del mandato e nell’osservanza della legge e dei principi deontologici (rapporti con la stampa...ndr)
  • 8. Bilanciamento tra il dovere di riservatezza (segretezza?) e il dovere di difesa: quali i limiti? Rapporto costo/beneficio
  • 9. I rapporti coi parenti del cliente L'art. 96 c.p.p. (III comma): «la nomina del difensore di fiducia della persona fermata, arrestata o in custodia cautelare, finché la stessa non vi ha provveduto, può essere fatta da un prossimo congiunto, con le forme previste dal comma 2.» Come ci si comporta con i parenti che hanno nominato l'avvocato, che chiedono informazioni sull'andamento della pratica dopo la nomina?
  • 10. Altre comunicazioni vietate - le “confidenze” ai terzi non interessati - le “confidenze” ai terzi interessati (es: altri clienti o controparti o stampa) - la pubblicizzazione della clientela - gli “sfoghi” in famiglia
  • 11. Prevalenza del diritto “più forte” Anche secondo la giurisprudenza del CNF, posso rivelare, ad es., al Giudice le notizie in mio possesso per un'azione contro il mio (ex) cliente, ma entro i limiti della correttezza, senza ad es. rivelare notizie inutili al solo scopo di nuocere al mio avversario/cliente
  • 12. Cons. Naz. Forense 22-03-1997, n. 23 Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante il professionista che nel ricorso per decreto ingiuntivo avverso propri clienti, per il soddisfacimento di crediti professionali, riferisca dell'attività svolta con dovizia di particolari riguardanti episodi coperti dal segreto professionale.
  • 13. Cons. Naz. Forense 12-11-1996, n. 157 Pone in essere un comportamento disciplinarmente rilevante l'avvocato che eserciti pressioni, se pur indirette, verso il proprio cliente e altresì lo minacci di violare il segreto professionale per ottenere il pagamento delle proprie spettanze professionali, e non restituisca poi atti e documenti.
  • 14. Cons. Naz. Forense 08-07-1994, n. 65 L'avvocato al quale sia stato revocato il mandato viola il dovere di segretezza nell'ipotesi in cui invia a tutti i creditori dell'ex cliente una comunicazione contenente la rivelazione di eventi e comportamenti del proprio cliente, di cui egli era venuto a conoscenza nel contesto del rapporto professionale, e sui quali era tenuto al segreto anche dopo l'estinzione del mandato.
  • 15. Cons. Naz. Forense 30-09-1993, n. 113 Il dovere di segretezza impone al professionista forense di non rivelare gli incarichi professionali ricevuti dal proprio cliente. Non costituisce quindi illecito disciplinare la mancata comunicazione al promissario acquirente dell'esistenza di una controversia giudiziaria sull'appartamento oggetto dell'acquisto (nella convinzione che tale controversia non abbia rilevanza sulla idoneità del bene).
  • 16. Art. 18 – rapporti con la stampa Nei rapporti con la stampa e con gli altri mezzi di diffusione l'avvocato deve ispirarsi a criteri di equilibrio e misura nel rilasciare interviste, per il rispetto dei doveri di discrezione e riservatezza. I. Il difensore, con il consenso del proprio assistito e nell'esclusivo interesse dello stesso, può fornire agli organi di informazione e di stampa notizie che non siano coperte dal segreto di indagine.
  • 17. II. In ogni caso, nei rapporti con gli organi di informazione e con gli altri mezzi di diffusione, è fatto divieto all'avvocato di enfatizzare la propria capacità professionale, di spendere il nome dei propri clienti, di sollecitare articoli di stampa o interviste sia su organi di informazione sia su altri mezzi di diffusione; è fatto divieto altresì di convocare conferenze stampa fatte salve le esigenze di difesa del cliente. III. E' consentito all'avvocato, previa comunicazione al Consiglio dell'Ordine di appartenenza, di tenere o curare rubriche fisse su organi di stampa con l'indicazione del proprio nome e di partecipare a rubriche fisse televisive o radiofoniche.
  • 18. Esempio pratico 1 caso di pedofilia menzionato dalla stampa locale e riservatezza del difensore: qual'è l'interesse del cliente? Tacere o parlare? Esempio pratico 2 Caso di malasanità: il parente chiede che venga data massima pubblicità al caso, per influenzare maggiormente gli organi inquirenti e giudicanti: fino a che punto è lecito?
