Open Data e Trasparenza come punto di contatto fra cittadinanza e politica
1. Open Data e Trasparenza come punto di contatto fra
cittadinanza e politica
Marco Montanari – 12/2014
Nel 2009 il presidente degli Stati Uniti Obama, insieme
all’allora CIO Vivek Kundra, annunciava il lancio della
piattaforma data.gov1
, sottolineando la possibilità, per
chiunque, di utilizzare e analizzare i dati della pubblica
amministrazione e da lì prendere decisioni per la propria
azienda e per la propria vita. Pochi mesi dopo vengono resi
pubblici progetti analoghi dal Regno Unito2
e dal nord
Europa e in seguito anche in Italia3
e in tutto il mondo,
compresi paesi apparentemente meno interessati
all’argomento.
Con quell’atto del 2009 entra nelle discussioni e nei
documenti di politica e istituzioni il concetto di “Open
Data”, che rappresenta la semplicità di accesso al dato
pubblico sia in termini di procedura, permessi di accesso,
sia dal punto di vista del formato dei dati esposti dal
fornitore dei dati.
La spinta culturale verso la necessità di trasparenza basata
sui fatti viene da diverse direzioni. Innanzitutto, la visione
tipicamente anglosassone che pervade oramai anche la
nostra cultura e che è la base di grandissima parte degli
strumenti disponibili sia on-line che off-line, che mette al
centro delle decisioni un rapporto causa-effetto e costo-
qualità misurabile e molto utilitarista. Seconda forza in
gioco è la diffusa sfiducia verso le istituzioni, causata in
parte da scelte poco oculate da parte della politica e in parte
1
http://www.data.gov/
2
http://data.gov.uk/
3
http://www.dati.gov.it/
2. dalla mancanza di capacità di adattamento da parte di
grandi istituzioni “classiche” ai cambiamenti della società.
Terza forza in gioco è la diffusione sempre più ampia di
strumenti tecnologici e connettività, che consentono a
chiunque l’accesso fisico e culturale a quantità di dati
potenzialmente enormi.
Queste forze si sviluppano in maniera analoga in ogni paese
e portano ai una serie di effetti, positivi e negativi. Il primo
effetto è l’ossessione per i numeri, tipicamente legato al
mondo del management, che porta alla pubblicazione di
basi di dati immense e di difficile lettura. Un esempio
emblematico è il caso di SIOPE4
, lo strumento che
raccoglie tutti i dati di spesa degli enti pubblici italiani. Lo
strumento, che solo da un anno pubblica liberamente dati
aggregati, dati aggregati, ma presenta problemi di
accessibilità e restituisce dati di difficile analisi. Soprattutto
la mancanza di una fase di semplificazione dell’accesso e
normalizzazione dei dati esposti trasforma ogni lettura in
un'interpretazione. Altro esempio, più accessibile a tutti, è
quello dei bilanci comunali aperti. Nei fatti, molti comuni
hanno pubblicato i loro bilanci, ma, a parte l’informazione
sul valore della singola voce di spesa, resta comunque
impossibile ricostruire le scelte e le decisioni puntuali che
portano alle singole spese a bilancio. Ulteriore esempio
sono gli appalti: spesso si indicano cifra e assegnatario, ma
raramente dettagli riguardanti il progetto interessato.
Abbiamo poi la smania per la quantità: meglio tanti dati di
bassa qualità che pochi dati veramente validi. La differenza
è strutturale. La qualità dei dati si misura in modo
abbastanza semplice: freschezza (il dato deve essere
recente, altrimenti non aiuta a prendere decisioni nuove),
4
https://www.siope.it/siopelocale/siopewelcome.html
3. frequenza di aggiornamento (se il dato non viene mai
aggiornato diventa nulla la freschezza e quindi diventa
inutile) e completezza (se la descrizione di un evento o di
una spesa è incompleta, il dato è inutile). Questa
valutazione qualitativa è fondamentale, perchè con dati di
bassa qualità si può fare solo una volta una valutazione
(quando i dati sono ancora validi e rispecchiano ancora uno
stato di fatto), mentre con dati di alta qualità è possibile
costruire dei processi di riuso dei dati e di valutazione in
tempo quasi reale di situazioni che cambiano. Questa
smania può anche portare alla volontaria atomizzazione dei
dati col fine di aumentare artificiosamente i numeri di dati
pubblicati.
