1. La Coppia e la Famiglia
Corso 240 ore
Esperto Mediatore Familiare
Aprile – Luglio 2013
2. Ecco alcune delle cose che ho imparato nella vita:
-Che non importa quanto sia buona una persona,
ogni tanto ti ferirà.
E per questo, bisognerà che tu la perdoni.
3. -Che ci vogliono anni per costruire la fiducia e
solo pochi secondi per distruggerla.
-Che non dobbiamo cambiare amici, se
comprendiamo che gli amici cambiano.
-Che le circostanze e l'ambiente hanno influenza
su di noi, ma noi siamo responsabili di noi stessi.
4. -Che, o sarai tu a controllare i tuoi atti, o essi
controlleranno te.
-Ho imparato che gli eroi sono persone che hanno
fatto ciò che era necessario fare, affrontandone le
conseguenze.
-Che la pazienza richiede molta pratica.
-Che ci sono persone che ci amano, ma che
semplicemente non sanno come dimostrarlo.
5. -Che a volte, la persona che tu pensi ti sferrerà
il colpo mortale quando cadrai, è invece una di
quelle poche che ti aiuteranno a rialzarti.
-Che solo perché qualcuno non ti ama come tu
vorresti, non significa che non ti ami con tutto
se stesso.
-Che non si deve mai dire a un bambino che i
sogni sono sciocchezze: sarebbe una tragedia
se lo credesse.
6. -Che non sempre è sufficiente essere
perdonato da qualcuno. Nella
maggior parte dei casi sei tu a dover
perdonare te stesso.
7. -Che non importa in quanti pezzi il tuo
cuore si è spezzato; il mondo non si
ferma, aspettando che tu lo ripari.
-Forse Dio vuole che incontriamo un po'
di gente sbagliata prima di incontrare
quella giusta, così quando finalmente la
incontriamo, sapremo come essere
riconoscenti per quel regalo.
-Quando la porta della felicità si chiude,
un'altra si apre, ma tante volte guardiamo
così a lungo a quella chiusa, che non
vediamo quella che è stata aperta per noi.
8. -La miglior specie d'amico è quel tipo con cui
puoi stare seduto in un portico e camminarci
insieme, senza dire una parola, e quando vai
via senti che è come se fosse stata la miglior
conversazione mai avuta.
-È vero che non conosciamo ciò che abbiamo
prima di perderlo, ma è anche vero che non
sappiamo ciò che ci è mancato prima che
arrivi.
-Ci vuole solo un minuto per offendere
qualcuno, un'ora per piacergli, e un giorno per
amarlo, ma ci vuole una vita per dimenticarlo.
9. -Non cercare le apparenze, possono
ingannare.
-Non cercare la salute, anche quella può
affievolirsi.
-Cerca qualcuno che ti faccia sorridere perché
ci vuole solo un sorriso per far sembrare
brillante una giornataccia.
10. -Puoi avere abbastanza felicità da
renderti dolce, difficoltà a sufficienza
da renderti forte, dolore abbastanza da
renderti umano, speranza sufficiente a
renderti felice.
-Mettiti sempre nei panni degli altri. Se
ti senti stretto, probabilmente anche
loro si sentono così.
11. -Le più felici delle persone, non necessariamente
hanno il meglio di ogni cosa; soltanto traggono il
meglio da ogni cosa che capita sul loro cammino.
-L'amore comincia con un sorriso, cresce con un
bacio e finisce con un the.
-Il miglior futuro è basato sul passato dimenticato,
non puoi andare bene nella vita prima di lasciare
andare i tuoi fallimenti passati e tuoi dolori.
-Quando sei nato, stavi piangendo e tutti intorno a
te sorridevano. Vivi la tua vita in modo che
quando morirai, tu sia l'unico che sorride e ognuno
intorno a te piange.
12. La scelta del partner è un processo
strettamente interconnesso con la storia
individuale e familiare di ciascun individuo,
in quanto il nuovo partner di solito viene
scelto per somiglianza o differenza con il
genitore di sesso opposto.
13. Nel primo caso (somiglianza) si parla di
scelta complementare, in cui c’è uno
spostamento sul coniuge del primo oggetto
d’amore, e l’uomo quindi sceglie una donna
che somiglia alla propria madre, e la donna
sceglie un uomo che somiglia al proprio
padre.
Nel secondo caso (differenza) invece si parla
di scelta per contrasto, in cui il partner viene
investito di aspettative in apparente
contrasto con i modelli genitoriali (Malagoli
Togliatti, Lubrano Lavadera, 2002; Malagoli
Togliatti, Agrisani, Barone, 2003).
14. Appare sempre più
fondata, infatti, l'ipotesi
secondo cui i modelli
relazionali sperimentati nella
famiglia di origine tendano in
epoca successiva ad essere
estesi anche alle relazioni
adulte ed in particolare a
quelle amorose......
