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12.05.2000
LA GERMANIA ALLA SVOLTA DELL’ANGOLO
INDUSTRIALE

Nell’arco del XIX secolo si assiste ad un processo di istituzionalizzazione e
professionalizzazione delle scienze che investe in maniera disomogenea i paesi
dell’Europa. Infatti, a differenza degli USA e della Germania, dove gli investimenti
pubblici e privati nella ricerca scientifica aumentarono considerevolmente per
favorire l’avanzamento del progresso scientifico, la Gran Bretagna entra in una fase
di debolezza economica, proprio per la mancanza di un sistema formativo
adeguato. Si assiste quindi ad una fase di accrescimento tecnologico accompagnata
da uno sviluppo dell’ideale Pacaniano, cioè di una scienza utilizzata come
strumento per migliorare le condizioni di vita dell’uomo.
Oltre ad un processo di professionalizzazione ed istituzionalizzazione della ricerca
scientifica, verso la fine del XIX secolo, si innesta un processo di costruzione di
entità statali nazionali con effetti sia politici che economici. E’ in particolare il
periodo dell’Unità d’Italia e dell’unificazione tedesca che vede investimenti in
infrastrutture ed attrezzature che si riflettono sulla performance economica dei
paesi. In tale processo di unificazione il paese maggiormente coinvolto è la
Germania che arriva al compimento dell’unificazione durante il cancellariato di
Bismark. Grazie alla forza dell’industria siderurgica, e la forte disponibilità di
materie prime la Germania è stata la più grande produttrice di ferrovie. L’industria
tedesca ha portato vantaggi competitivi alla nazione anche per le sue capacità di
agire sul mercato internazionale e per aver saputo, a differenza degli U.S.A che
hanno usato un capitalismo competitivo, utilizzare sul mercato interno un
capitalismo cooperativo caratterizzato da cartelli concorrenziali tra le imprese locali.
Un paragone può essere fatto tra la fabbrica di cioccolata tedesca , la Stolwerk, ed
una inglese dello stesso periodo: quella inglese si tirò indietro a causa del suo
capitalismo a carattere familiare. L’industria tedesca al contrario mise in atto una
serie di innovazioni nella rete commerciale, nei modi di trattare i prodotti,
nell’affidare la gestione a managers lontani dal contesto familiare, la loro strategia di
accattivare il cliente curando la cura del design ed infine la diversificazione di
prodotto e processo.
Si evince una dinamismo tedesco contrapposto alla staticità dei modelli
organizzativi e gestionali dell’impresa inglese. Altra realtà interessante è il caso della
Bayer, casa farmaceutica che ha inventato l’aspirina, guidata dal manager tedesco
Krumberk Assume che, come la Stolwerk , innesta un processo di diversificazione
con la costituzione di cinque laboratori formati da squadre di chimici reclutati
all’interno delle università e dei politecnici, che, per volontà di Krumberk,
mantennero, nonostante i cinque laboratori, un alto livello di integrazione
reciproca, istituendo il principio della “grande innovazione organizzativa” che
intende il laboratorio come luogo all’interno del quale lo scambio di idee è
fondamentale per fertilizzare l’innovazione. Secondo il fondatore della cibernetica

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Robert Dinner vero propulsore dell’economia nel XIX secolo è stato il laboratorio.
Altra caratteristica saliente della Bayer fu la sua localizzazione in zone ricche di
acqua (Leverkusen) a causa della produzione di coloranti che ne richiedevano
l’utilizzo. In definitiva il capitalismo tedesco è rappresentato dall’innovazione nella
sperimentazione di nuovi modelli organizzativi, e cioè nell’acquisizione di manager
nella gestione d’impresa, defamiliarizzazione della gestione, investimenti in settori
prima non considerati quali il marketing, il designe la pubblicità.


15.05.2000
LE ISTITUZIONI DEL PROGRESSO TECNOLOGICO
NELLA GERMANIA DEL GUNDEREZEIT

Le sostanziali differenze tra l’industria tedesca e quella inglese o americana stanno
nel forte investimento in risorse umane, nella managerialità e nella diversificazione.
Inoltre la industria britannica era ancorata ad un capitalismo competitivo e non
cooperativo-manageriale come la Germania, che permetteva la formazione di
cartelli cooperativi tra le imprese. Tali differenze vanno colte nella bravura della
Germania di aver assimilato in pieno le caratteristiche della seconda rivoluzione
industriale, che a differenza della prima, dove ci fu la dominanza di avanguardie
artigiane, era caratterizzata da un’ondata del processo di industrializzazione in cui si
assiste all’emergenza del ruolo preponderante della associazioni scientifiche e
tecniche al servizio del progresso economiche industriale.
In Germania si assiste ad una trasformazione delle politiche della scienza ed ad una
reinterpretazione della funzione dello scienziato nella società. Il periodo tra il 1970
ed il 1914, che corrisponde alla fase di unificazione tedesca, cioè la fase che vede la
fine della frammentazione territoriale ed amministrativa della confederazione degli
stati della Germania, si scatena un processo di trasformazione delle politiche della
scienza. L’ultimo triennio dell’800 fu caratterizzato dal progresso della scienza.
Negli stessi anni l’America e la Germania, a differenza dell’Inghilterra, scoprono
l’utilità della tecnica al servizio dello sviluppo economico ed industriale. A tale
scopo nascono scuole di ingegneria. In Germania un riformatore dell’istruzione e
della ricerca tedesca è stato Althoff, che ha compiuto la riforma dell’insegnamento
universitario tedesco del 1909, seguente a quella sulle discipline umanistiche di von
Hunboldt. Su richiesta di quest’ultimo Benth fondò l’Istituto Tecnico di Berlino.
Inoltre vennero fondati gli Hilfeinstitute, istituti a supporto delle Università, proprio
perché si ritenne che non bastava lo studio universitario. Gli Hilfeinstitute furono
considerati delle istituzioni di terzo settore formati da un capitale misto e finanziati
da enti pubblici e privati. Le istituzioni di primo settore erano invece le Università
mentre di secondo i laboratori di ricerca. Tra il 1870 ed il 1914 le istituzioni di terzo
settore divennero un obiettivo dello Stato prussiano. Prima del 1870 il sistema
formativo tedesco era regolato dalla riforma di von Humboldt che considerava
importanti gli istituti tecnici e prevedeva il perfezionamento degli istituti di

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supporto finanziati dallo Stato. Nel 1888 Siemens fondò un istituto, che prese piede
anche nei paesi occidentali, che nasce per superare il problema della
standardizzazione delle misure fisiche chimiche matematiche, a differenza
dell’Inghilterra che aveva una miriade di misure. Altra importante creazione tedesca
fu la società scientifica, fondata dall’imprenditore Guglielmo, Kaiser Wilhelm
Gesellshaft, un’istituzione per la ricerca sulla base della necessità delle imprese
industriali.


18.05.2000
LA NASCITA DELLA GRANDE IMPRESA AMERICANA

La trasformazione della scienza si pose in quegli anni come la base della nascita
dell’impresa e della grande industria, scaturita anche dalla sempre più stretta
relazione tra ricerca scientifica e sue istituzioni.. Il problema più rilevante in questo
contesto, fu la standardizzazione. Essa garantisce la precisione delle varie grandezze
utilizzate nelle varie imprese. Tale operazione fu compiuta non solo in Germania
ma in tutti i paesi occidentali, proprio per la grande importanza che tale problema
aveva per il mondo industriale e commerciale. Tale problema tocco principalmente
il settore ferroviario nel quale bisognava standardizzare gli scartamenti dei binari. A
fronte di tale problema, nel 1800, in Germania, venne fondato il phisical
aliscntechnische-reichsanstalt al di fuori dell’Università, da Kaiser Wilhelm Gesellshaft, il
più grande istituto di ricerca scientifica in Germania, e, dopo la Prima Guerra
Mondiale, di tutti i paesi dell’Aia. Di rilievo, in questa fase anche le tecnischer off
schuer, cioè gli istituti politecnici, e gli istituti finanziari, per il 20% lo Stato e per la
parte rimanente gli imprenditori che più di tutti comprendono l’importanza e la
necessità della professione ingegneristica per l’avanzamento del progresso
scientifico al servizio del sistema industriale. In definitiva tra la fine dell’800 e il 900
si scopre l’utilità della formazione umana nella scienza. In quegli anni in Germania
la scienza fu intesa come impresa, cioè come organizzazione di risorse umane, di
mezzi, di organizzazione, di ricerca ai fini pratici ed economici. Per tutto quello che
si è visto la Germania divenne una nazione che tutti i paesi cercarono di prendere
come modello ma in realtà si riuscì ad avvicinare solo gli USA ed in parte la Francia
però solo dopo la Prima Guerra Mondiale e solo nel campo delle innovazioni
tecniche. L’unico avanzo che l’Inghilterra aveva nei confronti della Germania è che
essa fu la prima ad industrializzarsi ma non riuscì a crescere nel campo scientifico
come la Germania.
Gli USA cercarono di percorrere i passi della Germania con la presa di coscienza
che il driver factor della ricerca e dello sviluppo era la formazione scientifica; non a
caso Franklin affermò l’importanza della metafisica e dopo un periodo in cui ci fu il
supporto di ingegneri europei in America, il geologo Patton nel 1868 fondò il MIT
con lo scopo di formare una classe di ingegneri da spingere verso lo sviluppo
industriale. Da qui istituzioni di secondo ordine ed università per colmare tali

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lacune. Anche negli USA il motore di sviluppo furono le ferrovie che però, a
differenza che in Germania, incontrarono difficoltà a causa dell’ampiezza del
territorio, ma che avevano una maggiore importanza per lo sviluppo economico del
mercato interno. Altro problema connesso alle ferrovie statunitensi, era la loro
gestione, a causa della ampia rete che copriva il territorio. Le ferrovie statunitensi
erano private a differenza di quelle tedesche che erano nazionalizzate. Quindi la
figura del manager moderno negli USA si lega con la nascita delle ferrovie. Nel
1970 si ebbe la prima divisione delle funzioni manageriali con lo Staff&Line dove le
prime provvedono al finanziamento ad alla gestione contabile e le seconde
riguardano il controllo del capitale fisico.
Ma il settore in cui gli USA fu leader era quello elettrico e chimico, confermato da
Edison che costruì, con il finanziamento di Morgan, le telescriventi nella sua
azienda, e fondò la Edison General Electry Nation nel New Jersie, valorizzando le
funzioni del laboratorio di ricerca e sviluppo. Il laboratorio secondo Edison risulta
essere il motore della ricerca e dello sviluppo e da esso ogni dieci giorni doveva
scaturire qualcosa di normale, mentre ogni sei mesi una grandissima invenzione.


