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SCENARI FINANZIARI
THE ABSOLUTE RETURN LETTER
Newsletter mensile - Versione Italiana a cura di Horo Capital

L'era di Kakistocracy
di Niels Jensen | 6 ottobre 2012 - Anno 3 - Supplemento al numero 44




.



Kakistocracy (sostantivo): Governo fatto da pessimi cittadini. Per un numero di ragioni
sulle quali è possibile solo specularci sopra, non c'è una parola che definisca un governo
fatto da buoni cittadini. (1)

Siamo ormai da cinque anni in una crisi che proprio non vuole andarsene. Parafrasando
Charles Gave di GaveKal che ha scritto un articolo estremamente interessante su questo
argomento appena settimana (2) scorsa, i politici continuano a manomettere i tassi di
interesse, i tassi di cambio e in generale i prezzi degli asset. Essi continuano a consentire
alle banche che gestiscono i depositi di operare come un casinò. Esse emettono nuovo
debito per pagare le spese quando stanno già affogando nel debito. E di questo sembra
che non ne prendano atto. Albert Einstein una volta ha definito una follia il fare lo stesso
esperimento più e più volte, con la speranza di aspettarsi un diverso risultato. QE1. QE2.
QE3 ... C'è altro da dire?

Nel frattempo sempre più investitori sembrano convinti che tutto questo armeggiare finirà
con una inflazione. Alcuni addirittura se ne aspettano un sacco. Questo è ciò di cui parlerà
la Absolute Return Letter di questo mese. Le obbligazioni sono un investimento sicuro ai
livelli attuali? Potrebbero forse essere in bolla? Nel braccio di ferro tra le forze
inflazionistiche e deflazionistiche, sarà l'inflazione che alla fine prevarrà? Che cosa
potrebbe accadere ai prezzi delle obbligazioni se tutto questo si realizza?

Inflazione vs deflazione

Ho scritto in merito sull'inflazione vs la deflazione nel luglio 2009 (si veda qui). Nel
frattempo sono successe molte cose e questo mi suggerisce che adesso è un buon
momento per ri-visitare l'argomento. Cominciamo con il definire la nostra posizione
fondamentale che comunque non è sostanzialmente cambiata molto dal 2009. In quel
momento ho concluso dicendo:

"Se i miei peggiori timori si dimostrano corretti e dobbiamo combattere un attacco di
deflazione, le autorità non avranno altra scelta nel cercare di provocare aumenti dei prezzi
attraverso politiche aggressive. In caso contrario interi paesi potrebbero fallire in quanto
soffocati dal proprio debito. Qualsiasi altra cosa succederà sarà un altra storia."

Tre anni dopo rimango ancora assolutamente convinto che la deflazione, trainata
principalmente dai consumatori desiderosi di riequilibrare i loro bilanci rappresenterà una
forza potente per molti anni a venire, ma allo stesso tempo devo ammettere che vedo dei
preoccupanti segnali di aspettative di inflazione che iniziano ad arrivare.

Ora prima di andare avanti forse sarebbe meglio definire il concetto di inflazione. Qui è
opportuno distinguere tra l'inflazione dei prezzi delle attività e l'inflazione dei prezzi al
consumo. La maggior parte degli osservatori dei mercati finanziari sarebbero
probabilmente d'accordo che a conti fatti i prezzi degli asset hanno già beneficiato nel
corso degli ultimi anni delle azioni combinate delle banche centrali del mondo, così
sembra lecito concludere che già si soffre di almeno un certo grado di inflazionamento dei
prezzi degli asset.

L'inflazione al consumo è invece una bestia completamente diversa. Il futuro percorso
dell'inflazione sui prezzi al consumo è in larga misura dettata dalle attuali aspettative di
inflazione. Come è ben noto nella teoria economica delle crescenti aspettative di inflazione
possono cambiare i nostri modelli di comportamento e a sua volta questi possono portare
ad un aumento dell'inflazione reale, di conseguenza le aspettative di inflazione sono un
indicatore importante che guida le tendenze inflazionistiche future.

Invece è davvero possibile avere un inflazione dei prezzi degli asset senza avere anche
un inflazione dei prezzi al consumo e viceversa. In alternativa i due tipi di inflazione
possono anche andare di pari passo. Quello che stiamo vivendo in questo momento è una
combinazione un po' insolita. L'inflazione dei prezzi dei beni in tutto il 'vecchio' mondo ha
causato un'inflazione dei prezzi al consumo nelle economie emergenti, in particolar modo
attraverso i prezzi delle materie prime.

Detto questo non c'è nessuna legge economica che indica che l'aumento dei prezzi delle
materie prime, indotto dai prezzi al consumo nelle economie emergenti debba in ultima
analisi portare ad un aumento dei prezzi al consumo nella nostra parte del mondo. Non c'è
bisogno di tornare indietro di più a poco più di 30 anni fa per trovare in un paese (gli Stati
Uniti) un esempio di inflazione sui prezzi al consumo molto elevata che però non ha
condotto ad una medesima e drammatica crescita dell'inflazione dei prezzi al consumo in
uno dei suoi principali partner commerciali (Europa occidentale).

Più di recente la Federal Reserve Bank e di conseguenza anche le altre banche centrali,
sono state pesantemente criticate per non essere state in grado di creare crescita
economica attraverso il QE. Tuttavia io non sono affatto convinto che la crescita
economica sia in realtà l'obiettivo primario del QE. Bernanke ha passato una buona parte
della sua vita a studiare la Grande Depressione e nel comprendere la deflazione e il
danno che questa può infliggere, molto di più che la maggior parte di noi. Se si passa
attraverso i suoi discorsi e le dichiarazioni degli ultimi anni, vi è un abbondanza di prove
che suggeriscono che si corre un rischio di deflazione molto sul serio e il suo continuo
impegno sul QE è probabilmente più il riflesso di tali preoccupazioni in quanto con la sua
politica egli in modo realistico si aspetta un accelerazione della crescita economica.


Absolute Return Partners - www.arpllp.com - è il partner di John Mauldin per il mercato
                                     Europeo.

    Horo Capital - www.horocapital.it - è il partner di Absolute Return Partners per il
                                   mercato Italiano.
Cinque percorsi possibili

Quindi con questi concetti in mente quando inizieranno a salire i tassi di interesse al di
fuori dei paesi periferici? Molti di questi paesi che oggi godono di bassi tassi di interesse lo
possono soprattutto fare perché hanno raggiunto lo status di rifugio sicuro mentre
diventava sempre più profonda la crisi lungo la costa mediterranea.

La storia finanziaria è piena di esempi dove i prezzi degli asset non rimangono stabili a
lungo, quindi mi sento a mio agio quando ho posto la domanda quando? Le nostre analisi
ci suggeriscono che ci sono almeno cinque possibili percorsi che possono portare a dei
tassi di interesse più elevati (per convenienza ignoriamo alcuni motivi congiunturali di
breve termine e altre ragioni tecniche che non faranno parte di questa discussione):

1. L'espansione dei bilanci della Fed, della BoE, della BCE e della SNB potrebbero alla
fine portare ad un aumento dei prezzi al consumo negli Stati Uniti e nell'Europa
occidentale.

2. Una volta che le banche centrali cominciano a ridurre di nuovi i propri bilanci, i prezzi
delle attività potrebbero andare sotto pressione con la conseguenza che i tassi di interesse
potrebbero salire.

