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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PAVIA
                FACOLTÀ DI SCIENZE MM. FF. NN.
                   Corso di Laurea in Scienze Geologiche




  CARATTERIZZAZIONE GEOTECNICA
    MINERALOGICA E PEDOLOGICA
   DI TERRENI COINVOLTI IN FRANE
 SUPERFICIALI DELL’ OLTREPO PAVESE


RELATORE:
Prof. Claudia Meisina



CORRELATORI:
Dott. Alessandra Leoni
Prof. Massimo Setti



                                                       Tesi di Laurea di:
                                                     Deborah FEDERICI



                         Anno Accademico 2011-2012

                                     1
Indice

1.Introduzione                                                                Pag. 3

2.Inquadramento geologico dell’area                                           Pag. 4
  2.1 Profilo pedologico                                                       Pag. 9

3.Frane superficiali                                                          Pag. 12

4.Materiali e Metodi di studio                                                Pag. 19

4.1 Campioni                                                                  Pag. 19

4.2 Prove Geotecniche                                                         Pag. 19
   4.2.1 Analisi Granulometrica per Aerometria                                Pag. 19
   4.2.2 Analisi granulometrica per setacciatura                              Pag. 20
   4.2.3 Limiti di Atterberg                                                  Pag. 21
   4.2.4 Carbonatimetria                                                      Pag. 23

4.3 Prove Mineralogiche                                                       Pag. 25
   4.3.1 Diffrattometria a raggi X metodo delle polveri                       Pag. 25
   4.3.2 Materiali e metodi                                                   Pag. 27

4.4 Prove Pedologiche                                                         Pag. 29
   4.4.1 Determinazione della capacità di scambio cationico con BaCl2 e TEA   Pag. 29
   4.4.2 Determinazione delle basi di scambio (Ca, Mg e K) con BaCl2 e TEA.   Pag. 33
   4.4.3 Determinazione del carbonio organico (metodo Springer-Klee)          Pag. 37
   4.4.4 Determinazione del fosforo assimilabile (metodo Olsen)                Pag. 42
   4.4.5 Determinazione del grado di reazione (pH)                            Pag. 46

5. Risultati e Discussioni                                                    Pag. 50

5.1 Prove Geotecniche                                                         Pag. 50
   5.1.1 Analisi granulometrica                                               Pag. 50
   5.1.2 Limiti di Atterberg                                                  Pag. 52
   5.1.3 Carbonatimetria                                                      Pag. 53

5.2 Prove Mineralogiche                                                       Pag. 55
   5.2.1 Diffrattometria a raggi X metodo delle polveri                       Pag. 55

5.3 Prove Pedologiche                                                         Pag. 59
   5.3.1 Determinazione capacità di scambio cationico con BaCl2 e TEA         Pag. 59
   5.3.2 Determinazione delle basi di scambio (Ca, Mg e K) con BaCl2 e TEA.   Pag. 61
   5.3.3 Determinazione del carbonio organico (metodo Springer-Klee)          Pag. 64
   5.3.4 Determinazione del fosforo assimilabile (metodo Olsen)               Pag. 66
   5.3.5 Determinazione del grado di reazione (pH)                            Pag. 68

6. Conclusioni                                                                Pag. 70

7. Ringraziamenti                                                             Pag. 73

8. Bibliografia                                                               Pag. 74




                                             2
1.Introduzione

Nei mesi di Gennaio, Febbraio e Aprile 2009 alcuni comuni del settore nord-
orientale dell’Oltrepò Pavese sono stati colpiti da una serie di precipitazioni che
hanno innescato fenomeni identificabili come frane superficiali. I dissesti di questo
tipo coinvolgono principalmente la copertura detritica superficiale, lasciando intatto
il substrato sottostante. Questi eventi hanno avuto un’intensità tale da provocare
danni alla rete viaria, all’agricoltura e ai relativi insediamenti. Il dipartimento di
Scienze della Terra e dell’Ambiente di Pavia ha dato inizio a un progetto di ricerca,
finalizzato allo studio di questi fenomeni scatenati a seguito degli sopramenzionati
episodi alluvionali.


Per la realizzazione della tesi è stato svolto un tirocinio presso il laboratorio Riccalab
dell’azienda Riccagioia s.c.p.a. di Torrazza Coste con l’obbiettivo di effettuare uno
studio pedologico dei suoli coinvolti in queste frane superficiali, prelevati da un sito
campione che si trova in località Montuè (Canneto Pavese). Ulteriore scopo della tesi
è stata la caratterizzazione geotecnica e mineralogica dei campioni di terreno,
attuatasi mediante analisi geotecniche eseguite nel Laboratorio di Geologia Applicata
e di Geotecnica e in quello di Difrattometria X da polveri del Dipartimento di
Scienze della Terra e dell’Ambiente dell’Università di Pavia.




                                            3
2.Inquadramento geologico dell’area

Il substrato del versante in corrispondenza del quale sono stati prelevati i campioni
analizzati nella tesi, è costituito secondo la cartografia più aggiornata ( Scagni &
Vercesi, 1987) dal membro dei Conglomerati di Rocca Ticozzi (PLIOCENE INF. -
MESSINIANO SUP.?). Esso appartiene alla serie messiniana che affiora in questa
zona (anche se non in modo continuo dalle Fonti del Recoaro al sito oggetto di
studi), costituita dal basso verso l’alto dai seguenti termini:



Marne di S.Agata Fossili:              marne siltose giallastre passanti verso l’alto a
                                       marne       grigio-azzurre.      (MESSINIANO-
                                       TORTONIANO)



Formazione Gessoso-Solfifera:          marne siltose e siltiti grigio-azzurre con lenti e
                                       stratificazioni di gesso-areniti (MESSINIANO).




Conglomerati di Cassano Spinola: conglomerati           e    arenarie   con     lenti    ed
                                       intercalazioni       marnoso-sabbiose.           Qui
                                       suddivisibili in 2 membri;
                                       Conglomerati di Rocca Ticozzi: calcareniti,
                                       conglomerati ben cementati, ghiaie e sabbie solo
                                       localmente cementate (PLIOCENE INF.                -
                                       MESSINIANO SUP.?).
                                       Arenarie di Monte Arzolo: arenarie sabbioso-
                                       siltose con presenza di filliti e legno silicizzato
                                       (PLIOCENE INFERIORE).




                                             4
Qui la Formazione Gessoso-Solfifera è un termine assente o non affiorante ma per
completezza se ne riporta sopra la descrizione.
I campioni, appartenenti alla coltre di copertura dei Conglomerati di Rocca Ticozzi,
sono stati prelevati in corrispondenza dello scavo eseguito per l’installazione di una
stazione di monitoraggio di frane superficiali e di una tricea esplorativa scavata nelle
immediate vicinanze per la descrizione del profilo pedologico del terreno (TR2).




                                           5
Figura 2.1 – Carta geolitologica dell’area di studio (foto volo del 2009)




                                   6
frana 1188




                                     frana 1183




Foto 2.2 – Dettaglio del versante oggetto di studio (foto volo 2009)




                                 7
piezometro                           pluviometro

                                                                       centralina di
                                                                       acquisizione
                                               tensiometri




Foto 3.63 – Vista frontale della stazione di monitoraggio a lavori ultimati




                                    8
2.1 Profilo pedologico

 S.T.   spessore Profondità      n     DESCRIZIONE DEL PROFILO P 13
                              campione
             cm     in cm

A1      10        0-10        70         Secco; colore umido matrice bruno grigio
                                         scuro (10YR4/2); scheletro scarso (3%)
                                         molto piccolo (10 mm) a piccolo (50
                                         mm) di scisti e calcari mediamente
                                         alterati;    tessitura    franco    limosa;
                                         granulometria            franco-grossolana;
                                         struttura granulare media, mediamente
                                         sviluppata; molte radici da fini a grosse;
                                         presenza di lombrichi lunghi fino a 7 cm
                                         e di abbondanti escrementi di lombrico in
                                         strati; effervescenza stimata del 5/10%; a
                                         2-5-7 cm ci sono lenti sabbiose (forse
                                         dovute         al      disfacimento      di
                                         scheletro);limite inf. abrupto lineare.

A2      10        10-20       68         Umido; colore umido matrice rosso
                                         debole (2,5YR4/2); scheletro scarso (5%)
                                         molto piccolo (10-20 mm), arrotondato,
                                         scisti e calcari mediamente alterati;
                                         tessitura franco limosa; granulometria
                                         franco grossolana; struttura primaria
                                         poliedrica sub angolare media e struttura
                                         secondaria         granulare       grande
                                         moderatamente sviluppate; presenza di
                                         abbondanti escrementi di lombrico in
                                         strati; effervescenza stimata del 5/10%;
                                         molte radici molto fini (< 1mm) a grosse
                                         (50 mm); limite inf abrupto lineare.

                                         Ritrovato un fil de ferro probabilmente
                                         usato come legaccio della vite.

Ap      20        20-40       69         Umido; colore umido matrice bruno
                                         rossastro (2,5YR4/4 e 2,5YR 5/4) con
                                         scarse (<2%) screziature piccole (3mm)
                                         di colore rosso (2,5YR5/6); scheletro
                                         scarso (1%) molto piccolo (10-20 mm),


                                     9
arrotondato, scisti, calcari e pezzi di
                         mattoni fortemente alterati; tessitura
                         franco limoso argillosa; granulometria
                         franca; struttura poliedrica subangolare
                         grande     (30    mm)     fortemente   e
                         moderatamente sviluppata; scarsi (1%)
                         noduli carbonatici soffici molto piccoli
                         (1-2 mm); effervescenza stimata del
                         5/10%; poche radici grosse (40 mm);
                         limite inf chiaro ondulato.

B    30   40-70    67    molto umido; colore umido matrice
                         bruno rossastro (2,5YR4,5/4 e 2,5YR
                         5/4)     con comuni (3%) screziature
                         piccole (2-3 mm) di colore bruno forte
                         (7,5YR5/8); scheletro scarso (1%) molto
                         piccolo (10-20 mm), arrotondato, scisti,
                         calcari fortemente alterati; tessitura
                         franco limoso argillosa (più sabbia
                         rispetto all’or. sup); granulometria
                         franca; struttura poliedrica subangolare
                         grande (<50 mm) moderatamente
                         sviluppata;    comuni      (3%)   noduli
                         carbonatici soffici molto piccoli (1-2
                         mm); effervescenza stimata del 5/10%;
                         scarsi (0,5%) macropori di dimensioni da
                         molto fini (<0,5 mm) a medie (2 mm);
                         poche radici morte grosse (10 mm); tra
                         50-70 cm ci sono lenti sabbiose (forse
                         dovute al disfacimento di scheletro);
                         limite inf chiaro ondulato.

BC   30   70-110   66    molto umido; colore umido matrice
                         bruno rossastro (2,5YR4/3) e bagnato
                         oliva (5Y 5/4)         con comuni (4%)
                         screziature piccole (2-3 mm) di colore
                         bruno forte (7,5YR5/8) e grigio rosato
                         (5Y6/2); scheletro molto scarso (<1%)
                         molto piccolo (10-20 mm), scisti, calcari
                         fortemente alterati; tessitura franco
                         limoso argillosa; granulometria franca;
                         struttura poliedrica subangolare da media


                        10
a grande (da 10 a 50 mm) moderatamente
                           sviluppata;     comuni      (3%)    noduli
                           carbonatici soffici molto piccoli (1-2
                           mm); prima del limite superiore di C si
                           osserva localmente un accumulo di questi
                           noduli soffici; effervescenza stimata del
                           5/10%; scarsi (0,5%) macropori di
                           dimensioni da molto fini (<0,5 mm) a
                           medie (2 mm); poche radici morte grosse
                           (10 mm); tra 50-70 cm ci sono lenti
                           sabbiose (forse dovute al disfacimento di
                           scheletro); limite inf chiaro ondulato.

C   20   110-130     64    molto umido; colore umido matrice
                           grigio oliva (5Y5,5/2) e bagnato oliva
                           chiaro (5Y 6/2)       con scarse (1%)
                           screziature piccole (1 mm) di colore
                           bruno oliva chiaro (2,5Y5/4) e bruno
                           giallastro (10YR5/6) orientate a strisce
                           parallele alla sup del terreno in lenti a
                           tessitura sabbiosa; scheletro assente;
                           tessitura franco limoso argillosa;
                           granulometria franca; struttura poliedrica
                           subangolare da media a grande (da 10 a
                           50 mm) fortemente sviluppata; comuni
                           (4%) noduli carbonatici soffici molto
                           piccoli (1-2 mm); effervescenza stimata
                           del 5/10%; comuni radici morte fini (1-2
                           mm); tra 50-70 cm ci sono lenti sabbiose
                           (forse dovute al disfacimento di
                           scheletro); prima di 130 cm si osserva
                           marna alterata calcarea; limite inf
                           abrupto lineare.

R   50   130 - 180   65    substrato    di   marna;     limite    inf
                           sconosciuto.




                          11
Considerazioni chimiche P1
Ci sono evidenze del movimento dei carbonati lungo il profilo, con successivo
accumulo in forma di concrezioni e concentrazioni soffici negli orizzonti profondi,
che possono portare alla formazione dell’ orizzonte protocalcici BC (70-110 cm) e
in profondità dell’orizzonte calcico C (110-130 cm). Utilizzo il termine ‖proto‖
perche per il WRB (World Reference Base, FAO, 1998) per essere un vero e proprio
or. calcico ci vorrebbe almeno il 15 % di carbonato di calcio nella terra fine.
L’orizzonte B è direttamente correlato con il clima (es., Jenny and Leonard,
1934;Arkley, 1963).
Il processo di arricchimento di carbonati su substrati calcarei è la carbonatazione.
L’evoluzione di un or. calcico (Allen and Wright, 1989, Gile et al., 1966; Machette,
1985), in questo caso C, prevede uno stadio iniziale dove si sviluppano noduli e
cuticole sullo scheletro. All’aumentare dei carbonati si inizia a formare una zona
laminare che nel tempo va ad impedire la discesa ulteriore del carbonato disciolto in
acqua. In questo modo la zona laminare si inspessisce ed eventualmente si sfalda a
brecce.




                                3.Frane superficiali

Gli eventi franosi successivi alle intense precipitazioni del 27-28 aprile 2009 sono
classificabili in letteratura come fenomeni franosi per mobilizzazione della coltre
superficiale (superfici di rottura frequentemente ubicate all’interfaccia suolo-
substrato o al contatto tra orizzonti aventi diverse caratteristiche di permeabilità – es.
sabbie/conglomerati-marne). Si tratta di processi controllati dalla quantità e
dall’intensità delle precipitazioni e che si caratterizzano per l’alta densità. Tali
fenomeni franosi sono contraddistinti da movimenti schematizzabili in due fasi
principali: innesco della frana e mobilizzazione del materiale. La fase di innesco
avviene secondo meccanismi di tipo traslativo, talora rotazionale. Nella fase di
mobilizzazione la massa spostata percorre rapidamente il versante, conservandosi più
o meno integra oppure destrutturandosi completamente (colamento) a seconda delle
caratteristiche geotecniche del materiale. Nonostante gli spessori e i volumi modesti
la particolare pericolosità di questi fenomeni è da mettere in relazione con la loro

                                           12
rapidità di sviluppo (le frane si sono attivate ed esaurite nello spazio di pochi minuti
a volte qualche decina di secondi, con la difficoltà di prevederne l’ubicazione, gli
indizi premonitori sono praticamente assenti o, in genere, immediatamente
precedenti il collasso), ma anche con l’elevata densità di distribuzione delle singole
frane.
In base alle caratteristiche del movimento iniziale, al grado di destrutturazione della
massa spostata, della copertura vegetale e delle condizioni topomorfiche del pendio
sottostante, le frane superficiali innescate dalle intense precipitazioni di fine aprile
2009 nel territorio studiato si possono suddividere nelle seguenti tipologie (Campus,
2005, Regione Piemonte, 1998, Cruden & Varnes, 1996):
– tipo A (Fig. a): porzioni della coltre di alterazione superficiale che seppur
delimitate e scomposte da
fratture hanno subito traslazioni di limitata entità tali da non esporre la superficie di
movimento, mantenendo in definitiva una loro originale integrità, pur evidenziando
un incipiente sovrascorrimento del bordo inferiore sul piano campagna (Fig. a.1).
Tali fenomeni in molteplici casi sono allo stato incipiente e si manifestano con
fratture nel terreno poco continue, spesso deformando la viabilità e creando deboli
disallineamenti dei filari di vite.




Figura a: Frana di tipo A (da CUREN D., VARNES D. J.)




                                            13
Figura a.1: Canneto Pavese – Esempio di frane di tipo A




– tipo B (translational earth slide, Fig. b): porzioni della coltre di alterazione
superficiale che hanno subito traslazione di entità tale da esporre la superficie di
rottura. La massa spostata, nella sua parte preservata è costituita da zolle disunite che
hanno mantenuto singolarmente la loro integrità grazie all’effetto coesivo svolto
dagli apparati radicali. Questa tipologia di frana si localizza in particolare in
corrispondenza di vigneti (Fig. b.1).




                                           14
Figura b: Frana di tipo B (da CUREN D., VARNES D. J.)




Figura b.1: Frana di tipo B. Danni ad un vigneto.




                                           15
– Tipo C (Fig. c): porzioni della coltre di alterazione superficiale che a seguito del
movimento iniziale e della successiva destrutturazione della massa spostata
degenerano in colata. Al movimento della massa spostata e al suo trasferimento a
valle sotto forma di colata è spesso associata un’attività erosiva con conseguente
presa in carico di altro materiale. L’accumulo di norma in forma lobata è in genere
ben identificabile (Fig. c.1). Questo tipo di frana è generalmente frequente in
corrispondenza di zone boscate e dove gli spessore della coltre superficiale sono
notevoli (es. Valle del Recoaro a Broni). Si tratta di frane di dimensioni modeste (in
media da pochi metri cubi fino a poche decine di metri cubi); alcune di esse hanno
interessato la viabilità stradale creando danni e situazioni di disagio dovute
all’interruzione dei collegamenti. Esse si sono innescate sia sul lato di monte degli
scassi stradali (controripa) sia sul lato di valle (sottoscarpa); in quest’ultimo caso
sono stati coinvolti prevalentemente i terreni di riporto o di sostegno del rilevato
stradale e ciò ha determinato di fatto l’asportazione o il ribassamento (da pochi
centimetri fino a più di due metri) di tratti di lunghezza variabile del piano stradale.




Figura c: Frana di tipo C (da CUREN D., VARNES D. J.)




                                           16
Figura c.1: Frana di tipo C. Particolare di un fenomeno franoso che ha comportato
l’interruzione della strada provinciale da Broni a Canneto Pavese




– Tipo D (Fig. d): porzione della coltre di alterazione superficiale che, a seguito della
traslazione iniziale e della destrutturazione della massa, degenerano in colata
estremamente fluida in cui il materiale viene trasportato in sospensione (Fig. d.1). Il
flusso, disponendosi su ampia sezione laminare, progredisce con scarso attrito nei
confronti della superficie topografica, il che non comporta forme erosive sul terreno.
In questo caso non esiste accumulo identificabile in quanto il materiale viene
completamente disperso lungo e alla base del versante.




                                           17
Figura d: Frana di tipo D (da CUREN D., VARNES D. J.)




Figura d.1: Frana di tipo D. Valle del Recoaro. Frane classificabili come translational soil
slide innescatesi su pendii con inclinazione > 30-35°.




                                            18
4.Materiali e Metodi di studio

4.1 Campioni
Sono stati analizzati campioni rimaneggiati ed indisturbati che provengono da un
scavo effettuato in località Montuè (Canneto Pavese). Per il presente lavoro di tesi
sono stati usati 10 campioni prelevati nei primi 140 cm. I campioni sono stati
sottoposti a prove geotecniche , mineralogiche e pedologiche.


n°campione/nome                      Profondità
    70/2012                A1       mt. 0,00 - 0,10
    68/2012                A2       mt. 0,10 - 0,20
    69/2012                Ap       mt. 0,20 - 0,40
    67/2012                B        mt. 0,40 - 0,70
    66/2012                Bc       mt. 0,70 - 1,10
    64/2012                C        mt. 1,10 - 1,30
    63/2012           C7 TDR 6         mt. 1,40
    65/2012           8 II scavo      substrato
    28/2012             TDR5           mt. 1,20
    29/2012             TDR6           mt. 1,40


Tab. 0 – Elenco campioni analizzati e relative profondità




4.2 Prove Geotecniche
Presso il Laboratorio di Geologia Applicata e di Geotecnica del Dipartimento di
Scienze della Terra e dell’ Ambiente dell’Università di Pavia i terreni sono stati
sottoposti alle seguenti prove:
– analisi granulometriche.
– limiti di Atterberg: evidenziano le caratteristiche di plasticità del materiale. (Prova
non effettuata per il campione ―Scavo 1 corrispondenza TDR 6 mt. 1.40‖).
– carbonatimetrie. (Analisi non eseguita per i campioni ―Scavo 1 corrispondenza
TDR 5 mt. 1.20‖ e ―Scavo 1 corrispondenza TDR 6 mt. 1.40‖).


4.2.1 Analisi Granulometrica per Aerometria
La Normativa di riferimento è: ASTM D422. La prova si articola nei seguenti punti :
1. prendere l’apposito modulo per l’analisi granulometrica;

                                            19
2. durante l’apertura del campione prelevare circa 400 gr. di materiale per la
sedimentazione;
3. indicare sul foglio di laboratorio il nome del contenitore nel quale viene messo;
4. ridurre il materiare a scaglie sottili;
5. mettere il materiale in forno ad asciugare a 110 °C per 16 h;
6. dopo che il materiale si è essiccato pestarlo per ottenere circa 50 gr. di materiale
passante al setaccio 0,075 mm. servendosi di martello e mortaio;
7. in un beaker pesare la quantità esatta di materiale da sottoporre alla prova (circa 50
gr.);
8. versare 125 ml. di soluzione 40g/l di esametafosfato di sodio e lasciare saturare il
materiale per almeno 12 h.
9. versare la miscela nel bicchiere del frullatore e far frullare per 15' circa;
10. dopo aver frullato il materiale pulire accuratamente il frullino con acqua
distillata, per far entrare nel bicchiere del frullatore tutto il materiale rimasto
sull’elica;
11. versare il tutto nel cilindro di sedimentazione;
12. aggiungere altra acqua distillata fino ad arrivare 1000 CC;
13. agitare il cilindro di sedimentazione 10 volte su è giù per mescolare tutta la
miscela;
14. leggere ai tempi indicati (2’-5’-15’-ecc) la lettura del menisco del densimetro;
15. annotare la lettura del densimetro e la temperatura dell’acqua;
16. la prova viene ritenuta valida solo quando la curva ottenuta dalla sedimentazione
di lega bene con quella ottenuta dalla setacciatura.


