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2. 2022
PATRIZIA SALVATERRA
PROFESSIONE
Giovani medici: situazione
nazionale e camici in fuga
NON È SEMPLICE fornire
una risposta che dia senso al
fenomeno della fuga dei camici
bianchi e degli infermieri dal
paese a fronte di un investimento
in risorse e tempo da parte dello
stato per garantire un’adeguata
formazione. Il problema oltre che
economico riguarda le scelte in
materia di politica sanitaria che
vengono prese a livello nazionale
e regionale. La sanità oggi è
chiamata a rispondere ai bisogni
di cura dei cittadini che mutano
rapidamente, chiedendo agli
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aggiornate di continuo,
un’organizzazione flessibile in
grado di garantire la presa in
carico della persona e mettendo
in campo sia la prevenzione
delle malattie sia l’assistenza
territoriale. Risposte e servizi che
secondo la commissione nazionale
Anaao Assomed, l’associazione
nazionale dei medici dirigenti, il
nostro sistema, frammentato in
almeno 20 realtà regionali diverse
e prive di uniformità organizzativa,
non riesce a dare.1
I dati ci dicono che dall’Italia
fuggono circa 1.500 giovani laureati
all’anno per specializzarsi, perché le
Lo stato italiano investe 150.000
euro per formare un giovane
medico, ma quale è il vantaggio
se poi non capitalizza tale
investimento offrendo condizioni
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formazione professionale?
A questa domanda è doveroso
provare a rispondere, soprattutto
a fronte degli oltre 10.000
medici e circa 8.000 infermieri
che nell’ultimo decennio hanno
lasciato il paese
14 INFORMAMI
PROFESSIONE
borse di specialità finora non sono
state sufficienti.2
Così il 9 luglio
2021 il governo, con un Decreto
firmato dal ministro della Salute
Roberto Speranza, in accordo con
la ministra dell’Università e della
Ricerca Maria Cristina Messa e
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Finanze Daniele Franco, ha cercato
di metterci una pezza, portando a
17.400 le borse di specializzazione
finanziate dallo stato disponibili
per l’anno accademico 2020-2021,3
quasi raddoppiando il numero di
borse disponibili solo due anni
prima (vedi grafico).
“È un primo passo significativo
– commenta Martino Trapani,
direttore medico di presidio
presso l’ospedale di Garbagnate
Milanese, consigliere e tesoriere
OMCeOMI, e socio fondatore
del Segretariato italiano giovani
medici (SIGM) – ma il problema
è molto più complesso e affonda
le radici indietro nel tempo”. La
crisi del nostro sistema sanitario,
con la pressione crescente sulle
strutture ospedaliere pubbliche
e sul personale sanitario (-30%
di dotazione organica rispetto a
dieci anni fa, ndr), è cominciata
già all’inizio di questo millennio
ed è andata peggiorando fino a
intercettare le crisi economiche del
2009 e del 2012. In questo scenario
“la pandemia da COVID-19 degli
ultimi due anni ha solo intensificato
questa crisi. Il virus ha fatto da
acceleratore, portando un sistema
sanitario già provato sull’orlo del
collasso in molte aree del paese”,
prosegue Trapani.
“Ma non c’è solo la carenza delle
entro il 2025 curarsi in ospedale
sarà ancora più arduo di oggi,
perché mancheranno all’appello
15.500 specialisti: è il saldo
fortemente passivo fra i 47.300
medici del SSN che andranno in
pensione, a cui si aggiungono
gli 8.200 medici universitari e
specialisti ambulatoriali, contro i
40.000 specializzati che saranno
formati nel frattempo.