Tale ipotesi si fonda sulla
Teoria dell'Attaccamento
elaborata da Bowlby (1969)
ed in seguito sviluppata da
Ainsworth (1989)
15. COSA SI INTENDE PER ATTACCAMENTO?
E’ un legame affettivo e comportamentale
che ha lo scopo di assicurare protezione al
bambino: ciò avviene tramite il
monitoraggio costante della posizione del
caregiver, la regolazione della distanza
fisica dall’adulto in funzione della
specifica situazione e l’attivazione o
disattivazione di comportamenti di
attaccamento e di esplorazione.
16. Il concetto di attaccamento si è diffuso nella psicologia
dello sviluppo a partire dagli anni ’80 e riassume l’insieme
dei comportamenti ed emozioni che nella prima infanzia
favoriscono o inibiscono la vicinanza ed il mantenimento
del contatto fisico, ma soprattutto emotivo sia da parte del
bambino che del genitore
Cruciale è la sensazione di avere ricevuto un vero sostegno
emotivo ed una reale disponibilità da parte del genitore
soprattutto nei momenti di difficoltà.
17. RESPONSIVITA’
I primi studi sulla responsività nelle interazioni madre-bambino hanno
posto l’accento sulla componente affettiva di questo costrutto, che
riflette l’instaurarsi di un primo forte legame emotivo con la principale
figura di attaccamento.
Le ricerche che si sono focalizzate sugli episodi di attenzione
condivisa, che si costruiscono nell’interazione con la madre intorno
alla metà del primo anno di vita del b/no, si sono invece soffermate su
ciò che caratterizza un comportamento responsivo materno secondo
una dimensione interattiva e comunicativa.
18. Il sistema di attaccamento è, quindi, sempre
attivo a qualche livello: è, infatti,
preoccupazione primaria del bambino quella di
sapere in ogni istante dove si trova il suo adulto
di riferimento; nelle situazioni in cui non vi è una
percezione di pericolo, il bambino si accontenta
di tenere blandamente sotto controllo la
posizione dell’adulto e si può dedicare alle
proprie attività di esplorazione.
19. Nelle situazioni di “sicurezza”, quindi, il sistema
comportamentale dell’attaccamento è relativamente
inattivo, mentre parte preponderante possono
assumere i comportamenti riconducibili al sistema
esplorativo.
Non appena avviene una modificazione ed aumenta
la probabilità del determinarsi di una condizione di
pericolo, la situazione cambia radicalmente. Il
bambino tende a ridurre od interrompere i
comportamenti di esplorazione e ad attivare quelli di
attaccamento; secondo l’età e la situazione
chiamerà l’adulto e/o si avvicinerà ad esso,
richiederà il contatto fisico e, se necessario, vorrà
essere preso in braccio, consolato e protetto.
20. Da un punto di vista
comportamentale, dunque, la
relazione di attaccamento può
essere descritta come un
dispositivo che regola
costantemente e dinamicamente
l’equilibrio ed il bilanciamento tra
attaccamento ed esplorazione.
21. Quando tale bilanciamento è adeguato, il
bambino si trova in una situazione di relativa
protezione e sperimenterà un sentimento di
sicurezza.
Vi sono, però, varie situazioni in cui non si
determina un adeguato bilanciamento fra
attaccamento ed esplorazione.
22. Anche se tutti i bambini tendono a stabilire
una relazione di attaccamento con la figura
che si prende cura di loro, la qualità di
questa relazione dipende dalle
caratteristiche e dalla storia interattiva dei
due partner e tende a mantenersi stabile ed
a manifestarsi in diversi contesti e
momenti.
PRINCIPIO DI GENERALIZZAZIONE
23. Una relazione caratterizzata da
sufficiente sicurezza e sensibilità
reciproche, tenderà a manifestare tali
caratteristiche nella maggior parte dei
contesti, soprattutto quando le
condizioni ambientali richiedono la
gestione di eventi o situazioni che
sollecitano il sistema di attaccamento,
come la negoziazione delle separazioni
o i momenti di disagio e stress.
24. LA BASE SICURA
Viceversa, relazioni genitore-figlio
caratterizzate da incomprensioni e
difficoltà reciproche o da strategie
interattive di tipo difensivo,
evidenzieranno carenze e
distorsioni nella possibilità di
utilizzare l’adulto come base
sicura.
25. Stabilire una relazione di attaccamento
efficace è uno dei compiti evolutivi
fondamentali per il bambino sin dall’inizio
della vita.
Tale relazione può costituirsi solamente
se il caregiver adulto è disponibile e
sensibile ai bisogni del piccolo....
