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Istigazione al lavoro
Il lavoro logora chi non ce l'ha
di Stefano Azzini
In un momento difficile come quello che stiamo vivendo, ci si aspetterebbe sia dai
dipendenti sia dagli imprenditori un maggiore impegno per contribuire, tutti insieme, a
superare le difficoltà nell'interesse reciproco, ma purtroppo non è cosi.
Troppe persone non hanno ancora capito che
“il lavoro è un dovere, e non è un diritto”
Questo è il vero significato dell'articolo 1 della nostra Costituzione.
E' vero che molti imprenditori e moltissimi lavoratori sembrano aver perso la voglia, il
desiderio e le motivazioni per continuare a lavorare bene, e per conseguire risultati per la
“propria” azienda, e per la “propria” società; o forse non le hanno mai avute.
Nei miei incontri cito sempre
La massima di Schulze
(inventore delle fibre ottiche)
Tre persone erano al lavoro in un cantiere; avevano il medesimo compito, ma quando
venne domandato loro cosa stessero facendo, le risposte furono diverse.
–Spacco pietre–, rispose il primo.
–Mi guadagno da vivere–, rispose il secondo.
–Partecipo alla costruzione di una cattedrale–, disse il terzo.
Io sono convinto che, se facessimo la stessa domanda agli operai di una qualsiasi fabbrica
italiana, coloro che risponderebbero come il terzo si conterebbero sulle dita delle mani.
Sembra che tanti lavoratori siano affetti dalla sindrome dello stringibulloni, riluttanti a
qualsiasi cambiamento venga loro richiesto di mettere in pratica sul lavoro, tanto che
talvolta sono di ostacolo, mettendo in difficoltà le aziende, che invece sono costrette a
cambiare per restare competitive sul mercato.
2
Sono gli “spaccatori di pietre” dannosi sia per essi stessi, sia per le aziende che li hanno
assunti; e i “poveri che si guadagnano da vivere”, dove troviamo persone incapaci di
“guardare oltre” e tantomeno di cercare motivazioni che li “spingano” almeno a far bene
quel poco che fanno.
Eppure ogni giorno a tutti noi accadono eventi che, anche se non vogliamo, ci costringono
a cambiare: idee, convinzioni, abitudini...... dovremmo essere “allenati” ormai......
Sottolineo il fatto che oggi nessuna azienda può permettersi di pagare spaccatori di pietre,
ma neanche persone demotivate che si trascinano avanti solo perché hanno bisogno di
lavorare per vivere.
C'è bisogno di persone che lavorano con passione,
perché sono le persone che fanno la differenza.
Ma quando penso a tutto ciò non posso non guardare indietro, ai favolosi “anni 80” del
secolo scorso, quando milioni di cinquantenni contavano i mesi, i giorni, le ore che li
separavano dalla tanto sospirata “pensione”. Che messaggio hanno dato a figli e nipoti
questi grandi lavoratori che in età ancora attiva, hanno “sfruttato” l'occasione per ritirarsi
dal lavoro, e mettersi a fare la “bella vita”?
Non possiamo più negare le conseguenze che questo modo di pensare ha rappresentato
per la società italiana.
Il pensionato entrato nel “libro paga dell'INPS”, con i 35 anni di anzianità nel vecchio
regime pensionistico dopo circa 15 anni (per alcuni 17, per altri 10 dipende dalle stime e
dalle rivalutazioni), ha già ripreso tutti i contributi da lui versati e diventa a tutti gli effetti
uno “statale” che percepisce lo stipendio senza lavorare.
Un mio vicino di casa diceva:
Lavorà fà sudà, sudà fà 'mmalà, 'mmalà fa mmorì.
E allora meglio starsene a casa senza far niente invece di continuare al lavorare. E se
proprio qualcuno decide di fare qualcosa lo fa in nero.
3
Al di là dell'ipocrisia, e del buonismo che viene fuori quando si affronta l'argomento, è
sicuramente necessario “cambiare” l'idea preconcetta che la maggior parte degli italiani ha
nei confronti del lavoro.
Parliamo di etica del lavoro, che riguarda sia imprenditori sia dipendenti:
Io non lavoro per vivere
Io non vivo per lavorare
Io lavoro per migliorare la qualità della mia vita,
di quella delle persone che amo,
e della società nella quale vivo,
e sto attento che ciò non danneggi altre persone o altre società.
=
Etica
Conoscete qualcuno che lavora partendo da questo principio?
Sicuramente il costruttore della cattedrale!