Se poi si amplia lo sguardo
all’intero comparto degli operatori
sanitari, i numeri peggiorano,
perché oggi in Italia mancano circa
90.000 infermieri. Il paese è sotto
la media OCSE (Organizzazione
per la cooperazione e lo sviluppo
economico) nel rapporto fra
numero di operatori sanitari e
abitanti: dovrebbero essere otto
ogni 100.000, mentre sono di poco
sopra sei. Non ci sono pediatri né
anestesisti in numero adeguato,
mancano ortopedici e 4.000 medici
nei Pronto soccorso, ma soprattutto
mancano i medici di medicina
generale, una figura fondamentale
per garantire la prevenzione
delle malattie sul territorio e che
dovrebbe svolgere il ruolo di
borse di specializzazione per cui
ne andrebbero previste tante
quanti sono gli ammessi alla
Facoltà di medicina, perché non si
crei il precariato.
C’è anche un’emigrazione dei
medici già specializzati che vanno
a vivere all’estero in cerca di
condizioni di lavoro più eque,
meglio retribuite e più rispettose
della vita privata (vedi box a pagina
15). Senza andare troppo lontano,
se guardiamo ai nostri vicini – la
Germania, la Svizzera, l’Austria – lì
uno specializzato prende stipendi
tre, quattro volte superiori a
quanto viene offerto nel nostro
paese, a fronte di carichi di lavoro
più umani”.
OPERATORI SANITARI,
SEMPRE MENO
In Italia, secondo uno studio
redatto da Eurispes-Enpam,4
Borse di studio di specializzazione in medicina
finanziate dallo stato
(2015-2021)
2015
2016
2017
2018
2019
2020
2021
5.000
6.000
6.105
6.200
8.000
13.400
17.400
Nonostante la sanità italiana abbia una tradizione
d’eccellenza a livello europeo e internazionale, al momento
non è attrattiva per medici e infermieri
Martino Trapani,
direttore medico di presidio
presso l’Ospedale
di Garbagnate Milanese.
15
2. 2022
personale sanitario a sufficienza
per garantirli.
Per Trapani “la soluzione al
problema deve essere frutto di
una programmazione tempestiva
e lungimirante. Va pianificato
oggi quello che accadrà tra dieci
anni, tanto dura la formazione di
base di un medico, se si considera
laurea e specializzazione.
Occorre garantire un percorso
professionale che includa
soluzioni organizzative, tecniche,
giuridiche ed economiche, per
incentivare un giovane medico
a restare in Italia. Perché
non è solo questione di soldi,
vanno considerati gli aspetti
deontologici e motivazionali
insiti nel ruolo del medico e che
includono il riconoscimento
del valore professionale
della persona. Oltre a una
retribuzione più elevata e a turni
meno massacranti, il giovane
specializzato che lascia l’Italia
cerca anche più meritocrazia,
migliori possibilità di carriera
e la certezza di essere coinvolto
in prima persona all’interno
dell’équipe”.
Allora come uscire dalle sacche
di un sistema con una tradizione
d’eccellenza a livello europeo
e internazionale ma che al
momento sembra mostrare più
debolezze che punti di forza?
“Tornando a investire risorse
umane, finanziarie, formative nel
nostro SSN che oggi è al limite,
valorizzando la sua funzione
pubblica e universalistica ma
allo stesso tempo rivedendone
l’organizzazione. Vanno
introdotte – conclude Trapani
– nuove forme di contratto,
che prevedano gli incarichi
professionali e riconoscano
le prestazioni individuali. E
Bibliografia
1
Petrolati A. Anaao Assomed 2022.
2
Bartoloni M. Sole 24 ore. 2019.
3
Decreto 9 luglio 2021. GU 2021.
4
Eurispes-Enpam.
5
Rossi RC. InformaMI 2021; 2: 3-4.
quando c’è la disponibilità
del professionista, andrebbe
consentito a uno specialista di
fermarsi oltre l’età pensionabile.
Gioverebbe al processo di
trasferimento delle conoscenze
ai più giovani e sarebbe d’aiuto
nei momenti d’emergenza come
questo che stiamo vivendo”.
cerniera e filtro con l’ospedale
per quanto riguarda la gestione
dell’emergenza-urgenza. Secondo
la Federazione italiana medici di
medicina generale (FIMMG) entro
il 2023 andranno in pensione circa
21.700 medici di famiglia, a fronte
dei 6.000 giovani specializzati in
ingresso.
