In che modo i medici di base ed i medici ospedalieri che si confrontano con malattie e/o disfunzioni che hanno anche o esclusivamente una causa psicologica possono inviare il paziente ad un professionista dell'area psi?
1. Per un Medico
quale è il metodo efficace
per inviare un paziente
ad un professionista psi?
Appunti della lezione di Eleonora Capuozzo
2. L’invio ad uno specialista dell’area psi è un momento critico
per la relazione medico-paziente.
Vi sarà capitato di tentare, magari con un soggetto
ipocondriaco, di inviarlo ad uno specialista psi. Forse avrete
ottenuto una prima reazione di rabbia o di negazione del
problema psicologico.
Ecco vorrei adesso ricevere qualche testimonianza da voi
(Chiedo a 2, massimo 3 persone di farmi degli esempi dalla loro
pratica clinica).
La domanda che ci poniamo in questo momento: è possibile
evitare un rifiuto dell’invio da parte del paziente? Quali sono i
fattori relazionali (medico-paziente) che hanno un impatto
positivo sull’invio? Come evitare il drop-out nella fase
dell’invio?
3. Per inviare ad un professionista psi, il vostro paziente
deve essere convinto che la causa del suo malessere
fisico abbia cause psicologiche.
Se non condivide la diagnosi potrà pensare che il suo
medico tira fuori la psicologia perché è un
incompetente, è superficiale, vuole liberarsi di un
paziente esigente, ecc …
4. Pazienti con visibili turbe del carattere, con Io fragile, molto
labili emotivamente difficilmente condividono la diagnosi
poiché il loro esame di realtà è alterato. Questo tipo di pazienti
necessità di un invio attraverso un familiare/tutore. Sarà quindi
quest’ultimo che dovrà condividere la diagnosi con il medico.
Tenete presente che il familiare del paziente “psichiatrico” nei
primi tempi (ma anche per lunghi periodi o per sempre) ha
paura dell’universo della malattia mentale e quindi tende a
negare il problema.
Pazienti diversi da quelli citati l’invio va fatto parlando
direttamente con il paziente e discutendo apertamente della
vostra ipotesi eziologica (causa psichica).
Dunque, sia che si tratti di comunicare con un familiare di un
paziente che con il paziente direttamente, quando si invia ad
uno specialista psi bisogna condividere un sapere.
5. Persuasiva=ipnotica
Costruire una relazione medico-paziente basata sulla fiducia attraverso:
Competenza
Autorevolezza
Prestigio
Carisma
Il bene e l’interesse del paziente
Chiarezza nel linguaggio
Il fattore tempo con i pazienti psicolabili
Lavorare sui pregiudizi (chi va dallo psichiatra è pazzo, i pazzi sono malvagi, ecc …)
Presentare il sostegno psi come occasione da cogliere per migliorare
significativamente la qualità della vita. Occasione che colgono le persone fortunate
Suscitare interesse per la psicologia attraverso il fascino del discorso psicologico e
dell’analisi del profondo come scoperta di se stessi, come momento per se stessi,
come viaggio.
Uso del linguaggio metaforico durante l’invio (percorso psicologico come viaggio
(esperienza tra le più importanti e più belle della vita)
6. Role play in cerchio
Si sceglie un medico disposto ad interpretare un
paziente ipocondriaco che nega di avere problemi
psicologici;
Si sceglie un medico disposto ad interpretare il ruolo
di un medico di base alle prese con un paziente
ipocondriaco che in un solo mese si è fatto prescrivere
diverse visite specialistiche che hanno dato esito
negativo e desidera ottenere una nuova prescrizione di
una ulteriore visita specialistica.
7. Il setting è importantissimo. Per gli psicoanalisti il setting deve aiutare a contenere l’ansia del paziente.
Lo studio con determinati arredi, colori, quadri, illuminazione indiretta diventa un elemento
persuasivo.
Molto importante per chi non andrà dallo specialista psi (anche per fattori esterni, mancanza di
tempo per esempio, di soldi), mentalizzare lo studio del medico come spazio psichico.
Il solo ricordo di un determinato tipo di setting in cui medico e paziente si incontrano è un fattore
terapeutico.
Ancora oggi ricordo lo studio di una dottoressa che mi ha curato per molti anni. Ci vedevamo una o
due volte l’anno. Lei era una donna sulla cinquantina ed era un medico omeopata di grandissima
esperienza. Aveva una personalità molto affascinante. Venivo accolta in uno studio molto silenzioso,
che odorava di sigaretta (lei era fumatrice). Il primo colloquio durò quasi due ore. Mi chiese di
raccontarmi tutti gli avvenimenti più importanti della mia vita a partire dal primo ricordo di infanzia.
Lo sguardo di quella donna era diretto e profondo e le serviva per sostenere la relazione medico-
paziente. Infondeva una grandissima fiducia. Lo studio era illuminato da una lampada antica posta
sulla scrivania. L’ambiente era raccolto. Si accedeva allo studio passando per un terrazzo pieno di
fiori. C’erano due sale d’aspetto. Una esterna sul terrazzo per il periodo estivo ed una seconda interna
per l’inverno. C’era un contrasto stridente tra l’esterno (zona popolare di montesanto) e l’interno
(casa all’ultimo piano con terrazzo che sembrava una sorta di villetta in campagna). Ricordo il piacere
di stare in quel luogo ed il piacere di ritornarvi o anche di ricordare l’esperienza di essere stata li ed
essere stata osservata da quella donna così intelligente.
8. Viene chiesto ad uno o più partecipanti di descrivere
l’arredo del proprio studio
Che significato possono assegnare i pazienti agli
oggetti presenti nel tuo studio?
Cosa cambieresti nel tuo studio?
Chiusura del seminario:
Parola libera