3. La crisi dell'Europa periferica potrebbe diffondersi in altri paesi e la reale dimensione
dell'eccessiva leva diventerebbe maggiormente evidente (Giappone, Francia, Belgio e
Slovenia sono stati ultimamente fortemente citati dai media finanziari).

4. La crisi nell'Europa periferica potrebbe cominciare ad allentare, facendo si che gli
investitori tolgano gli investimenti dai rifugi sicuri solo per spostarsi nuovamente nei paesi
periferici facendo si che i differenziali tra le aree considerate sicure e la periferia inizino a
ridursi.

5. La crisi nei paesi periferici dell'Europa potrebbe continuare, ma con il resto del mondo
che gli presta sempre meno attenzione e quindi rimanendo lontano dai paesi che sono in
crisi potrebbe ritornare una sorta di normalità con una normalizzazione dei tassi di
interesse, per quello che oggi può essere considerato 'normale'.

(Si prega di notare che questi percorsi non necessariamente si escludono a vicenda.)

Prima di dare uno sguardo più da vicino a ciascuno di questi cinque possibili risultati ho
bisogno di affrontare un errore che avrà un ruolo importante in seguito. Molti credono che
il de-leveraging dei debiti governativi sia ormai in una fase avanzata e che i programmi di
austerità che sono stati messi in atto nei vari paesi inizieranno quanto prima a pagare dei
dividendi. La realtà è che i governi non hanno ancora iniziato il de-leveraging!

La maggior parte dei cosiddetti paesi avanzati (come sono definiti dal Fondo monetario
internazionale - a volte mi chiedo come si possono considerare davvero avanzati questi
paesi) oggi sono molto più indebitati di quanto non lo fossero nel 2007 prima dello scoppio
della crisi (grafico 1). I paesi come gli Stati Uniti, Canada e come la maggior parte della
zona euro, nonché il Regno Unito e il Giappone sono tutti in quella lista piuttosto poco
lusinghiera.

Grafico 1: Variazione cumulativa del debito lordo dall'inizio delle recessioni (% sul
PIL)




Fonte: IMF Fiscal Monitor, ottobre 2012.
La linea rossa continua corrisponde al 2009-12 ed invece quella tratteggiata al 2013-17.

Ci sono diverse osservazioni molto interessanti che si possono cogliere dal grafico qui
sopra. In generale le economie emergenti hanno fatto un miglior lavoro rispetto alle
economie avanzate in termini di controllo del loro debito durante la crisi (lo si vede nella
metà inferiore del grafico 1). In secondo luogo è chiaro quanto questa crisi abbia una
dimensione completamente diversa rispetto alle crisi precedenti (linea rossa vs l'area
ombreggiata nella metà superiore del grafico 1). Infine si può sopratutto vedere come il
debito continuerà a crescere almeno fino al 2015 (t +7) quando, a seguito di 7 anni di
accumulazione del debito, il FMI prevede che il rapporto debito-PIL raggiunga il picco. Io
sono disponibile ad accettare qualsiasi scommessa che qualcuno desideri mettere sul
tavolo sul fatto che da qui al 2015 avremo delle ristrutturazioni o default di debiti
governativi in quanto l'ipotesi del FMI si rivelerà troppo ottimistica.

Vorrei anche ricordare che il grafico 1 si riferisce esclusivamente al debito pubblico. I
bilanci delle imprese al di fuori di quelli del settore bancario sono in generale in buono
stato. I bilanci delle famiglie sono in una situazione più confusa, ma in generale in netto
miglioramento. Le banche sono invece in una situazione disastrosa (grafico 2).

Grafico 2: Indebitamento e leva finanziaria in alcuni paesi




Fonte: FMI Rapporto sulla stabilità finanziaria globale, ottobre 2012.
Nota: si suggerisce di leggere le note a pagina 22 della relazione che potete trovare qui.

# 1: il QE genererà inflazione?

A questo punto avendo in mente quanto ho appena scritto torniamo ai cinque possibili
percorsi di cui sopra e alla domanda: Alla fine l'espansione monetaria genererà inflazione?
La risposta è semplice 'non necessariamente'. Dal momento che la Federal Reserve Bank
ha avviato la politica di QE il suo bilancio è cresciuto di quasi $2 trilioni di dollari. Si tratta
di denaro che la Fed ha dato in cambio dell'acquisto di titoli che ha acquistato attraverso i
primary dealers (3) nel mercato degli Stati Uniti.

La stragrande maggioranza dei $2.000 miliardi dollari ora siede nei conti di riserva che
ciascuno dei primary dealers detengono con la FED. Come risultato di questa operazione
fino ad ora nessuna nuova carta moneta è stata stampata e finché il denaro rimarrà nei
conti di riserva questo avrà effetto zero sull'economia e quindi sull'inflazione. Ora
supponiamo che i consumatori e gli speculatori riacquistino il loro appetito nel richiedere
prestiti. A quel punto non passerà molto tempo prima che uno o più dei primary dealer
concludono che con tutte quelle riserve di cui dispongono perché non tornare nuovamente
a ballare in pista? Le banche potrebbero a quel punto erogare prestiti pari a 8-10 volte
quelle riserve così in linea di principio si potrebbe arrivare di nuovo a disporre a seguito
del programma del QE di quasi $20 miliardi di dollari di capacità di prestito nel sistema
bancario statunitense. (Dei calcoli simili potrebbero anche essere fatti per gli altri paesi.)

Ora questa ipotesi sarebbe altamente inflazionistica ed è proprio per questo che molti si
spaventano per le possibili implicazioni di QE. Tuttavia vi è un ulteriore pezzo da aggiunre
al puzzle che non è stato ancora stato rivelato e che non è ampiamente compreso. Nel
2008 negli Stati Uniti è stata approvata una nuova legge che permette per la prima volta
alla Fed di pagare gli interessi sui conti di riserva detenuti presso la FED. Con questo
nuovo strumento politico in mano la cosa che la Fed potrebbe fare sarebbe quella di
aumentare l'interesse pagato sui conti di riserva ad un livello tale da scoraggiare dei
prestiti sconsiderati. Per questo motivo credo che il rischio di inflazione galoppante a
causa dell'espansione dei bilanci delle banche centrali ai quali abbiamo assistito in questi
ultimi anni sia eccessivamente esagerato.

# 2: Quando inizierà il percorso inverso nel QE
Ora esaminiamo il secondo percorso possibile. La questione è semplice: I tassi saliranno
quando le banche centrali inizieranno a rivendere i titoli che hanno acquisito negli ultimi
anni? La risposta è altrettanto semplice. Fino al 2008 la Fed avrebbe potuto assorbire
infinità liquidità in eccesso con la vendita di quei titoli che aveva precedentemente
acquistato. Tuttavia con l'introduzione del nuovo strumento politico che è arrivato con la
legge del 2008 sulla Remunerazione delle Riserve, la Fed non potrà mai rimettere
nuovamente in circolazione quei titoli. In altre parole i tassi di interesse non possono
essere influenzati negativamente perché non ci potrà essere un inversione nel processo
del QE.