POLITICA E SERVIZIO SANITARIO
Negli ultimi vent’anni i cittadini
italiani hanno subìto il graduale
smantellamento del servizio
pubblico a favore del privato e
della sanità integrativa, attraverso
la riduzione dei contratti di
formazione specialistica, il blocco
delle assunzioni e l’imposizione
dei tetti di spesa per il personale
sanitario: tutte decisioni frutto
di scelte politiche ben precise e
guidate soprattutto da logiche
economiche. Sembra che
nemmeno la recente riforma della
sanità lombarda approvata a
inizio dicembre (Legge regionale
22/2021), in concomitanza con
la discussione della Legge di
bilancio, abbia invertito la rotta,
anzi in alcune parti si è posta
persino in contrasto con i princìpi
stabiliti dalla Legge nazionale
833/1978 che mette al centro della
norma il sistema universalistico
delle cure e il diritto del cittadino
alla salute, come ha recentemente
ricordato il presidente di
OMCeOMI Roberto Carlo Rossi.5
Anche il Piano nazionale di
ripresa e resilienza (PNRR), che
ha previsto un finanziamento di
due miliardi aggiuntivi al fondo
sanitario nazionale, in realtà
finirà per incentivare il privato e
l’esternalizzazione dei servizi, a cui
le regioni e le ASL (destinatarie
del finanziamento) dovranno
ricorrere perché non avranno
Paesi e stipendi
In Olanda un giovane specializzato guadagna
circa 73.000 euro annui, che lavori sia come
dipendente sia come libero professionista, e la
sua retribuzione è regolata a livello nazionale.
Nel Regno Unito un contratto di base varia da
75.000 a 110.000 sterline (pari a oltre 128.000
euro).
Negli Emirati Arabi la selezione si basa
esclusivamente sul merito e prevede un esame
di licenza perché non c’è un riconoscimento
immediato del titolo di studio italiano. Qui un
giovane specializzato può guadagnare fino a
10.000 euro al mese. Inoltre la retribuzione non
è tassata, e i benefit spesso includono la scuola
internazionale per i figli.

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  • 1. 13 2. 2022 PATRIZIA SALVATERRA PROFESSIONE Giovani medici: situazione nazionale e camici in fuga NON È SEMPLICE fornire una risposta che dia senso al fenomeno della fuga dei camici bianchi e degli infermieri dal paese a fronte di un investimento in risorse e tempo da parte dello stato per garantire un’adeguata formazione. Il problema oltre che economico riguarda le scelte in materia di politica sanitaria che vengono prese a livello nazionale e regionale. La sanità oggi è chiamata a rispondere ai bisogni di cura dei cittadini che mutano rapidamente, chiedendo agli operatori sanitari competenze aggiornate di continuo, un’organizzazione flessibile in grado di garantire la presa in carico della persona e mettendo in campo sia la prevenzione delle malattie sia l’assistenza territoriale. Risposte e servizi che secondo la commissione nazionale Anaao Assomed, l’associazione nazionale dei medici dirigenti, il nostro sistema, frammentato in almeno 20 realtà regionali diverse e prive di uniformità organizzativa, non riesce a dare.1 I dati ci dicono che dall’Italia fuggono circa 1.500 giovani laureati all’anno per specializzarsi, perché le Lo stato italiano investe 150.000 euro per formare un giovane medico, ma quale è il vantaggio se poi non capitalizza tale investimento offrendo condizioni di lavoro adeguate alla sua formazione professionale? A questa domanda è doveroso provare a rispondere, soprattutto a fronte degli oltre 10.000 medici e circa 8.000 infermieri che nell’ultimo decennio hanno lasciato il paese