4.2.2 Analisi granulometrica per setacciatura
L’analisi granulometrica per setacciatura è la prova più conosciuta per la
classificazione dei terreni. La normativa descrittiva è: ASTM D 422. Si procede
come segue:
• Campionare la porzione di prova in funzione della granulometria massima prevista
• Mettere a bagno il campione per almeno 24 h.
• Lavare al setaccio da 0,063 mm proteggendolo con uno avente maglia da 2 mm ed
avendo cura di non disperdere materiale dai lati.


                                             20
• Asciugare il campione in forno a (110 ± 5)°C per 24 h.
• Setacciare tramite setacci di prova nella serie 2 UNI EN 933-2.
• Scuotere manualmente ogni setaccio finché non si ha più apprezzabile passaggio di
materiale e pesare il trattenuto ad ognuno di essi.
Per l’elaborazione dei dati occorre:
• Calcolare la massa del trattenuto su ciascuno staccio,espressa come percentuale
della massa essiccata d'origine Mı.
• Calcolare la percentuale cumulativa rispetto alla massa essiccata d’origine del
passante attraverso ogni staccio,fino a quello da 0,063 mm escluso.
• Calcolare la percentuale delle particelle fini (f) che passano attraverso il setaccio di
0,063 mm con l’equazione:

                                  f


dove:
Mı= massa essiccata della porzione di prova [kg];
M2= massa essiccata del trattenuto sullo staccio da0,063 mm [kg];
P= massa del passante che rimane nel recipiente di fondo [kg].
• Costruire la curva granulometrica in un piano avente sull’asse delle ascisse i
diametri dei setacci [mm] in scala logaritmica ed in ordinate la percentuale di
passante [%].


4.2.3 Limiti di Atterberg
Dopo aver eseguito l’analisi granulometrica è importante determinare, al fine di una
corretta caratterizzazione tipologica del materiale, i limiti di consistenza di Atterberg.
Si definiscono limiti di Atterberg i contenuti d’acqua che rappresentano i passaggi
critici di comportamento del terreno:


• limite liquido: WL;
• limite plastico: Wp;
• indice di plasticità Ip.




                                           21
Il limite liquido si determina per mezzo dell’apparecchio di Casagrande ed è il
contenuto d’acqua per il quale il solco tracciato con apposita spatola sulla terra posta
in un cucchiaio si richiude dopo 25 cadute. Nella normativa ASTM D4318-84
(recentemente sostituita dalla 17892-12), esiste una procedura standardizzata per la
determinazione del limite di liquidità W L: un campione di terreno viene rimaneggiato
con l’aggiunta di acqua distillata e successivamente mescolato, tale mescola viene
poi disposta sul cucchiaio di Casagrande all’interno del quale viene praticato un
solco. Il cucchiaio di Casagrande viene montato sull’apparecchio di prova costituito
da una base in ebanite e da una manovella; ruotando quest’ultima il cucchiaio viene
sollevato e lasciato poi cadere da un’altezza costante; si contano i colpi necessaria far
richiudere il solco per 13 mm di lunghezza. La prova viene ripetuta più volte con la
stessa mescola in modo tale da ottenere dei risultati poco variabili. Successivamente
viene ripetuto il tutto aggiungendo acqua all’impasto e si determina in questo modo
un nuovo valore dei colpi necessari. A tal proposito vi sono due scuole di pensiero
differenti, in merito alle modalità di lavorazione dell'aggregato:


• le norme UNI prescrivono un procedimento standard nel quale il campione viene
umidificato a poco a poco con l'aggiunta di gocce d'acqua distillata;
• in alcune norme francesi il procedimento è contrario: il campione viene portato ad
un grado di umidità che si ritiene massimo, e successivamente,per passaggi, si
aggiunge una percentuale di campione secco in modo da diminuire progressivamente
l'umidità.
Da esperienze pratiche di laboratorio si ritiene comunque che il procedimento
migliore sia il primo. Quando la prova è stata ripetuta più volte (generalmente 3 o 4)
possono essere riportati in un diagramma i valori del contenuto d’acqua w in
funzione dei colpi necessari. In generale vengono considerate valide tre prove, e
precisamente quelle che hanno richiesto un numero di colpi pari a 16, 25 e 35. Il
limite di liquidità convenzionalmente viene assunto come la media fra il contenuto
d’acqua w riscontrato in queste tre prove.


Per determinare il limite plastico Wp vengono realizzati manualmente dei bastoncini
dello spessore di 3,2 mm sfruttando una lastra di vetro (o ceramica) come appoggio;


                                             22
il limite di plasticità è il contenuto d’acqua corrispondente al formarsi delle prime
fessurazioni nei bastoncini. Generalmente la definizione del Wp viene fatta
assumendola media di 3 misurazioni. Al di sotto del limite di plasticità il materiale
non risulta più lavorabile e si entra nella zona in cui le caratteristiche sono di tipo
semi solido.


L’indice di plasticità è l’intervallo all’interno del quale il materiale possiede un
comportamento plastico, ovvero può subire deformazioni ed essere rimaneggiato
senza che si creino fessurazioni e cambi di volume. L’indice di plasticità è definito
come la differenza tra il limite liquido e quello plastico:


                                       IP= WL-Wp




4.2.4 Carbonatimetria
1. Principio
I carbonati vengono decomposti per trattamento del suolo con acido cloridrico. Dal
volume dell’anidride carbonica svolta si risale al contenuto in calcare.


2. Reagenti
- Acido cloridrico (HCl) diluito 1:3


3. Apparecchiatura
Attrezzatura da laboratorio dì uso comune.
In particolare:
- calcimetro di Dietrich-Frühling (Figura 4.4.a), contenente acqua satura di CO2
leggermente colorata per comodità di lettura.


4. Procedimento
Trasferire nel contenitore "A" del calcimetro 500 mg di campione macinato il più
fine possibile.


                                            23
Inserire nel contenitore "A" del calcimetro, insieme alla prevista quantità di
campione, una provetta contenente 10 mL della soluzione diluita di HCl. Collegare il
contenitore "A" al calcimetro mediante apposito tappo dì chiusura.
Azzerare l'apparecchiatura eguagliando la pressione interna a quella esterna mediante
il rubinetto "C".
Chiudere il rubinetto "C" e far sviluppare la CO2 inclinando il contenitore "A" in
modo che l'HCl, fuoriuscendo dalla provetta di plastica, venga a contatto con il
campione.
La CO2 che si sviluppa farà abbassare il livello dell'acqua nel tubo graduato "B".
Provocare una leggera depressione abbassando il tubo di livello "D".
Continuare ad agitare il contenitore "A" fino a completo sviluppo della CO2
(indicativamente 1-3 minuti).
Eguagliare la pressione interna a quella esterna portando l'acqua contenuta in "D"
allo stesso livello di quella contenuta in "B".
Attendere qualche minuto fino a stabilizzazione dei menischi di livello ed eseguire la
lettura del volume di CO2 che si è sviluppata.


6. Espressione dei risultati
Disponendo di carbonato di calcio puro è possibile leggere direttamente il valore e
determinare la percentuale di carbonato di calcio contenuto nei vari suoli.




Figura 4.2.4.a - Calcimetro di Dietrich-Frühling


                                           24
4.3 Prove Mineralogiche
I suoli sono stati sottoposti a prove mineralogiche presso il Laboratorio di
Diffrattometria X da polveri del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università
di Pavia.


4.3.1 Diffrattometria a raggi X metodo delle polveri
La tecnica analitica di diffrazione a raggi X metodo ―delle polveri‖ è stata la prima,
in ordine di tempo, ad essere utilizzata per l’identificazione dei minerali argillosi e
per la determinazione della loro struttura cristallina, ed ancora oggi rimane quella più
diffusa.
La diffrattometria delle polveri sfrutta il fenomeno della diffrazione dei raggi X da
parte dei materiali cristallini, che è descritta dalla legge di Bragg: n = 2dsen , dove
n è un numero intero,    è la lunghezza d’onda impiegata, d è la distanza fra due piani
reticolari e   e l’angolo formato tra il raggio incidente e il piano reticolare. Secondo
tale legge il fenomeno della diffrazione dei raggi X può essere interpretato attraverso
una riflessione su fasci di piani reticolari paralleli. La riflessione dei raggi X non
avviene per qualsiasi incidenza del raggio diretto sui piani reticolari, ma solo per
determinati angoli definiti dalla equazione stessa.
La diffrazione è un fenomeno fisico associato alla deviazione della traiettoria delle
onde quando queste incontrano un ostacolo sul loro cammino. Nella diffrattometria
delle polveri si fa incidere un fascio di raggi X monocromatici paralleli su una
polvere cristallina. Poiché i granuli che costituiscono la polvere hanno tutte le
orientazioni possibili rispetto ai raggi X incidenti, alcuni dei loro piani reticolari si
troveranno in posizione tale da soddisfare l’equazione di Bragg.
I principali componenti del diffrattometro delle polveri sono il sistema di emissione
dei raggi X (generatore e tubo), il goniometro, il portacampioni, il detector e il
software. I raggi X si generano quando particelle cariche elettricamente, in genere
elettroni, di sufficiente energia interagiscono con un ostacolo materiale. Gli elettroni
vengono emessi per effetto termoionico da un filamento riscaldato che funge da
catodo, costituito in genere da wolframio. Questi elettroni, definiti raggi catodici,
vengono accelerati da una forte differenza di potenziale e colpiscono una targhetta di
metallo (che costituisce l’anodo, o anticatodo). Il sistema è inserito in un tubo dove è


                                           25
stato prodotto un vuoto quasi completo. L’anodo emette quindi raggi X di lunghezza
d’onda diversa a seconda del metallo utilizzato (Cu, Fe, Co, Mo, ecc). Nei
diffrattometri delle polveri si usa comunemente il rame. Il goniometro è
essenzialmente una semi-circonferenza sul cui bordo sono disposti sia la sorgente dei
raggi X, in posizione fissa, che il contatore, che è tuttavia in grado di ruotare attorno
all’asse del goniometro. Durante la misurazione, la sorgente a raggi X, il campione, il
rivelatore e l’apparato di registrazione operano simultaneamente. Il contatore viene
fatto ruotare da un motore ad una velocità angolare doppia rispetto al portacampioni,
e raccoglie l’emissione dei raggi diffratti ogni volta che viene soddisfatta l’equazione
del Bragg. In questo modo si ottiene un diagramma (diffattogramma) con diversi
picchi di diffrazione. In un diffrattogramma, sull’asse delle ascisse del tracciato sono
indicati i valori degli angoli 2     che sono riferibili ai valori degli spacings ―d‖
espressi in Å, mentre sulle ordinate si hanno le intensità dei riflessi, le cui
aree/altezze sono proporzionali alle intensità dei raggi diffratti.
Ogni minerale possiede una caratteristica struttura cristallina, e pertanto è
contraddistinto da una serie di valori d, per tutti i suoi piani reticolari, che ne
consentono la caratterizzazione e l’identificazione.
L’analisi mineralogica di un sedimento viene in genere eseguita sul campione tal-
quale (campione ―tout venant‖) e sulla frazione argillosa (fraz. < 2 m) per eseguire
una più approfondita indagine sui minerali argillosi.
Nella preparazione del campione da analizzare si devono eseguire dei procedimenti
standard che devono essere svolti con attenzione per non incorrere in risultati finali
non corretti. Nel caso dell’analisi del campione tal-quale, la non ―perfetta‖
disorientazione delle polveri può indurre una sopravvalutazione di alcune fasi
rispetto ad altre. Di conseguenza le analisi di polveri preparate il più possibile in
modo ―random‖ risultano più accurate; per ottenere questa condizione il campione tal
quale (―tout-venant‖) è stato analizzato mediante la tecnica del riempimento del
portacampioni dal retro. In questo caso la polvere viene leggermente compressa con
procedimento manuale nel retro di un portacampioni di metallo che presenta una
cavità cilindrica. Questa operazione viene realizzata con apposite presse, per ottenere
dei preparati omogenei; in questo modo i rischi di una iso-orientazione dei granuli-
particelle sulla superficie opposta da irradiare sono molto ridotti. Occorre porre


                                            26
particolare attenzione, poi, che la superficie del campione sulla quale verranno
indirizzati i raggi X sia il più possibile liscia.
Sebbene i più importanti tipi di minerali argillosi siano già identificabili mediante
l’analisi del sedimento totale (―tout-venant‖), soprattutto quando sono presenti in
percentuali significative, l’analisi dettagliata di questi minerali prevede la
separazione della cosiddetta frazione ―argilla‖ (< 2 m) dal sedimento ―tout venant‖.
La separazione della frazione < 2 m viene eseguita per sedimentazione frazionata,
sfruttando la velocità di caduta di un corpo a peso specifico noto entro un fluido sotto
l’azione della gravità, data dalla legge di Stokes. Il procedimento consiste nel porre
in un beker, contenente 500 cl di acqua, circa 30 g di sedimento ―tout venant‖. Dopo
aver agitato fino ad ottenere l’omogeneizzazione della soluzione, si lascia
sedimentare il preparato. In accordo con la legge di Stokes, trascorse circa 4 ore, la
frazione > 2     m è sedimentata al di sotto di 5 cm rispetto al livello superiore
dell’acqua. Il sedimento presente entro i primi cinque centimetri costituisce la
frazione < 2     m, che viene rimossa dal beker tramite sifonazione. Quindi viene
prelevata, con una pipetta graduata, una certa quantità della sospensione (in genere
sono sufficienti 1-2 ml), depositata e fatta asciugare su un vetrino. La tensione
superficiale trattiene la sospensione sul supporto, evitandone la tracimazione.




4.3.2 Materiali e metodi
Sono state eseguite le analisi mineralogiche mediante diffrattometria a raggi X
(metodo delle polveri) sui campioni di sedimento della frana dell’ Oltrepo Pavese. Le
analisi sono state eseguite sul campione ―tout venant‖ (tal quale) e sulla frazione
argillosa (frazione < 2 µm) per una corretta valutazione dei minerali argillosi,
utilizzando il diffrattometro Philips PW 1800 in dotazione presso il Dipartimento di
Scienze della Terra e dell’Ambiente dell’Università di Pavia. I campioni sono stati
analizzati allo stato naturale e dopo trattamento mediante glycol etilenico, per
l’identificazione della smectite (Biscaye, 1965; Thorez, 1976). L’analisi del
sedimento ―tal quale‖ è stata eseguita su preparati ―random‖ mentre quella della
frazione argillosa su preparati ―orientati‖. La stima semi-quantitativa delle principali
fasi minerali nel sedimento ―tout venant‖ è stata ottenuta misurando le altezze dei


                                              27
principali riflessi caratteristici di ogni minerale, mentre quella dei minerali argillosi
presenti nella frazione < 2 µm misurando le aree dei picchi, secondo la tecnica
descritta in Biscaye (1965).
I minerali nel sedimento tal quale sono stati identificati sulla base dei seguenti riflessi
diagnostici: quarzo: picco a 4.26 Å; calcite: picco a 3.03 Å; K-feldspato: picco a 3.24
Å; plagioclasio: picco a 3.18 Å; mica: picco a 10 Å; clorite: picco a 7 Å, dolomite:
picco a 2.88 Å, anfibolo: picco a 8,3 Å circa.
I minerali argillosi nella frazione fine sono stati identificati sulla base dei loro riflessi
basali (Biscaye, 1965; Thorez, 1976): smectite: riflesso basale a circa 17 Å dopo il
trattamento di glicolazione; clorite: riflessi basali a 14 Å, 7 Å e 3.57 Å sul campione
naturale; illite: riflesso basale a 10 Å e 5 Å sul naturale; caolinite: riflessi basali a 7 Å
e 3.53 Å sul campione naturale.




                                             28
4.4 Prove Pedologiche
Le prove pedologiche sui campioni di suolo sono state svolte durante un tirocinio
presso il Laboratorio Riccalab dell’azienda Riccagioia s.c.p.a. di Terrazza Coste.
L’attività è consistita nelle seguenti prove standard di classificazione:
       determinazione della capacità di scambio cationico con bario cloruro e
       trietanolammina.
       determinazione delle basi di scambio (calcio, magnesio e potassio) con bario
       cloruro e trietanolammina.
       determinazione del carbonio organico.
       determinazione del fosforo assimilabile.
       reazione (pH) in H₂O, KCl.




4.4.1 Determinazione della capacità di scambio cationico con bario cloruro e
trietanolammina
1. Principio
Il campione di suolo viene monosaturato con bario per ripetuti trattamenti con
soluzione di bario cloruro tamponata a pH 8,2. Successivamente, al campione Ba-
saturato viene aggiunta più volte una quantità definita di una soluzione a titolo noto
di magnesio solfato. La reazione porta alla formazione di bario solfato insolubile e,
quindi, allo scambio completo Ba/Mg. L’eccesso di magnesio in soluzione viene
determinato per titolazione complessometrica. Calcolata la quantità di magnesio
adsorbito, che corrisponde alla quantità di bario scambiato, si accerta il valore della
capacità di scambio cationico.


2. Reagenti
        Soluzione di ammonio idrossido [30% (r = 0,892)].
        Soluzione (1 mole · L-1) acido cloridrico




                                           29
Aggiungere con cautela, in matraccio tarato da 1000 mL, contenente circa 400 mL di
H2O, 83 mL di acido cloridrico (HCl) [37% (r = 1,186)]. Mescolare e, dopo
raffreddamento, portare a volume con H2O.
        Soluzione di bario cloruro tamponata a pH 8,2
Trasferire in bicchiere da 1000 mL, contenente circa 800 mL di H2O, 100 g di bario
cloruro (BaCl2 · 2 H2O) e 22,5 mL di trietanolammina [N(CH2OHCH2)3] [98% ( =
1,124)]. Agitare fino a completa solubilizzazione del sale e portare il valore di pH a

8,2 per aggiunta della soluzione (1 moli · L-1) di acido cloridrico. Trasferire la
soluzione in matraccio tarato da 1000 mL e portare a volume con H2O.

        Soluzione (5 cmoli · L-1) di magnesio solfato
Sciogliere in H2O, in matraccio tarato da 1000 mL, 12,324 g di magnesio solfato
(MgSO4 · 7 H2O). Portare a volume con H2O.

        Soluzione     (2,5    cmoli     ·    L-1)   di    sale    bisodico     dell'acido
        etilendiamminotetracetico (EDTA)
Sciogliere in H2O, in matraccio tarato da 1000 mL, 9,305 g di sale bisodico
dell’acido etilendiamminotetracetico (EDTA). Portare a volume con H2O.
        Soluzione tampone a pH 10
Sciogliere in matraccio tarato da 1000 mL, contenente circa 500 mL di H2O, 54 g di
ammonio cloruro. Aggiungere 350 mL di soluzione di ammonio idrossido [(30%)
( = 0,892)]. Portare a volume con H2O.
        Indicatore
Omogeneizzare, in mortaio di porcellana, 20 g di sodio cloruro e 0,2 g di nero
eriocromo T (C20H12N3NaO7S).


3. Apparecchiatura
Attrezzatura da laboratorio di uso comune.
In particolare:
- agitatore rotante a 40 giri · minuto-1 o agitatore oscillante 120÷140 cicli · minuto-1;
- centrifuga;
- tubi da centrifuga da 50 mL con tappo a vite.
4. Procedimento


                                            30
Trasferire in tubo da centrifuga da 50 mL con tappo a vite 2 g del campione di terra
fine. Rilevare la massa del tubo + il campione (A). Nel caso di suoli molto argillosi
utilizzare 1 g del campione di terra fine.
Aggiungere 25 mL della soluzione di bario cloruro (BaCl2 · 2 H2O) tamponata pH
8,2. Chiudere il tubo. Tenere in agitazione per 1 ora.
Centrifugare a 3000 giri · minuto-1 e decantare la soluzione limpida in un matraccio
tarato da 100 mL.
Ripetere il trattamento altre due volte decantando le soluzioni limpide nello stesso
matraccio da 100 mL. Portare a volume con la soluzione di bario cloruro (BaCl2 · 2
H2O) tamponata pH 8,2. Utilizzare questa soluzione (I) per la determinazione
dell’acidità totale.
Lavare il campione con 25 mL di H2O, centrifugare, e, dopo avere scartato il
surnatante, rilevare nuovamente la massa del tubo + il campione (B).
Prelevare con buretta di precisione e trasferire nel tubo da centrifuga 30 mL della
soluzione (5 cmoli · L-1) di magnesio solfato. Chiudere il tubo e agitare a mano
accuratamente fino a dispersione completa del campione. Tenere in agitazione per 2
ore e, quindi, centrifugare. Prelevare e trasferire in matraccio conico di Erlenmeyer
da 250 mL 10 mL della soluzione limpida, aggiungere 100 mL di H2O, 10 mL della
soluzione tampone a pH 10 ed una punta di spatola di indicatore. Preparare la
soluzione della prova in bianco trasferendo in matraccio conico di Erlenmeyer da
250 mL 100 mL di H2O, 10 mL della soluzione (5 cmoli · L-1) di magnesio solfato,
10 mL della soluzione tampone a pH 10 e una punta di spatola dell’indicatore.
Titolare la soluzione della prova in bianco e quella del campione con la soluzione
(2,5 cmoli · L-1) di EDTA fino a colorazione azzurra.


5. Espressione dei risultati
La capacità di scambio cationico (CSC) viene espressa in centimoli per kg di suolo
(cmol(+) · kg-1) o in millequivalenti per 100 g di suolo (meq · 100 g-1), con una cifra
decimale. I due valori risultano numericamente uguali.




Per il calcolo viene utilizzata l’espressione

                                             31
(VB - VT) · 0,25 · (25 + B - A)
CSC = —————————————— · 2
                    M
che deriva da
       (VB - VA) · M · 1000  25             (25 + B - A)
CSC = —————————— · —— ·                    ——————— · 2
           M · 1000         10                25


dove
CSC = capacità di scambio cationico, espressa in cmol(+) · kg-1
VA = volume della soluzione di EDTA utilizzato per la titolazione della soluzione
del campione, espresso in millilitri
VB = volume della soluzione di EDTA utilizzato per la titolazione della soluzione
della prova in bianco, espresso in millilitri
A = massa del tubo da centrifuga + il campione, espressa in grammi
B = massa del tubo da centrifuga + il campione dopo saturazione con soluzione di
bario cloruro e lavaggio con H2O
25 mL/10 mL = rapporto volumetrico
M = concentrazione della soluzione di EDTA, espressa in cmol · L-1
M = massa del campione utilizzata, espressa in grammi.




                                            32
4.4.2 Determinazione delle basi di scambio (calcio, magnesio e potassio) con bario
cloruro e trietanolammina.
1. Principio
Il contenuto degli ioni calcio, magnesio e potassio, rimossi dai siti di scambio con
soluzione di bario cloruro tamponata a pH 8,2, viene determinato per
spettrofotometria in assorbimento atomico con atomizzazione a fiamma (FAAS). Il
metodo può essere utilizzato per tutti i suoli.