Detto questo, comunque le forze del mercato possono guidare i tassi di interesse verso
l'alto una volta che gli investitori riterranno che non ci sarà più alcun QE in arrivo. Questo
può essere vero anche se gli attuali programmi di QE non sono ancora arrivati al termine.
Il grafico 3 illustra l'enorme cambiamento che vi è stato negli ultimi 5 anni nei fondi comuni
di investimento con un uscita dal mercato azionario globale verso quello obbligazionario.
Questo cambiamento almeno in parte è avvenuto come conseguenza della frustrazione
sui rendimenti azionari. Inoltre la fame di rendimenti da parte dei Baby boomer può avere
anche questa giocato un ruolo, in quanto il veloce avvicinarsi del pensionamento ha
accelerato la ricerca di un reddito certo.

Grafico 3: Flussi cumulativi sui Fondi comuni globali (miliardi di dollari)




Fonte: FMI Rapporto sulla stabilità finanziaria globale, ottobre 2012.

Tuttavia credo che gran parte dello spostamento sia stato guidato da ciò che può essere
meglio descritta come la 'rincorsa ai rendimenti'. Rispetto agli abissali rendimenti fatti da
molti fondi azionari negli ultimi anni, viceversa le schede dei fondi della maggior parte dei
gestori obbligazionari vengono esaminate in modo irresistibile da parte di molti investitori.
Forse c'è bisogno di ricordare agli investitori che i rendimenti passati non sono un
indicazione di futuri risultati?

# 3: La crisi del debito si estende

Il terzo percorso è quello che io di solito considero come uno scenario da incubo. Invece di
avere una crisi che lentamente diminuisce, in realtà questa si diffonde anche al di là dei
paesi periferici della zona euro. Diamo uno sguardo al Giappone che ad oggi è da più di
20 anni in una recessione apparentemente senza fine. Quando l'economia giapponese si
è schiantata contro il muro intorno al 1990 nessuno si aspettava che sarebbe caduto in
una terreno di bassa crescita che dura da più 20 anni, con entrate fiscali in calo e con un
debito pubblico in rapida crescita (grafico 4); comunque tutto questo è accaduto anche a
causa di una combinazione di cattive decisioni politiche ed una sfavorevole crescita
demografica, il tutto anche aggravato da una moneta molto forte.

Grafico 4: L'incubo fiscale Giapponese




Fonte: Goldman Sachs Global Economics Paper N. 215, agosto 2012.

Dopo più di 20 anni di calo delle entrate fiscali il Giappone deve emettere ogni anno più di
¥ 40 trilioni di valore di JGB - e questo rappresenta molto di più che le entrate fiscali di un
intero anno - al fine di finanziare l'enorme divario tra entrate e spese. Con il rendimento a
10 anni allo 0,77%, che è assolutamente a buon mercato. Provate ad immaginare che
cosa accadrebbe se i bond vigilantes (coloro che acquistano il debito) improvvisamente
chiedessero al governo Giapponese il 5% di interesse annuo.

In un certo senso il Giappone è stato un paese fortunato avendo iniziato 20 anni prima di
tutti gli altri. Con l'attuazione di politiche adeguate avrebbero potuto mettere in sesto la
propria situazione; invece hanno di fatto generato veramente un gran casino. Purtroppo il
resto del mondo è meno fortunato. Ci sono troppi paesi nella stessa barca in cui i
giapponesi hanno avuto solo per se stessi da un paio di decenni e purtroppo la barca al
momento sta caricando abbondantemente acqua. Con i membri della zona euro
intrappolati in un gold standard de facto, il deprezzamento della moneta non è più una
opzione a loro disposizione. In realtà non è davvero più un'opzione per nessuno, in quanto
ogni paese cerca nelle esportazioni la sua via d'uscita da questa crisi. Purtroppo non
possiamo esportare tutti nello stesso momento. Probabilmente si è persa la bacchetta
magica.

In paesi come gli Stati Uniti e il Regno Unito, circa il 10% delle entrate del governo
vengono spese per pagamenti degli interessi sul debito già esistente. Questo è più o meno
dove il Giappone si trovava circa 20 anni fa. Il Giappone dovrebbe essere per altri governi
un esempio di come non dovrebbe essere gestita la crisi. Invece sembra che i nostri
leader abbiano una forte inclinazione nel ripetere gli stessi errori del Giappone.

Quando il bilancio è pieno di debiti - sia governativi, aziendali o privati - far si che il reddito
possa continuare a fluire dovrebbe essere la priorità numero uno. Nel caso dei governi
questo si traduce nelle entrate fiscali. L'ho già detto prima e continuerò a dirlo 'fino alle
calende greche'. L'austerità uccide la crescita. E senza nessuna crescita non ci sono
entrate fiscali. La cosa è molto semplice. Anche il Fondo Monetario Internazionale ha
recentemente ammesso che il cosiddetto moltiplicatore (che misura la quantità di PIL che
si distrugge mediante l'attuazione di un risparmio sulla spesa pubblica di $1) è molto più
alto di quanto era stato stimato in precedenza. I governi europei, volenti o nolenti, stanno
ripetendo gli stessi errori del Giappone e il prezzo che pagheranno per queste scelte sarà
astronomico.

# 4: La crisi si attenua

Questo commento positivo prova a dare una risposta rapida al quarto percorso possibile -
un contesto relativamente tranquillo in cui a poco a poco la crisi si attenua, come sembra
stia avvenendo in questo momento e come conseguenza di questo i tassi di interesse a
poco a poco si normalizzano. A quel punto i tassi ufficiali tendono a spostarsi verso l'alto
(in modo molto graduale) mentre tendono a scendere i tassi a lungo nella zona periferica
dell'area euro e viceversa salgono negli altri. Anche se questa potrebbe essere la miglior
scelta in termini di risultato purtroppo non è molto probabile che si avveri questo scenario.

Come riconosciuto anche dal FMI (!), La differenza tra il tasso di interesse pagato sul
debito pubblico e il tasso di crescita dell'economia (entrambi misurati in termini reali) è "un
importante fattore di dinamica del debito, che sottolinea l'importanza di mantenere o
ripristinare la fiducia del mercato e la crescita". (4)

Traduzione: se si è pieni di debiti e i tassi di interesse reali superano il tasso di crescita
reale dell'economia per un periodo significativo di tempo, si è schiacciati! Questo è il
motivo per il quale la periferia europea è completamente schiacciata (grafico 5). Quindi
anche se il percorso numero 4 è probabilmente quello che si desidererebbe
maggiormente, purtroppo non è il più probabile.

# 5: L'affaticamento dell'Eurozona

Infine arriviamo al percorso numero 5 - conosciuto anche come la sindrome da
affaticamento della zona euro. A poco a poco gli investitori iniziano a riporre la loro
attenzione su altre questioni, anche se però i problemi della periferia europea restano. Gli
investitori semplicemente non riescono più a sopportare di sentire e leggere cose sui
problemi dell'Europa. Questo in qualche modo sta già accadendo. E' troppo presto per dire
se si tratta di uno spostamento temporaneo o definitivo del sentiment.

Grafico 5: Tasso di interesse - differenziale di crescita, 2012 (%)
Fonte: IMF Fiscal Monitor, ottobre 2012.

Se si scopre che questo spostamento è di carattere più definitivo, a quel punto torneranno
alla ribalta nelle menti degli investitori i fattori ciclici e a quel punto le banche centrali con
molta più probabilità aumenteranno i tassi ufficiali, dopo cinque anni di politica monetaria
estremamente accomodante. Se ciò dovesse accadere gli investitori in obbligazioni
farebbero bene a ricordare due lezioni dal passato:

1. Quando i tassi di interesse sono bassi (come nel 1954) anche un modesto aumento dei
tassi può avere un effetto drammatico sul rendimento delle obbligazioni. Nel mercato orso
degli anni '50, il rendimento delle obbligazioni con rating AAA è aumentato del 1,8% in un
periodo di 69 mesi. Il valore delle obbligazioni alla fine del periodo aveva però raggiunto
una diminuzione del 15% (grafico 6).

