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Lezione del 21/11/2017
di Fermina Tardiola
IV Incontro
Satura:
“pure qualcosa fu scritto sui fogli della
nostra vita”.
I colloqui fiorentini
XVII edizione
lezione in tre parti
1 raccolta (occasione, titolo, struttura)
2 testi-colloquio (poeta, poesia)
3 riflessione (storia, ideologie e
religione, cosa rimane)
Storia corografica di Montale
(R. Luperini, 2013)
I PARTE
la raccolta
OCCASIONE
«Nel 1963 ci fu la morte di mia moglie. Mi
venne la spinta a scrivere qualche ricordo di
lei. Sono i versi di Xenia. Così ho ripreso,
come uno che abbia smesso di fumare e a
un certo punto, dopo qualche anno, un
amico gli offre una sigaretta, e lui
ricomincia. Chiedo scusa della volgarità del
paragone» (da La poesia e il resto, intervista di
Raffaello Baldini, 1971, AMS, p. 1705).
MONTALE INTRODUCE XENIA
https://www.youtube.com/watch?v=4iTjBKNEfBo
TITOLO
1 aspetti di satira politica e culturale
2 varietà e mescolanza di temi e di argomenti (vedi la
satura latina)
3 senso di sazietà, di sovrabbondanza, di non
sopportazione del consumismo di informazioni da
parte dell'universo dei mass-media
STRUTTURA
4 sezioni
sezioni 1 e 2
Xenia I e Xenia II
ciascuna di 14 testi
Nella poesia antica i doni e gli epigrammi votivi offerti
all’amico partente per un lungo viaggio: anche oltremondano,
come quello intrapreso dalla Mosca, la moglie morta di
Montale cui il poeta dedica quei versi. (dal lat. Xenia, iorum n.
pl.) Doni ospitali (titolo del 13° libro degli Epigrammi di
Marziale)
sezioni 3 e 4
Satura I e Satura II
SATURA
-Massima cesura nella produzione poetica di M.
- Notevoli tratti di novità: andamento più
prosastico e colloquiale (sequenze quotidiane,
intime private)
«Dopo La bufera io non ho scritto poesia per anni. Ho
scritto soltanto articoli. Così quando sono tornato alla
poesia, mi è sembrato normale abbassare il tono dei
versi, renderlo più prosastico».
- Luperini: cambia l'immagine del poeta ma anche
il canone letterario
caratteri principali e innovativi della fisionomia di Satura
1) livello ideologico: la registrazione della vittoria del presente,
personale e storico (la solitudine della vecchiaia, la morte di Mosca,
il trionfo della disumana civiltà di massa);
2) la duplice reazione a questa presa d'atto: da un lato
l'abbandono delle speranze, dei miti e delle forme caratteristiche
della poesia precedente e finanche l'autoparodia e l'adozione di una
poesia polemico-satirica e di una poesia-prosa, la sola adeguata ai
tempi e agli oggetti da rappresentare; dall'altro la demolizione
satirica delle filosofie e ideologie trionfanti, e l'opposizione di una
propria saggezza scettica e demistificatrice, retaggio di quella di
Mosca - dunque una satira dotata di una pars destruens e di una
pars construens;
3) contenuti: l'ingresso di temi filosofici e di questioni concettuali
espressi in una poesia 'filosofica', discorsiva, piena di
pronunciamenti espliciti (La storia, Tempo e tempi), nonché
un'insistenza sull'autoritratto (le tre Botta e risposta);
4) livello linguistico-formale: l'apertura, nei confronti della lingua
contemporanea, dal parlato ai forestierismi e ai tecnicismi, a scopo
di mimesi parodica e di contestazione dall'interno di quei gerghi e
dei loro messaggi, e un analogo allargamento della strumentazione
metrica al fine di esprimere la varietà di contenuti e di toni,
dall'elencazione satirica all'epigramma e a testi ben più impegnativi;
5) livello stilistico, una inedita (anche per i materiali usati) varietà di
registri stilistici, da quello comico-satirico a quello ragionativo-
speculativo e a quello meditativo-lirico, varietà espressa sia nella
successione dei testi nel libro che nella compresenza di quei registri
anche in un medesimo componimento; insomma un pluristilismo a base
plurilinguistica assai lontano dal monostilismo plurilinguistico delle
prime tre raccolte (Mengaldo), 1058 lemmi contro i 732 degli Ossi e i 589
delle Occasioni (Castellana), e che rende irriducibile tale varietà e
tensione formale a un'etichetta unica. Sarà opportuno usare l'etichetta di
registro comico-satirico solo quando i testi lo richiedano, e parlare, per
Satura nel suo complesso, di una poesia peculiarmente prosastica ma solo
in apparenza (magari sulla scorta di formulazioni montaliane come quella
citata) oppure, come fa Montale a proposito di Eliot, di una «musica
apparentemente prosastica, parlata e non cantata».
II PARTE
i testi
1) Cos'è la poesia?
POESIA/APPARTENENZA
Dicono che la mia
sia una poesia d’inappartenenza.
Ma s’era tua era di qualcuno:
di te che non sei più forma, ma essenza.
Dicono che la poesia al suo culmine
magnifica il Tutto in fuga,
negano che la testuggine
sia più veloce del fulmine.