2. Reagenti
        Acido cloridrico (HCl) [37 % (r = 1,186)]
        Soluzione (1 mole · L-1) acido cloridrico
Aggiungere con cautela, in matraccio tarato da 1000 mL, contenente circa 400 mL di
H2O, 83 mL di acido cloridrico (HCl) [37% (r = 1,186)]. Mescolare e, dopo
raffreddamento, portare a volume con H2O.
        Soluzione di bario cloruro tamponata a pH 8,2
Trasferire in bicchiere da 1000 mL, contenente circa 800 mL di H2O, 100 g di bario
cloruro (BaCl2 · 2 H2O) e 22,5 mL di trietanolammina [N(CH2OHCH2)3] [98% (r =
1,124)]. Agitare fino a completa solubilizzazione del sale e portare il valore di pH a
8,2 per aggiunta della soluzione (1 moli · L-1) di acido cloridrico. Trasferire la
soluzione in matraccio tarato da 1000 mL e portare a volume con H2O.
        Soluzione standard del commercio a titolo garantito (1000 mg · L-1) di calcio
        (Ca)
        Soluzione standard del commercio a titolo garantito (1000 mg · L-1) di
        magnesio (Mg)
        Soluzione standard del commercio a titolo garantito (1000 mg · L-1) di
        potassio (K)
        Soluzione standard diluita (100 mg · L-1) di magnesio (Mg)
Prelevare con buretta di precisione e trasferire in matraccio tarato da 100 mL 10 mL
della soluzione standard del commercio a titolo garantito (1000 mg · L-1) di
magnesio.
Portare a volume con H2O.
        Soluzione standard di lavoro di calcio e magnesio


                                            33
Prelevare con buretta di precisione e trasferire in matraccio tarato da 100 mL 5 mL
della soluzione standard del commercio a titolo garantito (1000 mg · L-1) di calcio.
Prelevare con buretta di precisione e trasferire nello stesso matraccio tarato da 100
mL 5 mL della soluzione standard diluita (100 mg · L-1) di magnesio. Portare a
volume con H2O. In questa soluzione la concentrazione del calcio e quella del
magnesio sono pari, rispettivamente, a 50 e a 5 mg · L-1.
Prelevare con buretta di precisione e trasferire in quattro matracci tarati da 50 mL 0,
5, 10 e 20 mL della soluzione (50 e 5 mg · L-1) di calcio e magnesio.
Portare a volume con H2O.
In ciascuna delle quattro soluzioni la concentrazione del calcio è, rispettivamente, di
0, 5, 10 e 20 mg · L-1; quella del magnesio è, rispettivamente di 0, 0,5, 1 e 2 mg · L-1.
         Soluzione (10 g · L-1 ) di cesio
Sciogliere in H2O, in matraccio tarato da 1000 mL, 12,7 g di cesio cloruro (CsCl).
Aggiungere 27 mL di acido cloridrico (HCl) [37 % (r = 1,186)].
Portare a volume con H2O.
         Soluzione (1,25 g · L-1 ) di cesio
Trasferire, in matraccio tarato da 1000 mL contenente circa 500 mL di H2O, 125 mL
della soluzione (10 g · L-1) di cesio. Mescolare e portare a volume con H2O.
         Soluzione standard di lavoro di potassio
Prelevare con buretta di precisione e trasferire nello stesso matraccio tarato da 500
mL 10 mL della soluzione standard diluita (1000 mg · L-1) di potassio.
Portare a volume con H2O.
In questa soluzione la concentrazione del potassio è pari, rispettivamente, a 20 mg ·
L-1.
Prelevare con buretta di precisione e trasferire in quattro matracci tarati di materiale
plastico da 50 mL 0, 5, 10 e 20 mL della soluzione (10 e 20 mg · L-1) di potassio.
Aggiungere a ciascun matraccio 5 mL della soluzione (10 g · L-1) di cesio.
Portare a volume con H2O.
In ciascuna delle quattro soluzioni la concentrazione del potassio è, rispettivamente
di 0, 2, 4, 8 mg · L-1.




                                              34
3. Apparecchiatura
Attrezzatura da laboratorio di uso comune.
In particolare:
- agitatore rotante a 40 giri · minuto-1 o agitatore oscillante a 120¸140 cicli · minuto-1;
- Spettrofotometro in assorbimento atomico (FAAS).


4. Procedimento
Trasferire 2,5 g del campione di terra fine in matraccio conico di Erlenmeyer da 250
mL. Aggiungere 50 mL della soluzione di bario cloruro (BaCl2 · 2 H2O) tamponata
pH 8,2. Tenere in agitazione per 1 ora. Passare per filtro di carta (Whatman® n° 42)
raccogliendo il filtrato in contenitore di materiale plastico munito di tappo.


4.1. Determinazione del contenuto di calcio e magnesio di scambio
Prelevare con buretta di precisione e trasferire in matraccio tarato da 100 mL 10 mL
del filtrato.
Preparare la prova in bianco seguendo le stesse modalità operative.


4.2. Determinazione del contenuto di potassio di scambio
Prelevare con buretta di precisione e trasferire in matraccio tarato da 50 mL 10 mL
del filtrato.
Portare a volume con la soluzione (1,25 g · L-1 ) di cesio. Se la diluizione (1+4) non
risulta sufficiente diluire ancora la soluzione assicurandosi che il contenuto di cesio
nella soluzione resti sempre pari a 1 g · L-1
Preparare la prova in bianco seguendo le stesse modalità operative.


4.3. Preparazione delle curve di taratura
Preparare la curva di taratura per ciascun metallo allo spettrofotometro in
assorbimento atomico, utilizzando fiamma ossidante laminare aria-acetilene.
Definire per lo strumento in dotazione condizioni tali da rispettare la proporzionalità
tra l’assorbanza e la concentrazione delle soluzioni standard di lavoro.
Impiegare lampada specifica per ciascun elemento, selezionando le seguenti
lunghezze d’onda:


                                            35
Calcio 422,7 nm
                                  Magnesio 285,2 nm
                                     Potassio 766,5 nm
Rilevare i valori di assorbanza delle soluzioni standard di lavoro e predisporre per
ciascun metallo curva di taratura.


5. Espressione dei risultati
Il contenuto di ciascun catione di scambio viene espresso in centimoli per kg di suolo
(cmol(+) · kg-1) o in millequivalenti per 100 g di suolo (meq · 100 g-1), con una cifra
decimale. I due valori risultano numericamente uguali.
Per il calcolo viene utilizzata l’espressione:




                               (A-B) · D · V
                            C = ———————
                                 M· E · 10




dove
C = contenuto di ciascun catione di scambio, espresso in cmoli (+) · k g-1
A = concentrazione del catione nella saluzione del campione, espressa in mg · L-1
B = concentrazione del catione nella soluzione della prova in bianco, espressa in mg ·
L-1
D = fattore di diluizione
M = massa del campione di suolo utilizzata, espressa in grammi.
E = massa equivalente del catione. ECa = 20,04; EMg = 12,16; EK = 39,10; ENa =
22,99.
V = volume della soluzione di BaCl2 espresso in mL


6. Calcolo del grado di saturazione in basi
Per il calcolo del grado di saturazione in basi (GSB) viene utilizzata l’espressione:
                                   GSB = SB/CSC • 100


                                             36
dove
GSB = grado di saturazione in basi
SB = somma del contenuto di calcio, magnesio, potassio e sodio di scambio, espresso
in cmol(+) · kg-1
CSC = capacità di scambio cationico (CSC) determinata con il metodo 4.4.1 ed
espressa in cmolc · kg-1.




4.4.3 Determinazione del carbonio organico (metodo Springer-Klee)
1. Principio
Il carbonio organico viene ossidato ad anidride carbonica con soluzione di potassio
bicromato in presenza di acido solforico, in condizioni standardizzate. La quantità di
potassio bicromato che non ha reagito viene determinata per titolazione con una
soluzione di ferro (II) solfato. Il punto finale della titolazione viene accertato con
l'aggiunta di un opportuno indicatore di ossidoriduzione o per via potenziometrica
utilizzando un elettrodo di platino. Il metodo differisce dalla normale ossidazione per
via umida come descritta dal metodo Walkley-Black in quanto la reazione tra
carbonio organico e bicromato è resa quantitativa per riscaldamento della miscela a
160°C. Non sono necessari, pertanto, fattori di correzione.


2. Reagenti
- Acido solforico (H2SO4) [96% (ρ = 1,835)]
- Acido fosforico (H3PO4) [85% (ρ = 1,695)]
- Soluzione (0,3334 moli x L-1) di potassio bicromato
Sciogliere in H2O, in matraccio tarato da 1000 mL, 98,08 g di potassio bicromato
(K2Cr2O7) preventivamente essiccato in stufa, per almeno un'ora, a 130°C. Portare a
volume con H2O.
- Soluzione (0,2 moli x L-1) di ferro (II) solfato eptaidrato
Trasferire in matraccio tarato da 1000 mL, contenente circa 100 mL di H2O, 55,6 g
di ferro (II) solfato eptaidrato (FeSO4 x 7 H2O). Aggiungere lentamente, facendoli


                                           37
scorrere lungo le pareti interne del matraccio, 20 mL di acido solforico (H2SO4)
[96% (ρ = 1,835)].
Mescolare e, dopo raffreddamento, portare volume con H2O. La soluzione non è
stabile e va ripreparata di frequente (1-2 giorni). In ogni caso, il titolo della soluzione
deve essere controllato per ogni serie di analisi.
- Indicatore oxred
Sciogliere in 50 mL di acido solforico (H2SO4) [96% (ρ = 1,835)], in matraccio
tarato da 100 mL, 0,2 g di sodio 4-difenilamminosolfonato (C12H10NaNO3S).
Portare a volume con H2SO4 [96% (ρ = 1,835).
- Argento solfato (Ag2SO4) cristalli


3. Apparecchiatura
Attrezzatura da laboratorio di uso comune.
In particolare:
- matraccio per l'attacco da 200 mL fornito di termometro con scala fino a 200°C e
graduazioni di PC (Figura 1)
- fornello Bunsen corredato di piastre di protezione in vetroceramica
- potenziometro o pHmetro con possibilita' di lettura dei mV. In alternativa, titolatore
automatico corredato di elettrodo combinato di platino e buretta automatica da 5 mL
- agitatore magnetico.


4. Procedimento
4.1. Preparazione del campione
Trasferire nel matraccio per l'attacco le seguenti quantità di campione di terra fine,
secco all'aria e setacciato a 0,5 mm:
- 5,0 g, per suoli con contenuto di carbonio organico inferiore a 14,5 g x kg -1
- 2,5 g, per suoli con contenuto di carbonio organico compreso tra 14,5 e 28,5 g x
kg-1
- 1,0 g, per suoli con contenuto di carbonio organico compreso tra 28,5 e 72,5 g x
kg -1.
Nel caso di suoli torbosi non si devono impiegare quantità di campione che
contengano più di 80 mg di carbonio organico.


                                            38
4.2. Ossidazione del carbonio organico ad anidride carbonica
Prelevare con buretta di precisione e trasferire nel matraccio per l'attacco 20 mL della
soluzione (0,3334 moli x L-1) di potassio bicromato (K2Cr2O7).
Sistemare il matraccio per l'attacco in un bagno di acqua e ghiaccio e, facendo
attenzione a non sovrariscaldare la miscela, aggiungere lentamente 26 mL di H2SO4.
Dopo aver inserito il termometro, avendo cura che il bulbo non tocchi il fondo del
matraccio, riscaldare su fornello Bunsen il piu' rapidamente possibile per raggiungere
la temperatura di 160 ± 2 °C. Mantenere costante la temperatura per 10 minuti esatti,
agitando leggermente la miscela.
Raffreddare rapidamente a temperatura ambiente e trasferire quantitativamente il
contenuto in un matraccio tarato da 200 mL. Portare a volume con H2O. Mescolare e
lasciare sedimentare il residuo minerale solido.


4.3. Titolazione volumetrica
Prelevare con pipetta di precisione e trasferire in matraccio conico di Erlenmeyer da
250 mL a collo largo 20 mL della soluzione limpida. Aggiungere 100 mL di H2O e,
in successione, 8 mL di H3PO4 e 0,5 mL dell'indicatore oxred.
Sistemare il matraccio conico di Erlenmeyer sull'agitatore magnetico e titolare con la
soluzione di ferro solfato da violetto scuro a verde.


4.4. Titolazione potenziometrica
Nel caso della titolazione potenziometrica il potenziale varia da circa 900-1000 mV a
650-700 mV oltre il punto di equivalenza.
Se viene utilizzato titolatore automatico, è opportuno operare aggiunte unitarie non
superiori ai 3 μL.


4.5. Determinazione del titolo effettivo della soluzione di ferro (II) solfato
Le soluzioni di sali ferrosi non sono stabili a causa dell'ossidazione del ferro II da
parte dell'ossigeno.
Tale processo di ossidazione si verifica, seppur lentamente, anche sul sale allo stato
solido. Pertanto, per ogni serie di analisi, è necessario controllare, il titolo esatto della
soluzione (0,2 moli x L -1) di ferro (II) solfato.


                                             39
Il metodo prevede di trattare una quantità nota della soluzione di bicromato allo
stesso modo del campione per effettuare contemporaneamente la correzione relativa
alla possibile parziale decomposizione del bicromato a caldo ed il controllo che tale
decomposizione non sia stata eccessiva.
Prelevare con buretta di precisione e trasferire in un matraccio tarato da 200 mL,
sistemato in un bagno di acqua e ghiaccio, 20 mL della soluzione (0,3334 moli x L-1)
di potassio bicromato (K2Cr2O7).
Aggiungere lentamente 26 mL di H2SO4. Mescolare e, dopo raffreddamento, portare
a volume con H2O.
Prelevare con buretta di precisione e trasferire in matraccio conico di Erlenmeyer a
collo largo da 250 mL 20 mL della soluzione. Aggiungere 100 mL di H2O e, in
successione, 8 mL di H3PO4 e 0,5 mL dell'indicatore oxred.
Sistemare il matraccio conico di Erlenmeyer sull'agitatore magnetico e titolare con la
soluzione di ferro solfato da violetto scuro a verde.
Effettuare, nelle stesse condizioni sperimentali, una prova in bianco a caldo (160 +
2°C) per accertare l'errore eventualmente causato dalla possibile parziale
decomposizione del diicromato dovuta al riscaldamento.
Una differenza maggiore di 0,4 mL tra la titolazione con soluzione (0,2 moli x L-1)
di ferro (II) solfato della soluzione di potassio bicromato e della prova in bianco
trattata come il campione indica la presenza di un errore o nella determinazione della
molarità del ferro o nella procedura di riscaldamento.


4.6. Calcolo del titolo effettivo della soluzione di ferro (II) solfato
Tenuto conto che
MFe(II) x VFe(II) = VCr2O72- x MCr2O7 x 6
si ha
MFe(II) = 4/VFe(II)
dove
MFe(II) = molarità effettiva della soluzione di ferro (II) solfato
VFe(II) = volume della soluzione di ferro (II) solfato impiegato per la titolazione di

VCr2O7 espresso in millilitri VCr2O72-= volume della soluzione di potassio


                                            40
bicromato utilizzata per la titolazione, espresso in millilitri (2 mL) MCr2O72- =

molarità della soluzione (0,3334 moli x L-1) di potassio bicromato.


5. Espressione dei risultati
Il contenuto di carbonio organico è espresso in g x kg-1.
Per il calcolo viene utilizzata l'espressione
     3     (B - A)      MFe(II)    200           1000
C = --- x --------- x --------- x ------ x 12 x -------
     2      1000           6        20             M
dove
C = contenuto di carbonio organico, espresso in g x kg-1
3/2 = rapporto molare della reazione di ossidoriduzione (2 moli di potassio bicromato
reagiscono con 3moli di C)
B = volume della soluzione di ferro (II) solfato utilizzato nella titolazione della prova
in bianco, espresso in mL
A = volume della soluzione di ferro (II) solfato utilizzato nella titolazione della
soluzione del campione, espresso in mL
200 mL/20 mL = rapporto volumetrico
MFe(II) = molarita' effettiva della soluzione di ferro (II) solfato
12 = peso atomico del carbonio, espresso in g x mole-1
M = massa del campione di suolo, espressa in grammi.
da cui




5.1. Correzione in presenza di Ioni cloruro
In presenza di una quantità di ioni cloruro superiore a 2 g x kg-1, il contenuto
effettivo di carbonio organico è dato da
Ce = C - (Cl- /12)
dove
Ce = contenuto effettivo di carbonio organico, espresso in g x kg-1
C = contenuto di carbonio organico, espresso in g x kg-1


                                            41
Cl- = contenuto di ioni cloruro presenti nel campione, espresso in g x kg-1
1/12 = fattore di conversione degli ioni cloruro consumati nella formazione del
cloruro di crollare nella corrispondente quantità di C.


6. Valutazione del contenuto di sostanza organica
Considerando pari al 58 % il contenuto medio di carbonio nella sostanza organica del
suolo, è possibile utilizzare il fattore 1,724 per trasformare i g x kg-1 di carbonio
organico accertati nel corrispondente contenuto di sostanza organica:
Sostanza organica = C 1,724




4.4.4 Determinazione del fosforo assimilabile (metodo Olsen)
1. Principio
Il metodo è applicabile sia ai suoli acidi che a quelli caratterizzati dalla presenza di
calcio carbonato.
La presenza nella soluzione di sodio bicarbonato di ioni carbonato e ossidrile abbassa
l’attività di Ca2+ e di Al3+ con conseguente incremento della solubilità del fosforo (P).
Nei suoli calcarei, l’aumentata solubilità del calcio fosfato deriva dalla diminuzione
della concentrazione del calcio dovuta all’elevata presenza di ioni carbonato ed alla
conseguente precipitazione di CaCO3.
Nei suoli acidi o neutri, la solubilità dei fosfati di alluminio e di ferro viene
incrementata dall’aumento della concentrazione degli ioni ossidrile che induce
diminuzione della concentrazione di Al3+, con formazione di ioni alluminato, e di
Fe3+, con precipitazione di ossidi.
Deve essere tenuto presente, altresì, che, a pH elevato, l’aumento delle cariche
negative e/o la diminuzione dei siti di adsorbimento sulle superfici degli ossidi di
alluminio e di ferro può portare al desorbimento del fosforo fissato.
Il contenuto di fosforo viene determinato per spettrofotometria con il metodo
all’acido ascorbico.


2. Reagenti
        Soluzione (2,5 moli · L-1) di acido solforico


                                           42
Aggiungere, con cautela, in matraccio tarato da 1000 mL contenente circa 500 mL di
H2O, 140 mL di acido solforico (H2SO4) [96% (r= 1,835)].
Mescolare e, dopo raffreddamento, portare a volume con H2O.
        Soluzione (1 mole · L-1) di sodio idrossido
Sciogliere in H2O, in matraccio tarato da 1000 mL, 40 g di sodio idrossido (NaOH).
Mescolare e, dopo raffreddamento, portare a volume con H2O.
        Soluzione (0,5 moli · L-1) di sodio bicarbonato
Sciogliere in un bicchiere, contenente circa 900 mL di H2O, 42 g di sodio
bicarbonato (NaHCO3).
Aggiungendo goccia a goccia la soluzione (1 mole · L-1) di sodio idrossido, portare il
pH al valore di 8,5.
Trasferire in matraccio tarato da 1000 mL e portare a volume con H2O.
Per evitare il contatto diretto della soluzione con l’aria atmosferica, aggiungere uno
strato di olio minerale.
        Carbone attivo
E’ opportuno controllare la purezza di questo reagente effettuando un’estrazione con
la soluzione (0,5 moli · L-1) di sodio bicarbonato. In presenza di fosforo, lavare più
volte con la stessa soluzione fino a livelli di P non rilevabili per spettrofotometria.
        Soluzione (0,25%) di p-nitrofenolo
Sciogliere in H2O, in matraccio tarato da 100 mL, 0,25 g di p-nitrofenolo
(NO2C6H4OH).
        Soluzione (40 g · L-1) di ammonio molibdato
Sciogliere in H2O, in matraccio tarato da 1000 mL, 40 g di ammonio molibdato
(NH4)6Mo7O24 · 4H2O]. Portare a volume con H2O.
Conservare la soluzione in recipiente di vetro scuro.
        Soluzione (1 mg di Sb · mL-1) di antimonio potassio tartrato
Sciogliere in H2O, in matraccio tarato da 100 mL, 0,2728 g di antimonio potassio
tartrato [(K(SbO) · C4H4O6 · ½ H2O]. Portare a volume con H2O.
        Soluzione (0,1 moli · L-1) di acido ascorbico
Sciogliere in H2O, in matraccio tarato da 100 mL, 1,76 g di acido ascorbico
(C6H8O6). Portare a volume con H2O.
Preparare la soluzione al momento dell’uso.


                                            43
Reagente solfomolibdico
Mescolare, al momento dell’uso, 50 mL della soluzione (2,5 moli · L-1) di acido
solforico, 15 mL della soluzione (40 g · L-1) di ammonio molibdato, 30 mL della
soluzione (0,1 moli · L-1) di acido ascorbico e 5 mL della soluzione (1mg di Sb · mL-
1) di antimonio potassio tartrato.
        Soluzione standard (1000 mg · L-1) di fosforo (P)
Trasferire in matraccio tarato da 1000 mL, contenente circa 500 mL di H2O, 4,3938
g di potassio diidrogeno fosfato (KH2PO4) essiccato in stufa a 40°C.
Dopo solubilizzazione del sale, portare a volume con H2O.
        Soluzione standard diluita di fosforo (P)
Prelevare con buretta di precisione e trasferire in matraccio tarato da 1000 mL 2 mL
della soluzione (1000 mg · L-1) di fosforo. Portare a volume con H2O.
In questa soluzione la concentrazione del fosforo è di 2 mg · L-1.
3. Apparecchiatura
Attrezzatura da laboratorio di uso comune.
In particolare:
- pH-metro con compensatore della temperatura, elettrodo di vetro con elettrodo di
riferimento o elettrodi combinati;
- agitatore oscillante a 120÷140 cicli · minuto-1;
- filtri a membrana da 0,45 mm;
- spettrofotometro.


4. Procedimento
4.1. Estrazione
Trasferire 2 g del campione di terra fine in matraccio conico di Erlenmeyer o in
contenitore di
materiale plastico da 125 mL. Aggiungere 0,5 g di carbone attivo e 40 mL (V1) della
soluzione (0,5 moli · L-1) di sodio bicarbonato a pH 8,5. Tenere in agitazione per 30
minuti e passare più volte per carta Whatman® n°42 raccogliendo il filtrato in
contenitore di materiale plastico munito di tappo.
Se necessario, passare per filtro a membrana da 0,45 mm.