2. Quando i prezzi delle obbligazioni alla fine si invertiranno, il recuperare le perdite potrà
richiedere molto tempo. E' durato quasi cinque anni il grande mercato orso obbligazionario
partito alla fine degli anni '70 e che è durato fino all'inizio degli anni '80. Il mercato orso
degli anni '50 è durato invece quasi nove anni.

I nostri amici di Welton Investment Corporation hanno scritto un piccolo capolavoro su
questo argomento che potete trovare qui.

Grafico 6: Le maggiori correzioni nelle obbligazioni con rating AAA, 1919-2012




Fonte: "When Bonds Fall: How Risky Are Bonds if Interest Rates Rise?", Welton
Investment Corporation, ottobre 2012.

Conclusione
Ora vediamo se riesco a mettere tutto insieme. Prima un breve riassunto dei dati di fatto:

- Il de-leveraging dei governi non è ancora seriamente iniziato.
- L'austerità distrugge molta più crescita di quanto la maggior parte delle persone siano
disposte ad ammettere.
- L'impatto economico delle attuali misure di politica saranno quindi estremamente
negative.
- Solo un radicale cambiamento nella politica economica può impedire il ripetersi dello
squallore Giapponese.

Questo è circa dove ci troviamo oggi. I paesi sul lato estremo sinistro della tabella 5
(Grecia, Portogallo, Italia, Slovenia e Spagna nell'ordine riportato) non potranno mai
essere in grado di rimborsare i loro debiti a meno che (a) non vi sia un cambiamento
fondamentale nella politica economica, (b) subiscano una massiccia ristrutturazione del
debito o (c) la Germania e gli altri paesi creditori della zona euro continuino a sborsare
miliardi (forse migliaia di miliardi) di euro.

Io però non sono troppo fiducioso. L'ottimista che sta dentro di me ritiene che vi sia una
buona probabilità che il percorso # 5 - l'affaticamento della zona euro - sia giunto alla fine.
Vorrei assegnare una probabilità del 30% a questa ipotesi. Il pessimista (? Realista) teme
che il sentiero # 3 - la crisi del debito si estende - prevarrà. A questa ipotesi io assegnerei
una probabilità del 40%. Agli altri tre scenari che ritengono meno probabili gli assegnerei a
ciascuno una probabilità del 10%.

Ciò implica che un allargamento della crisi del debito al di fuori della zona periferica
dell'area euro è la nostra ipotesi di base. Ora come i mercati potrebbero reagire ad una
ipotesi di questo tipo dipende da:

1. se i problemi rimangono circoscritti all'interno della zona euro (il Giappone potrebbe
essere trascinato all'interno della crisi e su questo sono aperte tutte le scommesse), e

2. sull'importanza economica dei nuovi paesi che entreranno in crisi, aggiungendo alla
lista dei paesi la Francia dove in quel caso la crisi sarebbe molto più grave rispetto al fatto
se questa avvenisse in Slovenia.

Con tutte queste criticità in mente le implicazioni sono che, in un particolare contesto i
tassi ufficiali potrebbero rimanere bassi per un periodo di tempo molto più lungo di
chiunque altro oggi si potrebbe aspettare; tuttavia i rendimenti dei titoli potrebbero molto
probabilmente iniziare a crescere al di fuori della zona periferica, non come risultato di
eventuali timori di inflazione ma a causa del cambiamento del rischio di credito percepito.

Più in generale questo significherebbe anche che le attività a rischio probabilmente
continueranno al massimo a generare dei rendimenti modesti. Infine potremmo rimanere
bloccati in un contesto di bassi rendimenti per molti anni a venire. Di recente ho avuto il
piacere di incontrare per la prima volta Howard Marks (di Oaktree Capital). Parlando ad
una conferenza in Germania ha citato il grande e compianto Peter Bernstein che una volta
pronunciò queste parole famose:
"Il mercato non è una macchina così accomodante. Non fornirà elevati rendimenti solo
perché se ne ha bisogno."
Mai quelle parole hanno avuto più senso.

Niels C. Jensen

© 2002-2012 Absolute Return Partners LLP. All rights reserved
© 2012 versione italiana a cura di Horo Capital. Tutti i diritti riservati

(1) “The Superior Person’s Book of Words”, Peter Bowler
(2) “A Simple World”, GK Research, 2 Novembre 2012
(3) I primary dealers da quando il QE è stato implementato sono le controparti della Fed
nelle transazioni. Si veda qui la lista dei primary dealers USA.
(4) Fonte: IMF Fiscal Monitor, Ottobre 2012, pp 11-12.