Tu sola sapevi che il moto
non è diverso dalla stasi,
che il vuoto è il pieno e il sereno
è la più diffusa delle nubi.
Così meglio intendo il tuo lungo viaggio
imprigionata tra le bende e i gessi.
Eppure non mi dà riposo
sapere che in uno o in due noi siamo una sola cosa.
Xenia, I, 14
Dicono che la mia
sia una poesia d’inappartenenza. ANAFORA
Ma s’era tua era di qualcuno:
di te che non sei più forma, ma essenza. APPARTENENZA
Dicono che la poesia al suo culmine
magnifica il Tutto in fuga,
negano che la testuggine
sia più veloce del fulmine.
TuTu sola sapevi che il moto RIMALMEZZO/antitesi
non è diverso dalla stasi,
che il vuoto è il pieno e il sereno
è la più diffusa delle nubi.
Così meglio intendo il tuo lungo viaggio* (cfr. Dante, Inf., XXXI, v. 82)
imprigionata tra le bende e i gessi.
Eppure non mi dà riposo
sapere che in uno o in due noi siamo una sola cosa.
CONSONANZA
ZINGARETTI
LEGGE MONTALE
HO SCESO, DANDOTI IL BRACCIO, ALMENO
UN MILIONE DI SCALE XENIA, II, 5
https://www.youtube.com/watch?v=9MoaMbIcEyY
POESIA/CULTURA
Xenia I, 6
Non hai pensato mai di lasciar traccia
di te scrivendo prosa o versi. E fu
il tuo incanto - e dopo la mia nausea di me.
Fu pure il mio terrore: di esser poi
ricacciato da te nel gracidante
limo dei neòteroi.* (corrente poetica Novissimi, 1961)
Questa facilità di esecuzione rende talmente
agevole la composizione della poesia, che
da sola basta a spiegare questo immenso
proliferare di poeti. Ma la poesia [...] esige
una cultura ad hoc che molti non possono
avere. Così è estremamente difficile
valutare la cosiddetta produzione
contemporanea. Bisogna che questa
immensa marea si plachi.
Montale, 1968
2) E il poeta?
LA POESIA in Satura, I
I
L’angosciante questione
se sia a freddo o a caldo l’ispirazione
non appartiene alla scienza termica.
Il raptus non produce, il vuoto non conduce,
non c’è poesia al sorbetto o al girarrosto
Si tratterà piuttosto di parole
molto importune
che hanno fretta di uscire
dal forno o dal surgelante.
Il fatto non è importante. Appena fuori
si guardano d’attorno e hanno l’aria di dirsi:
che sto a farci?
II
Con orrore
la poesia rifiuta
le glosse degli scoliasti.
Ma non è certo che la troppo muta
basti a se stessa
o al trovarobe che in lei è inciampato
senza sapere di esserne
l’autore. (CONTEMPORANEITA' FILOSOFICA tema filosofico del '900
dell'inversione tra parola e soggetto che parla; RADICE POETICA inintenzionalità della
parola poetica cfr. Rimbaud)
LE RIME, in Satura, I
Le rime sono più noiose delle
dame di San Vincenzo: battono alla porta
e insistono. Respingerle è impossibile
e purché stiano fuori si sopportano.
Il poeta decente le allontana
(le rime), le nasconde, bara, tenta
il contrabbando. Ma le pinzochere ardono
di zelo e prima o poi (rime e vecchiarde)
bussano ancora e sono sempre quelle.
INCESPICARE in Satura, II
Incespicare, incepparsi
è necessario
per destare la lingua
dal suo torpore.
Ma la balbuzie non basta
e se anche fa meno rumore
è guasta lei pure. Così
bisogna rassegnarsi
a un mezzo parlare. Una volta
qualcuno parlò per intero
e fu incomprensibile. Certo
credeva di essere l’ultimo
parlante. Invece è accaduto
che tutti ancora parlano
e il mondo
da allora è muto.
Così
bisogna rassegnarsi
a un mezzo parlare
Con Satura Montale rinuncia definitivamente alla speranza,
così ricca e imminente nelle Occasioni, che la poesia sia la
simbolica lingua materna del genere umano.
Come tutte le altre nostre lingue, anche la lirica è soltanto un
«mezzo parlare», al quale bisogna rassegnarsi perché «chi
parla per intero» è incomprensibile.
Così egli adotta volutamente il tono lieve e basso, il piglio
secco ed eccentrico dell’aneddoto e dell’epigramma anche
quando deve esprimere il supremo dolore. Semplifica lo stile;
mortifica il timbro; corteggia [...] le ultime invenzioni della
lingua parlata; come se i suoi versi fossero scritti, per venire
immediatamente dimenticati, sul margine di una fattura o sul
rovescio di un biglietto del tram.
[P. Citati, Satura un libro delizioso, 1972]
3) Cosa resta?
Xenia II, 13
Ho appeso alla mia stanza il dagherròtipo
di tuo padre bambino: ha più di un secolo.
In mancanza del mio, così confuso,
cerco di ricostruire, ma invano, il tuo pedigree.