                                           44
Preparare la prova in bianco seguendo le stesse modalità operative, omettendo il
campione di suolo.
4.2. Determinazione colorimetrica
Prelevare con buretta di precisione e trasferire, in matraccio tarato da 50 mL, una
aliquota della soluzione limpida (V2) contenente da 2 a 40 mg di P. Aggiungere 5
gocce della soluzione di pnitrofenolo e, goccia a goccia, una quantità della soluzione
(2,5 moli · L-1) di acido solforico fino a scomparsa del colore giallo dell’indicatore.
Le gocce di acido solforico devono essere fatte scorrere lungo le pareti interne del
matraccio tarato per evitare rapido sviluppo di CO2 e conseguenti perdite della
soluzione.
Diluire a circa 25 mL con H2O e aggiungere 8 mL del reagente solfomolibdico.
Portare a volume con H2O.
Dopo 10 minuti leggere allo spettrofotometro il valore di estinzione 882 nm contro
un bianco che contenga tutti i reagenti esclusa la soluzione di fosforo.
4.3. Curva di taratura
Prelevare con buretta di precisione e trasferire in sei matracci tarati da 50 mL 0, 5,
10, 15, 20 e 25 mL della soluzione standard diluita (2 mg · L-1) di fosforo.
Diluire a circa 25 mL con H2O e aggiungere 8 mL del reagente solfomolibdico.
Portare a volume con H2O.
In ciascuna delle sei soluzioni, la concentrazione del fosforo è, rispettivamente, di 0,
0,2; 0,4; 0,6; 0,8; 1 mg · L-1.
Dopo 10 minuti leggere allo spettrofotometro il valore di estinzione 882 nm contro
un bianco che contenga tutti i reagenti esclusa la soluzione di fosforo.


5. Espressione dei risultati
Il contenuto di fosforo estratto con soluzione di sodio bicarbonato dal campione di
suolo viene espresso in mg · kg-1, senza cifre decimali.
Per il calcolo viene utilizzata l’espressione




dove


                                           45
C = contenuto di fosforo assimilabile presente nel suolo, espresso in mg · kg-1
A = concentrazione di fosforo nella soluzione del campione, espressa in mg · L-1
B = concentrazione di fosforo nella soluzione della prova in bianco, espressa in mg ·
L-1
V1 = volume dell’estratto (40 mL)
V2= volume della soluzione del campione utilizzata per la determinazione
colorimetrica
M = massa del campione di suolo, espressa in grammi.




6. Note
Tutti i prodotti utilizzati devono essere privi di silicio, tenuto conto della reattività di
questo elemento con
il reagente solfomolibdico.
Per lo stesso motivo, è preferibile utilizzare acqua distillata dal momento che l’acqua
deionizzata può contenere silice.




4.4.5 Determinazione del grado di reazione (pH)
1. Principio
Il pH è determinato per via potenziometrica, dopo taratura del sistema di misura, su
sospensioni di:
suolo-acqua
i valori ottenuti non rispecchiano fedelmente il valore dei pH in campo, ma sono
indicativi del grado di reazione del sistema
suolo-soluzione di sali neutri (KCl o CaCI2)
i valori ottenuti sono maggiormente correlati al grado di saturazione e alla natura del
complesso di scambio
suolo-soluzione di NaF
i valori ottenuti servono per caratterizzare gli andisuoli.




                                            46
2. Reagenti
- Soluzioni tampone del commercio pronte all'uso (pH = 4,7, 10)
- Soluzione (1 mole x L) di potassio cloruro
Sciogliere in H2O, in matraccio tarato da 1000 mL, 74,6 g di potassio cloruro (KCl).
Portare a volume con H2O.
- Soluzione (0,01 moli x L-1) di calcio cloruro
Sciogliere in H2O, in matraccio tarato da 1000 mL, 1,11 g di calcio cloruro (CaCl2)
(o 1,47 g di CaCl2 x 2H2O) Portare a volume con H2O.
- Soluzione (0,1 moli x L-1) di acido fluoridrico
Aggiungere a 800 mL di H2O, in matraccio tarato da 1000 mL, 3,5 mL di acido
fluoridrico (HF) [50% (ρ = 1,155)].
Portare a volume con H2O.
Conservare la soluzione in una bottiglia di materiale plastico.
- Soluzione (1 mole x L-1) di sodio fluoruro
Sciogliere in H2O, in matraccio tarato da 1000 mL, 42 g di sodio fluoruro (NaF).
Portare a volume con H2O. Trasferire in una bottiglia di materiale plastico e lasciare
a riposo per due giorni, agitando occasionalmente. Trasferire 50 mL del decantato m
un bicchiere di materiale plastico.
Il pH della soluzione dovrebbe essere compreso tra 7,2 e 8, 1.
Se il valore di pH dovesse risultare più elevato, correggerlo con l'aggiunta di qualche
goccia della soluzione 0,1 moli x L-1 di HF.
3. Apparecchiature
Attrezzatura da laboratorio di uso comune.
In particolare:
- pH-metro con compensazione della temperatura, elettrodo di vetro con elettrodo di
riferimento o elettrodi combinati
- agitatore magnetico a velocità regolabile
- bicchieri in materiale plastico
- bacchette per agitazione in PVC.


4. Procedimento
4.1. Taratura del sistema di misura


                                          47
Tarare il sistema di misura facendo uso di una soluzione tampone e(1) riferimento
avente pH vicino a quello del campione. Controllare la linearità dei sistema, facendo
uso di almeno un'altra soluzione tampone di riferimento a pH diverso.


4.2. Misura del PH (in H2O e in soluzione di KCl o CaCl2)
Trasferire 10 g del campione di terra fine in un bicchiere da 50 mL Aggiungere 25
mL di H2O o di ciascuna delle soluzione saline. Agitare per almeno due ore. Lasciare
sedimentare la sospensione per alcuni minuti. Introdurre il sistema elettrodico nel
surnatante e rilevare il valore di pH.


4.3. Misura del pH in soluzione di NaF
Trasferire 1 g del campione di terra fine in un bicchiere di materiale plastico da 100
mL.
Aggiungere 50 mL della soluzione (1 mole x L-1) di NaF. Agitare la sospensione per
60 secondi con bacchetta di PVC. Introdurre il sistema elettrodico nel surnatante.
Agitare ancora per 30 secondi.
Esattamente dopo altri 30 secondi leggere il valore di pH.


5. Espressione dei risultati
Il grado di reazione viene espresso come unità di pH, con una cifra decimale.




6. Note
La misura del valore di pH in soluzione di CaCl2 è, con molta probabilità, il metodo
più usato per definire il grado di reazione del suolo.
Infatti, come riportato da Peech (1965), da Conyers e Davey (1988) e da Davey a
Conyers (1988), in presenza di calcio cloruro, il valore di pH:
- non risulta influenzato, entro certi limiti, dal rapporto suolo: soluzione
- è praticamente indipendente dalla concentrazione di sali solubili
- corrisponde con buona approssimazione al grado di reazione accertato in pieno
campo per i suoli coltivati


                                            48
- non risente degli errori dovuti al potenziale di giunzione liquida, tenuto conto che la
sospensione resta flocculata
- è praticamente coincidente per i campioni umidi e secchi all'aria
- non varia anche dopo prolungata conservazione del campione secco all'aria.
Non conservare le soluzioni tampone per tempi lunghi.
Pulire e rigenerare regolarmente e con accuratezza gli elettrodi.




                                           49
5. Risultati e Discussioni
5.1 Prove Geotecniche


5.1.1 Analisi granulometrica
I risultati dell’analisi granulometrica eseguita sui campioni di suolo prelevati a
diverse profondità sono riassunti nelle Tabella sottostante (Tab.1).



n°campione    Nome         Profondità        %argilla %limo    %sabbia %ghiaia
70/2012       A1           mt. 0,00 - 0,10          20      60      13         7
68/2012       A2           mt. 0,10 - 0,20          21      54      13       12
69/2012       Ap           mt. 0,20 - 0,40          23      62    14,5      0,5
67/2012       B            mt. 0,40 - 0,70          22      57      19         2
66/2012       Bc           mt. 0,70 - 1,10          19      62      16     3,35
64/2012       C            mt. 1,10 - 1,30          36      61        3        0
63/2012       C7 TDR 6     mt. 1,40                 25      58      15         2
65/2012       8 II scavo   substrato                22      54      11       13


Tab. 1 – risultati analisi granulometriche




I dati ottenuti hanno permesso di stabilire che i campioni sono tessituralmente molto
simili. In tutti e otto si può notare infatti, la netta maggioranza delle frazioni più fini.
A predominare è la frazione limosa che per tutti i campioni è sempre superiore al
54%, arrivando fino al 62% nei campioni 66/2012 e 69/2012. Dopo il limo la classe
granulometrica prevalente è quella delle argille che nei terreni analizzati va da un
minimo del 19% (nel 66/2012) a un massimo pari al 36 % (nel 64/2012). Le
percentuali di sabbia e ghiaia sono decisamente inferiori e, in particolare, la prima va
da un massimo equivalente al 19% (nel 67/2012) a un minimo del 3% (nel 64/012),
mentre la seconda da un 12% (nel 68/2012) a uno 0% ed è quindi completamente
assente nel 64/2012.
In generale si può notare che nella successione dei terreni analizzati la granulometria
non varia con la profondità, ad eccezione dell’orizzonte C che è contraddistinto da un
aumento del contenuto di argilla.




                                             50
Un’altra prova degli esiti ottenuti sono le curve cumulative riportate nel grafico
           5.1.1.a.




                100

                90

                80
                                                                                      70-2012
                70
                                                                                      69-2012
                                                                                      68-2012
   % passante




                60
                                                                                      67-2012
                50
                                                                                      66-2012
                40                                                                    65-2012
                                                                                      64-2012
                30
                                                                                      63-2012
                20

                10

                 0
                 0,001   0,01      0,1          1            10    100      1000

                                         Diametro grani mm


Fig. 5.1.1.a - Curve granulometriche relative agli 8 campioni analizzati.




                                                     51
5.1.2 Limiti di Atterberg
Nella Tabella 2 sono elencati i risultati conseguiti dalla determinazione dei Limiti di
Atterberg.


n°campione     Nome          Profondità              Wl           Wp           IP
70/2012        A1            mt. 0,00 - 0,10              43,13        23,82        19,31
68/2012        A2            mt. 0,10 - 0,20              39,79        22,61        17,18
69/2012        Ap             mt. 0,20 - 0,40             43,13        24,47        18,66
67/2012        B             mt. 0,40 - 0,70              35,42          22         13,42
66/2012        Bc            mt. 0,70 - 1,10              35,74        22,64        13,09
64/2012        C              mt. 1,10 - 1,30             53,49        24,69        28,81
63/2012        C7 TDR 6      mt. 1,40                     37,07        22,31        14,76
65/2012        C8 II scavo   substrato                    43,13        21,45        21,67


Tab. 2 – Limiti di Atterberg sui campioni analizzati.




Dai dati è possibile osservare che, fatta eccezione per il 64/2012, i restanti campioni
sono praticamente identici oltre che dal punto di vista della distribuzione
granulometrica anche da quello della plasticità, essendo tutti limi argillosi
debolmente sabbiosi caratterizzati da una plasticità medio-bassa. Il 64/2012 è l’unico
ad evidenziare differenze poiché, da come è possibile osservare anche nella Carta
della plasticità (Fig. 5.1.2), si sposta nel campo delle argille inorganiche di alta
plasticità. Ne consegue che il materiale lungo la sezione che è stata scavata è
pressoché il medesimo, ma con la profondità variano i parametri di contenuto
d’acqua, colore, porosità e consistenza.




                                                52
70


       60                                      CH

                                                                                    70-2012
       50
                                                                                    69-2012
                CL
                                                                                    68-2012
    IP 40
                                                                                    67-2012

                                                                                    66-2012
       30
                                                                                    65-2012
                                                     OH-MH
                                                                                    64-2012
       20
                                                                                    63-2012
                             OL-ML
       10


        0
            0   10    20    30     40   50    60    70    80    90   100
                                             WL


Fig. 5.1.2.a – Carta della plasticità relativa agli 8 campioni analizzati.




5.1.3 Carbonatimetria
I risultati dell’analisi del calcare totale indicati nella tabella (Tab. 3) hanno lo scopo
di determinare la quantità di tutti i carbonati presenti nel terreno. (L’indiviuazione è
importante soprattutto per i suoli a vigneto e l’Oltrepò Pavese è da sempre
riconosciuto proprio per questi).




n°campione           Nome               Profondità                   %carbonati Ca
70/2012              A1                 mt. 0,00 - 0,10                       12,941
68/2012              A2                 mt. 0,10 - 0,20                       14,118
69/2012              Ap                 mt. 0,20 - 0,40                       12,941
67/2012              B                  mt. 0,40 - 0,70                         10,98
66/2012              Bc                 mt. 0,70 - 1,10                       12,941
64/2012              C                  mt. 1,10 - 1,30                       35,294
63/2012              C7 TDR 6           mt. 1,40                              13,725
65/2012              C8 II scavo        substrato                             30,196


Tab. 3 – Carbonatimetria sui campioni analizzati.

                                              53
La letteratura riporta le seguenti soglie:
                                             < 5% basso
                                             5-15% medio
                                             > 15% elevato
La maggior parte dei terreni è caratterizzato da una percentuale in calcare totale
media, salvo i campioni 64/2012 e 65/2012 che mostrano un tenore in CaCO3 elevato
pari rispettivamente al 35,294% e al 30,196%.




                                             54
5.2 Prove Mineralogiche


5.2.1 Diffrattometria a raggi X metodo delle polveri


La tabella (Tab. 4) riporta le sommattorie delle percentuali di minerali argillosi,
carbonatici e feldaspatici presenti in ciascun campione.


n°campione           %∑ min.arg.        %∑ carb.          %∑ feld.
70/2012                            37                25              21
68/2012                            43                21              17
69/2012                            35                22              26
67/2012                            51                14              22
66/2012                            43                15              25
64/2012                            33                42              15
63/2012                            41                17              26
65/2012                            41                24              22


Tab. 4 – Risultati Diffrattometria a raggi X.



       60

       50

       40

       30
   %




                                                                          ∑ min.arg.

       20                                                                 ∑ carb.
                                                                          ∑ feld.
       10

        0




Fig. 4.3.1.a – Grafico % ∑ min.arg, ∑ carb. e ∑ feld nel “tout venant”


La quasi totalità dei terreni mostra una netta prevalenza dei minerali argillosi.
L’unica eccezione è rappresenta dal campione 64/2012 che è caratterizzato da una
maggiore percentuale di minerali carbonatici. I minerali feldspatici costituiscono



                                                55
invece una chiara minoranza in tutti e 8 i campioni. Un’altra tabella (Tab. 5) mette in
evidenza in modo più preciso le percentuali minerali presenti.




n°campione %Sme %Clor. %Caol. %Mica %Qz %K-F %Plag. %Calc. %Dol. %Anf.
70/2012       7     9      9     12  15    7     14    14    11     2
68/2012      14    10      7     12  15    7     10    11    10     4
69/2012      11     8      6     10  15    8     18    12    10     2
67/2012      16    12     11     12  10    9     13      8    6     3
66/2012      14    11      9      9  15    6     19    10     5     2
64/2012      11     9      7      6  10    9      6    26    16     0
63/2012      16     9      5     11  10   11     15    10     7     6
65/2012      12     9     10     10  10    7     15    16     8     3


Tab. 5 – Percentuali presenza singoli minerali.




In generale, minerali argillosi quali la caolinite, la mica-illite e la clorite sono
considerati ―inerti‖, mentre smectite, vermiculite, illite degradata sono minerali
argillosi fortemente ―attivi‖, in quanto presentano proprietà rigonfianti/collassanti e
con capacità di scambio relativamente elevate. In particolare la smectite, per la sua
particolare         attività   di   rigonfiamento/collasso   in   seguito   a   cicli   di
umettazione/essiccamento, crea delle superfici di discontinuità che possono costituire
piani di scivolamento delle masse franose. In linea di massima, i movimenti di massa
sono comunemente lenti in terreni prevalentemente costituiti da minerali quali
smectite, vermiculite, interstratificati e illite degradata. Dissesti repentini sono invece
caratteristici di terreni in cui prevale la presenza di minerali argillosi quali caolinite,
illite e clorite.
Indagini precedenti sulla composizione mineralogica dei terreni franosi nell’area
dell’ Oltrepo Pavese sono riportate nel lavoro di Braga et al. (1985). In generale,
nell’area dell’ Oltrepo, i terreni entro la formazione delle ―argille varicolori‖ sono
costituiti prevalentemente da minerali argillosi ―inerti‖ mentre le masse franose entro
i litotipi marnosi dei complessi flyschioidi sono costituiti da smectite. La smectite è
presente in quantità significative anche nelle formazioni delle ―marne di Monte
Piano‖ e delle ―argille varicolori‖. Nelle arenarie di Ranzano, dove prevale la



                                               56
componente arenacea, risultano più abbondanti i minerali detritici come quarzo e
feldspati, insieme a minerali argillosi inerti quali clorite, illite e caolinite.




Dalle analisi effettuate sugli 8 campioni emerge la presenza della Smectite che
potrebbe aver avuto un ruolo fondamentale nella dinamica delle frane avvenute in
seguito alle alluvioni del 27-28 aprile 2009, a causa delle particolari proprietà che
essa presenta. Questo minerale, anche se non in percentuali elevate, si sarebbe
comportato come una sorta di collante fra le varie particelle che costituiscono il
terreno e, in seguito alle forti piogge, avrebbe subito i caratteristici processi di
rigonfiamento responsabili della venuta meno alla sua funzione legante. Conferma
del probabile ruolo decisivo della Smectite è fornita dall’analisi della frazione
inferiore a 2 µm, grazie alla quale viene evidenziata la prevalenza di questo minerale
(Tab. 6).




n°campione                             Frazione        < 2 µm
               Sme.            Clor.                   Caol.        Mica
70/2012                   51                       8            5          36
68/2012                   48                       8            6          38
69/2012                   52                       7            5          36
67/2012                   46                       8            5          41
66/2012                   47                       9            7          37
64/2012                   56                       9            4          31
63/2012                   47                      11            7          35
65/2012                   56                       8            5          31


Tab. 6 – Percentuali frazione < 2µm.




                                                  57
60

       50

       40

                                                                     Sme.
       30
   %



                                                                     Clor.
       20                                                            Caol.
                                                                     Mica
       10

        0




Fig. 4.3.1.b – Grafico % Smectite Clorite Caolinite Mica nella frazione <2µm




                                           58
5.3 Prove Pedologiche


5.3.1 Determinazione capacità di scambio cationico con bario cloruro e
trietanolammina
La capacità di scambio cationico (CSC) rappresenta la quantità massima di cationi
adsorbibili (cationi scambiabili) dai colloidi organici e minerali del suolo (Gessa e
Testini, 1989). La capacità di scambio cationico rappresenta un buon indicatore di
qualità del suolo, in quanto fornisce un’indicazione sulla fertilità potenziale e sulla
natura dei minerali argillosi. L’assorbimento per scambio ionico rappresenta, infatti,
il meccanismo più importante di trattenimento degli ioni nel suolo e coinvolge quasi
esclusivamente i cationi, tra cui quelli utili alla nutrizione delle piante come calcio,
magnesio, potassio e sodio. In base ai valori assunti, la capacità di scambio può
essere valutata secondo lo schema riportato in tabella (Tab. 7):




                       Valori di CSC
                       (meq
                                        Valutazione
                       /100 g di
                       suolo)
                             <5         Molto bassa
                            5-10 j        Bassa
                           10-206         Media
                             >20           Alta

                     Tabella 7 - Valutazione della CSC


Dai dati ottenuti dalle analisi (Tab. 8) si osserva che i campioni sono tutti terreni
discreti, cioè caratterizzati da una bassa capacità di scambiare cationi Ca, Mg e K.




                                          59
CSC
                       n°campione
                                        (meq/100g)
                    70/2012                16,54412
                    68/2012                15,93137
                    69/2012                14,70588
                    67/2012                15,31863
                    66/2012                 12,2549
                    65/2012                    13,48
                    64/2012                    14,09
                    63/2012                    15,93
                    TDR 5                  15,93137
                    TDR 6                  8,578431

                   Tabella 8 – Valori della CSC ottenuti



                                      CSC
              18
              16
              14
              12
   meq/100g




              10
               8
               6
               4
               2
               0




Fig. 5.3.1.a – Grafico CSC meq/100g




                                            60
5.3.2 Determinazione delle basi di scambio (calcio, magnesio e potassio) con bario
cloruro e trietanolammina.
Tale analisi ha consentito di quantificare la presenza delle basi di scambio Magnesio,
Calcio e Potassio disponibili nel terreno.


Il calcio (Tab. 9) ha un ruolo fondamentale nella struttura del terreno, quantità
elevate di calcio possono alzare il pH rendendo il fosforo, il ferro e il boro non
assimilabili.




   VALORE (Ca ppm)                 GIUDIZIO
         0-1000                     Scarso
       1000-2000                   Sufficiente
         >2000                      Buono

Tabella 9 – Valori del Calcio




Il magnesio (Tab. 10) si trova in molti minerali silicatici (olivine, pirosseni e
anfiboli) e in alcuni alluminiosilicati come ad esempio le miche. Il magnesio è un
elemento di essenziale importanza per la vita della pianta è infatti un componente
della molecola della clorofilla e un attivatore di molti processi enzimatici.



 VALORE (Mg ppm)             GIUDIZIO
       0-50                 Molto scarso
      50-101                  Scarso
     101-151                 Sufficiente
     151-250                  Buono
       >250                   Elevato

Tabella 10 – Valori del Magnesio




                                             61
Il potassio (Tab. 11) si trova nel suolo per il 90-98 % nei minerali, principalmente
nei feldespati e nelle miche, intrappolato nei reticoli cristallini e in forma non
scambiabile, disponibile per le piante solo nel corso dei processi di alterazione.


  VALORE (K ppm)             GIUDIZIO
        0-41                Molto scarso
       41-81                  Scarso
      81-141                 Sufficiente
     141-200                  Buono
       >200                   Elevato

Tabella 11 – Valori del Potassio




I valori delle basi di scambio risultanti dalle analisi sono riassunti nella tabella
sottostante (Tab. 12):


n°campione                Ca                Mg                 K
70/2012                  4007               227              145,2
68/2012                  3816              221,3             106,3
69/2012                  4011              235,5             107,1
67/2012                  3647              261,5             80,07
66/2012                  3496              377,9             83,5
64/2012                  3950              543,5             98,79
63/2012                  3702              473,4             87,01
65/2012                  3487              512,3             85,51
TDR 5                    3422              473,5             67,07
TDR 6                    1045              187,2             84,5


Tabella 11 – Valori delle basi di scambio espressi in ppm (mg/Kg)




                                           62
4500
           4000
           3500
           3000
           2500
     ppm

                                                                       Ca
           2000
                                                                       Mg
           1500
           1000                                                        K
            500
              0




Fig. 5.3.2.a – Grafico valori delle basi di scambio




Il calcio presenta valori abbondanti per tutti e 10 i campioni. I valori più alti
appartengono ai campioni 69/2012 e 70/2012 che sono anche i più superficiali.