19.05.2000
MODELLI INTERPRETATIVI DEL LIBERALISMO
ITALIANO

Anche in Italia tra fine ‘800 e inizi ‘900 si attendeva un risorgimento economico,
che doveva essere seguito da un risorgimento politico.
L’Italia entra tardi negli anni del take-off cioè del decollo economico, attuando a
cavallo del 1895 e 1914 un lento processo di industrializzazione. Cronologicamente
l’Italia arriva tardi di venti anni rispetto alla Germania ed anche alla Gran Bretagna.
La presa di coscienza dell’Italia, di dover anch’essa attuare un processo di
industrializzazione, avviene solo negli anni giolittiani, in cui, riesce a fare un grosso
passo in avanti rispetto alle sue vecchie peculiarità prevalentemente a carattere
agricolo e tessile, che di conseguenza portarono allo sviluppo dell’industria della
seta e dell’agricoltura.
Come avviene il processo di industrializzazione in Italia?
Con l’unificazione d’Italia avvenuta nel 1861 (in Germania nel 1860) c’è la presa di
coscienza della necessità dei collegamenti fra i vari poli commerciali. Ma la rete
ferroviaria italiana era quella padana, che arrivava fino all’Adriatico, e quella
toscana, costituita da un circuito chiuso. Quindi anche in Italia il processo di
industrializzazione, parte con lo sviluppo delle ferrovie. Successivamente, per
impegno della classe dirigente, si procede alla creazione di strutture informative nel
cui contesto si ricalca l’importanza del ruolo dell’ingegnere. Come in America, dove
nel 1850 il numero degli ingegneri era molto basso, spesso si ricorreva ad importare
dall’Europa conoscenze ingegneristiche (si fondò l’accademia militare di West-Point
ai fini della formazione di ingegneri civili), così in Italia si verificò un problema

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analogo, un alto numero, tra i pochi, di ingegneri civili senza specializzazioni in
elettronica e in meccanica, cioè di quelle specializzazioni funzionanti in Germania e
più inerenti allo sviluppo tecnologico.
Negli anni del decollo economico (1880-1914), si assiste in Italia alla crescita delle
specializzazioni in queste branche fino al 1914, anni in cui cambia il percorso
formativo dell’ingegnere. Le scuole tecniche italiane assumono la denominazione di
politecnici, non subito ma nei primi anni del XX secolo, e tra il 1900 ed il 1914 le
scuole tecniche furono trasformate in istituti politecnici. Le aree più coinvolte
furono Torino e Milano e, successivamente Palermo, Genova, Napoli - dove
oltretutto si raccoglie l’eredità di un istituto che era già stato fondato in età
Mauriziana - e Roma.
Le scuole tecniche vennero quindi viste come fattore determinante per lo sviluppo
tecnologico ed economico. La trasformazione delle scuole tecniche in istituti
politecnici, avvenuta all’incirca all’inizio del ‘900, consisteva nell’accostamento di un
biennio matematico ad un triennio tecnologico in un’unica istituzione. La cosa che
mancava erano i laboratori per gli ingegneri che talvolta erano costretti a studiare
all’estero. Infatti gli studenti trascorrevano periodi di studio in politecnici stranieri,
oppure venivano condotti per periodi limitati di venti giorni in laboratori tedeschi e
soprattutto inglesi, ma in alcuni casi erano proprio ingegneri e studenti che
portavano a termine il loro ciclo di studi in una università stranier: è il caso di
Olivetti, fondatore della stessa Olivetti in Piemonte, ad Ivrea, produttrice
inizialmente in strumenti da misura e successivamente nelle macchine da scrivere,
che ha completato il suo corso di studi negli USA a Stanford. Pirelli, dopo aver
completato anche lui gli studi negli USA, aprì la sua azienda (di caucciù) alla fine del
XIX secolo. In Italia un prodigioso passo fu fatto anche da Carlo Erba istitutore
della istituzione elettrotecnica (laboratorio di ricerca), che fondò con la donazione
di 400 mila lire, una casa farmaceutica; in seguito altre industrie formarono dei
laboratori all’interno delle proprie strutture, come la Pirelli a Milano che mise a
capo uno degli ingegneri più in vista del panorama tecnico italiano, Iona, ponendo
il laboratorio Pirelli al passo con le innovazioni e soprattutto con la produzione di
sottomarini, poi con la produzione di caucciù, e nella costruzione di telegrafi
sottomarini raggiungendo in questo settore i più alti livelli di innovazione.
Ma il vero arricchimento professionale degli ingegneri si ebbe con la realizzazione
di opere pubbliche (es. parco di San Gottardo che divenne un vero e proprio
laboratorio per la formazione del giovane ingegnere prima dell’Unità d’Italia, poi
agli inizi degli anni ‘80 ne vennero realizzati degli altri). Molto sviluppati in questo
periodo erano i cantieri all’aperto posti per la realizzazione di opere pubbliche tra
cui la rete stradale (intento politico) in Abruzzo e nell’agro romano ponendo
l’opera dell’ingegneria civile, utile per il raggiungimento dei fini delle classi dirigenti
italiane.
Lo studio dell’elettronica e della meccanica viene in Italia solo quando diventa
urgente ai fini di una industrializzazione più veloce. Colombo in Italia,a Milano,
istituì dei corsi in ingegneria elettronica visto che l’Italia, a causa della scarsità di
materie prime quale il carbone, era costretta ad importarla dall’estero per la
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produzione di energia elettrica; Quindi l’Italia punta moltissimo sull’elettrotecnica
tanto da formare nell’Ottocento la Tecno-Marchio, la più grande delle industrie nel
settore. Quindi l’elettrificazione fu uno dei problemi prioritari per affrontare gli alti
costi produttivi (per il trasporto di carbone) e per la mancanza di materie prime.
Con la presa di coscienza dell’importanza dell’ingegneria, nascono delle
associazioni per diffondere la cultura ingegneristica del settore imprenditoriale
italiano, sia ai fini dello scambio di informazioni tra gli ingegneri ed i partecipanti,
sia inoltre ai fini organizzativi di convegni. Tutto questo portò ad un dibattito sul
ruolo dell’elettrotecnica in Italia .
Quanto detto si inquadra in un contesto storico – economico tra fine ‘800 ed inizi
‘900 e che vede l’Italia raggiungere livelli di crescita industriale ed economica mai
visti prima.


22.05.2000
IL DECOLLO INDUSTRIALE DELL’ITALIA LIBERALE

L’industrializzazione italiana è quindi legata al concetto dell’elettrificazione e
dell’industria elettrica; scaturente dallo sviluppo di nuove figura professionali con
cultura ingegneristica. Dal 1950 si sono però aperti una serie di convegni che non
hanno ancora fatto emergere le vere cause del processo di industrializzazione in
Italia. Nella storiografia del processo di industrializzazione italiana ci sono tre autori
- Alexander Gerscherkron, sul problema storico dell’arretratezza dello sviluppo
economico, Rosario Rocco, Risorgimento e Capitalismo, ed Emilio Sereni, con il
suo Il capitalismo nelle campagne - che vengono presi in considerazione per seguire la
mappa che ha portato al processo di industrializzazione. Tra i primi due si apre un
dibattito sul “miracolo economico” dell’età Giolittiana (1895-1914). In tale periodo
si assiste ad un quadro politico che fa da cornice al salto economico (raddoppio
della produzione industriale ed aumento del PIL del 30%) corrispondente al
triangolo industriale tra Genova, Torino e Milano. Dopo l’unificazione del 1861 è lo
stesso Cavour che dà le linee guida per lo sviluppo economico. Infatti prima della
unificazione vi era una economia prevalentemente a carattere agricolo, più avanzata
nell’area settentrionale con forme di lavoro salariale che al centro, dove vigeva la
mezzadria, o al sud, con il latifondo.
La situazione ebbe una prima smossa dopo l’inchiesta di Stefano Iacini dalla quale
scaturì una diversità di sviluppo dell’agricoltura nelle diverse zone della penisola e,
cosa più eclatante, non si era mai scesi al di sotto di Firenze prima del 1861. Si
puntò sulle potenzialità di crescita di questo settore per il raggiungimento
economico degli altri paesi fino agli anni di Cavour, caratterizzati da liberi scambi
soprattutto con Francia, Gran Bretagna e Germania, dall’abbattimento delle
barriere doganali all’interno della stessa penisola e dal riordinamento delle relazioni
finanziarie ispirate a modelli di forte imposizioni finanziarie, con dogane alleggerite
(“tasse pesanti&dogane leggere” “tasse leggere&dogane pesanti”); questo per

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risanare il bilancio dello Stato, dove la Destra storica riteneva importante
opportunità un’oppressione fiscale con tasse sul macinato e sul pane. La Sinistra,
dopo 15 anni di Destra, elimina tali tasse; alla Sinistra appartenevano la borghesia
ed il mondo imprenditoriale, mentre alla Destra l’aristocrazia. Il Governo di sinistra
alleggerisce quindi il peso fiscale ed opera le prime svolte per la valorizzazione e
realizzazione del tessuto economico ed industriale; negli anni ‘80 si ebbe infatti la
nascita delle acciaierie di Terni e della grande industria siderurgica italiana (a Terni
ed a Bagnoli) mediante l’intervento statale. Vennero inserite misure protezionistiche
in tal settore a scapito però di altri settori quali la chimica e la meccanica, tanto che
alcuni storici hanno parlato di “fisionomia bifronte ” della biografia economica
italiano. Dal 1895 fino al declino segue la fase giolittiana che inaugura un nuovo
corso politico. Il Governo in questione fu contro le oppressioni politiche e sociali
che avevano caratterizzato i primi 20-25 anni del Governo post-unitario, tanto che
essa significò un punto di rottura con il vecchio regime iniziando una politica di
tolleranza verso i movimenti operai, inaugurando un periodo di pacifismo che dura,
con qualche interruzione fino al 1914. In tal modo l’Italia si industrializza
riguadagnando terreno verso gli altri paesi europei.


29.05.2000
LA PRIMA GUERRA MONDIALE: PROBLEMI E
CONSEGUENZE ECONOMICHE.

Abbiamo constatato che l’Italia fu uno dei paese a lenta industrializzazione late came,
tanto da intraprendere il cammino per l’industrializzazione a partire dagli anni ‘90.
In tale contesto prese piede l’importanza della specializzazione ed in particolare la
facoltà di medicina e legge e, dopo il 1914, quella di ingegneria e quindi i
politecnici. Ma oltre all’istruzione, altri furono i fattori di avvio, tra i quali le
relazioni finanziarie, le linee di politica economica, la partecipazione dello Stato alla
attività di impresa.
Dal 1861 le linee di politica economica possono essere considerate nella formula
“tasse pesanti, dogane leggere”, per la maggioranza destra, e ”tasse leggere, dogane
pesanti “ negli anni della sinistra. I veri anni di crescita furono quelli del periodo
giolittiano con un programma improntato all’intervento dello Stato nell’economia.
Sotto questo Governo si assistette alla nazionalizzazione del sistema ferroviario che
fino al 1905 era affidato alla gestione di società private che per altro non riusciva
più ad offrire un servizio adeguato alla clientela e che provocò una statizzazione
dello stesso. Da qui lo Stato imprenditore che opera una nazionalizzazione del
sistema con la gestione anche di altri servizi, come gli infortuni sul lavoro, in campo
previdenziale e su problemi sociali; da qui la caratteristica dello stato liberale ed in
particolare dell’Italia che, seppure in ritardo, segue i modelli tedeschi ed americani;
facendo tutto ciò, si evidenzia sempre di più la spaccatura tra il vecchio Stato,
indifferente alle problematiche del popolo, ed uno nuovo, attento al mercato e