Disclaimer: La presente pubblicazione è distribuita da Horo Capital srl. Pur ponendo la
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  • 1. SCENARI FINANZIARI THE ABSOLUTE RETURN LETTER Newsletter mensile - Versione Italiana a cura di Horo Capital L'era di Kakistocracy di Niels Jensen | 6 ottobre 2012 - Anno 3 - Supplemento al numero 44 . Kakistocracy (sostantivo): Governo fatto da pessimi cittadini. Per un numero di ragioni sulle quali è possibile solo specularci sopra, non c'è una parola che definisca un governo fatto da buoni cittadini. (1) Siamo ormai da cinque anni in una crisi che proprio non vuole andarsene. Parafrasando Charles Gave di GaveKal che ha scritto un articolo estremamente interessante su questo argomento appena settimana (2) scorsa, i politici continuano a manomettere i tassi di interesse, i tassi di cambio e in generale i prezzi degli asset. Essi continuano a consentire alle banche che gestiscono i depositi di operare come un casinò. Esse emettono nuovo debito per pagare le spese quando stanno già affogando nel debito. E di questo sembra che non ne prendano atto. Albert Einstein una volta ha definito una follia il fare lo stesso esperimento più e più volte, con la speranza di aspettarsi un diverso risultato. QE1. QE2. QE3 ... C'è altro da dire? Nel frattempo sempre più investitori sembrano convinti che tutto questo armeggiare finirà con una inflazione. Alcuni addirittura se ne aspettano un sacco. Questo è ciò di cui parlerà la Absolute Return Letter di questo mese. Le obbligazioni sono un investimento sicuro ai livelli attuali? Potrebbero forse essere in bolla? Nel braccio di ferro tra le forze inflazionistiche e deflazionistiche, sarà l'inflazione che alla fine prevarrà? Che cosa potrebbe accadere ai prezzi delle obbligazioni se tutto questo si realizza? Inflazione vs deflazione Ho scritto in merito sull'inflazione vs la deflazione nel luglio 2009 (si veda qui). Nel frattempo sono successe molte cose e questo mi suggerisce che adesso è un buon momento per ri-visitare l'argomento. Cominciamo con il definire la nostra posizione fondamentale che comunque non è sostanzialmente cambiata molto dal 2009. In quel momento ho concluso dicendo: "Se i miei peggiori timori si dimostrano corretti e dobbiamo combattere un attacco di deflazione, le autorità non avranno altra scelta nel cercare di provocare aumenti dei prezzi attraverso politiche aggressive. In caso contrario interi paesi potrebbero fallire in quanto soffocati dal proprio debito. Qualsiasi altra cosa succederà sarà un altra storia." Tre anni dopo rimango ancora assolutamente convinto che la deflazione, trainata principalmente dai consumatori desiderosi di riequilibrare i loro bilanci rappresenterà una forza potente per molti anni a venire, ma allo stesso tempo devo ammettere che vedo dei
  • 2. preoccupanti segnali di aspettative di inflazione che iniziano ad arrivare. Ora prima di andare avanti forse sarebbe meglio definire il concetto di inflazione. Qui è opportuno distinguere tra l'inflazione dei prezzi delle attività e l'inflazione dei prezzi al consumo. La maggior parte degli osservatori dei mercati finanziari sarebbero probabilmente d'accordo che a conti fatti i prezzi degli asset hanno già beneficiato nel corso degli ultimi anni delle azioni combinate delle banche centrali del mondo, così sembra lecito concludere che già si soffre di almeno un certo grado di inflazionamento dei prezzi degli asset. L'inflazione al consumo è invece una bestia completamente diversa. Il futuro percorso dell'inflazione sui prezzi al consumo è in larga misura dettata dalle attuali aspettative di inflazione. Come è ben noto nella teoria economica delle crescenti aspettative di inflazione possono cambiare i nostri modelli di comportamento e a sua volta questi possono portare ad un aumento dell'inflazione reale, di conseguenza le aspettative di inflazione sono un indicatore importante che guida le tendenze inflazionistiche future. Invece è davvero possibile avere un inflazione dei prezzi degli asset senza avere anche un inflazione dei prezzi al consumo e viceversa. In alternativa i due tipi di inflazione possono anche andare di pari passo. Quello che stiamo vivendo in questo momento è una combinazione un po' insolita. L'inflazione dei prezzi dei beni in tutto il 'vecchio' mondo ha causato un'inflazione dei prezzi al consumo nelle economie emergenti, in particolar modo attraverso i prezzi delle materie prime. Detto questo non c'è nessuna legge economica che indica che l'aumento dei prezzi delle materie prime, indotto dai prezzi al consumo nelle economie emergenti debba in ultima analisi portare ad un aumento dei prezzi al consumo nella nostra parte del mondo. Non c'è bisogno di tornare indietro di più a poco più di 30 anni fa per trovare in un paese (gli Stati Uniti) un esempio di inflazione sui prezzi al consumo molto elevata che però non ha condotto ad una medesima e drammatica crescita dell'inflazione dei prezzi al consumo in uno dei suoi principali partner commerciali (Europa occidentale). Più di recente la Federal Reserve Bank e di conseguenza anche le altre banche centrali, sono state pesantemente criticate per non essere state in grado di creare crescita economica attraverso il QE. Tuttavia io non sono affatto convinto che la crescita economica sia in realtà l'obiettivo primario del QE. Bernanke ha passato una buona parte della sua vita a studiare la Grande Depressione e nel comprendere la deflazione e il danno che questa può infliggere, molto di più che la maggior parte di noi. Se si passa attraverso i suoi discorsi e le dichiarazioni degli ultimi anni, vi è un abbondanza di prove che suggeriscono che si corre un rischio di deflazione molto sul serio e il suo continuo impegno sul QE è probabilmente più il riflesso di tali preoccupazioni in quanto con la sua politica egli in modo realistico si aspetta un accelerazione della crescita economica. Absolute Return Partners - www.arpllp.com - è il partner di John Mauldin per il mercato Europeo. Horo Capital - www.horocapital.it - è il partner di Absolute Return Partners per il mercato Italiano.
  • 3. Cinque percorsi possibili Quindi con questi concetti in mente quando inizieranno a salire i tassi di interesse al di fuori dei paesi periferici? Molti di questi paesi che oggi godono di bassi tassi di interesse lo possono soprattutto fare perché hanno raggiunto lo status di rifugio sicuro mentre diventava sempre più profonda la crisi lungo la costa mediterranea. La storia finanziaria è piena di esempi dove i prezzi degli asset non rimangono stabili a lungo, quindi mi sento a mio agio quando ho posto la domanda quando? Le nostre analisi ci suggeriscono che ci sono almeno cinque possibili percorsi che possono portare a dei tassi di interesse più elevati (per convenienza ignoriamo alcuni motivi congiunturali di breve termine e altre ragioni tecniche che non faranno parte di questa discussione): 1. L'espansione dei bilanci della Fed, della BoE, della BCE e della SNB potrebbero alla fine portare ad un aumento dei prezzi al consumo negli Stati Uniti e nell'Europa occidentale. 2. Una volta che le banche centrali cominciano a ridurre di nuovi i propri bilanci, i prezzi delle attività potrebbero andare sotto pressione con la conseguenza che i tassi di interesse potrebbero salire. 3. La crisi dell'Europa periferica potrebbe diffondersi in altri paesi e la reale dimensione dell'eccessiva leva diventerebbe maggiormente evidente (Giappone, Francia, Belgio e Slovenia sono stati ultimamente fortemente citati dai media finanziari). 4. La crisi nell'Europa periferica potrebbe cominciare ad allentare, facendo si che gli investitori tolgano gli investimenti dai rifugi sicuri solo per spostarsi nuovamente nei paesi periferici facendo si che i differenziali tra le aree considerate sicure e la periferia inizino a ridursi. 