Il magnesio appare elevato nella maggior parte dei terreni, mentre diminuisce, ma
rimanendo sempre notevole nei suoli 68/2012, 69/2012 e 70/2012.


Il potassio risulta invece scarso nel TDR5, mentre è giudicato sufficiente in tutti gli
altri.




                                             63
5.3.3 Determinazione del carbonio organico (metodo Springer-Klee)
Il contenuto in carbonio organico del suolo (Fig. 5.3.3.a) è in stretta relazione con
quello della sostanza organica, che a sua volta rappresenta il principale indicatore
chimico della qualità del suolo (Schoenholtz et al., 2000). La sostanza organica del
suolo può assumere valori variabili da meno di 0.5% (dotazione bassa) ad oltre il 4%
(dotazione alta) secondo Soil Conservation Service (Russell, 1994; Tab. 13).
La sostanza organica nel suolo ha una composizione molto eterogenea e risulta
costituita principalmente da cellule di microrganismi, da residui animali e vegetali a
diverso stadio di decomposizione, dalle sostanze secrete sia dalle radici che a livello
della superficie delle foglie (Sequi, 1989). La sostanza organica ha un effetto diretto
sulla qualità del suolo grazie alla sua influenza sulle proprietà fisiche, chimiche e
biologiche che ne determinano il suo corretto funzionamento. Più precisamente essa
svolge un ruolo chiave nella determinazione della struttura del suolo attraverso lo
sviluppo di aggregati, di dimensioni variabili a seconda delle caratteristiche di
tessitura del suolo, i quali tendono a disporsi e organizzarsi spazialmente
determinando la forma e le dimensioni degli spazi vuoti all'interno del suolo. Tra i
vari componenti del suolo, la sostanza organica è senz’altro la più reattiva dal punto
di vista chimico. Ha un'elevata superficie specifica, interagisce con i metalli e con i
minerali argillosi, agisce come scambiatore ionico e costituisce una riserva di azoto.




                                          64
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CARATTERIZZAZIONE GEOTECNICA MINERALOGICA E PEDOLOGICA DI TERRENI COINVOLTI IN FRANE SUPERFICIALI DELL’ OLTREPO PAVESE