26. Quando si valuta l’attaccamento, pertanto, si
valuta una caratteristica di qualità di tale
relazione, che va al di là dello scambio
interattivo osservato;
una qualità strutturale della relazione che fa
riferimento alla modalità con cui viene gestito
l’equilibrio dinamico fra attaccamento ed
esplorazione, fra autonomia e dipendenza.
27. PATTERN DI ATTACCAMENTO
Nell’infanzia, dalla relazione madre-b/no
si sviluppano comportamenti di
attaccamento che possono essere
classificati in una delle quattro
categorie seguenti:
28. TIPOLOGIA COMPORTAMENTO RISPOSTA BAMBINO
ATTACCAMENTO CAREGIVER
LEGAME SICURO La madre è sensibile il bambino esplora
ai segnali del l’ambiente attivamente.
bambino e
responsiva alle sue
richieste. Inoltre è
supportiva in episodi
di stress.
LEGAME ANSIOSO- La madre è In presenza della
AMBIVALENTE imprevedibile nelle madre, il bambino si
risposte alle richieste mantiene stretto ad
del bambino: mostra, essa. In assenza di
Alternativamente lei, il piccolo mostra
comportamenti molto segni intensi di
affettivi e rifiutanti, sconforto, piange e
non in sintonia non manifesta
rispetto ai bisogni del attività esplorativa.
figlio.
29. TIPOLOGIA COMPORTAMENTO RISPOSTA BAMBINO
ATTACCAMENTO CAREGIVER
LEGAME ANSIOSO- La madre rifiuta il In presenza e in
EVITANTE contatto fisico, assenza della
anche in situazioni madre, il bambino
di stress del sembra indifferente,
bambino. del tutto preso dai
giochi. Mostra
indifferenza alla
separazione ed alla
solitudine.
30. Attaccamento Disorganizzato/disorientato
Presenza di comportamenti
contraddittori (es.) e di
disorganizzazione, in cui il b/no non
sembra del tutto consapevole rispetto
a quanto accade nell’ambiente
circostante.
31. In particolare anche per analizzare le caratteristiche
del legame di coppia possiamo parlare di quattro
pattern di attaccamento o legame:
• MODELLO SICURO,
quando si è in grado di vivere esperienze intime e di
ricevere e chiedere aiuto all’altro, senza manifestare
paure particolari di abbandono;
• MODELLO EVITANTE O DISTACCATO,
quando l’adulto in questione mostra di sentirsi a
disagio nei contesti di intimità e di essere incapace di
dipendere dall’altro e di fidarsi dell’altro;
• MODELLO ANSIOSO/AMBIVALENTE,
quando l’adulto mostra dubbio e preoccupazione circa
l’affidabilità dell’altro e circa la sua disponibilità a
soddisfare le proprie richieste affettive.
32. Sono vari gli approcci teorici che concordano
nell’affermare che le relazioni intime tra adulti siano
fortemente influenzate dagli eventi affettivi accaduti
nella prima infanzia fra madre (care-giver) e
bambino.
Riuscire a coinvolgersi in una relazione di coppia,
infatti, dipende molto dal ciclo evolutivo compiuto
dai partner: quando i processi di individuazione si
sono ben sviluppati, quando vi è un sano progetto
di separazione dalla famiglia d’origine, allora vi è
anche la possibilità di superare momenti
problematici del proprio ciclo vitale all’interno di
relazioni significative e soddisfacenti.
33. I modelli di attaccamento infantili,
nonostante tendano a mantenersi
stabili nel corso dello sviluppo,
possono essere modificati durante
tutto l’arco della vita grazie alla
sperimentazione di nuove esperienze
interpersonali di attaccamento, ma
soprattutto grazie ad esperienze di
disconferma dei modelli stessi......
34. …..la rinegoziazione dei rapporti e la
riorganizzazione adattiva che
permette di arrivare ad attaccamenti
più maturi, avvengono integrando i
modelli di attaccamento infantili con
le rappresentazioni delle relazioni
adulte che possono modificarsi nel
corso della vita.
35. Si è visto, però, che talvolta nei
momenti di forte stress e di
particolare difficoltà emotiva vi è la
tendenza a far riemergere i vecchi
modelli di attaccamento e cioè quelli
nati dal rapporto con le figure di
riferimento della prima infanzia.
36. Inoltre, quando i legami infantili sono
di tipo insicuro e non riescono ad
evolvere e quando vi è una
incapacità a separarsi dalla famiglia
di origine, risulta molto difficile
instaurare un rapporto simmetrico
fra due adulti, in cui entrambi siano
in grado di dare e ricevere cure e
sostegno.
37. La teoria dell’attaccamento,
comparsa per la prima volta nel
1958 grazie allo psicoanalista
inglese John Bowlby, è la più
interessante e prolifica teoria nel
campo della psicologia e
psicopatologia dello sviluppo.
38.