Recentemente ho pubblicato in poche righe la storia di un negoziante, che riepilogo qui
sotto, e che secondo me è una lezione per tutti coloro che si lamentano della crisi, che
sventolano cifre e statistiche riguardo gli esercizi commerciali che chiudono, e quelli che si
riempiono la bocca di paroloni inglesi sul marketing.
Conosco un macellaio, che due anni fa ha rilevato una macelleria, nella periferia di una
città di provincia; il proprietario, un anziano artigiano stava per lasciare, e, se non avesse
trovato lui, probabilmente il negozio avrebbe chiuso definitivamente.
Dall'inizio a oggi ha visto aumentare i suoi ricavi in maniera considerevole, nonostante
abbia un supermercato a 800 metri, e tutti i negozianti della zona si lamentano del calo di
vendite.
Tiene sempre il banco pulito, ordinato e ben fornito, cosi che a qualsiasi ora arrivi un
cliente, trova sempre una discreta varietà di prodotti.
Ha messo anche il POS, marchingegno moderno ancora osteggiato da molti bottegai, e si
mette un guanto quando deve prendere in mano i soldi, rispettando le regole HACCP.
Giovedì, venerdì e sabato arriva in negozio alle 6,00 di mattina e, se togliamo un'ora per
mangiare, resta lì almeno fino alle 20,00.
Dopo un anno ha imparato a conoscere i gusti e le preferenze dei suoi clienti, tanto che
quando entrano, è lui ad anticiparli e a suggerire cosa comprare.
Il suo lavoro è un servizio; Lui è a disposizione di chiunque voglia gustare della buona
carne.
Se suona il telefono e non può rispondere perché sta servendo un altro cliente, appena
può col tasto richiama si mette in contatto con chi lo ha cercato.
Non dice mai di no; e se qualcuno oggi gli chiede un pezzo o un taglio che non ha in
negozio, si adopera per averlo il giorno dopo.
Non fa nero, lo confermano le 4 visite della Finanza avute in 10 mesi.
A lui non pesano le giornate fatte di 13 ore, non si lamenta delle tasse, non si lamenterà se
non lo mandano in pensione a 60 anni, perché sicuramente manderà avanti il suo negozio
fino a quando non avrà raggiunto i 70.
Lui è contento perché ama il suo lavoro e lo fa bene;
è bravo, e i clienti lo premiano acquistando la sua carne.
Tutto ciò vale sia per gli imprenditori, sia per i dipendenti, ma è sempre più difficile trovare
persone motivate, perché, una persona motivata ama ciò che fa, e se l'amore non parte
da dentro di noi nessuno ci può motivare, come dice Arduino Mancini in una presentazione
che ho trovato su Slideshare:
…nessuno mi può motivare, nemmeno tu!
siamo tutti alla ricerca di un senso da dare alla nostra vita
tendiamo a identificare ciò che siamo con ciò che facciamo
la motivazione ad agire si manifesta quando riusciamo a fare cose che ci aiutano a dare
un senso alla nostra presenza e al nostro ruolo nell’ambiente in cui viviamo
possiamo aiutare le persone a dare un senso a ciò che fanno, favorendo la comparsa
della motivazione ad agire, ma in alcun caso possiamo generarla a comando.
Non esistono coach, o psicologi del lavoro capaci di far scattare “quella molla”. Se proprio
vogliamo fare un tentativo rivolgiamoci a uno psicologo tradizionale, perché il problema è
la persona e non il lavoro.
5
Sottolineo questo aspetto, perché, se da una parte ho una certa fiducia verso il coaching,
specialmente quando si parla di team building, e dello psicologo per lavorare sull'individuo,
l'esperienza mi ha fatto nascere un'avversione nei confronti degli psicologi del lavoro,
tanto che per me rivolgermi ad essi sarebbe come andare da un ortopedico per farsi
curare un'influenza.
La differenza la fanno sempre le persone.
Sui luoghi di lavoro e fuori.
Già, vi è mai capitato sentire qualcuno che dice:
quando lavoro sono cosi, ma fuori sono un'altra persona.
Vi fidate di chi si esprime in questi termini?
Perché si deve lavorare con una maschera?
E poi quale delle due facce è quella vera?
Già il nostro dualismo!
Talvolta non sappiamo cosa fare proprio perché siamo vittima del nostro stesso
dualismo.
Eppure quando superiamo i nostri conflitti interni siamo capaci di fare grandi cose,
anche se, talvolta non basta, se dobbiamo confrontarci con persone che hanno
obiettivi e aspettative diversi dai nostri.
Confrontiamoci con le idee:
Un'azione parte da un'idea.
La condivisione migliora l'idea.
L'idea tenuta in un cassetto non serve a nessuno.