  • 1. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PAVIA FACOLTÀ DI SCIENZE MM. FF. NN. Corso di Laurea in Scienze Geologiche CARATTERIZZAZIONE GEOTECNICA MINERALOGICA E PEDOLOGICA DI TERRENI COINVOLTI IN FRANE SUPERFICIALI DELL’ OLTREPO PAVESE RELATORE: Prof. Claudia Meisina CORRELATORI: Dott. Alessandra Leoni Prof. Massimo Setti Tesi di Laurea di: Deborah FEDERICI Anno Accademico 2011-2012 1
  • 2. Indice 1.Introduzione Pag. 3 2.Inquadramento geologico dell’area Pag. 4 2.1 Profilo pedologico Pag. 9 3.Frane superficiali Pag. 12 4.Materiali e Metodi di studio Pag. 19 4.1 Campioni Pag. 19 4.2 Prove Geotecniche Pag. 19 4.2.1 Analisi Granulometrica per Aerometria Pag. 19 4.2.2 Analisi granulometrica per setacciatura Pag. 20 4.2.3 Limiti di Atterberg Pag. 21 4.2.4 Carbonatimetria Pag. 23 4.3 Prove Mineralogiche Pag. 25 4.3.1 Diffrattometria a raggi X metodo delle polveri Pag. 25 4.3.2 Materiali e metodi Pag. 27 4.4 Prove Pedologiche Pag. 29 4.4.1 Determinazione della capacità di scambio cationico con BaCl2 e TEA Pag. 29 4.4.2 Determinazione delle basi di scambio (Ca, Mg e K) con BaCl2 e TEA. Pag. 33 4.4.3 Determinazione del carbonio organico (metodo Springer-Klee) Pag. 37 4.4.4 Determinazione del fosforo assimilabile (metodo Olsen) Pag. 42 4.4.5 Determinazione del grado di reazione (pH) Pag. 46 5. Risultati e Discussioni Pag. 50 5.1 Prove Geotecniche Pag. 50 5.1.1 Analisi granulometrica Pag. 50 5.1.2 Limiti di Atterberg Pag. 52 5.1.3 Carbonatimetria Pag. 53 5.2 Prove Mineralogiche Pag. 55 5.2.1 Diffrattometria a raggi X metodo delle polveri Pag. 55 5.3 Prove Pedologiche Pag. 59 5.3.1 Determinazione capacità di scambio cationico con BaCl2 e TEA Pag. 59 5.3.2 Determinazione delle basi di scambio (Ca, Mg e K) con BaCl2 e TEA. Pag. 61 5.3.3 Determinazione del carbonio organico (metodo Springer-Klee) Pag. 64 5.3.4 Determinazione del fosforo assimilabile (metodo Olsen) Pag. 66 5.3.5 Determinazione del grado di reazione (pH) Pag. 68 6. Conclusioni Pag. 70 7. Ringraziamenti Pag. 73 8. Bibliografia Pag. 74 2
  • 3. 1.Introduzione Nei mesi di Gennaio, Febbraio e Aprile 2009 alcuni comuni del settore nord- orientale dell’Oltrepò Pavese sono stati colpiti da una serie di precipitazioni che hanno innescato fenomeni identificabili come frane superficiali. I dissesti di questo tipo coinvolgono principalmente la copertura detritica superficiale, lasciando intatto il substrato sottostante. Questi eventi hanno avuto un’intensità tale da provocare danni alla rete viaria, all’agricoltura e ai relativi insediamenti. Il dipartimento di Scienze della Terra e dell’Ambiente di Pavia ha dato inizio a un progetto di ricerca, finalizzato allo studio di questi fenomeni scatenati a seguito degli sopramenzionati episodi alluvionali. Per la realizzazione della tesi è stato svolto un tirocinio presso il laboratorio Riccalab dell’azienda Riccagioia s.c.p.a. di Torrazza Coste con l’obbiettivo di effettuare uno studio pedologico dei suoli coinvolti in queste frane superficiali, prelevati da un sito campione che si trova in località Montuè (Canneto Pavese). Ulteriore scopo della tesi è stata la caratterizzazione geotecnica e mineralogica dei campioni di terreno, attuatasi mediante analisi geotecniche eseguite nel Laboratorio di Geologia Applicata e di Geotecnica e in quello di Difrattometria X da polveri del Dipartimento di Scienze della Terra e dell’Ambiente dell’Università di Pavia. 3
  • 4. 2.Inquadramento geologico dell’area Il substrato del versante in corrispondenza del quale sono stati prelevati i campioni analizzati nella tesi, è costituito secondo la cartografia più aggiornata ( Scagni & Vercesi, 1987) dal membro dei Conglomerati di Rocca Ticozzi (PLIOCENE INF. - MESSINIANO SUP.?). Esso appartiene alla serie messiniana che affiora in questa zona (anche se non in modo continuo dalle Fonti del Recoaro al sito oggetto di studi), costituita dal basso verso l’alto dai seguenti termini: Marne di S.Agata Fossili: marne siltose giallastre passanti verso l’alto a marne grigio-azzurre. (MESSINIANO- TORTONIANO) Formazione Gessoso-Solfifera: marne siltose e siltiti grigio-azzurre con lenti e stratificazioni di gesso-areniti (MESSINIANO). Conglomerati di Cassano Spinola: conglomerati e arenarie con lenti ed intercalazioni marnoso-sabbiose. Qui suddivisibili in 2 membri; Conglomerati di Rocca Ticozzi: calcareniti, conglomerati ben cementati, ghiaie e sabbie solo localmente cementate (PLIOCENE INF. - MESSINIANO SUP.?). Arenarie di Monte Arzolo: arenarie sabbioso- siltose con presenza di filliti e legno silicizzato (PLIOCENE INFERIORE). 4
  • 5. Qui la Formazione Gessoso-Solfifera è un termine assente o non affiorante ma per completezza se ne riporta sopra la descrizione. I campioni, appartenenti alla coltre di copertura dei Conglomerati di Rocca Ticozzi, sono stati prelevati in corrispondenza dello scavo eseguito per l’installazione di una stazione di monitoraggio di frane superficiali e di una tricea esplorativa scavata nelle immediate vicinanze per la descrizione del profilo pedologico del terreno (TR2). 5
  • 6. Figura 2.1 – Carta geolitologica dell’area di studio (foto volo del 2009) 6
  • 7. frana 1188 frana 1183 Foto 2.2 – Dettaglio del versante oggetto di studio (foto volo 2009) 7
  • 8. piezometro pluviometro centralina di acquisizione tensiometri Foto 3.63 – Vista frontale della stazione di monitoraggio a lavori ultimati 8
  • 9. 2.1 Profilo pedologico S.T. spessore Profondità n DESCRIZIONE DEL PROFILO P 13 campione cm in cm A1 10 0-10 70 Secco; colore umido matrice bruno grigio scuro (10YR4/2); scheletro scarso (3%) molto piccolo (10 mm) a piccolo (50 mm) di scisti e calcari mediamente alterati; tessitura franco limosa; granulometria franco-grossolana; struttura granulare media, mediamente sviluppata; molte radici da fini a grosse; presenza di lombrichi lunghi fino a 7 cm e di abbondanti escrementi di lombrico in strati; effervescenza stimata del 5/10%; a 2-5-7 cm ci sono lenti sabbiose (forse dovute al disfacimento di scheletro);limite inf. abrupto lineare. A2 10 10-20 68 Umido; colore umido matrice rosso debole (2,5YR4/2); scheletro scarso (5%) molto piccolo (10-20 mm), arrotondato, scisti e calcari mediamente alterati; tessitura franco limosa; granulometria franco grossolana; struttura primaria poliedrica sub angolare media e struttura secondaria granulare grande moderatamente sviluppate; presenza di abbondanti escrementi di lombrico in strati; effervescenza stimata del 5/10%; molte radici molto fini (< 1mm) a grosse (50 mm); limite inf abrupto lineare. Ritrovato un fil de ferro probabilmente usato come legaccio della vite. Ap 20 20-40 69 Umido; colore umido matrice bruno rossastro (2,5YR4/4 e 2,5YR 5/4) con scarse (<2%) screziature piccole (3mm) di colore rosso (2,5YR5/6); scheletro scarso (1%) molto piccolo (10-20 mm), 9
  • 10. arrotondato, scisti, calcari e pezzi di mattoni fortemente alterati; tessitura franco limoso argillosa; granulometria franca; struttura poliedrica subangolare grande (30 mm) fortemente e moderatamente sviluppata; scarsi (1%) noduli carbonatici soffici molto piccoli (1-2 mm); effervescenza stimata del 5/10%; poche radici grosse (40 mm); limite inf chiaro ondulato. B 30 40-70 67 molto umido; colore umido matrice bruno rossastro (2,5YR4,5/4 e 2,5YR 5/4) con comuni (3%) screziature piccole (2-3 mm) di colore bruno forte (7,5YR5/8); scheletro scarso (1%) molto piccolo (10-20 mm), arrotondato, scisti, calcari fortemente alterati; tessitura franco limoso argillosa (più sabbia rispetto all’or. sup); granulometria franca; struttura poliedrica subangolare grande (<50 mm) moderatamente sviluppata; comuni (3%) noduli carbonatici soffici molto piccoli (1-2 mm); effervescenza stimata del 5/10%; scarsi (0,5%) macropori di dimensioni da molto fini (<0,5 mm) a medie (2 mm); poche radici morte grosse (10 mm); tra 50-70 cm ci sono lenti sabbiose (forse dovute al disfacimento di scheletro); limite inf chiaro ondulato. BC 30 70-110 66 molto umido; colore umido matrice bruno rossastro (2,5YR4/3) e bagnato oliva (5Y 5/4) con comuni (4%) screziature piccole (2-3 mm) di colore bruno forte (7,5YR5/8) e grigio rosato (5Y6/2); scheletro molto scarso (<1%) molto piccolo (10-20 mm), scisti, calcari fortemente alterati; tessitura franco limoso argillosa; granulometria franca; struttura poliedrica subangolare da media 10
  • 11. a grande (da 10 a 50 mm) moderatamente sviluppata; comuni (3%) noduli carbonatici soffici molto piccoli (1-2 mm); prima del limite superiore di C si osserva localmente un accumulo di questi noduli soffici; effervescenza stimata del 5/10%; scarsi (0,5%) macropori di dimensioni da molto fini (<0,5 mm) a medie (2 mm); poche radici morte grosse (10 mm); tra 50-70 cm ci sono lenti sabbiose (forse dovute al disfacimento di scheletro); limite inf chiaro ondulato. C 20 110-130 64 molto umido; colore umido matrice grigio oliva (5Y5,5/2) e bagnato oliva chiaro (5Y 6/2) con scarse (1%) screziature piccole (1 mm) di colore bruno oliva chiaro (2,5Y5/4) e bruno giallastro (10YR5/6) orientate a strisce parallele alla sup del terreno in lenti a tessitura sabbiosa; scheletro assente; tessitura franco limoso argillosa; granulometria franca; struttura poliedrica subangolare da media a grande (da 10 a 50 mm) fortemente sviluppata; comuni (4%) noduli carbonatici soffici molto piccoli (1-2 mm); effervescenza stimata del 5/10%; comuni radici morte fini (1-2 mm); tra 50-70 cm ci sono lenti sabbiose (forse dovute al disfacimento di scheletro); prima di 130 cm si osserva marna alterata calcarea; limite inf abrupto lineare. R 50 130 - 180 65 substrato di marna; limite inf sconosciuto. 11
  • 12. Considerazioni chimiche P1 Ci sono evidenze del movimento dei carbonati lungo il profilo, con successivo accumulo in forma di concrezioni e concentrazioni soffici negli orizzonti profondi, che possono portare alla formazione dell’ orizzonte protocalcici BC (70-110 cm) e in profondità dell’orizzonte calcico C (110-130 cm). Utilizzo il termine ‖proto‖ perche per il WRB (World Reference Base, FAO, 1998) per essere un vero e proprio or. calcico ci vorrebbe almeno il 15 % di carbonato di calcio nella terra fine. L’orizzonte B è direttamente correlato con il clima (es., Jenny and Leonard, 1934;Arkley, 1963). Il processo di arricchimento di carbonati su substrati calcarei è la carbonatazione. L’evoluzione di un or. calcico (Allen and Wright, 1989, Gile et al., 1966; Machette, 1985), in questo caso C, prevede uno stadio iniziale dove si sviluppano noduli e cuticole sullo scheletro. All’aumentare dei carbonati si inizia a formare una zona laminare che nel tempo va ad impedire la discesa ulteriore del carbonato disciolto in acqua. In questo modo la zona laminare si inspessisce ed eventualmente si sfalda a brecce. 3.Frane superficiali Gli eventi franosi successivi alle intense precipitazioni del 27-28 aprile 2009 sono classificabili in letteratura come fenomeni franosi per mobilizzazione della coltre superficiale (superfici di rottura frequentemente ubicate all’interfaccia suolo- substrato o al contatto tra orizzonti aventi diverse caratteristiche di permeabilità – es. sabbie/conglomerati-marne). Si tratta di processi controllati dalla quantità e dall’intensità delle precipitazioni e che si caratterizzano per l’alta densità. Tali fenomeni franosi sono contraddistinti da movimenti schematizzabili in due fasi principali: innesco della frana e mobilizzazione del materiale. La fase di innesco avviene secondo meccanismi di tipo traslativo, talora rotazionale. Nella fase di mobilizzazione la massa spostata percorre rapidamente il versante, conservandosi più o meno integra oppure destrutturandosi completamente (colamento) a seconda delle caratteristiche geotecniche del materiale. Nonostante gli spessori e i volumi modesti la particolare pericolosità di questi fenomeni è da mettere in relazione con la loro 12
  • 13. rapidità di sviluppo (le frane si sono attivate ed esaurite nello spazio di pochi minuti a volte qualche decina di secondi, con la difficoltà di prevederne l’ubicazione, gli indizi premonitori sono praticamente assenti o, in genere, immediatamente precedenti il collasso), ma anche con l’elevata densità di distribuzione delle singole frane. In base alle caratteristiche del movimento iniziale, al grado di destrutturazione della massa spostata, della copertura vegetale e delle condizioni topomorfiche del pendio sottostante, le frane superficiali innescate dalle intense precipitazioni di fine aprile 2009 nel territorio studiato si possono suddividere nelle seguenti tipologie (Campus, 2005, Regione Piemonte, 1998, Cruden & Varnes, 1996): – tipo A (Fig. a): porzioni della coltre di alterazione superficiale che seppur delimitate e scomposte da fratture hanno subito traslazioni di limitata entità tali da non esporre la superficie di movimento, mantenendo in definitiva una loro originale integrità, pur evidenziando un incipiente sovrascorrimento del bordo inferiore sul piano campagna (Fig. a.1). Tali fenomeni in molteplici casi sono allo stato incipiente e si manifestano con fratture nel terreno poco continue, spesso deformando la viabilità e creando deboli disallineamenti dei filari di vite. Figura a: Frana di tipo A (da CUREN D., VARNES D. J.) 13
  • 14. Figura a.1: Canneto Pavese – Esempio di frane di tipo A – tipo B (translational earth slide, Fig. b): porzioni della coltre di alterazione superficiale che hanno subito traslazione di entità tale da esporre la superficie di rottura. La massa spostata, nella sua parte preservata è costituita da zolle disunite che hanno mantenuto singolarmente la loro integrità grazie all’effetto coesivo svolto dagli apparati radicali. Questa tipologia di frana si localizza in particolare in corrispondenza di vigneti (Fig. b.1). 14
  • 15. Figura b: Frana di tipo B (da CUREN D., VARNES D. J.) Figura b.1: Frana di tipo B. Danni ad un vigneto. 15
  • 16. – Tipo C (Fig. c): porzioni della coltre di alterazione superficiale che a seguito del movimento iniziale e della successiva destrutturazione della massa spostata degenerano in colata. Al movimento della massa spostata e al suo trasferimento a valle sotto forma di colata è spesso associata un’attività erosiva con conseguente presa in carico di altro materiale. L’accumulo di norma in forma lobata è in genere ben identificabile (Fig. c.1). Questo tipo di frana è generalmente frequente in corrispondenza di zone boscate e dove gli spessore della coltre superficiale sono notevoli (es. Valle del Recoaro a Broni). Si tratta di frane di dimensioni modeste (in media da pochi metri cubi fino a poche decine di metri cubi); alcune di esse hanno interessato la viabilità stradale creando danni e situazioni di disagio dovute all’interruzione dei collegamenti. Esse si sono innescate sia sul lato di monte degli scassi stradali (controripa) sia sul lato di valle (sottoscarpa); in quest’ultimo caso sono stati coinvolti prevalentemente i terreni di riporto o di sostegno del rilevato stradale e ciò ha determinato di fatto l’asportazione o il ribassamento (da pochi centimetri fino a più di due metri) di tratti di lunghezza variabile del piano stradale. Figura c: Frana di tipo C (da CUREN D., VARNES D. J.) 16
  • 17. Figura c.1: Frana di tipo C. Particolare di un fenomeno franoso che ha comportato l’interruzione della strada provinciale da Broni a Canneto Pavese – Tipo D (Fig. d): porzione della coltre di alterazione superficiale che, a seguito della traslazione iniziale e della destrutturazione della massa, degenerano in colata estremamente fluida in cui il materiale viene trasportato in sospensione (Fig. d.1). Il flusso, disponendosi su ampia sezione laminare, progredisce con scarso attrito nei confronti della superficie topografica, il che non comporta forme erosive sul terreno. In questo caso non esiste accumulo identificabile in quanto il materiale viene completamente disperso lungo e alla base del versante. 17
  • 18. Figura d: Frana di tipo D (da CUREN D., VARNES D. J.) Figura d.1: Frana di tipo D. Valle del Recoaro. Frane classificabili come translational soil slide innescatesi su pendii con inclinazione > 30-35°. 18
  • 19. 4.Materiali e Metodi di studio 4.1 Campioni Sono stati analizzati campioni rimaneggiati ed indisturbati che provengono da un scavo effettuato in località Montuè (Canneto Pavese). Per il presente lavoro di tesi sono stati usati 10 campioni prelevati nei primi 140 cm. I campioni sono stati sottoposti a prove geotecniche , mineralogiche e pedologiche. n°campione/nome Profondità 70/2012 A1 mt. 0,00 - 0,10 68/2012 A2 mt. 0,10 - 0,20 69/2012 Ap mt. 0,20 - 0,40 67/2012 B mt. 0,40 - 0,70 66/2012 Bc mt. 0,70 - 1,10 64/2012 C mt. 1,10 - 1,30 63/2012 C7 TDR 6 mt. 1,40 65/2012 8 II scavo substrato 28/2012 TDR5 mt. 1,20 29/2012 TDR6 mt. 1,40 Tab. 0 – Elenco campioni analizzati e relative profondità 4.2 Prove Geotecniche Presso il Laboratorio di Geologia Applicata e di Geotecnica del Dipartimento di Scienze della Terra e dell’ Ambiente dell’Università di Pavia i terreni sono stati sottoposti alle seguenti prove: – analisi granulometriche. – limiti di Atterberg: evidenziano le caratteristiche di plasticità del materiale. (Prova non effettuata per il campione ―Scavo 1 corrispondenza TDR 6 mt. 1.40‖). – carbonatimetrie. (Analisi non eseguita per i campioni ―Scavo 1 corrispondenza TDR 5 mt. 1.20‖ e ―Scavo 1 corrispondenza TDR 6 mt. 1.40‖). 4.2.1 Analisi Granulometrica per Aerometria La Normativa di riferimento è: ASTM D422. La prova si articola nei seguenti punti : 1. prendere l’apposito modulo per l’analisi granulometrica; 19
  • 20. 2. durante l’apertura del campione prelevare circa 400 gr. di materiale per la sedimentazione; 3. indicare sul foglio di laboratorio il nome del contenitore nel quale viene messo; 4. ridurre il materiare a scaglie sottili; 5. mettere il materiale in forno ad asciugare a 110 °C per 16 h; 6. dopo che il materiale si è essiccato pestarlo per ottenere circa 50 gr. di materiale passante al setaccio 0,075 mm. servendosi di martello e mortaio; 7. in un beaker pesare la quantità esatta di materiale da sottoporre alla prova (circa 50 gr.); 8. versare 125 ml. di soluzione 40g/l di esametafosfato di sodio e lasciare saturare il materiale per almeno 12 h. 9. versare la miscela nel bicchiere del frullatore e far frullare per 15' circa; 10. dopo aver frullato il materiale pulire accuratamente il frullino con acqua distillata, per far entrare nel bicchiere del frullatore tutto il materiale rimasto sull’elica; 11. versare il tutto nel cilindro di sedimentazione; 12. aggiungere altra acqua distillata fino ad arrivare 1000 CC; 13. agitare il cilindro di sedimentazione 10 volte su è giù per mescolare tutta la miscela; 14. leggere ai tempi indicati (2’-5’-15’-ecc) la lettura del menisco del densimetro; 15. annotare la lettura del densimetro e la temperatura dell’acqua; 16. la prova viene ritenuta valida solo quando la curva ottenuta dalla sedimentazione di lega bene con quella ottenuta dalla setacciatura. 4.2.2 Analisi granulometrica per setacciatura L’analisi granulometrica per setacciatura è la prova più conosciuta per la classificazione dei terreni. La normativa descrittiva è: ASTM D 422. Si procede come segue: • Campionare la porzione di prova in funzione della granulometria massima prevista • Mettere a bagno il campione per almeno 24 h. • Lavare al setaccio da 0,063 mm proteggendolo con uno avente maglia da 2 mm ed avendo cura di non disperdere materiale dai lati. 20
  • 21. • Asciugare il campione in forno a (110 ± 5)°C per 24 h. • Setacciare tramite setacci di prova nella serie 2 UNI EN 933-2. • Scuotere manualmente ogni setaccio finché non si ha più apprezzabile passaggio di materiale e pesare il trattenuto ad ognuno di essi. Per l’elaborazione dei dati occorre: • Calcolare la massa del trattenuto su ciascuno staccio,espressa come percentuale della massa essiccata d'origine Mı. • Calcolare la percentuale cumulativa rispetto alla massa essiccata d’origine del passante attraverso ogni staccio,fino a quello da 0,063 mm escluso. • Calcolare la percentuale delle particelle fini (f) che passano attraverso il setaccio di 0,063 mm con l’equazione: f dove: Mı= massa essiccata della porzione di prova [kg]; M2= massa essiccata del trattenuto sullo staccio da0,063 mm [kg]; P= massa del passante che rimane nel recipiente di fondo [kg]. • Costruire la curva granulometrica in un piano avente sull’asse delle ascisse i diametri dei setacci [mm] in scala logaritmica ed in ordinate la percentuale di passante [%]. 4.2.3 Limiti di Atterberg Dopo aver eseguito l’analisi granulometrica è importante determinare, al fine di una corretta caratterizzazione tipologica del materiale, i limiti di consistenza di Atterberg. Si definiscono limiti di Atterberg i contenuti d’acqua che rappresentano i passaggi critici di comportamento del terreno: • limite liquido: WL; • limite plastico: Wp; • indice di plasticità Ip. 21
  • 22. Il limite liquido si determina per mezzo dell’apparecchio di Casagrande ed è il contenuto d’acqua per il quale il solco tracciato con apposita spatola sulla terra posta in un cucchiaio si richiude dopo 25 cadute. Nella normativa ASTM D4318-84 (recentemente sostituita dalla 17892-12), esiste una procedura standardizzata per la determinazione del limite di liquidità W L: un campione di terreno viene rimaneggiato con l’aggiunta di acqua distillata e successivamente mescolato, tale mescola viene poi disposta sul cucchiaio di Casagrande all’interno del quale viene praticato un solco. Il cucchiaio di Casagrande viene montato sull’apparecchio di prova costituito da una base in ebanite e da una manovella; ruotando quest’ultima il cucchiaio viene sollevato e lasciato poi cadere da un’altezza costante; si contano i colpi necessaria far richiudere il solco per 13 mm di lunghezza. La prova viene ripetuta più volte con la stessa mescola in modo tale da ottenere dei risultati poco variabili. Successivamente viene ripetuto il tutto aggiungendo acqua all’impasto e si determina in questo modo un nuovo valore dei colpi necessari. A tal proposito vi sono due scuole di pensiero differenti, in merito alle modalità di lavorazione dell'aggregato: • le norme UNI prescrivono un procedimento standard nel quale il campione viene umidificato a poco a poco con l'aggiunta di gocce d'acqua distillata; • in alcune norme francesi il procedimento è contrario: il campione viene portato ad un grado di umidità che si ritiene massimo, e successivamente,per passaggi, si aggiunge una percentuale di campione secco in modo da diminuire progressivamente l'umidità. Da esperienze pratiche di laboratorio si ritiene comunque che il procedimento migliore sia il primo. Quando la prova è stata ripetuta più volte (generalmente 3 o 4) possono essere riportati in un diagramma i valori del contenuto d’acqua w in funzione dei colpi necessari. In generale vengono considerate valide tre prove, e precisamente quelle che hanno richiesto un numero di colpi pari a 16, 25 e 35. Il limite di liquidità convenzionalmente viene assunto come la media fra il contenuto d’acqua w riscontrato in queste tre prove. Per determinare il limite plastico Wp vengono realizzati manualmente dei bastoncini dello spessore di 3,2 mm sfruttando una lastra di vetro (o ceramica) come appoggio; 22
  • 23. il limite di plasticità è il contenuto d’acqua corrispondente al formarsi delle prime fessurazioni nei bastoncini. Generalmente la definizione del Wp viene fatta assumendola media di 3 misurazioni. Al di sotto del limite di plasticità il materiale non risulta più lavorabile e si entra nella zona in cui le caratteristiche sono di tipo semi solido. L’indice di plasticità è l’intervallo all’interno del quale il materiale possiede un comportamento plastico, ovvero può subire deformazioni ed essere rimaneggiato senza che si creino fessurazioni e cambi di volume. L’indice di plasticità è definito come la differenza tra il limite liquido e quello plastico: IP= WL-Wp 4.2.4 Carbonatimetria 1. Principio I carbonati vengono decomposti per trattamento del suolo con acido cloridrico. Dal volume dell’anidride carbonica svolta si risale al contenuto in calcare. 2. Reagenti - Acido cloridrico (HCl) diluito 1:3 3. Apparecchiatura Attrezzatura da laboratorio dì uso comune. In particolare: - calcimetro di Dietrich-Frühling (Figura 4.4.a), contenente acqua satura di CO2 leggermente colorata per comodità di lettura. 4. Procedimento Trasferire nel contenitore "A" del calcimetro 500 mg di campione macinato il più fine possibile. 23
  • 24. Inserire nel contenitore "A" del calcimetro, insieme alla prevista quantità di campione, una provetta contenente 10 mL della soluzione diluita di HCl. Collegare il contenitore "A" al calcimetro mediante apposito tappo dì chiusura. Azzerare l'apparecchiatura eguagliando la pressione interna a quella esterna mediante il rubinetto "C". Chiudere il rubinetto "C" e far sviluppare la CO2 inclinando il contenitore "A" in modo che l'HCl, fuoriuscendo dalla provetta di plastica, venga a contatto con il campione. La CO2 che si sviluppa farà abbassare il livello dell'acqua nel tubo graduato "B". Provocare una leggera depressione abbassando il tubo di livello "D". Continuare ad agitare il contenitore "A" fino a completo sviluppo della CO2 (indicativamente 1-3 minuti). Eguagliare la pressione interna a quella esterna portando l'acqua contenuta in "D" allo stesso livello di quella contenuta in "B". Attendere qualche minuto fino a stabilizzazione dei menischi di livello ed eseguire la lettura del volume di CO2 che si è sviluppata. 6. Espressione dei risultati Disponendo di carbonato di calcio puro è possibile leggere direttamente il valore e determinare la percentuale di carbonato di calcio contenuto nei vari suoli. Figura 4.2.4.a - Calcimetro di Dietrich-Frühling 24