  • 19. Cons. Naz. Forense 13-05-1998, n. 48 Pone in essere un comportamento non rilevante disciplinarmente, in quanto non lesivo né della dignità né del decoro dell'intera classe forense, il professionista che esprima, nel corso di un'intervista, dissenso e forti critiche sul modo di conduzione dell'indagine e sul teorema accusatorio.(Nella specie il C.N.F. ha rilevato che nelle dichiarazioni rese alla stampa non si rinvenivano parole ingiuriose nei confronti del P.M. bensì opinioni e valutazioni, anche polemiche, finalizzate ad evidenziare l'infondatezza dell'accusa elevata nei confronti del cliente del professionista e la disparità di trattamento riservato ad altri, asseritamente meritevoli di addebiti penali non perseguiti).
  • 20. Cons. Naz. Forense 13-12-2010, n. 200 Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante, in violazione dell'art. 18 c.d.f., il professionista che, ancor prima di intraprendere l'azione giudiziaria nei confronti di un Collega, intrattenga crescenti rapporti con la stampa al fine di dare diffusione alla notizia dell'azione legale, così ponendosi in contrasto con le regole di pacatezza, sobrietà e continenza sancite dalla suddetta previsione deontologica, ed utilizzi le note divulgative al fine di pubblicizzare, mediante la strumentale spendita del nome della nota cliente, competenze ed organizzazione del proprio studio professionale, così eccedendo le stesse esigenze di tutela della parte assistita.
  • 21. Cons. Naz. Forense 06-12-2006, n. 139 Viola il dovere di riservatezza proprio della professione forense (art. 9 c.d.f.), nonché il divieto di sollecitare articoli di stampa o interviste su organi di informazione, spendendo il nome dei propri clienti (art.18 c.d.f.), il professionista che, attraverso le pagine di un quotidiano locale, divulghi il contenuto di una sua lettera inviata alla controparte per conto dei propri assistiti.
  • 22. Art. 52 – rapporti con i testimoni 5. Il difensore ha il dovere di mantenere il segreto professionale sugli atti delle investigazioni difensive e sul loro contenuto, finché non ne faccia uso nel procedimento, salva la rivelazione per giusta causa nell’interesse del proprio assistito. 6. Il difensore ha altresì l’obbligo di conservare scrupolosamente e riservatamente la documentazione delle investigazioni difensive per tutto il tempo ritenuto necessario o utile per l’esercizio della difesa.
  • 23. Il codice penale – il segreto LIBRO SECONDO DEI DELITTI IN PARTICOLARE (vd. art. 17 c.p.) TITOLO XII Dei delitti contro la persona Capo III Dei delitti contro la libertà individuale Sezione V Dei delitti contro la inviolabilità dei segreti Art. 622 c.p. (Rivelazione di segreto professionale).
  • 24. Art. 622 c.p. (Rivelazione di segreto professionale) (200 c.p.p.) Chiunque, avendo notizia, per ragione del proprio stato o ufficio, o della propria professione o arte, di un segreto (in che senso?), lo rivela, senza giusta causa, ovvero lo impiega a proprio o altrui profitto, è punito, se dal fatto può derivare nocumento, con la reclusione fino a un anno o con la multa da euro 30 a euro 516. La pena è aggravata se il fatto è commesso da amministratori, direttori generali, dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari (1), sindaci o liquidatori o se è commesso da chi svolge la revisione contabile della società. Il delitto è punibile a querela della persona offesa.
  • 25. il segreto nel C.P.P. - sul processo (“segreti processuali”: segreto investigativo - 329 e 335 co. 3 e 3-bis c.p.p. - divieto pubblicazione atti e immagini - 114 c.p.p. -) - nel processo (“segreti probatori”. Es. di segreto: professionale – 200 c.p.p. - familiare – 199 c.p.p. - di ufficio - 201 c.p.p. - di stato - 202 c.p.p. -, informatori di P.G. - 203 c.p.p..)
  • 26. “Segreto”, nelle norme di procedura penale sopra richiamate è più tassativo, nell'ambito dell'art. 622 c.p. è più labile, fino a sconfinare nel concetto più vasto di “riservato” (cfr.: Cass. 19/04/1996 “Carola”) Mancanza di coordinamento?...