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all’economia. Gli anni giolittiani sono anni in cui vi fu equidistanza tra imprenditori,
Stato e società, ciò provocò una crescita dei volumi di produzione, l’inizio delle
esportazioni di macchinari (cosa che prima l’Italia non era in grado di fare) e la
comparsa di grandi industrie nel settentrione.
Ci si chiese cosa aveva provocato ciò, ed a tal proposito, si aprirono dibattiti, alcuni
dei quali ancora in corso. Emilio Sereni con il capitalismo nelle campagne del ‘45 indaga
sui fattori che portarono alla industrializzazione: se analizziamo i fattori contributivi
alla crescita dell’Italia - Lenin scrisse un’opera sul capitalismo russo dal quale
scaturisce che in un’economia che decolli è necessaria l’unificazione dei mercati
interni - quelli esteri sono un complemento non necessario; Sereni riprende questo
concetto applicandolo al caso italiano ed afferma che l’industrializzazione si è avuta
grazie al processo di unificazione che ha avviato l’industrializzazione, con la
successiva abolizione della barriere doganali. Altro punto trattato da Sereni,
riguarda i motivi del ritardo di questo processo, attribuiti, secondo lo stesso, alle
radicate origini feudali del nostro paese.
Un altro contributo fu dato da Rosario Romeo con il risorgimento e capitalismo,
secondo il quale il processo di industrializzazione ha solo il culmine nell’età
giolittiana, ma affonda le sue origini nella destra storica ed alle sue politiche di
crescita, a cui si aggiunge il surplus della produzione agricola sul quale verranno
applicate le imposte che costituirono l’ammontare destinato all’economia e
all’industria. In più è la crisi agricola che taglia i capitali all’industria.
Successivamente Gerschenkron interviene con il problema storico dell’arretratezza
economica che è contro la gradualità del processo di industrializzazione del Romeo,
ma ravvede la crescita in uno scatto in avanti dell’economia tra il 1895 ed il 1914
grazie all’avvento di capitali stranieri in Italia, in particolare della banca tedesca, che
oltre a prestiti a medio termine, concedevano prestiti a lungo termine. Dopo l’unità
d’Italia intervennero in Italia banche miste che partecipavano alla gestione delle
industrie. Le prime banche miste, si affermarono in Belgio negli anni ‘20 del XIX
secolo. Per poi affermarsi in Francia con il Credit Immobilier dei fratelli Pierre per poi
arrivare in Germania con i Blake Chroeder. Importante, secondo Cavour, era la
necessità per l’Italia di capitali stranieri e per questo si rifece fino al 1870 alle
banche miste francesi, dopo dicché, a causa del conflitto di Sedan, che vide la
Germania vincitrice, si rifece ai capitali tedeschi; successivamente in Italia furono
create proprio dai Tedeschi, dalla famiglia Blake, banche note con il nome COMT.


01.06.2000
SCIENZIATI, ISTITUZIONI, PROBLEMI DEL MARE
NELL’ETA DELLA SECONDA RIVOLUZIONE
INDUSTRIALE

Avevamo affrontato il problema dell’influenza industriale nell’Italia post-unitaria e
liberale e avevamo individuato in Francia e Germania i due più importanti operatori

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finanziari che si affacciarono sulla scena economica italiana tra il 1848 e il 1861.
Oggi vorrei introdurre il tema relativo al mare.
Perché il tema di oggi si collega con quanto si è visto sui problemi di decollo
economico e di sviluppo industriale nei paesi occidentali, a partire dalla seconda
metà dell’Ottocento? Si collega sostanzialmente per un motivo: fino al 1914 e negli
anni della Prima Guerra Mondiale, si assiste ad un forte consolidamento della
funzione della scienza, cioè il driving factor della seconda fase del processo di
industrializzazione dei paesi occidentali si lega in maniera strettissima agli sviluppi
della scienza e della tecnologia. Questa è una dinamica nuova rispetto a quella
assunta dal fenomeno della prima rivoluzione industriale perché c’è un processo di
industrializzazione e istituzionalizzazione della scienza, e per favorire lo sviluppo e
il progresso sociale ed economico, le classi dirigenti dei paesi occidentali si affidano
al supporto degli scienziati, cioè si formano dei gruppi che cooperano con lo Stato
e il mondo industriale e forniscono sapere utile al sistema politico ed economico,
per favorire gli apparati burocratico-amministrativi e l’economa.
La funzionalizzazione della scienza riguarda non solo l’industria e l’economia, ma
settori della società civile che legano le proprie evoluzioni a quelle del sapere
scientifico. Anche i problemi del mare, intesi come sfruttamento e gestione delle
risorse marine, a partire dalla seconda metà del XIX secolo vengono affrontati nel
quadro di questa crescente consapevolezza dei benefici che può portare la scienza
alla società. Quindi si assiste ad una crescente mobilitazione da parte di scienziati
per fornire soluzioni via via sempre più razionali riguardo allo sfruttamento delle
zone marine più pescose, ai problemi della pesca, ecc.
Fanno parte della serie di paesi più attivi per costruire istituzioni per lo studio di
questi problemi: la Germania, la Francia, l’Italia, l’Inghilterra e la Scandinavia. Sorge
un problema: per la Germania sembra scontato questo sviluppo perché i suoi
scienziati sono già mobilitati per lo sviluppo dello Stato e si mobilitano anche per lo
sviluppo dei problema della pesca ed è inoltre scontato che questo fenomeno si
registri in Inghilterra, ma in Italia, dove la storiografia ha sempre sottolineato lo
statuto umanistico-letterario della formazione dell’intellettuale italiano, sembra
impossibile un tale interesse, a fronte di questa constatazione che gli scienziati in
Italia non sono molto attivi e quei pochi lo sono solo in un tessuto istituzionale
debole. Ma per il problema del mare è forte l’impegno degli studi scientifici. In
questo periodo Inghilterra e Scandinavia rivestono il ruolo di paesi leader nel
campo; mentre Germania e Italia quello dei ritardatari: cioè il paese più
all’avanguardia per lo studio dei problemi della pesca e del mare e per la dotazione
di istituzioni scientifiche è l’Inghilterra. Così negli anni ‘90 si assiste ad una
mobilitazione degli scienziati. L’impegno degli stessi sulla biologia marina e
sull’oceanografia (1890-1914) nell’Impero tedesco, in cui segretario di Stato alla
marina è l’ammiraglio Tirpitz, permettono di iniziare ad attrezzarsi per espandersi
verso l’Inghilterra. Attraverso Tirpitz si arriva alla costituzione di una grande flotta
tedesca che può permettere alla Germania di distruggere la marina inglese. Si
sviluppa così l’industria cantieristica, soprattutto verso incrociatori armati per viaggi
di breve distanza: si registra una mobilitazione del mondo intellettuale e degli
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scienziati tedeschi.
In che modo si mobilitano e come partecipano in questa nuova fase della politica
del loro paese? Affinché il programma degli scienziati venga portato avanti occorre
che si sviluppi il settore cantieristico, ma serve anche una sensibilizzazione
dell’opinione pubblica, che si raggiunge, in Germania, attraverso un ufficio per
diffondere e rendere pubblici i problemi della marina, le necessità del paese per
raggiungere una wealt politic, la costituzione di una flotta per espandersi verso
l’Inghilterra. Per raggiungere questi obiettivi si mobilitano duecento professori
universitari e istituiscono “l’Ufficio N”, così la Germania intraprende il programma
di riarmo navale e, oltre a registrarsi questa crescita di interessi per il settore navale,
un tema che prende piede è quello della pesca.
Come si orienta la Germania per affrontare i problemi di gestione delle risorse
marine? Si creano due istituzioni apposite: l’Osservatorio Marittimo Tedesco e la
Commissione Ministeriale per la Ricerca sul Mare. Il primo problema che si
presenta riguarda la “statistica della pesca”, cioè sapere quanto pesce si pesca sulle
coste del Mar Baltico e del mar del Nord: i dati provenienti dai pescatori erano
incerti, essi erano restii a dare notizie esatte per ragioni di fisco. Il secondo
problema è quello di “razionalizzare le tecniche di pesca”, ciò serviva a stabilire
quali strumenti adottare. Terzo problema è quello di “equilibrio tra prede e
predatori” per l’assalto, che in alcuni periodi dell’anno era fatto ad alcune specie
ittiche da parte delle foche, che depauperarono il patrimonio ittico della Germania.
La dotazione di istituzioni per affrontare il problema della pesca in Germania,
comincia alla fine dell’Ottocento, nella cosiddetta “era Tirpitz”, che inaugura una
nuova fase della politica espansionistica tedesca.
Anche l’Italia si allinea alle dinamiche istituzionali europee. Si assiste alla
costituzione di un network, di una rete all’interno dei ministeri per affrontare i
problemi già affrontati in Germania, in questo modo si irrobustisce la burocrazia
italiana. E’ negli anni giolittiani che oltre a registrarsi una crescita economica se ne
registra una anche di istituzioni di cui lo Stato si serve per affrontare i problemi più
urgenti a livello di compagine burocratica generale. Il problema più urgente è la
rilevazione dell’Italia a se stessa, cioè le classi dirigenti dovevano approfondire i
problemi che affliggevano il paese, ma vi era un deficit di conoscenze della realtà
sociale ed economica che percorre tutto il periodo post-unitario. Il problema viene
risolto con la creazione di istituzioni che forniscono dati, che servono
all’amministrazione per perfezionare i suoi interventi e risolvere i problemi.
Nascono i “magistrati alle acque”, le “camere agrumarie” e “l’ente zolfi”.
All’interno di questo processo creativo si colloca l’istituzione che ha come fine
primario quello di risolvere i problemi della pesca e trasformarla da “caccia cieca” a
“pesca razionale”; nasce così il Regio Comitato [...] fondato per iniziativa di un
gruppo di professionisti provenienti da ambiti di specializzazione diversi (medici,
geologi, geografi, ingegneri, ufficiali della marina, biologi, chimici, matematici, ecc.);
questi rappresentanti agivano a livello periferico e non a livello di amministrazione
centrale. Tale istituzione si insediò a Roma suddivisa in: Ministero della Marina e
Ministero dell’Industria, Agricoltura e Commercio. Le prime iniziative varate dal
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Comitato riguardano spedizioni talassografiche nei mari italiani per la
determinazione della profondità dei mari e la catalogazione delle specie ittiche
viventi nel Mar Mediterraneo. Alle spedizioni parteciparono i membri stessi del
comitato tassografico. Spedizioni, piani di campionamento, indicazione e studio dei
fattori di freno alla pesca italiana permettono di individuare metodi di cattura
differenti da quelli già in uso; per pescare si utilizzavano la dinamite, che
distruggeva le risorse ambientali, e la pesca a strascico, che danneggiava il
patrimonio delle risorse ittiche. Ma per migliorare le tecniche si istituirono scuole di
pesca nelle maggiori città portuali e marittime. Nel 1908 la flotta peschereccia
italiana era costituita da 25mila barche e 100mila uomini, il prodotto della pesca
ammontava a 20milioni di lire; la Francia ricavava 125milioni e l’Inghilterra
250milioni di lire. Nell’arco di un giorno erano possibili in Italia 3 calate di rete, in
Francia ed in Inghilterra 6. Le barche dei paesi più progrediti avevano camere
refrigeranti a bordo. Non esisteva una legislazione che vietasse l’uso di reti a
strascico né quello di dinamite. Questi i problemi su cui si interroga il Comitato,
che entrò nella fase di maggior sviluppo nel periodo 1914-1930 e quando in Italia si
costituisce il “Consiglio Nazionale delle Ricerche” il Comitato Talassografico entra
a farne parte e non è più dipendente dai due ministeri citati. Con la costituzione del
“Consiglio Internazionale per la Ricerca sul Mare” (1890-1914) nascono istituzioni
di cooperazione. Ad esempio “l’acquario di Napoli”, fondato dai Tedeschi nel 1870;
la “stazione Dhornh” ed il “Museo Oceanografico di Montecarlo” a Monaco. Il
punto d’arrivo del comitato è l’approfondimento del ruolo degli scienziati che si
dirigono verso il mondo industriale abbracciando ambiti della società civile
apparentemente estranei all’intervento degli istituti.