  • 25. 4.3 Prove Mineralogiche I suoli sono stati sottoposti a prove mineralogiche presso il Laboratorio di Diffrattometria X da polveri del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pavia. 4.3.1 Diffrattometria a raggi X metodo delle polveri La tecnica analitica di diffrazione a raggi X metodo ―delle polveri‖ è stata la prima, in ordine di tempo, ad essere utilizzata per l’identificazione dei minerali argillosi e per la determinazione della loro struttura cristallina, ed ancora oggi rimane quella più diffusa. La diffrattometria delle polveri sfrutta il fenomeno della diffrazione dei raggi X da parte dei materiali cristallini, che è descritta dalla legge di Bragg: n = 2dsen , dove n è un numero intero, è la lunghezza d’onda impiegata, d è la distanza fra due piani reticolari e e l’angolo formato tra il raggio incidente e il piano reticolare. Secondo tale legge il fenomeno della diffrazione dei raggi X può essere interpretato attraverso una riflessione su fasci di piani reticolari paralleli. La riflessione dei raggi X non avviene per qualsiasi incidenza del raggio diretto sui piani reticolari, ma solo per determinati angoli definiti dalla equazione stessa. La diffrazione è un fenomeno fisico associato alla deviazione della traiettoria delle onde quando queste incontrano un ostacolo sul loro cammino. Nella diffrattometria delle polveri si fa incidere un fascio di raggi X monocromatici paralleli su una polvere cristallina. Poiché i granuli che costituiscono la polvere hanno tutte le orientazioni possibili rispetto ai raggi X incidenti, alcuni dei loro piani reticolari si troveranno in posizione tale da soddisfare l’equazione di Bragg. I principali componenti del diffrattometro delle polveri sono il sistema di emissione dei raggi X (generatore e tubo), il goniometro, il portacampioni, il detector e il software. I raggi X si generano quando particelle cariche elettricamente, in genere elettroni, di sufficiente energia interagiscono con un ostacolo materiale. Gli elettroni vengono emessi per effetto termoionico da un filamento riscaldato che funge da catodo, costituito in genere da wolframio. Questi elettroni, definiti raggi catodici, vengono accelerati da una forte differenza di potenziale e colpiscono una targhetta di metallo (che costituisce l’anodo, o anticatodo). Il sistema è inserito in un tubo dove è 25
  • 26. stato prodotto un vuoto quasi completo. L’anodo emette quindi raggi X di lunghezza d’onda diversa a seconda del metallo utilizzato (Cu, Fe, Co, Mo, ecc). Nei diffrattometri delle polveri si usa comunemente il rame. Il goniometro è essenzialmente una semi-circonferenza sul cui bordo sono disposti sia la sorgente dei raggi X, in posizione fissa, che il contatore, che è tuttavia in grado di ruotare attorno all’asse del goniometro. Durante la misurazione, la sorgente a raggi X, il campione, il rivelatore e l’apparato di registrazione operano simultaneamente. Il contatore viene fatto ruotare da un motore ad una velocità angolare doppia rispetto al portacampioni, e raccoglie l’emissione dei raggi diffratti ogni volta che viene soddisfatta l’equazione del Bragg. In questo modo si ottiene un diagramma (diffattogramma) con diversi picchi di diffrazione. In un diffrattogramma, sull’asse delle ascisse del tracciato sono indicati i valori degli angoli 2 che sono riferibili ai valori degli spacings ―d‖ espressi in Å, mentre sulle ordinate si hanno le intensità dei riflessi, le cui aree/altezze sono proporzionali alle intensità dei raggi diffratti. Ogni minerale possiede una caratteristica struttura cristallina, e pertanto è contraddistinto da una serie di valori d, per tutti i suoi piani reticolari, che ne consentono la caratterizzazione e l’identificazione. L’analisi mineralogica di un sedimento viene in genere eseguita sul campione tal- quale (campione ―tout venant‖) e sulla frazione argillosa (fraz. < 2 m) per eseguire una più approfondita indagine sui minerali argillosi. Nella preparazione del campione da analizzare si devono eseguire dei procedimenti standard che devono essere svolti con attenzione per non incorrere in risultati finali non corretti. Nel caso dell’analisi del campione tal-quale, la non ―perfetta‖ disorientazione delle polveri può indurre una sopravvalutazione di alcune fasi rispetto ad altre. Di conseguenza le analisi di polveri preparate il più possibile in modo ―random‖ risultano più accurate; per ottenere questa condizione il campione tal quale (―tout-venant‖) è stato analizzato mediante la tecnica del riempimento del portacampioni dal retro. In questo caso la polvere viene leggermente compressa con procedimento manuale nel retro di un portacampioni di metallo che presenta una cavità cilindrica. Questa operazione viene realizzata con apposite presse, per ottenere dei preparati omogenei; in questo modo i rischi di una iso-orientazione dei granuli- particelle sulla superficie opposta da irradiare sono molto ridotti. Occorre porre 26
  • 27. particolare attenzione, poi, che la superficie del campione sulla quale verranno indirizzati i raggi X sia il più possibile liscia. Sebbene i più importanti tipi di minerali argillosi siano già identificabili mediante l’analisi del sedimento totale (―tout-venant‖), soprattutto quando sono presenti in percentuali significative, l’analisi dettagliata di questi minerali prevede la separazione della cosiddetta frazione ―argilla‖ (< 2 m) dal sedimento ―tout venant‖. La separazione della frazione < 2 m viene eseguita per sedimentazione frazionata, sfruttando la velocità di caduta di un corpo a peso specifico noto entro un fluido sotto l’azione della gravità, data dalla legge di Stokes. Il procedimento consiste nel porre in un beker, contenente 500 cl di acqua, circa 30 g di sedimento ―tout venant‖. Dopo aver agitato fino ad ottenere l’omogeneizzazione della soluzione, si lascia sedimentare il preparato. In accordo con la legge di Stokes, trascorse circa 4 ore, la frazione > 2 m è sedimentata al di sotto di 5 cm rispetto al livello superiore dell’acqua. Il sedimento presente entro i primi cinque centimetri costituisce la frazione < 2 m, che viene rimossa dal beker tramite sifonazione. Quindi viene prelevata, con una pipetta graduata, una certa quantità della sospensione (in genere sono sufficienti 1-2 ml), depositata e fatta asciugare su un vetrino. La tensione superficiale trattiene la sospensione sul supporto, evitandone la tracimazione. 4.3.2 Materiali e metodi Sono state eseguite le analisi mineralogiche mediante diffrattometria a raggi X (metodo delle polveri) sui campioni di sedimento della frana dell’ Oltrepo Pavese. Le analisi sono state eseguite sul campione ―tout venant‖ (tal quale) e sulla frazione argillosa (frazione < 2 µm) per una corretta valutazione dei minerali argillosi, utilizzando il diffrattometro Philips PW 1800 in dotazione presso il Dipartimento di Scienze della Terra e dell’Ambiente dell’Università di Pavia. I campioni sono stati analizzati allo stato naturale e dopo trattamento mediante glycol etilenico, per l’identificazione della smectite (Biscaye, 1965; Thorez, 1976). L’analisi del sedimento ―tal quale‖ è stata eseguita su preparati ―random‖ mentre quella della frazione argillosa su preparati ―orientati‖. La stima semi-quantitativa delle principali fasi minerali nel sedimento ―tout venant‖ è stata ottenuta misurando le altezze dei 27
  • 28. principali riflessi caratteristici di ogni minerale, mentre quella dei minerali argillosi presenti nella frazione < 2 µm misurando le aree dei picchi, secondo la tecnica descritta in Biscaye (1965). I minerali nel sedimento tal quale sono stati identificati sulla base dei seguenti riflessi diagnostici: quarzo: picco a 4.26 Å; calcite: picco a 3.03 Å; K-feldspato: picco a 3.24 Å; plagioclasio: picco a 3.18 Å; mica: picco a 10 Å; clorite: picco a 7 Å, dolomite: picco a 2.88 Å, anfibolo: picco a 8,3 Å circa. I minerali argillosi nella frazione fine sono stati identificati sulla base dei loro riflessi basali (Biscaye, 1965; Thorez, 1976): smectite: riflesso basale a circa 17 Å dopo il trattamento di glicolazione; clorite: riflessi basali a 14 Å, 7 Å e 3.57 Å sul campione naturale; illite: riflesso basale a 10 Å e 5 Å sul naturale; caolinite: riflessi basali a 7 Å e 3.53 Å sul campione naturale. 28
  • 29. 4.4 Prove Pedologiche Le prove pedologiche sui campioni di suolo sono state svolte durante un tirocinio presso il Laboratorio Riccalab dell’azienda Riccagioia s.c.p.a. di Terrazza Coste. L’attività è consistita nelle seguenti prove standard di classificazione: determinazione della capacità di scambio cationico con bario cloruro e trietanolammina. determinazione delle basi di scambio (calcio, magnesio e potassio) con bario cloruro e trietanolammina. determinazione del carbonio organico. determinazione del fosforo assimilabile. reazione (pH) in H₂O, KCl. 4.4.1 Determinazione della capacità di scambio cationico con bario cloruro e trietanolammina 1. Principio Il campione di suolo viene monosaturato con bario per ripetuti trattamenti con soluzione di bario cloruro tamponata a pH 8,2. Successivamente, al campione Ba- saturato viene aggiunta più volte una quantità definita di una soluzione a titolo noto di magnesio solfato. La reazione porta alla formazione di bario solfato insolubile e, quindi, allo scambio completo Ba/Mg. L’eccesso di magnesio in soluzione viene determinato per titolazione complessometrica. Calcolata la quantità di magnesio adsorbito, che corrisponde alla quantità di bario scambiato, si accerta il valore della capacità di scambio cationico. 2. Reagenti Soluzione di ammonio idrossido [30% (r = 0,892)]. Soluzione (1 mole · L-1) acido cloridrico 29
  • 30. Aggiungere con cautela, in matraccio tarato da 1000 mL, contenente circa 400 mL di H2O, 83 mL di acido cloridrico (HCl) [37% (r = 1,186)]. Mescolare e, dopo raffreddamento, portare a volume con H2O. Soluzione di bario cloruro tamponata a pH 8,2 Trasferire in bicchiere da 1000 mL, contenente circa 800 mL di H2O, 100 g di bario cloruro (BaCl2 · 2 H2O) e 22,5 mL di trietanolammina [N(CH2OHCH2)3] [98% ( = 1,124)]. Agitare fino a completa solubilizzazione del sale e portare il valore di pH a 8,2 per aggiunta della soluzione (1 moli · L-1) di acido cloridrico. Trasferire la soluzione in matraccio tarato da 1000 mL e portare a volume con H2O. Soluzione (5 cmoli · L-1) di magnesio solfato Sciogliere in H2O, in matraccio tarato da 1000 mL, 12,324 g di magnesio solfato (MgSO4 · 7 H2O). Portare a volume con H2O. Soluzione (2,5 cmoli · L-1) di sale bisodico dell'acido etilendiamminotetracetico (EDTA) Sciogliere in H2O, in matraccio tarato da 1000 mL, 9,305 g di sale bisodico dell’acido etilendiamminotetracetico (EDTA). Portare a volume con H2O. Soluzione tampone a pH 10 Sciogliere in matraccio tarato da 1000 mL, contenente circa 500 mL di H2O, 54 g di ammonio cloruro. Aggiungere 350 mL di soluzione di ammonio idrossido [(30%) ( = 0,892)]. Portare a volume con H2O. Indicatore Omogeneizzare, in mortaio di porcellana, 20 g di sodio cloruro e 0,2 g di nero eriocromo T (C20H12N3NaO7S). 3. Apparecchiatura Attrezzatura da laboratorio di uso comune. In particolare: - agitatore rotante a 40 giri · minuto-1 o agitatore oscillante 120÷140 cicli · minuto-1; - centrifuga; - tubi da centrifuga da 50 mL con tappo a vite. 4. Procedimento 30
  • 31. Trasferire in tubo da centrifuga da 50 mL con tappo a vite 2 g del campione di terra fine. Rilevare la massa del tubo + il campione (A). Nel caso di suoli molto argillosi utilizzare 1 g del campione di terra fine. Aggiungere 25 mL della soluzione di bario cloruro (BaCl2 · 2 H2O) tamponata pH 8,2. Chiudere il tubo. Tenere in agitazione per 1 ora. Centrifugare a 3000 giri · minuto-1 e decantare la soluzione limpida in un matraccio tarato da 100 mL. Ripetere il trattamento altre due volte decantando le soluzioni limpide nello stesso matraccio da 100 mL. Portare a volume con la soluzione di bario cloruro (BaCl2 · 2 H2O) tamponata pH 8,2. Utilizzare questa soluzione (I) per la determinazione dell’acidità totale. Lavare il campione con 25 mL di H2O, centrifugare, e, dopo avere scartato il surnatante, rilevare nuovamente la massa del tubo + il campione (B). Prelevare con buretta di precisione e trasferire nel tubo da centrifuga 30 mL della soluzione (5 cmoli · L-1) di magnesio solfato. Chiudere il tubo e agitare a mano accuratamente fino a dispersione completa del campione. Tenere in agitazione per 2 ore e, quindi, centrifugare. Prelevare e trasferire in matraccio conico di Erlenmeyer da 250 mL 10 mL della soluzione limpida, aggiungere 100 mL di H2O, 10 mL della soluzione tampone a pH 10 ed una punta di spatola di indicatore. Preparare la soluzione della prova in bianco trasferendo in matraccio conico di Erlenmeyer da 250 mL 100 mL di H2O, 10 mL della soluzione (5 cmoli · L-1) di magnesio solfato, 10 mL della soluzione tampone a pH 10 e una punta di spatola dell’indicatore. Titolare la soluzione della prova in bianco e quella del campione con la soluzione (2,5 cmoli · L-1) di EDTA fino a colorazione azzurra. 5. Espressione dei risultati La capacità di scambio cationico (CSC) viene espressa in centimoli per kg di suolo (cmol(+) · kg-1) o in millequivalenti per 100 g di suolo (meq · 100 g-1), con una cifra decimale. I due valori risultano numericamente uguali. Per il calcolo viene utilizzata l’espressione 31
  • 32. (VB - VT) · 0,25 · (25 + B - A) CSC = —————————————— · 2 M che deriva da (VB - VA) · M · 1000 25 (25 + B - A) CSC = —————————— · —— · ——————— · 2 M · 1000 10 25 dove CSC = capacità di scambio cationico, espressa in cmol(+) · kg-1 VA = volume della soluzione di EDTA utilizzato per la titolazione della soluzione del campione, espresso in millilitri VB = volume della soluzione di EDTA utilizzato per la titolazione della soluzione della prova in bianco, espresso in millilitri A = massa del tubo da centrifuga + il campione, espressa in grammi B = massa del tubo da centrifuga + il campione dopo saturazione con soluzione di bario cloruro e lavaggio con H2O 25 mL/10 mL = rapporto volumetrico M = concentrazione della soluzione di EDTA, espressa in cmol · L-1 M = massa del campione utilizzata, espressa in grammi. 32
  • 33. 4.4.2 Determinazione delle basi di scambio (calcio, magnesio e potassio) con bario cloruro e trietanolammina. 1. Principio Il contenuto degli ioni calcio, magnesio e potassio, rimossi dai siti di scambio con soluzione di bario cloruro tamponata a pH 8,2, viene determinato per spettrofotometria in assorbimento atomico con atomizzazione a fiamma (FAAS). Il metodo può essere utilizzato per tutti i suoli. 2. Reagenti Acido cloridrico (HCl) [37 % (r = 1,186)] Soluzione (1 mole · L-1) acido cloridrico Aggiungere con cautela, in matraccio tarato da 1000 mL, contenente circa 400 mL di H2O, 83 mL di acido cloridrico (HCl) [37% (r = 1,186)]. Mescolare e, dopo raffreddamento, portare a volume con H2O. Soluzione di bario cloruro tamponata a pH 8,2 Trasferire in bicchiere da 1000 mL, contenente circa 800 mL di H2O, 100 g di bario cloruro (BaCl2 · 2 H2O) e 22,5 mL di trietanolammina [N(CH2OHCH2)3] [98% (r = 1,124)]. Agitare fino a completa solubilizzazione del sale e portare il valore di pH a 8,2 per aggiunta della soluzione (1 moli · L-1) di acido cloridrico. Trasferire la soluzione in matraccio tarato da 1000 mL e portare a volume con H2O. Soluzione standard del commercio a titolo garantito (1000 mg · L-1) di calcio (Ca) Soluzione standard del commercio a titolo garantito (1000 mg · L-1) di magnesio (Mg) Soluzione standard del commercio a titolo garantito (1000 mg · L-1) di potassio (K) Soluzione standard diluita (100 mg · L-1) di magnesio (Mg) Prelevare con buretta di precisione e trasferire in matraccio tarato da 100 mL 10 mL della soluzione standard del commercio a titolo garantito (1000 mg · L-1) di magnesio. Portare a volume con H2O. Soluzione standard di lavoro di calcio e magnesio 33
  • 34. Prelevare con buretta di precisione e trasferire in matraccio tarato da 100 mL 5 mL della soluzione standard del commercio a titolo garantito (1000 mg · L-1) di calcio. Prelevare con buretta di precisione e trasferire nello stesso matraccio tarato da 100 mL 5 mL della soluzione standard diluita (100 mg · L-1) di magnesio. Portare a volume con H2O. In questa soluzione la concentrazione del calcio e quella del magnesio sono pari, rispettivamente, a 50 e a 5 mg · L-1. Prelevare con buretta di precisione e trasferire in quattro matracci tarati da 50 mL 0, 5, 10 e 20 mL della soluzione (50 e 5 mg · L-1) di calcio e magnesio. Portare a volume con H2O. In ciascuna delle quattro soluzioni la concentrazione del calcio è, rispettivamente, di 0, 5, 10 e 20 mg · L-1; quella del magnesio è, rispettivamente di 0, 0,5, 1 e 2 mg · L-1. Soluzione (10 g · L-1 ) di cesio Sciogliere in H2O, in matraccio tarato da 1000 mL, 12,7 g di cesio cloruro (CsCl). Aggiungere 27 mL di acido cloridrico (HCl) [37 % (r = 1,186)]. Portare a volume con H2O. Soluzione (1,25 g · L-1 ) di cesio Trasferire, in matraccio tarato da 1000 mL contenente circa 500 mL di H2O, 125 mL della soluzione (10 g · L-1) di cesio. Mescolare e portare a volume con H2O. Soluzione standard di lavoro di potassio Prelevare con buretta di precisione e trasferire nello stesso matraccio tarato da 500 mL 10 mL della soluzione standard diluita (1000 mg · L-1) di potassio. Portare a volume con H2O. In questa soluzione la concentrazione del potassio è pari, rispettivamente, a 20 mg · L-1. Prelevare con buretta di precisione e trasferire in quattro matracci tarati di materiale plastico da 50 mL 0, 5, 10 e 20 mL della soluzione (10 e 20 mg · L-1) di potassio. Aggiungere a ciascun matraccio 5 mL della soluzione (10 g · L-1) di cesio. Portare a volume con H2O. In ciascuna delle quattro soluzioni la concentrazione del potassio è, rispettivamente di 0, 2, 4, 8 mg · L-1. 34
  • 35. 3. Apparecchiatura Attrezzatura da laboratorio di uso comune. In particolare: - agitatore rotante a 40 giri · minuto-1 o agitatore oscillante a 120¸140 cicli · minuto-1; - Spettrofotometro in assorbimento atomico (FAAS). 4. Procedimento Trasferire 2,5 g del campione di terra fine in matraccio conico di Erlenmeyer da 250 mL. Aggiungere 50 mL della soluzione di bario cloruro (BaCl2 · 2 H2O) tamponata pH 8,2. Tenere in agitazione per 1 ora. Passare per filtro di carta (Whatman® n° 42) raccogliendo il filtrato in contenitore di materiale plastico munito di tappo. 4.1. Determinazione del contenuto di calcio e magnesio di scambio Prelevare con buretta di precisione e trasferire in matraccio tarato da 100 mL 10 mL del filtrato. Preparare la prova in bianco seguendo le stesse modalità operative. 4.2. Determinazione del contenuto di potassio di scambio Prelevare con buretta di precisione e trasferire in matraccio tarato da 50 mL 10 mL del filtrato. Portare a volume con la soluzione (1,25 g · L-1 ) di cesio. Se la diluizione (1+4) non risulta sufficiente diluire ancora la soluzione assicurandosi che il contenuto di cesio nella soluzione resti sempre pari a 1 g · L-1 Preparare la prova in bianco seguendo le stesse modalità operative. 4.3. Preparazione delle curve di taratura Preparare la curva di taratura per ciascun metallo allo spettrofotometro in assorbimento atomico, utilizzando fiamma ossidante laminare aria-acetilene. Definire per lo strumento in dotazione condizioni tali da rispettare la proporzionalità tra l’assorbanza e la concentrazione delle soluzioni standard di lavoro. Impiegare lampada specifica per ciascun elemento, selezionando le seguenti lunghezze d’onda: 35
  • 36. Calcio 422,7 nm Magnesio 285,2 nm Potassio 766,5 nm Rilevare i valori di assorbanza delle soluzioni standard di lavoro e predisporre per ciascun metallo curva di taratura. 5. Espressione dei risultati Il contenuto di ciascun catione di scambio viene espresso in centimoli per kg di suolo (cmol(+) · kg-1) o in millequivalenti per 100 g di suolo (meq · 100 g-1), con una cifra decimale. I due valori risultano numericamente uguali. Per il calcolo viene utilizzata l’espressione: (A-B) · D · V C = ——————— M· E · 10 dove C = contenuto di ciascun catione di scambio, espresso in cmoli (+) · k g-1 A = concentrazione del catione nella saluzione del campione, espressa in mg · L-1 B = concentrazione del catione nella soluzione della prova in bianco, espressa in mg · L-1 D = fattore di diluizione M = massa del campione di suolo utilizzata, espressa in grammi. E = massa equivalente del catione. ECa = 20,04; EMg = 12,16; EK = 39,10; ENa = 22,99. V = volume della soluzione di BaCl2 espresso in mL 6. Calcolo del grado di saturazione in basi Per il calcolo del grado di saturazione in basi (GSB) viene utilizzata l’espressione: GSB = SB/CSC • 100 36
  • 37. dove GSB = grado di saturazione in basi SB = somma del contenuto di calcio, magnesio, potassio e sodio di scambio, espresso in cmol(+) · kg-1 CSC = capacità di scambio cationico (CSC) determinata con il metodo 4.4.1 ed espressa in cmolc · kg-1. 4.4.3 Determinazione del carbonio organico (metodo Springer-Klee) 1. Principio Il carbonio organico viene ossidato ad anidride carbonica con soluzione di potassio bicromato in presenza di acido solforico, in condizioni standardizzate. La quantità di potassio bicromato che non ha reagito viene determinata per titolazione con una soluzione di ferro (II) solfato. Il punto finale della titolazione viene accertato con l'aggiunta di un opportuno indicatore di ossidoriduzione o per via potenziometrica utilizzando un elettrodo di platino. Il metodo differisce dalla normale ossidazione per via umida come descritta dal metodo Walkley-Black in quanto la reazione tra carbonio organico e bicromato è resa quantitativa per riscaldamento della miscela a 160°C. Non sono necessari, pertanto, fattori di correzione. 2. Reagenti - Acido solforico (H2SO4) [96% (ρ = 1,835)] - Acido fosforico (H3PO4) [85% (ρ = 1,695)] - Soluzione (0,3334 moli x L-1) di potassio bicromato Sciogliere in H2O, in matraccio tarato da 1000 mL, 98,08 g di potassio bicromato (K2Cr2O7) preventivamente essiccato in stufa, per almeno un'ora, a 130°C. Portare a volume con H2O. - Soluzione (0,2 moli x L-1) di ferro (II) solfato eptaidrato Trasferire in matraccio tarato da 1000 mL, contenente circa 100 mL di H2O, 55,6 g di ferro (II) solfato eptaidrato (FeSO4 x 7 H2O). Aggiungere lentamente, facendoli 37
  • 38. scorrere lungo le pareti interne del matraccio, 20 mL di acido solforico (H2SO4) [96% (ρ = 1,835)]. Mescolare e, dopo raffreddamento, portare volume con H2O. La soluzione non è stabile e va ripreparata di frequente (1-2 giorni). In ogni caso, il titolo della soluzione deve essere controllato per ogni serie di analisi. - Indicatore oxred Sciogliere in 50 mL di acido solforico (H2SO4) [96% (ρ = 1,835)], in matraccio tarato da 100 mL, 0,2 g di sodio 4-difenilamminosolfonato (C12H10NaNO3S). Portare a volume con H2SO4 [96% (ρ = 1,835). - Argento solfato (Ag2SO4) cristalli 3. Apparecchiatura Attrezzatura da laboratorio di uso comune. In particolare: - matraccio per l'attacco da 200 mL fornito di termometro con scala fino a 200°C e graduazioni di PC (Figura 1) - fornello Bunsen corredato di piastre di protezione in vetroceramica - potenziometro o pHmetro con possibilita' di lettura dei mV. In alternativa, titolatore automatico corredato di elettrodo combinato di platino e buretta automatica da 5 mL - agitatore magnetico. 4. Procedimento 4.1. Preparazione del campione Trasferire nel matraccio per l'attacco le seguenti quantità di campione di terra fine, secco all'aria e setacciato a 0,5 mm: - 5,0 g, per suoli con contenuto di carbonio organico inferiore a 14,5 g x kg -1 - 2,5 g, per suoli con contenuto di carbonio organico compreso tra 14,5 e 28,5 g x kg-1 - 1,0 g, per suoli con contenuto di carbonio organico compreso tra 28,5 e 72,5 g x kg -1. Nel caso di suoli torbosi non si devono impiegare quantità di campione che contengano più di 80 mg di carbonio organico. 38
  • 39. 4.2. Ossidazione del carbonio organico ad anidride carbonica Prelevare con buretta di precisione e trasferire nel matraccio per l'attacco 20 mL della soluzione (0,3334 moli x L-1) di potassio bicromato (K2Cr2O7). Sistemare il matraccio per l'attacco in un bagno di acqua e ghiaccio e, facendo attenzione a non sovrariscaldare la miscela, aggiungere lentamente 26 mL di H2SO4. Dopo aver inserito il termometro, avendo cura che il bulbo non tocchi il fondo del matraccio, riscaldare su fornello Bunsen il piu' rapidamente possibile per raggiungere la temperatura di 160 ± 2 °C. Mantenere costante la temperatura per 10 minuti esatti, agitando leggermente la miscela. Raffreddare rapidamente a temperatura ambiente e trasferire quantitativamente il contenuto in un matraccio tarato da 200 mL. Portare a volume con H2O. Mescolare e lasciare sedimentare il residuo minerale solido. 4.3. Titolazione volumetrica Prelevare con pipetta di precisione e trasferire in matraccio conico di Erlenmeyer da 250 mL a collo largo 20 mL della soluzione limpida. Aggiungere 100 mL di H2O e, in successione, 8 mL di H3PO4 e 0,5 mL dell'indicatore oxred. Sistemare il matraccio conico di Erlenmeyer sull'agitatore magnetico e titolare con la soluzione di ferro solfato da violetto scuro a verde. 4.4. Titolazione potenziometrica Nel caso della titolazione potenziometrica il potenziale varia da circa 900-1000 mV a 650-700 mV oltre il punto di equivalenza. Se viene utilizzato titolatore automatico, è opportuno operare aggiunte unitarie non superiori ai 3 μL. 4.5. Determinazione del titolo effettivo della soluzione di ferro (II) solfato Le soluzioni di sali ferrosi non sono stabili a causa dell'ossidazione del ferro II da parte dell'ossigeno. Tale processo di ossidazione si verifica, seppur lentamente, anche sul sale allo stato solido. Pertanto, per ogni serie di analisi, è necessario controllare, il titolo esatto della soluzione (0,2 moli x L -1) di ferro (II) solfato. 39
  • 40. Il metodo prevede di trattare una quantità nota della soluzione di bicromato allo stesso modo del campione per effettuare contemporaneamente la correzione relativa alla possibile parziale decomposizione del bicromato a caldo ed il controllo che tale decomposizione non sia stata eccessiva. Prelevare con buretta di precisione e trasferire in un matraccio tarato da 200 mL, sistemato in un bagno di acqua e ghiaccio, 20 mL della soluzione (0,3334 moli x L-1) di potassio bicromato (K2Cr2O7). Aggiungere lentamente 26 mL di H2SO4. Mescolare e, dopo raffreddamento, portare a volume con H2O. Prelevare con buretta di precisione e trasferire in matraccio conico di Erlenmeyer a collo largo da 250 mL 20 mL della soluzione. Aggiungere 100 mL di H2O e, in successione, 8 mL di H3PO4 e 0,5 mL dell'indicatore oxred. Sistemare il matraccio conico di Erlenmeyer sull'agitatore magnetico e titolare con la soluzione di ferro solfato da violetto scuro a verde. Effettuare, nelle stesse condizioni sperimentali, una prova in bianco a caldo (160 + 2°C) per accertare l'errore eventualmente causato dalla possibile parziale decomposizione del diicromato dovuta al riscaldamento. Una differenza maggiore di 0,4 mL tra la titolazione con soluzione (0,2 moli x L-1) di ferro (II) solfato della soluzione di potassio bicromato e della prova in bianco trattata come il campione indica la presenza di un errore o nella determinazione della molarità del ferro o nella procedura di riscaldamento. 4.6. Calcolo del titolo effettivo della soluzione di ferro (II) solfato Tenuto conto che MFe(II) x VFe(II) = VCr2O72- x MCr2O7 x 6 si ha MFe(II) = 4/VFe(II) dove MFe(II) = molarità effettiva della soluzione di ferro (II) solfato VFe(II) = volume della soluzione di ferro (II) solfato impiegato per la titolazione di VCr2O7 espresso in millilitri VCr2O72-= volume della soluzione di potassio 40