39. L’importanza di questa teoria sta nel
fatto che ha dato consistenza
scientifica allo studio del legame che i
bambini e le loro figure genitoriali
stabiliscono fin dagli stadi precoci
dello sviluppo ed ha anche messo in
luce come una parte della
psicopatologia possa essere spiegata
dalle disfunzioni di questo legame
primario.
40. Se gli stili di attaccamento hanno importanti
ricadute sul comportamento di coppia, devono
avere un ruolo importante anche nella scelta
del partner e nella qualità delle relazioni fra i
partner.
41. Si può ragionevolmente affermare che i
soggetti con modalità di attaccamento
sicura tendono ad unirsi con altri soggetti
sicuri, mentre gli accoppiamenti
“evitante”-“evitante” o “ambivalente”-
“ambivalente” sono poco frequenti e, se
accadono, hanno breve durata.
42. Si è visto, infatti, che è funzionale alla
stabilità della relazione, il fatto che il
partner consenta di confermare la propria
percezione di sé e degli altri e che
giustifichi, dunque, la ripetizione dei propri
modelli relazionali.
43. La teoria dell’attaccamento dimostra quindi che
le relazioni sentimentali si sviluppano, se sane,
secondo un percorso, che è allo stesso tempo
biologico e sociale, secondo un itinerario che
evolve per tappe imprescindibili e necessarie,
ciascuna con un suo potenziale che
contribuisce al buon adattamento dell’individuo
al suo ambiente sociale e fisico.
44. Quindi, l’amore, così come lo intende
l’immaginario collettivo, è soltanto una
fase di una relazione che, se di tipo
sentimentale, è, tuttavia, d’amore in un
senso ben più profondo, lungo tutto il
suo percorso.
45. La scelta del partner e lo sviluppo della
coppia
Giusti e Pitrone (2004) spiegano che la coppia
attraversa nell’arco della sua esistenza varie fasi che
la caratterizzano e che rendono necessaria una
trasformazione nella propria organizzazione interna.
E’ possibile identificare alcuni dei passaggi più
significativi che una coppia si trova ad affrontare:
46. La nascita della coppia: la fase dell’innamoramento,
dell’amore, la scelta del matrimonio o della convivenza.
In questa fase si comincia a costruire l’identità della
coppia, che si differenzia dalla famiglia di origine,
creando dei confini il più definiti possibile
47. La nascita del primo bambino, che porta con sé una
nuova ridefinizione dei confini all’interno della coppia e
nelle relazioni con l’esterno.
Inoltre la nascita del figlio non solo obbliga alla
riorganizzazione, ma mette di fronte all’idea
dell’invecchiamento dando vita alla nuova generazione
48. La coppia, di fronte ai figli divenuti adolescenti, deve
affrontare una riorganizzazione, sia in funzione della loro
crescita e delle difficoltà nell’educazione, sia nel confronto
tra la propria adolescenza e quella dei figli stessi.
49. La coppia affronta lo svincolo del figlio che cerca altrove
la soddisfazione di relazioni interpersonali, in questa fase
può rivalutare le proprie figure genitoriali identificandosi
con queste.
50. Inoltre le nuove relazioni dei figli trasformano la relazione
genitore-bambino in un principio di relazione adulto-adulto.
51. La fase del nido vuoto,
in cui la coppia si deve
nuovamente ristrutturare
in funzione
dell’abbandono della
casa da parte dei figli e
della formazione di
nuovi nuclei familiari.
52. I rapporti interpersonali sono ora con figli
adulti, a loro volta genitori, e con i nipoti.
La coppia sperimenta la vita della terza età
con tutte le sue implicazioni, compreso il
vissuto di angoscia relativo alla morte.
53. La parola “coppia” deriva dal latino “copula”, che significa
congiunzione, legame, insieme.
Incontrando la coppia si incontra un organismo complesso
dotato di un’economia affettiva che trascende l’individualità.
54. Affinché la relazione si sviluppi occorre che
ciascun membro della coppia sappia
prendersi cura dell’altro e sappia “uscire da
una prospettiva autoreferenziale”: solo così
si potrà costruire una identità di coppia.
55. L’amore fra due coniugi, infatti, è basato sul
sostegno e sulla cooperazione, dunque sulla
“reciprocità” che deve sussistere sia in presenza
di aspetti che accomunano e rendono simili i due
coniugi, sia in presenza di differenze e
discrepanze.
Inoltre la coppia può essere considerata tale solo
se si pone un obiettivo da raggiungere, un
progetto significativo che dà senso alla relazione
stessa intesa come profonda condivisione e non
come mera vicinanza fra due individui che
portano avanti ciascuno la propria vita.
56. Nell’ultimo secolo la concezione del matrimonio è
cambiata molto: da fatto sociale è diventata un
fatto personale, da alleanza tra famiglie è diventata
un patto di fiducia tra due individui.