02.06.2000
LA FOREIGN DOMINICACE FINANZIARIA NELL’ITALIA
LIBERALE

La lezione di oggi affronta il problema della situazione in cui si trovano i paesi
occidentali negli anni della Prima Guerra Mondiale in termini di mutamenti nel
sistema industriale e nei modi di produzione. C’è una parola d’ordine che definisce
quello che accade tra il 1914 e il 1919: mobilitazione universale, termine generale che
racchiude in se i fenomeni di maggior rilievo osservabili negli anni del primo
conflitto mondiale che scoppia nel 1914 alla fine di giugno. L’arciduca Francesco
Ferdinando erede al trono viene assassinato a Sarajevo da un irredentista bosniaco,
è questa la scintilla che farà innescare tutta una serie di iniziative politiche che
porteranno al coinvolgimento nel conflitto bellico di tutte le potenze mondiali,
comprese America e Giappone dopo un preliminare coinvolgimento di Russia,
Francia e Italia. Sono 65 milioni di uomini che vengono coinvolti nei
combattimenti, più o meno 9 milioni i morti della Germania, grossi spostamenti
delle truppe lungo i fronti. Si sconvolgono tutti gli aspetti della società dell’epoca

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(anche nel mondo della manodopera c’è l’ingresso di donne e bambini in fabbrica).
Si parla di mobilitazione generale perché c’e’ una trasformazione profonda che
riguarda la fisionomia che assume l’intervento statale, i rapporti economici, le
relazioni tra gli Stati e una partecipazione totale dell’economia e dell’industria allo
sforzo bellico. Negli Stati liberali o lo Stato assumeva su di sé la gestione dei servizi
pubblici come nel caso delle ferrovie, oppure ci si ha di fronte l’immagine di uno
Stato che interviene nei rapporti economici come era avvenuto con la nascita delle
“acciaierie Terni” che nascono per intervento diretto. E quindi già nello Stato
cosiddetto liberale in cui si predica l’attenzione dell’intervento dello Stato nei
rapporti economici già si registra negli anni liberali una forza embrionale di
partecipazione dello stesso all’attività economica. Queste linee evolutive dello Stato
liberale negli anni del primo conflitto mondiale fanno si che lo stato cominci ad
intervenire più marcatamente nella gestione dell’economia e nella gestione della
produzione industriale. Tutto il sistema industriale dei paesi che partecipano al
conflitto mondiale viene posto al servizio della guerra e si registra in questi anni
una forte crescita della produttività e un mutamento nella produzione. Quindi tutta
l’industria nel conflitto bellico soprattutto il settore siderurgico (coinvolto per la
fornitura degli armamenti), il settore chimico e il settore meccanico. Per quanto
riguarda l’Italia la tariffa protezionistica del 1887 aveva favorito lo sviluppo della
chirurgia e del tessile generalizzando quei settori come la chimica o la meccanica
che in quei paesi come la Germania e gli Stati Uniti erano all’avanguardia. Negli
anni della Prima Guerra Mondiale in Italia si assiste ad un forte progresso
dell’industria automobilistica e chimica sotto la spinta dell’impellente necessità di
rifornire di automezzi e armi l’esercito al fronte. Lo spostamento di milioni di
uomini da una parte all’altra fa si che il telegrafo diventi uno strumento di
comunicazione di rilevante importanza, e anche i mezzi meccanizzati sono un
supporto importantissimo nelle operazioni belliche. La FIAT era nata nel 1899 a
Torino su iniziativa di una famiglia piemontese, la famiglia Agnelli e negli anni della
Prima Guerra Mondiale il numero degli addetti all produzione passò da 4mila unità
a 40mila unità, il volume della produzione raddoppia e rispetto agli anni precedenti
la guerra, tale crescita riguarda anche un’altra grande industria italiana sorta nella
zona compresa tra Lombardia Piemonte e Liguria cioè l’Ansaldo che fornirà il 46%
di tutta l’artiglieria necessaria all’esercito italiano. Nel 1918 la Fiat produrrà 25000
autoveicoli, ne produceva circa 5000 alla vigilia del conflitto. L’industria chimica è
un altro settore fortemente toccato dall’innovazione, quell’innovazione che non
aveva permesso all’Italia di raggiungere livelli di produttività e di efficienza pari a
quelli tedeschi che avevano invece preceduto l’Italia lungo il cammino dello
sviluppo dell’industria chimica grazie soprattutto allo sviluppo dell’industria dei
collant. Negli anni del primo conflitto mondiale le industrie applicano politiche di
riconversione quindi le industrie chimiche tedesche che erano specializzate
soprattutto nella produzione dei collant, si specializzano nella produzione di gas. I
proiettili utilizzati durante il primo conflitto mondiale oltre ad essere riempiti da
polvere da sparo erano riempiti da gas mortali. E l’industria chimica partecipò
attivamente alla fornitura di gas chimici, lo stesso avviene nell’industria chimica
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italiana che pur non avendo il retroterra economico dell’industria tedesca fra il 1914
e il 1918 si specializza nella fornitura di gas all’esercito italiano. Quindi abbiamo:
militarizzazione dell’industria con produzioni specifiche rivolte alle macchine
belliche, specializzazione produttiva spinta al massimo, mutamenti che riguardano
anche la vita nelle fabbriche (il diritto allo sciopero negli anni che vanno dal 1914 al
1919 viene negato). Gli atti di insubordinazione all’interno dell’industria venivano
puniti con l’invio al fronte degli operai che non sottostavano alla disciplina imposta
dalla fabbrica. Ci sono degli appositi comitati di mobilitazione bellica che si
incaricano di gestire la vita nelle fabbriche, la produzione e che sincronizzano la
produzione ai bisogni delle truppe dell’esercito. Questo succede in Italia, in Gran
Bretagna e in Germania. Nascono delle apposite strutture che riguardano
l’amministrazione centrale dello Stato per affrontare e risolvere i problemi posti
dalla guerra.
Altro fenomeno è quello che impone ai depositi bancari dei cittadini di finire nelle
casse dello Stato per sopperire alle ingenti spese economiche imposte dalla guerra.
C’è una forte dilatazione della spesa pubblica che coincide con questa forte
dilatazione dell’intervento pubblico e con la generale specializzazione dell’industria
nel ramo bellico. Le operazioni di guerra si protaggono fino al 1919, sono gli stati
maggiori dell’esercito e non i politici a decidere in merito alle operazioni da
compiere in guerra. Quindi c’è una sorta di tecnografia bellica, il potere è affidato a
gruppi di esperti ovvero ai militari. Questa preminenza dello Stato maggiore è una
formula che deriva dal modello prussiano che inaugurano questa assoluta centralità
dello stato maggiore con un’esclusione della compagine politica. Ciò provocò un
fenomeno nuovo: inflazione dovuta alla dilatazione della spesa pubblica, che durerà
per tutto il periodo della Prima Guerra Mondiale e che continuerà negli anni
successivi. Per definire questo fenomeno si usa il termine di militarismo (per
intendere la imponente presenza del potere militare in questioni montata a bordo
degli aerei e che è in grado di sparare sincronizzandosi alla rotazione delle eliche
degli aerei. Si parla di diversi strumenti che l’industria mette a disposizione
dell’industria. Poi c’è anche il carroarmato che è l’evoluzione del trattore. Dopo la
fase più acuta di guerra ne segue una ancora più delicata nella quale si stipulano dei
trattati che avranno conseguenze sull’economia. Le potenze vincitrici - Francia,
Inghilterra, Italia e Stati Uniti - si incontreranno per stipulare i trattati. I
rappresentanti sono: per la Francia Clemenceau (si legge “clemansò” ), per
l’Inghilterra Lloyd George, per gli Stati Uniti Wilson e per l’Italia Vittorio
Emanuele Orlando (primo ministro in Italia nel 1918). L’innovazione nel campo
industriale è stato anche l’impiego della fotografia nel rilevamento degli obiettivi da
colpire dagli aerei, l’invenzione della mitragliatrice. Obiettivo primo era “quello di
distruggere la Germania, la potenza sulla quale viene fatta ricadere tutta la
responsabilita” dei disastri della guerra. Il più accanito sostenitore di questa linea di
dura intransigenza è la Francia perché aveva già subito dalla Germania una
durissima sconfitta nel 1860 a “Sedan” e la Germania aveva chiesto un’ingente
somma di denaro per le riparazioni dei danni provocati dalla guerra.
La Francia arrivò al trattato di Versailles con molto risentimento nei confronti della
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Germania. C’è una persona che negli anni dei trattati assunse un ruolo diverso e
alternativo a quello assunto dai rappresentanti delle qauttro potenze vincitrici e
soprattutto un ruolo alternativo rispetto alla linea che si dà il Governo francese:
quest’uomo è Keynes, che partecipa ai trattati di Versailles come rappresentante del
ministro del tesoro d’Inghilterra. Negli anni della Prima Guerra Mondiale oltre ad
essere il direttore di una prestigiosa rivista specialistica economica (l’Economic
Journal) e oltre ad essere un professore di economia all’Università di Cambridge, è
anche un alto funzionario del ministero del tesoro e membro di una commissione
del grano e viene inviato a Parigi come rappresentante del Ministero del tesoro e
come segretario del ministro inglese lord George. L’attività che svolge in questo
periodo è testimoniata da un libro molto importante pubblicato nel 1919 intitolato
Le conseguenze economiche della pace scritto da Keynes all’indomani della stipula dei
trattati quando decide di dimettersi dal ruolo che gli viene assegnato dal Governo
inglese e quando decide che la sua linea è una linea minoritaria e destinata a fallire.
Questo è un libro fondamentale nella storia per la lungimiranza e forte saggezza
politica dimostrata da Keynes che in qualche modo prevede lo scoppio della
Seconda Guerra Mondiale e le cause che la scateneranno.
Ora vediamo che cosa proponevano i trattati di Versailles:
• la cessione completa della flotta mercantile tedesca ai paesi alleati dei vincitori;
• la cessione agli alleati di tutti i possedimenti d’oltremare;
• la riammissione alla Francia della Alsazia e della Lorena;
• la cessione alla Francia di tutte le miniere di carbone con l’obbligo di fornire a
    Francia, Belgio, Italia e Lussemburgo un quantitativo di carbone pari a 40
    milioni di tonnellate;
• la cessione di tutto il materiale rotabile ai paesi vincitori;
• l’indennizzo per tutti i sussidi delle pensioni di guerra a carico della Germania.
Keynes nel suo libro analizza le clausole e cerca di capire se la Germania è in grado
di adempiere ad esse, e alla fine dichiara che le condizioni sono eccessive per la
Germania perché ad esempio le tonnellate di carbone corrispondono a circa il 75%
del fabbisogno di carbone della Germania stessa. La commissione di Versailles
rifiuta di ritrattare e Keynes si dimette dal ruolo di rappresentante del Governo
inglese. La Germania intanto precipita in una fase inflazionistica, non riesce a
pagare una rata, e in seguito a numerose rivoluzioni e sommosse popolari da parte
di gruppi estremisti di destra si creano le basi per la nascita del partito nazista.
Possiamo dire quindi che con il trattato di Versailles si determinerà la comparsa del
totalitarismo nell’Europa occidentale.