Il terzo effetto è la diffusione, lenta ma costante, di una
cultura del Dato, che porta gradualmente a un distacco
sempre più forte dal dibattito politico basato su opinioni.
Questo anche grazie alla diffusione di un nuovo modo di
fare giornalismo, che tiene le radici nel mondo del
giornalismo scientifico, ma che punta alla analisi delle scelte
sociali, politiche ed istituzionali attraverso la lente dei dati
raccolti. Storicamente assistiamo all'avvio, verso il 2011, dei
datablog del New York Times5
, negli USA, e del Guardian6
,
in Inghilterra. Il giornalismo orientato ai dati trova poi
applicazione anche in Italia e altri paesi, e ogni contesto dà
alle sue produzioni una specificità legata al tipo di pubblico
e all'economia del sistema editoriale.
Il quarto effetto è la nascita di un nuovo senso civico,
guidato dal dato. Se sono le tasse a pagare per i servizi e per
i progetti dell’amministrazione, allora dovrebbe essere
possibile tracciare, punto per punto, a quali progetti siano
5
http://www.nytimes.com/upshot/
6
http://www.theguardian.com/data
4. arrivati i fondi e quali risultati abbiano portato alla società.
Questo vale ancor di più se i fondi vanno e vengono da
entità percepite tipicamente lontane, quali Unione Europea
e altre istituzioni per le quali non è prevista l’elezione diretta
e che comunque si occupano di aspetti tipicamente molto
tecnici. Per favorire questo senso civico in Italia, caso unico
in Europa e rarissimo a livello mondiale, il Dipartimento
per lo Sviluppo e la Coesione Economica (DPS7
) ha creato
il portale OpenCoesione8
, creato dal che si occupa di
raccogliere e monitorare la spesa per i progetti finanziati
dall’Europa destinati all’Italia. Partendo da questo progetto
sono state avviate due attività grazie al contributo della
società civile e all’apertura delle istituzioni a questi
contributi. La prima è Monithon9
, una piattaforma che
raccoglie informazioni e report di monitoraggio sui progetti
finanziati raccogliendo informazioni, interviste, documenti
direttamente dal territorio e dalle persone coinvolte nei
progetti. La seconda, derivante da una collaborazione tra
istituzioni e società civile, è il progetto “A Scuola di
OpenCoesione”10
, nel quale Ministero dell’Istruzione e
DPS mettono centinaia di studenti delle scuole superiori
nelle condizioni di leggere un progetto europeo,
comprendere documenti e procedure burocratiche,
analizzare i risultati di un progetto e comunicarli nel modo
più accattivante attraverso la collaborazione di giornalisti e
professionisti della visualizzazione dei dati.
Il quinto effetto è il graduale aumento di interesse, anche
da parte di enti privati, verso la pubblicazione di dati.
7
http://www.dps.gov.it/it/index.html
8
http://opencoesione.gov.it/
9
http://www.monithon.it/
10
http://www.ascuoladiopencoesione.it/
5. Progetti internazionali come opencorporates11
, la crescente
percezione del ruolo sociale delle imprese, il fascino della
visualizzazione complessa dei dati hanno portato molti
privati a diffondere informazioni sempre più puntuali sulle
loro attività.
Tutto sommato la situazione italiana è positiva, anche se
spesso si sottovalutano diversi aspetti. La pubblicazione di
dati interni all’amministrazione come Open Data ha un
complesso significato politico e amministrativo che va
molto al di là della visualizzazione di un file scaricabile sulla
pagina web di un'istituzione. Anzi, la scelta di pubblicare un
particolare dato in una particolare forma è, al netto di leggi
su privacy e diritto amministrativo, un atto prettamente
politico, in quanto decisione di confine, di contatto fra
amministrazione istituzionale e cittadinanza. E proprio su
questa frontiera si trova l'aspetto comunicativo che
rappresenta e fa da campione ai casi d'uso degli Open Data.
