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evoluzione tecnologica e svilupo economico




            Cosa c’è al di là delle nuvole dell’IT?




                                                                       ernesto hofmann




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                Possiamo immaginare che l’intera macchina economica si presti a essere
         approssimativamente rappresentata come un grande ruota che viene mossa dall’innato
         desiderio umano di migliorare le proprie condizioni.
                Sono quindi i consumi, checchè se ne dica, a spingere l’economia; e se i consumi
         si fermano si entra in un periodo di cosiddetta recessione economica.




                 I consumi, a loro volta, tendono a innalzare il livello medio di vita (più cibo e di
         migliore qualità, migliori indumenti, case più confortevoli, …), ma ciò provoca anche
         una certa disaffezione verso lavori meno qualificati e più logoranti, che diventano
         appetibili per popolazioni meno ricche. E in un’epoca di globalizzazione ciò determina il
         fenomeno dell’outsourcing, o meglio dell’offshoring.
                 Inoltre un più elevato livello di vita richiede anche migliori sistemi educativi e
         sanitari (i cui costi come si vedrà tendono a crescere vistosamente). Non solo: vengono
         anche richiesti servizi locali come strade, fognature, negozi, sale di intrattenimento, e
         soprattutto mobilità. Ma tutto ciò richiede a sua volta energia. E quindi entrano in gioco
         le fonti di energia: ci sono? Sono accessibili? A che costi? Con quali garanzie?
         Inquinano l’ambiente? Domande tutte lecite, ancorchè di difficile risposta.



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                          E servono anche materiali, sempre più sofisticati: alluminio, rame,
         lantanio, mercurio, uranio,…L’estrazione di tali materiali richiede ulteriore energia.
                          Bisogna allora avere nuove idee, bisogna saper innovare. Ma per innovare
         serve un complessivo sistema culturale che non è costituito solo di scuole e università,
         ma di qualcosa di più articolato e sottile: il gusto del nuovo, la fantasia, la propensione al
         rischio, i capitali di investimento, le sinergie intellettuli,…
                 Tutto ciò crea le premesse per un’infrastruttura produttiva nella quale ancora una
         volta l’elemento chiave, in uno scenario globalizzato, diventa la competitività, di cui il
         costo del lavoro resta una voce fondamentale.


         il fenomeno dell’outsourcing-offshoring


                  Il fenomeno dell’offshoring, cui si è appena accennato, ossia la delocalizzazione
         del processo produttivo da parte di un'azienda con il trasferimento di tutti o parte degli
         stabilimenti in un paese diverso da quello dell'azienda stessa, viene praticato solitamente
         dalle aziende dei paesi sviluppati ed industrializzati non solo per poter produrre in paesi
         dove la manodopera ha un prezzo minore, ma anche perchè nei paesi di origine, dove il
         benessere è aumentato, si nota una certa disaffezione verso alcune attività considerate di
         basso livello intellettuale.
                 Il fenomeno non riguarda soltanto il trasferimento di attività verso paesi come la
         Cina e l’India ma coinvolge anche i Paesi dell’Est europeo.
                 Questi ultimi infatti, dopo essere recentemente entrati nell'Unione Europea, sono
         diventati particolarmente allettanti per i paesi dell'Europa occidentale che desiderano
         delocalizzare i servizi: le barriere linguistiche sono pressoché inesistenti, le normative
         ridotte al minimo e il costo degli stipendi inferiore in media del 40%.
                 C’è da aggiungere che il fenomeno dell’offshoring viene avvertito in modo
         diverso se esso riguarda il mondo dei servizi piuttosto che quello dell’industria.
         Differentemente dal decentramento dei processi industriali, la delocalizzazione dei
         servizi non infastidisce più di tanto le popolazioni occidentali perchè, diversamente da
         ciò che talvolta accade nell'industria, il lavoro non viene trasferito in fabbriche dove le
         condizioni sono precarie e i lavoratori sottopagati, ma in uffici dove i lavoratori sono ben
         retribuiti e molto preparati, siano essi in India, nell'Europa dell'Est oppure in Cina.
                 Tuttavia, il processo non si svolge senza proteste: il vasto ceto medio dei paesi
         occidentali, infatti, inizia a preoccuparsi di perdere il proprio posto di lavoro.
                 Il problema, poi, sembra molto più grande per i paesi di lingua inglese perchè è
         intuibile che tale lingua sia conosciuta in Cina, e soprattutto in India, ben più di altre
         lingue come il tedesco, il francese , l’italiano o lo spagnolo.



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                  Un recente studio dell’università Americana di Princeton ipotizza che nel
         prossimo decennio siano a rischio negli USA circa 50 milioni di posti lavoro, ossia quasi
         un terzo dell’intera forza lavoro; mentre un altro studio della McKinsey stima che circa
         l’11% della forza lavoro nel settore privato dei paesi più ricchi sia suscettibile di essere
         trasferita (offshored) verso i paesi emergenti.
                  C’è quindi un’inquietudine legata alla paura della disoccupazione. Tuttavia due
         economisti del Fondo Monetario Internazionale, Mary Amiti e Shang-Jin Wei,
         sostengono che: "Le aziende che mettono in atto la delocalizzazione migliorano la
         propria produttività, riuscendo così a creare nuovi posti di lavoro".
                  La nuova produttività, spiegano gli economisti del FMI, in un contesto
         sufficientemente concorrenziale abbatte i prezzi, provocando un aumento dei consumi e,
         di conseguenza, della domanda di lavoro. Ricerche empiriche svolte negli Stati Uniti e in
         Inghilterra confermano i risultati dello studio, che rileva un ulteriore dato in grado di
         tranquillizzare gli osservatori più critici: il fatto che non aumentano solamente i servizi
         delocalizzati dai paesi occidentali, ma anche i posti di lavoro che vengono "importati"
         (insourcing) negli stessi paesi occidentali da aziende estere.
                  Più recentemente l’ Economist è arrivato ad affermare che nel medio termine tutto
         il mondo non potrà che beneficiare di un complessivo miglioramento della produttività
         con una più equa distribuzione della ricchezza prodotta.
                  Resta comunque il fatto che l’economia occidentale è oggi tuttora in difficoltà.


         il ruolo dirompente dell’Information Technology: l’ automazione

                 Ma al di là dell’offshoring c’è un fenomeno ancor più dirompente nell’ambito
         dell’occupazione, ed è il crescente livello di automazione nelle diverse attiviità umane
         indotto dalla sempre più ampia diffusione dei computer e, più in generale,
         dell’Information Technology.
                 Il fenomeno dell’automazione delle attività umane si è evoluto in modo
         progressivo e ha coinvolto non solo coloro che sono addetti alla costruzione di un
         particolare prodotto o all’erogazione di un certo servizio.
                 Nell'economia tradizionale, fino a poco tempo fa, l'informatica era una delle tante
         risorse d’impresa. Il reparto IT (Information Technology) era un reparto come altri e
         quindi come la contabilità o come il magazzino parti. I prodotti del reparto IT potevano
         migliorare il funzionamento di alcuni reparti, ma la sua funzione poteva apparire simile a
         quella di un tornio migliore in un'impresa meccanica, ossia un utile utensile.




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                 Se si prendono quale esempio i processi di relazione tra impresa e cliente, fino a
         pochi anni or sono i clienti di un’impresa utilizzavano solo indirettamente le strutture
         informatiche di quest’ultima. Era comunque il personale di una specifica organizzazione
         o impresa che, a fronte di una specifica richiesta di un cliente, si rivolgeva al sistema
         informativo per ottenere il servizio richiesto, che poteva essere l’aggiornamento di un
         conto corrente, l’emissione di un biglietto, la prenotazione di un posto, l’ordine di un
         manufatto.
                 Ora, invece, sono i clienti stessi che, tramite Internet, possono accedere
         direttamente ai sistemi informativi delle aziende per tutti i processi che li riguardano.
         Sorge in tal modo una sorprendente simbiosi impresa-cliente: così come nascono
         equivalenti situazioni impresa-fornitore, impresa-dipendente, impresa-canale di vendita,
         etc….
                 Le aziende possono individuare sempre meglio le esigenze e i comportamenti di
         persone o entità con cui si relazionano, così come queste ultime possono osservare,
         studiare e persino confrontare tra loro le aziende. E tutto ciò in tempo reale e su scala
         mondiale.
                 Una simile evoluzione è avvenuta, anche se in modo diverso, nelle attività umane
         più direttamente coinvolte nella costruzione di un particolare manufatto, attività che
         sempre più spesso vengono attuate da dispisitivi di vario genere guidati da uno specifico
         software in azione su uno o più computer.
                In un simile scenario nasce allora un serio dubbio, che è quello che sia la stessa
         tecnologia a creare disoccupazione. Una simile visione luddista viene in genere rifiutata
         facendo appello alla teoria delle onde di distruzione creativa ipotizzate dall’economista
         Schumpeter.
                 La teoria delle onde di distruzione creativa, secondo Schumpeter, consente di
         spiegare l'alternarsi, nel ciclo economico, di fasi espansive e recessive.
                 Le innovazioni, infatti, non possono venire introdotte in modo costante, ma si
         concentrano in alcuni periodi di tempo, caratterizzati da una forte espansione. Le fasi di
         espansione sotto la spinta soprattutto di nuove tecnologie vengono definite di "distruzione
         creatrice" per il drastico processo selettivo che le contraddistingue. Molte imprese
         spariscono, altre nascono o si rafforzano.
                 Oggi però sembra che questo meccanismo non sia del tutto in grado di spiegare
         quanto sta accadendo. C’è un sospetto, ed è quello che la tecnologia si stia sostituendo
         all’uomo in troppe attività.




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                  Di fatto si sta assistendo a una nuova sostanziale rivoluzione economica. Per
         diversi millenni il lavoro umano è stato essenzialmente manuale e l’energia necessaria
         veniva acquisita da animali, da schiavi o al massimo da vento e acqua.
                  Poi con l’avvento della macchina a vapore, e quindi dell’elettricità e poi del
         petrolio si è avviata una lunga fase (duranta almeno due secoli) di semi-automazione
         delle attività umane.
                  L’energia acquisita serviva a muovere materiali e macchinari sotto la costante
         guida del’uomo.
                  Ora però, all’alba del terzo millennio, con il pieno utilizzo di computer di tutte le
         taglie, si assiste a una progressiva e sempre più diffusa automazione di attività della più
         varia natura.
                  Al tempo stesso nelle società più evolute sono proprio i costi dell’istruzione, con
         la quale si cerca di preparare individui creativi che non possano essere sostituiti da
         macchine, a crescere vertiginosamente.
                  Sembra quasi che la tecnologia si stia impadronendo dell’uomo rendendolo un
         proprio addetto, e ribaltando così il ruolo subalterno che essa aveva sempre avuto nei
         confronti dell’uomo stesso.




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         la capacità di innovare


                 Per non perdere occupazione e per continuare a essere produttivi bisogna allora
         saper innovare, ossia creare nuove attività nelle quali l’uomo non sia rimpiazzabile da
         una macchina. Ma cosa vuol dire saper innovare?
                 Un’impresa sorge per creare qualcosa di nuovo. Non solo come prodotti o servizi,
         ma anche come posizionamento sul mercato, come strategia di distribuzione, di
         marketing, di relazioni con il cliente, e più in generale di processo…
                 Innovare vuol dire quindi saper cogliere le molteplici sollecitazioni – anche
         piccole – che provengono sia dall’esterno sia dall’interno dell’impresa stessa e quindi
         saper reagire in modo nuovo e tempestivamente. Spesso occorre persino anticipare gli
         scenari futuri pianificando per tempo le risposte alle future esigenze.
                 Saper innovare è tuttavia una caratteristica più tipica del singolo che dell’impresa
         ed è in generale determinata sia dalle caratteristiche innate, sia dall’educazione sia
         dall’ambiente nel quale quella stessa persona opera.
                 Educare vuol dire saper introdurre un individuo in una realtà complessa, e quindi
         richiede di poter sviluppare una totalità di atteggiamenti dell’individuo stesso, soprattutto
         in rapporto al mondo che lo circonda.
                 Se il potenziale umano di una comunità viene abilitato da un sistema educativo
         che insegna a innovare, cioè a saper rispondere per tempo ai continui mutamenti della
         realtà, quella stessa comunità manterrà livelli di vita di eccellenza in rapporto al proprio
         tempo.
                 Vi sono aspetti tipici che caratterizzano la capacità di innovare: creatività,
         conoscenza, fiducia, visione senza pregiudizi della realtà, razionalità quale apertura al
         reale, e prontezza a mutare le proprie convinzioni sulla base di ciò che il mondo presenta.

                 Dal punto di vista del business innovare vuol dire allora saper interpretare i
         desideri dei propri clienti, ma anche saper rendere felici i propri collaboratori: innovare
         significa perciò mettere in atto un processo di educazione continua.
                 Nel contesto italiano si constata che purtroppo le tipiche imprese italiane, ossia le
         PMI (piccole e medie imprese), non hanno sufficienti contatti - e spesso nemmeno uno
         stesso linguaggio comune – con Università e Centri di Ricerca. Le PMI non dispongono
         quindi di una sufficiente informazione sugli incentivi per l’innovazione e sulle relative
         procedure di accesso, né della necessaria capacità progettuale.
                 Per fortuna a fronte di un simile contesto ci sono tuttore qualità tipicamente
         italiane, quali l’estrema flessibilità delle PMI e la ben nota la genialità degli
         imprenditori italiani, che spesso sono riusciti a capitalizzare su tecnologie già esistenti
         per farne una leva di competitività.




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                 Ma nel mondo odierno, così fortemente correlato ossia globalizzato e nel quale
         l’informazione in tempo reale è diventata il bene più prezioso, l’elemento cruciale
         diventa l’Information Technology. Essa è ormai il fondamento sul quale diventa
         possibile la realizzazione di quasi tutte le soluzioni innovative in ogni settore
         dell’economia.
                 Per le PMI la sfida di restare al passo con l’ Information Technology è ineludibile
         e ciò soprattutto per mantenere la competitività.
                 Non c’è oggi più alcun dubbio sul fatto che sul fondamento dell’IT vengono
         attuate le più rilevanti innovazioni, quando queste poi non riguardano l’IT stessa, che tra
         le tante tecnologie sembra essere proprio la più innovativa.
                 Può allora essere utile segnalare che Thomson Reuters Corporation, uno dei
         maggiori cosiddetti business data provider, ha recentemente pubblicato la classifica dei
         primi 100 global innovators dell’anno 2011 (http://top100innovators.com), ossia delle
         imprese che si sono distinte, a livello mondiale, come leader per quanto attiene all’attività
         di innovazione tecnologica.
                 La classifica è stata formulata con metriche che fanno riferimento a vari aspetti
         dell’innovazione e correlate all’attività brevettuale e scientifica di tali imprese. Si tratta di
         imprese che hanno una significativa produzione di invenzioni e che stanno lavorando su
         sviluppi tecnologici riconosciuti come innovativi dagli uffici brevetti di tutti i principali
         paesi del mondo, e per i quali richiedono protezione a livello globale.
                 Il 2011 si è confermato come un anno di sostanziale crisi, ma le 100 grandi
         aziende prese in considerazione hanno generato da sole 400.000 posti di lavoro a livello
         globale nel 2010. E’ questo un significativo incremento rispetto al 2009 (e non è stato
         considerato l’impatto indiretto sull’indotto).
                 La massima concentrazione di imprese ad alta tecnologia si trova negli USA dove
         ha sede ben il quaranta per cento delle aziende in classifica.
                 A seguire viene il Giappone, che nella suddetta classifica presenta almeno
         un’impresa in dodici dei 16 ambiti tecnologici presi in considerazione.