5. La crisi nei paesi periferici dell'Europa potrebbe continuare, ma con il resto del mondo che gli presta sempre meno attenzione e quindi rimanendo lontano dai paesi che sono in crisi potrebbe ritornare una sorta di normalità con una normalizzazione dei tassi di interesse, per quello che oggi può essere considerato 'normale'. (Si prega di notare che questi percorsi non necessariamente si escludono a vicenda.) Prima di dare uno sguardo più da vicino a ciascuno di questi cinque possibili risultati ho bisogno di affrontare un errore che avrà un ruolo importante in seguito. Molti credono che il de-leveraging dei debiti governativi sia ormai in una fase avanzata e che i programmi di austerità che sono stati messi in atto nei vari paesi inizieranno quanto prima a pagare dei dividendi. La realtà è che i governi non hanno ancora iniziato il de-leveraging! La maggior parte dei cosiddetti paesi avanzati (come sono definiti dal Fondo monetario internazionale - a volte mi chiedo come si possono considerare davvero avanzati questi paesi) oggi sono molto più indebitati di quanto non lo fossero nel 2007 prima dello scoppio della crisi (grafico 1). I paesi come gli Stati Uniti, Canada e come la maggior parte della zona euro, nonché il Regno Unito e il Giappone sono tutti in quella lista piuttosto poco lusinghiera. Grafico 1: Variazione cumulativa del debito lordo dall'inizio delle recessioni (% sul
  • 4. PIL) Fonte: IMF Fiscal Monitor, ottobre 2012. La linea rossa continua corrisponde al 2009-12 ed invece quella tratteggiata al 2013-17. Ci sono diverse osservazioni molto interessanti che si possono cogliere dal grafico qui sopra. In generale le economie emergenti hanno fatto un miglior lavoro rispetto alle economie avanzate in termini di controllo del loro debito durante la crisi (lo si vede nella metà inferiore del grafico 1). In secondo luogo è chiaro quanto questa crisi abbia una dimensione completamente diversa rispetto alle crisi precedenti (linea rossa vs l'area ombreggiata nella metà superiore del grafico 1). Infine si può sopratutto vedere come il debito continuerà a crescere almeno fino al 2015 (t +7) quando, a seguito di 7 anni di accumulazione del debito, il FMI prevede che il rapporto debito-PIL raggiunga il picco. Io sono disponibile ad accettare qualsiasi scommessa che qualcuno desideri mettere sul tavolo sul fatto che da qui al 2015 avremo delle ristrutturazioni o default di debiti governativi in quanto l'ipotesi del FMI si rivelerà troppo ottimistica. Vorrei anche ricordare che il grafico 1 si riferisce esclusivamente al debito pubblico. I bilanci delle imprese al di fuori di quelli del settore bancario sono in generale in buono stato. I bilanci delle famiglie sono in una situazione più confusa, ma in generale in netto
  • 5. miglioramento. Le banche sono invece in una situazione disastrosa (grafico 2). Grafico 2: Indebitamento e leva finanziaria in alcuni paesi Fonte: FMI Rapporto sulla stabilità finanziaria globale, ottobre 2012. Nota: si suggerisce di leggere le note a pagina 22 della relazione che potete trovare qui. # 1: il QE genererà inflazione? A questo punto avendo in mente quanto ho appena scritto torniamo ai cinque possibili percorsi di cui sopra e alla domanda: Alla fine l'espansione monetaria genererà inflazione? La risposta è semplice 'non necessariamente'. Dal momento che la Federal Reserve Bank ha avviato la politica di QE il suo bilancio è cresciuto di quasi $2 trilioni di dollari. Si tratta di denaro che la Fed ha dato in cambio dell'acquisto di titoli che ha acquistato attraverso i primary dealers (3) nel mercato degli Stati Uniti. La stragrande maggioranza dei $2.000 miliardi dollari ora siede nei conti di riserva che ciascuno dei primary dealers detengono con la FED. Come risultato di questa operazione fino ad ora nessuna nuova carta moneta è stata stampata e finché il denaro rimarrà nei conti di riserva questo avrà effetto zero sull'economia e quindi sull'inflazione. Ora supponiamo che i consumatori e gli speculatori riacquistino il loro appetito nel richiedere prestiti. A quel punto non passerà molto tempo prima che uno o più dei primary dealer concludono che con tutte quelle riserve di cui dispongono perché non tornare nuovamente a ballare in pista? Le banche potrebbero a quel punto erogare prestiti pari a 8-10 volte quelle riserve così in linea di principio si potrebbe arrivare di nuovo a disporre a seguito del programma del QE di quasi $20 miliardi di dollari di capacità di prestito nel sistema bancario statunitense. (Dei calcoli simili potrebbero anche essere fatti per gli altri paesi.) Ora questa ipotesi sarebbe altamente inflazionistica ed è proprio per questo che molti si spaventano per le possibili implicazioni di QE. Tuttavia vi è un ulteriore pezzo da aggiunre al puzzle che non è stato ancora stato rivelato e che non è ampiamente compreso. Nel 2008 negli Stati Uniti è stata approvata una nuova legge che permette per la prima volta alla Fed di pagare gli interessi sui conti di riserva detenuti presso la FED. Con questo nuovo strumento politico in mano la cosa che la Fed potrebbe fare sarebbe quella di aumentare l'interesse pagato sui conti di riserva ad un livello tale da scoraggiare dei prestiti sconsiderati. Per questo motivo credo che il rischio di inflazione galoppante a causa dell'espansione dei bilanci delle banche centrali ai quali abbiamo assistito in questi ultimi anni sia eccessivamente esagerato. # 2: Quando inizierà il percorso inverso nel QE
  • 6. Ora esaminiamo il secondo percorso possibile. La questione è semplice: I tassi saliranno quando le banche centrali inizieranno a rivendere i titoli che hanno acquisito negli ultimi anni? La risposta è altrettanto semplice. Fino al 2008 la Fed avrebbe potuto assorbire infinità liquidità in eccesso con la vendita di quei titoli che aveva precedentemente acquistato. Tuttavia con l'introduzione del nuovo strumento politico che è arrivato con la legge del 2008 sulla Remunerazione delle Riserve, la Fed non potrà mai rimettere nuovamente in circolazione quei titoli. In altre parole i tassi di interesse non possono essere influenzati negativamente perché non ci potrà essere un inversione nel processo del QE. Detto questo, comunque le forze del mercato possono guidare i tassi di interesse verso l'alto una volta che gli investitori riterranno che non ci sarà più alcun QE in arrivo. Questo può essere vero anche se gli attuali programmi di QE non sono ancora arrivati al termine. Il grafico 3 illustra l'enorme cambiamento che vi è stato negli ultimi 5 anni nei fondi comuni di investimento con un uscita dal mercato azionario globale verso quello obbligazionario. Questo cambiamento almeno in parte è avvenuto come conseguenza della frustrazione sui rendimenti azionari. Inoltre la fame di rendimenti da parte dei Baby boomer può avere anche questa giocato un ruolo, in quanto il veloce avvicinarsi del pensionamento ha accelerato la ricerca di un reddito certo. Grafico 3: Flussi cumulativi sui Fondi comuni globali (miliardi di dollari) Fonte: FMI Rapporto sulla stabilità finanziaria globale, ottobre 2012. Tuttavia credo che gran parte dello spostamento sia stato guidato da ciò che può essere meglio descritta come la 'rincorsa ai rendimenti'. Rispetto agli abissali rendimenti fatti da molti fondi azionari negli ultimi anni, viceversa le schede dei fondi della maggior parte dei gestori obbligazionari vengono esaminate in modo irresistibile da parte di molti investitori. Forse c'è bisogno di ricordare agli investitori che i rendimenti passati non sono un indicazione di futuri risultati? # 3: La crisi del debito si estende Il terzo percorso è quello che io di solito considero come uno scenario da incubo. Invece di avere una crisi che lentamente diminuisce, in realtà questa si diffonde anche al di là dei paesi periferici della zona euro. Diamo uno sguardo al Giappone che ad oggi è da più di 20 anni in una recessione apparentemente senza fine. Quando l'economia giapponese si è schiantata contro il muro intorno al 1990 nessuno si aspettava che sarebbe caduto in