Non siamo stati cavalli, i dati dei nostri ascendenti
non sono negli almanacchi. Coloro che hanno presunto
di saperne non erano essi stessi esistenti,
né noi per loro. E allora? Eppure resta
che qualcosa è accaduto, forse un niente
che è tutto.
Il poeta, dopo la morte della moglie, ha trovato e appeso al muro
un’immagine fotografica del padre di lei; la fotografia ha più di
cento anni ed è preziosa, oltre che per la sua antichità, anche perché,
ora che la moglie non c’è più, tutto quello che la riguarda è
diventato importante; egli si rivolge alla moglie defunta come al suo
interlocutore poetico per rivelarle che, dopo aver rinunciato a
ricostruire l’albero genealogico dei suoi propri avi - tutt’altro che
famosi- di cui non si hanno che notizie scarse e confuse, sta
tentando di ricostruire almeno la storia della più illustre famiglia di
lei, ma la ricerca risulta difficile. Infatti, con le persone – amici o
parenti - che potrebbero saperne qualcosa, non è possibile stabilire
un contatto: con essi la coppia, già da quando la moglie era ancora
in vita, non aveva alcuna relazione significativa e l’indifferenza
reciproca era tale da potersi dire che quasi essi non esistettero per
loro e viceversa.
“E allora?”, chiede a se stesso il poeta, come a
indicare la vanità di quest'indagine oziosa, che
non porta a nulla e che non importa a nessuno.
La risposta è che pure “qualcosa è accaduto”.
A ciò si riduce la nostra vita e quella di coloro che ci
sono stati prima di noi, a “qualcosa che è accaduto” e
che ormai non si riesce più a ricordare bene e che non
sembra poi così importante, un quasi “niente” che non
fa differenza; eppure quel “qualcosa”, quel quasi
“niente” è tutto quello che altri furono, tutto quello che
eravamo e che siamo.
C. Garboli, Corriere della Sera, 6 ottobre 1977
In fondo, che cosa abbiamo imparato, da
Montale?
1 Come tutti i poeti veri, M. è uno scienziato. Non
manda messaggi , ma scopre e legifera.
E' stato M. a esprimere in termini poetici la vera,
grande scoperta del secolo: che la nostra vita è
“quantistica”, intermittente, discontinua, fra
l'essere e il non-essere. […]
La realtà non sta nella linea dritta ma nel zig-zag,
non sta nella nostra esistenza ma nel suo
intervallo.
La nostra vita è forse nelle cose che viviamo; ma
la nostra persona si distrae dalla vita, precede o
segue i fatti ed è soltanto la loro ombra, il loro
riverbero.
LA VITA SI RIVELA IN CONTROLUCE.
2 A volte, M. si china su un'altra legge. […] Di
colpo, la poesia di M. ha avuto cognizione
obbiettiva che i sentimenti non nascono mai dalla
vita, ma appartengono alla morte. Chino su
questa verità funerea e romantica [...].
E mentre l'occhio del poeta guarda lontano, passa
di mondo in mondo, deride le contingenze, nello
stesso tempo esso smentisce la propria
veggenza, cambia improvvisamente la propria
diottria. Si restringe al piccolo, si concentra sul
particolare. Diventa uno sguardo miope, che non
vede di qui a lì [...].
Ecco un'altra delle leggi di M.
E' stato lui a insegnarci che il piccolo è più
importante del grande, che il dettaglio conta più
del primo piano.
RILEGGIAMO LA POESIA (Xenia, II, 13) ALLA LUCE
DELLE INDICAZIONI DI GARBOLI
*DETTAGLI
Ho appeso alla mia stanza il dagherròtipo
di tuo padre bambino: ha più di un secolo.
In mancanza del mio, così confuso,
cerco di ricostruire, ma invano, il tuo pedigree. (metafora ironica)
Non siamo stati cavalli, i dati dei nostri ascendenti
non sono negli almanacchi. Coloro che hanno presunto
di saperne non erano essi stessi esistenti, IPERBOLE
né noi per loro.
*INTERMITTENZA
E allora? Eppure resta
che qualcosa è accaduto, forse un niente ANTITESI
che è tutto.
III PARTE
riflessione finale
Quindi la storia?
M. esprime la negatività totale di un mondo in cui non
vale più la pena neppure di sperare.
La storia, dunque, cardine delle concezioni moderne,
laiche e progressiste è oggetto di una critica
demolitiva, che le sottrae ogni possibile funzione o
insegnamento.
Nella Storia il poeta ravvede una sequenza di
fatti imprevedibili, una progressione cieca e
demente, su cui non conviene cercare d'esercitare
alcun controllo o tentare alcuna comprensione.
Questa impostazione affiora, con una vena
d'ironia e di sarcasmo, in due composizioni
presenti in Satura:
La Storia e Fanfara.
VIDEO LA STORIA
https://www.youtube.com/watch?v=y3TaLkwr1AQ
Satura, I
LA STORIA
[…]
La storia gratta il fondo
come una rete a strascico
con qualche strappo e più di un pesce sfugge.
Qualche volta s'incontra l'ectoplasma
d'uno scampato e non sembra particolarmente felice.
Ignora di essere fuori, nessuno glie n'ha parlato.
Gli altri, nel sacco, si credono
più liberi di lui.