L'idea non appartiene a chi la pensa ma a chi la mette in pratica migliorandola.
Le persone che si scambiano idee all'interno di un'azienda
e aumentano il valore della stessa.
VI ricordate l'ultima volta che vi siete impegnati per sviluppare e realizzare un'idea
nuova nel vostro lavoro? Quanto tempo è passato? Non vi sembra sia arrivato il
momento di riprovarci?
Faccio un passo indietro e torno ai nostri “nonni”, e pur essendo convinto che oggi ci siano
tantissimi bravi genitori e bravissimi giovani, non mi meraviglierei se i figli dei pensionati
degli anni 80, ovvero i genitori di oggi, grazie a quegli insegnamenti, abbiano figli, con
poca voglia di studiare e tanto meno di lavorare.
Un'esperienza che vissuta l'anno scorso, quando ho tenuto 3 lezioni in una scuola
professionale davanti a 90 ragazzi del 5° anno, ha rafforzato questa convinzione. Li mi
sono sentito come nel
III canto dell'inferno di Dante:
40
E io: “Maestro, che è tanto greve
a lor, che lamentar li fa sì forte?”
. Rispuose: “Dicerolti molto breve”.
43
Questi non hanno speranza di morte
e la lor cieca vita è tanto bassa,
che ‘nvidiosi son d’ogne altra sorte.
46
Fama di loro il mondo esser non lassa;
misericordia e giustizia li sdegna:
non ragioniam di lor, ma guarda e passa”.
Vedevo la maggior parte di loro, che mi ascoltavano distrattamente, e li immaginavo tristi e
lamentosi nel limbo di Dante, che guardavano passare un po' invidiosi, quelli che
andavano oltre ....... che magari avevano studiato e, dopo la scuola si erano dati da fare
per costruire qualcosa...... riuscendoci, nonostante tutto...... Si, forse qualcuno dirà che è
stata colpa mia, perché non sono stato abbastanza bravo nella mia esposizione. E' una
domanda che mi sono fatto anch'io. Però ho pensato, forse qualcuno ha fatto tesoro di
quanto detto, e magari fra un po' di tempo si ricorderà di “aver sentito qualcosa riguardo
a.....” e se ciò accadrà, allora il mio impegno sarà servito a qualcuno. E poi, almeno uno,
dei 90 studenti, alla fine dell'ultima lezione, si è fermato per salutarmi e ringraziarmi......
ma non era italiano!
La storia è piena di esempi di persone che hanno raggiunto traguardi impensabili grazie
soltanto al proprio impegno e alla propria volontà, fra i tanti vi cito:
7
Michael Faraday ( 1791-1867)
fisico e chimico britannico, studioso dell'elettromagnetismo
e dell'elettrochimica, inventore della dinamo.
Nato in una famiglia estremamente povera, iniziò a lavorare a 13 anni come fattorino nella
bottega di un libraio e divenuto apprendista rilegatore poté leggere molti libri, e studiare
chimica da autodidatta, fino a quando, grazie ad eventi fortuiti, dal 1810 poté iniziare a
frequentare lezioni regolari, negategli fino ad allora per il suo stato sociale.
Sue sono queste parole:
"La scienza ci insegna a non trascurare niente, a non disdegnare gli inizi modesti, in
quanto nel piccolo sono sempre presenti i principi del grande, come nel grande è
contenuto il piccolo."
Davanti a questo si può dire che “il lavoro logora chi non ce l'ha”, perché chi non ha di
che soddisfare le proprie necessità, e costretto a darsi da fare.
Quando siamo nel bisogno, per uscire dalla costrizione e dalla sofferenza,riusciamo a tirar
fuori energie che neppure pensavamo di avere.
Steve Jobs disse:
L'unico modo per fare bene il tuo lavoro è farlo con passione.
Se non hai ancora trovato il tuo, continua a cercare, non accontentarti.
Se l'individuo non riesce a trovare ciò che cerca, spesso è proprio perché non sta cosi
male, e penso ancora a quei ragazzi, che, mantenuti dai genitori, forse non si “sbattono
cosi tanto”. Ebbene questi giovanotti, se non si guardano dentro e si danno una mossa,
saranno tutti futuri spaccatori di pietre.
E dall'altra parte chi lavora e si è adagiato su qualcosa che non gli appartiene, deve
essere “istigato al lavoro”, essere stimolato a cambiare mentalità e approccio nei
confronti del lavoro, prendendo atto che non è qualcosa di negativo o di brutto, ma è parte
di noi, e rappresenta il contributo che ognuno deve alla società, nella quale non può vivere
come un parassita.