  • 27. Art. 200 c.p.p. Non possono essere obbligati a deporre su quanto hanno conosciuto per ragione del proprio ministero, ufficio o professione, salvi i casi in cui hanno l'obbligo di riferirne all'autorità giudiziaria (es: referto, ndr): b) gli avvocati, gli investigatori privati autorizzati, i consulenti tecnici e i notai; (ndr: anche i praticanti: Corte Cost. 87/1997)
  • 28. Art. 58 codice deontologico la testimonianza dell'avvocato Per quanto possibile, l’avvocato deve astenersi dal deporre come testimone su circostanze apprese nell’esercizio della propria attività professionale e inerenti al mandato ricevuto. I - L’avvocato non deve mai impegnare di fronte al giudice la propria parola sulla verità dei fatti esposti in giudizio. II - Qualora l’avvocato intenda presentarsi come testimone dovrà rinunciare al mandato e non potrà riassumerlo.
  • 29. Parere Consiglio nazionale forense 04-07-2001 il contenuto di conversazioni riservate tenute da avvocati anche su proposte transattive deve essere qualificato oggetto di conoscenza "per ragione del proprio ministero, ufficio o professione", e quindi oggetto di segreto professionale ai sensi dell'art. 200 c.p.p.; tale qualificazione comporta la facoltà di astensione dal deporre come testimone, prevista dall'art. 249 c.p.c., per il richiamo contenuto in tale norma. La facoltà di astensione accordata dal legislatore di rito, correlata con la prescrizione deontologica innanzi richiamata, comporta per l'avvocato l'esclusione dell'obbligo di rendere testimonianza sulle proposte transattive trasmesse dal difensore della controparte; né sul doveroso esercizio della facoltà di astensione può incidere la volontà della parte assistita, trattandosi di regole stabilite nell'interesse generale al corretto esercizio della professione d'avvocato, e quindi di interessi estranei al legittimo suo potere di disposizione.
  • 30. Il decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (cod. privacy) Art. 1. Diritto alla protezione dei dati personali 1. Chiunque ha diritto alla protezione dei dati personali che lo riguardano. Art. 2. Finalità 1. Il presente testo unico, di seguito denominato "codice", garantisce che il trattamento dei dati personali si svolga nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità dell'interessato, con particolare riferimento alla riservatezza, all'identità personale e al diritto alla protezione dei dati personali.
  • 31. Art. 4. Definizioni 1. Ai fini del presente codice si intende per: a) "trattamento", qualunque operazione o complesso di operazioni, effettuati anche senza l'ausilio di strumenti elettronici, concernenti la raccolta, la registrazione, l'organizzazione, la conservazione, la consultazione, l'elaborazione, la modificazione, la selezione, l'estrazione, il raffronto, l'utilizzo, l'interconnessione, il blocco, la comunicazione, la diffusione, la cancellazione e la distruzione di dati, anche se non registrati in una banca di dati; b) "dato personale", qualunque informazione relativa a persona fisica, persona giuridica, ente od associazione, identificati o identificabili, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale;
  • 32. d) "dati sensibili", i dati personali idonei a rivelare l'origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l'adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale; e) "dati giudiziari", i dati personali idonei a rivelare provvedimenti di cui all'articolo 3, comma 1, lettere da a) a o) e da r) a u), del d.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti, o la qualità di imputato o di indagato ai sensi degli articoli 60 e 61 del codice di procedura penale;
  • 33. f) "titolare", la persona fisica, la persona giuridica, la pubblica amministrazione e qualsiasi altro ente, associazione od organismo cui competono, anche unitamente ad altro titolare, le decisioni in ordine alle finalità, alle modalità del trattamento di dati personali e agli strumenti utilizzati, ivi compreso il profilo della sicurezza (chi decide cosa sul trattamento, ndr); g) "responsabile", la persona fisica, la persona giuridica, la pubblica amministrazione e qualsiasi altro ente, associazione od organismo preposti dal titolare al trattamento di dati personali (fa quello che gli viene detto di fare dal titolare, ndr); h) "incaricati", le persone fisiche autorizzate a compiere operazioni di trattamento dal titolare o dal responsabile (es, segretaria, praticante, collaboratore, etc. ndr) ; i) "interessato", la persona fisica, la persona giuridica, l'ente o l'associazione cui si riferiscono i dati personali;
  • 34. L'illecito trattamento dei dati da parte del professionista può comportare: - Responsabilità civile (art. 15 cod. privacy) - Responsabilità penale (artt. 167, 169 cod. privacy) - Altre forme di responsabilità (es.: sanzioni da parte dell'Ordine di appartenenza, sanzioni amministrative del Garante, art. 161 cod. priv.)