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                 L’unica altra nazione ad alto contenuto di innovazione in Oriente è la Corea del
         Sud, con quattro grandi imprese innovatrici su cento.
                 Quello che sorprende assolutamente è l’assenza in classifica della Cina. La Cina è
         diventata la prima nazione produttrice di brevetti al mondo, ma non ha alcun’impresa
         che sia tra le prime 100 innovatrici del mondo.
                 Emerge con chiara evidenza ciò che si sospettava , ossia che l' allarme per il
         cosiddetto «rallentamento della Cina» è in realtà la preoccupazione per un
         «riorientamento della Cina», ossia un «riaggiustamento della Cina» verso il basso. I
         mercati finanziari si stanno da tempo chiedendo se quella che nel 2011 è diventata la
         seconda economia del mondo riuscirà a diventare davvero una superpotenza sviluppata,
         superando entro un paio di decenni gli USA.




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                  Come si vede, saper innovare realmente non è poi così semplice come potrebbe
         sembrare, ossia non bastano piani strategici o colossali investimenti: occorre qualcosa di
         più, che è proprio quel contetso culturale cui prima si è fatto riferimento, e che forse
         manca tuttora alla Cina (e all’India).
                 In Europa, non soprende che sia la Francia a distinguersi per il tasso innovativo
         delle sue società pubbliche: il Centro Nazionale per la Ricerca Scientifica (CNRS,
         completamente pubblico), il Commissariato per l’Energia Atomica (CEA, parzialmente
         pubblico) e IFP-Energie Nouvelles (l’ex Istituto Francese del Petrolio ora riconvertito
         verso lo studio delle nuove fonti di energia). Ancora una volta paga un contesto culturale
         innovativo consolidato da decenni, per non dire da secoli.
                 Nella classifica oltre alla Francia ci sono ovviamente la Germania, l’Olanda, la
         Svizzera, la Svezia. Sorprende un poco che l’Inghilterra sia presente solo con l’azienda
         anglo-olandese Unilever. Ma la soprpresa maggiore viene dal minuscolo Liechtenstein
         che con i suoi 160 chilometri quadrati e con una popolazione di 35.000 persone è
         presente in classifica con una delle cento compagnie più innovative al mondo, la Hilti
         Corporation, un'impresa che sviluppa e produce prodotti per aziende edili.
                 L’Italia, ahimè, in questa classica è del tutto assente.

         ulteriori considerazioni su automazione e occupazione

                 C’è da aggiungere che senza la capacità di innovare e quindi di creare nuove
         figure professionali l’automazione indotta dalla tecnica può creare notevoli problemi
         occupazionali.
                 E si può anche notare quanto impegnativi dal punto di vista economico siano i
         servizi di istruzione e sanitari, come mostrato nella figura che segue e che si riferisce a
         dati USA.




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                 Ma resta il sospetto che automazione non voglia dire solo produttività ma anche
         disoccupazione.
                 Il sospetto che la tecncologia potesse rendere l’uomo suo schiavo era era stato
         espresso con chiarezza per la prima volta da Martin Heidegger nella sua conferenza “La
         questione della tecnica” (tenuta a Monaco nel 1953). Secondo Heidegger si
         era ormai verificato un vero e proprio capovolgimento di ruoli tra uomo e tecnologia.
                         Se in Eschilo, nel Prometeo incatenato, l’uomo era padrone della
         tecnologia, pur nelle limitazioni di quest’ultima, con Heidegger appare un uomo “a
         disposizione” della tecnologia. L’ambizione di questa è infatti di fare tutto ciò che può
         fare, mentre l’uomo vorrebbe capire cosa si deve fare e cosa non si deve fare.
                                         La tecnica (tecnologia), secondo Heidegger, sembra ormai
         indipendente dalle finalità dell’uomo e si evolve secondo una propria volontà di potenza
         che sembra inarrestabile.         L’economia e le tendenze della società sembrano
         completamente determinate dalle evoluzioni tecnologiche. Le onde distruttive di
         Schumpeter ridefiniscono, in funzione delle tecnostrutture disponibili, gli scenari
         economici e le tendenze sociali seguono, per così dire, a ruota.
                 Quasi in questo spirito, un libro appena uscito, Race Against the Machine: How
         the Digital Revolution Is Accelerating Innovation, Driving Productivity, and Irreversibly
         Transforming Employment and the Economy di Erik Brynjolfsson, e Andrew McAfee
         (entrambi dell’MIT), pone in serio dubbio la convinzione che le nuove tecnologie
         dell’informazione e della comunicazione distruggano posti di lavoro a breve termine, per
         poi ricrearne di più sul lungo periodo.
                 Secondo Brynjolfsson e McAfee l’Information Technology in questi ultimi anni
         ha permesso ai leader di alcuni settori di guadagnare molto più che nel passato, mentre al
         tempo stesso soprattutto con il software ha sostituito moltissimi lavoratori, offrendo così
         benefici ai proprietari delle imprese ma non ai loro dipendenti.
                 Brynjolfsson e McAfee riportano nel loro breve libro (disponibile solo come
         ebook) alcuni grafici molto interessanti dei quali di seguito ne vengono riportati due
         particolarmente significativi.
                 Da questi grafici si può facilmente vedere come i salari siano cresciuti solo in
         settori ad elevata specializzazione (addirittura di iperspecializzazione) e come, inoltre, il
         numero di posti di lavoro negli ultimi anni sia persino diminuito.
                 Brynjolfsson e McAfee affermano che mentre i bit possono essere distribuiti a
         costo zero istantaneamente in tutto il mondo, la stessa cosa non si può fare con gli atomi
         (ovvero con le entità materiali).
                 Così come tutti oramai sanno può essere fatto per la musica, i giornali, i libri,
         questo è vero anche per i processi gestionali, che vengono inglobati nel software a
         vantaggio di chi deve decidere e comandare.




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                  E’ una visione che contrasta decisamente con quella di Robert Solow (premio
         Nobel per l’economia) il quale afferma che le innovazioni tecnologiche possono creare
         disoccupazione, ma localizzata (2007, The last 50 years in growth theory and the next 10,
         http://relooney.fatcow.com/OREP-Solow_1.pdf).
                  Solow ha elaborato un modello economico secondo il quale circa quattro quinti
         nella crescita marginale dell'output per unità di lavoro negli Stati Uniti deriva dal
         progresso tecnico, poichè non può derivare né dalla crescita del capitale né dalla crescita
         della forza lavoro.
                  Su tempi più lunghi l’occupazione complessiva, così come i salari, non dovrebbe
         soffrire a causa delle innovazioni tecnologiche.




                La tesi di Solow è stata in un certo senso confermata dal presidente francese
         Nicolas Sarkozy che recentemente (maggio 2011) alla riunione del G8 a Parigi ha
         affermato; “ Voglio rifiutare l’inevitabile e Internet deve essere una delle 4-5
         priorità della Francia come la ricerca e sviluppo in settori chiave come la
         tecnologia. Ci stiamo impegnando ma non stiamo investendo a sufficienza nella
         rete. Per me è una priorità, anche rispetto all’educazione e alle pari




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         opportunità…”. Facendo riferimento a uno studio della McKinsey, Sarkozy ha
         affermato che a fronte dei posti di lavoro distrutti dall’adozione di Internet
         quest’ultima tecnologia abbia finito col crearne oltre il doppio.
                 Probabilmente è troppo presto per ritenere che gli ultimi dieci anni abbiano
         dimostrato che la tecnologia stia rivelandosi un boomerang per l’economia.
                 Sta di fatto che l’Information Technology, pur nella sua complessa e talora
         contraddittoria realtà, sembra aver provocato un vero e proprio ribaltamento di tipo
         copernicano del business.
                 Mentre fino a pochi anni fa erano le persone che creavano il mercato attraverso
         consumi, norma, culture e imprese, ora sembra che sia il mercato, soprattutto finanziario,
         a dettare, attraverso imprese sempre più multinazionali e transnazionali, norme e cultura e
         quindi a trasformare le persone in puri clienti.
                 In un simile scenario è intuibile che i modelli di business attraverso i quali le
         imprese cercando di affermarsi si evolvano e richiedano nuove conoscenze e nuove
         strategie.



         l’evoluzione delle tecnologie per la mobilità

                  Secondo molti osservatori si sta entrando ormai in un’era industriale che molti già
         definiscono post-PC. Questo non significa che i personal computer spariranno, ma
         secondo molti osservatori (come Gartner, Forrester, l’Economist, IDC, e altri) la quantità
         di smartphone e tablet installati supererà quella dei personal computer (desktop e laptop):
         del resto il sorpasso è già avvenuto nell’autunno del 2011.
                  Secondo Morgan Stanley nel 2020 ci saranno probabilmente oltre 10 miliardi di
         dispositivi mobili in circolazione.           Tali dispositivi utilizzeranno combinazioni
         diversificate di applicazioni software: già nel solo 2011 quasi venti miliardi di queste
         verranno installate. La crescita di dispositivi mobili trainerà anche una grande crescita di
         dati digitali. Secondo Cisco nel 2015 oltre sei exabyte (ossia 6 x 1018 byte), equivalenti a
         un centinaio di miliardi di copie di una comune rivista italiana, verranno trasferite
         attraverso il Web ogni mese.
                  In un mercato globalizzato, nel quale le imprese competono per individuare
         continuamente nuovi clienti, gli smartphone forniscono un nuovo potente strumento di
         lavoro. Il solo mercato relativo al mobile-commerce nel 2015 viene valutato da ABI
         Research a oltre 160 miliardi di dollari.
                  Ma il dato forse più significativo è quello fornito dalla World Bank (report:
         Mobile Telephony 2009): 10 cellulari in più ogni cento persone nelle nazioni più evolute
         si riflettono in una crescita del prodotto interno lordo dello 0.8%.




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                Uno degli aspetti più curiosi dell’importanza del telefono cellulare come
         strumento di marketing è che per molte persone il suo numero è ormai più stabile nel
         tempo dell’indirizzo di casa.




                E’ quindi evidente che un crescente numero di persone opera ormai nell’ambito di
         un mondo cosiddetto online. E nel futuro tale mondo sarà costituito da un’infrastruttura di
         telecomunicazioni assolutamente pervasiva, cioè in grado di raggiungere tutti, e con una
         capacità di trasmissione (bandwidth) persino più elevata di quanto necessario.
                Secondo un recente studio di IDC ci sono attualmente più di un miliardo e 200
         milioni di utenti che accedono a Internet. 700 milioni possiedono un proprio Personal
         Computer, mentre oltre due miliardi di persone possiedono un telefono cellulare.
                Nell’ambito di questa vasta popolazione ci sono almeno trecento milioni di
         persone che lavorano per imprese di vario genere. Queste persone elaborano e scambiano
         enormi quantità di informazioni, tanto da venir identificate, secondo un nuovo
         neologismo, come iWorker, ossia come operatori dell’informazione.
               Uno degli aspetti più significativi di questa nuova realtà del mondo del lavoro è che
         gli iWorker utilizzano in proprio, e molto spesso a casa, apparecchi elettronici che




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         vorrebbero poter riutilizzare nello stesso modo sul posto di lavoro. Essi infatti usano
         molteplici dispositivi che permettono di accedere a Internet per le più diverse attività
         personali, quali ricerca di informazioni, gestione di testi, e-commerce, networking
         sociale, fruizione di contenuti multimediali di vario genere quali musica e filmati,
         videogiochi,..
               Nasce così una crescente pressione sui reparti ICT delle varie imprese affinchè le
         capacità di interazione con Internet, acquisite personalmente, possano essere integrate
         proficuamente nell’attività di lavoro. E ciò che maggiormente colpisce è la velocità con la
         quale questo fenomeno stia ormai dilagando, soprattutto a causa di una popolazione di
         utenti molto giovani (tra 18 e 30 anni) che non prova alcuna timidezza nello sperimentare
         sempre nuove possibilità applicative.
                  Inoltre si vanno anche differenziando i dispositivi elettronici che possono essere
         utilizzati. Secondo lo stesso studio di IDC alla fine del 2009 erano oltre sei miliardi i
         dispositivi in grado di connettersi a Internet, e tra essi ci sono computer, printer, telefoni
         cellulari, smart-phone, camera-phone, MP3 player, dispositivi per videogiochi, macchine
         fotografiche digitali, dispositivi di videosorveglianza, GPS di vario tipo, dispositivi
         elettronici per la medicina, lettori RFID e barcode, slot machine, e molto altro ancora.
                  Di fatto già quattro dispositivi su cinque non sono computer veri e propri, mentre
         oltre la metà può essere considerata elettronica di consumo. Quest’ultima nel corso dei
         prossimi tre anni crescerà sul mercato mondiale molto più rapidamente dei computer,
         raddoppiando praticamente i propri volumi.
                  Gestire un simile fenomeno, così complesso, così rapido e così dirompente, non è
         più prerogativa delle sole grandi imprese, ma sta diventando un’esigenza di quasi ogni
         impresa in qualunque parte del mondo. Sapersi adattare a questa realtà è quindi essenziale
         per poter mantenere il proprio livello di competitività rispetto agli altri.
                  Basti pensare alla disinvoltura con la quale milioni di giovani in tutto il mondo
         sono ormai in grado di interagire tra di loro o, nell’ambito delle loro professioni, con
         datori di lavoro, clienti e altri operatori; passando disinvoltamente dalle email ai
         messaggi sms, dalle conferenze su Web alle applicazioni sociali, come Facebook o
         Twitter, per scambiare qualsivoglia tipo di informazione e nei formati piùdiversi, dal
         testo alla foto e al video.

                 Il numero e la varietà delle interazioni nell’ambito di questa popolazione sta
         crescendo rapidamente. E anche se non tutti i dispositivi dell’elettronica di consumo
         entreranno a far parte del mondo del lavoro molti di essi ne verranno certamente a fare
         parte. E tra questi un ruolo fondamentale avranno certamente i dispositivi che
         favoriscono la mobilità pur mantenendo l’accesso a Internet.