Quindi la coppia (e le individualità che la
compongono) ha acquisito più importanza rispetto
al matrimonio inteso come fatto sociale e
istituzionale e questo ha fatto sì che l’intimità
intesa come scambio di pensieri, sentimenti e
aspettative di ricevere comprensione e sostegno,
abbia preso il sopravvento sull’impegno.
57. Maria Cristina Strocchi
È proprio per questo che, essendo così altamente
investita di aspettative, la relazione di coppia può
facilmente causare delusione e, non essendo più tenuta
in piedi dal vincolo formale dell’impegno, è più spesso a
rischio di rottura.
60. Altre osservazioni….
Lo psicologo Hatfield è ancora più
specifico e distingue due tipi di
amore:
1. Appassionato…intenso, incostante,
sessuale
2. Di Compartecipazione, condivisione,
l’affetto profondo tra due coniugi
61. IL PATTO CONIUGALE
Vittorio Cigoli sostiene che la relazione coniugale si fonda
su un patto di fiducia esplicitato dal rito del matrimonio i
cui elementi fondamentali sono l’attrazione reciproca, la
consensualità, la consapevolezza, l’impegno a rispettare il
patto fiduciario e la delineazione di un fine; questo è il
patto dichiarato, cioè la dichiarazione di impegno
formulata in modo esplicito, che richiama l’importanza del
vincolo matrimoniale inteso come promessa di fedeltà e
obbligo reciproco.
62. Tale patto può dirsi assunto con coscienza quando
è realmente voluto ed interiorizzato, cioè quando i
partner si dedicano al legame formulando un
progetto di vita comune e impegnandosi a
realizzarlo.
63. La ricerca del benessere personale e le alte
aspettative reciproche dei coniugi, inducono
la coppia a rivedere spesso il patto iniziale
(che in passato non veniva quasi mai rimesso
in discussione) e non sempre la relazione esce
vincente da questa revisione perché può
accadere che i coniugi si rendano conto di
non avere più niente da darsi reciprocamente.
64. È così che, a causa della fragilità della coppia (composta
sempre più da individui autocentranti) e della mancanza
del sostegno dato dalla dimensione sociale del patto
(molto forte fino a qualche decennio fa), il divorzio è
divenuto oggi un evento che può accadere a tutti,
vissuto come una possibile conseguenza di una crisi del
patto coniugale.
65. Ciò non toglie che il divorzio, come ogni transizione
legata ad una perdita, non porti con sé sofferenza e
“smarrimento” di tutta la rete relazionale
dell’individuo: la separazione infatti mette
profondamente alla prova tutti i membri della
famiglia, lasciando spesso tracce profonde.
66. La famiglia è il primo luogo in cui l’individuo entra in
contatto con la realtà sociale e, dunque, quello che
può maggiormente influire, soprattutto nelle prime
. fasi della vita (infanzia, fanciullezza) ma anche
successivamente, attraverso la formazione della
personalità, la costruzione dei primi attaccamenti e
l’acquisizione dei ruoli sociali.
67. Una proposta interessante è quella fornita da Valeria
Scabini, secondo la quale la famiglia può essere definita
«una organizzazione complessa di relazioni di parentela che
ha una storia e crea una storia»
Anche McGoldrick, Heiman e Carter attribuiscono
importanza agli aspetti storici definendo la famiglia un
sistema emozionale plurigenerazionale, ovvero che
racchiude l’intero sistema emozionale di almeno tre,
talora anche quattro generazioni, legate da vincoli di
parentela, di sangue o legali. Nell’ambito di questo
ampio sistema familiare tri- o quadri-generazionale , la
famiglia nucleare rappresenta dunque un sottosistema
emozionale, che risulta influenzato dalle relazioni
passate, presenti e future.
68. 2. Formazione della coppia: In questo secondo
stadio un lavoro positivo di ristrutturazione deve
portare all’organizzazione del sistema coniugale e si
devono “ridefinire” le relazioni con le famiglie
estese e con i gruppi di appartenenza dei coniugi.
69. Si può verificare che in alcune famiglie uno o entrambi i
membri della coppia non hanno rielaborato in modo
costruttivo il distacco dalla propria famiglia di origine
(scarsa differenziazione), per cui risulta limitata la
capacità di realizzare un efficace coinvolgimento nel
nuovo gruppo familiare, e da qui possono sorgere
problemi all’interno della nuova coppia.
70. 3. Nascita del primo figlio e famiglia con bambini
piccoli: in questo stadio il processo emozionale
centrale è l’accettazione dei figli come nuovi membri
del sistema. In altri termini, vuole dire: la formazione
del sottosistema genitoriale, il riassestamento di
quello coniugale per fare spazio ai figli e il
riadattamento delle relazioni con le famiglie di
origine dove andranno “rinegoziati” i ruoli di
genitori e nonni.