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                                    oppure da qualche mirror, come:

                              www.profland.cjb.net www.profland.135.it


                                o dalla pagina dedicata su slideshare.net:

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Appunti di Storia economica: seminari

  • 1. Appunti di Storia Economica: seminari Visto su: Profland Appunti dei SEMINARI Autori: Profman & Aissela pag. 1/17
  • 2. Appunti di Storia Economica: seminari Visto su: Profland Si ricorda che: • l'uso degli appunti qui presenti è consentito per solo uso personale e di studio; • la consultazione è gratuita ed ogni forma atta a ricavarne lucro è vietata! • gli appunti sono fatti da studenti che non possono assumersi nessuna responsabilità in merito; • il materiale qui presente non è sostitutivo ma complementare ai libri di testo: - devi (e ti consiglio) di consultare e comprare i libri di testo; • il materiale qui presente è distribuito con licenza Creative Commons Ti ricordo che se vuoi contribuire mandando degli appunti o quant'altro possa essere utile ad altri puoi farlo inviando il materiale tramite: http://profland.altervista.org/mail.htm Profman Il file è stato scaricato/visualizzato in forma gratuita da Profland: http://profland.altervista.org sezione Profstudio http://profland.altervista.org/profstudio/profstudio.htm oppure da qualche mirror, come: www.profland.cjb.net www.profland.135.it o dalla pagina dedicata su slideshare.net: www.slideshare.net/profman pag. 2/17
  • 3. Appunti di Storia Economica: seminari Visto su: Profland 12.05.2000 LA GERMANIA ALLA SVOLTA DELL’ANGOLO INDUSTRIALE Nell’arco del XIX secolo si assiste ad un processo di istituzionalizzazione e professionalizzazione delle scienze che investe in maniera disomogenea i paesi dell’Europa. Infatti, a differenza degli USA e della Germania, dove gli investimenti pubblici e privati nella ricerca scientifica aumentarono considerevolmente per favorire l’avanzamento del progresso scientifico, la Gran Bretagna entra in una fase di debolezza economica, proprio per la mancanza di un sistema formativo adeguato. Si assiste quindi ad una fase di accrescimento tecnologico accompagnata da uno sviluppo dell’ideale Pacaniano, cioè di una scienza utilizzata come strumento per migliorare le condizioni di vita dell’uomo. Oltre ad un processo di professionalizzazione ed istituzionalizzazione della ricerca scientifica, verso la fine del XIX secolo, si innesta un processo di costruzione di entità statali nazionali con effetti sia politici che economici. E’ in particolare il periodo dell’Unità d’Italia e dell’unificazione tedesca che vede investimenti in infrastrutture ed attrezzature che si riflettono sulla performance economica dei paesi. In tale processo di unificazione il paese maggiormente coinvolto è la Germania che arriva al compimento dell’unificazione durante il cancellariato di Bismark. Grazie alla forza dell’industria siderurgica, e la forte disponibilità di materie prime la Germania è stata la più grande produttrice di ferrovie. L’industria tedesca ha portato vantaggi competitivi alla nazione anche per le sue capacità di agire sul mercato internazionale e per aver saputo, a differenza degli U.S.A che hanno usato un capitalismo competitivo, utilizzare sul mercato interno un capitalismo cooperativo caratterizzato da cartelli concorrenziali tra le imprese locali. Un paragone può essere fatto tra la fabbrica di cioccolata tedesca , la Stolwerk, ed una inglese dello stesso periodo: quella inglese si tirò indietro a causa del suo capitalismo a carattere familiare. L’industria tedesca al contrario mise in atto una serie di innovazioni nella rete commerciale, nei modi di trattare i prodotti, nell’affidare la gestione a managers lontani dal contesto familiare, la loro strategia di accattivare il cliente curando la cura del design ed infine la diversificazione di prodotto e processo. Si evince una dinamismo tedesco contrapposto alla staticità dei modelli organizzativi e gestionali dell’impresa inglese. Altra realtà interessante è il caso della Bayer, casa farmaceutica che ha inventato l’aspirina, guidata dal manager tedesco Krumberk Assume che, come la Stolwerk , innesta un processo di diversificazione con la costituzione di cinque laboratori formati da squadre di chimici reclutati all’interno delle università e dei politecnici, che, per volontà di Krumberk, mantennero, nonostante i cinque laboratori, un alto livello di integrazione reciproca, istituendo il principio della “grande innovazione organizzativa” che intende il laboratorio come luogo all’interno del quale lo scambio di idee è fondamentale per fertilizzare l’innovazione. Secondo il fondatore della cibernetica pag. 3/17
  • 4. Appunti di Storia Economica: seminari Visto su: Profland Robert Dinner vero propulsore dell’economia nel XIX secolo è stato il laboratorio. Altra caratteristica saliente della Bayer fu la sua localizzazione in zone ricche di acqua (Leverkusen) a causa della produzione di coloranti che ne richiedevano l’utilizzo. In definitiva il capitalismo tedesco è rappresentato dall’innovazione nella sperimentazione di nuovi modelli organizzativi, e cioè nell’acquisizione di manager nella gestione d’impresa, defamiliarizzazione della gestione, investimenti in settori prima non considerati quali il marketing, il designe la pubblicità. 15.05.2000 LE ISTITUZIONI DEL PROGRESSO TECNOLOGICO NELLA GERMANIA DEL GUNDEREZEIT Le sostanziali differenze tra l’industria tedesca e quella inglese o americana stanno nel forte investimento in risorse umane, nella managerialità e nella diversificazione. Inoltre la industria britannica era ancorata ad un capitalismo competitivo e non cooperativo-manageriale come la Germania, che permetteva la formazione di cartelli cooperativi tra le imprese. Tali differenze vanno colte nella bravura della Germania di aver assimilato in pieno le caratteristiche della seconda rivoluzione industriale, che a differenza della prima, dove ci fu la dominanza di avanguardie artigiane, era caratterizzata da un’ondata del processo di industrializzazione in cui si assiste all’emergenza del ruolo preponderante della associazioni scientifiche e tecniche al servizio del progresso economiche industriale. In Germania si assiste ad una trasformazione delle politiche della scienza ed ad una reinterpretazione della funzione dello scienziato nella società. Il periodo tra il 1970 ed il 1914, che corrisponde alla fase di unificazione tedesca, cioè la fase che vede la fine della frammentazione territoriale ed amministrativa della confederazione degli stati della Germania, si scatena un processo di trasformazione delle politiche della scienza. L’ultimo triennio dell’800 fu caratterizzato dal progresso della scienza. Negli stessi anni l’America e la Germania, a differenza dell’Inghilterra, scoprono l’utilità della tecnica al servizio dello sviluppo economico ed industriale. A tale scopo nascono scuole di ingegneria. In Germania un riformatore dell’istruzione e della ricerca tedesca è stato Althoff, che ha compiuto la riforma dell’insegnamento universitario tedesco del 1909, seguente a quella sulle discipline umanistiche di von Hunboldt. Su richiesta di quest’ultimo Benth fondò l’Istituto Tecnico di Berlino. Inoltre vennero fondati gli Hilfeinstitute, istituti a supporto delle Università, proprio perché si ritenne che non bastava lo studio universitario. Gli Hilfeinstitute furono considerati delle istituzioni di terzo settore formati da un capitale misto e finanziati da enti pubblici e privati. Le istituzioni di primo settore erano invece le Università mentre di secondo i laboratori di ricerca. Tra il 1870 ed il 1914 le istituzioni di terzo settore divennero un obiettivo dello Stato prussiano. Prima del 1870 il sistema formativo tedesco era regolato dalla riforma di von Humboldt che considerava importanti gli istituti tecnici e prevedeva il perfezionamento degli istituti di pag. 4/17
  • 5. Appunti di Storia Economica: seminari Visto su: Profland supporto finanziati dallo Stato. Nel 1888 Siemens fondò un istituto, che prese piede anche nei paesi occidentali, che nasce per superare il problema della standardizzazione delle misure fisiche chimiche matematiche, a differenza dell’Inghilterra che aveva una miriade di misure. Altra importante creazione tedesca fu la società scientifica, fondata dall’imprenditore Guglielmo, Kaiser Wilhelm Gesellshaft, un’istituzione per la ricerca sulla base della necessità delle imprese industriali. 18.05.2000 LA NASCITA DELLA GRANDE IMPRESA AMERICANA La trasformazione della scienza si pose in quegli anni come la base della nascita dell’impresa e della grande industria, scaturita anche dalla sempre più stretta relazione tra ricerca scientifica e sue istituzioni.. Il problema più rilevante in questo contesto, fu la standardizzazione. Essa garantisce la precisione delle varie grandezze utilizzate nelle varie imprese. Tale operazione fu compiuta non solo in Germania ma in tutti i paesi occidentali, proprio per la grande importanza che tale problema aveva per il mondo industriale e commerciale. Tale problema tocco principalmente il settore ferroviario nel quale bisognava standardizzare gli scartamenti dei binari. A fronte di tale problema, nel 1800, in Germania, venne fondato il phisical aliscntechnische-reichsanstalt al di fuori dell’Università, da Kaiser Wilhelm Gesellshaft, il più grande istituto di ricerca scientifica in Germania, e, dopo la Prima Guerra Mondiale, di tutti i paesi dell’Aia. Di rilievo, in questa fase anche le tecnischer off schuer, cioè gli istituti politecnici, e gli istituti finanziari, per il 20% lo Stato e per la parte rimanente gli imprenditori che più di tutti comprendono l’importanza e la necessità della professione ingegneristica per l’avanzamento del progresso scientifico al servizio del sistema industriale. In definitiva tra la fine dell’800 e il 900 si scopre l’utilità della formazione umana nella scienza. In quegli anni in Germania la scienza fu intesa come impresa, cioè come organizzazione di risorse umane, di mezzi, di organizzazione, di ricerca ai fini pratici ed economici. Per tutto quello che si è visto la Germania divenne una nazione che tutti i paesi cercarono di prendere come modello ma in realtà si riuscì ad avvicinare solo gli USA ed in parte la Francia però solo dopo la Prima Guerra Mondiale e solo nel campo delle innovazioni tecniche. L’unico avanzo che l’Inghilterra aveva nei confronti della Germania è che essa fu la prima ad industrializzarsi ma non riuscì a crescere nel campo scientifico come la Germania. Gli USA cercarono di percorrere i passi della Germania con la presa di coscienza che il driver factor della ricerca e dello sviluppo era la formazione scientifica; non a caso Franklin affermò l’importanza della metafisica e dopo un periodo in cui ci fu il supporto di ingegneri europei in America, il geologo Patton nel 1868 fondò il MIT con lo scopo di formare una classe di ingegneri da spingere verso lo sviluppo industriale. Da qui istituzioni di secondo ordine ed università per colmare tali pag. 5/17