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                 Occorre allora distinguere gli aspetti hw da quelli sw, ossia i dispositivi elettronici
         veri e propri dalle applicazioni utilizzate. In termini di rapidità di crescita nel breve
         periodo la parte del leone sembra ormai chiaro che la debbano fare gli smartphone per
         l’hw e le applicazioni sociali per il sw.
                 Secondo IDC nel corso dei prossimi tre anni entrambe queste due tecnologie
         raddoppieranno la loro presenza sul mercato. Ma nell’ambito di una simile evoluzione
         appaiono anche difficoltà e rischi tutt’altro che irrilevanti: sicurezza, affidabilità,
         disponibilità, privacy,..
                 I dati aziendali possono essere trasferiti sui nuovi dispositivi elettronici? Qual è la
         politica aziendale? Cosa accade se il dispositivo (come del resto il PC) viene perduto, per
         esempio in treno o su di un taxi, e contiene dati sensibili per l’impresa? Viceversa l’
         iWorker può memorizzare sugli archivi aziendali informazioni personali?
                 In che misura può essere realizzato il nuovo mescolamento di attività (personali-
         aziendali) sui nuovi dispositivi di elettronica di consumo, quali soprattutto gli
         smartphone?
                 In che misura dovrà crescere la capacità di memorizzazione di dati multimediali e
         di gestione delle applicazioni sociali da parte delle imprese? E’ intuibile che tali sfide
         devono essere trasformate in opportunità affinchè le imprese possano far leva su quello
         che resta il loro asset principale, ossia le persone; soprattutto se queste persone sono
         giovani e quindi naturalmente innovative. Non c’è tecnologia tanto innovativa quanto lo
         sono la giovinezza e la freschezza di idee, e soprattutto la volontà di non adeguarsi
         rigidamente a schemi e modelli preesistenti: e ciò in ogni attività umana.

         l’evoluzione dei social network

                 Un’altra importante conseguenza provocata dalla diffusione di Internet è la
         creazione per mezzo di opportune applicazioni software di molteplici social network
         (ovvero reti di relazioni sociali, o anche social media), che vengono a costituirsi tra
         individui per stabilire contatti in ambiti differenti, come professioni, amicizie, relazioni
         sentimentali,…
              Nell’ambito di queste reti si possono creare profili individuali, stabilire liste di
         contatti, inserire informazioni personali quali fotografie, e scorrere i contatti stessi. Le
         caratteristiche della specifica rete ne determinano l’utilità per le persone che ne fanno
         parte. Attualmente alcune di queste reti sociali, come Facebook, Myspace, Twitter,
         Linkedln, stanno crescendo vertiginosamente, tanto che il numero di contatti giornalieri
         su Facebook sembra abbia persino superato quelli di Google.
                 Da molti decenni sono stati condotti diversi studi sulla natura delle reti sociali in
         generale, per comprendere la psicologia delle persone che ne fanno parte, le loro
         abitudini, i vantaggi, i pericoli, i limiti,… Si è anche cercato di capire come reti sociali
         diverse possano interagire. Le reti sociali sono ormai una realtà così concreta da




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         richiamare anche l’attenzione del mondo del business in quanto le imprese possono
         utilizzarle sia per la gestione del proprio personale sia per quella dei clienti, potenziali
         o acquisiti.
                 L’interfaccia dei più comuni social network ha una struttura ben definita. La
         pagina stessa agisce quasi come una lavagna elettronica sulla quale è possibile caricare
         informazioni sotto forma di testo, fotografie, video.
                 C’è un continuo aggiornamento di informazioni via via che la persona aggiunge le
         proprie o legge le risposte ai suoi messaggi o ancora vede che altri hanno inserito proprie
         osservazioni.
                 Per alcuni social network, come per es. Twitter, le informazioni che si possono
         condividere si riducono solo a brevi messaggi di testo che funzionano quasi come
         telegrammi. Twitter peraltro ha avuto grande successo soprattutto in caso di situazioni
         anomale o di calamità per informare rapidamente la propria comunità.




                Anche nei social network c’è stata una progressiva evoluzione, dai primi tentativi
         intorno all’anno duemila fino alla loro attuale enorme diffusione.




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                 Una prima generazione di social network, come Copains d’avant e Classmates,
         permetteva agli utenti di utilizzare soltanto liste di amici. Erano sostanzialmente liste
         piatte che indicavano le scuole e le classi che erano state frequentate.
                 Copains d’avant, per esempio, creata nel 2001, permette agli iscritti di ritrovare
         gratuitamente i loro vecchi compagni di scuola così come le attuali attività professionali
         di questi ultimi.
                 La sua diffusione in Francia aveva portato questa rete a essere la più frequentata,
         fin quando nel 2010 è stata superata da Facebook.
                 Una seconda generazione di reti sociali, della quale fanno parte siti come
         LinkedIn, Viadeo, Xing, ha cercato di ampliare il numero dei possibili contatti, dagli
         amici agli amici degli amici, secondo la teoria dei sei gradi di separazione per la quale
         qualunque persona può essere collegata a qualunque altra persona attraverso una catena
         di conoscenze con non più di 5 intermediari.
                 Infine una terza generazione di reti sociali è costituita da tecnologie quali
         Myspace, Facebook, Bebo. Queste sono le prime vere e proprie reti sociali, e l’enorme
         successo di Facebook, che si avvia ad avere un miliardo di iscritti, ne è un lampante
         esempio. La loro tecnologia è decisamente più evoluta e permette connessioni
         multidimensionali e reali conversazioni tra utenti, in piena conformità con la teoria dei
         grafi.
                 In realtà le reti sociali si avviano oggi a diventare uno strumento di business di
         primaria importanza.
                 Attraverso unificazione delle comunicazioni, di cui si vedrà più avanti, i clienti di
         un’impresa così come i dipendenti di quest’ultima quale che essa sia, possono creare
         vere e proprie comunità che vengono a far parte di un’ancor più ampia comunità che è
         quella dell’intero World Wide Web costitutita da più di un miliardo di persone.

         l’evoluzione degli smartphone
                 Nell’ambito dell tecnologia degli smartphone, e più in generale dei dispositivi di
         telefonia mobile, sta emergendo uno scenario pressochè darwinistico, strutturato quindi
         secondo il meccanismo della selezione naturale.
                 Non sembra che esista un cosiddetto disegno intelligente che favorisca uno
         smartphone rispetto ad altri in virtù di qualche specifica caratteristica.
                 In effetti quello che potremmo definire come un ecosistema, ossia il mercato degli
         smartphone, è popolato oggi da almeno quattro famiglie di prodotti, differenti per sistemi
         operativi, per hardware, per tipo di schermo e per metodo di input (iPhone, Android,
         Symbian e Blackberry), ma come si vedra poco più avanti non tutte sembrano egualmente
         competitive.




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                 E come in un tipico scenario darwinistico anche nell’ecosistema degli smartphone
         sembrano esserci dei superpredatori, ossia animali che non temono nessun'altra specie, a
         eccezione di un loro compagno più grande.
                 In questo momento i due superpredatori sembrano essere l’ iPhone e gli
         smarphone basati su Android di Google
                 L’ iPhone con oltre centomila applicazioni disponibili e con circa il 15% del
         mercato non sembra avere timori per il suo futuro.
                 Sembrerebbe che anche RIM (Research in Motion, la ditta canadese che produce
         il Blackberry) occupi una posizione dominate nel mercato. Secondo stime dell’IDC un
         paio di anni fa in questo specifico segmento di mercato la RIM doveva occupare circa il
         30%, ma stime più recente, anche di altri analisti, hanno ridotto di molti punti percentuali
         la sua quota di mercato.
                 Infatti pare che RIM stia perdendo parte della propria clientela a favore di
         Android e, in misura minore, di iPhone.
                 Infatti dal punto di vista dell’utente medio Android sembra offrire tutto quello che
         offre Blackberry (e anche di più) per un prezzo spesso inferiore, dispone di oltre
         diecimila applicazioni, può essere utilizzato su diversi tipi di hardware.
                 Android inoltre offre una naturale integrazione tra Gmail e i Webservices di
         Google. Non c’è quindi da stupirsi se il suo mercato cresca così rapidamente.
                 Piuttosto la domanda è come si contrappongano oggi i due superpredatori, ossia
         iPhone (che usa iOS) e Android.
                 Le differenze tra Android e iOS sono essenzialmente due. Android è Open
         Source, ossia il codice sorgente è disponibile a tutti e liberamente modificabile. Questa è
         la ragione per la quale viene ujtilizzato da tanti dispòsitivi mobili.
                 In secondo luogo Android è scritto in Java (come anche Blackberry) mentre iOS è
         sviluppato in C-Objective.
                 Poiche Android è sviluppato in Java, che è un linguaggio interpretato, ciò
         significa che le istruzioni di Android stesso vengono scritte ma poi interpretate da un
         altro software presente nel dispositivo che lo utilizzerà secondo quell’archittetura
         hardware. E’ intuibile che Andorid offra così il vantaggio di essere eseguibile su
         hardware molto diversi. Ma di contro c’è anche lo svantaggio che deve utilizzare una
         certa quantità di risorse in più quando viene eseguito rispetto a un sistema nativo. Ma
         ancora va osservato che la vertiginosa crescita di potenza dei microprocessori è in grado
         di compensare ampiamente questo svantaggio di disegno.
                 Molti dispositivi (NOKIA, Samsung, Sony Ericsson, Fujitsu,..) utilizzano la
         piattaforma Symbian che, benchè matura e Open Source, non ha avuto grande successo
         negli USA e questo ne ha in un certo qual modo limitato l’evoluzione tanto che oggi si
         assiste a una riduzione di quota di questo mercato, a vantaggio soprattutto di Android.
         Tra l’altro la piattaforma Symbian non sembra fruire di un parco applicazioni così




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         evoluto come quello di Andorid, e soprattuto di iPhone, anche se recentemente la Nokia
         ha lanciato il suo Ovi.
                 C’è infine la piattaforma Windows Mobile che alla data non ha avuto ancora
         modo di emergere in modo significativo. Recentemente è stata introdotta una nuova
         versione, Windows Phone 7, completamente differente da tutte le precedenti versioni di
         Windows Mobile. Questa nuova versione riunisce in una sola piattaforma i contenuti di
         Xbox LIVE e Zune. Inoltre gestisce social network quali Facebook e Twitter e conterrà
         un’edizione Mobile di Office 2010.
                 Le proiezioni degli analisti la collocano comunque al di sotto del dieci per cento
         di mercato.
                 Ci sono infine altre piattaforme di consistenza percentale molto minore che non
         mette conto di essere descritte in questa breve analisi.

         il ruolo del cloud computing

                 La vertiginosa crescita degli smartphone e dei tablet è probabilmente il più forte
         segnale che viene dal mondo dell’informatica a dirci che l’intero scenario si sta
         evolvendo verso un’infrastruttura complessiva nella quale ciò che viene a modificarsi in
         maggior misura è l’accesso alle informazioni e la loro elaborazione.
                 E’ una vera e propria rivoluzione, non solo tecnologica ma anche sociale e
         culturale, che potremmo definire , come qualcuno ha già fatto, infinite computing, ossia
         elaborazione senza limiti. Questa rivoluzione è la naturale convergenza di tre tendenze
         che sono rispettivamente la crescita esponenziale della capacità di elaborazione dei
         microprocessori, un accesso sempre più facile a tali risorse, e infine una sorprendente e
         continua diminuzione dei costi sia dell’hardware sia del software. L’informatica sta di
         fatto diventando la tecnologia più economica che esista in rapporto a ciò che può offrire.
                 Ma c’è di più. Nella vita di tutti i giorni siamo ormai abituati a non acquistare
         più oggetti ma piuttosto servizi. La distribuzione dell'energia elettrica, il noleggio di dvd
         o il noleggio di mezzi di trasporto ci hanno abituato a non dover più possedere un
         generatore di corrente o una raccolta di dvd o un’autovettura.
                 Questa tendenza offre molteplici vantaggi in termini di eliminazione di costi di
         manutenzione, dimensionamento, ...
                 La fruizione del servizio ha guidato anche il mondo dell'IT a orientarsi verso i
         servizi piuttosto che i prodotti.
                 E allora il poter offrire un’intera infrastruttura informatica a un singolo utente, e
         poterla fatturare sulla base dell’effettivo utilizzo che se ne fa, è il naturale punto di arrivo
         di una strategia nata ancora negli anni Sessanta del XX secolo e denominata
         virtualizzazione.




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                          Con tale strategia si voleva mettere a disposizione dell’utente, quale che
         questi fosse, più risorse di quante egli ne possedesse in realtà fisicamente. Il che ricorda
         un pò il modo di operare della nostra mente quando fantastica l’attuazione di un
         qualsivoglia processo. Che è quanto Einstein chiamava un Gedankenexperiment.
                 Poichè Internet è stato tradizionalmente rappresentato graficamente da una nuvola
         (cloud), e poichè proprio le tante risorse presenti su Internet potevano essere messe a
         fattor comune, è nato un modello di informatica che ha preso il nome di cloud computing,
         denominazione ormai diventata di uso comune.
                 Il problema per un'impresa allora, indipendentemente dalla sua dimensione,
         risiede nel capire che cosa le serve e a quale società affidarsi per avere una soluzione
         virtuale completa che permetta di migliorare i livelli di sicurezza e di ridurre i costi
         operativi, semplificando al tempo stesso l'amministrazione e la gestione delle risorse
         informatiche.
                 Non solo, è necessario garantire a utenti e IT la massima libertà possibile,
         offrendo strumenti cloud incentrati sull’utente e non più sul dispositivo.
                 Il cloud computing è trasversale, nel senso che interessa ormai tutte le imprese
         (come persino i singoli) sempre più alla ricerca di soluzioni che in un modo quasi
         copernicano ribaltino il modello informatico: se prima l’informatica era incentrata
         sull’infrastruttura ora essa è incentrata sulle applicazioni.