Usare correttamente questo strumento permette di dare a
tutti i mezzi per valutare nel modo migliore l’operato e per
comunicarlo nel modo più efficace: L’istituzione pubblica i
suoi dati, partendo da quelli viene creata la comunicazione
istituzionale e, per giustificare le scelte che hanno portato a
quelle attività e quelle spese, la politica utilizza gli stessi dati
e le informazioni derivate dalle elaborazioni fatte per la
comunicazione istituzionale per fare la sua comunicazione
e dare la sua chiave di lettura più o meno condivisibile ma,
una volta tanto, basata su informazioni fondate e
verificabili.
Fare tutto questo in modo efficace e non macchinoso
diventa ancor più importante da quando, attraverso il
11
https://opencorporates.com/
6. Decreto 33 del 14 marzo 201312
, è diventato obbligo di
legge pubblicare le informazioni sulla trasparenza
all’interno dei siti web delle istituzioni. Enti che avevano
avviato discorsi su Open Data prima dell’attivazione dei
portali trasparnza o che hanno colto l’occasione per avviarli
hanno dimostrato che il portale per la trasparenza ha molta
più utilità quando inquadrato in quell’ottica, piuttosto che
come strumento avulso dal reale uso dei dati.
Evidentemente questa maggiore utilità è sia procedurale (si
pubblica un solo file, non diversi ad uso interno, portale,
esterno), sia culturale (gli impiegati che si occupano di
esporre quei dati in modo efficace hanno già una storia di
uso delle informazioni).
A tutti questi aspetti numerici e tecnici si aggiunge
l’opportunità unica che l’Italia ha grazie alla sua storia e al
suo passato. Con 50 luoghi protetti dall’UNESCO come
beni dell’umanità13
, l’Italia è prima al mondo come storia e
cultura così come è prima nella densità con cui questa storia
e questa cultura diventano materia nelle opere artistiche e
architettoniche nel nostro paese. La valorizzazione di
queste è un onore straordinario che porta con se’ anche una
responsabilità immane non solo verso noi stessi, ma verso
tutta l’Umanità. I casi, negli ultimi anni, di crolli, di perdite
di opere nei trasferimenti fra musei, di disastrose
concessioni edilizie in zone archeologiche, dimostrano che
a volte non siamo in grado, a causa di eccessive
sovrastrutture legali retaggio di scelte del passato, carenze
tecnologiche e, a volte, carenze culturali, di valorizzare la
12
Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicita',
trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche
amministrazioni. - http://www.normattiva.it/uri-
res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:2013-03-14;33
13
http://whc.unesco.org/en/statesparties/it
7. nostra storia nel modo migliore. E’ necessario innanzitutto
accettare che la cultura storica e artistica siano in se’ un
prodotto, così come lo è già, più facilemente, la cultura eno-
gastronomica.
Un esempio emblematico di esportazione di cultura è
quello del Rijksmuseum14
di Amsterdam, che consente di
esplorare le varie collezioni prima di andare fisicamente a
vedere le opere, studiandole, approfondendole e – per il
marketing – stampando le opere o i dettagli delle opere
preferite su poster, cartoline, tazze, senza nemmeno lasciare
casa propria. Tutto questo non diminuisce le visite ai musei,
ma, anzi, le aumenta, anche grazie alla maggiore visibilità
delle singole opere disponibili a potenziali utenti. Questa
visibilità aumenta anche grazie alla possibilità di rielaborare
le opere, come dimostrano azioni artistiche quali le Public
Domain Remix15
, che hanno lo scopo di valorizzare opere
note e meno note favorendone il riuso e la rielaborazione
per nuove creazioni.
Gli Open Data culturali, territoriali e gestionali sono il
fondamentale punto di contatto fra mondi diversi.
Accettarlo è il primo passo verso la comprensione che non
esiste un dato “più utile” e uno “meno utile”, perché
ciascun dato rappresenta un aspetto della storia che ha
portato un gruppo sociale ad effettuare quella specifica
scelta e prendere quella specifica decisione. Solo la visione
unitaria e coerente dei vari dati consente veramente di
comprendere il passato e, in base a quello, prendere le
decisioni migliori per un domani nel quale sempre più la
complessità diventerà centrale.
14
https://www.rijksmuseum.nl/en/rijksstudio
15
http://france.publicdomainremix.org/