  • 6. Appunti di Storia Economica: seminari Visto su: Profland lacune. Anche negli USA il motore di sviluppo furono le ferrovie che però, a differenza che in Germania, incontrarono difficoltà a causa dell’ampiezza del territorio, ma che avevano una maggiore importanza per lo sviluppo economico del mercato interno. Altro problema connesso alle ferrovie statunitensi, era la loro gestione, a causa della ampia rete che copriva il territorio. Le ferrovie statunitensi erano private a differenza di quelle tedesche che erano nazionalizzate. Quindi la figura del manager moderno negli USA si lega con la nascita delle ferrovie. Nel 1970 si ebbe la prima divisione delle funzioni manageriali con lo Staff&Line dove le prime provvedono al finanziamento ad alla gestione contabile e le seconde riguardano il controllo del capitale fisico. Ma il settore in cui gli USA fu leader era quello elettrico e chimico, confermato da Edison che costruì, con il finanziamento di Morgan, le telescriventi nella sua azienda, e fondò la Edison General Electry Nation nel New Jersie, valorizzando le funzioni del laboratorio di ricerca e sviluppo. Il laboratorio secondo Edison risulta essere il motore della ricerca e dello sviluppo e da esso ogni dieci giorni doveva scaturire qualcosa di normale, mentre ogni sei mesi una grandissima invenzione. 19.05.2000 MODELLI INTERPRETATIVI DEL LIBERALISMO ITALIANO Anche in Italia tra fine ‘800 e inizi ‘900 si attendeva un risorgimento economico, che doveva essere seguito da un risorgimento politico. L’Italia entra tardi negli anni del take-off cioè del decollo economico, attuando a cavallo del 1895 e 1914 un lento processo di industrializzazione. Cronologicamente l’Italia arriva tardi di venti anni rispetto alla Germania ed anche alla Gran Bretagna. La presa di coscienza dell’Italia, di dover anch’essa attuare un processo di industrializzazione, avviene solo negli anni giolittiani, in cui, riesce a fare un grosso passo in avanti rispetto alle sue vecchie peculiarità prevalentemente a carattere agricolo e tessile, che di conseguenza portarono allo sviluppo dell’industria della seta e dell’agricoltura. Come avviene il processo di industrializzazione in Italia? Con l’unificazione d’Italia avvenuta nel 1861 (in Germania nel 1860) c’è la presa di coscienza della necessità dei collegamenti fra i vari poli commerciali. Ma la rete ferroviaria italiana era quella padana, che arrivava fino all’Adriatico, e quella toscana, costituita da un circuito chiuso. Quindi anche in Italia il processo di industrializzazione, parte con lo sviluppo delle ferrovie. Successivamente, per impegno della classe dirigente, si procede alla creazione di strutture informative nel cui contesto si ricalca l’importanza del ruolo dell’ingegnere. Come in America, dove nel 1850 il numero degli ingegneri era molto basso, spesso si ricorreva ad importare dall’Europa conoscenze ingegneristiche (si fondò l’accademia militare di West-Point ai fini della formazione di ingegneri civili), così in Italia si verificò un problema pag. 6/17
  • 7. Appunti di Storia Economica: seminari Visto su: Profland analogo, un alto numero, tra i pochi, di ingegneri civili senza specializzazioni in elettronica e in meccanica, cioè di quelle specializzazioni funzionanti in Germania e più inerenti allo sviluppo tecnologico. Negli anni del decollo economico (1880-1914), si assiste in Italia alla crescita delle specializzazioni in queste branche fino al 1914, anni in cui cambia il percorso formativo dell’ingegnere. Le scuole tecniche italiane assumono la denominazione di politecnici, non subito ma nei primi anni del XX secolo, e tra il 1900 ed il 1914 le scuole tecniche furono trasformate in istituti politecnici. Le aree più coinvolte furono Torino e Milano e, successivamente Palermo, Genova, Napoli - dove oltretutto si raccoglie l’eredità di un istituto che era già stato fondato in età Mauriziana - e Roma. Le scuole tecniche vennero quindi viste come fattore determinante per lo sviluppo tecnologico ed economico. La trasformazione delle scuole tecniche in istituti politecnici, avvenuta all’incirca all’inizio del ‘900, consisteva nell’accostamento di un biennio matematico ad un triennio tecnologico in un’unica istituzione. La cosa che mancava erano i laboratori per gli ingegneri che talvolta erano costretti a studiare all’estero. Infatti gli studenti trascorrevano periodi di studio in politecnici stranieri, oppure venivano condotti per periodi limitati di venti giorni in laboratori tedeschi e soprattutto inglesi, ma in alcuni casi erano proprio ingegneri e studenti che portavano a termine il loro ciclo di studi in una università stranier: è il caso di Olivetti, fondatore della stessa Olivetti in Piemonte, ad Ivrea, produttrice inizialmente in strumenti da misura e successivamente nelle macchine da scrivere, che ha completato il suo corso di studi negli USA a Stanford. Pirelli, dopo aver completato anche lui gli studi negli USA, aprì la sua azienda (di caucciù) alla fine del XIX secolo. In Italia un prodigioso passo fu fatto anche da Carlo Erba istitutore della istituzione elettrotecnica (laboratorio di ricerca), che fondò con la donazione di 400 mila lire, una casa farmaceutica; in seguito altre industrie formarono dei laboratori all’interno delle proprie strutture, come la Pirelli a Milano che mise a capo uno degli ingegneri più in vista del panorama tecnico italiano, Iona, ponendo il laboratorio Pirelli al passo con le innovazioni e soprattutto con la produzione di sottomarini, poi con la produzione di caucciù, e nella costruzione di telegrafi sottomarini raggiungendo in questo settore i più alti livelli di innovazione. Ma il vero arricchimento professionale degli ingegneri si ebbe con la realizzazione di opere pubbliche (es. parco di San Gottardo che divenne un vero e proprio laboratorio per la formazione del giovane ingegnere prima dell’Unità d’Italia, poi agli inizi degli anni ‘80 ne vennero realizzati degli altri). Molto sviluppati in questo periodo erano i cantieri all’aperto posti per la realizzazione di opere pubbliche tra cui la rete stradale (intento politico) in Abruzzo e nell’agro romano ponendo l’opera dell’ingegneria civile, utile per il raggiungimento dei fini delle classi dirigenti italiane. Lo studio dell’elettronica e della meccanica viene in Italia solo quando diventa urgente ai fini di una industrializzazione più veloce. Colombo in Italia,a Milano, istituì dei corsi in ingegneria elettronica visto che l’Italia, a causa della scarsità di materie prime quale il carbone, era costretta ad importarla dall’estero per la pag. 7/17
  • 8. Appunti di Storia Economica: seminari Visto su: Profland produzione di energia elettrica; Quindi l’Italia punta moltissimo sull’elettrotecnica tanto da formare nell’Ottocento la Tecno-Marchio, la più grande delle industrie nel settore. Quindi l’elettrificazione fu uno dei problemi prioritari per affrontare gli alti costi produttivi (per il trasporto di carbone) e per la mancanza di materie prime. Con la presa di coscienza dell’importanza dell’ingegneria, nascono delle associazioni per diffondere la cultura ingegneristica del settore imprenditoriale italiano, sia ai fini dello scambio di informazioni tra gli ingegneri ed i partecipanti, sia inoltre ai fini organizzativi di convegni. Tutto questo portò ad un dibattito sul ruolo dell’elettrotecnica in Italia . Quanto detto si inquadra in un contesto storico – economico tra fine ‘800 ed inizi ‘900 e che vede l’Italia raggiungere livelli di crescita industriale ed economica mai visti prima. 22.05.2000 IL DECOLLO INDUSTRIALE DELL’ITALIA LIBERALE L’industrializzazione italiana è quindi legata al concetto dell’elettrificazione e dell’industria elettrica; scaturente dallo sviluppo di nuove figura professionali con cultura ingegneristica. Dal 1950 si sono però aperti una serie di convegni che non hanno ancora fatto emergere le vere cause del processo di industrializzazione in Italia. Nella storiografia del processo di industrializzazione italiana ci sono tre autori - Alexander Gerscherkron, sul problema storico dell’arretratezza dello sviluppo economico, Rosario Rocco, Risorgimento e Capitalismo, ed Emilio Sereni, con il suo Il capitalismo nelle campagne - che vengono presi in considerazione per seguire la mappa che ha portato al processo di industrializzazione. Tra i primi due si apre un dibattito sul “miracolo economico” dell’età Giolittiana (1895-1914). In tale periodo si assiste ad un quadro politico che fa da cornice al salto economico (raddoppio della produzione industriale ed aumento del PIL del 30%) corrispondente al triangolo industriale tra Genova, Torino e Milano. Dopo l’unificazione del 1861 è lo stesso Cavour che dà le linee guida per lo sviluppo economico. Infatti prima della unificazione vi era una economia prevalentemente a carattere agricolo, più avanzata nell’area settentrionale con forme di lavoro salariale che al centro, dove vigeva la mezzadria, o al sud, con il latifondo. La situazione ebbe una prima smossa dopo l’inchiesta di Stefano Iacini dalla quale scaturì una diversità di sviluppo dell’agricoltura nelle diverse zone della penisola e, cosa più eclatante, non si era mai scesi al di sotto di Firenze prima del 1861. Si puntò sulle potenzialità di crescita di questo settore per il raggiungimento economico degli altri paesi fino agli anni di Cavour, caratterizzati da liberi scambi soprattutto con Francia, Gran Bretagna e Germania, dall’abbattimento delle barriere doganali all’interno della stessa penisola e dal riordinamento delle relazioni finanziarie ispirate a modelli di forte imposizioni finanziarie, con dogane alleggerite (“tasse pesanti&dogane leggere” “tasse leggere&dogane pesanti”); questo per pag. 8/17
  • 9. Appunti di Storia Economica: seminari Visto su: Profland risanare il bilancio dello Stato, dove la Destra storica riteneva importante opportunità un’oppressione fiscale con tasse sul macinato e sul pane. La Sinistra, dopo 15 anni di Destra, elimina tali tasse; alla Sinistra appartenevano la borghesia ed il mondo imprenditoriale, mentre alla Destra l’aristocrazia. Il Governo di sinistra alleggerisce quindi il peso fiscale ed opera le prime svolte per la valorizzazione e realizzazione del tessuto economico ed industriale; negli anni ‘80 si ebbe infatti la nascita delle acciaierie di Terni e della grande industria siderurgica italiana (a Terni ed a Bagnoli) mediante l’intervento statale. Vennero inserite misure protezionistiche in tal settore a scapito però di altri settori quali la chimica e la meccanica, tanto che alcuni storici hanno parlato di “fisionomia bifronte ” della biografia economica italiano. Dal 1895 fino al declino segue la fase giolittiana che inaugura un nuovo corso politico. Il Governo in questione fu contro le oppressioni politiche e sociali che avevano caratterizzato i primi 20-25 anni del Governo post-unitario, tanto che essa significò un punto di rottura con il vecchio regime iniziando una politica di tolleranza verso i movimenti operai, inaugurando un periodo di pacifismo che dura, con qualche interruzione fino al 1914. In tal modo l’Italia si industrializza riguadagnando terreno verso gli altri paesi europei. 29.05.2000 LA PRIMA GUERRA MONDIALE: PROBLEMI E CONSEGUENZE ECONOMICHE. Abbiamo constatato che l’Italia fu uno dei paese a lenta industrializzazione late came, tanto da intraprendere il cammino per l’industrializzazione a partire dagli anni ‘90. In tale contesto prese piede l’importanza della specializzazione ed in particolare la facoltà di medicina e legge e, dopo il 1914, quella di ingegneria e quindi i politecnici. Ma oltre all’istruzione, altri furono i fattori di avvio, tra i quali le relazioni finanziarie, le linee di politica economica, la partecipazione dello Stato alla attività di impresa. Dal 1861 le linee di politica economica possono essere considerate nella formula “tasse pesanti, dogane leggere”, per la maggioranza destra, e ”tasse leggere, dogane pesanti “ negli anni della sinistra. I veri anni di crescita furono quelli del periodo giolittiano con un programma improntato all’intervento dello Stato nell’economia. Sotto questo Governo si assistette alla nazionalizzazione del sistema ferroviario che fino al 1905 era affidato alla gestione di società private che per altro non riusciva più ad offrire un servizio adeguato alla clientela e che provocò una statizzazione dello stesso. Da qui lo Stato imprenditore che opera una nazionalizzazione del sistema con la gestione anche di altri servizi, come gli infortuni sul lavoro, in campo previdenziale e su problemi sociali; da qui la caratteristica dello stato liberale ed in particolare dell’Italia che, seppure in ritardo, segue i modelli tedeschi ed americani; facendo tutto ciò, si evidenzia sempre di più la spaccatura tra il vecchio Stato, indifferente alle problematiche del popolo, ed uno nuovo, attento al mercato e pag. 9/17