71. 4. Famiglia con adolescenti: Nella famiglia con
adolescenti, deve essere aumentata la flessibilità dei
confini all’interno della famiglia, per permettere lo
svincolo dei figli. Se ciò avviene, l’adolescente si
sentirà libero di entrare e uscire dal sistema famiglia
senza nessun tipo di condizionamento o di
costrizione. In questa fase vi è una nuova attenzione
ai rapporti di coppia.
72. 5. Famiglia in cui i figli adulti escono di casa: Nel quinto
stadio il processo emozionale centrale sarà l’accettazione
di un numero sempre maggiore di movimenti di uscita e di
entrata nel sistema: in pratica ciò comporterà nuovi
interessi entro il sottosistema coniugale degli adulti, lo
sviluppo di relazioni alla pari tra genitori e figli adulti e la
ridefinizione di relazioni per includere nipoti e generi/nuore.
73. 6. Famiglia nell’età anziana: Il sesto stadio riguarda l’accettazione
del cambiamento dei ruoli generazionali, del mantenimento del
funzionamento di coppia, del riconoscimento di un ruolo più
centrale alle generazioni di mezzo.
74. Ogni fase è caratterizzata da specifici
compiti di sviluppo, che comportano una
ristrutturazione dei rapporti a livello di
coppia, delle relazioni genitori-figli e di
quelle con la famiglia d’origine e la cui
soluzione consente il passaggio allo
stadio successivo.
I compiti di sviluppo sono dunque
obiettivi finalizzati alla crescita in un
determinato periodo della vita della
famiglia.
75. Haley ritiene che lo stress familiare è più intenso nelle fasi
di transizione da uno stadio all’altro del processo evolutivo
della famiglia e ipotizza che i sintomi patologici compaiano
più facilmente in occasione di interruzioni o distorsioni
nell’evoluzione del ciclo di vita.
I sintomi segnalano che la famiglia è bloccata o sta
procedendo con difficoltà nella transizione verso la fase
successiva.
76. La MEDIAZIONE FAMILIARE
sarà pertanto diretta a rimettere in moto il processo
evolutivo del gruppo familiare e riequilibrare il
Sistema.
77. IL MODELLO ATTUALE......
Il modello di Carter & McGoldrick
necessita di integrazioni con il punto di
vista socioambientale; inoltre, è
necessario prendere in considerazione
le trasformazioni dei modelli familiari in
epoca moderna, concependo come
normali famiglie che non presentano
un’evoluzione corrispondente alle fasi
previste dal modello.
78. A questo punto è interessante citare
la Teoria dello stress familiare
(McCubbin, Sussman, Patterson,
1983) che considera lo sviluppo
scandito da eventi critici, questi
ultimi innescano processi
trasformativi necessari al passaggio
da una fase all'altra del ciclo di vita.
79. Ciascun evento critico caratterizza una
fase del ciclo di vita della famiglia e la
sua risoluzione permette il passaggio
allo stadio successivo.
Ha una funzione positiva in quanto
attiva processi evolutivi introducendo
nuove variabili e compiti di sviluppo
che modificano le precedenti modalità
di funzionamento della famiglia.
80. L'evoluzione della famiglia è quindi legata alle
modalità con cui affronta lo squilibrio prodotto da
ciascun evento critico.
Gli eventi critici vengono distinti in normativi e
paranormativi; i primi rappresentano quegli eventi
che la maggior parte degli individui e delle
famiglie incontra nel corso del proprio ciclo di vita
e che quindi sono attesi, prevedibili (nascita di un
figlio);
i secondi sono quegli eventi non completamente
prevedibili anche se frequenti (malattie; incidenti)
81. Proprio in quanto inattesi, gli eventi
paranormativi pongono difficoltà maggiori
rispetto agli eventi normativi di cui
culturalmente si possiede lo schema normativo
su come affrontarli.
82. Gli eventi critici quindi sono accadimenti
che caratterizzano una fase del ciclo vitale,
permettendo alla famiglia il passaggio allo
stadio successivo.
Dapprima la famiglia attraversa una fase di
rottura con le precedenti modalità
organizzative; successivamente, si
instaura un momento di transizione che
può sfociare in una riorganizzazione
evolutiva della famiglia, oppure, se questa
non è in grado di superare i compiti di
sviluppo richiesti dall’evento critico, in una
destrutturazione del sistema.
83. Gli eventi critici inducono la famiglia ad
affrontare specifici compiti di sviluppo, che
sviluppo
assumeranno aspetti differenti a seconda del
significato che la famiglia, nel suo insieme,
attribuisce all’evento stesso.