8
In un video della HCL che ti invito a guardare
https://www.youtube.com/watch?v=_Plr_9iwMqY si dice:
“ We are all employees” (siamo tutti dipendenti), intendendo non solo la dipendenza di
chi lavora in un'azienda, ma “dipendenti gli uni dagli altri”, perché le scelte di uno, spesso
condizionano i risultati e il benessere di molti.
A titolari e dipendenti di aziende turistiche alberghiere dico:
Titolari: smettete di trattare i vostri dipendenti come subalterni, trattateli come
collaboratori. Essere imprenditore comporta una responsabilità sociale. Non può esistere
improvvisazione e impreparazione. Indipendentemente dalla grandezza, la vostra impresa
vende un servizio, è parte di un territorio e di un contesto socio-economico che merita la
vostra attenzione e il vostro rispetto. Se un vostro cliente va via insoddisfatto, non ne
risente soltanto la sua reputazione, ma anche quella del territorio.
Dipendenti: smettete di pensare che il lavoro sia solo una grande seccatura, o un periodo
di tempo che siete costretti a passare lontano dai vostri veri interessi. Anche voi avete una
responsabilità sociale. Avete la responsabilità di fare bene il vostro lavoro, essere
professionalmente preparati e aggiornati, affinché l'azienda dove lavorate tragga il
massimo beneficio dalla vostra attività; beneficio che ricade positivamente anche sul
territorio di cui fa parte. Se un dipendente tratta male un cliente, non fa male solo alla
reputazione dell'azienda ma si ripercuote negativamente anche sul territorio.
Il titolare deve fare tutto ciò che è possibile affinché l'azienda prosperi, e che eventuali
errori non ricadano sulle spalle dei dipendenti e della società di cui fa parte cosciente che
il profitto non è tutto.
Il dipendente deve fare tutto il possibile affinché l'azienda continui a prosperare e che
eventuali suoi errori non ne compromettano il buon andamento, cosciente che il suo
interesse è legato ad essa, un'azienda che chiude è un danno per tutti, non solo per i
dipendenti che restano senza lavoro.
Dipende da noi.
Perché alla fine tutti gli sforzi diventano inutili se non abbiamo le giuste motivazioni
che devono partire da noi stessi.
9
Le persone fanno la differenza
Henry Ford nel 1908 ha detto
C'è una regola per l'industriale:
fai il miglior prodotto possibile al minor costo possibile,
pagando i massimi stipendi possibili.
E Vincent Van Gogh
Bisogna lavorare e osare se si vuole vivere veramente
Sul libro Strategia Oceano Blu si dice:
L'unico modo per battere la concorrenza è
smettere di cercare di battere la concorrenza.
Per conseguire l'obiettivo bisogna:
- partire dal prodotto, differenziandolo da quelli della concorrenza per renderlo unico;
- ridurre il costo di produzione attivando economie di scala e nuove tecniche atte a
migliorare la qualità del prodotto;
- tutto ciò per creare valore per i clienti a un prezzo decisamente inferiore rispetto alla
qualità percepita.
Differenziazione + contenimento dei costi = valore
Pensate che sia possibile mettere in pratica questi obiettivi
senza la collaborazione e lo sforzo di tutti?
Stephen R. Covey
“Molte persone non ascoltano perché vogliono capire,
ascoltano solo perché vogliono rispondere.”
Voi come ascoltate chi vi sta intorno?
10
Vi lascio alla lettura dei 10 comandamenti del marketing 3.0 di Philip Kotler, il marketing
moderno che ha radici antiche; insegnamenti che valgono per tutti i settori, e non è un
caso che il primo inizi con la parola ama e l'ultimo termini con buonsenso; sperando che
siano di stimolo e ispirazione per tutti coloro che ancora non trovano motivazione
sufficiente nel lavoro che fanno, cosi come lo sono per me.
10 comandamenti del marketing 3.0 di Philip Kotler
1 – Ama i tuoi clienti e rispetta i tuoi concorrenti.
2 – Attenti al cambiamento, pronti a cambiare.
3 – Tutela il tuo nome, sii chiaro circa la tua identità.
4 – I clienti sono diversi: rivolgiti prima di tutto a quelli cui puoi offrire i
massimi vantaggi.
5 – offri sempre il massimo a un prezzo equo.
6 – Sii sempre disponibile e diffondi la buona novella.
7 – fatti una clientela, mantienila e accrescila.
8 – Qualunque sia, il tuo business è un servizio.
9 – Affina costantemente i tuoi processi di business a livello di qualità, costo e
risultati.
10 – Raccogli tutte le informazioni appropriate, ma poi decidi in base al tuo
buonsenso.