  • 10. Appunti di Storia Economica: seminari Visto su: Profland all’economia. Gli anni giolittiani sono anni in cui vi fu equidistanza tra imprenditori, Stato e società, ciò provocò una crescita dei volumi di produzione, l’inizio delle esportazioni di macchinari (cosa che prima l’Italia non era in grado di fare) e la comparsa di grandi industrie nel settentrione. Ci si chiese cosa aveva provocato ciò, ed a tal proposito, si aprirono dibattiti, alcuni dei quali ancora in corso. Emilio Sereni con il capitalismo nelle campagne del ‘45 indaga sui fattori che portarono alla industrializzazione: se analizziamo i fattori contributivi alla crescita dell’Italia - Lenin scrisse un’opera sul capitalismo russo dal quale scaturisce che in un’economia che decolli è necessaria l’unificazione dei mercati interni - quelli esteri sono un complemento non necessario; Sereni riprende questo concetto applicandolo al caso italiano ed afferma che l’industrializzazione si è avuta grazie al processo di unificazione che ha avviato l’industrializzazione, con la successiva abolizione della barriere doganali. Altro punto trattato da Sereni, riguarda i motivi del ritardo di questo processo, attribuiti, secondo lo stesso, alle radicate origini feudali del nostro paese. Un altro contributo fu dato da Rosario Romeo con il risorgimento e capitalismo, secondo il quale il processo di industrializzazione ha solo il culmine nell’età giolittiana, ma affonda le sue origini nella destra storica ed alle sue politiche di crescita, a cui si aggiunge il surplus della produzione agricola sul quale verranno applicate le imposte che costituirono l’ammontare destinato all’economia e all’industria. In più è la crisi agricola che taglia i capitali all’industria. Successivamente Gerschenkron interviene con il problema storico dell’arretratezza economica che è contro la gradualità del processo di industrializzazione del Romeo, ma ravvede la crescita in uno scatto in avanti dell’economia tra il 1895 ed il 1914 grazie all’avvento di capitali stranieri in Italia, in particolare della banca tedesca, che oltre a prestiti a medio termine, concedevano prestiti a lungo termine. Dopo l’unità d’Italia intervennero in Italia banche miste che partecipavano alla gestione delle industrie. Le prime banche miste, si affermarono in Belgio negli anni ‘20 del XIX secolo. Per poi affermarsi in Francia con il Credit Immobilier dei fratelli Pierre per poi arrivare in Germania con i Blake Chroeder. Importante, secondo Cavour, era la necessità per l’Italia di capitali stranieri e per questo si rifece fino al 1870 alle banche miste francesi, dopo dicché, a causa del conflitto di Sedan, che vide la Germania vincitrice, si rifece ai capitali tedeschi; successivamente in Italia furono create proprio dai Tedeschi, dalla famiglia Blake, banche note con il nome COMT. 01.06.2000 SCIENZIATI, ISTITUZIONI, PROBLEMI DEL MARE NELL’ETA DELLA SECONDA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE Avevamo affrontato il problema dell’influenza industriale nell’Italia post-unitaria e liberale e avevamo individuato in Francia e Germania i due più importanti operatori pag. 10/17
  • 11. Appunti di Storia Economica: seminari Visto su: Profland finanziari che si affacciarono sulla scena economica italiana tra il 1848 e il 1861. Oggi vorrei introdurre il tema relativo al mare. Perché il tema di oggi si collega con quanto si è visto sui problemi di decollo economico e di sviluppo industriale nei paesi occidentali, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento? Si collega sostanzialmente per un motivo: fino al 1914 e negli anni della Prima Guerra Mondiale, si assiste ad un forte consolidamento della funzione della scienza, cioè il driving factor della seconda fase del processo di industrializzazione dei paesi occidentali si lega in maniera strettissima agli sviluppi della scienza e della tecnologia. Questa è una dinamica nuova rispetto a quella assunta dal fenomeno della prima rivoluzione industriale perché c’è un processo di industrializzazione e istituzionalizzazione della scienza, e per favorire lo sviluppo e il progresso sociale ed economico, le classi dirigenti dei paesi occidentali si affidano al supporto degli scienziati, cioè si formano dei gruppi che cooperano con lo Stato e il mondo industriale e forniscono sapere utile al sistema politico ed economico, per favorire gli apparati burocratico-amministrativi e l’economa. La funzionalizzazione della scienza riguarda non solo l’industria e l’economia, ma settori della società civile che legano le proprie evoluzioni a quelle del sapere scientifico. Anche i problemi del mare, intesi come sfruttamento e gestione delle risorse marine, a partire dalla seconda metà del XIX secolo vengono affrontati nel quadro di questa crescente consapevolezza dei benefici che può portare la scienza alla società. Quindi si assiste ad una crescente mobilitazione da parte di scienziati per fornire soluzioni via via sempre più razionali riguardo allo sfruttamento delle zone marine più pescose, ai problemi della pesca, ecc. Fanno parte della serie di paesi più attivi per costruire istituzioni per lo studio di questi problemi: la Germania, la Francia, l’Italia, l’Inghilterra e la Scandinavia. Sorge un problema: per la Germania sembra scontato questo sviluppo perché i suoi scienziati sono già mobilitati per lo sviluppo dello Stato e si mobilitano anche per lo sviluppo dei problema della pesca ed è inoltre scontato che questo fenomeno si registri in Inghilterra, ma in Italia, dove la storiografia ha sempre sottolineato lo statuto umanistico-letterario della formazione dell’intellettuale italiano, sembra impossibile un tale interesse, a fronte di questa constatazione che gli scienziati in Italia non sono molto attivi e quei pochi lo sono solo in un tessuto istituzionale debole. Ma per il problema del mare è forte l’impegno degli studi scientifici. In questo periodo Inghilterra e Scandinavia rivestono il ruolo di paesi leader nel campo; mentre Germania e Italia quello dei ritardatari: cioè il paese più all’avanguardia per lo studio dei problemi della pesca e del mare e per la dotazione di istituzioni scientifiche è l’Inghilterra. Così negli anni ‘90 si assiste ad una mobilitazione degli scienziati. L’impegno degli stessi sulla biologia marina e sull’oceanografia (1890-1914) nell’Impero tedesco, in cui segretario di Stato alla marina è l’ammiraglio Tirpitz, permettono di iniziare ad attrezzarsi per espandersi verso l’Inghilterra. Attraverso Tirpitz si arriva alla costituzione di una grande flotta tedesca che può permettere alla Germania di distruggere la marina inglese. Si sviluppa così l’industria cantieristica, soprattutto verso incrociatori armati per viaggi di breve distanza: si registra una mobilitazione del mondo intellettuale e degli pag. 11/17
  • 12. Appunti di Storia Economica: seminari Visto su: Profland scienziati tedeschi. In che modo si mobilitano e come partecipano in questa nuova fase della politica del loro paese? Affinché il programma degli scienziati venga portato avanti occorre che si sviluppi il settore cantieristico, ma serve anche una sensibilizzazione dell’opinione pubblica, che si raggiunge, in Germania, attraverso un ufficio per diffondere e rendere pubblici i problemi della marina, le necessità del paese per raggiungere una wealt politic, la costituzione di una flotta per espandersi verso l’Inghilterra. Per raggiungere questi obiettivi si mobilitano duecento professori universitari e istituiscono “l’Ufficio N”, così la Germania intraprende il programma di riarmo navale e, oltre a registrarsi questa crescita di interessi per il settore navale, un tema che prende piede è quello della pesca. Come si orienta la Germania per affrontare i problemi di gestione delle risorse marine? Si creano due istituzioni apposite: l’Osservatorio Marittimo Tedesco e la Commissione Ministeriale per la Ricerca sul Mare. Il primo problema che si presenta riguarda la “statistica della pesca”, cioè sapere quanto pesce si pesca sulle coste del Mar Baltico e del mar del Nord: i dati provenienti dai pescatori erano incerti, essi erano restii a dare notizie esatte per ragioni di fisco. Il secondo problema è quello di “razionalizzare le tecniche di pesca”, ciò serviva a stabilire quali strumenti adottare. Terzo problema è quello di “equilibrio tra prede e predatori” per l’assalto, che in alcuni periodi dell’anno era fatto ad alcune specie ittiche da parte delle foche, che depauperarono il patrimonio ittico della Germania. La dotazione di istituzioni per affrontare il problema della pesca in Germania, comincia alla fine dell’Ottocento, nella cosiddetta “era Tirpitz”, che inaugura una nuova fase della politica espansionistica tedesca. Anche l’Italia si allinea alle dinamiche istituzionali europee. Si assiste alla costituzione di un network, di una rete all’interno dei ministeri per affrontare i problemi già affrontati in Germania, in questo modo si irrobustisce la burocrazia italiana. E’ negli anni giolittiani che oltre a registrarsi una crescita economica se ne registra una anche di istituzioni di cui lo Stato si serve per affrontare i problemi più urgenti a livello di compagine burocratica generale. Il problema più urgente è la rilevazione dell’Italia a se stessa, cioè le classi dirigenti dovevano approfondire i problemi che affliggevano il paese, ma vi era un deficit di conoscenze della realtà sociale ed economica che percorre tutto il periodo post-unitario. Il problema viene risolto con la creazione di istituzioni che forniscono dati, che servono all’amministrazione per perfezionare i suoi interventi e risolvere i problemi. Nascono i “magistrati alle acque”, le “camere agrumarie” e “l’ente zolfi”. All’interno di questo processo creativo si colloca l’istituzione che ha come fine primario quello di risolvere i problemi della pesca e trasformarla da “caccia cieca” a “pesca razionale”; nasce così il Regio Comitato [...] fondato per iniziativa di un gruppo di professionisti provenienti da ambiti di specializzazione diversi (medici, geologi, geografi, ingegneri, ufficiali della marina, biologi, chimici, matematici, ecc.); questi rappresentanti agivano a livello periferico e non a livello di amministrazione centrale. Tale istituzione si insediò a Roma suddivisa in: Ministero della Marina e Ministero dell’Industria, Agricoltura e Commercio. Le prime iniziative varate dal pag. 12/17
  • 13. Appunti di Storia Economica: seminari Visto su: Profland Comitato riguardano spedizioni talassografiche nei mari italiani per la determinazione della profondità dei mari e la catalogazione delle specie ittiche viventi nel Mar Mediterraneo. Alle spedizioni parteciparono i membri stessi del comitato tassografico. Spedizioni, piani di campionamento, indicazione e studio dei fattori di freno alla pesca italiana permettono di individuare metodi di cattura differenti da quelli già in uso; per pescare si utilizzavano la dinamite, che distruggeva le risorse ambientali, e la pesca a strascico, che danneggiava il patrimonio delle risorse ittiche. Ma per migliorare le tecniche si istituirono scuole di pesca nelle maggiori città portuali e marittime. Nel 1908 la flotta peschereccia italiana era costituita da 25mila barche e 100mila uomini, il prodotto della pesca ammontava a 20milioni di lire; la Francia ricavava 125milioni e l’Inghilterra 250milioni di lire. Nell’arco di un giorno erano possibili in Italia 3 calate di rete, in Francia ed in Inghilterra 6. Le barche dei paesi più progrediti avevano camere refrigeranti a bordo. Non esisteva una legislazione che vietasse l’uso di reti a strascico né quello di dinamite. Questi i problemi su cui si interroga il Comitato, che entrò nella fase di maggior sviluppo nel periodo 1914-1930 e quando in Italia si costituisce il “Consiglio Nazionale delle Ricerche” il Comitato Talassografico entra a farne parte e non è più dipendente dai due ministeri citati. Con la costituzione del “Consiglio Internazionale per la Ricerca sul Mare” (1890-1914) nascono istituzioni di cooperazione. Ad esempio “l’acquario di Napoli”, fondato dai Tedeschi nel 1870; la “stazione Dhornh” ed il “Museo Oceanografico di Montecarlo” a Monaco. Il punto d’arrivo del comitato è l’approfondimento del ruolo degli scienziati che si dirigono verso il mondo industriale abbracciando ambiti della società civile apparentemente estranei all’intervento degli istituti. 02.06.2000 LA FOREIGN DOMINICACE FINANZIARIA NELL’ITALIA LIBERALE La lezione di oggi affronta il problema della situazione in cui si trovano i paesi occidentali negli anni della Prima Guerra Mondiale in termini di mutamenti nel sistema industriale e nei modi di produzione. C’è una parola d’ordine che definisce quello che accade tra il 1914 e il 1919: mobilitazione universale, termine generale che racchiude in se i fenomeni di maggior rilievo osservabili negli anni del primo conflitto mondiale che scoppia nel 1914 alla fine di giugno. L’arciduca Francesco Ferdinando erede al trono viene assassinato a Sarajevo da un irredentista bosniaco, è questa la scintilla che farà innescare tutta una serie di iniziative politiche che porteranno al coinvolgimento nel conflitto bellico di tutte le potenze mondiali, comprese America e Giappone dopo un preliminare coinvolgimento di Russia, Francia e Italia. Sono 65 milioni di uomini che vengono coinvolti nei combattimenti, più o meno 9 milioni i morti della Germania, grossi spostamenti delle truppe lungo i fronti. Si sconvolgono tutti gli aspetti della società dell’epoca pag. 13/17
