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OGGI SI GUARDA ALL’INNOVAZIONE CON UN’INQUADRATURA UN PO’ “GEEK”, molto sbilan-
ciata verso i cambiamenti digitali e scardinanti dei processi e dei modelli di business. E’ un punto
di vista di moda e Made in USA che andrebbe controbilanciato da una prospettiva più riflessiva ed
europea. Il libro di Gianfelice Rocca, Riaccendere i motori. Innovazione, merito ordinario, rinascita
italiana (Marsilio, 2013) ci aiuta a centrare meglio il quadro.
La differenza che passa tra innovazione incrementale e innovazione “a gradino”, per gli effetti sui
settori maturi, la troviamo nella diversità tra il concetto di dematurity di William Abernathy (1985)
e quello di disruption di Clayton Christensen (1993).
Abbiamo dematurity quando l’innovazione di prodotti e processi nasce nel settore, grazie a una pro-
gressione di miglioramenti, come nel caso dell’introduzione del processo di colata continua nelle
acciaierie o del sistema di produzione Toyota nell’industria dell’auto. Due innovazioni progressiva-
mente adottate da tutte le imprese siderurgiche (anni ‘70-‘90) e automobilistiche (anni ’80 -‘00).
L’innovazione disruptive, invece, sopraggiunge in un settore spesso dall’esterno, con capability
“aliene” per l’ecosistema. La distruzione, più o meno creatrice, è improvvisa e devastante per il set-
tore, come vuole suggerire il concetto di “Big bang disruption” coniato da Downes e Nunes (2013).
La prima buona notizia di Gianfelice Rocca è che questo assalto non avviene con la frequenza e gli
effetti devastanti annunciati dai profeti della disruption. La seconda buona notizia è che alcuni Pa-
esi sono meno esposti agli shock della disruption perché hanno un’economia basata sulla manifat-
tura avanzata, dove la competizione si gioca sulla capacità di sviluppare o adottare l’innovazione
in modo incrementale. La terza buona notizia è che anche l’Italia, come la Germania e il Giappone,
è tra questi Paesi che Rocca definisce del “medium tech”.
Il punto di vista di Rocca è di un industriale a capo di un grande gruppo, la Techint, che ben rappre-
senta la capacità italiana di presidiare specifiche nicchie di mercati maturi. D’altra parte, anche la
configurazione di “multinazionale tascabile” è particolarmente adatta a servire piccoli segmenti
specializzati del mercato mondiale.
Nell’industria “medium tech” l’innovazione prevalente è incrementale, market pull, adattiva e ge-
nerata in tutti gli strati e le funzioni dell’organizzazione: manager, tecnici, operai. Il miglioramento
progressivo dei processi che producono valore, genera capability difficilmente imitabili e radicate
nel territorio. Il processo di apprendimento è completamente diverso da quello che parte da zero,
così come il modello di diffusione delle conoscenze chiave nell’organizzazione.
Due esempi: il processo Mannesmann di produzione di tubi senza saldatura (brevetto del 1888) e
il prodotto “freno per veicoli” esistono da oltre cento anni, ma il fatto che la Tenaris (azienda di
Rocca) e la Brembo riescano a competere sui mercati globali producendo tubi senza saldatura e
freni dipende dal fatto che si è accumulata nei processi e nei prodotti un’enorme quantità di mi-
glioramenti incrementali, combinati fra loro in maniera difficilmente imitabile.
Riferendosi all’ingenium italiano, in grado di combinare tecnologie sviluppate altrove per ottenere
processi e prodotti migliori, Rocca parla di “innovazione combinatoria” e afferma che questa di-
pende, più che dal “merito straordinario” di pochi, da un’azione corale e diffusa di molte persone
ossia dal “merito ordinario”.
Nei Paesi come l’Italia, che conservano un’industria “medium tech” competitiva, c’è posto per chi
ha tradizioni millenarie nel muovere e trasformare la materia fatta di atomi e per chi, fornendo
idee, servizi e sistemi avanzati all’industria manifatturiera più tradizionale, si specializza nelle
operazioni simboliche e nel muovere i bit. Da noi la ricchezza prodotta dal medium tech è più
stabile e meglio distribuita rispetto a quanto succede oggi negli USA. Una considerazione che
Rocca supporta correlando il peso della manifattura con il coefficiente di Gini sulla diseguaglianza.
Un vantaggio, per Rocca, che va salvaguardato attraverso adeguate politiche industriali e della
formazione, per la valorizzazione del “merito ordinario”. Per far posto sia ai giovani startupper
baciati dal talento (e dalla fortuna) sia ai senior portatori di esperienza. Insomma un’economia
più armonica e inclusiva.
Enrico Viceconte, Stoà, Istituto di Studi per la Direzione e Gestione d’Impresa.
di Enrico Viceconte
Il“mediumtech”eilgrandepotenzialedel“meritoordinario”
LETTURE INTELLIGENTI
IL LIBRO
Gianfelice Rocca,
Riaccendere i motori. Innovazione,
merito ordinario, rinascita italiana,
Marsilio, 2013, pag. 140.
Ottobre 2014 Harvard Business Review 93

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