Ma lo spirito sarcastico e canzonatorio di Montale
raggiunge il suo massimo livello nella poesia Fanfara
dove ironizza sul materialismo storico e su tutte le
ideologie filosofiche che sono attuali in tutto il mondo.
Satura, I
FANFARA
[…]
tu dimmi
disingaggiato amico
a tutto questo
hai da fare obiezioni?
Arthur Rimbaud
Le Illuminazioni - Poemi in prosa
PARATA
[...]
lo solo posseggo la chiave di questa selvaggia
parata.
Rotture, fratture e altri disequilibri
'800-'900
Io, non io. Quale io? E quale voce per il poeta? Quale tu?
Quale rapporto con la realtà?
E le ideologie? E la religione?
IL RASCHINO Abbiamo ben grattato col raschino
ogni eruzione del pensiero (vv. 8-9)
LA MORTE DI DIO Tutte le religioni del Dio
unico/sono una sola: variano i cuochi e le cotture.
(vv. 1-2)
A UN GESUITA MODERNO la pelle mi si
aggriccia quando ti ascolto. Il tempo non conclude
perché non è pure incominciato. (vv. 8-10)
E il tempo?
TEMPO E TEMPI
SATURA, II
Non c'è un unico tempo: ci sono molti nastri
che paralleli slittano
spesso in senso contrario e raramente
s'intersecano. E' quando si palesa
la sola verità che, disvelata,
viene subito espunta da chi sorveglia
i congegni e gli scambi. E si ripiomba
poi nell'unico tempo. Ma in quell'attimo
solo i pochi viventi si sono riconosciuti
per dirsi addio, non arrivederci. (no ordine lineare
discorso/ no ordine lineare tempo Poesia: tracce di un tempo non
più unitario cfr. poesia da cui è tratta la citazione dei Colloqui)
La felicità?
SATURA, II
Vedo un uccello fermo sulla grondaia,
può sembrare un piccione ma è più snello
e ha un po’ di ciuffo o forse è il vento,
chi può saperlo, i vetri sono chiusi. TRACCIA
Se lo vedi anche tu, quando ti svegliano
i fuoribordo, questo è tutto quanto
ci è dato di sapere sulla felicità.
Ha un prezzo troppo alto, non fa per noi e chi l’ha
non sa che farsene.
NON COLLEGATO AL RESTO (IRRELATO, DISCONTINUO)
CONCLUSIONE
Poesia, storia, religione, ideologie//
qualcosa/un istante: TRACCE
SI SLITTA
Satura, II
GLI UOMINI CHE SI VOLTANO
(vedi “l'uomo che se ne va sicuro” di Non chiederci la parola e “gli uomini che
non si voltano” di Forse un mattino andando in un'aria di vetro)
Probabilmente
non sei più chi sei stata
ed è giusto che così sia.
Ha raschiato a dovere la carta a vetro
e su noi ogni linea si assottiglia.
Pure qualcosa fu scritto
sui fogli della nostra vita.
Metterli controluce è ingigantire quel segno,
formare un geroglifico più grande del diadema
che ti abbagliava.
Satura, II
GLI UOMINI CHE SI VOLTANO
Non apparirai più dal portello
dell’aliscafo o da fondali d’alghe,
sommozzatrice di fangose rapide
per dare un senso al nulla. Scenderai
sulle scale automatiche dei templi di Mercurio
tra cadaveri in maschera,
tu la sola vivente,
e non ti chiederai
se fu inganno, fu scelta, fu comunicazione
e chi di noi fosse il centro
a cui si tira con l’arco dal baraccone.
Satura, II
GLI UOMINI CHE SI VOLTANO
Non me lo chiedo neanch’io. Sono colui
che ha veduto un istante e tanto basta
a chi cammina incolonnato come ora
avviene a noi se siamo ancora in vita
o era un inganno crederlo. Si slitta.
Slittare, incespicare, annaspare, grattare,
raschiare, aggricciarsi: in questi verbi
“faticosi”, danteschi nei suoni aspri, M.
descrive questo andare nella
contemporaneità, ancora un “seguitare una
muraglia che ha in cima cocci aguzzi di
bottiglia”; oggi un inferno meccanizzato, il
nuovo Medio Evo postmoderno in cui
andiamo addentrandoci. Ma attraverso i
vetri chiusi si intravede una forma vivente
che, in maniera discontinua, è ancora traccia
della memoria: forse un niente che è tutto.
Grazie dell'attenzione!