Se lavorate nel settore turistico ricettivo-alberghiero, nella ristorazione, o nella produzione
alimentari, vi invito a leggere i miei manuali professionali.
Grazie
Stefano Azzini
www.clientecontento.it

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Istigazione al lavoro - il lavoro logora chi non ce l'ha

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  • 2. In un momento difficile come quello che stiamo vivendo, ci si aspetterebbe sia dai dipendenti sia dagli imprenditori un maggiore impegno per contribuire, tutti insieme, a superare le difficoltà nell'interesse reciproco, ma purtroppo non è cosi. Troppe persone non hanno ancora capito che “il lavoro è un dovere, e non è un diritto” Questo è il vero significato dell'articolo 1 della nostra Costituzione. E' vero che molti imprenditori e moltissimi lavoratori sembrano aver perso la voglia, il desiderio e le motivazioni per continuare a lavorare bene, e per conseguire risultati per la “propria” azienda, e per la “propria” società; o forse non le hanno mai avute. Nei miei incontri cito sempre La massima di Schulze (inventore delle fibre ottiche) Tre persone erano al lavoro in un cantiere; avevano il medesimo compito, ma quando venne domandato loro cosa stessero facendo, le risposte furono diverse. –Spacco pietre–, rispose il primo. –Mi guadagno da vivere–, rispose il secondo. –Partecipo alla costruzione di una cattedrale–, disse il terzo. Io sono convinto che, se facessimo la stessa domanda agli operai di una qualsiasi fabbrica italiana, coloro che risponderebbero come il terzo si conterebbero sulle dita delle mani. Sembra che tanti lavoratori siano affetti dalla sindrome dello stringibulloni, riluttanti a qualsiasi cambiamento venga loro richiesto di mettere in pratica sul lavoro, tanto che talvolta sono di ostacolo, mettendo in difficoltà le aziende, che invece sono costrette a cambiare per restare competitive sul mercato. 2
  • 3. Sono gli “spaccatori di pietre” dannosi sia per essi stessi, sia per le aziende che li hanno assunti; e i “poveri che si guadagnano da vivere”, dove troviamo persone incapaci di “guardare oltre” e tantomeno di cercare motivazioni che li “spingano” almeno a far bene quel poco che fanno. Eppure ogni giorno a tutti noi accadono eventi che, anche se non vogliamo, ci costringono a cambiare: idee, convinzioni, abitudini...... dovremmo essere “allenati” ormai...... Sottolineo il fatto che oggi nessuna azienda può permettersi di pagare spaccatori di pietre, ma neanche persone demotivate che si trascinano avanti solo perché hanno bisogno di lavorare per vivere. C'è bisogno di persone che lavorano con passione, perché sono le persone che fanno la differenza. Ma quando penso a tutto ciò non posso non guardare indietro, ai favolosi “anni 80” del secolo scorso, quando milioni di cinquantenni contavano i mesi, i giorni, le ore che li separavano dalla tanto sospirata “pensione”. Che messaggio hanno dato a figli e nipoti questi grandi lavoratori che in età ancora attiva, hanno “sfruttato” l'occasione per ritirarsi dal lavoro, e mettersi a fare la “bella vita”? Non possiamo più negare le conseguenze che questo modo di pensare ha rappresentato per la società italiana. Il pensionato entrato nel “libro paga dell'INPS”, con i 35 anni di anzianità nel vecchio regime pensionistico dopo circa 15 anni (per alcuni 17, per altri 10 dipende dalle stime e dalle rivalutazioni), ha già ripreso tutti i contributi da lui versati e diventa a tutti gli effetti uno “statale” che percepisce lo stipendio senza lavorare. Un mio vicino di casa diceva: Lavorà fà sudà, sudà fà 'mmalà, 'mmalà fa mmorì. E allora meglio starsene a casa senza far niente invece di continuare al lavorare. E se proprio qualcuno decide di fare qualcosa lo fa in nero. 3
  • 4. Al di là dell'ipocrisia, e del buonismo che viene fuori quando si affronta l'argomento, è sicuramente necessario “cambiare” l'idea preconcetta che la maggior parte degli italiani ha nei confronti del lavoro. Parliamo di etica del lavoro, che riguarda sia imprenditori sia dipendenti: Io non lavoro per vivere Io non vivo per lavorare Io lavoro per migliorare la qualità della mia vita, di quella delle persone che amo, e della società nella quale vivo, e sto attento che ciò non danneggi altre persone o altre società. = Etica Conoscete qualcuno che lavora partendo da questo principio? Sicuramente il costruttore della cattedrale! Recentemente ho pubblicato in poche righe la storia di un negoziante, che riepilogo qui sotto, e che secondo me è una lezione per tutti coloro che si lamentano della crisi, che sventolano cifre e statistiche riguardo gli esercizi commerciali che chiudono, e quelli che si riempiono la bocca di paroloni inglesi sul marketing. Conosco un macellaio, che due anni fa ha rilevato una macelleria, nella periferia di una città di provincia; il proprietario, un anziano artigiano stava per lasciare, e, se non avesse trovato lui, probabilmente il negozio avrebbe chiuso definitivamente. Dall'inizio a oggi ha visto aumentare i suoi ricavi in maniera considerevole, nonostante abbia un supermercato a 800 metri, e tutti i negozianti della zona si lamentano del calo di vendite. Tiene sempre il banco pulito, ordinato e ben fornito, cosi che a qualsiasi ora arrivi un cliente, trova sempre una discreta varietà di prodotti. Ha messo anche il POS, marchingegno moderno ancora osteggiato da molti bottegai, e si mette un guanto quando deve prendere in mano i soldi, rispettando le regole HACCP. Giovedì, venerdì e sabato arriva in negozio alle 6,00 di mattina e, se togliamo un'ora per mangiare, resta lì almeno fino alle 20,00.
