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Dalla scuola del curricolo alla scuola dei
piani di studio personalizzati
Dopo essere comparso nel D.P.R. 275/1999 (artt. 8
e 9), il tema del curricolo fu presente anche nella
successiva Legge n. 30/2000 sul riordino dei cicli
dell’istruzione (art. 3 comma 2, art. 4 comma 3, art. 6
comma 1) ma, con il mutamento politico ed
passaggio dalla XIII alla XIV legislatura, dal 2001 vi
fu un’inversione di tendenza e la nuova parola
d’ordine divenne personalizzazione, nuova “logica”
centrata sull’idea che l’allievo non era
semplicemente il destinatario dell’azione educativa
pensata da altri e sull’importanza di dare risposte
diverse ai differenti “bisogni” personali.
La comparsa dell’espressione personalizzazione risale
agli anni Settanta del secolo scorso con una serie di
contributi di Victor García Hoz, autore di un libro che è
stato tradotto anche in Italiano proprio con il titolo
L’educazione Personalizzata. Il concetto di persona
umana come fulcro dell’attività educativa non voleva
essere solo un richiamo al dettato costituzionale (articolo
3), ma voleva anche recepire la necessità di mettere in
primo piano l’allievo colto nella sua unicità, nella sua
originalità e nella sua responsabile libertà. Passaggi,
questi, segnati in campo pedagogico dal pensiero
personalista e rivitalizzati dall’emergere della forte
istanza sussidiaria costituzionalizzata dalla Legge n.
3/2001.
Al posto del curricolo entrarono così in
scena i piani di studio personalizzati. Con
l’approvazione della Legge n. 53/2003 e dei
relativi decreti legislativi venne sancito il
passaggio dalla “logica del curricolo” a
quella dei piani di studio personalizzati, che
rappresentavano i nuovi “documenti” di
scuola atti a sostituire la programmazione
individuale degli insegnanti.
Essi erano costruiti con una logica che
metteva al centro le persone degli studenti e
che valorizzava il percorso personale di
ciascuno. In un testo orientativo, prodotto per la
sperimentazione delle Indicazioni nazionali, c’è
un significativo paragrafo che illustra il
passaggio dai programmi ai curricoli ai piani di
studio personalizzati. Vale la pena riprendere
quanto esplicitato a proposito dei concetti in
questione. Il documento precisa a riguardo dei
Programmi: Come è noto, essi hanno
accompagnato la scuola italiana fin dal suo
strutturarsi istituzionale nell’ Ottocento […]. I
Programmi designano contenuti di insegnamento dettati
centralisticamente, da parte del Ministero, e da svolgere
in maniera uniforme in ogni classe del Paese. Tutti i
docenti e le scuole, a discendere, devono adeguarsi alle
loro indicazioni […]. Sul piano professionale, quindi, si
richiede ai docenti l’atteggiamento impiegatizio
dell’applicazione e dell’esecuzione. I Programmi danno
istruzioni, i docenti, in qualunque situazione si trovino,
sono chiamati ad applicarle e ad eseguirle: se non lo
fanno, eccedono le norme e diventano trasgressivi. Le
istruzioni dei Programmi, perciò, prevalgono sulle
esigenze dei singoli allievi. Questi sono chiamati ad
adeguarsi a quelle, non viceversa.
Quelle diventano il fine dell’attività educativa
scolastica. L’allievo perde la sua centralità
Circa i Curricoli viene esplicitato che la parola
curriculum (sottinteso studiorum) è latina. Gli
Inglesi se ne sono appropriati da tempo per
indicare il piano degli studi proposto, nelle
diverse scuole, per la maturazione degli allievi.