Bibliografia
P. Citati, Satura un libro delizioso, in Il tè col cappellaio matto,
Mondadori, Milano, 1972, pp. 208-211
De Rosa, F., Profilo di Satura, in “Chroniques italiennes”, n. 57 (1/199)
F. Fortini, I poeti del Novecento, Laterza, Roma-Bari, 1981 (1977)
P. Gibellini, Prove di commento a Montale: i primi “Xenia” in AA.VV.,
Studi di storia e critica della letteratura italiana dell'Ottocento e del
Novecento in onore di Giuseppe Farinelli, Otto/Novecento, Milano, 2011,
pp. 753-770
M. Martelli, Eugenio Montale. Introduzione allo studio dell'opera
montaliana. Storia e Antologia della critica, Le Monnier, Firenze, 1988
E. Montale, Satura, A. Mondadori, Milano, 1971
E. Montale, Quaderno di quattro anni, Mondadori, Milano, 2015 (1977)
Sitografia
A. Belli, Il Secondo Montale: Satura, in www.flaneri.com
R. Luperini, Montale e il canone poetico del Novecento, in
www.laletteraturaenoi.it

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Eugenio Montale- Satura:"pure qualcosa fu scritto sui fogli della nostra vita"

  • 1. Lezione del 21/11/2017 di Fermina Tardiola IV Incontro Satura: “pure qualcosa fu scritto sui fogli della nostra vita”. I colloqui fiorentini XVII edizione
  • 2. lezione in tre parti 1 raccolta (occasione, titolo, struttura) 2 testi-colloquio (poeta, poesia) 3 riflessione (storia, ideologie e religione, cosa rimane)
  • 3. Storia corografica di Montale (R. Luperini, 2013)
  • 5. OCCASIONE «Nel 1963 ci fu la morte di mia moglie. Mi venne la spinta a scrivere qualche ricordo di lei. Sono i versi di Xenia. Così ho ripreso, come uno che abbia smesso di fumare e a un certo punto, dopo qualche anno, un amico gli offre una sigaretta, e lui ricomincia. Chiedo scusa della volgarità del paragone» (da La poesia e il resto, intervista di Raffaello Baldini, 1971, AMS, p. 1705).
  • 7. TITOLO 1 aspetti di satira politica e culturale 2 varietà e mescolanza di temi e di argomenti (vedi la satura latina) 3 senso di sazietà, di sovrabbondanza, di non sopportazione del consumismo di informazioni da parte dell'universo dei mass-media
  • 8. STRUTTURA 4 sezioni sezioni 1 e 2 Xenia I e Xenia II ciascuna di 14 testi Nella poesia antica i doni e gli epigrammi votivi offerti all’amico partente per un lungo viaggio: anche oltremondano, come quello intrapreso dalla Mosca, la moglie morta di Montale cui il poeta dedica quei versi. (dal lat. Xenia, iorum n. pl.) Doni ospitali (titolo del 13° libro degli Epigrammi di Marziale) sezioni 3 e 4 Satura I e Satura II
  • 9. SATURA -Massima cesura nella produzione poetica di M. - Notevoli tratti di novità: andamento più prosastico e colloquiale (sequenze quotidiane, intime private) «Dopo La bufera io non ho scritto poesia per anni. Ho scritto soltanto articoli. Così quando sono tornato alla poesia, mi è sembrato normale abbassare il tono dei versi, renderlo più prosastico». - Luperini: cambia l'immagine del poeta ma anche il canone letterario
  • 10. caratteri principali e innovativi della fisionomia di Satura 1) livello ideologico: la registrazione della vittoria del presente, personale e storico (la solitudine della vecchiaia, la morte di Mosca, il trionfo della disumana civiltà di massa); 2) la duplice reazione a questa presa d'atto: da un lato l'abbandono delle speranze, dei miti e delle forme caratteristiche della poesia precedente e finanche l'autoparodia e l'adozione di una poesia polemico-satirica e di una poesia-prosa, la sola adeguata ai tempi e agli oggetti da rappresentare; dall'altro la demolizione satirica delle filosofie e ideologie trionfanti, e l'opposizione di una propria saggezza scettica e demistificatrice, retaggio di quella di Mosca - dunque una satira dotata di una pars destruens e di una pars construens;
  • 11. 3) contenuti: l'ingresso di temi filosofici e di questioni concettuali espressi in una poesia 'filosofica', discorsiva, piena di pronunciamenti espliciti (La storia, Tempo e tempi), nonché un'insistenza sull'autoritratto (le tre Botta e risposta); 4) livello linguistico-formale: l'apertura, nei confronti della lingua contemporanea, dal parlato ai forestierismi e ai tecnicismi, a scopo di mimesi parodica e di contestazione dall'interno di quei gerghi e dei loro messaggi, e un analogo allargamento della strumentazione metrica al fine di esprimere la varietà di contenuti e di toni, dall'elencazione satirica all'epigramma e a testi ben più impegnativi;
  • 12. 5) livello stilistico, una inedita (anche per i materiali usati) varietà di registri stilistici, da quello comico-satirico a quello ragionativo- speculativo e a quello meditativo-lirico, varietà espressa sia nella successione dei testi nel libro che nella compresenza di quei registri anche in un medesimo componimento; insomma un pluristilismo a base plurilinguistica assai lontano dal monostilismo plurilinguistico delle prime tre raccolte (Mengaldo), 1058 lemmi contro i 732 degli Ossi e i 589 delle Occasioni (Castellana), e che rende irriducibile tale varietà e tensione formale a un'etichetta unica. Sarà opportuno usare l'etichetta di registro comico-satirico solo quando i testi lo richiedano, e parlare, per Satura nel suo complesso, di una poesia peculiarmente prosastica ma solo in apparenza (magari sulla scorta di formulazioni montaliane come quella citata) oppure, come fa Montale a proposito di Eliot, di una «musica apparentemente prosastica, parlata e non cantata».
  • 14. 1) Cos'è la poesia?