  • 5. Dopo un anno ha imparato a conoscere i gusti e le preferenze dei suoi clienti, tanto che quando entrano, è lui ad anticiparli e a suggerire cosa comprare. Il suo lavoro è un servizio; Lui è a disposizione di chiunque voglia gustare della buona carne. Se suona il telefono e non può rispondere perché sta servendo un altro cliente, appena può col tasto richiama si mette in contatto con chi lo ha cercato. Non dice mai di no; e se qualcuno oggi gli chiede un pezzo o un taglio che non ha in negozio, si adopera per averlo il giorno dopo. Non fa nero, lo confermano le 4 visite della Finanza avute in 10 mesi. A lui non pesano le giornate fatte di 13 ore, non si lamenta delle tasse, non si lamenterà se non lo mandano in pensione a 60 anni, perché sicuramente manderà avanti il suo negozio fino a quando non avrà raggiunto i 70. Lui è contento perché ama il suo lavoro e lo fa bene; è bravo, e i clienti lo premiano acquistando la sua carne. Tutto ciò vale sia per gli imprenditori, sia per i dipendenti, ma è sempre più difficile trovare persone motivate, perché, una persona motivata ama ciò che fa, e se l'amore non parte da dentro di noi nessuno ci può motivare, come dice Arduino Mancini in una presentazione che ho trovato su Slideshare: …nessuno mi può motivare, nemmeno tu! siamo tutti alla ricerca di un senso da dare alla nostra vita tendiamo a identificare ciò che siamo con ciò che facciamo la motivazione ad agire si manifesta quando riusciamo a fare cose che ci aiutano a dare un senso alla nostra presenza e al nostro ruolo nell’ambiente in cui viviamo possiamo aiutare le persone a dare un senso a ciò che fanno, favorendo la comparsa della motivazione ad agire, ma in alcun caso possiamo generarla a comando. Non esistono coach, o psicologi del lavoro capaci di far scattare “quella molla”. Se proprio vogliamo fare un tentativo rivolgiamoci a uno psicologo tradizionale, perché il problema è la persona e non il lavoro. 5
  • 6. Sottolineo questo aspetto, perché, se da una parte ho una certa fiducia verso il coaching, specialmente quando si parla di team building, e dello psicologo per lavorare sull'individuo, l'esperienza mi ha fatto nascere un'avversione nei confronti degli psicologi del lavoro, tanto che per me rivolgermi ad essi sarebbe come andare da un ortopedico per farsi curare un'influenza. La differenza la fanno sempre le persone. Sui luoghi di lavoro e fuori. Già, vi è mai capitato sentire qualcuno che dice: quando lavoro sono cosi, ma fuori sono un'altra persona. Vi fidate di chi si esprime in questi termini? Perché si deve lavorare con una maschera? E poi quale delle due facce è quella vera? Già il nostro dualismo! Talvolta non sappiamo cosa fare proprio perché siamo vittima del nostro stesso dualismo. Eppure quando superiamo i nostri conflitti interni siamo capaci di fare grandi cose, anche se, talvolta non basta, se dobbiamo confrontarci con persone che hanno obiettivi e aspettative diversi dai nostri. Confrontiamoci con le idee: Un'azione parte da un'idea. La condivisione migliora l'idea. L'idea tenuta in un cassetto non serve a nessuno. L'idea non appartiene a chi la pensa ma a chi la mette in pratica migliorandola. Le persone che si scambiano idee all'interno di un'azienda e aumentano il valore della stessa. VI ricordate l'ultima volta che vi siete impegnati per sviluppare e realizzare un'idea nuova nel vostro lavoro? Quanto tempo è passato? Non vi sembra sia arrivato il momento di riprovarci?