La tradizione anglosassone dell’autonomia
delle scuole e la mancanza, in questa cultura,
almeno fino al 1988, della nozione di curriculum
nazionale, ha fatto sì che, nel nostro Paese, la
parola curriculum abbia cominciato, anzitutto, a
circolare come un termine inglese […];
in secondo luogo, ad assumere un significato
antagonista alla parola Programma e, infine, ad
indicare le scelte educative e didattiche
concretamente adottate dai docenti nelle
diverse realtà scolastiche per corrispondere in
maniera più pertinente alle differenze territoriali,
sociali e culturali di provenienza degli allievi. In
merito alla Programmazione curricolare viene
chiarito che la logica dei curricoli ha avuto
modo di rafforzarsi, nel nostro Paese, a partire
da una constatazione: l’astrattezza dei
Programmi
Con la programmazione curricolare il
Ministero è stato così chiamato a concepire
in modo diverso i Programmi: non più
istruzioni da far applicare esecutivamente in
ogni classe della penisola, bensì vincoli
nazionali che ogni scuola è chiamata
autonomamente ad interpretare e ad
adattare alle esigenze della propria realtà
formativa.
Il Ministero, come dispone l’articolo 8 del
Dpr. 275/1999, detta, in questa prospettiva,
gli ordinamenti del sistema educativo di
istruzione e di formazione, gli obiettivi
generali del processo educativo, gli obiettivi
specifici di apprendimento, gli standard di
prestazione del servizio, i criteri generali per
la valutazione. Questa l’uniformità astratta,
valida per qualsiasi scuola e gruppo classe
e allievo del Paese, dettata dal centro.
La responsabile concretizzazione di tempo, luogo,
azione, quantità e qualità di questi vincoli astratti,
tuttavia, è di piena responsabilità professionale delle
singole scuole e dei docenti. Sul piano
professionale, perciò, l’atteggiamento richiesto ai
docenti non è più quello dell’applicazione e
dell’esecuzione più o meno impiegatizia, bensì
quello della creativa e responsabile progettazione di
scelte educative e didattiche che declinino ed
intercettino il «generale» nel «particolare», il
«nazionale» nel «locale», «ciò che vale per tutti» in
«ciò che va per me, per ciascuno» […]
Al posto del curricolo entrarono così in
scena i piani di studio personalizzati. Con
l’approvazione della Legge n. 53/2003 e dei
relativi decreti legislativi venne sancito il
passaggio dalla “logica del curricolo” a
quella dei piani di studio personalizzati, che
rappresentavano i nuovi “documenti” di
scuola atti a sostituire la programmazione
individuale degli insegnanti.
Resta, nondimeno, la responsabilità progettuale
della scuola e dei docenti che devono offrire percorsi
formativi, ma risulta ancora più netto di prima il
principio della personale responsabilità educativa dei
ragazzi, dei genitori e del territorio nello sceglierli e
nel percorrerli ed acquisirli. Questi, infatti, sono
chiamati in causa direttamente nella realizzazione
dei vincoli nazionali entro le opportunità offerte dalla
progettazione di scuola e di rete. Il risultato dovrebbe
essere la costruzione sempre più mirata di Piani di
studio personalizzati, dove la parola chiave è,
appunto, personalizzati sia nella progettazione e
nello svolgimento (cfr. le Unità di Apprendimento),
sia nella verifica (cfr. il Portfolio delle competenze)
Come si può intuire con i piani di studio
personalizzati connessi alla Legge n. 53/2003 ed ai
relativi decreti attuativi è entrato in scena un
differente modello educativo-didattico in risposta al
problema di come agire in ambito scolastico in vista
del pieno sviluppo della persona umana
(Costituzione, art. 3, comma 2). Differente modello
che non ha più considerato l’apprendimento come
una semplice acquisizione di sapere esterno a chi
apprende, ma come libera rielaborazione personale
e all’interno di un processo di manifestazione delle
competenze personali.