  • 2. 14 INFORMAMI PROFESSIONE borse di specialità finora non sono state sufficienti.2 Così il 9 luglio 2021 il governo, con un Decreto firmato dal ministro della Salute Roberto Speranza, in accordo con la ministra dell’Università e della Ricerca Maria Cristina Messa e il ministro dell’Economia e delle Finanze Daniele Franco, ha cercato di metterci una pezza, portando a 17.400 le borse di specializzazione finanziate dallo stato disponibili per l’anno accademico 2020-2021,3 quasi raddoppiando il numero di borse disponibili solo due anni prima (vedi grafico). “È un primo passo significativo – commenta Martino Trapani, direttore medico di presidio presso l’ospedale di Garbagnate Milanese, consigliere e tesoriere OMCeOMI, e socio fondatore del Segretariato italiano giovani medici (SIGM) – ma il problema è molto più complesso e affonda le radici indietro nel tempo”. La crisi del nostro sistema sanitario, con la pressione crescente sulle strutture ospedaliere pubbliche e sul personale sanitario (-30% di dotazione organica rispetto a dieci anni fa, ndr), è cominciata già all’inizio di questo millennio ed è andata peggiorando fino a intercettare le crisi economiche del 2009 e del 2012. In questo scenario “la pandemia da COVID-19 degli ultimi due anni ha solo intensificato questa crisi. Il virus ha fatto da acceleratore, portando un sistema sanitario già provato sull’orlo del collasso in molte aree del paese”, prosegue Trapani. “Ma non c’è solo la carenza delle entro il 2025 curarsi in ospedale sarà ancora più arduo di oggi, perché mancheranno all’appello 15.500 specialisti: è il saldo fortemente passivo fra i 47.300 medici del SSN che andranno in pensione, a cui si aggiungono gli 8.200 medici universitari e specialisti ambulatoriali, contro i 40.000 specializzati che saranno formati nel frattempo. Se poi si amplia lo sguardo all’intero comparto degli operatori sanitari, i numeri peggiorano, perché oggi in Italia mancano circa 90.000 infermieri. Il paese è sotto la media OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) nel rapporto fra numero di operatori sanitari e abitanti: dovrebbero essere otto ogni 100.000, mentre sono di poco sopra sei. Non ci sono pediatri né anestesisti in numero adeguato, mancano ortopedici e 4.000 medici nei Pronto soccorso, ma soprattutto mancano i medici di medicina generale, una figura fondamentale per garantire la prevenzione delle malattie sul territorio e che dovrebbe svolgere il ruolo di borse di specializzazione per cui ne andrebbero previste tante quanti sono gli ammessi alla Facoltà di medicina, perché non si crei il precariato. C’è anche un’emigrazione dei medici già specializzati che vanno a vivere all’estero in cerca di condizioni di lavoro più eque, meglio retribuite e più rispettose della vita privata (vedi box a pagina 15). Senza andare troppo lontano, se guardiamo ai nostri vicini – la Germania, la Svizzera, l’Austria – lì uno specializzato prende stipendi tre, quattro volte superiori a quanto viene offerto nel nostro paese, a fronte di carichi di lavoro più umani”. OPERATORI SANITARI, SEMPRE MENO In Italia, secondo uno studio redatto da Eurispes-Enpam,4 Borse di studio di specializzazione in medicina finanziate dallo stato (2015-2021) 2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 5.000 6.000 6.105 6.200 8.000 13.400 17.400 Nonostante la sanità italiana abbia una tradizione d’eccellenza a livello europeo e internazionale, al momento non è attrattiva per medici e infermieri Martino Trapani, direttore medico di presidio presso l’Ospedale di Garbagnate Milanese.