  • 7. una terreno di bassa crescita che dura da più 20 anni, con entrate fiscali in calo e con un debito pubblico in rapida crescita (grafico 4); comunque tutto questo è accaduto anche a causa di una combinazione di cattive decisioni politiche ed una sfavorevole crescita demografica, il tutto anche aggravato da una moneta molto forte. Grafico 4: L'incubo fiscale Giapponese Fonte: Goldman Sachs Global Economics Paper N. 215, agosto 2012. Dopo più di 20 anni di calo delle entrate fiscali il Giappone deve emettere ogni anno più di ¥ 40 trilioni di valore di JGB - e questo rappresenta molto di più che le entrate fiscali di un intero anno - al fine di finanziare l'enorme divario tra entrate e spese. Con il rendimento a 10 anni allo 0,77%, che è assolutamente a buon mercato. Provate ad immaginare che cosa accadrebbe se i bond vigilantes (coloro che acquistano il debito) improvvisamente chiedessero al governo Giapponese il 5% di interesse annuo. In un certo senso il Giappone è stato un paese fortunato avendo iniziato 20 anni prima di tutti gli altri. Con l'attuazione di politiche adeguate avrebbero potuto mettere in sesto la propria situazione; invece hanno di fatto generato veramente un gran casino. Purtroppo il resto del mondo è meno fortunato. Ci sono troppi paesi nella stessa barca in cui i giapponesi hanno avuto solo per se stessi da un paio di decenni e purtroppo la barca al momento sta caricando abbondantemente acqua. Con i membri della zona euro intrappolati in un gold standard de facto, il deprezzamento della moneta non è più una opzione a loro disposizione. In realtà non è davvero più un'opzione per nessuno, in quanto ogni paese cerca nelle esportazioni la sua via d'uscita da questa crisi. Purtroppo non possiamo esportare tutti nello stesso momento. Probabilmente si è persa la bacchetta magica. In paesi come gli Stati Uniti e il Regno Unito, circa il 10% delle entrate del governo vengono spese per pagamenti degli interessi sul debito già esistente. Questo è più o meno dove il Giappone si trovava circa 20 anni fa. Il Giappone dovrebbe essere per altri governi un esempio di come non dovrebbe essere gestita la crisi. Invece sembra che i nostri leader abbiano una forte inclinazione nel ripetere gli stessi errori del Giappone. Quando il bilancio è pieno di debiti - sia governativi, aziendali o privati - far si che il reddito possa continuare a fluire dovrebbe essere la priorità numero uno. Nel caso dei governi questo si traduce nelle entrate fiscali. L'ho già detto prima e continuerò a dirlo 'fino alle
  • 8. calende greche'. L'austerità uccide la crescita. E senza nessuna crescita non ci sono entrate fiscali. La cosa è molto semplice. Anche il Fondo Monetario Internazionale ha recentemente ammesso che il cosiddetto moltiplicatore (che misura la quantità di PIL che si distrugge mediante l'attuazione di un risparmio sulla spesa pubblica di $1) è molto più alto di quanto era stato stimato in precedenza. I governi europei, volenti o nolenti, stanno ripetendo gli stessi errori del Giappone e il prezzo che pagheranno per queste scelte sarà astronomico. # 4: La crisi si attenua Questo commento positivo prova a dare una risposta rapida al quarto percorso possibile - un contesto relativamente tranquillo in cui a poco a poco la crisi si attenua, come sembra stia avvenendo in questo momento e come conseguenza di questo i tassi di interesse a poco a poco si normalizzano. A quel punto i tassi ufficiali tendono a spostarsi verso l'alto (in modo molto graduale) mentre tendono a scendere i tassi a lungo nella zona periferica dell'area euro e viceversa salgono negli altri. Anche se questa potrebbe essere la miglior scelta in termini di risultato purtroppo non è molto probabile che si avveri questo scenario. Come riconosciuto anche dal FMI (!), La differenza tra il tasso di interesse pagato sul debito pubblico e il tasso di crescita dell'economia (entrambi misurati in termini reali) è "un importante fattore di dinamica del debito, che sottolinea l'importanza di mantenere o ripristinare la fiducia del mercato e la crescita". (4) Traduzione: se si è pieni di debiti e i tassi di interesse reali superano il tasso di crescita reale dell'economia per un periodo significativo di tempo, si è schiacciati! Questo è il motivo per il quale la periferia europea è completamente schiacciata (grafico 5). Quindi anche se il percorso numero 4 è probabilmente quello che si desidererebbe maggiormente, purtroppo non è il più probabile. # 5: L'affaticamento dell'Eurozona Infine arriviamo al percorso numero 5 - conosciuto anche come la sindrome da affaticamento della zona euro. A poco a poco gli investitori iniziano a riporre la loro attenzione su altre questioni, anche se però i problemi della periferia europea restano. Gli investitori semplicemente non riescono più a sopportare di sentire e leggere cose sui problemi dell'Europa. Questo in qualche modo sta già accadendo. E' troppo presto per dire se si tratta di uno spostamento temporaneo o definitivo del sentiment. Grafico 5: Tasso di interesse - differenziale di crescita, 2012 (%)
  • 9. Fonte: IMF Fiscal Monitor, ottobre 2012. Se si scopre che questo spostamento è di carattere più definitivo, a quel punto torneranno alla ribalta nelle menti degli investitori i fattori ciclici e a quel punto le banche centrali con molta più probabilità aumenteranno i tassi ufficiali, dopo cinque anni di politica monetaria estremamente accomodante. Se ciò dovesse accadere gli investitori in obbligazioni farebbero bene a ricordare due lezioni dal passato: 1. Quando i tassi di interesse sono bassi (come nel 1954) anche un modesto aumento dei tassi può avere un effetto drammatico sul rendimento delle obbligazioni. Nel mercato orso degli anni '50, il rendimento delle obbligazioni con rating AAA è aumentato del 1,8% in un periodo di 69 mesi. Il valore delle obbligazioni alla fine del periodo aveva però raggiunto una diminuzione del 15% (grafico 6). 2. Quando i prezzi delle obbligazioni alla fine si invertiranno, il recuperare le perdite potrà richiedere molto tempo. E' durato quasi cinque anni il grande mercato orso obbligazionario partito alla fine degli anni '70 e che è durato fino all'inizio degli anni '80. Il mercato orso degli anni '50 è durato invece quasi nove anni. I nostri amici di Welton Investment Corporation hanno scritto un piccolo capolavoro su questo argomento che potete trovare qui. Grafico 6: Le maggiori correzioni nelle obbligazioni con rating AAA, 1919-2012 Fonte: "When Bonds Fall: How Risky Are Bonds if Interest Rates Rise?", Welton Investment Corporation, ottobre 2012. Conclusione
  • 10. Ora vediamo se riesco a mettere tutto insieme. Prima un breve riassunto dei dati di fatto: - Il de-leveraging dei governi non è ancora seriamente iniziato. - L'austerità distrugge molta più crescita di quanto la maggior parte delle persone siano disposte ad ammettere. - L'impatto economico delle attuali misure di politica saranno quindi estremamente negative. - Solo un radicale cambiamento nella politica economica può impedire il ripetersi dello squallore Giapponese. Questo è circa dove ci troviamo oggi. I paesi sul lato estremo sinistro della tabella 5 (Grecia, Portogallo, Italia, Slovenia e Spagna nell'ordine riportato) non potranno mai essere in grado di rimborsare i loro debiti a meno che (a) non vi sia un cambiamento fondamentale nella politica economica, (b) subiscano una massiccia ristrutturazione del debito o (c) la Germania e gli altri paesi creditori della zona euro continuino a sborsare miliardi (forse migliaia di miliardi) di euro. Io però non sono troppo fiducioso. L'ottimista che sta dentro di me ritiene che vi sia una buona probabilità che il percorso # 5 - l'affaticamento della zona euro - sia giunto alla fine. Vorrei assegnare una probabilità del 30% a questa ipotesi. Il pessimista (? Realista) teme che il sentiero # 3 - la crisi del debito si estende - prevarrà. A questa ipotesi io assegnerei una