  • 7. Faccio un passo indietro e torno ai nostri “nonni”, e pur essendo convinto che oggi ci siano tantissimi bravi genitori e bravissimi giovani, non mi meraviglierei se i figli dei pensionati degli anni 80, ovvero i genitori di oggi, grazie a quegli insegnamenti, abbiano figli, con poca voglia di studiare e tanto meno di lavorare. Un'esperienza che vissuta l'anno scorso, quando ho tenuto 3 lezioni in una scuola professionale davanti a 90 ragazzi del 5° anno, ha rafforzato questa convinzione. Li mi sono sentito come nel III canto dell'inferno di Dante: 40 E io: “Maestro, che è tanto greve a lor, che lamentar li fa sì forte?” . Rispuose: “Dicerolti molto breve”. 43 Questi non hanno speranza di morte e la lor cieca vita è tanto bassa, che ‘nvidiosi son d’ogne altra sorte. 46 Fama di loro il mondo esser non lassa; misericordia e giustizia li sdegna: non ragioniam di lor, ma guarda e passa”. Vedevo la maggior parte di loro, che mi ascoltavano distrattamente, e li immaginavo tristi e lamentosi nel limbo di Dante, che guardavano passare un po' invidiosi, quelli che andavano oltre ....... che magari avevano studiato e, dopo la scuola si erano dati da fare per costruire qualcosa...... riuscendoci, nonostante tutto...... Si, forse qualcuno dirà che è stata colpa mia, perché non sono stato abbastanza bravo nella mia esposizione. E' una domanda che mi sono fatto anch'io. Però ho pensato, forse qualcuno ha fatto tesoro di quanto detto, e magari fra un po' di tempo si ricorderà di “aver sentito qualcosa riguardo a.....” e se ciò accadrà, allora il mio impegno sarà servito a qualcuno. E poi, almeno uno, dei 90 studenti, alla fine dell'ultima lezione, si è fermato per salutarmi e ringraziarmi...... ma non era italiano! La storia è piena di esempi di persone che hanno raggiunto traguardi impensabili grazie soltanto al proprio impegno e alla propria volontà, fra i tanti vi cito: 7
  • 8. Michael Faraday ( 1791-1867) fisico e chimico britannico, studioso dell'elettromagnetismo e dell'elettrochimica, inventore della dinamo. Nato in una famiglia estremamente povera, iniziò a lavorare a 13 anni come fattorino nella bottega di un libraio e divenuto apprendista rilegatore poté leggere molti libri, e studiare chimica da autodidatta, fino a quando, grazie ad eventi fortuiti, dal 1810 poté iniziare a frequentare lezioni regolari, negategli fino ad allora per il suo stato sociale. Sue sono queste parole: "La scienza ci insegna a non trascurare niente, a non disdegnare gli inizi modesti, in quanto nel piccolo sono sempre presenti i principi del grande, come nel grande è contenuto il piccolo." Davanti a questo si può dire che “il lavoro logora chi non ce l'ha”, perché chi non ha di che soddisfare le proprie necessità, e costretto a darsi da fare. Quando siamo nel bisogno, per uscire dalla costrizione e dalla sofferenza,riusciamo a tirar fuori energie che neppure pensavamo di avere. Steve Jobs disse: L'unico modo per fare bene il tuo lavoro è farlo con passione. Se non hai ancora trovato il tuo, continua a cercare, non accontentarti. Se l'individuo non riesce a trovare ciò che cerca, spesso è proprio perché non sta cosi male, e penso ancora a quei ragazzi, che, mantenuti dai genitori, forse non si “sbattono cosi tanto”. Ebbene questi giovanotti, se non si guardano dentro e si danno una mossa, saranno tutti futuri spaccatori di pietre. E dall'altra parte chi lavora e si è adagiato su qualcosa che non gli appartiene, deve essere “istigato al lavoro”, essere stimolato a cambiare mentalità e approccio nei confronti del lavoro, prendendo atto che non è qualcosa di negativo o di brutto, ma è parte di noi, e rappresenta il contributo che ognuno deve alla società, nella quale non può vivere come un parassita. 8