  • 16. Dicono che la mia sia una poesia d’inappartenenza. Ma s’era tua era di qualcuno: di te che non sei più forma, ma essenza. Dicono che la poesia al suo culmine magnifica il Tutto in fuga, negano che la testuggine sia più veloce del fulmine. Tu sola sapevi che il moto non è diverso dalla stasi, che il vuoto è il pieno e il sereno è la più diffusa delle nubi. Così meglio intendo il tuo lungo viaggio imprigionata tra le bende e i gessi. Eppure non mi dà riposo sapere che in uno o in due noi siamo una sola cosa. Xenia, I, 14
  • 17. Dicono che la mia sia una poesia d’inappartenenza. ANAFORA Ma s’era tua era di qualcuno: di te che non sei più forma, ma essenza. APPARTENENZA Dicono che la poesia al suo culmine magnifica il Tutto in fuga, negano che la testuggine sia più veloce del fulmine. TuTu sola sapevi che il moto RIMALMEZZO/antitesi non è diverso dalla stasi, che il vuoto è il pieno e il sereno è la più diffusa delle nubi. Così meglio intendo il tuo lungo viaggio* (cfr. Dante, Inf., XXXI, v. 82) imprigionata tra le bende e i gessi. Eppure non mi dà riposo sapere che in uno o in due noi siamo una sola cosa. CONSONANZA
  • 18. ZINGARETTI LEGGE MONTALE HO SCESO, DANDOTI IL BRACCIO, ALMENO UN MILIONE DI SCALE XENIA, II, 5 https://www.youtube.com/watch?v=9MoaMbIcEyY
  • 20. Xenia I, 6 Non hai pensato mai di lasciar traccia di te scrivendo prosa o versi. E fu il tuo incanto - e dopo la mia nausea di me. Fu pure il mio terrore: di esser poi ricacciato da te nel gracidante limo dei neòteroi.* (corrente poetica Novissimi, 1961)
  • 21. Questa facilità di esecuzione rende talmente agevole la composizione della poesia, che da sola basta a spiegare questo immenso proliferare di poeti. Ma la poesia [...] esige una cultura ad hoc che molti non possono avere. Così è estremamente difficile valutare la cosiddetta produzione contemporanea. Bisogna che questa immensa marea si plachi. Montale, 1968
  • 22. 2) E il poeta?
  • 23. LA POESIA in Satura, I I L’angosciante questione se sia a freddo o a caldo l’ispirazione non appartiene alla scienza termica. Il raptus non produce, il vuoto non conduce, non c’è poesia al sorbetto o al girarrosto Si tratterà piuttosto di parole molto importune che hanno fretta di uscire dal forno o dal surgelante. Il fatto non è importante. Appena fuori si guardano d’attorno e hanno l’aria di dirsi: che sto a farci? II Con orrore la poesia rifiuta le glosse degli scoliasti. Ma non è certo che la troppo muta basti a se stessa o al trovarobe che in lei è inciampato senza sapere di esserne l’autore. (CONTEMPORANEITA' FILOSOFICA tema filosofico del '900 dell'inversione tra parola e soggetto che parla; RADICE POETICA inintenzionalità della parola poetica cfr. Rimbaud)
  • 24. LE RIME, in Satura, I Le rime sono più noiose delle dame di San Vincenzo: battono alla porta e insistono. Respingerle è impossibile e purché stiano fuori si sopportano. Il poeta decente le allontana (le rime), le nasconde, bara, tenta il contrabbando. Ma le pinzochere ardono di zelo e prima o poi (rime e vecchiarde) bussano ancora e sono sempre quelle.
  • 25. INCESPICARE in Satura, II Incespicare, incepparsi è necessario per destare la lingua dal suo torpore. Ma la balbuzie non basta e se anche fa meno rumore è guasta lei pure. Così bisogna rassegnarsi a un mezzo parlare. Una volta qualcuno parlò per intero e fu incomprensibile. Certo credeva di essere l’ultimo parlante. Invece è accaduto che tutti ancora parlano e il mondo da allora è muto.
  • 26. Così bisogna rassegnarsi a un mezzo parlare Con Satura Montale rinuncia definitivamente alla speranza, così ricca e imminente nelle Occasioni, che la poesia sia la simbolica lingua materna del genere umano. Come tutte le altre nostre lingue, anche la lirica è soltanto un «mezzo parlare», al quale bisogna rassegnarsi perché «chi parla per intero» è incomprensibile. Così egli adotta volutamente il tono lieve e basso, il piglio secco ed eccentrico dell’aneddoto e dell’epigramma anche quando deve esprimere il supremo dolore. Semplifica lo stile; mortifica il timbro; corteggia [...] le ultime invenzioni della lingua parlata; come se i suoi versi fossero scritti, per venire immediatamente dimenticati, sul margine di una fattura o sul rovescio di un biglietto del tram. [P. Citati, Satura un libro delizioso, 1972]
  • 28. Xenia II, 13 Ho appeso alla mia stanza il dagherròtipo di tuo padre bambino: ha più di un secolo. In mancanza del mio, così confuso, cerco di ricostruire, ma invano, il tuo pedigree. Non siamo stati cavalli, i dati dei nostri ascendenti non sono negli almanacchi. Coloro che hanno presunto di saperne non erano essi stessi esistenti, né noi per loro. E allora? Eppure resta che qualcosa è accaduto, forse un niente che è tutto.