  • 35. Art. 11. Modalità del trattamento e requisiti dei dati 1. I dati personali oggetto di trattamento sono: a) trattati in modo lecito e secondo correttezza; b) raccolti e registrati per scopi determinati, espliciti e legittimi, ed utilizzati in altre operazioni del trattamento in termini compatibili con tali scopi; c) esatti e, se necessario, aggiornati; d) pertinenti, completi e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali sono raccolti o successivamente trattati; e) conservati in una forma che consenta l'identificazione dell'interessato per un periodo di tempo non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti o successivamente trattati.
  • 36. Le sanzioni civili Art. 15. Danni cagionati per effetto del trattamento 1. Chiunque cagiona danno ad altri per effetto del trattamento di dati personali è tenuto al risarcimento ai sensi dell'articolo 2050 del codice civile. 2. Il danno non patrimoniale è risarcibile anche in caso di violazione dell'articolo 11.
  • 37. Art. 2059 c.c. Danni non patrimoniali. Il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge. (es: 185 c.p.)
  • 38. Art. 2043 c.c. Risarcimento per fatto illecito. “Qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno.” Qui vale la regola generale dell'onere probatorio (civile): chi afferma un diritto in giudizio, lo deve dimostrare (2697 c.c.)
  • 39. L'art. 2050 c.c. Responsabilità per l'esercizio di attività pericolose. Chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di una attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno.
  • 40. Il Danno morale Quel danno che non incide sulla sfera patrimoniale della vittima, ma che riguarda un suo patimento morale, una sofferenza psichica o fisica (pretium doloris), e che viene liquidato in via equitativa (artt. 1226 e 2056 c.c.)
  • 41. Misure idonee (art. 31): 1. I dati personali oggetto di trattamento sono custoditi e controllati, anche in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico, alla natura dei dati e alle specifiche caratteristiche del trattamento, in modo da ridurre al minimo, mediante l'adozione di idonee e preventive misure di sicurezza, i rischi di distruzione o perdita, anche accidentale, dei dati stessi, di accesso non autorizzato o di trattamento non consentito o non conforme alle finalità della raccolta.
  • 42. Misure minime (art. 33): 1. Nel quadro dei più generali obblighi di sicurezza di cui all'articolo 31, o previsti da speciali disposizioni, i titolari del trattamento sono comunque tenuti ad adottare le misure minime individuate nel presente capo o ai sensi dell'articolo 58, comma 3, volte ad assicurare un livello minimo di protezione dei dati personali.
  • 43. Dal combinato disposto delle norme di cui sopra, il titolare sarà tenuto a risarcire i danni, a meno che non provi di avere adottato tutte le misure IDONEE (e non solo “minime”, cioé tutte quelle anche astrattamente possibili) ad evitare il danno. Vale la presunzione di colpa! Probatio diabolica?
  • 44. Le sanzioni penali nel cod. privacy Art. 167 (trattamento illecito) se deriva nocumento, reclusione da 6 a 24 mesi (I comma) o da 1 a 3 anni (II comma – dati sensibili) + da 10.000 a 120.000 euro (vd art. 162 comma II) Art. 169 (mancata adozione di misure minime di sicurezza di cui all'art. 33) arresto sino a due anni Art. 170 (inosservanza provvedimenti del Garante) reclusione da 3 mesi a 2 anni
  • 45. Sanzioni amministrative nel cod. privacy Art. 161 (omessa informativa dell'art. 13) da 6 a 36.000 euro Art. 162 (altre fattispecie) da 10.000 a 60.000 euro (comma I) da 30.000 a 180.000 euro comma II-ter) Art. 164 bis (ipotesi di minore e maggiore gravità, adeguamento sanzionatorio)