Le parole basilari di tutto il discorso sono diventate piani di
studio personalizzati e personalizzazione, sia nella progettazione
che nello svolgimento delle attività, con le quali è emersa una
peculiare e specifica idea di scuola intesa come “strumento” per
dare centralità ad ogni persona e per farla crescere al massimo
possibile. Ossia come “strumento” per rendere migliore la
competenza di ciascuno nel pensare, nel sentire, nel fare, nel
muoversi, nel gustare, nel relazionarsi con gli altri, nel chiedere e
nel dare rispetto, nel cooperare, nel costruire, nel fare il bene e
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67+68 M5C2 Lezione 5. dalla scuola del curricolo alla scuola dei piani di studio personalizzati

  • 1. Dalla scuola del curricolo alla scuola dei piani di studio personalizzati Dopo essere comparso nel D.P.R. 275/1999 (artt. 8 e 9), il tema del curricolo fu presente anche nella successiva Legge n. 30/2000 sul riordino dei cicli dell’istruzione (art. 3 comma 2, art. 4 comma 3, art. 6 comma 1) ma, con il mutamento politico ed passaggio dalla XIII alla XIV legislatura, dal 2001 vi fu un’inversione di tendenza e la nuova parola d’ordine divenne personalizzazione, nuova “logica” centrata sull’idea che l’allievo non era semplicemente il destinatario dell’azione educativa pensata da altri e sull’importanza di dare risposte diverse ai differenti “bisogni” personali.
  • 2. La comparsa dell’espressione personalizzazione risale agli anni Settanta del secolo scorso con una serie di contributi di Victor García Hoz, autore di un libro che è stato tradotto anche in Italiano proprio con il titolo L’educazione Personalizzata. Il concetto di persona umana come fulcro dell’attività educativa non voleva essere solo un richiamo al dettato costituzionale (articolo 3), ma voleva anche recepire la necessità di mettere in primo piano l’allievo colto nella sua unicità, nella sua originalità e nella sua responsabile libertà. Passaggi, questi, segnati in campo pedagogico dal pensiero personalista e rivitalizzati dall’emergere della forte istanza sussidiaria costituzionalizzata dalla Legge n. 3/2001.
  • 3. Al posto del curricolo entrarono così in scena i piani di studio personalizzati. Con l’approvazione della Legge n. 53/2003 e dei relativi decreti legislativi venne sancito il passaggio dalla “logica del curricolo” a quella dei piani di studio personalizzati, che rappresentavano i nuovi “documenti” di scuola atti a sostituire la programmazione individuale degli insegnanti.
  • 4. Essi erano costruiti con una logica che metteva al centro le persone degli studenti e che valorizzava il percorso personale di ciascuno. In un testo orientativo, prodotto per la sperimentazione delle Indicazioni nazionali, c’è un significativo paragrafo che illustra il passaggio dai programmi ai curricoli ai piani di studio personalizzati. Vale la pena riprendere quanto esplicitato a proposito dei concetti in questione. Il documento precisa a riguardo dei Programmi: Come è noto, essi hanno accompagnato la scuola italiana fin dal suo strutturarsi istituzionale nell’ Ottocento […]. I
  • 5. Programmi designano contenuti di insegnamento dettati centralisticamente, da parte del Ministero, e da svolgere in maniera uniforme in ogni classe del Paese. Tutti i docenti e le scuole, a discendere, devono adeguarsi alle loro indicazioni […]. Sul piano professionale, quindi, si richiede ai docenti l’atteggiamento impiegatizio dell’applicazione e dell’esecuzione. I Programmi danno istruzioni, i docenti, in qualunque situazione si trovino, sono chiamati ad applicarle e ad eseguirle: se non lo fanno, eccedono le norme e diventano trasgressivi. Le istruzioni dei Programmi, perciò, prevalgono sulle esigenze dei singoli allievi. Questi sono chiamati ad adeguarsi a quelle, non viceversa.
  • 6. Quelle diventano il fine dell’attività educativa scolastica. L’allievo perde la sua centralità Circa i Curricoli viene esplicitato che la parola curriculum (sottinteso studiorum) è latina. Gli Inglesi se ne sono appropriati da tempo per indicare il piano degli studi proposto, nelle diverse scuole, per la maturazione degli allievi. La tradizione anglosassone dell’autonomia delle scuole e la mancanza, in questa cultura, almeno fino al 1988, della nozione di curriculum nazionale, ha fatto sì che, nel nostro Paese, la parola curriculum abbia cominciato, anzitutto, a circolare come un termine inglese […];
  • 7. in secondo luogo, ad assumere un significato antagonista alla parola Programma e, infine, ad indicare le scelte educative e didattiche concretamente adottate dai docenti nelle diverse realtà scolastiche per corrispondere in maniera più pertinente alle differenze territoriali, sociali e culturali di provenienza degli allievi. In merito alla Programmazione curricolare viene chiarito che la logica dei curricoli ha avuto modo di rafforzarsi, nel nostro Paese, a partire da una constatazione: l’astrattezza dei Programmi
  • 8. Con la programmazione curricolare il Ministero è stato così chiamato a concepire in modo diverso i Programmi: non più istruzioni da far applicare esecutivamente in ogni classe della penisola, bensì vincoli nazionali che ogni scuola è chiamata autonomamente ad interpretare e ad adattare alle esigenze della propria realtà formativa.