probabilità del 40%. Agli altri tre scenari che ritengono meno probabili gli assegnerei a ciascuno una probabilità del 10%. Ciò implica che un allargamento della crisi del debito al di fuori della zona periferica dell'area euro è la nostra ipotesi di base. Ora come i mercati potrebbero reagire ad una ipotesi di questo tipo dipende da: 1. se i problemi rimangono circoscritti all'interno della zona euro (il Giappone potrebbe essere trascinato all'interno della crisi e su questo sono aperte tutte le scommesse), e 2. sull'importanza economica dei nuovi paesi che entreranno in crisi, aggiungendo alla lista dei paesi la Francia dove in quel caso la crisi sarebbe molto più grave rispetto al fatto se questa avvenisse in Slovenia. Con tutte queste criticità in mente le implicazioni sono che, in un particolare contesto i tassi ufficiali potrebbero rimanere bassi per un periodo di tempo molto più lungo di chiunque altro oggi si potrebbe aspettare; tuttavia i rendimenti dei titoli potrebbero molto probabilmente iniziare a crescere al di fuori della zona periferica, non come risultato di eventuali timori di inflazione ma a causa del cambiamento del rischio di credito percepito. Più in generale questo significherebbe anche che le attività a rischio probabilmente continueranno al massimo a generare dei rendimenti modesti. Infine potremmo rimanere bloccati in un contesto di bassi rendimenti per molti anni a venire. Di recente ho avuto il piacere di incontrare per la prima volta Howard Marks (di Oaktree Capital). Parlando ad una conferenza in Germania ha citato il grande e compianto Peter Bernstein che una volta pronunciò queste parole famose: "Il mercato non è una macchina così accomodante. Non fornirà elevati rendimenti solo perché se ne ha bisogno."
  • 11. Mai quelle parole hanno avuto più senso. Niels C. Jensen © 2002-2012 Absolute Return Partners LLP. All rights reserved © 2012 versione italiana a cura di Horo Capital. Tutti i diritti riservati (1) “The Superior Person’s Book of Words”, Peter Bowler (2) “A Simple World”, GK Research, 2 Novembre 2012 (3) I primary dealers da quando il QE è stato implementato sono le controparti della Fed nelle transazioni. Si veda qui la lista dei primary dealers USA. (4) Fonte: IMF Fiscal Monitor, Ottobre 2012, pp 11-12. Disclaimer: La presente pubblicazione è distribuita da Horo Capital srl. Pur ponendo la massima cura nella traduzione della presente pubblicazione e considerando affidabili i suoi contenuti, Horo Capital srl non si assume tuttavia alcuna responsabilità in merito all’esattezza, completezza e attualità dei dati e delle informazioni nella stessa contenuti ovvero presenti sulle pubblicazioni utilizzate ai fini della sua predisposizione. Di conseguenza Horo Capital srl declina ogni responsabilità per errori od omissioni. Horo Capital srl si riserva il diritto, senza assumersene l'obbligo, di migliorare, modificare o correggere eventuali errori ed omissioni in qualsiasi momento e senza obbligo di avviso. La presente pubblicazione viene fornita per meri fini di informazione ed illustrazione, non costituendo in nessun caso offerta al pubblico di prodotti finanziari ovvero promozione di servizi e/o attività di investimento né nei confronti di persone residenti in Italia né di persone residenti in altre giurisdizioni, a maggior ragione quando tale offerta e/o promozione non sia autorizzata in tali giurisdizioni. Le informazioni fornite non costituiscono un'offerta o una raccomandazione per effettuare o liquidare un investimento o porre in essere qualsiasi altra transazione. Esse non possono essere considerate come fondamento di una decisione d'investimento o di altro tipo. Qualsiasi decisione d'investimento deve essere basata su una consulenza pertinente, specifica e professionale. Tutte le informazioni pubblicate non devono essere considerate una sollecitazione al pubblico risparmio o la promozione di alcuna forma d'investimento né raccomandazioni personalizzate ai sensi del Testo Unico della Finanza trattandosi unicamente di informazione standardizzata rivolta al pubblico indistinto. Né Horo Capital srl né Absolute Return Partners LLP potranno essere ritenuti responsabili, in tutto o in parte, per i danni (inclusi, a titolo meramente esemplificativo, il danno per perdita o mancato guadagno, interruzione dell’attività, perdita di informazioni o altre perdite economiche di qualunque natura) derivanti dall’uso, in qualsiasi forma e per qualsiasi finalità, dei dati e delle informazioni presenti nella presente pubblicazione. Ogni decisione di investimento e disinvestimento è pertanto di esclusiva competenza del Cliente che può decidere di darvi o meno esecuzione con qualsivoglia intermediario autorizzato; qualsiasi eventuale decisione operativa presa dal Cliente in base alle informazioni pubblicate è, infatti, da considerarsi assunta in piena autonomia decisionale e a proprio esclusivo rischio. Il Contenuto presente nella pubblicazione può essere riprodotto unicamente nella sua interezza ed esclusivamente citando il nome di Horo Capital srl e di Absolute Return Partners LLP, restandone in ogni caso vietato ogni utilizzo commerciale. Si intende per Contenuto tutte le analisi, grafici, immagini, articoli i quali sono tutti protetti da copyright. Horo Capital srl ha la facoltà di agire in base a/ovvero di servirsi di qualsiasi elemento sopra esposto e/o di qualsiasi informazione a cui tale materiale si ispira ovvero è tratto anche prima che lo stesso venga pubblicato e messo a disposizione della sua clientela. Horo Capital srl può occasionalmente, a proprio insindacabile giudizio, assumere posizioni
  • 12. lunghe o corte con riferimento ai prodotti finanziari eventualmente menzionati nella presente pubblicazione. In nessun caso e per nessuna ragione Horo Capital srl, sarà tenuta, ad agire conformemente, in tutto o in parte, alle opinioni riportate nella presente pubblicazione. Ogni violazione del copyright in qualsiasi modo si esprima ai danni di Horo Capital srl e Absolute Return Partners LLP, sarà perseguita legalmente. Per iscriversi alla newsletter GRATUITA settimanale SCENARI FINANZIARI cliccare qui: www.europa.scenarifinanziari.it/Registrazione.aspx Per modificare il proprio indirizzo email di invio della newsletter, effettuare il login su www.europa.scenarifinanziari.it e andare sulla pagina di registrazione. Per cancellare l'iscrizione alla newsletter scrivere una mail a info@scenarifinanziari.it Absolute Return Partners Absolute Return Partners LLP è una società di partners privata con sede a Londra. Forniamo asset management indipendente e servizi di consulenza d'investimento a livello globale ad investitori istituzionali e privati, non-profit, fondazioni e trust. Siamo una società con una semplice missione - fornire elevati rendimenti risk-adjusted per i nostri clienti. Noi crediamo che possiamo raggiungere questo obiettivo attraverso un approccio disciplinato alla gestione del rischio e con un processo di investimento basato sulla nostra piattaforma ad architettura aperta. Il nostro focus è concentrato sugli absolute returns. Utilizziamo una gamma diversificata di asset class, sia tradizionali che alternative quando definiamo i portafogli per i nostri clienti. Abbiamo eliminato tutti i conflitti di interesse con il nostro trasparente modello di business ed offriamo soluzioni flessibili, personalizzate per soddisfare le specifiche esigenze. Siamo autorizzati e regolamentati dalla Financial Services Authority. Visita www.arpllp.com per saperne di più su di noi. Hanno contribuito alla Absolute Return Letter Niels C. Jensen - nj@arpllp.com - tel. +44 20 8939 2901 Nick Rees - nrees@arpllp.com - tel. +44 20 8939 2903 Tricia Ward - tward@arpllp.com - tel: +44 20 8939 2906 Thomas Wittenborg - wittenborg@arpllp.com - tel: +44 20 8939 2902 Horo Capital Independent Financial Advisory Firm Via Silvio Pellico, 12 20121 Milano Ruggero Carraro - rcarraro@horocapital.it - tel. +39 02 89096674