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                 Il maggior pregio della crescente capacità di elaborazione infatti non è tanto nel
         fatto che questa permette di accelerare i processi di pianificazione e realizzazione di un
         prodotto o di un servizio, quanto nel fatto che consente di ipotizzarne simultaneamente
         una grande molteplicità per decidere quale sia il migliore.
                 Ciò in definitiva aiuta anche la mente umana ad accrescere la sua capacità di
         astrazione ed è quindi anche un notevole fattore di miglioramento culturale. In definitiva
         si possono ideare prodotti e servizi cui non si sarebbe neppure mai pensato.
                 E poichè , soprattutto con il cloud compoting, la capacità di elaborazione diventa
         di fatto infinita, si può chiedere persino all’infrastruttura elaborativa di ideare essa stessa
         qualcosa di nuovo, che a noi non sarebbe venuto in mente.
                 Si può dire veramente che dopo millenni in cui l’ìntelligenza umana ha
         camminato su due gambe, quella della teoria (ossia il modello) e quella della pratica
         (ossia l’esperimento) nasce ora la possibilità di utilizzare una terza gamba, che è quella
         della simulazione attuata dal computer.
                 Biologi, ingegneri ,architetti, artisti, avvocati, scrittori, … possono pensare più
         velocemente e più arditamente ,e possono anche potenziare la propria fantasia in un modo
         che qualche secolo fa poteva essere consentito forse al solo Leonardo da Vinci.
                 In estrema sintesi si può affermare, senza retorica, che solo la tecnologia stessa, e
         soprattutto l‘Information Technology, può oggi rispondere alla sfida posta dalla crescente
         complessità della realtà nella quale si vive.

         si potrebbe rendere più etico il mondo finanziario?

                 In relazione a quanto è stato detto finora potrebbe essere utile un esempio, al
         momento del tutto immaginario ancorchè tecnicamete possibile, di come la tecnologia
         informatica potrebbe sanare una delle maggiori inquietudini attuali: quella dei mercati
         finanziari.
                 Chi ha del denaro vorrebbe ovviamente proteggerlo dalla naturale svalutazione in
         cui esso incorre nel tempo, e questo vale anche per piccoli investitori che hanno
         faticosamente prodotto quel denaro.
                 La domanda che sorge spontanea nella loro mente è cosa fare di quel denaro.
         L’investimento più tipico è quello del cosiddetto mattone, ossia l’investimento
         immobiliare. Ma c’è anche la possibilità di investire in Borsa e con questo dare in un
         certo senso fiato a tutte quelle imprese che si quotano e che traggono dalla Borsa (oltre
         che dalle banche) la linfa essenziale al loro metabolismo.
                 Ma i titoli in Borsa, come tutti sanno, sono una realtà molto volatile e fluttuante.
         Situazioni politiche, sociali, volatilità di fonti energetiche o di materiali, possono
         fortemente influenzare il valore dei diversi titoli. La gestione di questi ultimi non è
         ancora una scienza esatta ma è fluttuante anche in funzione dei comportamenti degli
         investitori, spesso emotive: quelli che Keynes chiamava the animal spirits.




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                Sarebbe utile potersi muovere sulla base di conoscenze consolidate. Forse non ci
         sarebbero esagerati guadagni, ma nemmeno esagerate perdite, e si ridurrebbero di molto
         le opportunità per le speculazioni.




                  Ciò che occorrerebbe in definitiva sarebbe una conoscenza più precisa del profilo
         finanziario degli investitori. Molti di essi oggi, protetti da un’assoluta anonimia, possono
         operare speculazioni, spesso traumatiche soprattutto per i piccoli investitori.
                  Ma le le banche dovrebbero ben conoscere chi sono i loro clienti e quindi sulla
         base di informazioni ben consolidate sapere quanto realistiche siano le loro operazioni
         finanziarie. Come esiste una conoscenza centralizzata da parte della Banca d’Italia
         dell’andamento dei vari istituti di credito italiani (la ben nota matrice) così potrebbe
         essere utile ricollegare in un unico database centralizzato le informazioni attinenti alle
         attività finanziarie dei singoli. Un sistema informatico (senza assolutamente violare la
         privacy dei singoli) potrebbe ben scoprirne eventuali azzardi speculativi non corretti.
                  In tal modo il valore dei titoli sul mercato nazionale potrebbe essere ben più
         realistico di quanto non accada oggi, e di conseguenza a minori guadagni speculativi
         potrebbero corrispondere minori perdite per inaspettate bolle finanziarie.




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                 Se il meccanismo venisse poi esteso alla comunità internazionale, e il mondo
         fnanziario è ormai in gran parte globalizzato, il beneficio strutturale che ne conseguirebbe
         sarebbe ben evidente: un andamento molto più lineare delle varie Borse mondiali.
                 Minori guadagni speculative, ma costanti miglioramenti nel valore degli stock per
         tutte quelle imprese che realmente innovano, e che quindi ripagano la fiducia che in esse
         hanno avuto i loro investitori.
                 Una vera e propria democrazia finanziaria piuttosto che quella pericolosa anarchia
         attuale che vede alcuni arricchirsi spropositamente a fronte di una massa di piccoli
         investori che spesso perdono i propri risparmi.
                 Evidentemente, ma questo è solo un accenno, in un simile schema non ci sarebbe
         posto per i cosiddetti prodotti derivati che tanto danno hanno fatto negli ultimi anni.
                 Ancora una volta la tecnologia potrebbe riparare ai guasti che essa stessa ha
         indirettamente contribuito a creare.
                 E c’è infine da osservare che in ogni caso il denaro di carta sta sempre più
         perdendo terreno di fronte al denaro elettronico che come tale è costantemente
         tracciabile.

         ipotesi conclusive

                 Spesso il ricorso ad analogie, metafore o vivaci immagini intuitive aiuta la
         comprensione di un fenomeno meglio che non il timido attenersi a rigorose teorie non
         sempre facili da maneggiare.
                 Nel caso dell’attuale evoluzione tecnologica dell’IT nell’ambito delle applicazioni
         di business sembra stia avvenendo qualcosa di non molto dissimile da quanto già
         avvenuto quasi un secolo fa con la corrente elettrica. Dalla fine dell’Ottocento per molti
         decenni voltaggi, frequenze, tipologie di motori elettrici si sono succeduti in ambito
         industriale e in ambito domestico. La tecnologia elettrica era però qualcosa di alieno al
         comune percepire di quell’epoca.
                 Ma poco alla volta sono emersi standard di distribuzione e di utilizzo sempre
         meglio definiti. E l’elettricità ha finito quasi con lo scomparire dal livello della coscienza.
         Ormai ci si accorge dell’esistenza della corrente elettrica solo quando manca. Si
         accendono interruttori, si utilizzano dispositivi come radio, TV, telefono,
         elettrodomestici, ascensori, e via dicendo, senza mai domandarsi da dove venga l’energia
         che li alimenta e come sia strutturata. Potrebbe essere prodotta localmente o
         remotamente, ma è del tutto indifferente per chi la utilizza. La tecnologia è stata, per così
         dire, nascosta all’utente.
                 Qualcosa di simile sta progressivamente avvenendo anche nell’IT. Ormai con
         Internet, con il PC, con la grafica,… gli utenti non pensano più all’IT. La tecnologia è
         diventata una protesi del cervello.




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                  Ciò può avere conseguenze molto rilevanti nella gestione del business,
         riconducendo la strategia e la conduzione dello stesso nel suo proprio alveo che in
         defnitiva è più umano che tecnologico.
                  L’uomo oltre a essere un animale sociale è anche un animale commerciale e da
         millenni definisce e ridefinisce le regole di questa primaria attività.
                  Oggi che anche la tecnologia informatica comincia a essere nascosta, come era
         avvenuto con l’elettricità, chi definisce i processi di business utilizza l’IT, ma quasi
         indirettamente, dando preminenza alle regole del business stesso e non a quelle della
         programmazione software.
                  Cosa potrà accadere allora nei prossimi anni?
                  La globalizzazione in atto nell’economia determinerà, non c’è dubbio, nuovi
         livelli di competitività, non solo tra le imprese ma anche tra i lavoratori. Si imporranno
         nuove generazioni e nuove competenze. Si parla spesso della difficoltà che hanno
         persone di mezza età che hanno perso il posto perché l’impresa di cui facevano parte è
         fallita o è stata costretta a ridurre il personale. Il fenomeno che si sta notando è che anche
         di fronte a una parziale ripresa dell’economia molte di queste stesse persone non riescono
         a rintrare nel mondo del lavoro. C’è certamente una forte concorrenza da parte di
         generazioni più giovani, e quindi meno costose e più forti fisicamente, ma c’è un ulteriore
         fattore da considerare. La tecnologia si evolve con grande rapidità e quindi occorre
         sapersi mantenere aggiornati in pressochè ogni attività per restare competitivi.
                  Questo vale per i singoli come per le imprese. Le attività che sono
         manifestamente algoritmiche, o che nascondono elementi di algoritmicità nei loro
         processi, sono insidiose perché in parte o del tutto trasferibili su supporti informatici.
                  C’è da aggiungere che la relazione che esiste, soprattutto nelll’attuale mondo
         globalizzato, tra lavoro, produttività e soddisfazione personale è diventata quanto mai
         complessa e sembra ridurre progressivamente le possivbilità individuali di
         autodeterminazione.
                  Come è stato detto all’inizio di questo testo, l’economia globalizzatata tende a
         produrre un numero crescente di prodotti e servizi che quindi hanno bisogno di un
         numero crescente di acquirenti.
                  E inoltre, come anche è stato già detto, molte attività che sembravano distintive
         dell’uomo, e come tali potenziali elementi di successo personale, sembrano ormai alla
         portata di computer sempre meno costosi.
                  Alcune attività sembravano alla portata solo di una vera élite intellettuale, quali
         per esempio il gioco degli scacchi; ma oggi quasi ogni grande maestro è perdente contro
         un computer opportunamente organizzato.
                  Altre attività che sembrano più indefinite, come quelle di un poeta, di un
         sacerdote, di un giocatore di pallone, di un manager,… sono molto meno a rischio,
         proprio perché non c’è alcuna manifesta algoritmicità nel loro operare.




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                  Il genetista Luigi Luca Cavalli Sforza afferma (L’evoluzione della cultura,
         Codice 2010): “.. le capacità intellettuali eccezionali sono quasi sempre specializzate; è
         probabile che ogni individuo abbia un lato del proprio intelletto molto sviluppato; anche
         se magari non lo ha mai scoperto e non lo scoprirà mai. ..”
                  La famiglia svolge ancora un ruolo fondamentale, ma non è più sufficiente a
         trasmettere verticalmente una cultura così complessa com’è diventata quella dell’odierna
         civiltà umana, sempre più interconnessa globalmente.
                  Il grande compito di una scuola veramente moderna dovrebbe essere allora quello
         di individuare le capacità di ciascuno affinchè quest’ultimo, e quindi la società in cui
         vive, ne possa pienamente beneficiare. Le scelte fondamentali della vita devono avvenire
         in gioventù: dopo è troppo tardi.
                  Per le imprese un simile scenario vuol dire ovviamente necessità e capacità di
         innovare in continuazione e quindi capacità di modificare dinamicamente i processi di
         creazione e di distribuzione di prodotti e servizi.




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                  L’Information Technology ha l’ambizione di essere l’instrumentum principe di
         una simile strategia. Non solo: l’IT consente oggi di dislocare geograficamente
         (delocalizzare) non solo le imprese ma anche i singoli che ne fanno parte, in uno scenario
         di crescente mobilità individuale.
                  Si è così forse all’inizio di una nuova grande trasformazione socio-economica che
         però, a differenza delle precedenti, sembra coinvolgere l’intero pianeta.
                  Non si può ancora valutare la portata di una simile evoluzione, ma è auspicabile
         che la crescita economica di un mondo globalizzato sia in grado di distribuire il
         benessere, in modo più equo, a una più grande parte dell’umanità.
                  E’ enormemente difficile intuire dove potrà arrivare l’Information Technology.
         Ma molte cose che erano state previste nei decenni passati si sono effettivamente
         verificate.
                  Altre non erano state invece previste e ci hanno quasi colto di sorpresa. Al tempo
         dei grandi computer negli anni sessanta-settanta pochi avrebbero immaginato lo
         straordinario successo dei personal computer, di Internet, degli smartphone, delle reti
         sociali, degli ebook, e via dicendo.
                  La figura che precede vuole sinteticamente mostrare come l’IT si stia espandendo
         a 360 gradi in tutte le direzioni dello scibile umano. I cerchi in rosso sono già in gran
         parte ben definiti. Quelli più esterni, in verde, possono essere più o meno perseguibili e
         avere successo. Ognuno di essi (e moltissimi sono sati omessi) richiederebbe qualche
         parola di commento.




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                 Ma l’obiettivo della figura non è quello di discutere le singole opportunità dell’IT
         nei decenni a venire, quanto piutosto di dare un’idea immediata, ancorchè puramente
         intuitiva, di quanto ancora grandi, e in un certo senso inespresse, siano le possibilità di
         questa tecnologia che sembra veramente essere la ruota del terzo millennio.
                 Una cosa è quasi certa: l’IT darà un grande potere all’uomo. Un potere che forse
         l’uomo desiderava da tanto tempo. E ciò può ricordarci quanto raccontava Cicerone:
                  “ "Visne igitur", inquit, "o Damocle, quoniam te haec vita delectat, ipse eam
         degustare et fortunam experiri meam?" Cum se ille cupere dixisset, conlocari iussit
         hominem in aureo lecto strato pulcherrimo textili stragulo, magnificis operibus picto,
         abacosque conplures ornavit argento auroque caelato….in hoc medio apparatu
         fulgentem gladium e lacunari saeta equina aptum demitti iussit, ut inpenderet illius beati
         cervicibus…”(Tusculanae Disputationes, Liber Quintus, 61-62).
                  Il cortigiano Damocle aveva lusingato il tiranno Dionigi di Siracusa dicendogli
         quanto fosse fortunato a godere di tutto quel potere e di tutti quei privilegi. Allora Dionigi
         lo mise al suo posto, ma gli fece sospendere sopra il capo una spada tenuta solo da un
         crine della coda di un cavallo. Con ciò Dionigi voleva far comprendere a Damocle che
         un grande potere vuol dire anche una grande insicurezza e una grande responsabilità.
                 Venti secoli dopo Nietzsche avrebbe però esclamato in uno dei suoi splendidi
         aforismi che mai Damocle danza meglio che sotto la spada.
                 Questo è probabilmente il nostro destino tecnologico.




                                                      28
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Cosa c'e' al di là delle nuvole dell' IT ?