Inoltre, le risorse a disposizione della famiglia
si riveleranno fondamentali per il suo
successo:
1. RISORSE PERSONALI
2. RISORSE FAMILIARI
3. RISORSE SOCIALI
84. Il concetto di ciclo di vita della famiglia ha origine
nel campo delle scienze sociali e, in particolare
dal lavoro di due sociologi americani Hill e
Duvall, negli anni immediatamente seguenti alla
seconda guerra mondiale.
85. I due autori, pur concettualizzando la famiglia
primariamente come una serie di cicli
individuali, sottolinearono l'interdipendenza
tra i membri. Osservarono che ogni membro
della famiglia, sia delle generazioni più
anziane sia di quelle di mezzo che di quelle
più giovani ha il proprio compito evolutivo,
ossia un insieme di obiettivi finalizzati alla
realizzazione di ciascun membro in un
determinato periodo di vita della famiglia; il
portare a termine con successo questo
compito dipende, e a sua volta influenza,
quello degli altri membri.
86. Dunque, il concetto di ciclo di vita
familiare è da loro considerato nei
termini di un insieme di compiti di
sviluppo, obiettivi finalizzati alla
crescita in un determinato periodo
della vita della famiglia.
88. Le crisi coincidono generalmente con i momenti
della vita familiare legati al suo ciclo storico.
Il matrimonio e l’unione della coppia
È richiesto il passaggio dall’innamoramento alla
disillusione oggettuale e allo sviluppo di un vero legame
d’amore. È messa alla prova la capacità di convivenza dei
membri nella quotidianità
89. La nascita del primo figlio
Implica il problema dell’inserimento del terzo nella
coppia. Il figlio può essere vissuto come un
avversario nell’amore del coniuge
90. Il figlio irrompe nella coppia e vincola in maniera
indelebile il legame genitoriale che si viene a
costituire. Infatti, il legame genitore-figlio è per
sempre: si può mettere fine a qualsiasi rapporto
tranne che all’essere genitori.
Passare dall’essere solo coniugi o partners
all’essere anche genitori è perciò una
transizione chiave del ciclo di vita individuale
femminile e maschile e del ciclo di vita della
famiglia.
91. Il figlio, espressione concreta della
progettualità di coppia, non solo fa operare
ai due partner un passaggio dalla diade
alla triade, ma provoca, auspicabilmente,
un più profondo consolidamento della
diade stessa.
92. La nascita di un bambino è un evento di portata
intergenerazionale......
Con la nascita del primo figlio, la storia
familiare si arricchisce della presenza di una
terza generazione. La nascita di un figlio, infatti,
si può definire l’evento critico per eccellenza,
perché, provocando l’entrata in scena di una
nuova generazione, obbliga ad una ridefinizione
delle relazioni familiari e ad una conseguente
nuova distribuzione dei ruoli. L’evento nascita
dà luogo a nuove posizioni e nuovi ruoli per
tutti i membri della famiglia
93. Accogliere una nuova generazione
significa, per il sistema familiare, imparare
a tollerare le modificazioni, anche
strutturali, che ne conseguono.
In termini di regolazione delle distanze, si
tratta di “far posto” al piccolo nel sistema
familiare.
94. A livello relazionale, alla coppia genitoriale è
richiesta la capacità di gestire l’accresciuta
complessità. Infatti, a seguito dell’ingresso di un
nuovo partecipante, l’intensità di una struttura
comunicativa subisce un aumento di tipo
geometrico.
96. Questo succede già nel passaggio da diade
a triade; inoltre, ogni figlio successivo al
primo provocherà ulteriori consistenti
mutamenti alla struttura del sistema ed
aggiungerà ai compiti evolutivi fondamentali
la gestione della relazione fraterna.
97. Secondo Sollie e Miller (1980) lo stress
sperimentato dai genitori all’arrivo di un
figlio può assumere le seguenti forme:
– ESIGENZE FISICHE
In particolare, risultano stancanti le continue
interruzioni del sonno, anche se tutti gli aspetti della
cura di un essere altamente dipendente risultano
faticosi; questo accade soprattutto quando le cure al
bambino devono essere integrate nelle normali
routine domestiche e lavorative che i genitori
continuano a svolgere;
98. – COSTI EMOTIVI
Di solito, i genitori sperimentano una gioia profonda ed un
senso di appagamento all’arrivo di un bambino; malgrado
questo, la consapevolezza del fatto che il benessere del
piccolo e, in verità, tutta la sua vita, dipendano da loro, può
costituire una fonte di tensione che pesa più della fatica
fisica;
99. – Riduzione delle altre opportunità
Inevitabilmente, la dipendenza del bambino comporta la
necessità di adottare un nuovo stile di vita, con riflessi sia
sull’attività lavorativa, sia sul tempo libero.