  • 9. Il Ministero, come dispone l’articolo 8 del Dpr. 275/1999, detta, in questa prospettiva, gli ordinamenti del sistema educativo di istruzione e di formazione, gli obiettivi generali del processo educativo, gli obiettivi specifici di apprendimento, gli standard di prestazione del servizio, i criteri generali per la valutazione. Questa l’uniformità astratta, valida per qualsiasi scuola e gruppo classe e allievo del Paese, dettata dal centro.
  • 10. La responsabile concretizzazione di tempo, luogo, azione, quantità e qualità di questi vincoli astratti, tuttavia, è di piena responsabilità professionale delle singole scuole e dei docenti. Sul piano professionale, perciò, l’atteggiamento richiesto ai docenti non è più quello dell’applicazione e dell’esecuzione più o meno impiegatizia, bensì quello della creativa e responsabile progettazione di scelte educative e didattiche che declinino ed intercettino il «generale» nel «particolare», il «nazionale» nel «locale», «ciò che vale per tutti» in «ciò che va per me, per ciascuno» […]
  • 11. Al posto del curricolo entrarono così in scena i piani di studio personalizzati. Con l’approvazione della Legge n. 53/2003 e dei relativi decreti legislativi venne sancito il passaggio dalla “logica del curricolo” a quella dei piani di studio personalizzati, che rappresentavano i nuovi “documenti” di scuola atti a sostituire la programmazione individuale degli insegnanti.
  • 12. Resta, nondimeno, la responsabilità progettuale della scuola e dei docenti che devono offrire percorsi formativi, ma risulta ancora più netto di prima il principio della personale responsabilità educativa dei ragazzi, dei genitori e del territorio nello sceglierli e nel percorrerli ed acquisirli. Questi, infatti, sono chiamati in causa direttamente nella realizzazione dei vincoli nazionali entro le opportunità offerte dalla progettazione di scuola e di rete. Il risultato dovrebbe essere la costruzione sempre più mirata di Piani di studio personalizzati, dove la parola chiave è, appunto, personalizzati sia nella progettazione e nello svolgimento (cfr. le Unità di Apprendimento), sia nella verifica (cfr. il Portfolio delle competenze)
  • 13. Come si può intuire con i piani di studio personalizzati connessi alla Legge n. 53/2003 ed ai relativi decreti attuativi è entrato in scena un differente modello educativo-didattico in risposta al problema di come agire in ambito scolastico in vista del pieno sviluppo della persona umana (Costituzione, art. 3, comma 2). Differente modello che non ha più considerato l’apprendimento come una semplice acquisizione di sapere esterno a chi apprende, ma come libera rielaborazione personale e all’interno di un processo di manifestazione delle competenze personali.
  • 14. Le parole basilari di tutto il discorso sono diventate piani di studio personalizzati e personalizzazione, sia nella progettazione che nello svolgimento delle attività, con le quali è emersa una peculiare e specifica idea di scuola intesa come “strumento” per dare centralità ad ogni persona e per farla crescere al massimo possibile. Ossia come “strumento” per rendere migliore la competenza di ciascuno nel pensare, nel sentire, nel fare, nel muoversi, nel gustare, nel relazionarsi con gli altri, nel chiedere e nel dare rispetto, nel cooperare, nel costruire, nel fare il bene e nell’evitare il male, nel concretizzare i valori della libertà, della giustizia e dell’uguaglianza, nel porsi le domande sul senso della propria e dell’altrui vita nel mondo