  • 1. evoluzione tecnologica e svilupo economico Cosa c’è al di là delle nuvole dell’IT? ernesto hofmann 1 Via L. Giuntini, 40 50053Empoli (FI) Tel. 0571 9988 Fax 0571 998728 www.deltaphi.it - info@deltaphi.it
  • 2. evoluzione tecnologica e svilupo economico Possiamo immaginare che l’intera macchina economica si presti a essere approssimativamente rappresentata come un grande ruota che viene mossa dall’innato desiderio umano di migliorare le proprie condizioni. Sono quindi i consumi, checchè se ne dica, a spingere l’economia; e se i consumi si fermano si entra in un periodo di cosiddetta recessione economica. I consumi, a loro volta, tendono a innalzare il livello medio di vita (più cibo e di migliore qualità, migliori indumenti, case più confortevoli, …), ma ciò provoca anche una certa disaffezione verso lavori meno qualificati e più logoranti, che diventano appetibili per popolazioni meno ricche. E in un’epoca di globalizzazione ciò determina il fenomeno dell’outsourcing, o meglio dell’offshoring. Inoltre un più elevato livello di vita richiede anche migliori sistemi educativi e sanitari (i cui costi come si vedrà tendono a crescere vistosamente). Non solo: vengono anche richiesti servizi locali come strade, fognature, negozi, sale di intrattenimento, e soprattutto mobilità. Ma tutto ciò richiede a sua volta energia. E quindi entrano in gioco le fonti di energia: ci sono? Sono accessibili? A che costi? Con quali garanzie? Inquinano l’ambiente? Domande tutte lecite, ancorchè di difficile risposta. 2 Via L. Giuntini, 40 50053Empoli (FI) Tel. 0571 9988 Fax 0571 998728 www.deltaphi.it - info@deltaphi.it
  • 3. evoluzione tecnologica e svilupo economico E servono anche materiali, sempre più sofisticati: alluminio, rame, lantanio, mercurio, uranio,…L’estrazione di tali materiali richiede ulteriore energia. Bisogna allora avere nuove idee, bisogna saper innovare. Ma per innovare serve un complessivo sistema culturale che non è costituito solo di scuole e università, ma di qualcosa di più articolato e sottile: il gusto del nuovo, la fantasia, la propensione al rischio, i capitali di investimento, le sinergie intellettuli,… Tutto ciò crea le premesse per un’infrastruttura produttiva nella quale ancora una volta l’elemento chiave, in uno scenario globalizzato, diventa la competitività, di cui il costo del lavoro resta una voce fondamentale. il fenomeno dell’outsourcing-offshoring Il fenomeno dell’offshoring, cui si è appena accennato, ossia la delocalizzazione del processo produttivo da parte di un'azienda con il trasferimento di tutti o parte degli stabilimenti in un paese diverso da quello dell'azienda stessa, viene praticato solitamente dalle aziende dei paesi sviluppati ed industrializzati non solo per poter produrre in paesi dove la manodopera ha un prezzo minore, ma anche perchè nei paesi di origine, dove il benessere è aumentato, si nota una certa disaffezione verso alcune attività considerate di basso livello intellettuale. Il fenomeno non riguarda soltanto il trasferimento di attività verso paesi come la Cina e l’India ma coinvolge anche i Paesi dell’Est europeo. Questi ultimi infatti, dopo essere recentemente entrati nell'Unione Europea, sono diventati particolarmente allettanti per i paesi dell'Europa occidentale che desiderano delocalizzare i servizi: le barriere linguistiche sono pressoché inesistenti, le normative ridotte al minimo e il costo degli stipendi inferiore in media del 40%. C’è da aggiungere che il fenomeno dell’offshoring viene avvertito in modo diverso se esso riguarda il mondo dei servizi piuttosto che quello dell’industria. Differentemente dal decentramento dei processi industriali, la delocalizzazione dei servizi non infastidisce più di tanto le popolazioni occidentali perchè, diversamente da ciò che talvolta accade nell'industria, il lavoro non viene trasferito in fabbriche dove le condizioni sono precarie e i lavoratori sottopagati, ma in uffici dove i lavoratori sono ben retribuiti e molto preparati, siano essi in India, nell'Europa dell'Est oppure in Cina. Tuttavia, il processo non si svolge senza proteste: il vasto ceto medio dei paesi occidentali, infatti, inizia a preoccuparsi di perdere il proprio posto di lavoro. Il problema, poi, sembra molto più grande per i paesi di lingua inglese perchè è intuibile che tale lingua sia conosciuta in Cina, e soprattutto in India, ben più di altre lingue come il tedesco, il francese , l’italiano o lo spagnolo. 3 Via L. Giuntini, 40 50053Empoli (FI) Tel. 0571 9988 Fax 0571 998728 www.deltaphi.it - info@deltaphi.it
  • 4. evoluzione tecnologica e svilupo economico Un recente studio dell’università Americana di Princeton ipotizza che nel prossimo decennio siano a rischio negli USA circa 50 milioni di posti lavoro, ossia quasi un terzo dell’intera forza lavoro; mentre un altro studio della McKinsey stima che circa l’11% della forza lavoro nel settore privato dei paesi più ricchi sia suscettibile di essere trasferita (offshored) verso i paesi emergenti. C’è quindi un’inquietudine legata alla paura della disoccupazione. Tuttavia due economisti del Fondo Monetario Internazionale, Mary Amiti e Shang-Jin Wei, sostengono che: "Le aziende che mettono in atto la delocalizzazione migliorano la propria produttività, riuscendo così a creare nuovi posti di lavoro". La nuova produttività, spiegano gli economisti del FMI, in un contesto sufficientemente concorrenziale abbatte i prezzi, provocando un aumento dei consumi e, di conseguenza, della domanda di lavoro. Ricerche empiriche svolte negli Stati Uniti e in Inghilterra confermano i risultati dello studio, che rileva un ulteriore dato in grado di tranquillizzare gli osservatori più critici: il fatto che non aumentano solamente i servizi delocalizzati dai paesi occidentali, ma anche i posti di lavoro che vengono "importati" (insourcing) negli stessi paesi occidentali da aziende estere. Più recentemente l’ Economist è arrivato ad affermare che nel medio termine tutto il mondo non potrà che beneficiare di un complessivo miglioramento della produttività con una più equa distribuzione della ricchezza prodotta. Resta comunque il fatto che l’economia occidentale è oggi tuttora in difficoltà. il ruolo dirompente dell’Information Technology: l’ automazione Ma al di là dell’offshoring c’è un fenomeno ancor più dirompente nell’ambito dell’occupazione, ed è il crescente livello di automazione nelle diverse attiviità umane indotto dalla sempre più ampia diffusione dei computer e, più in generale, dell’Information Technology. Il fenomeno dell’automazione delle attività umane si è evoluto in modo progressivo e ha coinvolto non solo coloro che sono addetti alla costruzione di un particolare prodotto o all’erogazione di un certo servizio. Nell'economia tradizionale, fino a poco tempo fa, l'informatica era una delle tante risorse d’impresa. Il reparto IT (Information Technology) era un reparto come altri e quindi come la contabilità o come il magazzino parti. I prodotti del reparto IT potevano migliorare il funzionamento di alcuni reparti, ma la sua funzione poteva apparire simile a quella di un tornio migliore in un'impresa meccanica, ossia un utile utensile. 4 Via L. Giuntini, 40 50053Empoli (FI) Tel. 0571 9988 Fax 0571 998728 www.deltaphi.it - info@deltaphi.it
  • 5. evoluzione tecnologica e svilupo economico Se si prendono quale esempio i processi di relazione tra impresa e cliente, fino a pochi anni or sono i clienti di un’impresa utilizzavano solo indirettamente le strutture informatiche di quest’ultima. Era comunque il personale di una specifica organizzazione o impresa che, a fronte di una specifica richiesta di un cliente, si rivolgeva al sistema informativo per ottenere il servizio richiesto, che poteva essere l’aggiornamento di un conto corrente, l’emissione di un biglietto, la prenotazione di un posto, l’ordine di un manufatto. Ora, invece, sono i clienti stessi che, tramite Internet, possono accedere direttamente ai sistemi informativi delle aziende per tutti i processi che li riguardano. Sorge in tal modo una sorprendente simbiosi impresa-cliente: così come nascono equivalenti situazioni impresa-fornitore, impresa-dipendente, impresa-canale di vendita, etc…. Le aziende possono individuare sempre meglio le esigenze e i comportamenti di persone o entità con cui si relazionano, così come queste ultime possono osservare, studiare e persino confrontare tra loro le aziende. E tutto ciò in tempo reale e su scala mondiale. Una simile evoluzione è avvenuta, anche se in modo diverso, nelle attività umane più direttamente coinvolte nella costruzione di un particolare manufatto, attività che sempre più spesso vengono attuate da dispisitivi di vario genere guidati da uno specifico software in azione su uno o più computer. In un simile scenario nasce allora un serio dubbio, che è quello che sia la stessa tecnologia a creare disoccupazione. Una simile visione luddista viene in genere rifiutata facendo appello alla teoria delle onde di distruzione creativa ipotizzate dall’economista Schumpeter. La teoria delle onde di distruzione creativa, secondo Schumpeter, consente di spiegare l'alternarsi, nel ciclo economico, di fasi espansive e recessive. Le innovazioni, infatti, non possono venire introdotte in modo costante, ma si concentrano in alcuni periodi di tempo, caratterizzati da una forte espansione. Le fasi di espansione sotto la spinta soprattutto di nuove tecnologie vengono definite di "distruzione creatrice" per il drastico processo selettivo che le contraddistingue. Molte imprese spariscono, altre nascono o si rafforzano. Oggi però sembra che questo meccanismo non sia del tutto in grado di spiegare quanto sta accadendo. C’è un sospetto, ed è quello che la tecnologia si stia sostituendo all’uomo in troppe attività. 5 Via L. Giuntini, 40 50053Empoli (FI) Tel. 0571 9988 Fax 0571 998728 www.deltaphi.it - info@deltaphi.it
  • 6. evoluzione tecnologica e svilupo economico Di fatto si sta assistendo a una nuova sostanziale rivoluzione economica. Per diversi millenni il lavoro umano è stato essenzialmente manuale e l’energia necessaria veniva acquisita da animali, da schiavi o al massimo da vento e acqua. Poi con l’avvento della macchina a vapore, e quindi dell’elettricità e poi del petrolio si è avviata una lunga fase (duranta almeno due secoli) di semi-automazione delle attività umane. L’energia acquisita serviva a muovere materiali e macchinari sotto la costante guida del’uomo. Ora però, all’alba del terzo millennio, con il pieno utilizzo di computer di tutte le taglie, si assiste a una progressiva e sempre più diffusa automazione di attività della più varia natura. Al tempo stesso nelle società più evolute sono proprio i costi dell’istruzione, con la quale si cerca di preparare individui creativi che non possano essere sostituiti da macchine, a crescere vertiginosamente. Sembra quasi che la tecnologia si stia impadronendo dell’uomo rendendolo un proprio addetto, e ribaltando così il ruolo subalterno che essa aveva sempre avuto nei confronti dell’uomo stesso. 6 Via L. Giuntini, 40 50053Empoli (FI) Tel. 0571 9988 Fax 0571 998728 www.deltaphi.it - info@deltaphi.it
  • 7. evoluzione tecnologica e svilupo economico la capacità di innovare Per non perdere occupazione e per continuare a essere produttivi bisogna allora saper innovare, ossia creare nuove attività nelle quali l’uomo non sia rimpiazzabile da una macchina. Ma cosa vuol dire saper innovare? Un’impresa sorge per creare qualcosa di nuovo. Non solo come prodotti o servizi, ma anche come posizionamento sul mercato, come strategia di distribuzione, di marketing, di relazioni con il cliente, e più in generale di processo… Innovare vuol dire quindi saper cogliere le molteplici sollecitazioni – anche piccole – che provengono sia dall’esterno sia dall’interno dell’impresa stessa e quindi saper reagire in modo nuovo e tempestivamente. Spesso occorre persino anticipare gli scenari futuri pianificando per tempo le risposte alle future esigenze. Saper innovare è tuttavia una caratteristica più tipica del singolo che dell’impresa ed è in generale determinata sia dalle caratteristiche innate, sia dall’educazione sia dall’ambiente nel quale quella stessa persona opera. Educare vuol dire saper introdurre un individuo in una realtà complessa, e quindi richiede di poter sviluppare una totalità di atteggiamenti dell’individuo stesso, soprattutto in rapporto al mondo che lo circonda. Se il potenziale umano di una comunità viene abilitato da un sistema educativo che insegna a innovare, cioè a saper rispondere per tempo ai continui mutamenti della realtà, quella stessa comunità manterrà livelli di vita di eccellenza in rapporto al proprio tempo. Vi sono aspetti tipici che caratterizzano la capacità di innovare: creatività, conoscenza, fiducia, visione senza pregiudizi della realtà, razionalità quale apertura al reale, e prontezza a mutare le proprie convinzioni sulla base di ciò che il mondo presenta. Dal punto di vista del business innovare vuol dire allora saper interpretare i desideri dei propri clienti, ma anche saper rendere felici i propri collaboratori: innovare significa perciò mettere in atto un processo di educazione continua. Nel contesto italiano si constata che purtroppo le tipiche imprese italiane, ossia le PMI (piccole e medie imprese), non hanno sufficienti contatti - e spesso nemmeno uno stesso linguaggio comune – con Università e Centri di Ricerca. Le PMI non dispongono quindi di una sufficiente informazione sugli incentivi per l’innovazione e sulle relative procedure di accesso, né della necessaria capacità progettuale. Per fortuna a fronte di un simile contesto ci sono tuttore qualità tipicamente italiane, quali l’estrema flessibilità delle PMI e la ben nota la genialità degli imprenditori italiani, che spesso sono riusciti a capitalizzare su tecnologie già esistenti per farne una leva di competitività. 7 Via L. Giuntini, 40 50053Empoli (FI) Tel. 0571 9988 Fax 0571 998728 www.deltaphi.it - info@deltaphi.it