  • 3. 15 2. 2022 personale sanitario a sufficienza per garantirli. Per Trapani “la soluzione al problema deve essere frutto di una programmazione tempestiva e lungimirante. Va pianificato oggi quello che accadrà tra dieci anni, tanto dura la formazione di base di un medico, se si considera laurea e specializzazione. Occorre garantire un percorso professionale che includa soluzioni organizzative, tecniche, giuridiche ed economiche, per incentivare un giovane medico a restare in Italia. Perché non è solo questione di soldi, vanno considerati gli aspetti deontologici e motivazionali insiti nel ruolo del medico e che includono il riconoscimento del valore professionale della persona. Oltre a una retribuzione più elevata e a turni meno massacranti, il giovane specializzato che lascia l’Italia cerca anche più meritocrazia, migliori possibilità di carriera e la certezza di essere coinvolto in prima persona all’interno dell’équipe”. Allora come uscire dalle sacche di un sistema con una tradizione d’eccellenza a livello europeo e internazionale ma che al momento sembra mostrare più debolezze che punti di forza? “Tornando a investire risorse umane, finanziarie, formative nel nostro SSN che oggi è al limite, valorizzando la sua funzione pubblica e universalistica ma allo stesso tempo rivedendone l’organizzazione. Vanno introdotte – conclude Trapani – nuove forme di contratto, che prevedano gli incarichi professionali e riconoscano le prestazioni individuali. E Bibliografia 1 Petrolati A. Anaao Assomed 2022. 2 Bartoloni M. Sole 24 ore. 2019. 3 Decreto 9 luglio 2021. GU 2021. 4 Eurispes-Enpam. 5 Rossi RC. InformaMI 2021; 2: 3-4. quando c’è la disponibilità del professionista, andrebbe consentito a uno specialista di fermarsi oltre l’età pensionabile. Gioverebbe al processo di trasferimento delle conoscenze ai più giovani e sarebbe d’aiuto nei momenti d’emergenza come questo che stiamo vivendo”. cerniera e filtro con l’ospedale per quanto riguarda la gestione dell’emergenza-urgenza. Secondo la Federazione italiana medici di medicina generale (FIMMG) entro il 2023 andranno in pensione circa 21.700 medici di famiglia, a fronte dei 6.000 giovani specializzati in ingresso. POLITICA E SERVIZIO SANITARIO Negli ultimi vent’anni i cittadini italiani hanno subìto il graduale smantellamento del servizio pubblico a favore del privato e della sanità integrativa, attraverso la riduzione dei contratti di formazione specialistica, il blocco delle assunzioni e l’imposizione dei tetti di spesa per il personale sanitario: tutte decisioni frutto di scelte politiche ben precise e guidate soprattutto da logiche economiche. Sembra che nemmeno la recente riforma della sanità lombarda approvata a inizio dicembre (Legge regionale 22/2021), in concomitanza con la discussione della Legge di bilancio, abbia invertito la rotta, anzi in alcune parti si è posta persino in contrasto con i princìpi stabiliti dalla Legge nazionale 833/1978 che mette al centro della norma il sistema universalistico delle cure e il diritto del cittadino alla salute, come ha recentemente ricordato il presidente di OMCeOMI Roberto Carlo Rossi.5 Anche il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), che ha previsto un finanziamento di due miliardi aggiuntivi al fondo sanitario nazionale, in realtà finirà per incentivare il privato e l’esternalizzazione dei servizi, a cui le regioni e le ASL (destinatarie del finanziamento) dovranno ricorrere perché non avranno Paesi e stipendi In Olanda un giovane specializzato guadagna circa 73.000 euro annui, che lavori sia come dipendente sia come libero professionista, e la sua retribuzione è regolata a livello nazionale. Nel Regno Unito un contratto di base varia da 75.000 a 110.000 sterline (pari a oltre 128.000 euro). Negli Emirati Arabi la selezione si basa esclusivamente sul merito e prevede un esame di licenza perché non c’è un riconoscimento immediato del titolo di studio italiano. Qui un giovane specializzato può guadagnare fino a 10.000 euro al mese. Inoltre la retribuzione non è tassata, e i benefit spesso includono la scuola internazionale per i figli.