I due genitori avranno meno opportunità di dedicarsi ad
attività fuori casa e, in generale, la vita di tutti i giorni
dopo la nascita del bambino avrà un numero inferiore di
routine giornaliere rispetto alla vita a cui erano
precedentemente abituati;
100. – Tensioni nella vita coniugale
Mentre in molti casi un neonato favorisce un ulteriore
avvicinamento tra i genitori, in altre situazioni, la
relazione coniugale, almeno temporaneamente, si
modifica in peggio. La coppia si trasforma in una triade
e la gelosia, l’interruzione o la minore frequenza delle
relazioni sessuali e lo stress che risulta da questi tre
fattori svolgono un ruolo significativo nel modificare
l’originaria intimità tra marito e moglie;
101. – Difficoltà nel passaggio alla
genitorialità
Le coppie variano profondamente per quanto riguarda
la capacità di negoziare positivamente il passaggio
alla genitorialità. Molti fattori sono alla base di queste
differenze: l’età e la maturità dei genitori, la relazione
che hanno con i loro stessi genitori, il supporto
sociale di cui dispongono, il livello di soddisfazione
coniugale esistente prima dell’arrivo del bambino, lo
stato di salute (anche psicologico) postpartum della
mamma.
102. Un altro elemento che può influenzare il processo di
adattamento dei genitori è il temperamento del bambino
stesso.
Quando un neonato è “difficile”, a causa di tratti
caratteriali innati, o di una nascita prematura, di una
malattia o di una menomazione, i genitori possono
vivere la transizione come un evento più stressante del
normale e, nelle relazioni più vulnerabili, è possibile che
si allontanino ancora di più l’uno dall’altro
103. I fondatori della moderna psicologia della
personalità concepiscono il temperamento
come uno degli attributi dell’individualità.
Allport definisce il temperamento come la natura
emozionale caratteristica dell’individuo, che include la sua
velocità di risposta e lo stato tipico dell’umore,
considerando il temperamento un attributo biologico
largamente ereditario.
104.
105. Eysenck guarda al temperamento come al settore affettivo
o al sistema di comportamento affettivo più o meno
stabile e duraturo e spesso usa i termini personalità e
temperamento indifferentemente.
Il temperamento si riferisce a qualità stilistiche che
coinvolgono l’affetto, l’energia o l’attenzione: la
sensibilità dell’individuo e la sua responsività alle
richieste dell’ambiente; agli aspetti formali del
comportamento, alle differenze individuali a base
biologica rilevabili nel comportamento che compaiono
precocemente e che sono relativamente stabili nel corso
del tempo e in situazioni diverse.
106. Thomas e Chess definiscono il temperamento
come lo stile comportamentale che concerne il
“come” del comportamento. Tra ambiente e
temperamento vi è reciproca influenza: da un lato
l’ambiente influenza il temperamento del bambino,
dall’altro il temperamento del bambino influenza le
valutazioni, gli atteggiamenti e il comportamento
delle persone a lui vicine.
107. Hanno individuato tre tipi di temperamento:
facile, difficile, lento.
I bambini facili hanno ritmi regolari nelle
funzioni biologiche, mostrano reazioni
positive a stimoli nuovi, si adattano
facilmente al cambiamento ed esprimono un
umore positivo moderatamente intenso.
108. I bambini difficili hanno ritmi biologici irregolari, si
ritraggono di fronte alle novità, resistono al
cambiamento e mostrano reazioni emotive intense
e negative.
I bambini lenti mostrano una discreta regolarità
nelle funzioni vitali, si adattano lentamente, ma
possono avere reazioni del tutto normali se
ricevono un sostegno adeguato dall’ambiente.
109. L’entrata dei figli nell’età scolare
La socializzazione comporta lo stretto e frequente contatto con
altri gruppi familiari e, attraverso essi, l’introduzione di nuovi
valori, abitudini, modi di vita, che mettono in discussione i
valori familiari (fino ad allora assoluti e indiscutibili).
110. La pubertà e l’adolescenza dei figli
Termina il monopolio della sessualità da parte dei
genitori, i figli impongono situazioni nuove e si mettono
in discussione i valori familiari e gli ideali. Si inasprisce
il conflitto edipico.
111. La crisi di mezza età dei genitori
Periodo in cui si fanno i bilanci di quanto è stato
fatto/non fatto nella vita, con la necessità di
abbandonare le fantasie infantili di onnipotenza.
Emergono i problemi non risolti relativi alla
sottomissione alla famiglia d’origine, alle norme
sociali, alle convenienze…
112. L’indipendenza dei figli
La coppia, che fino ad allora ha avuto
come aspetto centrale la cura e
l’attenzione delle crescita dei figli, si trova
sola. Si mettono alla prova la qualità e
l’intensità dei legami tra i coniugi.
Potrebbero ricomparire difficoltà e conflitti
irrisolti.
113. Crisi economiche e politiche
La plasticità della famiglia viene messa alla
prova.