  • 29. Il poeta, dopo la morte della moglie, ha trovato e appeso al muro un’immagine fotografica del padre di lei; la fotografia ha più di cento anni ed è preziosa, oltre che per la sua antichità, anche perché, ora che la moglie non c’è più, tutto quello che la riguarda è diventato importante; egli si rivolge alla moglie defunta come al suo interlocutore poetico per rivelarle che, dopo aver rinunciato a ricostruire l’albero genealogico dei suoi propri avi - tutt’altro che famosi- di cui non si hanno che notizie scarse e confuse, sta tentando di ricostruire almeno la storia della più illustre famiglia di lei, ma la ricerca risulta difficile. Infatti, con le persone – amici o parenti - che potrebbero saperne qualcosa, non è possibile stabilire un contatto: con essi la coppia, già da quando la moglie era ancora in vita, non aveva alcuna relazione significativa e l’indifferenza reciproca era tale da potersi dire che quasi essi non esistettero per loro e viceversa.
  • 30. “E allora?”, chiede a se stesso il poeta, come a indicare la vanità di quest'indagine oziosa, che non porta a nulla e che non importa a nessuno. La risposta è che pure “qualcosa è accaduto”.
  • 31. A ciò si riduce la nostra vita e quella di coloro che ci sono stati prima di noi, a “qualcosa che è accaduto” e che ormai non si riesce più a ricordare bene e che non sembra poi così importante, un quasi “niente” che non fa differenza; eppure quel “qualcosa”, quel quasi “niente” è tutto quello che altri furono, tutto quello che eravamo e che siamo.
  • 32. C. Garboli, Corriere della Sera, 6 ottobre 1977 In fondo, che cosa abbiamo imparato, da Montale? 1 Come tutti i poeti veri, M. è uno scienziato. Non manda messaggi , ma scopre e legifera. E' stato M. a esprimere in termini poetici la vera, grande scoperta del secolo: che la nostra vita è “quantistica”, intermittente, discontinua, fra l'essere e il non-essere. […] La realtà non sta nella linea dritta ma nel zig-zag, non sta nella nostra esistenza ma nel suo intervallo.
  • 33. La nostra vita è forse nelle cose che viviamo; ma la nostra persona si distrae dalla vita, precede o segue i fatti ed è soltanto la loro ombra, il loro riverbero. LA VITA SI RIVELA IN CONTROLUCE.
  • 34. 2 A volte, M. si china su un'altra legge. […] Di colpo, la poesia di M. ha avuto cognizione obbiettiva che i sentimenti non nascono mai dalla vita, ma appartengono alla morte. Chino su questa verità funerea e romantica [...]. E mentre l'occhio del poeta guarda lontano, passa di mondo in mondo, deride le contingenze, nello stesso tempo esso smentisce la propria veggenza, cambia improvvisamente la propria diottria. Si restringe al piccolo, si concentra sul particolare. Diventa uno sguardo miope, che non vede di qui a lì [...].
  • 35. Ecco un'altra delle leggi di M. E' stato lui a insegnarci che il piccolo è più importante del grande, che il dettaglio conta più del primo piano.
  • 36. RILEGGIAMO LA POESIA (Xenia, II, 13) ALLA LUCE DELLE INDICAZIONI DI GARBOLI *DETTAGLI Ho appeso alla mia stanza il dagherròtipo di tuo padre bambino: ha più di un secolo. In mancanza del mio, così confuso, cerco di ricostruire, ma invano, il tuo pedigree. (metafora ironica) Non siamo stati cavalli, i dati dei nostri ascendenti non sono negli almanacchi. Coloro che hanno presunto di saperne non erano essi stessi esistenti, IPERBOLE né noi per loro. *INTERMITTENZA E allora? Eppure resta che qualcosa è accaduto, forse un niente ANTITESI che è tutto.
  • 38. Quindi la storia? M. esprime la negatività totale di un mondo in cui non vale più la pena neppure di sperare. La storia, dunque, cardine delle concezioni moderne, laiche e progressiste è oggetto di una critica demolitiva, che le sottrae ogni possibile funzione o insegnamento.
  • 39. Nella Storia il poeta ravvede una sequenza di fatti imprevedibili, una progressione cieca e demente, su cui non conviene cercare d'esercitare alcun controllo o tentare alcuna comprensione. Questa impostazione affiora, con una vena d'ironia e di sarcasmo, in due composizioni presenti in Satura: La Storia e Fanfara.
  • 41. Satura, I LA STORIA […] La storia gratta il fondo come una rete a strascico con qualche strappo e più di un pesce sfugge. Qualche volta s'incontra l'ectoplasma d'uno scampato e non sembra particolarmente felice. Ignora di essere fuori, nessuno glie n'ha parlato. Gli altri, nel sacco, si credono più liberi di lui.
  • 42. Ma lo spirito sarcastico e canzonatorio di Montale raggiunge il suo massimo livello nella poesia Fanfara dove ironizza sul materialismo storico e su tutte le ideologie filosofiche che sono attuali in tutto il mondo.