  • 14. Appunti di Storia Economica: seminari Visto su: Profland (anche nel mondo della manodopera c’è l’ingresso di donne e bambini in fabbrica). Si parla di mobilitazione generale perché c’e’ una trasformazione profonda che riguarda la fisionomia che assume l’intervento statale, i rapporti economici, le relazioni tra gli Stati e una partecipazione totale dell’economia e dell’industria allo sforzo bellico. Negli Stati liberali o lo Stato assumeva su di sé la gestione dei servizi pubblici come nel caso delle ferrovie, oppure ci si ha di fronte l’immagine di uno Stato che interviene nei rapporti economici come era avvenuto con la nascita delle “acciaierie Terni” che nascono per intervento diretto. E quindi già nello Stato cosiddetto liberale in cui si predica l’attenzione dell’intervento dello Stato nei rapporti economici già si registra negli anni liberali una forza embrionale di partecipazione dello stesso all’attività economica. Queste linee evolutive dello Stato liberale negli anni del primo conflitto mondiale fanno si che lo stato cominci ad intervenire più marcatamente nella gestione dell’economia e nella gestione della produzione industriale. Tutto il sistema industriale dei paesi che partecipano al conflitto mondiale viene posto al servizio della guerra e si registra in questi anni una forte crescita della produttività e un mutamento nella produzione. Quindi tutta l’industria nel conflitto bellico soprattutto il settore siderurgico (coinvolto per la fornitura degli armamenti), il settore chimico e il settore meccanico. Per quanto riguarda l’Italia la tariffa protezionistica del 1887 aveva favorito lo sviluppo della chirurgia e del tessile generalizzando quei settori come la chimica o la meccanica che in quei paesi come la Germania e gli Stati Uniti erano all’avanguardia. Negli anni della Prima Guerra Mondiale in Italia si assiste ad un forte progresso dell’industria automobilistica e chimica sotto la spinta dell’impellente necessità di rifornire di automezzi e armi l’esercito al fronte. Lo spostamento di milioni di uomini da una parte all’altra fa si che il telegrafo diventi uno strumento di comunicazione di rilevante importanza, e anche i mezzi meccanizzati sono un supporto importantissimo nelle operazioni belliche. La FIAT era nata nel 1899 a Torino su iniziativa di una famiglia piemontese, la famiglia Agnelli e negli anni della Prima Guerra Mondiale il numero degli addetti all produzione passò da 4mila unità a 40mila unità, il volume della produzione raddoppia e rispetto agli anni precedenti la guerra, tale crescita riguarda anche un’altra grande industria italiana sorta nella zona compresa tra Lombardia Piemonte e Liguria cioè l’Ansaldo che fornirà il 46% di tutta l’artiglieria necessaria all’esercito italiano. Nel 1918 la Fiat produrrà 25000 autoveicoli, ne produceva circa 5000 alla vigilia del conflitto. L’industria chimica è un altro settore fortemente toccato dall’innovazione, quell’innovazione che non aveva permesso all’Italia di raggiungere livelli di produttività e di efficienza pari a quelli tedeschi che avevano invece preceduto l’Italia lungo il cammino dello sviluppo dell’industria chimica grazie soprattutto allo sviluppo dell’industria dei collant. Negli anni del primo conflitto mondiale le industrie applicano politiche di riconversione quindi le industrie chimiche tedesche che erano specializzate soprattutto nella produzione dei collant, si specializzano nella produzione di gas. I proiettili utilizzati durante il primo conflitto mondiale oltre ad essere riempiti da polvere da sparo erano riempiti da gas mortali. E l’industria chimica partecipò attivamente alla fornitura di gas chimici, lo stesso avviene nell’industria chimica pag. 14/17
  • 15. Appunti di Storia Economica: seminari Visto su: Profland italiana che pur non avendo il retroterra economico dell’industria tedesca fra il 1914 e il 1918 si specializza nella fornitura di gas all’esercito italiano. Quindi abbiamo: militarizzazione dell’industria con produzioni specifiche rivolte alle macchine belliche, specializzazione produttiva spinta al massimo, mutamenti che riguardano anche la vita nelle fabbriche (il diritto allo sciopero negli anni che vanno dal 1914 al 1919 viene negato). Gli atti di insubordinazione all’interno dell’industria venivano puniti con l’invio al fronte degli operai che non sottostavano alla disciplina imposta dalla fabbrica. Ci sono degli appositi comitati di mobilitazione bellica che si incaricano di gestire la vita nelle fabbriche, la produzione e che sincronizzano la produzione ai bisogni delle truppe dell’esercito. Questo succede in Italia, in Gran Bretagna e in Germania. Nascono delle apposite strutture che riguardano l’amministrazione centrale dello Stato per affrontare e risolvere i problemi posti dalla guerra. Altro fenomeno è quello che impone ai depositi bancari dei cittadini di finire nelle casse dello Stato per sopperire alle ingenti spese economiche imposte dalla guerra. C’è una forte dilatazione della spesa pubblica che coincide con questa forte dilatazione dell’intervento pubblico e con la generale specializzazione dell’industria nel ramo bellico. Le operazioni di guerra si protaggono fino al 1919, sono gli stati maggiori dell’esercito e non i politici a decidere in merito alle operazioni da compiere in guerra. Quindi c’è una sorta di tecnografia bellica, il potere è affidato a gruppi di esperti ovvero ai militari. Questa preminenza dello Stato maggiore è una formula che deriva dal modello prussiano che inaugurano questa assoluta centralità dello stato maggiore con un’esclusione della compagine politica. Ciò provocò un fenomeno nuovo: inflazione dovuta alla dilatazione della spesa pubblica, che durerà per tutto il periodo della Prima Guerra Mondiale e che continuerà negli anni successivi. Per definire questo fenomeno si usa il termine di militarismo (per intendere la imponente presenza del potere militare in questioni montata a bordo degli aerei e che è in grado di sparare sincronizzandosi alla rotazione delle eliche degli aerei. Si parla di diversi strumenti che l’industria mette a disposizione dell’industria. Poi c’è anche il carroarmato che è l’evoluzione del trattore. Dopo la fase più acuta di guerra ne segue una ancora più delicata nella quale si stipulano dei trattati che avranno conseguenze sull’economia. Le potenze vincitrici - Francia, Inghilterra, Italia e Stati Uniti - si incontreranno per stipulare i trattati. I rappresentanti sono: per la Francia Clemenceau (si legge “clemansò” ), per l’Inghilterra Lloyd George, per gli Stati Uniti Wilson e per l’Italia Vittorio Emanuele Orlando (primo ministro in Italia nel 1918). L’innovazione nel campo industriale è stato anche l’impiego della fotografia nel rilevamento degli obiettivi da colpire dagli aerei, l’invenzione della mitragliatrice. Obiettivo primo era “quello di distruggere la Germania, la potenza sulla quale viene fatta ricadere tutta la responsabilita” dei disastri della guerra. Il più accanito sostenitore di questa linea di dura intransigenza è la Francia perché aveva già subito dalla Germania una durissima sconfitta nel 1860 a “Sedan” e la Germania aveva chiesto un’ingente somma di denaro per le riparazioni dei danni provocati dalla guerra. La Francia arrivò al trattato di Versailles con molto risentimento nei confronti della pag. 15/17
  • 16. Appunti di Storia Economica: seminari Visto su: Profland Germania. C’è una persona che negli anni dei trattati assunse un ruolo diverso e alternativo a quello assunto dai rappresentanti delle qauttro potenze vincitrici e soprattutto un ruolo alternativo rispetto alla linea che si dà il Governo francese: quest’uomo è Keynes, che partecipa ai trattati di Versailles come rappresentante del ministro del tesoro d’Inghilterra. Negli anni della Prima Guerra Mondiale oltre ad essere il direttore di una prestigiosa rivista specialistica economica (l’Economic Journal) e oltre ad essere un professore di economia all’Università di Cambridge, è anche un alto funzionario del ministero del tesoro e membro di una commissione del grano e viene inviato a Parigi come rappresentante del Ministero del tesoro e come segretario del ministro inglese lord George. L’attività che svolge in questo periodo è testimoniata da un libro molto importante pubblicato nel 1919 intitolato Le conseguenze economiche della pace scritto da Keynes all’indomani della stipula dei trattati quando decide di dimettersi dal ruolo che gli viene assegnato dal Governo inglese e quando decide che la sua linea è una linea minoritaria e destinata a fallire. Questo è un libro fondamentale nella storia per la lungimiranza e forte saggezza politica dimostrata da Keynes che in qualche modo prevede lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale e le cause che la scateneranno. Ora vediamo che cosa proponevano i trattati di Versailles: • la cessione completa della flotta mercantile tedesca ai paesi alleati dei vincitori; • la cessione agli alleati di tutti i possedimenti d’oltremare; • la riammissione alla Francia della Alsazia e della Lorena; • la cessione alla Francia di tutte le miniere di carbone con l’obbligo di fornire a Francia, Belgio, Italia e Lussemburgo un quantitativo di carbone pari a 40 milioni di tonnellate; • la cessione di tutto il materiale rotabile ai paesi vincitori; • l’indennizzo per tutti i sussidi delle pensioni di guerra a carico della Germania. Keynes nel suo libro analizza le clausole e cerca di capire se la Germania è in grado di adempiere ad esse, e alla fine dichiara che le condizioni sono eccessive per la Germania perché ad esempio le tonnellate di carbone corrispondono a circa il 75% del fabbisogno di carbone della Germania stessa. La commissione di Versailles rifiuta di ritrattare e Keynes si dimette dal ruolo di rappresentante del Governo inglese. La Germania intanto precipita in una fase inflazionistica, non riesce a pagare una rata, e in seguito a numerose rivoluzioni e sommosse popolari da parte di gruppi estremisti di destra si creano le basi per la nascita del partito nazista. Possiamo dire quindi che con il trattato di Versailles si determinerà la comparsa del totalitarismo nell’Europa occidentale. pag. 16/17
  • 17. Appunti di Storia Economica: seminari Visto su: Profland Il file è stato scaricato/visualizzato in forma gratuita da Profland: http://profland.altervista.org sezione Profstudio http://profland.altervista.org/profstudio/profstudio.htm oppure da qualche mirror, come: www.profland.cjb.net www.profland.135.it o dalla pagina dedicata su slideshare.net: www.slideshare.net/profman pag. 17/17