  • 8. evoluzione tecnologica e svilupo economico Ma nel mondo odierno, così fortemente correlato ossia globalizzato e nel quale l’informazione in tempo reale è diventata il bene più prezioso, l’elemento cruciale diventa l’Information Technology. Essa è ormai il fondamento sul quale diventa possibile la realizzazione di quasi tutte le soluzioni innovative in ogni settore dell’economia. Per le PMI la sfida di restare al passo con l’ Information Technology è ineludibile e ciò soprattutto per mantenere la competitività. Non c’è oggi più alcun dubbio sul fatto che sul fondamento dell’IT vengono attuate le più rilevanti innovazioni, quando queste poi non riguardano l’IT stessa, che tra le tante tecnologie sembra essere proprio la più innovativa. Può allora essere utile segnalare che Thomson Reuters Corporation, uno dei maggiori cosiddetti business data provider, ha recentemente pubblicato la classifica dei primi 100 global innovators dell’anno 2011 (http://top100innovators.com), ossia delle imprese che si sono distinte, a livello mondiale, come leader per quanto attiene all’attività di innovazione tecnologica. La classifica è stata formulata con metriche che fanno riferimento a vari aspetti dell’innovazione e correlate all’attività brevettuale e scientifica di tali imprese. Si tratta di imprese che hanno una significativa produzione di invenzioni e che stanno lavorando su sviluppi tecnologici riconosciuti come innovativi dagli uffici brevetti di tutti i principali paesi del mondo, e per i quali richiedono protezione a livello globale. Il 2011 si è confermato come un anno di sostanziale crisi, ma le 100 grandi aziende prese in considerazione hanno generato da sole 400.000 posti di lavoro a livello globale nel 2010. E’ questo un significativo incremento rispetto al 2009 (e non è stato considerato l’impatto indiretto sull’indotto). La massima concentrazione di imprese ad alta tecnologia si trova negli USA dove ha sede ben il quaranta per cento delle aziende in classifica. A seguire viene il Giappone, che nella suddetta classifica presenta almeno un’impresa in dodici dei 16 ambiti tecnologici presi in considerazione. 8 Via L. Giuntini, 40 50053Empoli (FI) Tel. 0571 9988 Fax 0571 998728 www.deltaphi.it - info@deltaphi.it
  • 9. evoluzione tecnologica e svilupo economico L’unica altra nazione ad alto contenuto di innovazione in Oriente è la Corea del Sud, con quattro grandi imprese innovatrici su cento. Quello che sorprende assolutamente è l’assenza in classifica della Cina. La Cina è diventata la prima nazione produttrice di brevetti al mondo, ma non ha alcun’impresa che sia tra le prime 100 innovatrici del mondo. Emerge con chiara evidenza ciò che si sospettava , ossia che l' allarme per il cosiddetto «rallentamento della Cina» è in realtà la preoccupazione per un «riorientamento della Cina», ossia un «riaggiustamento della Cina» verso il basso. I mercati finanziari si stanno da tempo chiedendo se quella che nel 2011 è diventata la seconda economia del mondo riuscirà a diventare davvero una superpotenza sviluppata, superando entro un paio di decenni gli USA. 9 Via L. Giuntini, 40 50053Empoli (FI) Tel. 0571 9988 Fax 0571 998728 www.deltaphi.it - info@deltaphi.it
  • 10. evoluzione tecnologica e svilupo economico Come si vede, saper innovare realmente non è poi così semplice come potrebbe sembrare, ossia non bastano piani strategici o colossali investimenti: occorre qualcosa di più, che è proprio quel contetso culturale cui prima si è fatto riferimento, e che forse manca tuttora alla Cina (e all’India). In Europa, non soprende che sia la Francia a distinguersi per il tasso innovativo delle sue società pubbliche: il Centro Nazionale per la Ricerca Scientifica (CNRS, completamente pubblico), il Commissariato per l’Energia Atomica (CEA, parzialmente pubblico) e IFP-Energie Nouvelles (l’ex Istituto Francese del Petrolio ora riconvertito verso lo studio delle nuove fonti di energia). Ancora una volta paga un contesto culturale innovativo consolidato da decenni, per non dire da secoli. Nella classifica oltre alla Francia ci sono ovviamente la Germania, l’Olanda, la Svizzera, la Svezia. Sorprende un poco che l’Inghilterra sia presente solo con l’azienda anglo-olandese Unilever. Ma la soprpresa maggiore viene dal minuscolo Liechtenstein che con i suoi 160 chilometri quadrati e con una popolazione di 35.000 persone è presente in classifica con una delle cento compagnie più innovative al mondo, la Hilti Corporation, un'impresa che sviluppa e produce prodotti per aziende edili. L’Italia, ahimè, in questa classica è del tutto assente. ulteriori considerazioni su automazione e occupazione C’è da aggiungere che senza la capacità di innovare e quindi di creare nuove figure professionali l’automazione indotta dalla tecnica può creare notevoli problemi occupazionali. E si può anche notare quanto impegnativi dal punto di vista economico siano i servizi di istruzione e sanitari, come mostrato nella figura che segue e che si riferisce a dati USA. 10 Via L. Giuntini, 40 50053Empoli (FI) Tel. 0571 9988 Fax 0571 998728 www.deltaphi.it - info@deltaphi.it
  • 11. evoluzione tecnologica e svilupo economico Ma resta il sospetto che automazione non voglia dire solo produttività ma anche disoccupazione. Il sospetto che la tecncologia potesse rendere l’uomo suo schiavo era era stato espresso con chiarezza per la prima volta da Martin Heidegger nella sua conferenza “La questione della tecnica” (tenuta a Monaco nel 1953). Secondo Heidegger si era ormai verificato un vero e proprio capovolgimento di ruoli tra uomo e tecnologia. Se in Eschilo, nel Prometeo incatenato, l’uomo era padrone della tecnologia, pur nelle limitazioni di quest’ultima, con Heidegger appare un uomo “a disposizione” della tecnologia. L’ambizione di questa è infatti di fare tutto ciò che può fare, mentre l’uomo vorrebbe capire cosa si deve fare e cosa non si deve fare. La tecnica (tecnologia), secondo Heidegger, sembra ormai indipendente dalle finalità dell’uomo e si evolve secondo una propria volontà di potenza che sembra inarrestabile. L’economia e le tendenze della società sembrano completamente determinate dalle evoluzioni tecnologiche. Le onde distruttive di Schumpeter ridefiniscono, in funzione delle tecnostrutture disponibili, gli scenari economici e le tendenze sociali seguono, per così dire, a ruota. Quasi in questo spirito, un libro appena uscito, Race Against the Machine: How the Digital Revolution Is Accelerating Innovation, Driving Productivity, and Irreversibly Transforming Employment and the Economy di Erik Brynjolfsson, e Andrew McAfee (entrambi dell’MIT), pone in serio dubbio la convinzione che le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione distruggano posti di lavoro a breve termine, per poi ricrearne di più sul lungo periodo. Secondo Brynjolfsson e McAfee l’Information Technology in questi ultimi anni ha permesso ai leader di alcuni settori di guadagnare molto più che nel passato, mentre al tempo stesso soprattutto con il software ha sostituito moltissimi lavoratori, offrendo così benefici ai proprietari delle imprese ma non ai loro dipendenti. Brynjolfsson e McAfee riportano nel loro breve libro (disponibile solo come ebook) alcuni grafici molto interessanti dei quali di seguito ne vengono riportati due particolarmente significativi. Da questi grafici si può facilmente vedere come i salari siano cresciuti solo in settori ad elevata specializzazione (addirittura di iperspecializzazione) e come, inoltre, il numero di posti di lavoro negli ultimi anni sia persino diminuito. Brynjolfsson e McAfee affermano che mentre i bit possono essere distribuiti a costo zero istantaneamente in tutto il mondo, la stessa cosa non si può fare con gli atomi (ovvero con le entità materiali). Così come tutti oramai sanno può essere fatto per la musica, i giornali, i libri, questo è vero anche per i processi gestionali, che vengono inglobati nel software a vantaggio di chi deve decidere e comandare. 11 Via L. Giuntini, 40 50053Empoli (FI) Tel. 0571 9988 Fax 0571 998728 www.deltaphi.it - info@deltaphi.it
  • 12. evoluzione tecnologica e svilupo economico E’ una visione che contrasta decisamente con quella di Robert Solow (premio Nobel per l’economia) il quale afferma che le innovazioni tecnologiche possono creare disoccupazione, ma localizzata (2007, The last 50 years in growth theory and the next 10, http://relooney.fatcow.com/OREP-Solow_1.pdf). Solow ha elaborato un modello economico secondo il quale circa quattro quinti nella crescita marginale dell'output per unità di lavoro negli Stati Uniti deriva dal progresso tecnico, poichè non può derivare né dalla crescita del capitale né dalla crescita della forza lavoro. Su tempi più lunghi l’occupazione complessiva, così come i salari, non dovrebbe soffrire a causa delle innovazioni tecnologiche. La tesi di Solow è stata in un certo senso confermata dal presidente francese Nicolas Sarkozy che recentemente (maggio 2011) alla riunione del G8 a Parigi ha affermato; “ Voglio rifiutare l’inevitabile e Internet deve essere una delle 4-5 priorità della Francia come la ricerca e sviluppo in settori chiave come la tecnologia. Ci stiamo impegnando ma non stiamo investendo a sufficienza nella rete. Per me è una priorità, anche rispetto all’educazione e alle pari 12 Via L. Giuntini, 40 50053Empoli (FI) Tel. 0571 9988 Fax 0571 998728 www.deltaphi.it - info@deltaphi.it
  • 13. evoluzione tecnologica e svilupo economico opportunità…”. Facendo riferimento a uno studio della McKinsey, Sarkozy ha affermato che a fronte dei posti di lavoro distrutti dall’adozione di Internet quest’ultima tecnologia abbia finito col crearne oltre il doppio. Probabilmente è troppo presto per ritenere che gli ultimi dieci anni abbiano dimostrato che la tecnologia stia rivelandosi un boomerang per l’economia. Sta di fatto che l’Information Technology, pur nella sua complessa e talora contraddittoria realtà, sembra aver provocato un vero e proprio ribaltamento di tipo copernicano del business. Mentre fino a pochi anni fa erano le persone che creavano il mercato attraverso consumi, norma, culture e imprese, ora sembra che sia il mercato, soprattutto finanziario, a dettare, attraverso imprese sempre più multinazionali e transnazionali, norme e cultura e quindi a trasformare le persone in puri clienti. In un simile scenario è intuibile che i modelli di business attraverso i quali le imprese cercando di affermarsi si evolvano e richiedano nuove conoscenze e nuove strategie. l’evoluzione delle tecnologie per la mobilità Secondo molti osservatori si sta entrando ormai in un’era industriale che molti già definiscono post-PC. Questo non significa che i personal computer spariranno, ma secondo molti osservatori (come Gartner, Forrester, l’Economist, IDC, e altri) la quantità di smartphone e tablet installati supererà quella dei personal computer (desktop e laptop): del resto il sorpasso è già avvenuto nell’autunno del 2011. Secondo Morgan Stanley nel 2020 ci saranno probabilmente oltre 10 miliardi di dispositivi mobili in circolazione. Tali dispositivi utilizzeranno combinazioni diversificate di applicazioni software: già nel solo 2011 quasi venti miliardi di queste verranno installate. La crescita di dispositivi mobili trainerà anche una grande crescita di dati digitali. Secondo Cisco nel 2015 oltre sei exabyte (ossia 6 x 1018 byte), equivalenti a un centinaio di miliardi di copie di una comune rivista italiana, verranno trasferite attraverso il Web ogni mese. In un mercato globalizzato, nel quale le imprese competono per individuare continuamente nuovi clienti, gli smartphone forniscono un nuovo potente strumento di lavoro. Il solo mercato relativo al mobile-commerce nel 2015 viene valutato da ABI Research a oltre 160 miliardi di dollari. Ma il dato forse più significativo è quello fornito dalla World Bank (report: Mobile Telephony 2009): 10 cellulari in più ogni cento persone nelle nazioni più evolute si riflettono in una crescita del prodotto interno lordo dello 0.8%. 13 Via L. Giuntini, 40 50053Empoli (FI) Tel. 0571 9988 Fax 0571 998728 www.deltaphi.it - info@deltaphi.it
  • 14. evoluzione tecnologica e svilupo economico Uno degli aspetti più curiosi dell’importanza del telefono cellulare come strumento di marketing è che per molte persone il suo numero è ormai più stabile nel tempo dell’indirizzo di casa. E’ quindi evidente che un crescente numero di persone opera ormai nell’ambito di un mondo cosiddetto online. E nel futuro tale mondo sarà costituito da un’infrastruttura di telecomunicazioni assolutamente pervasiva, cioè in grado di raggiungere tutti, e con una capacità di trasmissione (bandwidth) persino più elevata di quanto necessario. Secondo un recente studio di IDC ci sono attualmente più di un miliardo e 200 milioni di utenti che accedono a Internet. 700 milioni possiedono un proprio Personal Computer, mentre oltre due miliardi di persone possiedono un telefono cellulare. Nell’ambito di questa vasta popolazione ci sono almeno trecento milioni di persone che lavorano per imprese di vario genere. Queste persone elaborano e scambiano enormi quantità di informazioni, tanto da venir identificate, secondo un nuovo neologismo, come iWorker, ossia come operatori dell’informazione. Uno degli aspetti più significativi di questa nuova realtà del mondo del lavoro è che gli iWorker utilizzano in proprio, e molto spesso a casa, apparecchi elettronici che 14 Via L. Giuntini, 40 50053Empoli (FI) Tel. 0571 9988 Fax 0571 998728 www.deltaphi.it - info@deltaphi.it
  • 15. evoluzione tecnologica e svilupo economico vorrebbero poter riutilizzare nello stesso modo sul posto di lavoro. Essi infatti usano molteplici dispositivi che permettono di accedere a Internet per le più diverse attività personali, quali ricerca di informazioni, gestione di testi, e-commerce, networking sociale, fruizione di contenuti multimediali di vario genere quali musica e filmati, videogiochi,.. Nasce così una crescente pressione sui reparti ICT delle varie imprese affinchè le capacità di interazione con Internet, acquisite personalmente, possano essere integrate proficuamente nell’attività di lavoro. E ciò che maggiormente colpisce è la velocità con la quale questo fenomeno stia ormai dilagando, soprattutto a causa di una popolazione di utenti molto giovani (tra 18 e 30 anni) che non prova alcuna timidezza nello sperimentare sempre nuove possibilità applicative. Inoltre si vanno anche differenziando i dispositivi elettronici che possono essere utilizzati. Secondo lo stesso studio di IDC alla fine del 2009 erano oltre sei miliardi i dispositivi in grado di connettersi a Internet, e tra essi ci sono computer, printer, telefoni cellulari, smart-phone, camera-phone, MP3 player, dispositivi per videogiochi, macchine fotografiche digitali, dispositivi di videosorveglianza, GPS di vario tipo, dispositivi elettronici per la medicina, lettori RFID e barcode, slot machine, e molto altro ancora. Di fatto già quattro dispositivi su cinque non sono computer veri e propri, mentre oltre la metà può essere considerata elettronica di consumo. Quest’ultima nel corso dei prossimi tre anni crescerà sul mercato mondiale molto più rapidamente dei computer, raddoppiando praticamente i propri volumi. Gestire un simile fenomeno, così complesso, così rapido e così dirompente, non è più prerogativa delle sole grandi imprese, ma sta diventando un’esigenza di quasi ogni impresa in qualunque parte del mondo. Sapersi adattare a questa realtà è quindi essenziale per poter mantenere il proprio livello di competitività rispetto agli altri. Basti pensare alla disinvoltura con la quale milioni di giovani in tutto il mondo sono ormai in grado di interagire tra di loro o, nell’ambito delle loro professioni, con datori di lavoro, clienti e altri operatori; passando disinvoltamente dalle email ai messaggi sms, dalle conferenze su Web alle applicazioni sociali, come Facebook o Twitter, per scambiare qualsivoglia tipo di informazione e nei formati piùdiversi, dal testo alla foto e al video. Il numero e la varietà delle interazioni nell’ambito di questa popolazione sta crescendo rapidamente. E anche se non tutti i dispositivi dell’elettronica di consumo entreranno a far parte del mondo del lavoro molti di essi ne verranno certamente a fare parte. E tra questi un ruolo fondamentale avranno certamente i dispositivi che favoriscono la mobilità pur mantenendo l’accesso a Internet. 15 Via L. Giuntini, 40 50053Empoli (FI) Tel. 0571 9988 Fax 0571 998728 www.deltaphi.it - info@deltaphi.it