  • 41. bicromato utilizzata per la titolazione, espresso in millilitri (2 mL) MCr2O72- = molarità della soluzione (0,3334 moli x L-1) di potassio bicromato. 5. Espressione dei risultati Il contenuto di carbonio organico è espresso in g x kg-1. Per il calcolo viene utilizzata l'espressione 3 (B - A) MFe(II) 200 1000 C = --- x --------- x --------- x ------ x 12 x ------- 2 1000 6 20 M dove C = contenuto di carbonio organico, espresso in g x kg-1 3/2 = rapporto molare della reazione di ossidoriduzione (2 moli di potassio bicromato reagiscono con 3moli di C) B = volume della soluzione di ferro (II) solfato utilizzato nella titolazione della prova in bianco, espresso in mL A = volume della soluzione di ferro (II) solfato utilizzato nella titolazione della soluzione del campione, espresso in mL 200 mL/20 mL = rapporto volumetrico MFe(II) = molarita' effettiva della soluzione di ferro (II) solfato 12 = peso atomico del carbonio, espresso in g x mole-1 M = massa del campione di suolo, espressa in grammi. da cui 5.1. Correzione in presenza di Ioni cloruro In presenza di una quantità di ioni cloruro superiore a 2 g x kg-1, il contenuto effettivo di carbonio organico è dato da Ce = C - (Cl- /12) dove Ce = contenuto effettivo di carbonio organico, espresso in g x kg-1 C = contenuto di carbonio organico, espresso in g x kg-1 41
  • 42. Cl- = contenuto di ioni cloruro presenti nel campione, espresso in g x kg-1 1/12 = fattore di conversione degli ioni cloruro consumati nella formazione del cloruro di crollare nella corrispondente quantità di C. 6. Valutazione del contenuto di sostanza organica Considerando pari al 58 % il contenuto medio di carbonio nella sostanza organica del suolo, è possibile utilizzare il fattore 1,724 per trasformare i g x kg-1 di carbonio organico accertati nel corrispondente contenuto di sostanza organica: Sostanza organica = C 1,724 4.4.4 Determinazione del fosforo assimilabile (metodo Olsen) 1. Principio Il metodo è applicabile sia ai suoli acidi che a quelli caratterizzati dalla presenza di calcio carbonato. La presenza nella soluzione di sodio bicarbonato di ioni carbonato e ossidrile abbassa l’attività di Ca2+ e di Al3+ con conseguente incremento della solubilità del fosforo (P). Nei suoli calcarei, l’aumentata solubilità del calcio fosfato deriva dalla diminuzione della concentrazione del calcio dovuta all’elevata presenza di ioni carbonato ed alla conseguente precipitazione di CaCO3. Nei suoli acidi o neutri, la solubilità dei fosfati di alluminio e di ferro viene incrementata dall’aumento della concentrazione degli ioni ossidrile che induce diminuzione della concentrazione di Al3+, con formazione di ioni alluminato, e di Fe3+, con precipitazione di ossidi. Deve essere tenuto presente, altresì, che, a pH elevato, l’aumento delle cariche negative e/o la diminuzione dei siti di adsorbimento sulle superfici degli ossidi di alluminio e di ferro può portare al desorbimento del fosforo fissato. Il contenuto di fosforo viene determinato per spettrofotometria con il metodo all’acido ascorbico. 2. Reagenti Soluzione (2,5 moli · L-1) di acido solforico 42
  • 43. Aggiungere, con cautela, in matraccio tarato da 1000 mL contenente circa 500 mL di H2O, 140 mL di acido solforico (H2SO4) [96% (r= 1,835)]. Mescolare e, dopo raffreddamento, portare a volume con H2O. Soluzione (1 mole · L-1) di sodio idrossido Sciogliere in H2O, in matraccio tarato da 1000 mL, 40 g di sodio idrossido (NaOH). Mescolare e, dopo raffreddamento, portare a volume con H2O. Soluzione (0,5 moli · L-1) di sodio bicarbonato Sciogliere in un bicchiere, contenente circa 900 mL di H2O, 42 g di sodio bicarbonato (NaHCO3). Aggiungendo goccia a goccia la soluzione (1 mole · L-1) di sodio idrossido, portare il pH al valore di 8,5. Trasferire in matraccio tarato da 1000 mL e portare a volume con H2O. Per evitare il contatto diretto della soluzione con l’aria atmosferica, aggiungere uno strato di olio minerale. Carbone attivo E’ opportuno controllare la purezza di questo reagente effettuando un’estrazione con la soluzione (0,5 moli · L-1) di sodio bicarbonato. In presenza di fosforo, lavare più volte con la stessa soluzione fino a livelli di P non rilevabili per spettrofotometria. Soluzione (0,25%) di p-nitrofenolo Sciogliere in H2O, in matraccio tarato da 100 mL, 0,25 g di p-nitrofenolo (NO2C6H4OH). Soluzione (40 g · L-1) di ammonio molibdato Sciogliere in H2O, in matraccio tarato da 1000 mL, 40 g di ammonio molibdato (NH4)6Mo7O24 · 4H2O]. Portare a volume con H2O. Conservare la soluzione in recipiente di vetro scuro. Soluzione (1 mg di Sb · mL-1) di antimonio potassio tartrato Sciogliere in H2O, in matraccio tarato da 100 mL, 0,2728 g di antimonio potassio tartrato [(K(SbO) · C4H4O6 · ½ H2O]. Portare a volume con H2O. Soluzione (0,1 moli · L-1) di acido ascorbico Sciogliere in H2O, in matraccio tarato da 100 mL, 1,76 g di acido ascorbico (C6H8O6). Portare a volume con H2O. Preparare la soluzione al momento dell’uso. 43
  • 44. Reagente solfomolibdico Mescolare, al momento dell’uso, 50 mL della soluzione (2,5 moli · L-1) di acido solforico, 15 mL della soluzione (40 g · L-1) di ammonio molibdato, 30 mL della soluzione (0,1 moli · L-1) di acido ascorbico e 5 mL della soluzione (1mg di Sb · mL- 1) di antimonio potassio tartrato. Soluzione standard (1000 mg · L-1) di fosforo (P) Trasferire in matraccio tarato da 1000 mL, contenente circa 500 mL di H2O, 4,3938 g di potassio diidrogeno fosfato (KH2PO4) essiccato in stufa a 40°C. Dopo solubilizzazione del sale, portare a volume con H2O. Soluzione standard diluita di fosforo (P) Prelevare con buretta di precisione e trasferire in matraccio tarato da 1000 mL 2 mL della soluzione (1000 mg · L-1) di fosforo. Portare a volume con H2O. In questa soluzione la concentrazione del fosforo è di 2 mg · L-1. 3. Apparecchiatura Attrezzatura da laboratorio di uso comune. In particolare: - pH-metro con compensatore della temperatura, elettrodo di vetro con elettrodo di riferimento o elettrodi combinati; - agitatore oscillante a 120÷140 cicli · minuto-1; - filtri a membrana da 0,45 mm; - spettrofotometro. 4. Procedimento 4.1. Estrazione Trasferire 2 g del campione di terra fine in matraccio conico di Erlenmeyer o in contenitore di materiale plastico da 125 mL. Aggiungere 0,5 g di carbone attivo e 40 mL (V1) della soluzione (0,5 moli · L-1) di sodio bicarbonato a pH 8,5. Tenere in agitazione per 30 minuti e passare più volte per carta Whatman® n°42 raccogliendo il filtrato in contenitore di materiale plastico munito di tappo. Se necessario, passare per filtro a membrana da 0,45 mm. 44
  • 45. Preparare la prova in bianco seguendo le stesse modalità operative, omettendo il campione di suolo. 4.2. Determinazione colorimetrica Prelevare con buretta di precisione e trasferire, in matraccio tarato da 50 mL, una aliquota della soluzione limpida (V2) contenente da 2 a 40 mg di P. Aggiungere 5 gocce della soluzione di pnitrofenolo e, goccia a goccia, una quantità della soluzione (2,5 moli · L-1) di acido solforico fino a scomparsa del colore giallo dell’indicatore. Le gocce di acido solforico devono essere fatte scorrere lungo le pareti interne del matraccio tarato per evitare rapido sviluppo di CO2 e conseguenti perdite della soluzione. Diluire a circa 25 mL con H2O e aggiungere 8 mL del reagente solfomolibdico. Portare a volume con H2O. Dopo 10 minuti leggere allo spettrofotometro il valore di estinzione 882 nm contro un bianco che contenga tutti i reagenti esclusa la soluzione di fosforo. 4.3. Curva di taratura Prelevare con buretta di precisione e trasferire in sei matracci tarati da 50 mL 0, 5, 10, 15, 20 e 25 mL della soluzione standard diluita (2 mg · L-1) di fosforo. Diluire a circa 25 mL con H2O e aggiungere 8 mL del reagente solfomolibdico. Portare a volume con H2O. In ciascuna delle sei soluzioni, la concentrazione del fosforo è, rispettivamente, di 0, 0,2; 0,4; 0,6; 0,8; 1 mg · L-1. Dopo 10 minuti leggere allo spettrofotometro il valore di estinzione 882 nm contro un bianco che contenga tutti i reagenti esclusa la soluzione di fosforo. 5. Espressione dei risultati Il contenuto di fosforo estratto con soluzione di sodio bicarbonato dal campione di suolo viene espresso in mg · kg-1, senza cifre decimali. Per il calcolo viene utilizzata l’espressione dove 45
  • 46. C = contenuto di fosforo assimilabile presente nel suolo, espresso in mg · kg-1 A = concentrazione di fosforo nella soluzione del campione, espressa in mg · L-1 B = concentrazione di fosforo nella soluzione della prova in bianco, espressa in mg · L-1 V1 = volume dell’estratto (40 mL) V2= volume della soluzione del campione utilizzata per la determinazione colorimetrica M = massa del campione di suolo, espressa in grammi. 6. Note Tutti i prodotti utilizzati devono essere privi di silicio, tenuto conto della reattività di questo elemento con il reagente solfomolibdico. Per lo stesso motivo, è preferibile utilizzare acqua distillata dal momento che l’acqua deionizzata può contenere silice. 4.4.5 Determinazione del grado di reazione (pH) 1. Principio Il pH è determinato per via potenziometrica, dopo taratura del sistema di misura, su sospensioni di: suolo-acqua i valori ottenuti non rispecchiano fedelmente il valore dei pH in campo, ma sono indicativi del grado di reazione del sistema suolo-soluzione di sali neutri (KCl o CaCI2) i valori ottenuti sono maggiormente correlati al grado di saturazione e alla natura del complesso di scambio suolo-soluzione di NaF i valori ottenuti servono per caratterizzare gli andisuoli. 46
  • 47. 2. Reagenti - Soluzioni tampone del commercio pronte all'uso (pH = 4,7, 10) - Soluzione (1 mole x L) di potassio cloruro Sciogliere in H2O, in matraccio tarato da 1000 mL, 74,6 g di potassio cloruro (KCl). Portare a volume con H2O. - Soluzione (0,01 moli x L-1) di calcio cloruro Sciogliere in H2O, in matraccio tarato da 1000 mL, 1,11 g di calcio cloruro (CaCl2) (o 1,47 g di CaCl2 x 2H2O) Portare a volume con H2O. - Soluzione (0,1 moli x L-1) di acido fluoridrico Aggiungere a 800 mL di H2O, in matraccio tarato da 1000 mL, 3,5 mL di acido fluoridrico (HF) [50% (ρ = 1,155)]. Portare a volume con H2O. Conservare la soluzione in una bottiglia di materiale plastico. - Soluzione (1 mole x L-1) di sodio fluoruro Sciogliere in H2O, in matraccio tarato da 1000 mL, 42 g di sodio fluoruro (NaF). Portare a volume con H2O. Trasferire in una bottiglia di materiale plastico e lasciare a riposo per due giorni, agitando occasionalmente. Trasferire 50 mL del decantato m un bicchiere di materiale plastico. Il pH della soluzione dovrebbe essere compreso tra 7,2 e 8, 1. Se il valore di pH dovesse risultare più elevato, correggerlo con l'aggiunta di qualche goccia della soluzione 0,1 moli x L-1 di HF. 3. Apparecchiature Attrezzatura da laboratorio di uso comune. In particolare: - pH-metro con compensazione della temperatura, elettrodo di vetro con elettrodo di riferimento o elettrodi combinati - agitatore magnetico a velocità regolabile - bicchieri in materiale plastico - bacchette per agitazione in PVC. 4. Procedimento 4.1. Taratura del sistema di misura 47
  • 48. Tarare il sistema di misura facendo uso di una soluzione tampone e(1) riferimento avente pH vicino a quello del campione. Controllare la linearità dei sistema, facendo uso di almeno un'altra soluzione tampone di riferimento a pH diverso. 4.2. Misura del PH (in H2O e in soluzione di KCl o CaCl2) Trasferire 10 g del campione di terra fine in un bicchiere da 50 mL Aggiungere 25 mL di H2O o di ciascuna delle soluzione saline. Agitare per almeno due ore. Lasciare sedimentare la sospensione per alcuni minuti. Introdurre il sistema elettrodico nel surnatante e rilevare il valore di pH. 4.3. Misura del pH in soluzione di NaF Trasferire 1 g del campione di terra fine in un bicchiere di materiale plastico da 100 mL. Aggiungere 50 mL della soluzione (1 mole x L-1) di NaF. Agitare la sospensione per 60 secondi con bacchetta di PVC. Introdurre il sistema elettrodico nel surnatante. Agitare ancora per 30 secondi. Esattamente dopo altri 30 secondi leggere il valore di pH. 5. Espressione dei risultati Il grado di reazione viene espresso come unità di pH, con una cifra decimale. 6. Note La misura del valore di pH in soluzione di CaCl2 è, con molta probabilità, il metodo più usato per definire il grado di reazione del suolo. Infatti, come riportato da Peech (1965), da Conyers e Davey (1988) e da Davey a Conyers (1988), in presenza di calcio cloruro, il valore di pH: - non risulta influenzato, entro certi limiti, dal rapporto suolo: soluzione - è praticamente indipendente dalla concentrazione di sali solubili - corrisponde con buona approssimazione al grado di reazione accertato in pieno campo per i suoli coltivati 48
  • 49. - non risente degli errori dovuti al potenziale di giunzione liquida, tenuto conto che la sospensione resta flocculata - è praticamente coincidente per i campioni umidi e secchi all'aria - non varia anche dopo prolungata conservazione del campione secco all'aria. Non conservare le soluzioni tampone per tempi lunghi. Pulire e rigenerare regolarmente e con accuratezza gli elettrodi. 49
  • 50. 5. Risultati e Discussioni 5.1 Prove Geotecniche 5.1.1 Analisi granulometrica I risultati dell’analisi granulometrica eseguita sui campioni di suolo prelevati a diverse profondità sono riassunti nelle Tabella sottostante (Tab.1). n°campione Nome Profondità %argilla %limo %sabbia %ghiaia 70/2012 A1 mt. 0,00 - 0,10 20 60 13 7 68/2012 A2 mt. 0,10 - 0,20 21 54 13 12 69/2012 Ap mt. 0,20 - 0,40 23 62 14,5 0,5 67/2012 B mt. 0,40 - 0,70 22 57 19 2 66/2012 Bc mt. 0,70 - 1,10 19 62 16 3,35 64/2012 C mt. 1,10 - 1,30 36 61 3 0 63/2012 C7 TDR 6 mt. 1,40 25 58 15 2 65/2012 8 II scavo substrato 22 54 11 13 Tab. 1 – risultati analisi granulometriche I dati ottenuti hanno permesso di stabilire che i campioni sono tessituralmente molto simili. In tutti e otto si può notare infatti, la netta maggioranza delle frazioni più fini. A predominare è la frazione limosa che per tutti i campioni è sempre superiore al 54%, arrivando fino al 62% nei campioni 66/2012 e 69/2012. Dopo il limo la classe granulometrica prevalente è quella delle argille che nei terreni analizzati va da un minimo del 19% (nel 66/2012) a un massimo pari al 36 % (nel 64/2012). Le percentuali di sabbia e ghiaia sono decisamente inferiori e, in particolare, la prima va da un massimo equivalente al 19% (nel 67/2012) a un minimo del 3% (nel 64/012), mentre la seconda da un 12% (nel 68/2012) a uno 0% ed è quindi completamente assente nel 64/2012. In generale si può notare che nella successione dei terreni analizzati la granulometria non varia con la profondità, ad eccezione dell’orizzonte C che è contraddistinto da un aumento del contenuto di argilla. 50
  • 51. Un’altra prova degli esiti ottenuti sono le curve cumulative riportate nel grafico 5.1.1.a. 100 90 80 70-2012 70 69-2012 68-2012 % passante 60 67-2012 50 66-2012 40 65-2012 64-2012 30 63-2012 20 10 0 0,001 0,01 0,1 1 10 100 1000 Diametro grani mm Fig. 5.1.1.a - Curve granulometriche relative agli 8 campioni analizzati. 51
  • 52. 5.1.2 Limiti di Atterberg Nella Tabella 2 sono elencati i risultati conseguiti dalla determinazione dei Limiti di Atterberg. n°campione Nome Profondità Wl Wp IP 70/2012 A1 mt. 0,00 - 0,10 43,13 23,82 19,31 68/2012 A2 mt. 0,10 - 0,20 39,79 22,61 17,18 69/2012 Ap mt. 0,20 - 0,40 43,13 24,47 18,66 67/2012 B mt. 0,40 - 0,70 35,42 22 13,42 66/2012 Bc mt. 0,70 - 1,10 35,74 22,64 13,09 64/2012 C mt. 1,10 - 1,30 53,49 24,69 28,81 63/2012 C7 TDR 6 mt. 1,40 37,07 22,31 14,76 65/2012 C8 II scavo substrato 43,13 21,45 21,67 Tab. 2 – Limiti di Atterberg sui campioni analizzati. Dai dati è possibile osservare che, fatta eccezione per il 64/2012, i restanti campioni sono praticamente identici oltre che dal punto di vista della distribuzione granulometrica anche da quello della plasticità, essendo tutti limi argillosi debolmente sabbiosi caratterizzati da una plasticità medio-bassa. Il 64/2012 è l’unico ad evidenziare differenze poiché, da come è possibile osservare anche nella Carta della plasticità (Fig. 5.1.2), si sposta nel campo delle argille inorganiche di alta plasticità. Ne consegue che il materiale lungo la sezione che è stata scavata è pressoché il medesimo, ma con la profondità variano i parametri di contenuto d’acqua, colore, porosità e consistenza. 52
  • 53. 70 60 CH 70-2012 50 69-2012 CL 68-2012 IP 40 67-2012 66-2012 30 65-2012 OH-MH 64-2012 20 63-2012 OL-ML 10 0 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 WL Fig. 5.1.2.a – Carta della plasticità relativa agli 8 campioni analizzati. 5.1.3 Carbonatimetria I risultati dell’analisi del calcare totale indicati nella tabella (Tab. 3) hanno lo scopo di determinare la quantità di tutti i carbonati presenti nel terreno. (L’indiviuazione è importante soprattutto per i suoli a vigneto e l’Oltrepò Pavese è da sempre riconosciuto proprio per questi). n°campione Nome Profondità %carbonati Ca 70/2012 A1 mt. 0,00 - 0,10 12,941 68/2012 A2 mt. 0,10 - 0,20 14,118 69/2012 Ap mt. 0,20 - 0,40 12,941 67/2012 B mt. 0,40 - 0,70 10,98 66/2012 Bc mt. 0,70 - 1,10 12,941 64/2012 C mt. 1,10 - 1,30 35,294 63/2012 C7 TDR 6 mt. 1,40 13,725 65/2012 C8 II scavo substrato 30,196 Tab. 3 – Carbonatimetria sui campioni analizzati. 53
  • 54. La letteratura riporta le seguenti soglie: < 5% basso 5-15% medio > 15% elevato La maggior parte dei terreni è caratterizzato da una percentuale in calcare totale media, salvo i campioni 64/2012 e 65/2012 che mostrano un tenore in CaCO3 elevato pari rispettivamente al 35,294% e al 30,196%. 54
  • 55. 5.2 Prove Mineralogiche 5.2.1 Diffrattometria a raggi X metodo delle polveri La tabella (Tab. 4) riporta le sommattorie delle percentuali di minerali argillosi, carbonatici e feldaspatici presenti in ciascun campione. n°campione %∑ min.arg. %∑ carb. %∑ feld. 70/2012 37 25 21 68/2012 43 21 17 69/2012 35 22 26 67/2012 51 14 22 66/2012 43 15 25 64/2012 33 42 15 63/2012 41 17 26 65/2012 41 24 22 Tab. 4 – Risultati Diffrattometria a raggi X. 60 50 40 30 % ∑ min.arg. 20 ∑ carb. ∑ feld. 10 0 Fig. 4.3.1.a – Grafico % ∑ min.arg, ∑ carb. e ∑ feld nel “tout venant” La quasi totalità dei terreni mostra una netta prevalenza dei minerali argillosi. L’unica eccezione è rappresenta dal campione 64/2012 che è caratterizzato da una maggiore percentuale di minerali carbonatici. I minerali feldspatici costituiscono 55
  • 56. invece una chiara minoranza in tutti e 8 i campioni. Un’altra tabella (Tab. 5) mette in evidenza in modo più preciso le percentuali minerali presenti. n°campione %Sme %Clor. %Caol. %Mica %Qz %K-F %Plag. %Calc. %Dol. %Anf. 70/2012 7 9 9 12 15 7 14 14 11 2 68/2012 14 10 7 12 15 7 10 11 10 4 69/2012 11 8 6 10 15 8 18 12 10 2 67/2012 16 12 11 12 10 9 13 8 6 3 66/2012 14 11 9 9 15 6 19 10 5 2 64/2012 11 9 7 6 10 9 6 26 16 0 63/2012 16 9 5 11 10 11 15 10 7 6 65/2012 12 9 10 10 10 7 15 16 8 3 Tab. 5 – Percentuali presenza singoli minerali. In generale, minerali argillosi quali la caolinite, la mica-illite e la clorite sono considerati ―inerti‖, mentre smectite, vermiculite, illite degradata sono minerali argillosi fortemente ―attivi‖, in quanto presentano proprietà rigonfianti/collassanti e con capacità di scambio relativamente elevate. In particolare la smectite, per la sua particolare attività di rigonfiamento/collasso in seguito a cicli di umettazione/essiccamento, crea delle superfici di discontinuità che possono costituire piani di scivolamento delle masse franose. In linea di massima, i movimenti di massa sono comunemente lenti in terreni prevalentemente costituiti da minerali quali smectite, vermiculite, interstratificati e illite degradata. Dissesti repentini sono invece caratteristici di terreni in cui prevale la presenza di minerali argillosi quali caolinite, illite e clorite. Indagini precedenti sulla composizione mineralogica dei terreni franosi nell’area dell’ Oltrepo Pavese sono riportate nel lavoro di Braga et al. (1985). In generale, nell’area dell’ Oltrepo, i terreni entro la formazione delle ―argille varicolori‖ sono costituiti prevalentemente da minerali argillosi ―inerti‖ mentre le masse franose entro i litotipi marnosi dei complessi flyschioidi sono costituiti da smectite. La smectite è presente in quantità significative anche nelle formazioni delle ―marne di Monte Piano‖ e delle ―argille varicolori‖. Nelle arenarie di Ranzano, dove prevale la 56
  • 57. componente arenacea, risultano più abbondanti i minerali detritici come quarzo e feldspati, insieme a minerali argillosi inerti quali clorite, illite e caolinite. Dalle analisi effettuate sugli 8 campioni emerge la presenza della Smectite che potrebbe aver avuto un ruolo fondamentale nella dinamica delle frane avvenute in seguito alle alluvioni del 27-28 aprile 2009, a causa delle particolari proprietà che essa presenta. Questo minerale, anche se non in percentuali elevate, si sarebbe comportato come una sorta di collante fra le varie particelle che costituiscono il terreno e, in seguito alle forti piogge, avrebbe subito i caratteristici processi di rigonfiamento responsabili della venuta meno alla sua funzione legante. Conferma del probabile ruolo decisivo della Smectite è fornita dall’analisi della frazione inferiore a 2 µm, grazie alla quale viene evidenziata la prevalenza di questo minerale (Tab. 6). n°campione Frazione < 2 µm Sme. Clor. Caol. Mica 70/2012 51 8 5 36 68/2012 48 8 6 38 69/2012 52 7 5 36 67/2012 46 8 5 41 66/2012 47 9 7 37 64/2012 56 9 4 31 63/2012 47 11 7 35 65/2012 56 8 5 31 Tab. 6 – Percentuali frazione < 2µm. 57
  • 58. 60 50 40 Sme. 30 % Clor. 20 Caol. Mica 10 0 Fig. 4.3.1.b – Grafico % Smectite Clorite Caolinite Mica nella frazione <2µm 58
  • 59. 5.3 Prove Pedologiche 5.3.1 Determinazione capacità di scambio cationico con bario cloruro e trietanolammina La capacità di scambio cationico (CSC) rappresenta la quantità massima di cationi adsorbibili (cationi scambiabili) dai colloidi organici e minerali del suolo (Gessa e Testini, 1989). La capacità di scambio cationico rappresenta un buon indicatore di qualità del suolo, in quanto fornisce un’indicazione sulla fertilità potenziale e sulla natura dei minerali argillosi. L’assorbimento per scambio ionico rappresenta, infatti, il meccanismo più importante di trattenimento degli ioni nel suolo e coinvolge quasi esclusivamente i cationi, tra cui quelli utili alla nutrizione delle piante come calcio, magnesio, potassio e sodio. In base ai valori assunti, la capacità di scambio può essere valutata secondo lo schema riportato in tabella (Tab. 7): Valori di CSC (meq Valutazione /100 g di suolo) <5 Molto bassa 5-10 j Bassa 10-206 Media >20 Alta Tabella 7 - Valutazione della CSC Dai dati ottenuti dalle analisi (Tab. 8) si osserva che i campioni sono tutti terreni discreti, cioè caratterizzati da una bassa capacità di scambiare cationi Ca, Mg e K. 59
  • 60. CSC n°campione (meq/100g) 70/2012 16,54412 68/2012 15,93137 69/2012 14,70588 67/2012 15,31863 66/2012 12,2549 65/2012 13,48 64/2012 14,09 63/2012 15,93 TDR 5 15,93137 TDR 6 8,578431 Tabella 8 – Valori della CSC ottenuti CSC 18 16 14 12 meq/100g 10 8 6 4 2 0 Fig. 5.3.1.a – Grafico CSC meq/100g 60
  • 61. 5.3.2 Determinazione delle basi di scambio (calcio, magnesio e potassio) con bario cloruro e trietanolammina. Tale analisi ha consentito di quantificare la presenza delle basi di scambio Magnesio, Calcio e Potassio disponibili nel terreno. Il calcio (Tab. 9) ha un ruolo fondamentale nella struttura del terreno, quantità elevate di calcio possono alzare il pH rendendo il fosforo, il ferro e il boro non assimilabili. VALORE (Ca ppm) GIUDIZIO 0-1000 Scarso 1000-2000 Sufficiente >2000 Buono Tabella 9 – Valori del Calcio Il magnesio (Tab. 10) si trova in molti minerali silicatici (olivine, pirosseni e anfiboli) e in alcuni alluminiosilicati come ad esempio le miche. Il magnesio è un elemento di essenziale importanza per la vita della pianta è infatti un componente della molecola della clorofilla e un attivatore di molti processi enzimatici. VALORE (Mg ppm) GIUDIZIO 0-50 Molto scarso 50-101 Scarso 101-151 Sufficiente 151-250 Buono >250 Elevato Tabella 10 – Valori del Magnesio 61
  • 62. Il potassio (Tab. 11) si trova nel suolo per il 90-98 % nei minerali, principalmente nei feldespati e nelle miche, intrappolato nei reticoli cristallini e in forma non scambiabile, disponibile per le piante solo nel corso dei processi di alterazione. VALORE (K ppm) GIUDIZIO 0-41 Molto scarso 41-81 Scarso 81-141 Sufficiente 141-200 Buono >200 Elevato Tabella 11 – Valori del Potassio I valori delle basi di scambio risultanti dalle analisi sono riassunti nella tabella sottostante (Tab. 12): n°campione Ca Mg K 70/2012 4007 227 145,2 68/2012 3816 221,3 106,3 69/2012 4011 235,5 107,1 67/2012 3647 261,5 80,07 66/2012 3496 377,9 83,5 64/2012 3950 543,5 98,79 63/2012 3702 473,4 87,01 65/2012 3487 512,3 85,51 TDR 5 3422 473,5 67,07 TDR 6 1045 187,2 84,5 Tabella 11 – Valori delle basi di scambio espressi in ppm (mg/Kg) 62
  • 63. 4500 4000 3500 3000 2500 ppm Ca 2000 Mg 1500 1000 K 500 0 Fig. 5.3.2.a – Grafico valori delle basi di scambio Il calcio presenta valori abbondanti per tutti e 10 i campioni. I valori più alti appartengono ai campioni 69/2012 e 70/2012 che sono anche i più superficiali. Il magnesio appare elevato nella maggior parte dei terreni, mentre diminuisce, ma rimanendo sempre notevole nei suoli 68/2012, 69/2012 e 70/2012. Il potassio risulta invece scarso nel TDR5, mentre è giudicato sufficiente in tutti gli altri. 63
  • 64. 5.3.3 Determinazione del carbonio organico (metodo Springer-Klee) Il contenuto in carbonio organico del suolo (Fig. 5.3.3.a) è in stretta relazione con quello della sostanza organica, che a sua volta rappresenta il principale indicatore chimico della qualità del suolo (Schoenholtz et al., 2000). La sostanza organica del suolo può assumere valori variabili da meno di 0.5% (dotazione bassa) ad oltre il 4% (dotazione alta) secondo Soil Conservation Service (Russell, 1994; Tab. 13). La sostanza organica nel suolo ha una composizione molto eterogenea e risulta costituita principalmente da cellule di microrganismi, da residui animali e vegetali a diverso stadio di decomposizione, dalle sostanze secrete sia dalle radici che a livello della superficie delle foglie (Sequi, 1989). La sostanza organica ha un effetto diretto sulla qualità del suolo grazie alla sua influenza sulle proprietà fisiche, chimiche e biologiche che ne determinano il suo corretto funzionamento. Più precisamente essa svolge un ruolo chiave nella determinazione della struttura del suolo attraverso lo sviluppo di aggregati, di dimensioni variabili a seconda delle caratteristiche di tessitura del suolo, i quali tendono a disporsi e organizzarsi spazialmente determinando la forma e le dimensioni degli spazi vuoti all'interno del suolo. Tra i vari componenti del suolo, la sostanza organica è senz’altro la più reattiva dal punto di vista chimico. Ha un'elevata superficie specifica, interagisce con i metalli e con i minerali argillosi, agisce come scambiatore ionico e costituisce una riserva di azoto. 64