  • 9. In un video della HCL che ti invito a guardare https://www.youtube.com/watch?v=_Plr_9iwMqY si dice: “ We are all employees” (siamo tutti dipendenti), intendendo non solo la dipendenza di chi lavora in un'azienda, ma “dipendenti gli uni dagli altri”, perché le scelte di uno, spesso condizionano i risultati e il benessere di molti. A titolari e dipendenti di aziende turistiche alberghiere dico: Titolari: smettete di trattare i vostri dipendenti come subalterni, trattateli come collaboratori. Essere imprenditore comporta una responsabilità sociale. Non può esistere improvvisazione e impreparazione. Indipendentemente dalla grandezza, la vostra impresa vende un servizio, è parte di un territorio e di un contesto socio-economico che merita la vostra attenzione e il vostro rispetto. Se un vostro cliente va via insoddisfatto, non ne risente soltanto la sua reputazione, ma anche quella del territorio. Dipendenti: smettete di pensare che il lavoro sia solo una grande seccatura, o un periodo di tempo che siete costretti a passare lontano dai vostri veri interessi. Anche voi avete una responsabilità sociale. Avete la responsabilità di fare bene il vostro lavoro, essere professionalmente preparati e aggiornati, affinché l'azienda dove lavorate tragga il massimo beneficio dalla vostra attività; beneficio che ricade positivamente anche sul territorio di cui fa parte. Se un dipendente tratta male un cliente, non fa male solo alla reputazione dell'azienda ma si ripercuote negativamente anche sul territorio. Il titolare deve fare tutto ciò che è possibile affinché l'azienda prosperi, e che eventuali errori non ricadano sulle spalle dei dipendenti e della società di cui fa parte cosciente che il profitto non è tutto. Il dipendente deve fare tutto il possibile affinché l'azienda continui a prosperare e che eventuali suoi errori non ne compromettano il buon andamento, cosciente che il suo interesse è legato ad essa, un'azienda che chiude è un danno per tutti, non solo per i dipendenti che restano senza lavoro. Dipende da noi. Perché alla fine tutti gli sforzi diventano inutili se non abbiamo le giuste motivazioni che devono partire da noi stessi. 9
  • 10. Le persone fanno la differenza Henry Ford nel 1908 ha detto C'è una regola per l'industriale: fai il miglior prodotto possibile al minor costo possibile, pagando i massimi stipendi possibili. E Vincent Van Gogh Bisogna lavorare e osare se si vuole vivere veramente Sul libro Strategia Oceano Blu si dice: L'unico modo per battere la concorrenza è smettere di cercare di battere la concorrenza. Per conseguire l'obiettivo bisogna: - partire dal prodotto, differenziandolo da quelli della concorrenza per renderlo unico; - ridurre il costo di produzione attivando economie di scala e nuove tecniche atte a migliorare la qualità del prodotto; - tutto ciò per creare valore per i clienti a un prezzo decisamente inferiore rispetto alla qualità percepita. Differenziazione + contenimento dei costi = valore Pensate che sia possibile mettere in pratica questi obiettivi senza la collaborazione e lo sforzo di tutti? Stephen R. Covey “Molte persone non ascoltano perché vogliono capire, ascoltano solo perché vogliono rispondere.” Voi come ascoltate chi vi sta intorno? 10
  • 11. Vi lascio alla lettura dei 10 comandamenti del marketing 3.0 di Philip Kotler, il marketing moderno che ha radici antiche; insegnamenti che valgono per tutti i settori, e non è un caso che il primo inizi con la parola ama e l'ultimo termini con buonsenso; sperando che siano di stimolo e ispirazione per tutti coloro che ancora non trovano motivazione sufficiente nel lavoro che fanno, cosi come lo sono per me. 10 comandamenti del marketing 3.0 di Philip Kotler 1 – Ama i tuoi clienti e rispetta i tuoi concorrenti. 2 – Attenti al cambiamento, pronti a cambiare. 3 – Tutela il tuo nome, sii chiaro circa la tua identità. 4 – I clienti sono diversi: rivolgiti prima di tutto a quelli cui puoi offrire i massimi vantaggi. 5 – offri sempre il massimo a un prezzo equo. 6 – Sii sempre disponibile e diffondi la buona novella. 7 – fatti una clientela, mantienila e accrescila. 8 – Qualunque sia, il tuo business è un servizio. 9 – Affina costantemente i tuoi processi di business a livello di qualità, costo e risultati. 10 – Raccogli tutte le informazioni appropriate, ma poi decidi in base al tuo buonsenso. Se lavorate nel settore turistico ricettivo-alberghiero, nella ristorazione, o nella produzione alimentari, vi invito a leggere i miei manuali professionali. Grazie Stefano Azzini www.clientecontento.it