  • 16. evoluzione tecnologica e svilupo economico Occorre allora distinguere gli aspetti hw da quelli sw, ossia i dispositivi elettronici veri e propri dalle applicazioni utilizzate. In termini di rapidità di crescita nel breve periodo la parte del leone sembra ormai chiaro che la debbano fare gli smartphone per l’hw e le applicazioni sociali per il sw. Secondo IDC nel corso dei prossimi tre anni entrambe queste due tecnologie raddoppieranno la loro presenza sul mercato. Ma nell’ambito di una simile evoluzione appaiono anche difficoltà e rischi tutt’altro che irrilevanti: sicurezza, affidabilità, disponibilità, privacy,.. I dati aziendali possono essere trasferiti sui nuovi dispositivi elettronici? Qual è la politica aziendale? Cosa accade se il dispositivo (come del resto il PC) viene perduto, per esempio in treno o su di un taxi, e contiene dati sensibili per l’impresa? Viceversa l’ iWorker può memorizzare sugli archivi aziendali informazioni personali? In che misura può essere realizzato il nuovo mescolamento di attività (personali- aziendali) sui nuovi dispositivi di elettronica di consumo, quali soprattutto gli smartphone? In che misura dovrà crescere la capacità di memorizzazione di dati multimediali e di gestione delle applicazioni sociali da parte delle imprese? E’ intuibile che tali sfide devono essere trasformate in opportunità affinchè le imprese possano far leva su quello che resta il loro asset principale, ossia le persone; soprattutto se queste persone sono giovani e quindi naturalmente innovative. Non c’è tecnologia tanto innovativa quanto lo sono la giovinezza e la freschezza di idee, e soprattutto la volontà di non adeguarsi rigidamente a schemi e modelli preesistenti: e ciò in ogni attività umana. l’evoluzione dei social network Un’altra importante conseguenza provocata dalla diffusione di Internet è la creazione per mezzo di opportune applicazioni software di molteplici social network (ovvero reti di relazioni sociali, o anche social media), che vengono a costituirsi tra individui per stabilire contatti in ambiti differenti, come professioni, amicizie, relazioni sentimentali,… Nell’ambito di queste reti si possono creare profili individuali, stabilire liste di contatti, inserire informazioni personali quali fotografie, e scorrere i contatti stessi. Le caratteristiche della specifica rete ne determinano l’utilità per le persone che ne fanno parte. Attualmente alcune di queste reti sociali, come Facebook, Myspace, Twitter, Linkedln, stanno crescendo vertiginosamente, tanto che il numero di contatti giornalieri su Facebook sembra abbia persino superato quelli di Google. Da molti decenni sono stati condotti diversi studi sulla natura delle reti sociali in generale, per comprendere la psicologia delle persone che ne fanno parte, le loro abitudini, i vantaggi, i pericoli, i limiti,… Si è anche cercato di capire come reti sociali diverse possano interagire. Le reti sociali sono ormai una realtà così concreta da 16 Via L. Giuntini, 40 50053Empoli (FI) Tel. 0571 9988 Fax 0571 998728 www.deltaphi.it - info@deltaphi.it
  • 17. evoluzione tecnologica e svilupo economico richiamare anche l’attenzione del mondo del business in quanto le imprese possono utilizzarle sia per la gestione del proprio personale sia per quella dei clienti, potenziali o acquisiti. L’interfaccia dei più comuni social network ha una struttura ben definita. La pagina stessa agisce quasi come una lavagna elettronica sulla quale è possibile caricare informazioni sotto forma di testo, fotografie, video. C’è un continuo aggiornamento di informazioni via via che la persona aggiunge le proprie o legge le risposte ai suoi messaggi o ancora vede che altri hanno inserito proprie osservazioni. Per alcuni social network, come per es. Twitter, le informazioni che si possono condividere si riducono solo a brevi messaggi di testo che funzionano quasi come telegrammi. Twitter peraltro ha avuto grande successo soprattutto in caso di situazioni anomale o di calamità per informare rapidamente la propria comunità. Anche nei social network c’è stata una progressiva evoluzione, dai primi tentativi intorno all’anno duemila fino alla loro attuale enorme diffusione. 17 Via L. Giuntini, 40 50053Empoli (FI) Tel. 0571 9988 Fax 0571 998728 www.deltaphi.it - info@deltaphi.it
  • 18. evoluzione tecnologica e svilupo economico Una prima generazione di social network, come Copains d’avant e Classmates, permetteva agli utenti di utilizzare soltanto liste di amici. Erano sostanzialmente liste piatte che indicavano le scuole e le classi che erano state frequentate. Copains d’avant, per esempio, creata nel 2001, permette agli iscritti di ritrovare gratuitamente i loro vecchi compagni di scuola così come le attuali attività professionali di questi ultimi. La sua diffusione in Francia aveva portato questa rete a essere la più frequentata, fin quando nel 2010 è stata superata da Facebook. Una seconda generazione di reti sociali, della quale fanno parte siti come LinkedIn, Viadeo, Xing, ha cercato di ampliare il numero dei possibili contatti, dagli amici agli amici degli amici, secondo la teoria dei sei gradi di separazione per la quale qualunque persona può essere collegata a qualunque altra persona attraverso una catena di conoscenze con non più di 5 intermediari. Infine una terza generazione di reti sociali è costituita da tecnologie quali Myspace, Facebook, Bebo. Queste sono le prime vere e proprie reti sociali, e l’enorme successo di Facebook, che si avvia ad avere un miliardo di iscritti, ne è un lampante esempio. La loro tecnologia è decisamente più evoluta e permette connessioni multidimensionali e reali conversazioni tra utenti, in piena conformità con la teoria dei grafi. In realtà le reti sociali si avviano oggi a diventare uno strumento di business di primaria importanza. Attraverso unificazione delle comunicazioni, di cui si vedrà più avanti, i clienti di un’impresa così come i dipendenti di quest’ultima quale che essa sia, possono creare vere e proprie comunità che vengono a far parte di un’ancor più ampia comunità che è quella dell’intero World Wide Web costitutita da più di un miliardo di persone. l’evoluzione degli smartphone Nell’ambito dell tecnologia degli smartphone, e più in generale dei dispositivi di telefonia mobile, sta emergendo uno scenario pressochè darwinistico, strutturato quindi secondo il meccanismo della selezione naturale. Non sembra che esista un cosiddetto disegno intelligente che favorisca uno smartphone rispetto ad altri in virtù di qualche specifica caratteristica. In effetti quello che potremmo definire come un ecosistema, ossia il mercato degli smartphone, è popolato oggi da almeno quattro famiglie di prodotti, differenti per sistemi operativi, per hardware, per tipo di schermo e per metodo di input (iPhone, Android, Symbian e Blackberry), ma come si vedra poco più avanti non tutte sembrano egualmente competitive. 18 Via L. Giuntini, 40 50053Empoli (FI) Tel. 0571 9988 Fax 0571 998728 www.deltaphi.it - info@deltaphi.it
  • 19. evoluzione tecnologica e svilupo economico E come in un tipico scenario darwinistico anche nell’ecosistema degli smartphone sembrano esserci dei superpredatori, ossia animali che non temono nessun'altra specie, a eccezione di un loro compagno più grande. In questo momento i due superpredatori sembrano essere l’ iPhone e gli smarphone basati su Android di Google L’ iPhone con oltre centomila applicazioni disponibili e con circa il 15% del mercato non sembra avere timori per il suo futuro. Sembrerebbe che anche RIM (Research in Motion, la ditta canadese che produce il Blackberry) occupi una posizione dominate nel mercato. Secondo stime dell’IDC un paio di anni fa in questo specifico segmento di mercato la RIM doveva occupare circa il 30%, ma stime più recente, anche di altri analisti, hanno ridotto di molti punti percentuali la sua quota di mercato. Infatti pare che RIM stia perdendo parte della propria clientela a favore di Android e, in misura minore, di iPhone. Infatti dal punto di vista dell’utente medio Android sembra offrire tutto quello che offre Blackberry (e anche di più) per un prezzo spesso inferiore, dispone di oltre diecimila applicazioni, può essere utilizzato su diversi tipi di hardware. Android inoltre offre una naturale integrazione tra Gmail e i Webservices di Google. Non c’è quindi da stupirsi se il suo mercato cresca così rapidamente. Piuttosto la domanda è come si contrappongano oggi i due superpredatori, ossia iPhone (che usa iOS) e Android. Le differenze tra Android e iOS sono essenzialmente due. Android è Open Source, ossia il codice sorgente è disponibile a tutti e liberamente modificabile. Questa è la ragione per la quale viene ujtilizzato da tanti dispòsitivi mobili. In secondo luogo Android è scritto in Java (come anche Blackberry) mentre iOS è sviluppato in C-Objective. Poiche Android è sviluppato in Java, che è un linguaggio interpretato, ciò significa che le istruzioni di Android stesso vengono scritte ma poi interpretate da un altro software presente nel dispositivo che lo utilizzerà secondo quell’archittetura hardware. E’ intuibile che Andorid offra così il vantaggio di essere eseguibile su hardware molto diversi. Ma di contro c’è anche lo svantaggio che deve utilizzare una certa quantità di risorse in più quando viene eseguito rispetto a un sistema nativo. Ma ancora va osservato che la vertiginosa crescita di potenza dei microprocessori è in grado di compensare ampiamente questo svantaggio di disegno. Molti dispositivi (NOKIA, Samsung, Sony Ericsson, Fujitsu,..) utilizzano la piattaforma Symbian che, benchè matura e Open Source, non ha avuto grande successo negli USA e questo ne ha in un certo qual modo limitato l’evoluzione tanto che oggi si assiste a una riduzione di quota di questo mercato, a vantaggio soprattutto di Android. Tra l’altro la piattaforma Symbian non sembra fruire di un parco applicazioni così 19 Via L. Giuntini, 40 50053Empoli (FI) Tel. 0571 9988 Fax 0571 998728 www.deltaphi.it - info@deltaphi.it
  • 20. evoluzione tecnologica e svilupo economico evoluto come quello di Andorid, e soprattuto di iPhone, anche se recentemente la Nokia ha lanciato il suo Ovi. C’è infine la piattaforma Windows Mobile che alla data non ha avuto ancora modo di emergere in modo significativo. Recentemente è stata introdotta una nuova versione, Windows Phone 7, completamente differente da tutte le precedenti versioni di Windows Mobile. Questa nuova versione riunisce in una sola piattaforma i contenuti di Xbox LIVE e Zune. Inoltre gestisce social network quali Facebook e Twitter e conterrà un’edizione Mobile di Office 2010. Le proiezioni degli analisti la collocano comunque al di sotto del dieci per cento di mercato. Ci sono infine altre piattaforme di consistenza percentale molto minore che non mette conto di essere descritte in questa breve analisi. il ruolo del cloud computing La vertiginosa crescita degli smartphone e dei tablet è probabilmente il più forte segnale che viene dal mondo dell’informatica a dirci che l’intero scenario si sta evolvendo verso un’infrastruttura complessiva nella quale ciò che viene a modificarsi in maggior misura è l’accesso alle informazioni e la loro elaborazione. E’ una vera e propria rivoluzione, non solo tecnologica ma anche sociale e culturale, che potremmo definire , come qualcuno ha già fatto, infinite computing, ossia elaborazione senza limiti. Questa rivoluzione è la naturale convergenza di tre tendenze che sono rispettivamente la crescita esponenziale della capacità di elaborazione dei microprocessori, un accesso sempre più facile a tali risorse, e infine una sorprendente e continua diminuzione dei costi sia dell’hardware sia del software. L’informatica sta di fatto diventando la tecnologia più economica che esista in rapporto a ciò che può offrire. Ma c’è di più. Nella vita di tutti i giorni siamo ormai abituati a non acquistare più oggetti ma piuttosto servizi. La distribuzione dell'energia elettrica, il noleggio di dvd o il noleggio di mezzi di trasporto ci hanno abituato a non dover più possedere un generatore di corrente o una raccolta di dvd o un’autovettura. Questa tendenza offre molteplici vantaggi in termini di eliminazione di costi di manutenzione, dimensionamento, ... La fruizione del servizio ha guidato anche il mondo dell'IT a orientarsi verso i servizi piuttosto che i prodotti. E allora il poter offrire un’intera infrastruttura informatica a un singolo utente, e poterla fatturare sulla base dell’effettivo utilizzo che se ne fa, è il naturale punto di arrivo di una strategia nata ancora negli anni Sessanta del XX secolo e denominata virtualizzazione. 20 Via L. Giuntini, 40 50053Empoli (FI) Tel. 0571 9988 Fax 0571 998728 www.deltaphi.it - info@deltaphi.it
  • 21. evoluzione tecnologica e svilupo economico Con tale strategia si voleva mettere a disposizione dell’utente, quale che questi fosse, più risorse di quante egli ne possedesse in realtà fisicamente. Il che ricorda un pò il modo di operare della nostra mente quando fantastica l’attuazione di un qualsivoglia processo. Che è quanto Einstein chiamava un Gedankenexperiment. Poichè Internet è stato tradizionalmente rappresentato graficamente da una nuvola (cloud), e poichè proprio le tante risorse presenti su Internet potevano essere messe a fattor comune, è nato un modello di informatica che ha preso il nome di cloud computing, denominazione ormai diventata di uso comune. Il problema per un'impresa allora, indipendentemente dalla sua dimensione, risiede nel capire che cosa le serve e a quale società affidarsi per avere una soluzione virtuale completa che permetta di migliorare i livelli di sicurezza e di ridurre i costi operativi, semplificando al tempo stesso l'amministrazione e la gestione delle risorse informatiche. Non solo, è necessario garantire a utenti e IT la massima libertà possibile, offrendo strumenti cloud incentrati sull’utente e non più sul dispositivo. Il cloud computing è trasversale, nel senso che interessa ormai tutte le imprese (come persino i singoli) sempre più alla ricerca di soluzioni che in un modo quasi copernicano ribaltino il modello informatico: se prima l’informatica era incentrata sull’infrastruttura ora essa è incentrata sulle applicazioni. 21 Via L. Giuntini, 40 50053Empoli (FI) Tel. 0571 9988 Fax 0571 998728 www.deltaphi.it - info@deltaphi.it