  • 43. Satura, I FANFARA […] tu dimmi disingaggiato amico a tutto questo hai da fare obiezioni?
  • 44. Arthur Rimbaud Le Illuminazioni - Poemi in prosa PARATA [...] lo solo posseggo la chiave di questa selvaggia parata.
  • 45. Rotture, fratture e altri disequilibri '800-'900 Io, non io. Quale io? E quale voce per il poeta? Quale tu? Quale rapporto con la realtà?
  • 46. E le ideologie? E la religione? IL RASCHINO Abbiamo ben grattato col raschino ogni eruzione del pensiero (vv. 8-9) LA MORTE DI DIO Tutte le religioni del Dio unico/sono una sola: variano i cuochi e le cotture. (vv. 1-2) A UN GESUITA MODERNO la pelle mi si aggriccia quando ti ascolto. Il tempo non conclude perché non è pure incominciato. (vv. 8-10)
  • 47. E il tempo? TEMPO E TEMPI SATURA, II Non c'è un unico tempo: ci sono molti nastri che paralleli slittano spesso in senso contrario e raramente s'intersecano. E' quando si palesa la sola verità che, disvelata, viene subito espunta da chi sorveglia i congegni e gli scambi. E si ripiomba poi nell'unico tempo. Ma in quell'attimo solo i pochi viventi si sono riconosciuti per dirsi addio, non arrivederci. (no ordine lineare discorso/ no ordine lineare tempo Poesia: tracce di un tempo non più unitario cfr. poesia da cui è tratta la citazione dei Colloqui)
  • 48. La felicità? SATURA, II Vedo un uccello fermo sulla grondaia, può sembrare un piccione ma è più snello e ha un po’ di ciuffo o forse è il vento, chi può saperlo, i vetri sono chiusi. TRACCIA Se lo vedi anche tu, quando ti svegliano i fuoribordo, questo è tutto quanto ci è dato di sapere sulla felicità. Ha un prezzo troppo alto, non fa per noi e chi l’ha non sa che farsene. NON COLLEGATO AL RESTO (IRRELATO, DISCONTINUO)
  • 49. CONCLUSIONE Poesia, storia, religione, ideologie// qualcosa/un istante: TRACCE SI SLITTA
  • 50. Satura, II GLI UOMINI CHE SI VOLTANO (vedi “l'uomo che se ne va sicuro” di Non chiederci la parola e “gli uomini che non si voltano” di Forse un mattino andando in un'aria di vetro) Probabilmente non sei più chi sei stata ed è giusto che così sia. Ha raschiato a dovere la carta a vetro e su noi ogni linea si assottiglia. Pure qualcosa fu scritto sui fogli della nostra vita. Metterli controluce è ingigantire quel segno, formare un geroglifico più grande del diadema che ti abbagliava.
  • 51. Satura, II GLI UOMINI CHE SI VOLTANO Non apparirai più dal portello dell’aliscafo o da fondali d’alghe, sommozzatrice di fangose rapide per dare un senso al nulla. Scenderai sulle scale automatiche dei templi di Mercurio tra cadaveri in maschera, tu la sola vivente, e non ti chiederai se fu inganno, fu scelta, fu comunicazione e chi di noi fosse il centro a cui si tira con l’arco dal baraccone.
  • 52. Satura, II GLI UOMINI CHE SI VOLTANO Non me lo chiedo neanch’io. Sono colui che ha veduto un istante e tanto basta a chi cammina incolonnato come ora avviene a noi se siamo ancora in vita o era un inganno crederlo. Si slitta.
  • 53. Slittare, incespicare, annaspare, grattare, raschiare, aggricciarsi: in questi verbi “faticosi”, danteschi nei suoni aspri, M. descrive questo andare nella contemporaneità, ancora un “seguitare una muraglia che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia”; oggi un inferno meccanizzato, il nuovo Medio Evo postmoderno in cui andiamo addentrandoci. Ma attraverso i vetri chiusi si intravede una forma vivente che, in maniera discontinua, è ancora traccia della memoria: forse un niente che è tutto.
  • 55. Bibliografia P. Citati, Satura un libro delizioso, in Il tè col cappellaio matto, Mondadori, Milano, 1972, pp. 208-211 De Rosa, F., Profilo di Satura, in “Chroniques italiennes”, n. 57 (1/199) F. Fortini, I poeti del Novecento, Laterza, Roma-Bari, 1981 (1977) P. Gibellini, Prove di commento a Montale: i primi “Xenia” in AA.VV., Studi di storia e critica della letteratura italiana dell'Ottocento e del Novecento in onore di Giuseppe Farinelli, Otto/Novecento, Milano, 2011, pp. 753-770 M. Martelli, Eugenio Montale. Introduzione allo studio dell'opera montaliana. Storia e Antologia della critica, Le Monnier, Firenze, 1988 E. Montale, Satura, A. Mondadori, Milano, 1971 E. Montale, Quaderno di quattro anni, Mondadori, Milano, 2015 (1977) Sitografia A. Belli, Il Secondo Montale: Satura, in www.flaneri.com R. Luperini, Montale e il canone poetico del Novecento, in www.laletteraturaenoi.it