  • 22. evoluzione tecnologica e svilupo economico Il maggior pregio della crescente capacità di elaborazione infatti non è tanto nel fatto che questa permette di accelerare i processi di pianificazione e realizzazione di un prodotto o di un servizio, quanto nel fatto che consente di ipotizzarne simultaneamente una grande molteplicità per decidere quale sia il migliore. Ciò in definitiva aiuta anche la mente umana ad accrescere la sua capacità di astrazione ed è quindi anche un notevole fattore di miglioramento culturale. In definitiva si possono ideare prodotti e servizi cui non si sarebbe neppure mai pensato. E poichè , soprattutto con il cloud compoting, la capacità di elaborazione diventa di fatto infinita, si può chiedere persino all’infrastruttura elaborativa di ideare essa stessa qualcosa di nuovo, che a noi non sarebbe venuto in mente. Si può dire veramente che dopo millenni in cui l’ìntelligenza umana ha camminato su due gambe, quella della teoria (ossia il modello) e quella della pratica (ossia l’esperimento) nasce ora la possibilità di utilizzare una terza gamba, che è quella della simulazione attuata dal computer. Biologi, ingegneri ,architetti, artisti, avvocati, scrittori, … possono pensare più velocemente e più arditamente ,e possono anche potenziare la propria fantasia in un modo che qualche secolo fa poteva essere consentito forse al solo Leonardo da Vinci. In estrema sintesi si può affermare, senza retorica, che solo la tecnologia stessa, e soprattutto l‘Information Technology, può oggi rispondere alla sfida posta dalla crescente complessità della realtà nella quale si vive. si potrebbe rendere più etico il mondo finanziario? In relazione a quanto è stato detto finora potrebbe essere utile un esempio, al momento del tutto immaginario ancorchè tecnicamete possibile, di come la tecnologia informatica potrebbe sanare una delle maggiori inquietudini attuali: quella dei mercati finanziari. Chi ha del denaro vorrebbe ovviamente proteggerlo dalla naturale svalutazione in cui esso incorre nel tempo, e questo vale anche per piccoli investitori che hanno faticosamente prodotto quel denaro. La domanda che sorge spontanea nella loro mente è cosa fare di quel denaro. L’investimento più tipico è quello del cosiddetto mattone, ossia l’investimento immobiliare. Ma c’è anche la possibilità di investire in Borsa e con questo dare in un certo senso fiato a tutte quelle imprese che si quotano e che traggono dalla Borsa (oltre che dalle banche) la linfa essenziale al loro metabolismo. Ma i titoli in Borsa, come tutti sanno, sono una realtà molto volatile e fluttuante. Situazioni politiche, sociali, volatilità di fonti energetiche o di materiali, possono fortemente influenzare il valore dei diversi titoli. La gestione di questi ultimi non è ancora una scienza esatta ma è fluttuante anche in funzione dei comportamenti degli investitori, spesso emotive: quelli che Keynes chiamava the animal spirits. 22 Via L. Giuntini, 40 50053Empoli (FI) Tel. 0571 9988 Fax 0571 998728 www.deltaphi.it - info@deltaphi.it
  • 23. evoluzione tecnologica e svilupo economico Sarebbe utile potersi muovere sulla base di conoscenze consolidate. Forse non ci sarebbero esagerati guadagni, ma nemmeno esagerate perdite, e si ridurrebbero di molto le opportunità per le speculazioni. Ciò che occorrerebbe in definitiva sarebbe una conoscenza più precisa del profilo finanziario degli investitori. Molti di essi oggi, protetti da un’assoluta anonimia, possono operare speculazioni, spesso traumatiche soprattutto per i piccoli investitori. Ma le le banche dovrebbero ben conoscere chi sono i loro clienti e quindi sulla base di informazioni ben consolidate sapere quanto realistiche siano le loro operazioni finanziarie. Come esiste una conoscenza centralizzata da parte della Banca d’Italia dell’andamento dei vari istituti di credito italiani (la ben nota matrice) così potrebbe essere utile ricollegare in un unico database centralizzato le informazioni attinenti alle attività finanziarie dei singoli. Un sistema informatico (senza assolutamente violare la privacy dei singoli) potrebbe ben scoprirne eventuali azzardi speculativi non corretti. In tal modo il valore dei titoli sul mercato nazionale potrebbe essere ben più realistico di quanto non accada oggi, e di conseguenza a minori guadagni speculativi potrebbero corrispondere minori perdite per inaspettate bolle finanziarie. 23 Via L. Giuntini, 40 50053Empoli (FI) Tel. 0571 9988 Fax 0571 998728 www.deltaphi.it - info@deltaphi.it
  • 24. evoluzione tecnologica e svilupo economico Se il meccanismo venisse poi esteso alla comunità internazionale, e il mondo fnanziario è ormai in gran parte globalizzato, il beneficio strutturale che ne conseguirebbe sarebbe ben evidente: un andamento molto più lineare delle varie Borse mondiali. Minori guadagni speculative, ma costanti miglioramenti nel valore degli stock per tutte quelle imprese che realmente innovano, e che quindi ripagano la fiducia che in esse hanno avuto i loro investitori. Una vera e propria democrazia finanziaria piuttosto che quella pericolosa anarchia attuale che vede alcuni arricchirsi spropositamente a fronte di una massa di piccoli investori che spesso perdono i propri risparmi. Evidentemente, ma questo è solo un accenno, in un simile schema non ci sarebbe posto per i cosiddetti prodotti derivati che tanto danno hanno fatto negli ultimi anni. Ancora una volta la tecnologia potrebbe riparare ai guasti che essa stessa ha indirettamente contribuito a creare. E c’è infine da osservare che in ogni caso il denaro di carta sta sempre più perdendo terreno di fronte al denaro elettronico che come tale è costantemente tracciabile. ipotesi conclusive Spesso il ricorso ad analogie, metafore o vivaci immagini intuitive aiuta la comprensione di un fenomeno meglio che non il timido attenersi a rigorose teorie non sempre facili da maneggiare. Nel caso dell’attuale evoluzione tecnologica dell’IT nell’ambito delle applicazioni di business sembra stia avvenendo qualcosa di non molto dissimile da quanto già avvenuto quasi un secolo fa con la corrente elettrica. Dalla fine dell’Ottocento per molti decenni voltaggi, frequenze, tipologie di motori elettrici si sono succeduti in ambito industriale e in ambito domestico. La tecnologia elettrica era però qualcosa di alieno al comune percepire di quell’epoca. Ma poco alla volta sono emersi standard di distribuzione e di utilizzo sempre meglio definiti. E l’elettricità ha finito quasi con lo scomparire dal livello della coscienza. Ormai ci si accorge dell’esistenza della corrente elettrica solo quando manca. Si accendono interruttori, si utilizzano dispositivi come radio, TV, telefono, elettrodomestici, ascensori, e via dicendo, senza mai domandarsi da dove venga l’energia che li alimenta e come sia strutturata. Potrebbe essere prodotta localmente o remotamente, ma è del tutto indifferente per chi la utilizza. La tecnologia è stata, per così dire, nascosta all’utente. Qualcosa di simile sta progressivamente avvenendo anche nell’IT. Ormai con Internet, con il PC, con la grafica,… gli utenti non pensano più all’IT. La tecnologia è diventata una protesi del cervello. 24 Via L. Giuntini, 40 50053Empoli (FI) Tel. 0571 9988 Fax 0571 998728 www.deltaphi.it - info@deltaphi.it
  • 25. evoluzione tecnologica e svilupo economico Ciò può avere conseguenze molto rilevanti nella gestione del business, riconducendo la strategia e la conduzione dello stesso nel suo proprio alveo che in defnitiva è più umano che tecnologico. L’uomo oltre a essere un animale sociale è anche un animale commerciale e da millenni definisce e ridefinisce le regole di questa primaria attività. Oggi che anche la tecnologia informatica comincia a essere nascosta, come era avvenuto con l’elettricità, chi definisce i processi di business utilizza l’IT, ma quasi indirettamente, dando preminenza alle regole del business stesso e non a quelle della programmazione software. Cosa potrà accadere allora nei prossimi anni? La globalizzazione in atto nell’economia determinerà, non c’è dubbio, nuovi livelli di competitività, non solo tra le imprese ma anche tra i lavoratori. Si imporranno nuove generazioni e nuove competenze. Si parla spesso della difficoltà che hanno persone di mezza età che hanno perso il posto perché l’impresa di cui facevano parte è fallita o è stata costretta a ridurre il personale. Il fenomeno che si sta notando è che anche di fronte a una parziale ripresa dell’economia molte di queste stesse persone non riescono a rintrare nel mondo del lavoro. C’è certamente una forte concorrenza da parte di generazioni più giovani, e quindi meno costose e più forti fisicamente, ma c’è un ulteriore fattore da considerare. La tecnologia si evolve con grande rapidità e quindi occorre sapersi mantenere aggiornati in pressochè ogni attività per restare competitivi. Questo vale per i singoli come per le imprese. Le attività che sono manifestamente algoritmiche, o che nascondono elementi di algoritmicità nei loro processi, sono insidiose perché in parte o del tutto trasferibili su supporti informatici. C’è da aggiungere che la relazione che esiste, soprattutto nelll’attuale mondo globalizzato, tra lavoro, produttività e soddisfazione personale è diventata quanto mai complessa e sembra ridurre progressivamente le possivbilità individuali di autodeterminazione. Come è stato detto all’inizio di questo testo, l’economia globalizzatata tende a produrre un numero crescente di prodotti e servizi che quindi hanno bisogno di un numero crescente di acquirenti. E inoltre, come anche è stato già detto, molte attività che sembravano distintive dell’uomo, e come tali potenziali elementi di successo personale, sembrano ormai alla portata di computer sempre meno costosi. Alcune attività sembravano alla portata solo di una vera élite intellettuale, quali per esempio il gioco degli scacchi; ma oggi quasi ogni grande maestro è perdente contro un computer opportunamente organizzato. Altre attività che sembrano più indefinite, come quelle di un poeta, di un sacerdote, di un giocatore di pallone, di un manager,… sono molto meno a rischio, proprio perché non c’è alcuna manifesta algoritmicità nel loro operare. 25 Via L. Giuntini, 40 50053Empoli (FI) Tel. 0571 9988 Fax 0571 998728 www.deltaphi.it - info@deltaphi.it
  • 26. evoluzione tecnologica e svilupo economico Il genetista Luigi Luca Cavalli Sforza afferma (L’evoluzione della cultura, Codice 2010): “.. le capacità intellettuali eccezionali sono quasi sempre specializzate; è probabile che ogni individuo abbia un lato del proprio intelletto molto sviluppato; anche se magari non lo ha mai scoperto e non lo scoprirà mai. ..” La famiglia svolge ancora un ruolo fondamentale, ma non è più sufficiente a trasmettere verticalmente una cultura così complessa com’è diventata quella dell’odierna civiltà umana, sempre più interconnessa globalmente. Il grande compito di una scuola veramente moderna dovrebbe essere allora quello di individuare le capacità di ciascuno affinchè quest’ultimo, e quindi la società in cui vive, ne possa pienamente beneficiare. Le scelte fondamentali della vita devono avvenire in gioventù: dopo è troppo tardi. Per le imprese un simile scenario vuol dire ovviamente necessità e capacità di innovare in continuazione e quindi capacità di modificare dinamicamente i processi di creazione e di distribuzione di prodotti e servizi. 26 Via L. Giuntini, 40 50053Empoli (FI) Tel. 0571 9988 Fax 0571 998728 www.deltaphi.it - info@deltaphi.it
  • 27. evoluzione tecnologica e svilupo economico L’Information Technology ha l’ambizione di essere l’instrumentum principe di una simile strategia. Non solo: l’IT consente oggi di dislocare geograficamente (delocalizzare) non solo le imprese ma anche i singoli che ne fanno parte, in uno scenario di crescente mobilità individuale. Si è così forse all’inizio di una nuova grande trasformazione socio-economica che però, a differenza delle precedenti, sembra coinvolgere l’intero pianeta. Non si può ancora valutare la portata di una simile evoluzione, ma è auspicabile che la crescita economica di un mondo globalizzato sia in grado di distribuire il benessere, in modo più equo, a una più grande parte dell’umanità. E’ enormemente difficile intuire dove potrà arrivare l’Information Technology. Ma molte cose che erano state previste nei decenni passati si sono effettivamente verificate. Altre non erano state invece previste e ci hanno quasi colto di sorpresa. Al tempo dei grandi computer negli anni sessanta-settanta pochi avrebbero immaginato lo straordinario successo dei personal computer, di Internet, degli smartphone, delle reti sociali, degli ebook, e via dicendo. La figura che precede vuole sinteticamente mostrare come l’IT si stia espandendo a 360 gradi in tutte le direzioni dello scibile umano. I cerchi in rosso sono già in gran parte ben definiti. Quelli più esterni, in verde, possono essere più o meno perseguibili e avere successo. Ognuno di essi (e moltissimi sono sati omessi) richiederebbe qualche parola di commento. 27 Via L. Giuntini, 40 50053Empoli (FI) Tel. 0571 9988 Fax 0571 998728 www.deltaphi.it - info@deltaphi.it
  • 28. evoluzione tecnologica e svilupo economico Ma l’obiettivo della figura non è quello di discutere le singole opportunità dell’IT nei decenni a venire, quanto piutosto di dare un’idea immediata, ancorchè puramente intuitiva, di quanto ancora grandi, e in un certo senso inespresse, siano le possibilità di questa tecnologia che sembra veramente essere la ruota del terzo millennio. Una cosa è quasi certa: l’IT darà un grande potere all’uomo. Un potere che forse l’uomo desiderava da tanto tempo. E ciò può ricordarci quanto raccontava Cicerone: “ "Visne igitur", inquit, "o Damocle, quoniam te haec vita delectat, ipse eam degustare et fortunam experiri meam?" Cum se ille cupere dixisset, conlocari iussit hominem in aureo lecto strato pulcherrimo textili stragulo, magnificis operibus picto, abacosque conplures ornavit argento auroque caelato….in hoc medio apparatu fulgentem gladium e lacunari saeta equina aptum demitti iussit, ut inpenderet illius beati cervicibus…”(Tusculanae Disputationes, Liber Quintus, 61-62). Il cortigiano Damocle aveva lusingato il tiranno Dionigi di Siracusa dicendogli quanto fosse fortunato a godere di tutto quel potere e di tutti quei privilegi. Allora Dionigi lo mise al suo posto, ma gli fece sospendere sopra il capo una spada tenuta solo da un crine della coda di un cavallo. Con ciò Dionigi voleva far comprendere a Damocle che un grande potere vuol dire anche una grande insicurezza e una grande responsabilità. Venti secoli dopo Nietzsche avrebbe però esclamato in uno dei suoi splendidi aforismi che mai Damocle danza meglio che sotto la spada. Questo è probabilmente il nostro destino tecnologico. 28 Via L. Giuntini, 40 50053Empoli (FI) Tel. 0571 9988 Fax 0571 998728 www.deltaphi.it - info@deltaphi.it
  • 29. w wd l p i w .e a h i t . t